Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. L’AGGIORNAMENTO DIGITALE TI CAMBIA LA VITA UNA SOLA RICERCA, TUTTE LE RISPOSTE Y48ESCL Oltre 70 riviste Wolters Kluwer sempre con te Soddisfa le tue esigenze di aggiornamento professionale con Edicola Professionale, la più ricca e autorevole biblioteca digitale che con una sola ricerca ti consente di accedere a un patrimonio bibliografico inimitabile. Puoi navigare tra gli articoli di oltre 70 riviste IPSOA, CEDAM, UTET Giuridica e il fisco e le news di IPSOA Quotidiano. Sempre aggiornato con le notizie del giorno, l’anteprima dell’ultimo fascicolo chiuso in redazione, l’archivio storico degli articoli pubblicati nel corso degli anni. App per tablet e smartphone, anche in mobilità puoi leggere, condividere gli articoli di interesse con il tuo commento e archiviarli. Planet-Friendly, scegliendo il digitale dai una mano all’ambiente; per ogni nuovo abbonamento Wolters Kluwer devolverà un contributo a Treedom per piantare un agrumeto in Sicilia. edicolaprofessionale.com UTET GIURIDICA ® è un marchio registrato e concesso in licenza da De Agostini Editore S.p.A. a Wolters Kluwer Italia S.r.l. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Urbanistica e appalti Sommario NUOVO CODICE APPALTI Contenzioso Soccorso istruttorio LE NOVITÀ SUI RICORSI GIURISDIZIONALI AMMINISTRATIVI NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI di Enrico Follieri 873 IL NUOVO SOCCORSO ISTRUTTORIO di Andrea Manzi e Paolo Caruso 907 I contratti esclusi CONTRATTI ESCLUSI DALL’AMBITO DI APPLICAZIONE DEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI di Agostino Meale Concessioni LE NUOVE REGOLE DELL’AFFIDAMENTO DELLE CONCESSIONI di Claudio Contessa 919 933 Concessioni IL CONTRATTO DI CONCESSIONE DI LAVORI E DI SERVIZI: NOVITÀ E CONFERME A 10 ANNI DAL di lavori e servizi CODICE DE LISE di Gian Franco Cartei 939 Contratti sotto soglia SOGLIE DI RILEVANZA COMUNITARIA NEL CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI di Francesco Manganaro 948 Scelta del contraente IL PARTENARIATO PER L’INNOVAZIONE di Stefano Fantini 955 Locazione finanziaria LOCAZIONE FINANZIARIA, CONTRATTO DI DISPONIBILITÀ E BARATTO AMMINISTRATIVO NEL D.LGS. N. 50/2016 di Matteo Baldi 959 PROCEDURE ELETTRONICHE E STRUMENTI DI ACQUISTO TELEMATICI NEL NUOVO CODICE DEI CONTRATTI PUBBLICI di Stefano Cresta 981 APPALTI SOSTENIBILI, GREEN PUBLIC PROCUREMENT E SOCIALLY RESPONSIBLE PUBLIC PROCUREMENT di Claudio Vivani 993 Procedure elettroniche Appalti sostenibili Servizi sociali Beni culturali Settori speciali GLI APPALTI (E LE CONCESSIONI) NEI SERVIZI SOCIALI: UN REGIME - NON TROPPO ‘‘ALLEGGERITO’’ FRUTTO DI UNA ‘‘COMPLICATA SEMPLIFICAZIONE’’ di Luca Mazzeo 1001 APPALTI NEL SETTORE DEI BENI CULTURALI (E ARCHEOLOGIA PREVENTIVA) di Paolo Carpentieri 1014 I SETTORI SPECIALI SEMPRE MENO SPECIALI (E SEMPRE PIÙ ORDINARI) di Hebert D’Herin 1029 INDICI Indice degli autori, indice analitico Urbanistica e appalti 8-9/2016 1038 871 Urbanistica e appalti Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Sommario COMITATO PER LA VALUTAZIONE A. Angeletti, G. Acquarone, M. Andreis, A. Bartolini, M. Bombardelli, C. Cacciavillani, M. M. Cafagno, R. Caranta, M. P. Chiti, F. Cintioli, S. Civitarese Matteucci, A. Clarizia, G. Clemente di San Luca, G. D. Comporti, M. Dugato, M. Esposito, R. Ferrara, F. Figorilli, E. Follieri, F. Fracchia, C. E. Gallo, G. Gardini, M. Immordino, G. Manfredi, F. Manganaro, B. Marchetti, M. Mazzamuto, A. Meale, G. Morbidelli, N. Paolantonio, V. Parisio, E. Picozza, M. Renna, G. Rossi, F. Saitta, D. Vaiano, F. Volpe, A. Zito Per informazioni su gestione abbonamenti, numeri arretrati, cambi d’indirizzo, ecc. scrivere o telefonare a: IPSOA Servizio Clienti Casella postale 12055 – 20120 Milano telefono (02) 824761 – telefax (02) 82476.799 Servizio risposta automatica: telefono (02) 82476.999 RESPONSABILI DI SETTORE Diritto costituzionale: Maria Teresa Sempreviva Diritto civile: Ignazio Pagani Diritto penale: Alessio Scarcella Diritto amministrativo: — Ambiente: Martino Colucci — Appalti pubblici: Roberto Damonte, Mauro Giovannelli, Barbara Mameli, Carmen Mucio — Edilizia e Urbanistica: Mario Bassani, Cesare Lamberti, Antonello Mandarano — Espropriazione e beni culturali: Paolo Carpentieri, Stefano Fantini — Processo Amministrativo: Massimo Andreis, Paolo Patrito Diritto comunitario: Francesco Leggiadro EDITRICE Wolters Kluwer Italia S.r.l. 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Opinioni Nuovo Codice appalti Contenzioso Le novità sui ricorsi giurisdizionali amministrativi nel codice dei contratti pubblici di Enrico Follieri L’interesse legittimo viene riportato nel considerando 122 della Dir. 2014/24/UE in un significato diverso da quello usato nel nostro Paese, per introdurre una sorta di ricorso amministrativo popolare, non giudiziale, a tutela dell’interesse alla legittimità delle procedure di appalto, non recepito dal nostro paese. Per il resto, le tre direttive nn. 23, 24 e 25 del 2014 non apportano alcuna novità per la tutela in giudizio, ma la legge delega n. 11/1016 ha dettato, per scelta non condizionata dalla normativa europea, principi e criteri specifici per il processo amministrativo che si sono tradotti in modifiche riguardanti: I) il parametro di giudizio che il giudice deve seguire nell’esercizio del potere cautelare in ogni processo riguardante le controversie della specifica materia; II) l’immediata e necessaria impugnabilità anche degli atti di ammissione alle gare, oltre che di quelli di esclusione, con l’introduzione di un terzo rito speciale in materia, rispetto al primo, già disciplinato dall’art. 120 c.p.a., e al secondo, previsto dall’art. 125 c.p.a.; III) l’ampliamento della giurisdizione esclusiva, includendovi gli atti dell’ANAC e, in particolare, quelli oggetto delle disposizioni di cui all’art. 211 D.Lgs. n. 50/2016: il parere di precontenzioso e l’atto di raccomandazione; IV) puntuali regole processuali su: l’impugnativa della proposta di aggiudicazione e degli atti endo-procedimentali; i termini di pubblicazione del dispositivo; l’appello; i ricorsi cumulativi nelle gare divise in lotti. Dopo la sintetica esposizione delle regole processuali vigenti prima del D.Lgs. n. 50/2016, si sono esaminate le modifiche apportate con riguardo, non solo al rispetto della legge delega, ma con altri tre livelli, quello costituzionale, comunitario e internazionale per l’impressione, risultata fondata, che le innovazioni non raggiungono il necessario punto di equilibrio tra gli interessi dell’operatore economico e quelli della pubblica amministrazione perché mirano piuttosto ad ottenere una decisione come che sia, purché intervenga presto, nella prioritaria considerazione della tempestiva esecuzione e compimento della scelta che ha condotto l’amministrazione a bandire la gara. Sommario 1. L’interesse legittimo nel considerando 122 della direttiva 2014/24/UE - 2. Rilievi preliminari sull’attuazione delle direttive e dei principi della legge delega nel rispetto della Costituzione, della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo - 3. Il “primo” rito speciale anteriore al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 - 4. Il “secondo” rito speciale anteriore al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 - 5. Sintesi delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 50/2016. I) La fase cautelare - 6. II) Il terzo rito speciale e profili di diritto transitorio - 7. Le ragioni della “specialità” e profili critici - 8. Rilevanza marginale nel contenzioso del terzo rito speciale - 9. Rilievi critici sulla opportunità e necessità dell’impugnativa immediata degli atti di ammissione - 10. Il rito nei ricorsi cumulativi contro le ammissioniesclusioni e l’aggiudicazione - 11. III) L’impugnativa degli atti dell’ANAC. Il parere di precontenzioso: a) facoltatività; b) vincolatività a soggettività variabile; c) oggetto del parere; d) termine per l’espressione del parere - 12. Segue: e) impugnativa del parere e rito; f) conseguenze in caso di rigetto del ricorso - 13. L’atto di raccomandazione e il parere - 14. Gli elementi distintivi dell’atto di raccomandazione - 15. Ri- Urbanistica e appalti 8-9/2016 873 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti conduzione dell’atto di raccomandazione al sistema - 16. L’atto di adeguamento della stazione appaltante. L’impugnativa innanzi al giudice amministrativo - 17. IV) Le regole processuali relative: a) alla impugnativa della proposta di aggiudicazione e degli atti endo-procedimentali; b) ai termini di pubblicazione del dispositivo; c) all’appello; d) ai ricorsi cumulativi nelle gare divise in lotti - 18. Conclusioni. Il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 è intervenuto per dare attuazione alle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE e non affonda le radici nella spinta emotiva determinata dai recenti scandali (1) che hanno caratterizzato le gare per l’aggiudicazione degli appalti pubblici. Ritengo che, certo, questi gravi fatti sono stati tenuti presenti nella stesura del D.Lgs. n. 50/2016, ma la causa determinante dell’adozione del decreto legislativo va attribuita alla necessità che lo Stato italiano si dovesse adeguare alle recenti direttive sui contratti di concessione, sugli appalti pubblici di lavori, servizi e forniture e nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali. Basti considerare, non solo il titolo del decreto legislativo, ma la legge delega ed il termine che il Governo ha rispettato per l’adeguamento alle direttive. Il D.Lgs. n. 50/2016, però, non si è fermato solo a dare attuazione alle direttive del 2014, ma ha operato anche “il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Ciò rileva particolarmente per i ricorsi giurisdizionali che, richiamati nella rubrica dell’art. 204 del D.Lgs. n. 50/2016 (ma li riguardano pure altre disposizioni sparse del D.Lgs. n. 50/2016), vanno ad integrare e modificare la disciplina dettata dal codice del processo amministrativo agli artt. 120 ss. e che non sono in attuazione delle direttive comunitarie del 2014, bensì sono stati considerati dalla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 nei principi stabiliti all’art. 1, lett. aaa) e lett. bbb). Infatti, il considerando 122 della Dir. 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici richiama la Dir. ricorsi 89/665/CEE, modificata con le direttive 92/13/CEE e 2007/66/CE, sulle procedure di ricorso e rileva che le nuove previsioni non dovrebbero pregiudicare tali procedure che consentono l’accesso “per lo meno a chiunque abbia o abbia avuto interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di esse- re leso a causa di una violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscono tale diritto”. In sostanza, si esprime un positivo giudizio sulle precedenti direttive relative alle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici e si ritiene che non siano necessari interventi correttivi per assicurare la tutela a coloro che hanno partecipato alle gare o a cui non è stato consentito di partecipare alle gare, pur se sono operatori economici ed hanno interesse ad ottenere l’aggiudicazione. In dottrina si è sottolineato che la direttiva ha inteso richiamare gli Stati membri a non “frapporre ostacoli al diritto al ricorso presidiato da una giurisprudenza UE molto ricca e rigorosa” (2). La novità della direttiva, per quanto riguarda la tutela, è costituita dalla espressa considerazione dello “interesse legittimo” che, per la prima volta, trova ingresso nella normativa comunitaria (3). La terminologia usata, però, non si riferisce alla situazione giuridica soggettiva del nostro Paese, ma è un’azione attribuita a coloro che abbiano “comunque un interesse legittimo in qualità di contribuenti a un corretto svolgimento delle procedure di appalto”. È un’azione che si svolge sul piano amministrativo, non giurisdizionale, per “i cittadini, i soggetti interessati, organizzati o meno, e altre persone o organismi che non hanno accesso alle procedure di ricorso di cui alla direttiva 89/665/CEE”, da far valere innanzi “ad autorità o strutture di controllo generali, organi di vigilanza settoriali, autorità di vigilanza comunale, autorità competenti in materia di concorrenza, al Mediatore o ad autorità nazionali competenti in materia di audit” (4). La differenza con il nostro interesse legittimo è, da un lato, nell’attribuzione generalizzata ad una serie indeterminata di soggetti del potere di ricorrere (ancorché in via amministrativa) e, dall’altro lato, che l’interesse tutelato è esclusivamente quello diretto al rispetto delle regole dettate per lo svolgimento delle procedure di appalto e cioè un interesse alla mera legittimità dell’attività amministrativa, (1) Come, invece, ritengono P. Cosmai - R. Iovino, Il nuovo codice degli appalti pubblici Guida operativa al D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 in Riforma degli Appalti a cura di Paola Cosmai, Milano, 2016, 3 ss. (2) M. Lipari La tutela giurisdizionale “precontenziosa” nel nuovo codice dei contratti pubblici (D.Lgs n. 50/2016), in www.federalismi.it, 2016, 5. (3) Nelle corrispondenti direttive, l’interesse legittimo è tradotto in: inglese con “legitimate interest”; spagnolo con “interés legítimo”; francese con “intérêt légitime”; tedesco con “begründetes Interesse”. (4) Considerando 122 Dir. 2014/24/UE. 1. L’interesse legittimo nel considerando 122 della Dir. 2014/24/UE 874 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti non correlato all’interesse al bene della vita volto ad ottenere l’aggiudicazione dell’appalto per il quale la tutela è assicurata “dal sistema di ricorso di cui alla direttiva 89/665/CEE” e, soprattutto, “dinanzi a Corti e Tribunali” (5). L’idea dell’interesse legittimo è, dunque, diversa da quella affermatasi nel nostro sistema (6) e che sembra collimare con quella che risolveva la giurisdizione amministrativa sul piano oggettivo della legittimità dell’azione ammnistrativa avulsa dal riferimento al bene della vita che aveva rilievo solo per legittimare il ricorrente ad introdurre il giudizio (7). Qui, invece, il ricorso innanzi alle autorità amministrative prescinde del tutto dall’interesse all’aggiudicazione dell’appalto poiché è individuato dal “bene” rappresentato dal rispetto delle regole poste per lo svolgimento delle gare a cui tutti possono avere interesse, anche se non hanno partecipato alla gara o non sono nemmeno operatori economici. Sotto questo profilo potrebbe assimilarsi alla mera denunzia all’autorità amministrativa che un quisquis e populo può presentare, anche se la direttiva pone all’autorità amministrativa il dovere di prenderla in considerazione e decidere, a differenza della denunzia. Insomma, è un ricorso amministrativo, non giudiziale, con legittimazione generalizzata: ricorso amministrativo popolare a tutela dell’interesse alla legittimità delle procedure di appalto. Questo considerando non trova specifica attuazione nella normativa italiana di recepimento delle direttive (8). 2. Rilievi preliminari sull’attuazione delle direttive e dei principi della legge delega nel rispetto della Costituzione, della Carta dei Diritti fondamentali dell’UE e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo Se il D.Lgs. n. 50/2016 fosse stato solo un’attuazione delle direttive, non avrebbe dovuto contenere (5) Considerando 122 Dir. 2014/24/UE. (6) La dottrina non è riuscita ad esporre e a far capire in Europa la categoria dell’interesse legittimo, anche perché i giuristi italiani di fronte a questo istituto hanno atteggiamenti contraddittori che vanno dall’entusiastica accettazione al rifiuto totale della nozione ed all’affermazione della sua inutilità, se non dannosità, tanto che l’interesse legittimo è tradotto in un dizionario giuridico italiano-inglese così: “Lett. legitimate interest; ma non esiste la sciagurata dicotomia tra interesse legittimo e diritto soggettivo, pretesto per la creazione di centinaia di cattedre universitarie e, non di rado, di colossali fortune personali” F. De Franchis Dizionario Giuridico Italiano-Inglese, II, Milano, 1996, 898. (7) Cfr. da ultimo F.G. Scoca, Il modello processuale, in F.G. Urbanistica e appalti 8-9/2016 nessuna disposizione sui ricorsi giurisdizionali ma prevedere un ricorso innanzi ad autorità amministrative, (anche) non costituite ad hoc, esperibile da chiunque si preoccupasse della legittimità delle procedure seguite dall’amministrazione. E, invece, la legge delega ha dettato dei principi e criteri specifici autonomi volti a: a) razionalizzare metodi di risoluzione delle controversie alternative al rimedio giurisdizionale (tra cui l’arbitrato (9)); b) garantire l’efficacia e la speditezza delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti “relativi ad appalti pubblici di lavori” con la previsione di parametri particolari di giudizio nell’esercizio del potere cautelare del giudice amministrativo (10); c) rivedere e razionalizzare il rito abbreviato per i giudizi di cui all’art. 119, comma 1, lett. a), c.p.a. “anche” con l’introduzione di un rito speciale in camera di consiglio per l’immediata risoluzione del contenzioso relativo ai provvedimenti di esclusione o di ammissione alla gara per carenza dei requisiti di partecipazione con effetti di preclusione di contestazione in caso di mancata tempestiva impugnazione (11). La delega, quindi, introduce, per il contenzioso, ancorché legittimamente, profili estranei alle direttive del 2014. Non viene considerata però la previsione della direttiva sul ricorso amministrativo popolare, anche se l’art. 213 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 stabilisce che l’ANAC, nello svolgimento della sua attività “può disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di chiunque ne abbia interesse”. Si tratta, invero, di una mera possibilità di segnalazione da parte di “chiunque ne abbia interesse” che non pone alcun dovere in capo all’ANAC di disporre ispezioni, ma rappresenta una timida apertura verso un controllo diffuso della legittimità dello svolgimento dei procedimenti amministrativi di gara e dell’esecuzione dei contratti, senza istituire alcun ricorso amministrativo (popolare). Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, VI ed., Torino, 2014, 150. (8) M. Lipari, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” etc., op. cit., 6, osserva che il considerando 122, pur non tradotto in “una puntuale disposizione della direttiva, dovrebbe essere attentamente considerata, perché pare destinata ad incidere sensibilmente sul tema della legittimazione al ricorso, sui vincoli all’autotutela delle stazioni appaltanti e alla valutazione della tenuta complessiva del nostro sistema di giustizia amministrativa e di precontenzioso”. (9) Lett. aaa), art. 1, L. 28 gennaio 2016, n. 11. (10) Lett. aaa), art. 1, L. 28 gennaio 2016, n. 11. (11) Lett. bbb), art. 1, L. 28 gennaio 2016, n. 11. 875 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Ad ogni modo, le disposizioni sui ricorsi giurisdizionali poste dal D.Lgs. n. 50/2016 vanno verificate non solo con i contenuti della legge delega di cui sono attuazione, ma anche con altri tre livelli, quello costituzionale, comunitario (segnatamente, la Dir. n. 89/665/CEE e ss.mm. ed ii. e la Carta dei Diritti fondamentali dell’UE 2000/C 364/01) e internazionale (la Convenzione europea dei diritti dell’uomo - C.E.D.U.). Questi parametri vanno considerati perché le nuove disposizioni sembrano privilegiare l’interesse alla realizzazione dell’obiettivo che persegue la pubblica amministrazione quando decide di bandire la gara per affidare un contratto pubblico, ponendo in secondo piano gli interessi di coloro che aspirano all’aggiudicazione e che, nell’esercizio dei diritti fondamentali facenti capo alla tutela giurisdizionale, devono avere la garanzia di poter far valere la situazione giuridica soggettiva in un “giusto processo”, nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice indipendente, terzo e imparziale, precostituito per legge, in un termine ragionevole (12), esaminata “equamente” e “pubblicamente”, con un “ricorso effettivo” facendosi “consigliare, difendere e rappresentare” (13), disponendo “del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa” (14). Sono garanzie di ogni processo che le direttive specifiche hanno precisato con particolare attenzione per le procedure di ricorso in materia di “aggiudicazione degli appalti pubblici” (15) per rendere effettiva la tutela. Il ricorso efficace deve essere “quanto più rapido possibile” (16), nell’interesse sia del ricorrente che dell’amministrazione, ma ho l’impressione - da verificare - che le innovazioni non raggiungano quel necessario punto di equilibrio, mirando piuttosto ad ottenere una decisione come che sia, purché intervenga presto, nella prioritaria considerazione della tempestiva esecuzione dell’opera, prestazione ed erogazione del servizio, fornitura del prodotto, in una parola, per portare a compimento la scelta Il D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53 ha dato attuazione alla legge delega 7 luglio 2009, n. 88, di recepimento della Dir. 2007/66/CE, poi trasfuso, con modifiche marginali, nel titolo V, “riti abbreviati relativi a speciali controversie”, negli artt. 120-125 c.p.a. e che riguarda “i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, e forniture” (18) nonché l’affidamento di “incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture” (19) e ora anche “i provvedimenti dell’Autorità nazionale anticorruzione ad essi riferite” (20). Non si tratta, però, solo di un “rito abbreviato” per queste “speciali” controversie. Infatti, l’obiettivo della direttiva ricorsi 2007/66/CE, recepita nel nostro Paese, è quello di consentire agli operatori economici di ottenere soddisfazione in via specifica dell’interesse per il quale partecipano alla gara e, quindi, conseguire, nel rispetto delle regole stabilite, l’aggiudicazione, la stipula del contratto e la sua esecuzione e di garantire la possibilità di raggiungere tale risultato attraverso misure predisposte già prima dell’inizio del giudizio per renderlo effettivo. E così: la comunicazione tempestiva e motivata degli esiti della gara ai concorrenti cui è attribuito un accesso informale, semplificato e rapido agli atti; un periodo di attesa (stand still period) prima di sottoscrivere il contratto, per consentire l’eventuale proposizione del ricorso, periodo che si protrae in caso di ricorso, con contestuale domanda cautelare. I poteri cognitori, decisori e cautelari dei giudici vengo- (12) Artt. 24, 25, 101 e 111 Cost. (13) Art. 47 Carta dei Diritti fondamentali dell’UE, art. 24, comma 2, Cost. e art. 6 Cedu. (14) Art. 6 Cedu. (15) Direttive 89/665/CEE, 92/13/CEE e 2007/66/CE. (16) Art. 1 Dir. 89/665/CEE. (17) O. Forlenza, Uno speciale giudizio con termini stringenti e semplificazioni, in Guida dir., Dossier sugli appalti, ultimo appuntamento, n. 29 del 9 luglio 2016, XXXII, rileva che “tutte le nuove disposizioni introdotte testimoniano della volontà del legislatore di giungere rapidamente a una ‘certezza’ in ordine al- la legittimità (o meno) della procedura di affidamento onde consentire la più celere realizzazione dell’opera pubblica”. (18) Art. 119, comma 1, lett. a), c.p.a. (19) Art. 120, comma 1, c.p.a. (20) Prima dell’art. 204, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, si faceva riferimento ai “connessi provvedimenti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture”. L’art. 204, D.Lgs. n. 50/2016 ha solo sostituito all’Autorità per la vigilanza l’A.N.A.C., anche se la giurisdizione esclusiva viene estesa ad un ambito di controversie più ampio per i maggiori e più incisivi poteri attribuiti all’ANAC dal D.Lgs. n. 50/2016. 876 che ha condotto l’amministrazione a bandire la gara (17). Credo sia necessario esporre le novità dopo aver molto sinteticamente riportato lo stato dell’arte prima delle modifiche e, quindi, considerare il rispetto delle garanzie che il nostro ordinamento non può non assicurare. 3. Il “primo” rito speciale anteriore al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti no adeguati per dare soddisfazione in via specifica all’interesse del ricorrente, con poteri ampi e incisivi. La cognizione è connotata da accertamenti e verifiche particolarmente pregnanti che considerano tutti gli interessi che si presentano in concreto nonché il contratto, se stipulato, anche se solo in funzione dell’eventuale dichiarazione di inefficacia, conseguente (esclusivamente) all’annullamento dell’aggiudicazione, senza che assumano rilievo, però, la validità e l’efficacia del contratto e le norme civilistiche che ne dettano la disciplina (21). Il giudice amministrativo deve svolgere un’indagine piena su tutti gli aspetti della controversia, di fatto, tecnici e anche di opportunità sulle conseguenti misure da adottare. I poteri decisori, nel rispetto del principio dispositivo del processo amministrativo e, quindi, se vi è la domanda del ricorrente, si manifestano in sentenze costitutive di annullamento con pronunzie conseguenziali che spaziano dalla dichiarazione di inefficacia del contratto alle sanzioni alternative di condanna al pagamento, da parte della stazione appaltante, di sanzioni pecuniarie o alle decisioni costitutive di modifica della durata residua del contratto. Il ricorrente può anche proporre - e il giudice, se del caso, provvedere con sentenza di condanna della stazione appaltante ad un facere specifico azione di adempimento all’adozione dell’atto di aggiudicazione ed alla sottoscrizione del contratto in sostituzione del concorrente selezionato dall’amministrazione. La misura cautelare interviene automaticamente perché è il legislatore ad aver valutato la sussistenza, comunque, del pregiudizio grave ed irreparabile identificato nell’interesse del concorrente non vittorioso a fermare la sottoscrizione del contratto e l’esecuzione dell’appalto sino a quando il giudice non si pronunzi sulla domanda urgente proposta. Infatti trascorsi i 35 giorni dall’invio ai concorrenti dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione (quella “definitiva” secondo le qualificazioni del previgente D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163), la proposizione del ricorso con contestuale domanda cautelare comporta la sospensione automatica, per cui l’amministrazione non può sottoscrivere il contratto con l’aggiudicatario sino a quando il giudice non decida sulla domanda urgente proposta dal ricorrente. Nel rito “ordinario” del processo amministrativo, salvo diverse ed espresse disposizioni di legge, la proposizione del ricorso non sospende gli atti impugnati e l’amministrazione può dare esecuzione ad essi anche se vengano impugnati e si chieda la misura cautelare. Questa misura cautelare “automatica” è mantenuta anche con il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 che conferma il divieto - salvo le eccezioni indicate e che sono aumentate rispetto alla previgente normativa - secondo cui il contratto non può essere stipulato prima di 35 giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione (stand still period) e detta: “Se è proposto ricorso avverso l’aggiudicazione con contestuale domanda cautelare, il contratto non può essere stipulato dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante per i successivi venti giorni”, se il giudice si pronunzia ovvero “fino alla pronunzia di detti provvedimenti se successiva” (22). E viene, quindi, stabilito quali pronunzie del giudice fanno cessare l’effetto sospensivo. Sulla base delle quasi identiche disposizioni del D.Lgs. n. 163 del 2006, ho sostenuto che, essendo stato valutato legislativamente in via preventiva e generale come preminente il pregiudizio subito dal ricorrente per la tutela prioritaria dell’interesse del concorrente, (illegittimamente) non vincitore, ad eseguire il contratto, il giudice in camera di consiglio avrebbe dovuto valutare esclusivamente il fumus boni juris, con conseguente riduzione del giudizio cautelare ad uno solo dei profili sui quali di solito si svolge (23). La tesi non pare più proponibile a seguito del D.Lgs. n. 50/2016, come si evidenzierà. I poteri cautelari, comunque, sono diversi da quelli normalmente spettanti al giudice amministrativo perché, essendo strumentali alle decisioni che il giudice può assumere nel merito, è possibile l’adozione, in via interinale, di tutte le misure che possono adottarsi con la sentenza, per cui le ordinanze cautelari hanno un più ampio spettro di effetti. Insomma, i poteri cognitori, decisori e cautelari del giudice sono più ampi ed incisivi per assicurare una tutela efficiente ed efficace all’interesse pretensivo del ricorrente (24). Inoltre i termini, già dimezzati come per gli altri riti speciali disciplinati dal libro IV del c.p.a., vengo- (21) Questo sindacato appartiene alla giurisdizione del Giudice ordinario. (22) Art. 32, comma 11, D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50. (23) E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 e negli artt. 120-124 del codice del processo amministrativo, in Dir. proc. amm., 2010, 1112 ss. (24) Per la problematica che pongono queste norme, veramente “speciali”, si rinvia a E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo nel decreto legislativo 20 marzo 2010 n. 53 etc., op. cit., 1067-1116 e Id. Le sanzioni alternative nelle controversie re- Urbanistica e appalti 8-9/2016 877 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti mativa nell’agosto 2016, viene eliminata questa discutibile, per usare un eufemismo, disposizione. Dunque, il rito speciale per questi giudizi è caratterizzato oltre che da un insieme di poteri cautelari, cognitori e decisori, diversi, più ampi ed incisivi di quelli spettanti al giudice amministrativo in via ordinaria e nelle altre materie in cui ha giurisdizione esclusiva, anche per un significativo contenimento dei tempi processuali che ne fanno un processo assai veloce e forse poco attento alle garanzie della difesa ed alla necessità di assicurare al giudice la giusta serenità nel decidere che avrebbe bisogno, in casi che sono quasi sempre complessi, di un maggior tempo di riflessione. no ulteriormente contenuti perché vengono ridotti a trenta giorni quelli per la proposizione del ricorso principale e dei motivi aggiunti. Successivamente, con il D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (25), si è stabilito che questi giudizi, ferma la possibilità della immediata definizione in sede di esame della misura cautelare, vengono, comunque, decisi con sentenza in forma semplificata ad un’udienza che viene fissata, pure in mancanza di domanda di discussione, d’ufficio e viene tenuta entro quarantacinque giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle altre parti. Vengono, altresì, stabiliti termini particolarmente brevi e serrati in caso di adempimenti istruttori o di integrazione del contraddittorio o di rinvio per altre ragioni. Per consentire un esame rapido della controversia, si è previsto un procedimento a seguito del quale il Presidente del Consiglio di Stato stabilisce, nella sostanza, il numero delle pagine degli atti difensivi, con la precisazione che “il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti” nei limiti fissati. La motivazione è depositata entro trenta giorni dall’udienza di discussione, ma le parti possono chiedere che il dispositivo sia pubblicato entro due giorni. L’innovazione del 2014 dà una brusca accelerata al processo e, soprattutto, incide sulla libertà di espressione della difesa, addirittura ritenuta tamquam non esset per la parte del ricorso che supera lo standard dimensionale previsto che può essere derogato solo se preventivamente il Presidente della Sezione giurisdizionale o il magistrato da lui delegato lo autorizzi, su istanza posta in calce al ricorso (26). Va, però, evidenziato che l’art. 40, comma 2 bis, D.L. 24 giugno 2014, n. 90 ha stabilito che le disposizioni sul contenimento del numero delle pagine, fissate dal decreto del Presidente del Consiglio di Stato, si applicano in via sperimentale per due anni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione e, quindi, se non interverrà altra nor- Il codice del processo amministrativo conosce, prima delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 50/2016, un altro rito per queste controversie che si pone, a sua volta, come speciale rispetto a quello testé descritto sommariamente. L’art. 125 c.p.a. detta disposizioni processuali che derogano al rito speciale innanzi esposto per le controversie relative ad infrastrutture strategiche ed insediamenti produttivi disciplinati dagli artt. 161-181 del D.Lgs. n. 163/2006 che riproducono in modo coordinato e sistematico la normativa della c.d. legge obiettivo 21 dicembre 2001, n. 443 e dei decreti legislativi attuativi 20 agosto 2002, n. 190, 9 gennaio 2005, n. 9 e 17 agosto 2005, n. 189 nonché del D.M. 27 maggio 2005. Per questi ricorsi non si applica l’art. 122 c.p.a. e cioè la possibilità per il giudice amministrativo, fuori dalle ipotesi espressamente previste dagli artt. 121, comma 1, e 123, comma 3, c.p.a., di dichiarare comunque inefficace il contratto, fissandone la decorrenza: è escluso, cioè, il potere decisorio residuale di dichiarare l’inefficacia del contratto, per cui il giudice può esercitare tale potere solo in presenza delle cc.dd. “gravi violazioni” (27). lative a procedure di affidamento di appalti, in questa Rivista, 2011, 1129 - 1142. (25) Convertito con modificazioni dalla L. 11 agosto 2014, n. 114. (26) Il decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 25 maggio 2015, al n. 11, infatti, dispone che la valutazione della sussistenza dei presupposti per conseguire il superamento, sino ad un massimo di 50 pagine, del limite di 30 pagine, redatte in conformità alle specifiche indicate al n. 12 del decreto, “è effettuata dal Presidente della Sezione competente o dal magistrato da lui delegato. A tal fine il ricorrente formula in calce al ricorso istanza motivata, sulla quale il Presidente o il Magistrato delegato si pronuncia con decreto entro i tre giorni succes- sivi. In caso di mancanza o di tardività della pronuncia l’istanza si intende accolta”. Il decreto favorevole ovvero l’attestazione della segreteria o l’autocertificazione del difensore che il giudice non si è pronunciato nei tre giorni è notificato alle altre parti insieme al ricorso. (27) E cioè: a) se l’aggiudicazione sia avvenuta senza previa pubblicazione del bando o dell’avviso; b) se l’aggiudicazione sia avvenuta con procedura negoziata senza bando o con affidamento diretto fuori dai casi consentiti; c) se il contratto sia stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio (stand still period); d) se il contratto è stato stipulato senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale. 878 4. Il “secondo” rito speciale anteriore al D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Fuori dai casi delle “gravi violazioni”, la sospensione o l’annullamento dell’affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato ed “il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente” (28). Questa disposizione, che si applica anche ai casi di fallimento dell’esecutore o di risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’esecutore (29), è stata poi estesa, con l’art. 1, D.Lgs. 15 novembre 2011, n. 195, alle procedure di progettazione, approvazione e realizzazione degli interventi individuati nel contratto istituzionale di sviluppo di cui all’art. 6 del D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88 nonché alle opere dell’EXPO Milano 2015 definite essenziali con il D.P.C.M. del 22 ottobre 2008. Viene, inoltre, disciplinato il parametro che il giudice deve seguire nell’esercizio del potere cautelare: deve tener conto delle “probabili conseguenze del provvedimento stesso per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché del preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera” e “si valuta anche la irreparabilità del pregiudizio per il ricorrente, il cui interesse va comunque comparato con quelli del soggetto aggiudicatore alla celere prosecuzione delle procedure” (30). In sostanza, l’interesse specifico del ricorrente a sottoscrivere il contratto e ad eseguirlo, considerato in via prioritaria nel rito speciale, per così dire, “ordinario”, subisce una forte attenuazione perché la scena, da un lato, si arricchisce del rilievo dell’interesse dell’aggiudicatario e, dall’altro lato, è occupata dal “preminente interesse nazionale alla sollecita realizzazione dell’opera”. La rilevanza strategica degli interventi diviene dominante e se ne impone la realizzazione. Si è evidenziato che il “superamento” della legge obiettivo, stabilito dalla legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 (31), pone dubbi sulla “perdurante attualità di norme processuali ad hoc per un contesto regolatorio” superato (32) e che la “‘normalizzazione’ delle procedure sostanziali riguardanti le infrastrutture strategiche” comporta “la conseguente perdita di operatività del rito ‘specialissimo’ di cui all’art. 125 del c.p.a.” (33). Credo, però, che questo “secondo” rito speciale continui ad applicarsi e si debba ritenere superato solo per le opere relative all’EXPO Milano 2015 per esaurimento dell’evento cui erano collegate, mentre vi è un’attenuazione della “specialità” del parametro di giudizio per le misure cautelari, a seguito delle modifiche apportate all’art. 120 c.p.a. dall’art. 204 D.Lgs. n. 50/2016. Infatti, i contratti di cui all’art. 6, D.Lgs. 31 maggio 2011, n. 88 - contratti istituzionali di sviluppo - rientrano ancora nell’ambito tracciato dall’art. 125 c.p.a. Lo stesso è a dirsi per le ipotesi di fallimento dell’esecutore o di risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’esecutore, nonostante l’art. 125 c.p.a. non sia stato mutato e rechi ancora: “procedure di cui all’art. 140 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163”, invece di art. 110, D.Lgs. n. 50/2016, stante la identità delle questioni relative al possibile contenzioso. Gli interventi di cui alla legge obiettivo trovano sì una diversa disciplina sostanziale e procedurale, ma il D.Lgs. n. 50/2016 li inserisce in una parte ad essi dedicata, la V, e detta disposizioni particolari per sottolineare la diversa rilevanza delle “infrastrutture e insediamenti” definiti “prioritari” (34) e, in assenza di una modifica dell’art. 125 c.p.a. che richiama ancora il D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, penso che il riferimento sia da intendere al nuovo decreto legislativo e, quindi, agli artt. 200-203. Si tratta di un difetto di coordinamento riscontrabile in diversi altri punti delle disposizioni del codice processuale. E così: il comma 2 dell’art. 120 c.p.a. reca “aggiudicazione definitiva di cui all’articolo 65 e all’articolo 225 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163”, sebbene la recente normativa abbia abbandonato la terminologia aggiudicazione “provvisoria” e “definitiva” ed usi “proposta” di aggiudicazione e “aggiudicazione” tout court e, ovviamente, non sia più attuale il richiamo al D.Lgs. n. 163/2006, ma occorre considerare gli artt. 98, 129, 140 e 153, D.Lgs. n. 50/2016; nel comma 4 dell’art. 120 c.p.a. si legge “quando è impugnata l’aggiudicazione definitiva”; nell’art. 121 c.p.a., le “gravi violazioni” previste dalle lettere a), b), c) e d) (28) Art. 125, comma 3, c.p.a. (29) Art. 140, D.Lgs. n. 163/2006. (30) Art. 125, comma 2, c.p.a. (31) L’art. 1, comma 1, lett. sss), L. 28 gennaio 2016, n. 11 stabilisce: “espresso superamento delle disposizioni di cui alla legge 21 dicembre 2001 n. 443”, ma, nel contempo, “l’aggiornamento e la revisione del piano generale dei trasporti e della logistica”. (32) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, 2016, 542-543. (33) M. Lipari, La tutela giurisdizionale e ‘precontenziosa’ etc., op. cit., 4. (34) I. Volpe, Per le infrastrutture a carattere prioritario resta la legge obiettivo, in Guida dir., Dossier sugli appalti, ultimo appuntamento, n. 29 del 9 luglio 2016, VIII ss. evidenzia che lo spirito e la idea di fondo della legge obiettivo viene conservata nel D.Lgs. n. 50/2016 e cioè la pianificazione generalizzata dei grandi interventi pubblici. Urbanistica e appalti 8-9/2016 879 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti fanno tutte riferimento agli articoli del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e così via. Ritengo che, se la “ratio” del rito prevista dall’art. 125 c.p.a. per le infrastrutture e gli insediamenti strategici vada individuata nella rilevanza nazionale degli interventi e della loro considerazione prioritaria per lo sviluppo, il superamento della legge obiettivo e la posizione di nuova disciplina che rispecchia, pur sempre, l’esigenza della loro rilevanza nazionale, non renda inattuale l’art. 125 c.p.a. e che continui, quindi, a trovare applicazione alle controversie che ineriscono le “infrastrutture e insediamenti prioritari” di cui agli artt. 200-203 del D.Lgs. n. 50/2016. Sarebbe certamente auspicabile, per una sana politica di semplificazione processuale, eliminare questo rito più speciale di quello speciale, soprattutto perché, con le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 50/2016, è stato introdotto un “terzo” rito speciale in materia, come si dirà, ma occorre uno specifico intervento legislativo che potrebbe intervenire in sede di decreto correttivo allo scopo anche di armonizzare formalmente e sostanzialmente le norme del c.p.a. alle novità del D.Lgs. n. 50/2016. Per i poteri cautelari, la “specialità” è da ritenersi parzialmente superata, come si passa ad esporre. cioè il parere di precontenzioso, volto a contenere il numero dei ricorsi giurisdizionali, e l’atto di raccomandazione; IV) le regole processuali relative: a) all’impugnativa della proposta di aggiudicazione e degli atti endo-procedimentali; b) ai termini di pubblicazione del dispositivo; c) all’appello; d) ai ricorsi cumulativi nelle gare suddivise in lotti. Il D.Lgs. n. 50/2016 apporta modifiche che si possono ben definire generali (35), anche se alcune sono solo marginali, e riguardano: I) il parametro di giudizio che il giudice deve seguire nell’esercizio del potere cautelare e che incide su ogni processo riguardante le controversie di cui si discute: quello che ho definito come primo rito speciale, il secondo rito speciale, perché sostanzialmente assorbente della disposizione espressamente dettata dall’art. 125 c.p.a., e il terzo rito speciale relativo all’impugnativa dei provvedimenti di ammissione ed esclusione dalle gare; II) l’immediata e necessaria impugnabilità anche degli atti di ammissione alle gare, oltre che di quelli di esclusione, con l’introduzione di un terzo rito speciale in materia; III) l’ampliamento dell’ambito della giurisdizione esclusiva, includendovi gli atti dell’ANAC e, in particolare, quelli previsti dall’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 e I) La fase cautelare La L. n. 11/2016 delega il governo ad innovare la fase cautelare stabilendo: “al fine di garantire l’efficacia e la speditezza delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti relativi ad appalti pubblici di lavori, previsione, nel rispetto della pienezza della tutela giurisdizionale, che, già nella fase cautelare, il giudice debba tener conto del disposto dell’articolo 121, comma 1, del codice del processo amministrativo ... e, anche nelle ipotesi di cui all’articolo 122 e nell’applicazione dei criteri ivi previsti, debba valutare se il rispetto di esigenze imperative connesse ad un interesse generale possa influire sulla misura cautelare richiesta” (36). Il D.Lgs. n. 50/2016 ha dato attuazione all’articolato principio stabilito nella delega con una disposizione sintetica e cioè: “Nella decisione cautelare, il giudice tiene conto di quanto previsto dagli articoli 121, comma 1, e 122, e delle esigenze imperative connesse ad un interesse generale all’esecuzione del contratto, dandone conto nella motivazione” (37). La disposizione, come già rilevato, è, quanto meno, parzialmente assorbente della “specialità” dettata per le controversie previste dall’art. 125 c.p.a. sul potere cautelare perché, anche per quest’ultimo, rileva il preminente interesse alla realizzazione del contratto rispetto all’interesse del ricorrente. Sotto questo profilo si realizza una semplificazione processuale di fatto, anche se non di “diritto”, perché non è stato abrogato il comma 2 dell’art. 125 c.p.a. Sin dalla prima comparazione con i principi deleganti, appare evidente la violazione della delega perché quest’ultima limita l’intervento ai soli “contratti relativi ad appalti pubblici di lavori”, e, invece, il decreto legislativo riguarda tutte le controversie attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 120, comma 1, c.p.a. (38). (35) Così: M. Lipari, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” etc., op. cit., 9. (36) Art. 1, lett. aaa), L. n. 11/2016. (37) Art. 120, comma 8 ter, c.p.a. (38) Per G. Severini, Il nuovo contenzioso sui contratti pubbli- ci in C. Contessa - D. Crocco, Codice degli appalti e delle concessioni, Il DLgs. 50/2016 commentato articolo per articolo Roma 2016, 130, “può presentare criticità, rispetto ai limiti dell’art. 76 Cost., che possa essere esteso ai contratti relativi ad appalti pubblici di servizi ed alle concessioni”. 5. Sintesi delle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 50/2016. I) La fase cautelare 880 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Se si interpreta il comma 8 ter dell’art. 120 c.p.a. come integrante un “nuovo onere motivazionale” (39) o di scarsa utilità perché collega alla decisione cautelare le valutazioni che si effettuano con la sentenza di inefficacia del contratto eventualmente stipulato, “sempre presente nella motivazione cautelare” (40), la violazione della delega appare non significativa, dal momento che l’innovazione riguarderebbe solo l’espressione di “un certo sfavore per la sospensione dell’aggiudicazione” (41). La norma, però, mi sembra limitativa dell’esercizio del potere cautelare che, normalmente, consente l’adozione di “misure cautelari, compresa l’ingiunzione a pagare una somma in via provvisoria, che appaiono, secondo le circostanze, più idonee ad assicurare interinalmente gli effetti della decisione sul ricorso” (42). In altri termini, l’ordinanza cautelare (di accoglimento) ha il carattere della strumentalità funzionale: può stabilire tutti i possibili effetti, ancorché in via provvisoria e interinale, che il ricorrente può conseguire con la domanda e la sentenza (favorevole) del giudice (43). Ebbene, il comma 8 ter dell’art. 120 c.p.a. fissa il parametro con gli artt. 121, comma 1, e 122 c.p.a. e cioè allorché all’annullamento dell’aggiudicazione consegua la dichiarazione di inefficacia del contratto quando ci sono state le “gravi violazioni”, specificate nelle lett. a), b), c) e d) del comma 1 dell’art. 121 c.p.a., e quando è attribuito al giudice, a prescindere dalle “gravi violazioni”, il potere di dichiarare inefficace il contratto tenendo conto “degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta” (44). Quindi, la misura cautelare è funzionale alle pronunzie nel merito di dichiarazione di inefficacia del contratto e se l’azione non ha come petitum (anche) tale domanda, il giudice non può accoglierla. La norma, nella sostanza, stabilisce che si può accogliere la misura cautelare solo se la sentenza possa travolgere totalmente (artt. 121 e 122 c.p.a.) o parzialmente (art. 122 c.p.a.) il contratto (stipulato o da stipulare); se ciò non può accadere, significa che l’opera, il servizio, la fornitura etc. non possono essere sospesi, ma devono proseguire per raggiungere l’obiettivo di eseguire il contratto. Se si procede ad una esemplificazione dei possibili casi è da considerare che: a) è dubbio che si possa sospendere gli atti di gara, se non sia stato già sottoscritto il contratto; b) comunque, non può accogliersi la domanda cautelare, se il ricorrente non chieda (anche) la dichiarazione di inefficacia del contratto, pur se non ancora intervenga e nella previsione che possa essere sottoscritto, e non proponga la “domanda di subentrare” (45); c) non va concessa la misura cautelare se i vizi addotti comportino solo l’obbligo di rinnovare la gara (46); d) i provvedimenti di esclusione o di ammissione non possono essere sospesi (a prescindere dalla possibilità o utilità di domandare la misura cautelare in alcuni di questi casi, in conseguenza del rapido “terzo” rito speciale e di cui si dirà); e) tutti gli atti non collegati eziologicamente con il contratto stipulato o da stipulare non possono essere sospesi. Dunque, in base alla legge delega, la modifica del parametro di giudizio della fase cautelare doveva riguardare solo “i contratti relativi agli appalti pubblici di lavori” (47) e, invece, il decreto delegato lo ha esteso a tutti i contratti pubblici attribuiti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e non si tratta di una previsione “indolore”, ma limita fortemente la tutela cautelare (48). Infatti, prima dell’innovazione, la previsione dello stand still period e della protrazione del tempo in cui non era consentita la sottoscrizione del contratto per effetto della proposizione del ricorso con (39) R. De Nictolis, IL nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 542. (40) M. Lipari, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” etc., op. cit., 12. (41) M. Lipari, op. ult. cit., 12. (42) Art. 55, comma 1, c.p.a. (43) La strumentalità funzionale della misura cautelare consente il conseguimento degli effetti della sentenza domandata come massima potenzialità di espansione e, nello stesso tempo, limite della pronunzia urgente del giudice; cfr. E. Follieri, La fase cautelare, in Giustizia amministrativa, a cura di F.G. Scoca, VI ed., Torino 2014, 342 ss., part. 349 ss. (44) Art. 122, c.p.a. Sia consentito ancora un rinvio a E. Follieri, I poteri del giudice amministrativo etc., op. cit., 1094 ss. (45) Art. 122 c.p.a. Rileva G. Severini, Il nuovo contenzioso etc., op. cit., 128: non può il giudice “prendere in considerazione una casistica riconducibile all’art. 121, comma 1 (sulle ‘gravi violazioni’) se ancora si tratta di ipotesi a venire o all’art. 122 (sulle violazioni residue) quando si presuppone l’avvenuta stipulazione del contratto”. (46) Art. 122 c.p.a. (47) Art. 1, lett. aaa), L. 28 gennaio 2016, n. 11. (48) Recente ordinanza del T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 22 giugno 2016, n. 787, pur riconoscendo la sussistenza del fumus boni juris in un appalto di servizi impugnato dal secondo graduato che denunziava l’anomalia dell’offerta dell’aggiudicatario, non ha accolto la domanda cautelare, non essendo ancora intervenuto il contratto ed avviato il servizio. Questa soluzione cautelare non si potrebbe giustificare, se non fosse intervenuto il comma 8 ter dell’art. 120 c.p.a. Urbanistica e appalti 8-9/2016 881 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti domanda cautelare, in attesa che si pronunziasse il giudice, poneva in posizione di prioritaria considerazione e tutela la protezione in via specifica dell’interesse legittimo all’aggiudicazione, tanto che la verifica della sussistenza del fumus boni juris portava, nella normalità dei casi, all’accoglimento della misura cautelare. L’introduzione di questo parametro di giudizio rappresenta un forte ostacolo ad affermare la necessaria e preminente valutazione dell’interesse al bene della vita (aggiudicazione) portato dal ricorrente ed allora l’applicazione estesa a contratti diversi dagli appalti pubblici di lavori comporta una rilevante e sostanziale violazione della legge delega, per cui il comma 8 ter dell’art. 120 c.p.a. è incostituzionale. Ma, a prescindere dal rapporto con la legge delega, il comma 8 ter c.p.a. è in patente contraddizione con quanto stabilito dall’art. 32 del D.Lgs. n. 50/2016 che mantiene, pur se vi è stato un ampliamento delle eccezioni rispetto alla previgente normativa (49), lo stand still period e l’ulteriore attesa in caso di ricorso sino all’ordinanza (o sentenza ex art. 60 c.p.a.) cautelare. Del resto, se non fosse stato stabilito questo termine sospensivo, ci sarebbe stata la violazione delle direttive sulle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici (50). E, allora, non si consente la sottoscrizione del contratto sino alla pronunzia cautelare per consentire al ricorrente di poter ottenere l’aggiudicazione e, poi, viene meno la considerazione di questo specifico interesse, se non vengono proposte domande integranti quelle previste dagli artt. 121, comma 1, e 122 c.p.a. Bloccare la sottoscrizione del contratto ha un senso se, salvo imperative ed effettive esigenze pubbliche (51), la valutazione cautelare affidata al giudice non soffra di così rilevanti limiti. È stato osservato che “ogni qualvolta il legislatore nazionale ha tentato, sempre in materia di opere pubbliche, di porre divieti, limiti, termini, ostacoli, alla tutela cautelare, nella migliore ipotesi le norme sono state applicate in modo ‘costituzionalmente orientato’, non di rado sono cadute davanti al giudice costituzionale” (52). La Corte costituzionale ha affermato in più occasioni l’essenzialità della misura cautelare ai fini della tutela riconosciuta dalle norme costituzionali e le limitazioni dell’art. 120, comma 8 ter, c.p.a. non paiono giustificate e sono in contraddizione con disposizioni volte a consentire la soddisfazione in via specifica dell’interesse del ricorrente. Peraltro, la Corte di Giustizia, proprio nei confronti dell’Italia ha stabilito, nelle gare d’appalto, il necessario esame sia del ricorso principale, che di quelli incidentali escludenti perché “nell’ipotesi di un’esclusione di entrambi gli offerenti e dell’indizione di una nuova procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e, quindi, ottenere indirettamente l’appalto” (53). Viene, cioè, affermata la tutela dell’interesse alla ripetizione della gara che, come si è evidenziato innanzi, nella fase cautelare viene sacrificato, non potendo il ricorrente ottenere il provvedimento urgente favorevole. Inoltre, la Dir. 2007/66/CE impone che gli Stati membri attribuiscano all’organo che decide sulle procedure di ricorso i poteri che consentono di “a) prendere con la massima sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti cautelari intesi a riparare la violazione denunciata ...” (54), qualunque violazione denunciata e, quindi, non solo nella ricorrenza delle fattispecie descritte negli artt. 121 e 122 c.p.a. Il legislatore nazionale può stabilire che, nell’esercizio dei poteri cautelari, si tenga conto di tutti gli (49) L’art. 32, D.Lgs. n. 50/2016 aggiunge “il caso di affidamenti di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35 affidati ai sensi dell’art. 36, c. 2, lettere a) e b)” (lavori di importo inferiore a euro 150.000 e servizi e forniture sotto la soglia comunitaria); cfr. R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 519 ss.; A. Corrado, A tutela dei lavoratori Contratto collettivo e Durc in regola, in Gli speciali di Guida al Diritto, Codice degli appalti: l’analisi degli esperti, secondo appuntamento 23/28 maggio 2016, XXIV); I. Martella, Le novità processuali nel codice dei contratti pubblici, in Dir. Proc. Amm., 2016, 659. (50) Direttive 89/665/CEE, 92/13/CEE e 2007/66, in particolare artt. 2, 2 bis e 2 quinquies. (51) Il par. 5, comma 4, dell’art. 2 della Dir. 2007/66/CE espressamente prevede: “Gli Stati membri possono prevedere che l’organo responsabile delle procedure di ricorso possa tener conto delle probabili conseguenze dei provvedimenti cautelari per tutti gli interessi che possono essere lesi, nonché per l’interesse pubblico e decidere di non accordare tali provvedimenti qualora le conseguenze negative possano superare quelle positive”. Quello che, però, la normativa nazionale non può stabilire è limitare le ipotesi di tutela cautelare in determinati casi in via generale. (52) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 540. Si possono ricordare le sentenze della Corte cost. 27 dicembre 1974, n. 284 che dichiarava l’incostituzionalità dell’art. 5, ultimo comma, L. 3 gennaio 1978, n. 1; 25 giugno 1985, n. 190 che dichiarava l’incostituzionalità dell’art. 21, ultimo comma, L. n. 1034/1971 nella parte in cui non consentiva al giudice amministrativo di adottare i provvedimenti ex art. 700 c.p.c. nelle controversie patrimoniali in materia di pubblico impiego. (53) Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, 5 aprile 2016, causa C-689/13, punto 27. (54) Art. 2, par. 1, lett. a), Dir. 2007/66/CE. 882 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti La legge delega nel porre la necessità di “revisione e razionalizzazione del rito abbreviato” (56) introduce un elemento di complicazione, disciplinando un ulteriore rito speciale in materia (57). La “razionalizzazione” va realizzata “anche mediante l’introduzione di un rito speciale in camera di consiglio che consente l’immediata risoluzione del contenzioso relativo all’impugnazione dei provvedimenti di esclusione dalla gara o di ammissione alla gara per carenza di requisiti di partecipazione, previsione della preclusione della contestazione di vizi attinenti alla fase di esclusione dalla gara o ammissione alla gara nel successivo svolgimento della procedura di gara e in sede di impugnazione dei successivi provvedimenti di valutazione delle offerte e di aggiudicazione, provvisoria e definitiva” (58). La delega è fin troppo dettagliata: immediata impugnabilità degli atti di ammissione ed esclusione riguardanti i requisiti di partecipazione che non possono più essere contestati, trascorsi i termini per l’impugnativa; il decreto delegato non deve fare altro che stabilire i termini e precisare il “rito speciale”. E, infatti, il comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. stabilisce che il provvedimento di ammissione ed esclusione “all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici” (59) e che l’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti, anche con ricorso incidentale (60). Il comma 6 bis dell’art. 20 c.p.a. fissa le regole del nuovo rito speciale: A) Trattazione in camera di consiglio, ma, a richiesta delle parti, il ricorso è definito, negli stessi termini, in udienza pubblica; appare chiaro che si è voluta evitare la violazione dell’art. 47 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea per la quale ogni individuo ha diritto, tra l’altro, a che la causa sia esaminata pubblicamente, come ha avuto modo di stigmatizzare la Cedu, in applicazione dell’art. 6 della Convenzione, proprio nei confronti dell’Italia (61). Ho dei dubbi, però, che la possibilità di chiedere la trattazione in udienza pubblica consenta di ritenere rispettato il diritto fondamentale a un “equo processo”. Può essere rimesso alla scelta del singolo l’effettività della tutela o, detto altrimenti, la garanzia del diritto fondamentale è rinunciabile ovvero va, comunque, assicurato nell’interesse della giustizia? Peraltro, è stato osservato che la camera di consiglio è una scelta opinabile e che, da un lato, non è necessaria per abbreviare i tempi e, dall’altro lato, non è imposta (55) Art. 2, par. 5, comma 1, Dir. 2007/66/CE. (56) Art. 1, lett. bbb), L. n. 11/2016. (57) Il parere del Consiglio di Stato, assunto nell’Adunanza del 21 marzo 2016, n. 855 dell’1 aprile 2016, reso sullo schema del decreto legislativo, lo definisce “super speciale” (212). (58) Art. 1, lett. bbb), L. n. 11/2016. (59) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratto pubblici, op. cit., 506, rileva che la legge delega ha previsto l’adozione di un unico testo normativo da denominarsi “codice” - art. 1, comma 1 - ma che il decreto legislativo non ha poi assunto tale nome, né quello chiesto dalla legge delega (codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione), né quello suggerito dal Consiglio di Stato nel parere n. 855/2016 (codice dei contratti pubblici), riportando un lungo titolo che indica trattarsi di attuazione delle direttive e di riordino della disciplina vigente e, quindi, afferma che “Però quanto meno il ‘soprannome’ di codice dei contratti pubblici, gli è rimasto, legificato, nell’art. 120, comma 2 bis, c.p.a.” (508). M. Lipari, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” etc., op. cit., 3 evidenzia, nella nt. 1, le diverse denominazioni del decreto legislativo e riporta in proposito il parere del Consiglio di Stato, ritenendo ingiustificata l’omissione di “codice”, ancorché “tale locuzione compaia, poi, nel corpo dell’articolato a partire dall’art. 1”. (60) P. Cosmai - R. Iovino, Il nuovo codice degli appalti etc., op. cit., 381, ove si evidenzia che lo schema del decreto legislativo varato dal governo prevedeva anche l’impugnazione dei provvedimenti di nomina della Commissione di gara, eliminata a seguito del parere del Consiglio di Stato n. 855/2016; nello stesso senso: M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 23. G. Severini, Il nuovo contenzioso etc., op. cit., 120, sottolinea la necessità dell’adeguatezza dei contenuti della pubblicazione su internet e della responsabilizzazione delle imprese che sono sollecitate a vigilare sulla pubblicazione. (61) Cedu, Sez. II, 4 marzo 2014, causa Grande Stevens, in Guida dir., 2014, 82, con nota di M. Castellaneta. Si evidenzia che la previsione è finalizzata a prevenire possibili incompatibilità con l’art. 6 della C.E.D.U. da parte di C. Contessa, in C. Contessa - D. Crocco, Codice degli Appalti etc., op. cit., 638. interessi e segnatamente dell’interesse pubblico (55), ma non può limitare la tutela cautelare a determinate violazioni della normativa comunitaria e di quella statale di recepimento. Una soluzione alternativa alla rimessione della questione alla Corte costituzionale, alla Corte di Giustizia o alla disapplicazione, potrebbe essere un’interpretazione costituzionalmente e comunitariamente orientata e, sostanzialmente, “sterilizzante” del comma 8 ter dell’art. 120 c.p.a., considerandolo una mera esemplificazione del parametro che il giudice deve applicare nel dispensare la tutela cautelare: il giudice amministrativo ha la sensibilità e la giusta esperienza per seguire questa strada. 6. II) Il “terzo” rito speciale e profili di diritto transitorio Urbanistica e appalti 8-9/2016 883 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti dalla legge delega che prevede “anche” il rito speciale in camera di consiglio (62). B) Il giudizio va tenuto entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle altre parti in giudizio e cioè decorsi trenta (l’art. 46 c.p.a. prevede 60 giorni, ma i termini sono dimezzati) o quarantacinque giorni se le parti o alcune di esse risiedono in altro Stato d’Europa o settantacinque giorni se risiedono fuori d’Europa (63) dal perfezionamento nei loro confronti della notificazione del ricorso. Il decreto di fissazione dell’udienza è comunicato alle parti quindici giorni prima. E allora la “immediata risoluzione del contenzioso” (64) comporta questi tempi “massimi”: 30 giorni per la proposizione del ricorso; 30, 45 o 75 giorni per la costituzione delle altre parti; 30 giorni per l’udienza di trattazione. In totale 90, 105 o 135 giorni a cui sono da aggiungere i 7 giorni per il deposito della sentenza, salvo eventuali complicazioni conseguenti ad esigenze istruttorie, integrazione del contraddittorio, motivi aggiunti o ricorso incidentale (65). È possibile una contrazione dei tempi nei minimi se: il ricorso è notificato e depositato lo stesso giorno della pubblicazione dell’atto di ammissione o di esclusione; nessuna delle altre parti risieda in altro Stato d’Europa o fuori Europa (30 giorni); il Presidente fissa l’udienza di trattazione, decorsi 15 giorni (termine che deve decorrere dalla comunicazione dell’udienza alle parti) dalla scadenza del termine per la costituzione. In totale 46 giorni oltre un giorno almeno per il deposito della sentenza. Ho esposto questi calcoli per due ragioni: la misura cautelare in questo rito non è “superflua” (66) perché i tempi possono non essere contenuti e, comunque, la camera di consiglio per la fase cautelare è fissata alla prima utile decorsi dieci giorni dalla notifica e cinque giorni dal deposito (67), per cui la camera di consiglio per la trattazione della misura cautelare sconta sempre un minor lasso temporale; senza considerare che la misu- ra cautelare monocratica, “in caso di estrema gravità ed urgenza” (68) è rapidissima. Quindi, la domanda cautelare riveste utilità per il ricorrente ed i ricorsi avverso l’esclusione dalle gare spesso si sono risolti con la sentenza adottata a seguito della trattazione della misura cautelare in camera di consiglio ai sensi dell’art. 60 c.p.a. poiché la questione è, di solito, suscettibile di pronta definizione (69). Di poi, non sono stabiliti i termini tra il provvedimento di ammissione o esclusione e gli atti ulteriori della procedura, per cui può accadere che intervengano contestualmente, a distanza di pochi giorni o dopo un lungo arco temporale. Nel terzo caso - trascorso di un lungo lasso temporale - la domanda cautelare può essere superflua, anche se non essendo predeterminati i tempi della scansione procedimentale, non è prevedibile quando interverrà l’aggiudicazione. Nell’ipotesi di adozione contestuale degli atti, si pone altra questione perché il ricorrente proporrà certamente un ricorso cumulativo e occorrerà stabilire il rito da seguire (70). Sicuramente, però, quando sta per intervenire l’aggiudicazione, il ricorrente escluso ha interesse ad essere riammesso subito in gara. La questione è però, se la domanda cautelare sia ammissibile, visto che, per il comma 8 ter dell’art. 120 c.p.a., l’ordinanza urgente deve essere funzionalmente strumentale alla dichiarazione di inefficacia del contratto, come innanzi rilevato, e qui non ancora è adottata nemmeno l’aggiudicazione poiché si è nella preventiva fase della “valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali” (71). Si ripropone quanto già evidenziato circa la costituzionalità (in generale e, in particolare, per i contratti diversi dagli appalti pubblici di lavori) e la compatibilità con le direttive comunitarie (72). C) I termini per la produzione dei documenti è “fino a dieci giorni liberi prima dell’udienza”, per le (62) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 32 il quale auspica che, in un’ottica di semplificazione procedurale, in sede di correttivo al codice sia previsto sempre il rito in udienza pubblica. (63) L’art. 46, ultimo comma, c.p.a. aumenta i termini per la costituzione “nei casi e nella misura di cui all’articolo 41, comma 5” che, appunto, considera altri trenta o novanta giorni, a seconda se le parti risiedono in altro Stato d’Europa o fuori d’Europa; i termini vanno sempre dimezzati ex art. 120, comma 3, c.p.a. che richiama l’art. 119 c.p.a. (64) Art. 1, lett. bbb), L. n. 11/2016. (65) Art. 120, comma 9, c.p.a.. Avverte del rischio della trasformazione del giudizio in sommario: G. Severini, op. ult.cit., 125. (66) Di contrario avviso R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, cit., 542, sull’onda del parere del Consiglio di Stato n. 855/2016 per il quale “la tutela cautelare diventa, di fatto e nella ordinarietà dei casi, superflua (212). Nello stesso senso G. Severini, op. ult. cit, 128. (67) I termini, come rilevato, sono dimezzati e l’art. 55, comma 5, c.p.a. li stabilisce così: “Sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e,. altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso”. (68) Art. 56, comma 1, c.p.a. (69) Il rilievo è di M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 20. (70) Su cui infra nel testo, par. 10. (71) Art. 120, comma 2 bis, c.p.a. (72) Cfr. supra, par. 5. 884 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti memorie sei giorni liberi e per le repliche tre giorni liberi. Il rinvio è possibile solo per: esigenze istruttorie, integrazioni del contraddittorio, proposizione di motivi aggiunti o ricorso incidentale; in caso di ordinanza istruttoria, è stabilito un termine non superiore a tre giorni per l’adempimento, con fissazione dell’ulteriore camera di consiglio “non oltre quindici giorni”. Non può disporsi la cancellazione della causa dal ruolo. La sentenza è depositata entro sette giorni dalla trattazione e, qualora una delle parti ne faccia richiesta (73), il dispositivo è pubblicato entro due giorni dalla camera di consiglio o dall’udienza pubblica. D) Il comma 7 dell’art. 120 c.p.a. stabilisce che gli atti attinenti alla medesima procedura di gara “devono” essere impugnati con motivi aggiunti e l’art. 204 D.Lgs. n. 50/2016 ha aggiunto “ad eccezione dei casi previsti al comma 2 bis” cioè quando si impugni il provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni. Non pare che la disposizione escluda la possibilità di proporre motivi aggiunti, stante l’espressa previsione del comma 2 bis che la camera di consiglio o l’udienza pubblica possono essere rinviate “per proporre motivi aggiunti” e, quindi, si è voluto attribuire al ricorrente la facoltà di proporli, non essendovi obbligato, a differenza degli altri casi di contenzioso sugli appalti (74). Il senso della previsione potrebbe essere quello di rendere più celere il processo, a scapito della concentrazione, con scelta rimessa al ricorrente (75). E) L’appello va proposto entro e non oltre trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della sentenza e “non trova applicazione il termine lungo” decorrente dalla pubblica- zione della sentenza” (76). In appello si applica lo stesso rito descritto sub A), B), C) e D). Non si detta nessuna disciplina specifica per l’opposizione di terzo, la revocazione ed il ricorso per cassazione, per cui vale il dimezzamento dei termini (77). F) Manca una disciplina transitoria e, trattandosi di norme processuali, dovrebbe valere la regola tempus regit actum e, quindi, con applicazione nel momento in cui si svolge il giudizio (78). La questione, però, va esaminata scindendo almeno tre ipotesi e considerando anche una soluzione diversa da quella del tempus regit actum. Per il provvedimento di ammissione precedente l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016, non può pensarsi che i concorrenti avrebbero dovuto impugnarlo ancor prima che intervenisse la novità legislativa, con conseguente applicazione del terzo rito, quando pacifica giurisprudenza non imponeva l’onere di impugnativa e l’eventuale ricorso sarebbe stato dichiarato inammissibile. In questo caso si seguono le precedenti regole processuali e l’ammissione può essere impugnata con l’aggiudicazione, non potendosi aprire un giudizio ad hoc, secondo il comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. Il provvedimento di esclusione - seconda ipotesi doveva essere impugnato dal concorrente escluso anche prima dell’entrata in vigore delle recenti disposizioni, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, per cui si sarà in presenza di un ricorso pendente proposto esclusivamente avverso l’atto di esclusione (79). Qui bisogna distinguere: per le parti non possono che applicarsi i precedenti termini per l’impossibilità di rispettare i nuovi accelerati, probabilmente già decorsi o, in parte, consumati; invece, per la trattazione dovrebbe essere fissata la camera di consiglio o, a richiesta delle parti, (73) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 38 fa notare che “non si stabilisce più l’onere di formulare la richiesta in udienza”. (74) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 542 osserva che la “disciplina sembra voler escludere i motivi aggiunti nel rito contro ammissioni ed esclusioni ... ma non può in astratto escludersi che possano essere necessari motivi aggiunti”. (75) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 33 esprime l’opinione che la scelta del legislatore delegato muove dalla preoccupazione di ‘concentrare’ in un unico contesto procedimentale il contenzioso avverso l’ammissione/esclusione, ma ritiene che la previsione comporti il superamento dell’onere di proporre i motivi aggiunti, ma non stabilisce il divieto, per l’interessato, di utilizzare lo strumento dei motivi aggiunti e “se è così, l’utilità della disposizione risulta piuttosto limitata”. I. Martella, Le novità etc., op. cit., 663, dà la stessa lettura, ritenendo che la presentazione dei motivi aggiunti è diventata, in questi casi, una facoltà del ricorrente. (76) Art. 120, comma 6 bis, c.p.a. (77) Art. 119, ultimo comma, c.p.a., richiamato dall’art. 120, comma 3, c.p.a. Si condivide quanto rileva M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 39 che il rinvio del comma 11 dell’art. 120 c.p.a. vale per il rito e non per i termini di proposizione delle impugnative. (78) Cfr. Cass., Sez. III, 15 dicembre 2016 n. 25216 che, qualificata come processuale la norma che ha eliminato il preventivo giudizio delibativo per proporre l’azione di responsabilità civile contro i magistrati, ha affermato che è immediatamente applicabile ai processi con riguardo a tutti gli atti da compiere, rimanendo validi ed efficaci gli atti già compiuti. In dottrina: R. Caponi, “Tempus regit actum” ovvero autonomia e certezza del diritto processuale civile, in Giur. it., 2007, 689. (79) È chiaro che se è pendente ricorso cumulativo, con impugnativa anche dell’aggiudicazione, pur se oggetto di motivi aggiunti, si applica il primo rito speciale ordinario: cfr. infra par. 10. Urbanistica e appalti 8-9/2016 885 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti l’udienza pubblica e la sentenza va depositata entro sette giorni dalla presa in decisione della causa, con possibilità di anticipata pubblicazione del dispositivo entro due giorni, se richiesto (80). Soluzione più semplice è quella di applicare la disposizione transitoria dell’art. 216, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016, relativa all’entrata in vigore della normativa sostanziale, secondo cui le nuove disposizioni riguardano le procedure di affidamento i cui bandi o avvisi siano pubblicati dopo l’entrata in vigore dello stesso D.Lgs. e, quindi, a far tempo dal 20 aprile 2016, per cui le innovative norme processuali non possono che avere ad oggetto gli atti adottati in base al nuovo sistema di selezione (81), specie con riferimento al provvedimento di ammissione ed esclusione che riceve una regolamentazione procedimentale diversa. Questa possibile tesi lega il processo al procedimento che lo influenza e ne fa una sua proiezione: le regole processuali sono state così dettate in conseguenza della disciplina procedimentale e sostanziale. Se si segue quest’ultima impostazione, non si applica il terzo rito speciale non solo nella seconda ipotesi, ma nemmeno nella ultima ipotesi che si espone e cioè per l’esclusione o ammissione successive all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50/2016, ma disciplinate dal D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e ss. mm. ed ii. siccome adottate in una gara bandita prima del 20 aprile 2016. Il procedimento, infatti, deve svolgersi secondo le precedenti regole e non si applicano le nuove norme processuali. Viceversa, si utilizza il terzo rito speciale per le ammissioni o esclusioni, se si ritiene che, per il processo, in mancanza di una normativa transitoria specifica, valga la regola tempus regit actum, a prescindere dalla disciplina sostanziale. La teorica che si può definire sostanziale consentirebbe di procrastinare l’introduzione del terzo rito speciale, consentendo agli operatori economici e giuridici di “digerirlo”. (80) La pubblicazione del dispositivo entro due giorni dall’udienza è stabilita anche per il primo rito speciale, a partire dai giudizi introdotti con ricorso depositato in primo grado o in grado di appello, in data successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. 24 giugno 2014, n. 90, convertito in L. 11 agosto 2014, n. 114, per cui il problema del termine per la pubblicazione del dispositivo può riguardare solo i ricorsi in primo grado e gli appelli depositati prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 90/2014, il che costituisce più un’ipotesi di scuola, in considerazione della rapida conclusione di questi tipi di giudizi che, in media, durano molto meno di due anni. (81) Così: R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 543. Dello stesso avviso è I. Martella, Le novità etc., op. cit., 669. (82) F. Franconiero, Il recepimento delle nuove direttive su contratti pubblici. La giurisprudenza amministrativa sulle proce- dure di affidamento dei contratti pubblici, in www.italiadecide.it, 1, 2015. (83) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 540, sottolinea che il contenzioso sull’aggiudicazione è nella prassi “complicato ed esasperato dai ricorsi incidentali che rimettono in discussione la fase di ammissione”. Per un’analisi puntuale delle condizioni che hanno portato ad un ipertrofico contenzioso sui requisiti di ammissione: G. Severini, Il nuovo contenzioso etc., op. cit., 107 e ss. (84) A. Pajno, La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione in www.giustamm.it, in Riv. dir. pubbl., febbraio 2016, 18. (85) A. Pajno, op. ult. cit., 19. G. Severini, op. ult. cit., 111 incisivamente rileva: “ si ricerca una sicurezza giuridica immediata sulle figure dei protagonisti della gara”. 886 7. Le ragioni della “specialità” e profili critici Prima della previsione della legge delega, la dottrina ha messo in evidenza l’incongruenza del contenzioso sugli appalti che si concentra soprattutto sulla sussistenza dei requisiti di partecipazione alla gara dopo che quest’ultima si è conclusa, collegata alla struttura del procedimento che differisce la verifica dei requisiti dopo l’aggiudicazione (82) e alle conseguenti impugnazioni incidentali del controinteressato aggiudicatario che contestano il (i) requisito (i) del ricorrente (83). E, quindi, si è indicato come possibile rimedio, una “diversa organizzazione del procedimento, che veda una fase dedicata alle ammissioni ed esclusioni di tutti i partecipanti alla gara, ed una diretta impugnabilità, entro un termine breve, in quanto atti immediatamente lesivi, dei provvedimenti di ammissione e di esclusione” (84). Lo scopo è quello di evitare che le illegittimità della fase preparatoria possano poi ripercuotersi sull’esito conclusivo della gara, richiamando quanto previsto dal codice del processo amministrativo per il processo elettorale che stabilisce la immediata impugnabilità degli atti di esclusione. Se ne avvantaggerebbe il procedimento che potrebbe andare diritto alla conclusione, lasciandosi alle spalle le ammissioni ed esclusioni, ed il processo amministrativo che potrebbe concentrarsi solo sulla valutazione delle offerte (85). Si sarebbe dovuto, quindi, ristrutturare il procedimento, scandendo in maniera puntuale la fase delle ammissioni-esclusioni e rimettendo ad una fase successiva, senza possibilità di commistione o ritorno alla precedente, la valutazione delle offerte; in conseguenza, sul piano processuale prevedere l’immediata impugnabilità del provvedi- Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti mento conclusivo della fase (o subfase) delle ammissioni-esclusioni. Il confronto operato con il rito elettorale in materia di esclusioni e di atti preparatori mette in evidenza che il procedimento elettorale è definito in tappe cronologiche successive e rigide e non sono previsti, fuori dai casi espressamente indicati, interventi in autotutela perché si svolgono le elezioni, senza possibilità di far retrocedere il procedimento elettorale (86), superata la presentazione delle liste, l’ammissione ed esclusione, le contestazioni, la definitiva determinazione della commissione elettorale (e l’eventuale rapidissimo giudizio innanzi al giudice amministrativo). E il rito speciale dettato dall’art. 129 c.p.a. non impone l’onere di impugnare immediatamente le ammissioni delle liste, salva l’ipotesi di possibile confusione tra i simboli o i nomi dei candidati. Ebbene, per gli appalti, il procedimento amministrativo non è esattamente distinto tra la fase di individuazione dei concorrenti ammessi alla gara e quella di valutazione delle offerte. È stato esattamente rilevato (87) che: a) l’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016 stabilisce che le stazioni appaltanti “escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura”, per cui la fase di ammissione è potenzialmente aperta almeno sino all’aggiudicazione, conformemente alla previsione dell’art. 57 della Dir. 2014/24/UE (88); b) l’art. 56 della Dir. 2014/24/UE stabilisce che le stazioni appaltanti possano seguire un iter più flessibile e semplificato, valutando prima le offerte e poi l’assenza di motivi di esclusione; c) la (eventuale) inoppugnabilità degli atti di ammissione-esclusione dalla gara non impedisce l’esercizio del potere di autotutela, anche su impulso degli operatori economici non aggiudicatari e che non hanno impugnato l’ammissione (illegittima) dell’aggiudicatario, nonché a seguito dello “atto di raccomandazione” dell’ANAC (89); d) i tempi delle procedure - salvo possibili linee guida e bandi tipo - e la durata delle fasi o subfasi non è omogenea e predeterminata, per cui possono verificarsi “sia ipotesi di procedure molto elaborate, che possono durare settimane, o addirittura mesi, sia fattispecie di gare in cui la fase di ammissione e quella di scelta del contraente si concludono contestualmente (o a distanza di pochissimi giorni)” (90); e) i concorrenti presentano il documento di gara unico europeo (D.G.U.E.), consistente in un’autodichiarazione in sostituzione dei certificati comprovanti l’assenza dei motivi di esclusione di cui all’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016 e i requisiti di idoneità professionale, di capacità economica e finanziaria e di capacità tecniche e professionali nonché degli eventuali criteri oggettivi richiesti dalle stazioni appaltanti; solo a seguito dell’aggiudicazione, l’offerente che ha vinto la gara e il secondo in graduatoria devono presentare le certificazioni (91); quindi, l’effettiva verifica (anche) dei requisiti di partecipazione avviene addirittura dopo l’aggiudicazione. La fluidità del procedimento e la non precisa ed esatta limitazione della fase di qualificazione dei concorrenti si ripercuote sull’impugnativa disciplinata dal comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a. che, per evitare confluenza di questioni nello stesso ricorso, dovrebbe concludersi prima che intervenga l’aggiudicazione; il che non può verificarsi quando vi sia contemporanea decisione sull’ammissione e sulla valutazione delle offerte ovvero quest’ultima intervenga a breve distanza di tempo. Credo, comunque, che questo terzo rito speciale non serva al fine di confinare in apposito contenzioso giurisdizionale le questioni relative ai requisiti di partecipazione, né di eliminare i ricorsi incidentali (92). (86) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 22. (87) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 16 ss. (88) “Le amministrazioni aggiudicatrici escludono un operatore economico in qualunque momento della procedura qualora risulti che l’operatore economico si trova, a causa di atti compiuti o omessi prima o nel corso della procedura, in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 2”. (89) Art. 211, D.Lgs. n. 50/2016. (90) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. ult. cit., 18. (91) Art. 85, D.Lgs. n. 50/2016. (92) O. Forlenza, Uno speciale giudizio con termini stringenti etc., op. cit., XXXII, ritiene che uno dei principali punti critici della riforma sia proprio la previsione dell’immediata impugnazione delle ammissioni e si domanda se “sia effettivamente rispondente alle finalità perseguite ovvero non vi sia il rischio di una moltiplicazione del contenzioso stesso, determinata dalla necessità di impugnare comunque l’atto in via cautelativa”. Contra: G. Severini, Il nuovo contenzioso etc.., op. cit., 125, per il quale l’obiettivo perseguito dal legislatore è di “massima meritevole e, di suo, merita condivisione”, ma per i “tempi”, solleva fondate perplessità (126). Urbanistica e appalti 8-9/2016 8. Rilevanza marginale nel contenzioso del terzo rito speciale Innanzitutto, va precisato che questo particolare rito riguarda esclusivamente il provvedimento di esclusione e ammissione all’esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali degli operatori economici, non altri profili che possano condurre all’esclusione o all’ammissione perché si è in presenza di un rito 887 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti derogatorio e non è possibile procedere ad interpretazioni estensive, tese ad ampliare il perimetro di applicazione (93). L’oggetto dell’impugnativa è il provvedimento che determina le esclusioni e le ammissioni dalla procedura di affidamento all’esito delle valutazioni dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnicoprofessionali dei concorrenti e che viene pubblicato insieme ai relativi atti nei successivi due giorni dalla data di adozione “al fine di consentire l’eventuale proposizione del ricorso ai sensi dell’art. 120 del codice del processo amministrativo” (94) e ne è dato contestualmente “avviso ai concorrenti, mediante pec o strumento analogo negli altri Stati membri” (95). Ancorché manchi una precisa disposizione sostanziale che chiarisca in che consista esattamente detto provvedimento, si tratta di un “atto unitario che dovrebbe concludere definitivamente la fase di ammissione e verifica dei requisiti di partecipazione dei concorrenti” (96). Restano fuori da questo rito le ammissioni o le esclusioni relativi alla regolarità ed al contenuto delle offerte tecniche ed economiche e alle possibili anomalie delle offerte, ma forse anche agli altri requisiti, diversi da quelli indicati dall’art. 83 del D.Lgs. n. 50/2016 (97) e cioè i motivi di esclusione previsti dagli artt. 80 (98) e 91 stesso D.Lgs. (99). Sono del parere che non si applichi il terzo rito speciale nemmeno quando, in via di autotutela, si annulli il provvedimento di esclusione o di ammissione, modificandolo. La dottrina ha avanzato due possibili soluzioni: un’interpretazione “prudente” secondo cui, conclusa la fase di ammissione-esclu- sione, cessa l’operatività dell’eccezionale terzo rito speciale ovvero, sulla base del principio del contrarius actus, anche gli atti di autotutela di secondo grado devono essere trattati con il terzo rito speciale (100). Va preferita la prima soluzione perché, da un lato il terzo rito speciale si pone come eccezionale e derogatorio ed è di stretta interpretazione, per cui non è possibile estenderlo ad ambiti non considerati dalla norma; dall’altro lato, la regola del contrarius actus attiene al procedimento amministrativo che deve seguire il provvedimento di secondo grado, non alla tutela giurisdizionale avverso il provvedimento che appartiene ad altro livello e non interviene su un precedente giudizio. Appare, comunque, chiaro che tutte le esclusioni e ammissioni successive alla fase che si chiude con il provvedimento di cui all’art. 29, D.Lgs. n. 50/2016 non rientrano nel contenzioso di cui al comma 2 bis dell’art. 120 c.p.a., per cui non si realizza l’obiettivo di eliminare “in radice l’annoso problema del ricorso incidentale” (101). Di poi, il provvedimento che definisce le ammissioni ed esclusioni valuta, normalmente, le autodichiarazioni dei concorrenti risultanti dal documento di gara unico europeo (102) (D.G.U.E.) sul quale se si riscontra “la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale” (103) interviene la procedura di soccorso istruttorio, come nel caso, ovviamente, di “irregolarità formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali”, mentre per quelle essenziali è pagata una sanzione pecuniaria stabilita nel bando di gara (104). (93) Nello stesso senso M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 25. (94) Art. 29, comma 1, secondo periodo, D.Lgs. n. 50/2016. (95) Art. 76, comma 3, D.Lgs. n. 50/2016. (96) Come puntualmente rilevato da M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 24. (97) L’art. 83, D.Lgs. n. 50/2016 espressamente si riferisce a: “a) i requisiti di idoneità professionale; b) la capacità economica e finanziaria; c) le capacità tecniche e professionali”. (98) L’art. 80, D.Lgs. n. 50/2016 riguarda gli operatori economici che abbiano commesso reati o siano coinvolti in infiltrazioni mafiose o siano incorsi in violazioni gravi agli obblighi del pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali e in altri motivi di esclusione precisati nei commi dal 5 in poi. (99) Eventuali criteri oggettivi fissati dalla stazione appaltante. (100) È la prospettazione di M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 26. (101) Ritiene che si elimini il problema del ricorso incidentale, M.A. Sandulli, in Osservatorio sulla giustizia amministrativa, in Foro amm., 2015, 2992. Analogo rilievo, anche se in forma molto dubitativa, ha espresso A Bartolini in un incontro semi- nariale tenutosi a Roma il 31 maggio 2016 preso il Dipartimento di Economia dell’Università “ La Sapienza”, organizzato da P. Chirulli. Opportunamente M. Lipari, op. ult. cit., 26 ricorda che “il contenzioso all’origine della decisione “Fastweb” della Corte di Giustizia (caratterizzato, com’è noto, da due ricorsi incrociati - principale e incidentale - diretti a impugnare reciprocamente, l’ammissione dell’altro unico concorrente, con l’effetto di far annullare l’intera gara, ma dopo l’intero svolgimento comprensivo della valutazione dell’offerta e dell’aggiudicazione), non avrebbe potuto svolgersi secondo le nuove regole dell’art. 120, dal momento che le ammissioni reciprocamente contestate in quel giudizio riguardano i contenuti dell’offerta tecnica e non già i requisiti soggettivi di partecipazione”, per cui non si scongiura il rischio dei ricorsi incrociati. (102) Art. 85, D.Lgs. n. 50/2016. (103) Art. 83, comma 9, D.Lgs. n. 50/2016. (104) L’art. 83, comma 9, D.Lgs. n. 50/2016. fissa il range della sanzione “in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore a 5.000 Euro”. La previsione è in palese violazione della legge delega che all’art. 1, lett. z), stabilisce la “piena possibilità di integrazione documentale non onerosa”. Cfr., E. Follieri, I principi generali delle Direttive Comunitarie 2014/24/UE e 2014/25/UE, in www.giustamm.it, 2015, 3 ss. 888 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Il ricorso contro le ammissioni ed esclusioni si risolve, nella sostanza, nell’esame del D.G.U.E. che il concorrente redige seguendo le indicazioni dettate dal documento, corretto negli eventuali errori con la procedura di soccorso istruttorio, per cui il giudizio si basa sulle autodichiarazioni dei concorrenti che, nella normalità dei casi, saranno quelle richieste dal bando, salvo le dichiarazioni false o mendaci che sono fenomeni purtroppo non infrequenti (105). Il giudizio amministrativo contro le ammissioni e le esclusioni avrà luogo solo nell’ipotesi in cui le autodichiarazioni non corrisponderanno a quelle richieste dal D.G.U.E. e non saranno state emendate a seguito di richiesta della stazione appaltante. È un contenzioso a limitata incidenza e forse di nessuna utilità perché quello rilevante si apre a seguito della verifica delle autodichiarazioni e, quindi, dopo l’aggiudicazione e riguarderà il vincitore della gara ed il secondo classificato, non le controversie oggetto del terzo rito speciale. Alla fine, questo ricorso non è di grande impatto, né utile per delimitare l’effettivo contenzioso. 9. Rilievi critici sulla opportunità e necessità dell’impugnativa immediata degli atti di ammissione A parte questo profilo sulla scarsa rilevanza del contenzioso, la novità di imporre la necessaria tempestiva impugnativa (anche) delle ammissioni non pare previsione necessaria e utile. La giurisprudenza ha ritenuto che le esclusioni dalla gara debbano essere tempestivamente impugnate, senza attendere la conclusione del procedimento, perché lesive dell’interesse del concorrente che non può più divenire aggiudicatario, a prescindere dallo svolgimento e completamento della procedura ad evidenza pubblica (106). L’immediata lesione dell’interesse ad ottenere successo nella gara non più conseguibile per l’esclusio(105) Si rammarica della frequenza delle dichiarazioni false e mendaci dei cittadini nei confronti delle pubbliche amministrazioni M.A. Sandulli, Gli effetti diretti della legge 7 agosto 2015 n. 124 sulle attività economiche: le novità in tema di s.c.i.a., silenzio-assenso e autotutela in www.federalismi.it, 2015, 9. (106) Cons. Stato, Sez. VI, 19 ottobre 2012, n. 5389; Cons. Stato, Sez. V, 4 marzo 2011, n. 1398. (107) Cfr. R. Villata, voce Interesse ad agire, II, Diritto processuale amministrativo in Enc. giur., XVII, Roma, 1989; E. Follieri, I presupposti e le condizioni dell’azione, in F.G. Scoca (a cura di), Giustizia amministrativa, VI ed., Torino, 2014, 289 ss. (108) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 541; M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 15; M.A. Sandulli, La legge delega sull’attuazione delle direttive UE Urbanistica e appalti 8-9/2016 ne circoscrive la legittimazione al concorrente estromesso che è a conoscenza di tutti gli elementi che riguardano la sua posizione e l’esito positivo del giudizio gli consente di proseguire nella gara per ottenere il bene della vita cui aspira: l’aggiudicazione. È una soluzione appagante perché il possibile intervento cautelare, normalmente domandato dal ricorrente in questi casi, permette la partecipazione dell’escluso alla procedura e soddisfa l’interesse allo svolgimento della gara senza che il procedimento retroceda con la ripetizione delle valutazioni. Inoltre è conforme ai principi che caratterizzano l’interesse a ricorrere e, in primis, alla verifica dell’interesse ad un’utilità concreta che la sentenza favorevole può recare alla situazione giuridica soggettiva di cui si affermi la lesione personale, diretta ed attuale (107). La previsione di impugnare (anche) gli atti di ammissione non mi sembra, invece, condivisibile per più ragioni: a) carica ogni concorrente di un onere eccessivo; b) diventa un moltiplicatore del contenzioso che potrebbe essere di nessuna utilità per chi è costretto al ricorso; c) non tutela un apprezzabile interesse a ricorrere, privo, quanto meno, della lesione attuale della situazione giuridica soggettiva. a) L’onere per i concorrenti appare eccessivo almeno sotto due profili: a1) se non è particolarmente gravoso quando vi è un numero limitato di operatori economici che hanno presentato l’offerta, l’onere aumenta proporzionalmente con la quantità dei partecipanti come rilevato da più parti (108); a2) il pagamento del contributo unificato che va corrisposto nella esagerata entità prevista per queste controversie, con il rischio di doverlo versare nuovamente quando si va ad impugnare (eventualmente) l’aggiudicazione (109); in proposito si deve ricordare che la Corte di Giustizia UE, pur avendo ritenuto che non contrasti con il diritto dell’UE la previsione dei tributi giudiziari multipli, ha rimesso alla valutazione del giudice nazionale la possibilità del 2014 etc., op. cit., 2992; C. Contessa, in C. Contessa - D. Crocco, Codice degli Appalti etc., op. cit., 637. (109) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 541 suggerisce che si sarebbero dovuti evitare i dubbi ingenerati dai costi eccessivi del giudizio “operando sulla riduzione del contributo, o prevedendone uno solo in caso di impugnazione di ammissione seguita da impugnazione della successiva aggiudicazione” e ne auspica l’introduzione nei decreti correttivi. M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 30 ritiene che “anche alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia (senza necessità di interventi di dettaglio del legislatore nazionale) si dovrebbe sostenere la tesi secondo cui, in tale eventualità, il contributo unificato dovrebbe restare lo stesso e non raddoppiato”. 889 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti di dispensare dall’obbligo di pagamento di contributi cumulativi in presenza di ricorsi aventi identità di oggetto (110) che, se identificato con l’appalto contestato, può far rientrare l’ipotesi di cui si discute. b) L’impugnazione degli atti di ammissione parcellizza il procedimento amministrativo, ai fini dell’azione giurisdizionale, aumentando il contenzioso che potrebbe rilevarsi del tutto inutile, se si contesta l’ammissione di un concorrente che, poi, non si colloca (sarebbe collocato) utilmente nella graduatoria oppure lo stesso ricorrente non ottiene il risultato favorevole a seguito della valutazione delle offerte; l’effetto “sicuro” è l’incremento delle controversie che si pone in contraddizione con l’intento di ridurle, reso palese anche attraverso la previsione di strumenti alternativi di definizione del contenzioso, mentre è tutta da verificare la diminuzione delle questioni da trattare nel ricorso avverso l’aggiudicazione per il possibile riscontro, successivo al provvedimento da impugnare di cui all’art. 29, D.Lgs. n. 50/2016, della mancanza dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnicoprofessionali. c) È da chiedersi quale utilità concreta consegua il partecipante che impugni l’ammissione degli altri concorrenti; il ricorso, in ipotesi diretto ad escludere tutti gli altri partecipanti, pur se coronato da successo, non attribuisce al ricorrente vittorioso l’aggiudicazione perché la stazione appaltante può decidere di non procedere all’aggiudicazione se l’offerta non risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto (111); e, soprattutto, la lesione non è diretta, non derivando immediatamente dal provvedimento di ammissione, e non è attuale poiché non è ancora intervenuta la lesione dell’interesse ad ottenere l’aggiudicazione, richiedendo l’emanazione di provvedimenti successivi collegati ad un evento futuro e incerto (l’aggiudicazione a favore del concorrente di cui si contesta la legittima ammissione) (112). L’interesse deve essere concreto ed attuale (113) e la necessità dell’impugnazione contro le ammissioni degli altri partecipanti alla gara istituisce una “presunzione di interesse a ricorrere” che potrebbe ravvisarsi nella “giusta formazione della platea dei concorrenti alla gara, bene che ora diviene tutelabile autonomamente” (114); interesse che viene meno, rendendo improcedibile il ricorso, in caso di aggiudicazione della gara allo stesso ricorrente o a concorrente diverso da quello nei cui confronti si è contestata l’ammissione, sempre che il partecipante “contestato” non sia determinante ai fini della media per l’aggiudicazione. L’interesse per il quale la legge consente e “obbliga” all’impugnativa delle ammissioni resta tale, ma un evento successivo - l’aggiudicazione - lo priva della indispensabile utilità dell’azione promossa, rendendolo inattuale e conferma che si va ad incardinare un contenzioso che potrebbe essere di nessun…. interesse (115). (110) Corte di Giustizia UE, Sez. V, 6 ottobre 2015, causa C61/14, con nota di L. Presutti, Contributo unificato e diritto europeo degli appalti, in questa Rivista, 2016, 138 ss. (111) In questo senso, da ultimo Cons. Stato, Sez. III, 25 febbraio 2016, n. 749. (112) O. Forlenza, Uno speciale giudizio con termini stringenti etc., op. cit., solleva il dubbio che il nuovo regime impugnatorio violi l’art. 113 Cost. che garantisce la tutela giurisdizionale contro tutti gli atti amministrativi, senza limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti perché la normativa introdotta sembra sottindere “una ‘dissuasione’ dal proporre ricorso - affrontandone le spese avverso provvedimenti, quali quelli di ammissione/esclusione, posto che lo stesso, all’esito della gara, potrebbe rilevarsi inutile”. (113) Recentemente ed autorevolmente: Cons. Stato, Ad. Plen., 3 febbraio 2014, n. 8. (114) Così: G. Severini, Il nuovo contenzioso etc., op. cit., 118. (115) Molto interessanti i rilievi e le “preoccupazioni” di G. Severini, op. ult. cit., 123 che si domanda se questa tecnica legislativa che “costruisce un interesse a ricorrere virtuale”, non “orienti, eccezionalmente, verso una formula di giurisdizione di ordine oggettivo”. (116) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 24. 890 10. Il rito nei ricorsi cumulativi contro le ammissioni-esclusioni e l’aggiudicazione Si è già evidenziato che non vi è una disciplina procedimentale che distingua con nettezza, sul piano sia strutturale che temporale (116), la fase che si conclude con il provvedimento di ammissione ed esclusione dal prosieguo del procedimento di aggiudicazione; anzi, è sempre possibile, anche dopo l’adozione del provvedimento ex art. 29, D.Lgs. n. 50/2016, che intervengano esclusioni e, addirittura, dopo l’aggiudicazione, in conseguenza della verifica negativa delle autodichiarazioni (D.G.U.E.); inoltre potrebbe svolgersi contestualmente la decisione sull’ammissione ed esclusione e quella sull’aggiudicazione o quest’ultima seguire ad un intervallo di tempo inferiore ai trenta giorni, per cui occorre stabilire, in caso di (possibile) impugnativa cumulativa delle ammissioni-esclusioni e dell’aggiudicazione, quale rito speciale si applichi, in considerazione della loro diversità essenziale quanto: ai ter- Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti mini fissati per le parti ed il giudice, alla trattazione in udienza pubblica o in camera di consiglio e al termine lungo per la proposizione dell’appello. Il rapporto riguarda non solo il terzo rito speciale rispetto al primo, ma anche il terzo con il secondo perché il cumulo può verificarsi anche per le particolari controversie considerate dall’art. 125 c.p.a. Non vi è una norma di coordinamento specifica per regolare questa ipotesi, per cui occorre fare riferimento all’art. 32 c.p.a. il quale fissa un principio di libertà per il ricorrente in via principale o incidentale (117) che può sempre proporre nello stesso giudizio più domande connesse e si preoccupa di stabilire, nel caso in cui “le azioni sono soggette a riti diversi”, quale rito si applichi (118). In astratto, si sarebbe potuto dettare la regola che il cumulo, pur consentito, trovava un limite quando le azioni fossero soggette a riti diversi, dovendo ciascuna di esse seguire il proprio rito, con conseguente trattazione in processi diversi, e invece si è optato per la concentrazione e la trattazione unita- ria, anche in presenza di riti diversi, esprimendo la preferenza per quello ordinario, “salvo quanto previsto dal Titolo V del libro IV” (119). E, allora, prevalenza del rito ordinario su quelli speciali (120) e applicazione di quello ordinario anche quando le domande sono soggette a diversi riti speciali (121). Questa regola, però, non vale quando il cumulo riguarda uno dei riti abbreviati comuni di cui all’art. 119 c.p.a. e all’art. 120 c.p.a.: qui si applica la soluzione inversa perché prevale il rito speciale abbreviato (122). Si ha che le domande dovrebbero seguire due diversi riti speciali riguardanti i contratti pubblici (il primo e il terzo ovvero il secondo ed il terzo) e la regola generale attribuirebbe la preferenza al rito ordinario, sennonché scatta l’eccezione, poiché si tratta di controversie previste dal titolo V del libro IV, e, dunque, si applica il rito speciale; ma quale? In mancanza di una specifica disposizione, la dottrina, esclusa l’utilizzabilità dell’art. 40 c.p.c. (123), chiamato in causa in virtù del rinvio esterno ope- (117) R. De Nictolis, Codice del processo amministrativo commentato, III ed., Milano, 2015, 563: il cumulo oggettivo “è sempre possibile, purché vi sia connessione”. (118) G. Corso, nel commento all’art. 32 c.p.a., in A. Quaranta - V. Lopilato (a cura di), Il processo amministrativo, Milano, 2011, 325, evidenzia che il legislatore “usa promiscuamente i termini azioni e domande”; infatti, la rubrica dell’articolo reca: “pluralità delle domande e conversione delle azioni”, il comma 1 afferma che è sempre possibile “il cumulo di domande connesse”, il secondo periodo dello stesso comma che “Se le azioni sono soggette a riti diversi, si applica...”, il comma 2 “Il giudice qualifica l’azione” e “può sempre disporre la conversione delle azioni”. L’A. precisa la distinzione ricavandola dal codice del processo amministrativo dove per azione si intende il “provvedimento che viene chiesto dalla parte al giudice” (324), mentre la domanda, oltre al petitum, comprende i fatti ed i motivi specifici su cui si fonda il ricorso e cioè la causa petendi. Può dirsi che la domanda è costituita dall’azione e dalla causa petendi. (119) Art. 32 c.p.a. L’eccezione, nel primo testo del Codice era riferita a “quanto previsto dai Capi I e II del titolo V del libro IV”, titolo che, però, non è diviso in capi, per cui, nel sottolineare l’errore evidente, si è ritenuto che il richiamo fosse da riferirsi al Titolo VI, diviso in capi e che regola il contenzioso elettorale: G. Corso, op. ult. cit., 326. Con il primo decreto correttivo, si è posto rimedio all’errore, eliminando i “Capi I e II”, ma lasciando il titolo V, per cui il “salvo” si riferisce al “rito abbreviato comune a determinate materie” (art. 119) e “ai giudizi di cui all’articolo 119, comma 1, lettera a)” (art. 120). (120) Come nel caso disciplinato dall’art. 117 c.p.a.: se nel corso di un ricorso avverso il silenzio “sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso con l’oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l’intero giudizio prosegue con tale rito”. In giurisprudenza: Cons. Stato, Sez. VI, 16 febbraio 2011, n. 996 ha stabilito che si osservano i termini ordinari e non quelli del rito abbreviato se vengono proposti contestualmente domande di annullamento e di silenzio inadempimento; Cons. Stato, Sez. VI, 16 maggio 2012, n. 2809, ord.: si applica il rito ordinario e non quello speciale camerale di cui agli artt. 87 e 105 c.p.a., se con un unico appello si chieda la riforma di capi diversi della sentenza, quello che declina la giurisdizione e quello che si pronuncia nel merito. Per il rapporto tra rito ordinario e rito del giudizio di ottemperanza e il potere del giudice di conversione dell’azione: Cons. Stato, Ad. Plen., 15 gennaio 2013, n. 2 e in dottrina: E. Marino, Conversione e rapporto tra le azioni in E. Follieri - A. Barone, (a cura di), I principi vincolanti dell’adunanza plenaria del Consiglio di Stato sul codice del processo amministrativo (2010-2015), Padova, 2015, 670 ss. nonché A.L. Di Stefano, La tutela giurisdizionale a fronte della riedizione del potere amministrativo, ivi, 702 ss.; F. Follieri, Qualificazione e conversione dell’azione alla prova del principio della domanda, in Dir. proc. amm., 2013, 177. (121) Cfr. R. De Nictolis, Codice del processo amministrativo etc., op. cit., 563; F. Caringella - M. Protto, Codice del nuovo processo amministrativo, in “Codici d’Autore” Collana diretta da C.M. Bianca - A. Catricalà - E. Mantovani, Roma, 2010, 387 rilevano che nel codice del processo amministrativo vi sono altre disposizioni coerenti con la regola detta dall’art. 32: così l’art. 43 relativo alla connessione “successiva”, l’art. 70 alla riunione dei ricorsi, l’art. 112 al cumulo tra azione di ottemperanza e di risarcimento del danno, l’art. 116 alla domanda di accesso e giudizio principale, l’art. 117 al ricorso avverso il silenzio e avverso i provvedimenti sopravvenuti connessi. (122) F. Caringella - M. Proto, op. ult. cit., 388 rilevano che non è chiaro se l’eccezione (“salvo quanto previsto etc.”) si riferisca “alla sola disposizione riguardante l’individuazione del rito applicabile, quindi, non determina alcuna conseguenza sulla possibilità di determinare la confluenza, in un unico giudizio, di azioni disciplinate da riti diversi. Non è agevole stabilire però se ciò determini l’assoggettamento dell’intero processo alle regole del rito speciale o se, al contrario, si realizzi una sorta di convivenza tra i due riti”. Si ritiene preferibile la prima soluzione perché “si collega più razionalmente all’idea di semplificazione del processo”. M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 36 afferma che ormai “La norma è pacificamente intesa nel senso che il rito di cui agli artt. 119 e 120 prevalga su quello ordinario”. (123) L’art. 40 c.p.c. recita: “Qualora le cause connesse siano assoggettate a differenti riti speciali debbono essere trattate e decise col rito previsto per quella tra esse in ragione della quale viene determinata la competenza o, in subordine, col rito previsto per la causa di maggior valore”. Urbanistica e appalti 8-9/2016 891 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti rato dall’art. 39 c.p.a., per la particolarità del contenzioso in materia, ritiene che debba seguirsi il primo rito speciale, perché il contenzioso “una volta sviluppatasi la gara e giunta alla sua conclusione, non manifesta più quelle esigenze di velocità ‘supersonica’ legate alla necessità di definire preliminarmente la platea delle offerte ammesse alla valutazione” (124) e, comunque, il giudizio assume complessità tale, da non potersi definire nei ristretti termini fissati dall’art. 120, comma 6 bis, c.p.a. Condivido la tesi, oltre che per le ragioni di opportunità processuale, anche per seguire la ratio sottesa all’art. 32 c.p.a. e cioè la preferenza per il rito ordinario e, tra i riti speciali di cui all’art. 120 c.p.a., quello disciplinato dai commi 2 bis e 6 bis dell’art. 120 c.p.a. assume certamente il ruolo di eccezione rispetto a quello stabilito in via ordinaria dall’art. 120 c.p.a. per lo speciale rito delle controversie de quibus; stesso discorso vale per i ricorsi di cui all’art. 125 c.p.a.: si applica quanto previsto in via ordinaria, con le particolarità proprie di questo tipo di giudizio. 11. III) L’impugnativa degli atti dell’ANAC. Il parere di precontenzioso: a) facoltatività; b) vincolatività a soggettività variabile; c) oggetto del parere; d) termine per l’espressione del parere Il comma 1 dell’art. 120 c.p.a. è stato modificato con la sostituzione dell’ANAC all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici e sembrerebbe un necessario adeguamento della norma per effetto del (124) M. Lipari, op. ult. cit., 36 il quale sottolinea che resta ferma “la diversa decorrenza dei termini di impugnazione”, nel senso che l’impugnativa del provvedimento di ammissione ed esclusione parte, pur sempre, dalla pubblicazione dell’atto sul profilo del committente della stazione appaltante: art. 29, D.Lgs. n. 50/2016 e art. 120, comma 2 bis, c.p.a. (125) Cfr. N. Longobardi, L’autorità Nazionale Anticorruzione e la nuova normativa sui contratti pubblici, in www.giustamm.it, 2016, part. 8 ss.; D. Ponte, Una cabina di regia per cooperare con la Commissione UE, n. 22, in Guida dir., inserto, XXI ss.; G. M. Racca, Dall’Autorità sui contratti pubblici all’Autorità Nazionale Anticorruzione: il cambiamento del sistema, in Dir. amm., 2015, 345 ss. (126) Il D.Lgs. n. 50/2016 introduce anche un nuovo istituto di prevenzione che può intervenire quando si esegue il contratto e cioè il Collegio consultivo tecnico -art. 207 - a carattere facoltativo, ma è fuori dalla previsione del comma 1 dell’art. 120 c.p.a. come modificato e, quindi, non viene trattato. Stesso discorso vale per l’accordo bonario, la transazione e l’arbitrato. (127) Cfr. N. Lingobardi, op. ult. cit., 12 ss., che individua tre tipologie di atti previsti dal D.Lgs. n. 50/2016 in sua attuazione: a) decreti ministeriali e interministeriali da considerare regolamenti ex art. 17, comma 3, L. n. 400 del 1988; b) linee guida non vincolanti dell’ANAC che hanno natura di atti amministrativi ordinari; c) linee guida vincolanti dell’ANAC previste, 892 nuovo soggetto, Autorità Nazionale Anticorruzione, che ha assorbito le competenze dell’A.V.C.P. L’ANAC, però, ha competenze e poteri molto più estesi e penetranti di quelli che erano attribuiti all’A.V.C.P. (125) e, per il sindacato giurisdizionale, il contenzioso si arricchisce per la possibile impugnativa del parere vincolante, sull’accordo delle parti, e dell’atto di raccomandazione” (126), rivolto alla stazione appaltante per rimuovere, in via di autotutela, atti viziati, nonché delle linee-guida che non pongono, però, problemi diversi dai ricorsi avverso atti generali ovvero regolamentari, a seconda della diversa natura giuridica che si ravvisi in essi (127). Il parere di precontenzioso (128) è l’attuazione del principio della legge delega che dispone la “razionalizzazione dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale” (129) e dovrebbe riuscire a ridurre il numero dei ricorsi innanzi al giudice amministrativo. Analoghe aspettative erano riposte nell’art. 243 bis del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che, con il c.d. preavviso di ricorso, aveva lo scopo di sollecitare la stazione appaltante ad un eventuale riesame dei provvedimenti presi. L’esperienza ha dimostrato l’inefficacia dello strumento, dal momento che la stazione appaltante non aveva obbligo né di riesame, né di sospensione della procedura e, anzi, aveva creato delle incertezze applicative, ai fini dell’impugnativa del provvedimento di riesame negativo, poi superata con l’affermazione della natura meramente confermativa del riesame che, quindi, non comporta alcun onere in particolare, dagli artt. 83 e 84 del D.Lgs. n. 50/2016 relative al sistema di qualificazione delle imprese, ai requisiti di partecipazione alle procedure, al regime della SOA (che limitano e condizionano l’accesso al mercato degli appalti pubblici e conseguentemente l’esercizio del diritto di impresa) che hanno natura normativa regolamentare (128) P. Cosmai - R. Iovino, Il nuovo codice degli appalti, op. cit., 391 trattano questo parere congiuntamente all’atto di raccomandazione, a ciò indotti dall’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 che nella rubrica reca: “pareri di precontenzioso dell’ANAC” e li disciplina entrambi nei commi 1 e 2, ma sono da tenere distinti, anche perché, a mio avviso, mentre il parere di precontenzioso potrebbe, in teoria, evitare il contenzioso, l’atto di raccomandazione lo ... prepara. (129) Art. 1, lett. aaa), L. 28 gennaio 2016, n. 11 che prosegue riferendola “anche in materia di esecuzione del contratto” e che ha trovato nel D.Lgs. n. 50/2016 previsione nell’accordo bonario (artt. 205-206), nel Collegio consultivo tecnico (art. 207), nella transazione (art. 208) e nell’arbitrato (artt. 209210)0. C. Contessa in C. Contessa - D. Crocco, Codice degli Appalti etc., op. cit., 662, esprime perplessità sull’effettiva compatibilità del comma 1 dell’art. 211 D.Lgs. n. 50/2016 con la legge delega poiché si è in presenza di una forma di ADR radicalmente nuova. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti di ulteriore domanda giurisdizionale (130). Credo che la mancata previsione del preavviso di ricorso nel D.Lgs. n. 50/2016 non sarà oggetto di rimpianto (131). Il comma 1 dell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 consente alla stazione appaltante o ai concorrenti di chiedere parere all’ANAC sulle questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara e l’Autorità lo rende entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta. Questo parere obbliga “le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito” ed è impugnabile innanzi al giudice amministrativo ai sensi dell’art. 120 c.p.a. ma, in caso di rigetto del ricorso, “il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’art. 26 del codice del processo amministrativo”. I caratteri di questo nuovo istituto -che verranno di seguito analizzati- possono così indicarsi: a) facoltatività del suo utilizzo; b) vincolatività a soggettività variabile (solo per chi ha richiesto il parere o si sia preventivamente vincolato ad attenersi al parere); c) risoluzione delle questioni controverse insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara; d) espressione del parere dell’ANAC entro trenta giorni; e) impugnabilità innanzi al giudice amministrativo seguendo il rito speciale di cui all’art. 120 c.p.a.; f) previsione di misura diretta a scoraggiare la proposizione di ricorsi avverso il parere, con l’espresso richiamo all’art. 26 c.p.a. e cioè alla possibilità di una condanna al pagamento, oltre che delle spese di giudizio, anche di una sanzione pecuniaria. a) Potrebbe accadere che il parere di precontenzioso non abbia alcuna pratica attuazione perché non è un requisito di procedibilità del ricorso innanzi al giudice amministrativo, ma è rimesso alla possibile scelta degli attori della procedura di gara (132), così come potrebbe diventare un strumento utilizzabile frequentemente. È chiaro che il successo di questo nuovo istituto dipenderà da una serie di fattori quali la rapidità della espressione del parere, la convincente ed esaustiva motivazione, la correttezza e la trasparenza, l’autorevolezza dell’ANAC e, soprattutto, la decisione dell’amministrazione di chiedere il parere oppure di volersi attenere ad esso perché, in mancanza di vincolatività per la stazione appaltante, è uno strumento inutile, come si sta per esporre. b) Il parere vincola chi lo chieda o dichiari di volersi attenere (133), a seconda, quindi, della decisione di ogni concorrente e della stazione appaltante: non è prestabilito dalla norma per chi operi il vincolo e, quindi, è a soggettività variabile potendo, al massimo, riguardare, oltre alla stazione appaltante, anche tutti i concorrenti della singola gara. A mio avviso, avrebbe dovuto stabilirsi, oltre che può intervenire a richiesta dei concorrenti o della stazione appaltante, che quest’ultima è, comunque, tenuta ad adeguarsi al parere. Non ha, infatti, senso che venga espresso un parere sugli atti adottati o da adottarsi dall’amministrazione che, in mancanza della sua richiesta o preventiva determinazione di attenersi, non è vincolata e può ignorarlo. L’operatore economico che domandi il parere lo fa per risolvere il contrasto insorto sul contenuto degli atti della stazione appaltante e, quindi, è essenziale che il vincolo operi nei confronti dell’amministrazione che deve conseguenzialmente provvedere perché lo strumento sia efficace e possa evitarsi il contenzioso giurisdizionale. È, quindi, condivisibile che tutte le parti, compresa la stazione appaltante, possano chiedere il parere all’ANAC, ma non che occorra la richiesta o la preventiva adesione della stazione appaltante perché il vincolo sia operativo nei suoi confronti. Del resto stabilire che il parere vincoli il concorrente richiedente (o che dichiari di adeguarsi) quando questi non può incidere effettivamente sulla procedura di gara che è gestita e diretta dalla stazione appaltante può avere un solo effetto: quello di non contestare il provvedimento amministrativo conforme al parere; ma, siccome può impugnare il parere non gradito, si tratta di un’arma spuntata nei suoi confronti. L’ANAC, su richiesta degli interessati, può solo stabilire la linea di condotta e la decisione che deve assumere la stazione appaltante, anche quando la questione, in ipotesi, riguardi una certificazione o un documento che il concorrente deve depositare perché è l’amministrazione che deve accettare il (130) Da ultimo, in giurisprudenza: Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2016, n. 402. (131) Rileva, comunque, R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 537, che “resta pur sempre la facoltà del concorrente di sollecitare l’amministrazione in tal senso”. (132) O. Forlenza, Con il parere di precontenzioso si evita la lite, in Guida dir., Dossier sugli appalti, ultimo appuntamento, op. cit., XXIV, afferma che si produce “una sorta di ‘auto-vincolo’”. (133) Per O. Forlenza, op. ult. cit., XXIV, l’ANAC deve sapere, prima di pronunziarsi, su quali e quanti soggetti della gara il suo parere sarà vincolante, per cui il richiedente dovrà allegare le preventive dichiarazioni d’obbligo intervenute. Urbanistica e appalti 8-9/2016 893 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti documento ritenuto idoneo dall’ANAC e, quindi, il parere non può che riguardare gli atti adottati o da adottarsi dall’amministrazione. Il vincolo per il (i) concorrente (i) è l’accettazione della soluzione dell’ANAC, ma il concorrente non può tradurre in atti concreti l’indicazione del parere, risolvendosi la sua condotta doverosa nella non discussione, non contestazione del parere; e, invece, è espressamente stabilito che l’operatore economico, pur se ha chiesto il parere, può impugnarlo innanzi al giudice amministrativo. In conclusione, il vincolo per i concorrenti, nella sostanza, è privo di effetti ed un parere che non obblighi la stazione appaltante non può essere attuato nel concreto. Ne consegue che è uno strumento che può funzionare, solo se la stazione appaltante lo chieda o dichiari preventivamente di attenersi ad esso o, comunque, spontaneamente si adegui, pur non essendo vincolata. Pertanto, sarebbe auspicabile che, in sede di correttivo, sia stabilito che la stazione appaltante sia comunque vincolata al parere, anche se non lo chieda o non si impegni ad attenersi ad esso, fermo restando il potere di impugnativa. c) Il parere non può essere chiesto per qualunque questione, ma per quelle “insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara” (134). Non bisogna, dunque, attendere che il procedimento si concluda, ma è possibile chiedere parere all’ANAC mentre si svolge il procedimento. Rientrano, pertanto, tutti i momenti procedimentali: dagli atti di avvio all’ammissione-esclusione, dalle operazioni di apertura e valutazione delle offerte all’aggiudicazione e anche quando si concluda il procedimento e si discuta della legittimità dell’intervenuta aggiudicazione o della verifica dei requisiti. Resta, però, esclusa dall’ambito della norma, la successiva fase di esecuzione. La ratio della norma è tesa a consentire di compulsare l’ANAC per la risoluzione di ogni questione attinente all’evidenza pubblica del contratto in tutti i suoi momenti, nessuno escluso. Non è prevista la sospensione del procedimento in attesa che l’ANAC si pronunzi, per cui la stazione appaltante potrà proseguire e anche definire il procedimento (135). Nel concreto, è probabile che la stazione appaltante, quando è sua l’iniziativa della richiesta di parere, sospenderà, quanto meno di fatto, il procedimento perché, se ha sottoposto la questione all’attenzione dell’ANAC, vuol dire che ha perplessità sul come risolvere la questione insorta e sono necessari “lumi”. Quando la richiesta di parere è del concorrente, la stazione appaltante, a seconda della prospettazione e della rilevanza della questione, attenderà o meno l’espressione del parere. Il parere di precontenzioso potrebbe determinare un allungamento dei tempi di gara. L’ANAC, in caso l’amministrazione prosegua e adotti, senza attendere il parere, l’atto che risulterà eventualmente in contrasto con il parere, potrà anche “doppiare” la decisione con un “atto di raccomandazione” per indurre ad esercitare il potere di autotutela. d) L’ANAC esprime il parere “entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta” (136) e, quindi, si è osservato che il termine è pari a quello del ricorso giurisdizionale; per cui le parti, per evitare la decadenza dall’impugnazione saranno costrette a presentare il ricorso giurisdizionale; è pertanto “auspicabile che l’ANAC, con proprio regolamento interno, disciplini il precontenzioso, abbreviando significativamente tale termine” (137). Il rilievo riguarda il caso in cui il parere venga richiesto dopo l’adozione del provvedimento di ammissione e esclusione o di aggiudicazione e, dunque, quando sia il concorrente a domandare il parere all’ANAC perché, evidentemente, la stazione appaltante, se ha già deciso, non chiede il parere, ma potrà, eventualmente, in via preventiva, dichiarare di aderirvi. Va, però, considerato che, come rilevato sub c), il parere può riguardare anche atti diversi e, per essi, tale problema non si pone, e lo stesso vale se il parere è domandato dalla stazione appaltante che lo chieda prima di provvedere. La norma non dice cosa accada se il parere non venga reso nel termine di trenta giorni, a differenza di quanto, sia il precedente codice degli appalti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006) che l’attuale D.Lgs. n. 50/2016, stabiliscono per il parere obbligatorio del Consiglio superiore dei lavori pubblici per i progetti di lavori pubblici di competenza statale o comunque finanziati per almeno il 50 per cento (134) Art. 211, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016, per cui O. Forlenza, op. ult. cit., XXIV, sottolinea che “non possono essere proposte istante ‘teoriche’ o in via preventiva, essendo necessario che sul punto da sottoporre all’Autorità vi siano già una differenza di vedute tra la stazione appaltante (inevitabilmente) e uno o più partecipanti alla gara”. (135) Analogo rilievo in O. Forlenza, op. ult. cit., XXIV. (136) Art. 211, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016. (137) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 538 la quale, in alternativa, propone di riportare a sessanta giorni il termine per proporre ricorso. 894 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti dallo Stato (138) di importo superiore ai cinquanta milioni di euro (139)o per il parere facoltativo sui progetti delle altre stazioni appaltanti che siano pubbliche amministrazioni, sempre superiori al detto importo. Per il D.Lgs. n. 163/2006, decorso il termine di 45 giorni, “il procedimento prosegue prescindendo dal parere omesso e l’Amministrazione motiva autonomamente l’atto amministrativo da emanare” (140), mentre per il D.Lgs. n. 50/20016, decorso il termine di 45 giorni, “il progetto si intende assentito” (141). Evidentemente, l’omissione del parere precontenzioso dell’ANAC non può avere lo stesso trattamento giuridico oggi riservato al parere (obbligatorio o facoltativo) del Consiglio Superiore dei lavori pubblici che ha la funzione di approvazione, per cui può disporsi che “si intende assentito”. E se può pensarsi all’applicazione, per il parere precontenzioso, della norma generale di cui all’art. 16, L. n. 241/1990 e ss.mm. ed ii., secondo cui l’amministrazione, decorso il termine, “procede indipendentemente dall’espressione del parere”, tale regola non è utilizzabile quando la richiesta all’ANAC sia formulata da uno o più concorrenti perché non possono “procedere”, trattandosi di potere rimesso alla stazione appaltante. Peraltro, questo parere partecipa più della natura di un rimedio contenzioso non giurisdizionale (tipo ricorso amministrativo) che di una consulenza, nonostante la sua denominazione. La dottrina ha posto il problema se sia ipotizzabile “un’inerzia censurabile con lo specifico procedimento in materia di silenzio” (142) che presuppone l’obbligo dell’ANAC di provvedere (143). È necessario allora verificare se vi sia l’obbligo di provvedere e, quindi, considerare la natura giuridica. Se il parere di precontenzioso ha natura consultiva, considerando la sua facoltatività, non vi è l’obbligo di provvedere, come risulta dalla previsione dell’art. 16, L. n. 241/1990 che, in caso di omissione, consente all’amministrazione di procedere prescindendo da esso. E non si può pensare che l’ANAC non abbia l’obbligo di provvedere, se il richiedente sia la stazione appaltante, mentre sia obbligata ad esprimere il parere, se la richiesta sia di uno o più concorrenti: la situazione giuridica soggettiva (passiva) non può costituirsi per una medesima fattispecie, a seconda del richiedente il parere. Pure se si ritiene, come ha affermato la dottrina (144), che il parere abbia natura contenziosa non giurisdizionale, non vi è obbligo di provvedere. Vi sono più profili che spingono verso la natura contenziosa del parere de quo. Infatti, è un rimedio facoltativo, come il ricorso amministrativo; il parere di precontenzioso è impugnabile, come la decisione sul ricorso amministrativo; interviene a risolvere questioni controverse, come il ricorso amministrativo. Ebbene, decorsi i termini, il ricorso amministrativo si intende “respinto a tutti gli effetti” (145) che è soluzione perfettamente calzante nell’ipotesi di parere richiesto sugli atti e i provvedimenti adottati dalla stazione appaltante e la cui soluzione venga contestata, ma non lo è nelle ipotesi relative al superamento di questioni che ancora non vengono decise dalla stazione appaltante. Va subito evidenziato, però, che non può essere seguita la previsione che, formatosi il silenzio-rigetto, decorrano i termini per il ricorso giurisdizionale, in mancanza di un’espressa qualificazione del rimedio in esame come ricorso amministrativo: il termine di impugnativa resta quello di trenta giorni decorrente dagli eventi stabiliti nell’art. 120, commi 2 bis e 5, c.p.a. La natura giuridica precontenziosa può, però, essere considerata al fine di stabilire che, secondo la previsione normativa sui ricorsi, in caso di mancata pronunzia, si procede come se l’istanza fosse stata respinta (ipotesi di atti già adottati dalla stazione appaltante) ovvero si può ritenere che se ne debba prescindere, non potendosi ravvisare un obbligo di provvedere su ricorso amministrativo, stante la previsione di effetti legali predeterminati, quando vi è inerzia. In sintesi, a prescindere dalla natura del parere di precontenzioso (consultiva o paracontenziosa), si può affermare che l’inerzia non consenta di azionare lo specifico procedimento stabilito per il silenzio. (138) L’art. 127, D.Lgs. n. 163/2006 e l’art. 215, D.Lgs. n. 50/2016 sul punto sono identici. (139) L’art. 127, D.Lgs. n. 163/2006 prevede l’importo superiore a euro 25 milioni. (140) Art. 127, D.Lgs. n. 163/2006. (141) Art. 215, D.Lgs. n. 50/2016. (142) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 42. (143) Art. 2, L. n. 241/1990 e art. 31 c.p.a. (144) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 537: il ricorso al parere vincolante può qualificarsi “come un vero e proprio ricorso amministrativo, e il parere dell’ANAC come una vera e propria decisione amministrativa precontenziosa”. (145) Art. 6, d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199. Urbanistica e appalti 8-9/2016 895 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Altro profilo è l’intervento del parere, dopo il decorso dei trenta giorni. Se l’amministrazione non ancora decide ed ha richiesto il parere, ne deve tener conto e la vincola (salva sempre l’impugnativa innanzi al giudice amministrativo); stesso discorso vale per i concorrenti richiedenti, pur nella obiettiva inconcludenza dell’effetto vincolante, come in precedenza rilevato. 12. Segue: e) impugnativa del parere e rito; f) conseguenze in caso di rigetto del ricorso e) Il parere facoltativo dell’ANAC può essere impugnato innanzi al giudice amministrativo anche da chi lo abbia richiesto o abbia preventivamente dichiarato di volersi attenere ad esso e, quindi, sia vincolato (146), oltre che dall’interessato che né lo ha chiesto, né ha dichiarato di aderirvi e, comunque, non è vincolato. È opportuno trattare le diverse ipotesi di impugnativa, distinguendo tra: parere: e1) vincolante e non vincolante per la stazione appaltante; e2) vincolante per il concorrente; e3) non vincolante per il concorrente. e1) Parere vincolante per la stazione appaltante (se ha richiesto il parere o abbia dichiarato la sua preventiva adesione) significa che l’amministrazione deve adottare atti e provvedimenti conseguenti, ma può contestare giudizialmente il parere. In altri termini, la stazione appaltante può non adeguarsi al parere, impugnandolo e rimuovendo così la forza vincolante. È da chiedersi se sia sufficiente il ricorso, per esimere la stazione appaltante dal dare esecuzione al parere, ovvero se il vincolo comporti che l’atto dell’ANAC sia esecutivo. In questo secondo caso, la stazione appaltante dovrebbe chiedere la misura cautelare al giudice amministrativo per ottenere la sospensione degli effetti del parere, in attesa della sentenza in merito. L’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 stabilisce che il parere “obbliga le parti che vi abbiamo preventivamen(146) La previsione espressa dell’impugnabilità nell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 è stata inserita su suggerimento del Consiglio di Stato il quale, nel parere n. 855/2016, ha rilevato che, per superare la possibile incompatibilità della previsione di questo metodo alternativo di risoluzione delle controversie con la delega e con il principio di indisponibilità dell’interesse legittimo, di rilievo costituzionale, è “opportuna la precisazione dell’impugnabilità del parere vincolante, che in realtà è una decisione a dispetto del nomen, innanzi agli organi della giustizia amministrativa” (pag. 221). Sempre il Consiglio di Stato ha proposto di inserire, in caso di rigetto del ricorso contro il pare- 896 te acconsentito ad attenersi in quanto in esso stabilito” e nulla dispone circa l’immediata efficacia. Si è di fronte ad un parere vincolante che limita la sfera giuridica dei privati perché incide, comunque, sulle situazioni giuridiche soggettive dei concorrenti che anelano ad essere scelti come contraenti, per cui “acquista efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione” (147). A seguito della comunicazione, il parere è vincolante, efficace ed esecutivo e la stazione appaltante (richiedente o aderente) deve provvedere immediatamente adeguandosi (148), mentre il ricorso innanzi al giudice amministrativo non sospende l’atto impugnato (149), se non viene accolta la domanda cautelare. Per cui, per non essere vincolata a dare esecuzione al parere, in attesa della sentenza, la stazione appaltante dovrebbe richiedere (e ottenere) anche la misura cautelare. Nel concreto, però, la stazione appaltante potrebbe ricorrere al giudice, senza proporre domanda cautelare e senza conformarsi al parere. L’ANAC, allora, anche su eventuale impulso del concorrente interessato, potrebbe, se non lo avesse già fatto con il parere, integrare il parere stesso, indicando termini e modalità di esecuzione da parte del soggetto obbligato (stazione appaltante) (150). Se perdurasse l’inerzia, l’ANAC potrebbe, previa diffida, “provvedere all’esecuzione coattiva” ex art. 21 ter, L. n. 241/1990 e ss. mm. ed ii.? Il dubbio sorge per effetto del comma 2 dell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 secondo cui l’ANAC, se ravvisi un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara, invita con atto di raccomandazione “la stazione appaltante ad agire in autotutela” e, in mancanza, infligge al dirigente responsabile una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 250 a euro 25.000 che incide “sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all’art. 36 del presente decreto”. Cioè l’ANAC, pur ravvisando illegittimità negli atti di gara, non può sostituirsi alla stazione appaltante che non eserciti il potere di autotutela, ma può solo applicare una sanzione, ancorché bivalente. All’ANAC, quindi, non è re dell’ANAC, che il giudice debba valutare il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’art. 26 c.p.a. “per rafforzare l’impegno delle parti al rispetto del parere a cui esse stesse abbiamo preventivamente acconsentito e scongiurare liti temerarie” (pag. 221, su cui cfr. nel testo la successiva lettera f)). (147) Art. 21 bis, L. n. 241/1990 ss. mm. ed ii. (148) Art. 21 quater, L. 241/1990 ss. mm. ed ii. (149) Artt. 55 ss. c.p.a. (150) Art. 21 ter, L. n. 241/1990 ss. mm. ed ii. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti consentito adottare atti in luogo della stazione appaltante con una espressa disposizione inserita nel medesimo art. 211 che disciplina i “pareri di precontenzioso” ossia il parere di precontenzioso e l’atto di raccomandazione. Si deve, quindi, ritenere che l’ANAC non può, previa diffida, provvedere all’esecuzione coattiva in applicazione della previsione di carattere generale di cui all’art. 21 ter, L. n. 241/1990 ss. mm. ed ii., stante la specifica disposizione dell’art. 211, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016. L’ANAC potrà, però, “doppiare” il parere con l’adozione di un atto di raccomandazione alla stazione appaltante per la rimozione degli atti illegittimi, comminando la sanzione, in caso di inottemperanza. L’ANAC non potrà, invece, adottare “raccomandazione” per gli atti che devono ancora intervenire, non potendosi prospettare l’esercizio del potere di autotutela sugli atti che ancora non ci sono. In questa ultima ipotesi, l’esecuzione del parere precontenzioso, nei confronti della stazione appaltante riottosa, potrà avvenire solo a seguito della sentenza del giudice amministrativo con l’introduzione del giudizio di ottemperanza, su iniziativa del concorrente, interessato alla soluzione indicata dall’ANAC nel parere. Infatti, il giudizio promosso dalla stazione appaltante avverso il parere non condiviso dell’ANAC dovrà svolgersi necessariamente nei confronti dei concorrenti la cui posizione è avvantaggiata ovvero svantaggiata dal parere. Se, invece, la stazione appaltante condivide il parere precontenzioso, lo attua, assumerà i conseguenti atti amministrativi e, ovviamente, non proporrà azione innanzi al giudice amministrativo al quale ricorrerà il concorrente che, in base al parere, viene a subire lesione del suo interesse. Se il parere non è vincolante per la stazione appaltante, quest’ultima potrà seguirlo o meno, ma non si pone alcuna necessità che lo impugni, se non lo condivida. La stazione appaltante, in questo caso, ha deciso di non “sottoporsi” al parere e mantiene integra la sua discrezionalità di iniziativa e condotta, senza dover ricorrere al giudice. e2) Parere vincolante per il concorrente (se lo abbia richiesto o vi abbia preventivamente aderito); se gli è favorevole, il concorrente non produrrà alcun ricorso perché il suo interesse si indirizzerà verso la stazione appaltante affinché lo recepisca nei suoi atti. Se il parere non è favorevole al richiedente o all’aderente si aprono almeno due scenari: a) qualora il parere riguardi il provvedimento di ammissione e di esclusione o di aggiudicazione, già adottati e che vengono confermati, occorrerà impugnare parere e provvedimento della stazione appaltante (151) e sarà possibile proporre un ricorso cumulativo se il parere venga espresso prima del decorso del termine di decadenza di trenta giorni dal dies a quo per l’impugnativa dei provvedimenti della stazione appaltante; viceversa, sarà necessario impugnare i provvedimenti e successivamente il parere, con un aggravio considerevole del contributo unificato che si raddoppia. b) Quando il parere sia richiesto nei confronti di un atto endo-procedimentale adottato, o un atto ancora da adottare, vale la regola seguita dalla giurisprudenza, ma ora espressa dal legislatore, che è inammissibile “l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endoprocedimentali privi di immediata lesività” (152) e, a maggior ragione, di un atto ancora da adottare. Va impugnato, in questi casi, il parere vincolante e non favorevole al richiedente riguardante, ad esempio, la proposta di aggiudicazione, specie se la stazione appaltante abbia preventivamente dichiarato di adeguarsi? Comportamento prudenziale dell’operatore economico suggerisce di impugnare il parere quando stanno per trascorrere i trenta giorni e l’amministrazione non abbia ancora deciso di adeguarsi al parere adottando il conseguente atto, ma ciò determina con elevata probabilità la necessità di impugnare il successivo provvedimento dell’amministrazione, con il versamento di un secondo contributo unificato. Si può, però, anche sostenere che il parere non sia immediatamente lesivo fino a quando la stazione appaltante non si adegui con l’adozione del provvedimento e solo da quest’ultimo decorra il termine per il ricorso che ovviamente deve essere cumulativo e riguardare anche il parere; questa tesi, però, cozza contro la previsione che il parere è vincolante per il concorrente (questa è l’ipotesi di cui si discute). e3) Parere non vincolante per il concorrente: è la situazione più semplice perché il partecipante alla gara deve attendere l’eventuale provvedimento della stazione appaltante a lui sfavorevole e impugnarlo nei termini, unitamente al parere, per para- (151) Dello stesso avviso: R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 538. (152) Art. 120, comma 2 bis, c.p.a., introdotto dall’art. 204, D.Lgs. n. 50/2016. Urbanistica e appalti 8-9/2016 897 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti re la possibile eccezione della stazione appaltante che potrebbe rilevare di aver dovuto, in forza del vincolo, adottare l’atto in linea con la soluzione fornita dal parere vincolante. Si può, comunque, dubitare che il concorrente, sul quale non gravi il vincolo del parere, debba impugnarlo, visto che nei suoi riguardi non produce alcun effetto giuridico (diretto), anche se si può opporre che è condizionante per la stazione appaltante che è vincolata dal parere, se lo abbia richiesto o si sia preventivamente impegnata ad attenersi ad esso. La giurisprudenza, ancorché non unanime, sostiene che gli atti vincolanti debbano essere impugnati e immediatamente (153), ma va tenuto presente che la stazione appaltante potrebbe non uniformarsi al parere e, quindi, non vi è ancora lesione dell’interesse del concorrente sfavorito dal parere; per la necessità di impugnare il parere unitamente all’atto della stazione appaltante, si può convenire con la prevalente giurisprudenza e, quindi, che il parere debba essere impugnato. Se, però, il parere non è vincolante per la stazione appaltante, non va impugnato dal concorrente non vincolato. Per il rito da seguire, l’art. 211, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016, richiama l’applicazione dell’art. 120 c.p.a., senza distinguere, però, se ai sensi del comma 2 bis e 6 bis o degli atri commi e cioè se si segua o meno il terzo rito speciale (quello contro il provvedimento di ammissione e esclusione). Si è affermato che appare evidente che “il rito applicabile sia quello dell’art. 120 ‘ordinario’ e non quello specialissimo” con qualche dubbio nell’ipotesi del ricorso contro il provvedimento di esclusione o ammissione e dell’inerente parere (154) che potrebbe precedere il provvedimento della stazione appaltante o seguirlo. Qui si è in presenza di cumulo di domande che seguono riti speciali diversi e si è espresso innanzi l’avviso che si debba seguire il rito speciale “ordinario”, quello cioè indicato come “primo”. Nel caso del parere precontenzioso, però, va considerato che si tratta di atto che inerisce strettamen- te all’adozione del provvedimento della stazione appaltante, per cui si deve ritenere che eserciti vis attractiva il rito dettato per lo specifico provvedimento cui è correlato, per cui quando si impugni il parere e il provvedimento di ammissione o esclusione, si deve procedere secondo il “terzo” rito speciale (quello, appunto, delle ammissioni o esclusioni), mentre, in tutti gli altri casi, si deve seguire il primo rito, anche quando venga impugnato il provvedimento di ammissione o esclusione, il parere e, cumulativamente, il provvedimento di aggiudicazione. f) “In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell’art. 26” c.p.a. (155). L’art. 26 c.p.a. riguarda le “spese di giudizio” e il richiamo vale, non tanto e non solo per la condanna del soccombente alle spese di giudizio, quanto per la responsabilità aggravata stabilita dall’art. 96 c.p.c. (156) e per la “presenza di motivi manifestamente infondati”, casi in cui il giudice può, anche d’ufficio, condannare il soccombente al pagamento, in favore della controparte, di una somma equitativamente determinata (157). Ma soprattutto rileva per la condanna d’ufficio della parte soccombente “al pagamento di una sanzione pecuniaria, in misura non inferiore al doppio e non superiore al quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo del giudizio” (158) e, nelle controversie di cui all’art. 120 c.p.a., “l’importo della sanzione pecuniaria può essere elevato fino all’uno per cento del valore del contratto, ove superiore al suddetto limite” (159). La sanzione pecuniaria - che va versata al bilancio dello Stato (160) - è comminata “quando la parte soccombente ha agito o resistito temerariamente in giudizio” (161). La disposizione dell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 ha l’evidente fine di dissuadere dalla proposizione di ricorsi temerari (162) o basati su motivi manifestamente infondati, per rendere più incisiva la funzione di riduzione del contenzioso giurisdizionale asse- (153) Così: Cons. Stato, Sez. V, 7 ottobre 2008, n. 4885; Cons. Stato, Sez. VI, 9 giugno 2005, n. 3043; contra: Cons. Stato, Sez. IV, 28 marzo 2012, n. 1829. (154) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 40-41. (155) Art. 211, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016. (156) L’art. 26 c.p.a. stabilisce che il giudice provvede sulle spese di giudizio “secondo gli articoli 91, 92, 93, 94, 96 e 97 codice di procedura civile”. (157) Cfr. E. Follieri, Le parti e i loro difensori nel codice del processo amministrativo, in Dir. e proc. amm., 2011, 1015 ss., part. 1034 ss. (158) Art. 26, comma 2, c.p.a. (159) Art. 26, comma 2, c.p.a. (160) Art. 15 norme di attuazione al c.p.a. (161) Art. 26 c.p.a. (162) Cfr. il parere n. 855/2016 del Consiglio di Stato che ha suggerito tale inserimento (221). C. Contessa, in C. Contessa D. Crocco, Codice degli appalti e delle concessioni etc., op. cit., 664 ritiene che l’apparato sanzionatorio previsto dal secondo comma dell’art. 211 D.Lgs. n. 50/2016 “non sembra rinvenire un puntuale fondamento nell’ambito della legge delega”. 898 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti gnata al parere precontenzioso che, per come è stato disciplinato, rischia, non solo di aumentare il numero dei ricorsi, ma, soprattutto, di renderli più complessi per l’affastellarsi di profili processuali e sostanziali (contenuto del parere e degli atti amministrativi) di non facile soluzione. 13. L’atto di raccomandazione e il parere Il comma 2 dell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 stabilisce che l’ANAC, “nell’esercizio delle proprie funzioni”, se ritenga “sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara”, con atto di raccomandazione invita la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere gli eventuali effetti medio tempore prodotti dagli atti illegittimi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. Se la stazione appaltante non si adegua alla “raccomandazione vincolante” dell’ANAC nel termine fissato, il dirigente responsabile è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria dal minimo di euro 250 al massimo di euro 25.000 e la sanzione “incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all’art. 36” del D.Lgs. n. 50/2016. La “raccomandazione” è impugnabile innanzi al giudice amministrativo “ai sensi dell’art. 120” c.p.a. La disposizione non è una misura volta a prevenire il contenzioso, come il parere, ma si inscrive nel principio della legge delega dettato alla lett. t) (163) e cioè attribuzione all’ANAC della funzione di “vigilanza nel settore degli appalti pubblici e dei contratti di concessione, comprendenti anche poteri di controllo, raccomandazione, intervento cautelare, di deterrenza e sanzionatorio”. La raccomandazione non interviene su “questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara”, come il parere, ma a prescindere dalle “questioni” controverse da risolvere, e non ha necessità di alcuna iniziativa della stazione appaltante o dei concorrenti volta a provocare l’espressione del parere, potendo l’ANAC, venuta a conoscenza nell’esercizio delle sue funzioni della sussistenza di un vizio di legittimità, disporre che la stazione appaltante eserciti l’autotutela. (163) Art. 1, lett. t), L. 28 gennaio 2016, n. 11; nello stesso senso il parere del Consiglio di Stato n. 855/2016, 222. (164) Parere del Consiglio di Stato n. 855/2016, 21-22 ove si rileva, tra l’altro, che “Si crea in questo modo una sorta di responsabilità da atto legittimo”. (165) Esse riguardavano l’eliminazione dell’invito alla stazione appaltante all’esercizio vincolante dell’autotutela e la previ- Urbanistica e appalti 8-9/2016 Se il parere mira a superare una possibile diversità di opinioni e, se condiviso da tutti, può essere effettivamente riduttivo del contenzioso ed alternativo ad esso, la raccomandazione è diretta all’annullamento degli atti illegittimi, su iniziativa d’ufficio dell’ANAC, ed è strumento per l’esercizio della funzione di vigilanza e controllo che modifica l’assetto di gara e di interessi stabilito dalla stazione appaltante, incidendo sulla situazione di vantaggio acquisita da uno dei concorrenti che, per difendere la sua posizione, produrrà ricorso al giudice amministrativo. Potrebbe anche verificarsi che la raccomandazione, per l’evidenza del vizio in cui è incorsa la stazione appaltante, non induca all’azione giudiziaria, ma si tratterà di ipotesi ben rare perché, specie all’inizio e prima, comunque, che si formino orientamenti consolidati, il partecipante alla gara si troverà di fronte ad una soluzione della stazione appaltante a lui favorevole e all’atto dell’ANAC di diverso segno ed è molto probabile che introduca il giudizio amministrativo per sostenere la bontà della decisione che lo ha avvantaggiato. E, quindi, il parere è un istituto che è (vorrebbe essere) precontenzioso perché deflattivo del contenzioso giurisdizionale, mentre l’atto di raccomandazione può essere precontenzioso, solo in un altro senso: precede e prepara ... il contenzioso. L’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 prevede due strumenti che hanno in comune solo il soggetto che adotta i due atti, l’ANAC, ma non possono definirsi, come reca la rubrica dell’articolo, entrambi precontenziosi, se non attribuendo a quest’ultimo termine un significato diametralmente opposto nel primo e nel secondo comma. Il parere del Consiglio di Stato ha proposto una radicale modifica del comma 2 dell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 perché: a) secondo lo schema trasmesso si introduceva “un potere di sospensione immediata e uno di annullamento mascherato”; b) la sanzione amministrativa puniva il mancato esercizio del potere di autotutela nei confronti di un provvedimento amministrativo “di cui è da presumere la legittimità fino a prova contraria” (164). Le modifiche indicate dal Consiglio di Stato (165) non sono state recepite in sede di approvazione definitisione di un “controllo collaborativo”, con possibilità di impugnativa dell’ANAC innanzi al giudice amministrativo, ispirandosi a quanto stabilito dall’art. 21 bis, L. n. 287/1990 e limitando, comunque, l’operatività ai soli atti più importanti. Cfr. N. Longobardi, L’Autorità Nazionale Anticorruzione etc., op. cit., 9 ss. 899 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti La raccomandazione prevista dal comma 2 dell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016 è un atto di “invito” all’esercizio del potere di autotutela volto all’annullamento di un precedente atto e, quindi, di secondo grado, attraverso un procedimento ad intervento indiretto. Nell’insieme può definirsi come un provvedimento di secondo grado di autotutela per l’annullamento di un atto amministrativo, ma la sua peculiarità è rappresentata dal fatto che l’ANAC che esercita effettivamente il potere impone alla stazione appaltante di dare esecuzione alla sua decisione, annullando un atto della procedura di gara. Chi (materialmente) è obbligato ad annullare l’atto è soggetto diverso da quello che ne apprezza l’illegittimità e decide che l’atto è da eliminare. La norma, allora, ha dovuto disciplinare il potere dell’ANAC, il rapporto tra l’ANAC e la stazione appaltante, il potere-dovere della stazione appaltante, il regime dell’impugnativa dell’atto di raccomandazione. L’ANAC ha il potere discrezionale nell’an e nel quando di adottare la raccomandazione quando “ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara”. Il presupposto per procedere è la ritenuta sussistenza di un vizio di legittimità dell’atto da annullare, ma la verifica di tale elemento non obbliga l’ANAC ad adottare la raccomandazione poiché, in presenza di irregolarità e di vizi nelle gare, deve trasmettere “gli atti ed i propri rilievi all’organo di controllo” (166). L’iniziativa della raccomandazione è rimessa alla scelta dell’ANAC e non occorre alcuna richiesta o istanza da parte degli interessati o di terzi. Né ritengo che vi sia obbligo di procedere su istanza di interessati o di terzi, pur in presenza di un circostanziato esposto, in quanto l’autorità, se vengano denunziati reati ha l’obbligo di trasmettere gli atti alla Procura della Repubblica (167) e se riscontra vizi di legittimità è obbligata ad inviare gli atti all’organo di controllo. Non può condividersi il pur acuto suggerimento della dottrina secondo cui, in mancanza di un’esplicita previsione legislativa che abbia recepito il considerando 122 della Dir. 2014/24/UE (168), si potrebbe offrire “adeguata protezione ai soggetti terzi” (169) tutelando il loro interesse alla legalità mediante la possibilità di rivolgersi all’ANAC che potrebbe adottare la raccomandazione. Infatti la norma non prevede alcun obbligo dell’ANAC di prendere in considerazione gli esposti e di dare loro corso perché attribuisce all’Autorità un potere discrezionale nello “an”. Sull’avvio del procedimento di autotutela, infatti, vi è un radicato convincimento giurisprudenziale (170) che non vi è un dovere di procedere e che, in presenza di un vizio di legittimità denunziato da un interessato o da un terzo, l’amministrazione non è obbligata ad attivarsi per valutare di esercitare o meno il potere di autotutela. Le ragioni di questo orientamento vengono rinvenute nel carattere definitivo del provvedimento e nella certezza dei rapporti giuridici determinati dall’atto amministrativo per la tutela dell’affidamento del cittadino (171) nonché nella possibile elusione del termine per l’impugnativa del provvedimento sul quale si invoca l’esercizio del potere di autotutela che, se doveroso, rimetterebbe in “corsa” l’interessato che potrebbe contestare il mancato o denegato atto di autotutela (172). Il potere dell’ANAC è discrezionale non solo nello “an” (anche in ordine al se iniziare il procedimento), ma anche nel “quando”. (166) Art. 213, comma 6, D.Lgs. n. 50/2016. (167) Art. 123, comma 6, D.Lgs. n. 50/2016: “Qualora accerti l’esistenza di irregolarità trasmette gli atti e i propri rilievi all’organo di controllo e, se le irregolarità hanno rilevanza penale, alle competenti Procure della Repubblica”. (168) Su cui cfr. supra, par. 1. (169) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 42. (170) Cfr. Cons. Stato, Sez. V., 3 maggio 2012, n. 2551. (171) G. Manfredi, Doverosità dell’annullamento vs. annullamento doveroso, in Dir. proc. amm., 2011, 316 a commento di T.A.R. Trentino Alto Adige 16 dicembre 2009, n. 305. (172) Per una “doverosa” verifica della coerenza dell’atto rispetto all’assetto di interessi sopravvenuto che comporta l’obbligo di avvio del procedimento di autotutela: S. Torricelli, Libertà economiche europee e regime del provvedimento amministrativo nazionale, Rimini, 2013, 220 ss., part. 227. va, tranne che per la soppressione dell’effetto sospensivo automatico. La disciplina sostanziale dell’atto di raccomandazione desta molte perplessità e presenta lacune che vanno superate con l’intervento di un atto generale dell’ANAC che stabilisca i presupposti ed i limiti dell’esercizio del potere in linea con il quadro ordinamentale e, comunque, con un’interpretazione che consenta di inserire l’atto nel sistema, eliminando i profili di arbitrarietà che minano, anche sul pianto comunitario, la legittimità della previsione. 14. Gli elementi distintivi dell’atto di raccomandazione 900 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti timità, dovendosi sempre verificare la sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale e non è previsto un limite temporale al potere dell’ANAC (177). Le critiche sono mosse dall’evidente contrasto dell’atto di raccomandazione con i principi generali, ma bisogna cercare di superare le contraddizioni rendendo compatibile la novità con il sistema. Il comma 2 de quo non fissa coordinate temporali, appagandosi di prevedere che l’ANAC, nell’esercizio “delle proprie funzioni”, se ritenga “sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti di gara” adotta la raccomandazione e, quindi, teoricamente, in ogni tempo, qualora emergano i presupposti indicati dalla norma. Il legislatore ha lasciato senza specificazione l’illegittimità, bastando “un vizio”, non distinguendo quelli formali e procedimentali da quelli sostanziali. E, allora, l’ANAC ha un potere discrezionale nell’an e nel quando e può esercitarlo in presenza di qualunque vizio di legittimità, secondo quella che è la lettera della norma, concretizzandolo in un atto con il quale “invita” la stazione appaltante ad agire in autotutela, rimuovendo altresì gli eventuali effetti medio tempore prodottisi, entro un termine non superiore a sessanta giorni. L’invito alla stazione appaltante è un signorile eufemismo perché si tratta, come viene specificato subito dopo, di una “raccomandazione vincolante” (173) che inchioda il rapporto tra l’ANAC e la stazione appaltante la quale deve necessariamente adeguarsi entro il termine stabilito e autoannullare l’atto di gara ritenuto illegittimo dall’ANAC; in mancanza scatta la sanzione amministrativa pecuniaria a carico del dirigente responsabile, sanzione che incide anche “sul sistema reputazionale” della stazione appaltante. La dottrina ha avanzato diversi rilievi perché: si sarebbe “in presenza di un’autotutela doverosa, non riconducibile, in toto, alla disciplina generale della legge n. 241/1990” (174) e per un vizio di legittimità rilevato dall’ANAC, amministrazione diversa da quella che annulla l’atto, e senza alcuna “graduazione” dell’illegittimità riscontrata (175); è in contrasto “con risalenti principi giurisprudenziali, che continuano a negare l’obbligatorietà del riesame dei propri atti” (176); non è sufficiente l’illegit- Innanzitutto, il nostro ordinamento ha conosciuto, e conosce, altri casi di c.d. autotutela doverosa. Il comma 136 dell’art. 1 della L. 30 dicembre 2004, n. 311, abrogato dall’art. 6, ultimo comma, L. n. 124/2015, per il fine di conseguire risparmi o minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, stabiliva che “ può sempre essere disposto l’annullamento d’ufficio di provvedimenti illegittimi, anche se l’esecuzione degli stessi sia ancora in corso”; l’art. 43 della L. 24 dicembre 2012, n. 234 (178), per evitare l’avvio di procedura di infrazione da parte della Commissione europea, stabilisce che “le regioni, le province autonome, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati adottano ogni misura necessaria a porre tempestivamente rimedio alle violazioni, loro imputabili, degli obblighi degli Stati nazionali derivanti dalla normativa dell’Unione Europea” (179). Si tratta, però, di casi eccezionali, valendo la regola che l’annullamento in autotutela di atti amministrativi può intervenire se sussistono concrete ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di attribuzione di vantaggi economici, e “tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati” (180). (173) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 539 stigmatizza: “‘La raccomandazione’ in spregio al suo nome è espressamente qualificata come ‘vincolante’”. (174) M. Lipari, la tutela giurisdizionale etc., op. cit., 43, con la conseguenza che la determinazione della stazione appaltante “dovrebbe configurarsi come meramente riproduttiva del parere dell’ANAC e impugnabile essenzialmente per vizi di illegittimità derivata”; O. Forlenza, Con il parere etc., XXV, rileva che il legislatore ha introdotto una tipologia di autotutela che consegue all’esercizio di un potere vincolato basato sulla sola sussistenza di un vizio di legittimità. (175) O. Forlenza, op .ult. cit. (176) N. Longobardi, L’Autorità Nazionale Anticorruzione etc., op. cit., 10. (177) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 539. (178) La disposizione fu dettata dall’art. 16 bis, L. 4 febbraio 2005, n. 11, introdotto dalla L. 25 febbraio 2008, n. 34, poi abrogato e reintrodotto con l’art. 43, L. 24 dicembre 2012, n. 234. (179) Sull’interpretazione dell’art. 43, L. 24 dicembre 2012, n. 234 e sulle questioni che pone, specie con riguardo al meccanismo di rivalsa dello Stato nei confronti delle amministrazioni pubbliche che violano la previsione normativa, cfr. S. Torricelli, Libertà economiche europee etc., op. cit., 250 ss. il quale svolge la tesi che il regime giuridico dell’annullamento d’ufficio di atti amministrativi viziati per violazione del diritto europeo presenti il carattere della doverosità e non della discrezionalità e, quindi, prescinde dalla necessità di riscontrare la presenza di tutti gli elementi richiesti dall’art. 21 nonies, L. n. 241/1990 (part. 222 ss.). (180) Art. 21 nonies, L. n. 241/1990 ss. mm. ed ii. Urbanistica e appalti 8-9/2016 15. Riconduzione dell’atto di raccomandazione al sistema 901 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Il valore che ha ispirato questa norma e che affonda le radici in una giurisprudenza amministrativa pressoché costante è quello teso a dare stabilità, sicurezza e certezza ai rapporti costituiti dai provvedimenti amministrativi per la tutela dell’affidamento del cittadino negli atti di autorità. Una società ordinata deve poter contare che le attività svolte dai consociati non possano essere messe a repentaglio da successivi ripensamenti e interventi dell’autorità amministrativa che ne ha consentito l’avvio. Lo richiede la logica del mercato che valorizza la libertà di iniziativa economica e l’accesso a tutti gli operatori in situazioni di concorrenza e par condicio ma, nel contempo, tende a consentire lo sviluppo delle attività economiche che non possono essere messe in discussione dall’intervento autoritativo, specie dopo che l’amministrazione le ha autorizzate. Si tratta di principi che la normazione europea ha amplificato e l’ordinamento del nostro Paese ha recepito con la recente introduzione del termine di 18 mesi dall’adozione del provvedimento che si intende annullare con l’esercizio del potere di autotutela (181). Si è inteso ridurre il tasso di incertezza, attribuendo stabilità al provvedimento amministrativo perché chi esegue investimenti e inizia un’attività deve poter contare sul mantenimento di quanto ottenuto per il prosieguo dell’impresa (182). La fissazione di un termine finale entro il quale poter esercitare il potere di autotutela rafforza la stabilità dei rapporti creati dall’atto amministrativo che, comunque, era già protetta con “il termine ragionevole”, la necessaria sussistenza dell’interesse pubblico concreto e con la considerazione comparativa degli interessi dei destinatari e dei controinteressati che possono portare a sacrificare il rispetto della legalità e che, secondo l’interessante rilievo della dottrina, assume un senso dinamico, cioè la legalità da prendere in considerazione in un tempo successivo non è la medesima che vigeva al momento dell’adozione del provvedimento (183), essendo influenzata dalla situazione effettuale venutasi a determinare. La previsione di un termine preciso (18 mesi) assicura certezza e tranquillità agli operatori rispetto ad un “termine ragionevole” ed alla comparazione degli interessi che lasciano all’amministrazione ed al successivo sindacato del giudice un maggiore e più elastico margine di manovra. Ebbene, nella specifica materia dei contratti pubblici, la libertà di iniziativa economica, la concorrenza, la par condicio e la necessaria conseguente stabilità del rapporto, una volta conclusasi la procedura di gara e sottoscritto il contratto, sono principi indubbiamente oggetto di particolare tutela nella legislazione europea e nel nostro ordinamento che ne ha recepito le direttive. L’ANAC, per la necessaria trasparenza e correttezza che deve informare la sua attività, dovrebbe riempire, con apposita normativa generale e di autocontrollo, gli spazi lasciati dalle larghe maglie del comma 2 dell’art. 211, D.Lgs. n. 50/2016, indicando in presenza di quali presupposti ed elementi eserciterà il potere di dare “raccomandazioni” alle stazioni appaltanti per giuridicizzare il rilevante potere che le è stato attribuito. L’autovincolo dell’ANAC potrebbe riguardare i vizi di legittimità ritenuti rilevanti e i presupposti per invitare all’autotutela, lasciandosi guidare da quelli previsti dall’art. 21 nonies L. n. 241/1990. E, comunque, pure in mancanza dell’autodisciplina, credo che si possa in via interpretativa affermare che chi esercita, effettivamente e nella sostanza, il potere di autotutela è l’ANAC, non la stazione appaltante che è vincolata ad annullare i suoi atti, e che le regole dettate dall’art. 21 nonies, L. n. 241/1990 debbano essere recuperate a monte (raccomandazione dell’ANAC), essendo vincolata l’attività della stazione appaltante. E, quindi: il presupposto della sussistenza di “un vizio di legittimità” (generico) va specificato nel “provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’art. 21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21 octies, comma 2” (184) e cioè non rileva il provvedimento illegittimo “adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma de- (181) L’art. 6 della L. n. 124/2015 ha stabilito che al comma 1 dell’art. 21 nonies, L. n. 241/1990, “dopo le parole: ‘entro un termine ragionevole’ sono inserite le seguenti.’, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi in cui il provvedimento si sia formato ai sensi dell’articolo 20’”. Cfr. S. D’Ancona, L’autotutela dopo la riforma Madia - L’annullamento d’ufficio dopo la riforma Madia, in Giur. it., 2015, 2748; M.A. Sandulli, Gli effetti diretti della L. 7.8.2015 n. 124 sulle attività economiche etc., op. cit., 2015. Il Consiglio di Stato, Sez. VI, 29 gennaio 2016, n. 351 ha affer- mato che la riforma dell’art. 21 nonies detto ha fissato “in via di principio in 18 mesi” il “termine ragionevole” per il legittimo esercizio dei poteri di annullamento. (182) E. Follieri, Interessi cosiddetti sensibili e interessi allo sviluppo economico, in www.giustamm.it, 2016, 4 ss. (183) G. Corso, Validità (dir. amm.), in Enc. dir., XLVI, Milano, 1993, 87; M. Trimarchi, Stabilità del provvedimento e certezza dei mercati, 9 ss., Relazione dattiloscritta al Convegno in onore dei professori Guido Corso e Gianpaolo Rossi, tenuta a Roma il 20 giugno 2016 all’Università Roma 3. (184) Art. 21 nonies, L. n. 241/1990 e ss. mm. e ii. 902 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti In questo inquadramento, la stazione appaltante è solo lo strumento attuativo della decisione dell’ANAC che vuole si proceda all’annullamento di un atto di gara. E non potrebbe essere diversamente perché la raccomandazione è vincolante e il mancato tempestivo autoannullamento dell’atto ritenuto viziato dall’ANAC (sempre, a mio avviso, nella ricorrenza di tutti gli elementi richiesti dall’art. 21 nonies, L. n. 241/1990 e ss. mm. ed ii.) comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa bivalente: nei confronti del dirigente responsabile e della stazione appaltante. Ciò conferma il rilievo della dottrina che, se viene annullata dal giudice amministrativo la raccomandazione ed il provvedimento attuativo della stazione appaltante, non si possono attribuire responsabilità a quest’ultima tenuta ad adeguarsi, per cui dovrebbe risponderne l’ANAC, “a seconda dei casi, sia nei confronti delle imprese ‘danneggiate’ ... sia dei soggetti sanzionati per il mancato o tardivo adeguamento, sia della stessa stazione appaltante, che ha ricevuto effetti negativi sulla propria ‘reputazione’ ex art. 38” (187). E, in effetti, se il rapporto tra l’ANAC e la stazione appaltante è configurato come obbligo di que- st’ultima di eseguire la decisione dell’ANAC, ogni conseguenza (negativa) dell’autoannullamento non può che ricadere sull’Autorità. L’imputazione solo formale alla stazione appaltante dell’atto di autotutela comporta che debba essere impugnata (anche) la raccomandazione nel termine di decadenza, decorrente da quest’ultima perché è vincolante ed esecutiva (188). Discutibile è, invece, che sia impugnabile la raccomandazione ad annullare un atto endo-procedimentale, visto che è inammissibile “l’impugnazione della proposta di aggiudicazione, ove disposta, e degli altri atti endo-procedimentali privi di immediata lesività” (189). La questione va risolta in relazione alla lesività dell’atto: se è immediata, occorrerà procedere alla proposizione di tempestivo ricorso. In proposito valgono le considerazione già espresse per l’impugnativa del parere (190). La impugnativa contro la raccomandazione può essere promossa dalla stazione appaltante che non intenda procedere all’autoannullamento e si pongono gli stessi problemi affrontati per il parere di precontenzioso e cioè se, per non dare esecuzione all’atto dell’ANAC, sia necessario chiedere (anche) la misura cautelare e non possono che valere le medesime considerazioni già espresse (191). Posizione particolare assume il dirigente responsabile della stazione appaltante che deve adottare nel termine stabilito il provvedimento di autoannullamento e, in mancanza, subisce la sanzione amministrativa pecuniaria; avverso il provvedimento sanzionatorio il dirigente può senz’altro proporre ricorso ma, se non impugna anche la raccomandazione, potrà dedurre solo vizi propri del procedimento sanzionatorio e profili di proporzionalità e ragionevolezza della sanzione, quanto al suo importo, per cui se intenda contestare la legittimità anche dell’atto di raccomandazione deve impugnarlo. La questione è se debba attendere la sanzione per proporre ricorso anche avverso la raccomandazione oppure se abbia legittimazione autonoma (rispetto a quella della stazione appaltante) e possa ovvero debba proporre tempestivo ricorso contro la raccomandazione, con possibile doppio pagamento del contributo unificato, se la sanzione intervenga (185) Art. 21 octies, comma 2, L. 241/1990 e ss. mm. ed ii. (186) Art. 21 nonies, L. n. 241/1990 e ss. mm. ed ii. Ovviamente non si applicherà il termine di 18 mesi per l’esercizio del potere di autotutela volto all’annullamento dell’aggiudicazione della concessione, per l’espressa eccezione stabilita dall’art. 176, comma 2, secondo cui “nelle ipotesi di cui al comma I” (casi in cui “cessa” la concessione) “non si applicano i termini previsti dall’art. 21-nonies della L. 7 agosto 1990 n. 241”. (187) O. Forlenza, Con il parere di precontenzioso si evita la “lite”, op. cit., XXII. (188) O. Forlenza, op. ult. cit., XXV che richiama la prevalente conforme giurisprudenza. (189) Art. 120, comma 2 bis, c.p.a. (190) Cfr. supra, par. 12. (191) Cfr. supra, par. 12, lett. e1). gli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (185); la discrezionalità nell’an trova disciplina nella necessaria sussistenza e considerazione dell’interesse pubblico specifico da comparare con gli interessi dei destinatari e dei controinteressati e la discrezionalità nel quando nel “termine ragionevole, comunque non superiore a diciotto mesi dal momento dell’adozione” dell’atto da annullare (186). In questo modo, il potere dell’ANAC viene giuridicizzato, si confermano le garanzie che il mercato richiede, a tutela degli operatori economici, e l’atto di raccomandazione si inserisce nel sistema. 16. L’atto di adeguamento della stazione appaltante. L’impugnativa innanzi al giudice amministrativo Urbanistica e appalti 8-9/2016 903 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti dopo il decorso dei trenta giorni dalla ricezione della raccomandazione. L’atto sicuramente lesivo per il dirigente è il provvedimento sanzionatorio, ma anche la raccomandazione che gli impone l’autoannullamento, lo vincola ed è esecutivo, è lesivo nei suoi confronti e, pertanto, è da ritenere che il dirigente debba impugnare tempestivamente (anche) la raccomandazione. Gli altri concorrenti non sono direttamente coinvolti dalla raccomandazione che è rivolta e vincola la stazione appaltante (e il dirigente responsabile) e la questione relativa all’impugnativa dell’atto di raccomandazione ricalca la problematica del concorrente che non abbia chiesto il parere di precontenzioso o non vi abbia preventivamente aderito (e, quindi, non è vincolato) e ad essa si rinvia (192). Il rito applicabile è quello disciplinato dall’art. 120 c.p.a. ed è il primo rito speciale, quello anche definito ordinario. Il dubbio che potrebbe prospettarsi per l’impugnativa della raccomandazione e dell’atto esecutivo di autoannullamento riguardante il provvedimento di ammissione ed esclusione, va, a mio avviso, risolto a favore dell’applicazione del primo rito speciale, come già rilevato (193). a) Si stabilisce che è inammissibile l’impugnazione della proposta di aggiudicazione e degli altri atti endo-procedimentali “privi di immediata lesività” (194). Il Consiglio di Stato ha segnalato la superfluità della disposizione “trattandosi di regola generale e consolidata del processo amministrativo” (195), a cui ha fatto eco la dottrina (196), ma il legislatore delegato l’ha mantenuta. In effetti, l’indirizzo seguito dal giudice amministrativo, quanto all’impugnativa della proposta di aggiudicazione (prima: aggiudicazione provvisoria), era per la facoltà di impugnare l’aggiudicazione provvisoria, salvo l’onere di proporre motivi aggiunti avverso l’aggiudicazione definitiva, per cui la previsione di non impugnabilità dell’aggiudicazione provvisoria è innovativa (197). Per gli atti endo-procedimentali è un principio già affermato e seguito dalla giurisprudenza, ma il legislatore è solito recepire quello che il giudice elabora nella sua attività giurisdizionale ed è soluzione da condividere per assicurare certezza e stabilità alla regola, altrimenti soggetta alle fluttuazioni ed evoluzioni proprie della giurisprudenza. Piuttosto, appare pertinente l’invito a dare una lettura costituzionalmente orientata della disposizione “nel senso che tali atti non sono immediatamente impugnabili e che i relativi vizi andranno fatti valere in sede di impugnazione dell’aggiudicazione” (198). b) Si è modificato il comma 9 dell’art. 120 c.p.a. per rendere più chiaro che le parti possono chiedere la pubblicazione anticipata del dispositivo che avviene entro due giorni dall’udienza e non dalla richiesta di una delle parti (199). La pubblicazione anticipata del dispositivo non sempre è utile per una ponderata riflessione e per la corrispondenza alla motivazione ed alle domande, se si considera che per i più ampi e penetranti poteri decisori del giudice (200), il dispositivo deve essere più articolato delle sintetiche e solite espressioni di “accoglie il ricorso”, al più con l’aggiunta “nei limiti indicati nella motivazione (201)”, dovendo recare un comando più specifico ed incisivo, come avviene, normalmente, per le sentenze civili e penali. Ciò renderebbe più chiari gli effetti della decisione del giudice amministrativo in controversie che presentano indubbia complessità per le possibili e articolate domande che possono essere proposte. La pubblicazione anticipata del dispositivo non aiuta il compito del giudice perché deve redigerlo prima di aver steso la motivazione che rende palese (192) Cfr. supra, par. 12, lett. e3). (193) Cfr. supra, par. 8. (194) Cfr. O. Forlenza, Uno speciale giudizio con termini stringenti etc., op. cit., XXXI. (195) Parere del Consiglio di Stato n. 855/2016, 214. (196) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 9. (197) Cfr. I. Martella, Le novità etc., op. cit., 661 che approva la soluzione legislativa perché più conforme ai principi del- l’interesse a ricorrere. (198) R. De Nictolis, Il nuovo codice deli contratti pubblici, op. cit., 540. (199) Cfr. parere del Consiglio di Stato n. 855/2016 che evidenzia come il termine di due giorni fosse già previsto dal D.L. n. 90/2014. (200) Cfr. supra, par. 3). (201) Ovviamente, è meno articolato il dispositivo di rigetto. 17. IV) Le regole processuali relative: a) alla impugnativa della proposta di aggiudicazione e degli atti endo-procedimentali; b) ai termini di pubblicazione del dispositivo; c) all’appello; d) ai ricorsi cumulativi nelle gare divise in lotti 904 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti e chiarisce l’intera problematica, per l’indispensabile approfondimento che richiede l’operazione. c) Per l’appello, il parere del Consiglio di Stato ha rilevato che è rimasta invariata la previsione del termine lungo per l’appello e cioè di tre mesi (202) dalla pubblicazione della sentenza (203), a differenza di quanto stabilito per il terzo rito speciale ove “non trova applicazione il termine lungo decorrente dalla sua pubblicazione” (204). Il legislatore delegato non è intervenuto sul punto, chiarendo solo quale sia la disciplina applicabile al giudizio di appello con il richiamare i commi dell’art. 120 c.p.a. e precisamente, a parte il 2 bis, il 6 bis e il 9, secondo periodo, riguardanti il terzo rito speciale e di cui si è detto (205), i commi 8, 8 bis e 8 ter relativi a tutte le “specialità” dettate per il giudizio cautelare di primo grado e il comma 10 sulla sinteticità degli atti di parte e del giudice. Il legislatore delegato ha avuto, però, il buon senso di farsi guidare dal Consiglio di Stato, cassando la previsione che la sentenza di appello di rigetto potesse essere motivata per relationem, richiamando la sentenza di primo grado confermata, per il possibile contrasto con la “portata costituzionale del doppio grado di giudizio” (206). d) Quando la stazione appaltante bandisce una gara per più lotti, il concorrente che ha partecipato senza successo con offerte presentate per più di un lotto, può proporre “ricorso cumulativo solo se vengono dedotti identici motivi di ricorso avverso lo stesso atto” (207). La ratio della disposizione è stata spiegata “in funzione antielusiva delle regole sul contributo unificato e per evitare, in materia di gare divise in lotti, ricorsi monstre” (208) e come soluzione che gioverebbe ai controinteressati che potrebbero essere diversi in modo che “risulterebbe più nitido l’oggetto delle censure da cui difendersi, tenendo conto della posizione diversa in graduatoria assunta in ciascuna procedura” (209). Si consideri che, per favorire la partecipazione alle gare delle micro, piccole e medie imprese, il D.Lgs. n. 50/2016 esprime favore per la suddivisione delle gare in lotti (210), per cui potrebbe verificarsi con frequenza l’ipotesi considerata dal comma 11 bis dell’art. 120 c.p.a. Mi sembra colgano nel segno i rilievi del Consiglio di Stato, rimasti inascoltati, che la limitazione “rischia di tradursi in un sacrificio al diritto di difesa, aggravato dal rilevante peso del contributo unificato, per obiettivi di politica legislativa, tale da ingenerare sospetti di incostituzionalità per contrasto con gli artt. 3, 24 e 113 Cost.” (211). (202) Il termine di sei mesi previsto dall’art. 92 c.p.a. è dimezzato. (203) Parere n. 855/2016, 212. (204) Art. 120, comma 6 bis, c.p.a.; M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 38-39 segnala le possibili incertezze, in mancanza di notifica, dal far decorrere il dies a quo dalla comunicazione e non dalla pubblicazione, per il terzo rito speciale, qualora venga omessa la comunicazione, ma ritiene che, comunque, “resta in ogni caso salvo il termine di cui all’art. 92, comma 3, dimezzato ai sensi dell’art. 119, nelle sole ipotesi in cui la comunicazione della sentenza sia stata omessa, ritardata o non correttamente effettuata”. (205) Cfr. supra, par. 6. (206) Parere del Consiglio di Stato n. 855/2016, 213. C. Contessa, in C. Contessa - D. Crocco, Codice degli appalti e delle concessioni etc., op. cit., 639, rileva che una sentenza motivata con il solo richiamo delle argomentazioni della decisione confermata “avrebbe prestato il fianco alla proposizione di un ricorso per revocazione … per omesso esame in senso sostanziale di un motivo di impugnazione”. (207) Art. 120, comma 11 bis, c.p.a. (208) R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, op. cit., 542. (209) M. Lipari, La tutela giurisdizionale etc., op. cit., 13. (210) Nello stesso senso: M. Lipari, op. ult. cit. (211) Parere del Consiglio di Stato n. 855/2016, 212. Urbanistica e appalti 8-9/2016 18. Conclusioni Il quadro d’insieme conferma l’impressione iniziale che il legislatore delegato non si è molto preoccupato della tutela degli interessi degli operatori economici ad ottenere una giustizia, sì celere, ma giusta e rispettosa dei diritti della difesa attribuiti dalla Costituzione, dalle direttive comunitarie, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. L’idea di fondo che ha trainato le novità sul processo amministrativo è quella che l’opera, il servizio, la fornitura non possono attendere e devono trovare rapida realizzazione, per cui sono state scoraggiate le iniziative dirette ad ottenere tutela innanzi al giudice amministrativo, ritenuto fonte di ritardi, con: le (illegittime) limitazioni alla misura cautelare, efficace strumento di tutela per il ricorrente; la previsione di termini molto contenuti per le parti e per il giudice, al limite della ragionevolezza; il pagamento ripetuto di contributi unificati, già particolarmente alti per queste controversie; la previsione di un terzo rito speciale che, con le sue preclusioni, mira a impedire la tutela, se il concorrente non impugni tempestivamente le illegittime ammissioni degli altri partecipanti; le difficoltà applicative di disposizioni “confuse” che rischiano di compromettere gli obiettivi per i quali sono stati dettati (parere di pre-contenzioso e atto di raccomandazione); gli 905 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti effetti negativi “aggravati” se vi è rigetto del ricorso avverso il parere di pre-contenzioso; il divieto di ricorso cumulativo contro lo stesso atto, quando non si deducano motivi identici nel caso di presentazione di offerte per più lotti. 906 Come cittadino mi auguro che la Corte costituzionale, la Corte di Giustizia dell’UE e la Cedu siano investite al più presto delle questioni innanzi esposte e mostrino la giusta sensibilità verso la tutela del diritto fondamentale alla giustizia. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Soccorso istruttorio Il nuovo soccorso istruttorio di Andrea Manzi e Paolo Caruso (*) Il soccorso istruttorio, oggi disciplinato dall’art. 83, comma 9, del codice degli appalti, raccoglie i frutti dell’evoluzione dell’istituto, dalle sue prime forme a quelle della precedente novella, evidenziando principalmente l’obiettivo della massima partecipazione e della efficienza delle procedure attraverso la primazia della sostanza sulla forma. Al pari, tuttavia, di altri istituti introdotti o rimodellati dal nuovo codice, solo il banco di prova della prassi e della giurisprudenza potrà risolvere i problemi di coordinamento con la disciplina dei requisiti e dei relativi mezzi di prova e chiarire le definizioni - non del tutto perspicue - e tutti i profili utili per la sua corretta applicazione. 1. Premessa di inquadramento Con la diffusa espressione “soccorso istruttorio” ci si riferisce, in via di prima approssimazione, al potere dell’Amministrazione di richiedere l’integrazione o il completamento di elementi necessari alla utile progressione di un procedimento. In linea generale, l’istituto risponde alla valorizzazione dei principi di buon andamento, leale collaborazione con il privato, economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, nonché all’esigenza di far prevalere la sostanza sulla forma, con il limite dei cc.dd. elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda. Quanto alle procedure selettive, il fondamento del soccorso istruttorio è da rinvenire altresì nel principio di massima partecipazione, ma l’istituto trova nel contempo un ulteriore limite nella necessità di rispettare la parità di trattamento tra i concorrenti. Altra controindicazione va individuata, nelle procedure ad evidenza pubblica, nelle ripercussioni dei (*) Paolo Caruso ha curato i paragrafi 1, 2 e 3, Andrea Manzi i paragrafi 4, 4.1., 4.2., 4.3., 4.4., 4.5., 4.6. (1) Già l’art. 27 della Direttiva del Consiglio n. 71/305/CEE del 26 luglio 1971 sugli appalti pubblici di lavori aveva riconosciuto all’amministrazione aggiudicatrice, entro certi limiti, la possibilità di “invitare l’imprenditore a completare i certificati e i documenti presentati o a chiarirli”. (2) Per l’art. 6, comma 1, L. n. 241/1990 “il responsabile del procedimento ... b) accerta di ufficio i fatti, disponendo il compimento degli atti all’uopo necessari, e adotta ogni misura per l’adeguato e sollecito svolgimento dell’istruttoria. In particolare, può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documen- Urbanistica e appalti 8-9/2016 tempi del soccorso sul rilevante interesse al celere e ordinato svolgimento della procedura. La codificazione dell’istituto in materia di gare pubbliche rappresenta, per un verso, l’esplicitazione di un principio comunitario (1) e, per altro verso, la specificazione di un principio generale del nostro ordinamento, ispirato al giusto procedimento (2). 2. Il soccorso istruttorio nel D.Lgs. n. 163/2006 Nell’originario impianto del primo codice dei contratti pubblici, l’art. 46 ha così disciplinato il soccorso istruttorio: “Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45, le stazioni appaltanti invitano, se necessario, i concorrenti a completare o a fornire chiarimenti in ordine al contenuto dei certificati, documenti e dichiarazioni presentati” (3). Quale espressione di “principio generale relativo ai contratti pubblici” ai sensi dell’art. 30, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006, l’istituto è stato ritenuto tali”. Per l’art. 71, comma 3, d.P.R. n. 445/2000 “Qualora le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 presentino delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsità, il funzionario competente a ricevere la documentazione dà notizia all’interessato di tale irregolarità. Questi è tenuto alla regolarizzazione o al completamento della dichiarazione; in mancanza il procedimento non ha seguito”. (3) Prima del D.Lgs. n. 163/2006, si veda, per gli appalti di servizi, l’art. 16 del D.Lgs. n. 157/1995, per gli appalti di forniture l’art. 15, D.Lgs. n. 358/1992, per il project financing l’art. 37 bis, comma 2 ter, lett. b), L. n. 109/1994, per i lavori pubblici l’art. 21, comma 3, D.Lgs. n. 406/1991 art. 18, ultimo comma, L. n. 584/1977. 907 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti applicabile anche alle procedure per l’affidamento di concessioni di servizi (4). La norma, per come interpretata dalla giurisprudenza maggioritaria, prescrive il dovere della stazione appaltante di esercitare il “soccorso”, solo se necessario, limitatamente al completamento o al chiarimento del contenuto di certificati, documenti e dichiarazioni già presentati in ordine al possesso di requisiti di ordine generale e speciale. Le modalità e le tempistiche del soccorso non sono specificate. L’applicazione del beneficio presuppone dunque che il documento o certificato sia stato presentato e che le dichiarazioni siano state effettivamente rese, ancorché non in modo pienamente intellegibile o senza il rispetto dei requisiti formali. Al fine di evitare che l’esito delle gare possa essere alterato da carenze di ordine meramente formale nella documentazione comprovante il possesso dei requisiti dei partecipanti, in un’ottica intesa al contemperamento di principi (talvolta in antitesi), come quello del “favor partecipationis” e quello della “par condicio” tra i concorrenti, la norma in esame ha inteso dunque cercare un punto di equilibrio, individuato nella distinzione tra il concetto di regolarizzazione (consentita) e quello di integrazione documentale (non consentita) (5). La regola operativa che esclude la sanabilità della omessa produzione di un documento o di una di- chiarazione trova peraltro attenuazioni nel caso di oscurità o ambiguità della lex specialis, laddove viene in considerazione la tutela dell’affidamento degli interessati in buona fede (6); mentre, secondo un orientamento più permissivo, sarebbe consentita anche l’integrazione documentale quando gli atti tempestivamente prodotti offrano un ragionevole indizio del possesso del requisito non espressamente o univocamente documentato. Per contro, è stata esclusa l’operatività dell’istituto: a) in caso di mancata produzione della dichiarazione o comunque di omissioni su elementi essenziali, anche se dovute a mera dimenticanza (7); b) per la modifica o l’integrazione dell’offerta tecnica e di quella economica, stante il principio di immodificabilità che è garanzia di par condicio; fatta eccezione per refusi o errori materiali dell’offerta (8); c) per far valere un requisito non posseduto al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte (9), stante anche il principio di continuità nel possesso dei requisiti; d) per la sanatoria di dichiarazioni tempestivamente rese ma obiettivamente mendaci (10); e) in fasi della procedura diverse e successive rispetto a quella deputata alla verifica dei requisiti di ammissione, avendo la prevalente giurisprudenza valorizzato l’ambito di operatività fissato dalla norma (“Nei limiti previsti dagli articoli da 38 a 45”) (11). (4) Cons. Stato, Sez. IV, sent. 29 febbraio 2016, n. 859. (5) V. per tutte Cons. Stato, Ad. Plen. sent. 25 febbraio 2014, n. 9: “la linea di demarcazione discende naturaliter dalle qualificazioni stabilite ex ante nel bando, nel senso che il principio del “soccorso istruttorio” è inoperante ogni volta che vengano in rilievo omissioni di documenti o inadempimenti procedimentali richiesti a pena di esclusione dalla legge di gara (specie se si è in presenza di una clausola univoca), dato che la sanzione scaturisce automaticamente dalla scelta operata a monte dalla legge, senza che si possa ammettere alcuna possibilità di esercizio del ‘potere di soccorso’; conseguentemente, l’integrazione non è consentita, risolvendosi in un effettivo vulnus del principio di parità di trattamento; è consentita, invece, la mera regolarizzazione, che attiene a circostanze o elementi estrinseci al contenuto della documentazione e che si traduce, di regola, nella rettifica di errori materiali e refusi”. (6) V. Cons. Stato, Sez. V, sent. 11 aprile 2011, n. 2230 e Sez. III, sent. 4 febbraio 2014, n. 507; conf., più recentemente, Sez. V, sent. 16 marzo 2016, n. 1039. (7) V. Cons. Stato, Sez. III, sent. 15 gennaio 2014, n. 123 in Giornale di diritto amministrativo, n. 5/2014 con nota di E. Frediani. (8) V., per le carenze dell’offerta economica, Cons. Stato, Sez. III, sent. 1° aprile 2016, n. 1307 e Sez. V, 22 marzo 2016, n. 993, ord. nonché Ad. Plen. 2 novembre 2015, n. 9 in tema di omessa indicazione di oneri di sicurezza aziendali; per le carenze dell’offerta tecnica, Cons. Stato, Sez. III, sent. 26 maggio 2014, n. 2690 e sent. 1° aprile 2016, n. 1318. Si veda però Cons. Stato, Sez. V, sent. 27 ottobre 2014, n. 5297 che afferma l’operatività del soccorso istruttorio in ipotesi di contraddi- zione interna all’offerta tecnica che possa ritenersi errore materiale di immediata percezione. (9) Giurisprudenza consolidata. Come osservato da Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 25 febbraio 2014, n. 9 “diversamente opinando, si andrebbe a ledere il principio della par condicio tra i concorrenti, in quanto si consentirebbe ad uno o ad alcuni di essi di integrare i requisiti cui è subordinata la partecipazione alla procedura di gara in un momento successivo alla scadenza del termine, previsto dagli atti di gara, per la presentazione delle offerte; principio questo che non viene ad essere violato da un semplice elemento di correzione e completamento di elementi dichiarativi già presentati all’amministrazione aggiudicatrice”. conf., più di recente, Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 29 febbraio 2016, n. 6. (10) Giurisprudenza consolidata. Vedi, per tutte, C.G.A.R.S., sent. 13 ottobre 2015, n. 630: “In tema di pubblici appalti, la sanatoria di una dichiarazione obiettivamente mendace non può ricondursi nell’ambito di quelle ipotesi cui deve correlarsi l’esercizio del soccorso istruttorio, consistente unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli, in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti”. Più recentemente, Cons. Stato, Sez. V, sent. 11 aprile 2016, n. 1412. (11) V., sull’ambito di operatività dell’istituto, le osservazioni critiche di M. Monteduro, sub. art. 46, in Codice dei Contratti Pubblici, Caringella - Protto, Roma, 2012. Quanto alla applicabilità del soccorso istruttorio alla fase di comprova dei requisi- 908 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Al primo e unico comma dell’art. 46, è stato poi aggiunto, ad opera del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, convertito con L. 12 luglio 2011, n. 106, il comma 1 bis che ha introdotto il principio della c.d. tassatività delle cause di esclusione (12). Accentuando la prospettiva sostanzialistica, la norma mira a porre un freno alla proliferazione delle cause di esclusione fissate discrezionalmente - e talora oltre i limiti di proporzionalità e ragionevolezza - dalle stazioni appaltanti; con indiretto ampliamento dell’ambito di operatività del soccorso istruttorio (13). In proposito si è però precisato che l’esclusione della gara può essere disposta sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano ‘adempimenti doverosi’ o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione (14). Sull’istituto del soccorso istruttorio è poi intervenuto il D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla L. 12 agosto 2014, n. 114, il cui art. 39, rubricato “Semplificazione degli oneri formali nella partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici”, ha introdotto nell’art. 38 del D.Lgs. 163/2006 il comma 2 bis, applicabile alle procedure di affidamento indette dopo il 25 giugno 2014 (15). Contestualmente, è stato introdotto il comma 1 ter dell’art. 46, finalizzato a chiarire l’ambito di operatività del richiamato comma 2 bis (16). Al fine dichiarato di deflazionare il contenzioso sulle ammissioni alle gare, la citata riforma attua una procedimentalizzazione del soccorso istruttorio, che diventa doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni sostitutive, e configura l’esclusione dalla procedura come sanzione non più conseguente alla carenza originaria, ma all’omessa integrazione o regolarizzazione entro il termine perentorio assegnato dalla stazione appaltante (17). La novella normativa - alla quale ha dato sostanziale continuità il nuovo codice - consente insomma la sanatoria di ogni omissione o incompletezza documentale e supera il limite della sola integrazione e regolarizzazione di quanto già dichiarato e prodotto in gara, con ciò realizzando un’inversione radicale dei principi precedentemente enunciati dalla giurisprudenza, pur mantenendo fermi il limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta, della certezza in ordine alla provenienza della stessa, del principio di segretezza che presiede alla presentazione della medesima e di inalterabili- ti, ex art. 48, D.Lgs. 163/2006, V., in senso negativo, Cons. Stato, Sez. VI, sent., 26 marzo 2015, n. 1594, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, sent. 22 marzo 2016, n. 3580, T.A.R. Umbria, Sez. I, sent. 25 marzo 2016, n. 285. Cons. Stato, Sez. V, sent. 15 marzo 2016, n. 1032 ammette invece il soccorso istruttorio a valle di una richiesta di comprova generica. (12) “1-bis. La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle”. (13) Valorizzando il principio di tassatività delle cause di esclusione, la giurisprudenza ha ad esempio ritenuto sanabili con il soccorso istruttorio i vizi e le irregolarità della cauzione provvisoria, da prestarsi comunque nei termini. (V. Cons. Stato, Sez. III, sent. 1° febbraio 2012, n. 493; Sez. IV, sent. 6 aprile 2016, n. 1377; Sez. V, sent. 15 ottobre 2015, n. 4764). (14) V. AVCP, Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro, Audizione del 29 settembre 2011, ove si precisa che “ogni qual volta il Codice o il Regolamento si esprimono in termini di divieto ovvero di doverosità degli adempimenti imposti ai concorrenti e candidati, con l’uso delle locuzioni ‘deve’ ‘devono’, ‘è obbligato’, l’adempimento deve ritenersi imposto a pena di esclusione”; nello stesso senso V. anche Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 25 febbraio 2014, n. 9. (15) “2-bis. La mancanza, l’incompletezza e ogni altra irre- golarità essenziale degli elementi e delle dichiarazioni sostitutive di cui al comma 2 obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 50.000 euro, il cui versamento è garantito dalla cauzione provvisoria. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere. Nei casi di irregolarità non essenziali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante non ne richiede la regolarizzazione, né applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di cui al secondo periodo il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte.”. (16) “1-ter. Le disposizioni di cui all’articolo 38, comma 2bis, si applicano a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità degli elementi e delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi, che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”. (17) Sulla introduzione dell’art. 38, comma 2 bis, V. Cons. Stato, Ad. Plen., sent. 30 luglio 2014, n. 16; Determinazione ANAC 8 gennaio 2015, n. 1, Criteri interpretativi in ordine alle disposizioni dell’art. 38, comma 2-bis e dell’art. 46, comma 1ter del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163; P. Cerbo, Il soccorso istruttorio fra ‘mere’ irregolarità, irregolarità sanabili ed errori irrimediabili, in questa Rivista 12/2014; F. Saitta, Le novità del decreto sblocca Italia - forma e sostanza nelle procedure di affidamento di contratti pubblici alla luce degli ultimi interventi legislativi, in Giur. it., 2015, 1, 234. Urbanistica e appalti 8-9/2016 909 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti tà delle condizioni in cui versano i concorrenti al momento della scadenza del termine per la partecipazione alla gara (18). 3. Il D.Lgs. n. 50/2016. Cenni alla disciplina dei requisiti degli esecutori Il nuovo codice appalti (19), D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sostanzialmente conferma, pur con alcune differenze lessicali, la classificazione dei requisiti di partecipazione di cui al precedente codice. I requisiti di ordine generale, già prescritti nell’art. 38 del D.Lgs. n. 163/2006, sono ora disciplinati dall’art. 80, rubricato “motivi di esclusione”. Per il mancato possesso di tali requisiti, può essere disposta l’esclusione “in qualunque momento della procedura”. I criteri di selezione, previsti nell’art. 83, corrispondono, invece, ai requisiti di qualificazione e si articolano in requisiti di idoneità professionale, di capacità economica e finanziaria e di capacità tecnica e professionale; requisiti che devono essere “attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto” (20). Per la qualificazione degli esecutori di lavori, l’art. 83, comma 2, conferma provvisoriamente il sistema di qualificazione di cui alla Parte II, Titolo III, del d.P.R. 207/2010 (artt. da 60 a 96), sino all’emanazione di apposite linee guida ANAC, da adottarsi entro un anno, relativamente al “sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici”, sul quale si intrattiene il successivo art. 84. Per quanto invece riguarda gli appalti di servizi e forniture l’art. 83, ai commi da 4 a 6, individua spazi di discrezionalità della Stazione Appaltante in merito agli elementi da richiedere ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale. (18) V. T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, sent. 12 gennaio 2016, n. 76; conf. T.A.R. Abruzzo, Pescara, sent. 26 aprile 2016, n. 154. (19) Il D.Lgs. n. 50/2016 è rubricato “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” ed è stato pubblicato sulla G.U. 19 aprile 2016, n. 91. (20) Si veda considerando n. 83 e art. 58 della Dir. 2014/24/UE e art. 1, lett. r), L. delega n. 11/2016 che richiede: “definizione dei requisiti di capacità economico finanziaria, tecnica, ivi compresa quella organizzativa, e professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto, che gli operatori economici devono possedere per partecipare alle procedure di gara, tenendo presente l’interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei princìpi 910 L’insussistenza di motivi di esclusione ex art. 80 e il rispetto dei criteri di selezione fissati ex art. 83 giustificano l’ammissione dell’operatore alla procedura di affidamento (21) e rappresentano uno dei presupposti per l’aggiudicazione (art. 94, comma 1, lett. b). A mente degli artt. 29, comma 1, e 76, comma 3, i provvedimenti di ammissione e di esclusione dalla procedura di affidamento sono pubblicati entro due giorni sul profilo del committente e contestualmente comunicati ai concorrenti, con avviso a mezzo p.e.c., al fine di consentire l’eventuale proposizione di ricorso ai sensi dell’art. 120 c.p.a., come modificato dall’art. 204 del D.Lgs. n. 50/2016. La nuova frontiera della qualificazione va però individuata nel DGUE, Documento di gara unico europeo (22). A norma dell’art. 85, il DGUE consiste in una autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi, attraverso la quale l’operatore economico attesta il possesso dei requisiti di ordine generale (e, dunque, l’insussistenza di motivi di esclusione ex art. 80) e di quelli di ordine speciale (e, dunque, la soddisfazione dei criteri di selezione di cui all’83) e fornisce ulteriori informazioni rilevanti, tra cui l’indicazione delle eventuali imprese ausiliarie. Il DGUE (23) dovrà essere accettato dalle Stazioni Appaltanti, dal 18 aprile 2018 necessariamente in forma elettronica, e potrà essere utilizzato in più procedure di gara, purché sia attestata, in ciascuna occasione, la persistente validità delle informazioni che vi sono contenute. Quando il sistema sarà a regime, i dati e le dichiarazioni contenuti nel DGUE potranno essere verificati attraverso la Banca dati nazionale degli operatori economici di cui all’art. 81, gestita dal Minidi trasparenza e rotazione, nonché a favorire l’accesso da parte delle micro, piccole e medie imprese”. (21) Gli artt. 80 e 83 sono applicabili agli appalti nei settori speciali (art. 133, comma 1), laddove è anche prevista la possibilità degli enti aggiudicatori di istituire e gestire un proprio sistema di qualificazione degli operatori economici (V. in part. artt. 133, 134 e 136). (22) L’art. 1, lett. aa), L. delega n. 11/2016 prevede tra i criteri direttivi la “previsione che, al fine di ridurre gli oneri documentali, i partecipanti alle gare possano utilizzare il documento di gara unico europeo (DGUE) o analogo documento predisposto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per autocertificare il possesso dei requisiti”. (23) Con Regolamento di Esecuzione (UE) n. 2016/7 della Commissione del 5 gennaio 2016 è stato approvato il “modello di formulario per il documento di gara unico europeo (DGUE)” (Allegato 2)e regolamentate le istruzioni d’uso (Allegato 1). Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti 4.1. Generalità Il nuovo codice degli appalti riprende e disciplina l’istituto del soccorso istruttorio nelle procedure di gara, in precedenza - come si è detto - già notevolmente potenziato dal d.l. 90/2014 con l’inserimento del comma 2 bis nell’art. 38 e del comma 1 ter nell’art. 46 del codice dei contratti del 2006. Con il comma 9 dell’art. 83 l’istituto viene disciplinato nell’ambito di una disposizione attinente ai requisiti di qualificazione (o criteri di selezione, se- condo la nuova definizione data dal codice), ma si caratterizza a una prima lettura per essere suscettibile di potenziale applicazione in ogni aspetto della partecipazione alla gara, in coerenza del resto con quanto disposto riguardo al vecchio soccorso istruttorio (27), pur con le limitazioni specificamente previste dalla disposizione in commento. La premessa iniziale contenuta nel primo periodo del comma 9, infatti, lascia pensare a un campo di applicazione quanto mai ampio (“Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma”), applicabile a qualsiasi elemento della domanda, fatte salve - ovviamente - le condizioni applicative precisate nel seguito della disposizione (che, infatti, prosegue con “In particolare, ...”). Tanto, sia in coerenza anzitutto con le indicazioni della L. delega n. 11/2016, che all’art. 1, comma 1, lett. z), aveva indicato come obiettivo per il legislatore delegato non solo la riduzione degli oneri documentali a carico dei concorrenti ma soprattutto la “attribuzione a questi ultimi della piena possibilità di integrazione documentale non onerosa di qualsiasi elemento di natura formale della domanda”, sia in osservanza delle ulteriori indicazioni rese in sede consultiva dal Consiglio di Stato (28). Premessa, quindi, la generalità della regola della sanabilità delle carenze della domanda, la disposizione traccia sostanzialmente tre categorie di situazioni considerabili ai fini della sanabilità o insanabilità: - la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo (sanabili con onerosità); (24) A norma dell’art. 216, comma 13, D.Lgs. n. 50/2016, al momento dell’entrata in vigore del D.M. previsto dall’art. 81, comma 2, la Banca dati centralizzata gestita dal Ministero delle Infrastrutture sostituirà l’attuale sistema AVC Pass gestito dall’ANAC. (25) Potere in linea con quanto previsto dagli artt. 59 (Documento di gara unico europeo) e 60 (mezzi di prova) della Dir. 2014/24/UE e dal suo considerando n. 84, dove si stabilisce che “Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche avere la facoltà di richiedere in qualsiasi momento tutti i documenti complementari o parte di essi se ritengono che ciò sia necessario per il buon andamento della procedura”. (26) V. Cons. Stato, Adunanza della Commissione speciale del 21 marzo 2016, parere sullo schema di Codice; V. anche De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, n. 5/2016 (27) Già il soccorso istruttorio disciplinato dall’art. 38, comma 2 bis, infatti, pur inserito nella disciplina delle dichiarazioni di cui al comma 2 dell’art. 38, era stato esteso dall’art. 46, comma 1 ter, “a ogni ipotesi di mancanza, incompletezza o irregolarità delle dichiarazioni, anche di soggetti terzi che devono essere prodotte dai concorrenti in base alla legge, al bando o al disciplinare di gara”. (28) Anche nel parere del Consiglio di Stato, infatti, si esprime il convincimento che si tratti di istituto di carattere generale, definendo il soccorso istruttorio come “riferito, in termini generali, a tutti gli aspetti formali dell’offerta”, e consigliando in tale prospettiva la ricordata formula di apertura (“Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono essere sanate attraverso la procedura di soccorso istruttorio di cui al presente comma”), recepita nel testo così come proposta nel parere consultivo (v. parere Cons. Stato n. 855/2016, sub art. 83). Non è stato però seguito l’invito del Consiglio di Stato a dedicare all’istituto un apposito articolo, come sarebbe stato suggerito anche dalla delicatezza e incidenza dell’istituto sulla regolarità delle gare, e dalla sua funzione di “bilanciamento tra i principi di massima partecipazione, semplificazione, par condicio e tutela della concorrenza”. stero delle Infrastrutture e dei Trasporti (24), ovvero attraverso il registro e-Certis di cui all’art. 88, o altrimenti attraverso la richiesta all’operatore della documentazione complementare di cui all’art. 85. Anche indipendentemente dall’utilizzo del DGUE, la prova sul possesso dei requisiti di partecipazione, generali e speciali, oltre che acquisita dalla stazione appaltante tramite la citata Banca dati nazionale ai sensi degli artt. 81, comma 1, e 85, commi 3 e 6, potrà essere richiesta direttamente agli operatori (25) in qualsiasi momento della procedura. La comprova dei requisiti, inoltre, sarà di regola richiesta, prima dell’aggiudicazione, ai primi due concorrenti in graduatoria, nei limiti di quanto stabilito dall’art. 86 (“mezzi di prova”) e dall’allegato XVII (“mezzi di prova dei criteri di selezione”). In definitiva, pur essendo questa ancora una fase di transizione, è indubbio che il nuovo Codice segna “un significativo cambio di passo, avviando un’evoluzione da un sistema ‘statico’ di requisiti formali verso un sistema ‘dinamico’ di requisiti sostanziali, di tipo reputazionale, e ponendo le premesse per una revisione del sistema di qualificazione incentrato sulle SOA” (26). 4. Il “nuovo” soccorso istruttorio (art. 83, comma 9, D.Lgs. n. 50/2016) Urbanistica e appalti 8-9/2016 911 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti - le irregolarità formali ovvero la mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali (sanabili senza onerosità); - la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale riguardanti l’offerta tecnica ed economica, nonché le carenze della documentazione che non consentano l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa (non sanabili). Alle tre categorie di situazioni sopra indicate corrispondono tre diverse modalità di “soluzioni”: - alla prima categoria, che si potrebbe definire come quella delle irregolarità essenziali sanabili, corrisponde l’attivazione della procedura di regolarizzazione onerosa, con assegnazione del termine per provvedervi e determinazione della sanzione da pagare, a pena di esclusione; - alla seconda categoria, che si potrebbe definire come quella delle irregolarità non essenziali e perciò a maggior ragione sanabili, corrisponde l’attivazione della procedura di regolarizzazione non onerosa, ma ugualmente da osservare a pena di esclusione; - alla terza categoria non corrisponde possibilità di rimedio nell’ambito del soccorso istruttorio, poiché il concorrente verrà ineluttabilmente escluso. L’opzione di stabilire tre categorie di irregolarità, dai confini peraltro neppure ben definiti (con concreto rischio di dubbi interpretativi e applicativi (29)), contravviene ai suggerimenti del Consiglio di Stato in sede di parere consultivo, ove si proponeva di semplificare la disposizione prevedendo due sole fattispecie di soccorso, quella delle irregolarità formali non essenziali (sanabili gratuitamente), e quella delle lacune essenziali, non sanabili. Peraltro, l’estensione del soccorso - già ad opera dell’art. 38, comma 2 bis - sostanzialmente a ogni ipotesi di necessità di regolarizzazione (le “carenze di qualsiasi elemento formale della domanda”, la “mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo”, i “casi di irregolarità formali, ovve(29) Già nella sentenza Cons. Stato, Ad. Plen., 30 luglio 2014, n. 16, si osservava che la precedente disposizione di cui all’art. 38, comma 2 bis, era caratterizzata da “un lessico infelice e foriero di incertezze interpretative ed applicative (e, quindi, anche di contenzioso)”, e la nuova disposizione non pone rimedio a questo. In ogni caso la stessa sentenza concludeva nel senso che la (allora) nuova disposizione, oggi superata, tendeva a superare tutte le preclusioni precedentemente ravvisate al soccorso istruttorio “mediante la procedimentalizzazione del potere di soccorso istruttorio (che diventa doveroso per ogni ipotesi di mancanza o di irregolarità delle dichiarazioni so- 912 ro di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali”), e quindi non solo a mere irregolarità formali ma anche a incompletezze o mancanze vere e proprie, fa sì che il campo di applicazione generale dell’istituto sia definibile più che altro in termini negativi, e cioè attraverso l’individuazione di ciò che certamente non può essere oggetto di soccorso; mentre la distinzione tra le categorie entrambe assoggettate al soccorso a pena d’esclusione - delle irregolarità essenziali o non essenziali (entrambe sanabili) rileverà prevalentemente ai fini della onerosità o meno della regolarizzazione, dando perciò luogo - sotto questo profilo - a possibile contenzioso essenzialmente fra la stazione appaltante e il concorrente onerato che reclami invece la gratuità della procedura. 4.2. Le carenze o irregolarità essenziali sanabili Vista la generalità dell’istituto, per quanto si è sopra detto, in questa categoria dovrebbero rientrare tutte le carenze, le incompletezze e le irregolarità degli elementi (di tutti gli elementi) e del documento di gara unico europeo che devono necessariamente essere completate e regolarizzate ai fini della procedibilità e validità della domanda ovvero dell’accertamento del requisito in capo al concorrente (in tal senso essenziali), purché - limite negativo - non siano afferenti all’offerta tecnica ed economica ovvero pregiudichino l’individuazione del loro stesso contenuto o del soggetto responsabile della documentazione (e cioè della domanda), giacché in tal caso sarebbe del tutto preclusa la regolarizzazione. Resta perciò superata l’opzione interpretativa dell’ANAC - riferita però alla vecchia norma - secondo la quale con la nozione di irregolarità essenziale (sanabile) il legislatore aveva inteso riferirsi al caso di impossibilità di “individuare con chiarezza il soggetto ed il contenuto della dichiarazione stessa”, ovvero ancora la “mancanza della sottoscrizione della dichiarazione stessa” (30). stitutive) e la configurazione dell’esclusione dalla procedura come sanzione unicamente legittimata dall’omessa produzione, integrazione o regolarizzazione delle dichiarazioni carenti entro il termine assegnato dalla stazione appaltante (e non più da carenze originarie)”. (30) Così si riteneva nella Determinazione ANAC n. 1 dell’8 gennaio 2015, riferita alla norma precedente, nella quale ovviamente non era stata ancora precisata la insanabilità delle irregolarità tali da pregiudicare l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della documentazione. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Sono venuti meno - già con l’art. 38, comma 2 bis, del vecchio codice - alcuni dei tradizionali limiti di sanabilità elaborati dalla giurisprudenza, come quello della impossibilità di integrare le dichiarazioni con elementi nuovi (distinguendosi a tal fine tra regolarizzazioni o chiarimenti, comunque consentiti, e integrazioni vere e proprie, prima non consentite), ovvero quello della impossibilità di praticare il soccorso in presenza di mancanze sanzionate con l’esclusione nella lex specialis (si ritiene, infatti, che il concetto di irregolarità essenziale si riferisca principalmente proprio al caso di carenza che, in mancanza di sanatoria, avrebbe condotto alla sanzione dell’esclusione) (31). È peraltro ovvio - e anche su questo si è speso il parere del Consiglio di Stato - che è da escludersi che le carenze possano riguardare il concreto possesso dei requisiti, e che “sia possibile per il concorrente dotarsi anche successivamente di un elemento di partecipazione in precedenza non posseduto” (32). Questo, che costituiva un tradizionale limite anche nelle prime applicazioni del soccorso istruttorio (33), ove si chiariva che con la integrazione di cui al primo comma dell’art. 46 si sarebbe potuto al più documentare un requisito o elemento storico già esistente al tempo della domanda e giammai dotarsene ex novo, se non è del tutto chiarito dalla ambigua formulazione del secondo periodo della norma (ove ci si riferisce alla “mancanza ... degli elementi” (34)), è tuttavia pur sempre ricavabile dalla già ricordata formula di apertura (“Le carenze di qualsiasi elemento formale della domanda possono esse- re sanate ...”), che delinea i contorni dell’istituto pur sempre nell’ambito della regolarizzazione formale, fermo il possesso del requisito in data anteriore. Per la stessa ragione, ad esempio, dovrebbe ritenersi non integrabile la dichiarazione di volontà di far ricorso all’avvalimento, poiché prima del perfezionamento di detta dichiarazione il requisito non potrebbe dirsi posseduto dall’impresa ausiliata, e perciò ammetterne la presentazione in un momento successivo significherebbe consentire al concorrente di dotarsi di un requisito di cui la stessa non godeva al momento della domanda. Deve escludersi altresì la sanabilità di dichiarazioni che non siano semplicemente omesse bensì mendaci, in quanto il concorrente non si sia limitato a omettere una dichiarazione - ad esempio, di insussistenza di condanne - bensì l’abbia resa in senso negativo (35), contro la verità dei fatti. (31) Si veda, ancora, la Determinazione n. 1/2015 dell’Anac, secondo la quale è evidente come la novella “determini un superamento dei principi sopra enunciati, comportando un’inversione radicale di principio: inversione in base alla quale è generalmente sanabile qualsiasi carenza, omissione o irregolarità, con il solo limite intrinseco dell’inalterabilità del contenuto dell’offerta, della certezza in ordine alla provenienza della stessa, del principio di segretezza che presiede alla presentazione della medesima e di inalterabilità delle condizioni in cui versano i concorrenti al momento della scadenza del termine per la partecipazione alla gara”. E ancora: “Si ritiene, infatti, che le irregolarità essenziali, ai fini di quanto previsto dall’art. 38, comma 2-bis, coincidono con le irregolarità che attengono a dichiarazioni ed elementi inerenti le cause tassative di esclusione (come individuate nella determinazione n. 4/2012), previste nel bando, nella legge o nel disciplinare di gara, in ordine alle quali non è più consentito procedere ad esclusione del concorrente prima della richiesta di regolarizzazione da parte della stazione appaltante”. (32) Va altresì ricordato che il possesso dei requisiti non solo deve sussistere al momento della domanda, ma deve perdurare per tutto lo svolgimento della procedura e persino durante l’esecuzione del contratto, come da ultimo puntualizzato da Cons. Stato, Ad. Plen., 20 luglio 2015, n. 8. (33) Nella stessa premessa della Determinazione n. 1/2015 dell’Anac veniva precisato, qualora occorresse, che “la nuova disciplina del soccorso istruttorio in nessun caso può essere utilizzata per il recupero di requisiti non posseduti al momento fissato dalla lex specialis di gara, quale termine perentorio per la presentazione dell’offerta o della domanda”. E già nella sentenza Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9, sia pure con riferimento alla disposizione di cui all’art. 46, comma 1, del vecchio codice, si ricordava che “il soccorso istruttorio ricomprende la possibilità di chiedere chiarimenti purché il possesso del requisito sia comunque individuabile dagli atti depositati e occorra soltanto una delucidazione ovvero un aggiornamento”. Da ultimo, poi, Cons. Stato, Ad. Plen., 29 febbraio 2016, n. 6 e 25 maggio 2016, n. 10, hanno confermato l’impossibilità di porre rimedio alla originaria carenza di un requisito (in quei casi, di regolarità contributiva) a mezzo della procedura di regolarizzazione di cui all’art. 31, comma 8, D.L. n. 69/2013. (34) Con riferimento alla analoga formulazione già dell’art. 38, comma 2-bis, C. Contessa, Soccorso istruttorio e principio di stabilità della soglia di anomalia, in Giur. it., 2015, 7, 1685, osservava che la tesi della limitazione del soccorso istruttorio alla sola ipotesi della lacuna dichiarativa riferita a requisiti comunque posseduti “risulta apparentemente difficile da coniugare con il dato normativo secondo cui il ‘soccorso a pagamento’ è ammesso anche in caso di ‘mancanza degli elementi’ (in tal senso l’incipit del comma 2 bis)”. (35) Così sempre la determinazione n. 1/2015 dell’ANAC nonché giurisprudenza costante (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 19 maggio 2016, n. 16). Urbanistica e appalti 8-9/2016 4.3. Le carenze o irregolarità non essenziali sanabili Per contrapposizione alla categoria delle irregolarità essenziali, in questa categoria dovrebbero rientrare tutte le irregolarità formali e le carenze, le incompletezze e le irregolarità della documentazione e delle dichiarazioni che non costituiscono il contenuto essenziale della domanda e non ne condizionano la validità (in tal senso non essenziali), e tuttavia debbono essere regolarizzate, anche in questo caso purché dette carenze non pregiudichino a monte l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della documentazione. 913 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Non costituisce, invece, propriamente un limite in negativo della categoria la circostanza che dette irregolarità riguardino l’offerta tecnica ed economica, poiché la norma in senso letterale sembra precludere la sanabilità delle sole irregolarità essenziali afferenti all’offerta tecnica ed economica, legittimando così l’idea che anche nell’offerta tecnica ed economica possano esservi in teoria irregolarità non essenziali o formali sanabili. Ciò che maggiormente colpisce nella nuova disciplina rispetto a quella di cui all’art. 38, comma 2bis, è che questa categoria di irregolarità nel precedente regime non richiedeva alcuna regolarizzazione. Oggi, invece, non solo ne è richiesta espressamente la regolarizzazione, ma il positivo espletamento della stessa, ancorché di carattere non oneroso, condiziona la stessa legittima permanenza nella gara (la precisazione “in caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara” riguarda la procedura di sanatoria sia delle irregolarità essenziali sia di quelle non essenziali). Considerando, però, che per essere non “essenziali” queste irregolarità o carenze non debbono di certo rientrare in fattispecie espulsive tipiche o integrarne gli estremi, e che, in forza del principio di tassatività delle cause di esclusione (36), solo relativamente a queste ultime opera il potere-dovere di escludere il concorrente dalla gara, si deve concludere che questa nuova previsione, contemplando l’esclusione di un concorrente per non aver ottemperato alla regolarizzazione di una mancanza che non costituirebbe di per sé causa di esclusione, finisce con l’annacquare il principio di tassatività delle cause di esclusione, o quanto meno con l’integrare essa stessa una sorta di clausola di esclusione in bianco (quanto ai comportamenti che innescano la procedura suscettibile di provocare l’espulsione); il che però, considerando la ratio posta a base del principio di tassatività, che mira essenzialmente a garantire la proporzionalità, imparzialità e non discriminazione delle procedure, appare quan- Per le irregolarità essenziali la norma contempla una procedura di regolarizzazione non solo necessaria - a evitare l’esclusione - ma altresì onerosa. Sul punto va anzitutto rilevato che la legge delega (39) aveva assegnato al legislatore il compito di attribuire ai concorrenti la “possibilità di integrazione documentale non onerosa”, mentre la disposizione, pur riducendo sensibilmente il massimo edittale in precedenza previsto dal comma 2 bis dell’art. 38 (che passa da euro 50.000 a euro 5.000), non ha seguito tale indicazione, né ha seguito i rilievi sollevati dal Consiglio di Stato sullo schema di decreto rimessogli. Nel parere dell’organo consultivo infatti, pur evidenziandosi che la scelta del legislatore per la gratuità della regolarizzazione avrebbe eliminato un importante deterrente di responsabilizzazione per le concorrenti, si segnalava la “dubbia conformità con la previsione della legge delega”, e si affermava categoricamente che “non si può riproporre il meccanismo del c.d. ‘soccorso istruttorio a pagamento’ di cui all’attuale art. 38 co. 2-bis dell’abrogando codice”. (36) Principio già affermato dall’art. 46, comma 1 bis, del vecchio codice, e ora ripreso dall’art. 83, comma 8: “I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle”. (37) Come ricorda Cons. Stato, Ad. Plen., 25 febbraio 2014, n. 9, “la riforma del 2011, infatti, ha inteso selezionare e valorizzare solo le cause di esclusione rilevanti per gli interessi in gioco, a quel punto imponendole, del tutto logicamente, come inderogabili non solo al concorrente ma anche alla stazione appaltante”, operando così direttamente “il bilanciamento tra l’interesse alla massima partecipazione alle gare di appalto ed alla semplificazione, da un lato, e quello alla speditezza dell’azione amministrativa ed alla parità di trattamento, dall’altro”, “salvaguardando una serie predefinita di interessi, selezionati ex ante”, e rafforzando in tal modo la “indole sostanziale” della regola. Ciò che rischia di essere vanificato con una clausola in bianco. (38) Tra le tante, Cons. Stato, Sez. III, 16 marzo 2012, n. 1471 e 3 marzo 2011, n. 1371, nonché Sez. VI, 10 dicembre 2012, n. 6291. (39) La più volte citata L. n. 11/2016, art. 1, comma 1, lett. z). 914 to meno discutibile, e in ogni caso distonica rispetto alla regola generale enunciata al comma precedente (37). Nella sostanza, sanzionando le carenze o irregolarità non essenziali che non vengano regolarizzate nel termine assegnato, si recupera in qualche modo quel principio, affermato in un certo periodo nella giurisprudenza del Consiglio di Stato in contrapposizione alla teoria del c.d. falso innocuo, secondo il quale la completezza delle dichiarazioni, oltre a rispondere al principio di autoresponsabilità dei concorrenti, è un valore imprescindibile nelle procedure a evidenza pubblica, in quanto strettamente preordinata al loro celere svolgimento, all’esigenza di evitare che in sede di ammissione alle suddette procedure insorgano necessità di approfondimenti nonché prevenire l’insorgere di contenziosi (38). 4.4. La procedura di regolarizzazione onerosa Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Al tempo stesso, però, il Consiglio di Stato proponeva di semplificare la disposizione prevedendo due sole fattispecie di soccorso, quella delle irregolarità formali non essenziali (sanabili gratuitamente), e le lacune essenziali, non sanabili. La persistenza del legislatore delegato nel prevedere comunque l’onerosità del soccorso per questa categoria di irregolarità può far pensare - a non voler credere a disattenzione o addirittura disobbedienza - che abbia voluto prevedere una terza categoria di irregolarità rispetto a quelle consigliate dall’organo consultivo, e perciò affiancare a quelle meramente formali e a quelle insanabili le irregolarità che, pur essenziali e non meramente formali, non cadendo su elementi immodificabili (quali l’offerta) e non pregiudicando radicalmente la stessa individuazione del contenuto o del soggetto responsabile, possono essere oggetto di soccorso, a questo punto oneroso perché “straordinario”. Evidentemente l’onerosità prevista per questa categoria, per via della straordinarietà del rimedio e soprattutto - della facoltatività della scelta se accollarsi la relativa sanzione economica, non è stata ritenuta in contrasto con la delega e con le indicazioni riportate. In effetti, nel precedente assetto dell’istituto (art. 38, comma 2-bis, vecchio codice), anche per via della diversa formulazione della norma (“la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale ... obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento ...”), l’applicazione della sanzione era stata per lo più ritenuta in giurisprudenza comunque dovuta per effetto della mancanza riscontrata, nel senso che si riteneva che la sanzione scattasse per il solo fatto della irregolarità senza che al riguardo rilevasse la scelta del concorrente se regolarizzare o meno (e quindi sottomettersi o meno alla sanzione) (40); mentre nell’attuale disposizione è opportunamente (41) chiarito che “la sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione”. Il che apre però la strada a un ulteriore dubbio: la sanzione viene evitata solo se il concorrente decide di non avvalersi della procedura di regolarizzazione ovvero anche se tenta la regolarizzazione ma non vi riesce, o non rispetta il termine assegnato? La lettera della norma farebbe pensare a questa seconda ipotesi, perché la sanzione è prevista “esclusivamente in caso di regolarizzazione”, e non in caso di avvio della procedura ma non felice esito della regolarizzazione. Certo è, però, che sposando questa tesi, che appare più aderente anche al principio di tassatività delle fattispecie sanzionatorie, rischia di rimanere frustrata quella ratio che recentissima giurisprudenza ha individuato a base della comminatoria della sanzione, che è vista come prezzo da pagare per l’aggravamento della procedura di gara (42). È in ogni caso venuta meno, rispetto alla precedente disposizione, l’affermazione che la cauzione provvisoria costituisca garanzia per il pagamento di detta sanzione (43). Mentre - diversamente dal passato - è ora specificamente previsto che il mancato pagamento comporti l’esclusione dalla gara, (40) Per la verità, mentre l’Anac aveva espresso parere opposto (v. Determinazione n. 1/2015 dell’Anac: “All’incameramento, in ogni caso, non si dovrà procedere per il caso in cui il concorrente decida semplicemente di non avvalersi del soccorso istruttorio”), alcuni T.A.R. avevano affermato l’inerenza della sanzione al mero dato della irregolarità, valorizzando l’elemento testuale della disposizione: così T.A.R. Abruzzo - L’Aquila, 25 novembre 2015, n. 784; T.A.R. Emilia-Romagna - Parma, 29 febbraio 2016, n. 66. Da ultimo, però, T.A.R. Campania - Napoli, Sez. I, 27 maggio 2016, n. 2749, ha motivatamente dissentito da questa interpretazione, osservando che l’acquiescenza da parte del concorrente al rilievo di irregolarità evita alla stazione appaltante l’aggravamento di dover istruire un procedimento di regolarizzazione e fa perciò venire meno la ragione della sanzione, che costituirebbe altrimenti una “misura vessatoria e afflittiva per le imprese” e “trasmuterebbe in un disincentivo alla partecipazione alle gare pubbliche”. Si può segnalare, inoltre, che con ordinanza cautelare 5 maggio 2016, n. 2377, il T.A.R. del Lazio - Roma, Sez. III, ha accolto l’istanza cautelare richiesta dalla ricorrente apprezzando il “‘fumus boni juris’, in ragione dei profili, rilevabili d’ufficio, di possibile incompatibilità comunitaria dell’art. 38, comma 2-bis, d.lgs. n. 163 del 2006, il quale prevede, in caso di soccorso istruttorio per irregolarità od omissioni “essenziali”, l’applicazione di una sanzione pecuniaria automatica di elevato importo e condizionante la partecipazione alla gara, non contemplata né direttamente né implicitamente dalle direttive comunita- rie di riferimento”. I rilievi del T.A.R. attengono a profili in parte superati (l’elevato importo della sanzione è stato ora ridotto, e la sanzione economica non è più automatica) nel nuovo assetto dell’istituto, il quale tuttavia partirà già con un pesante fardello ove la questione verrà poi - nel merito - effettivamente rimessa alla Corte di giustizia come il T.A.R. ha lasciato presagire. (41) Riferisce infatti S. Usai, Ambito oggettivo di applicazione del soccorso istruttorio integrativo, in questa Rivista, n. 10/2015, 1085, nota n. 19, che “lo stesso procuratore della Corte dei Conti, in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario 2015, ha sostenuto nella propria relazione che il pagamento della sanzione in commento deve essere richiesta a pena di danno erariale”. (42) V., ancora, T.A.R. Campania - Napoli n. 2749/2016 cit.: “la sanzione costituisce una misura di “fiscalizzazione” dell’irregolarità o dell’incompletezza documentale e costituisce una contropartita da corrispondere alla stazione appaltante per l’aggravamento del procedimento di verifica della regolarità e completezza della documentazione amministrativa: è evidente che tale aggravamento consegue solo all’attivazione e alla effettiva fruizione da parte del concorrente medesimo del soccorso istruttorio mentre, qualora il partecipante non intenda avvalersi del beneficio, la selezione concorsuale procederà più spedita”. (43) Per i problemi applicativi di tale previsione si veda ancora la Determinazione n. 1/2015 dell’Anac. Urbanistica e appalti 8-9/2016 915 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti poiché nel termine, non superiore a dieci giorni, che deve essere assegnato dalla stazione appaltante per rendere le dichiarazioni integrative per la regolarizzazione, deve essere altresì presentato il “documento comprovante l’avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione”. Tanto premesso in ordine alle caratteristiche principali del procedimento di regolarizzazione onerosa, si può perciò ricordare che il procedimento contempla, successivamente al rilievo di una mancanza, incompletezza ovvero altra irregolarità essenziale, l’assegnazione al concorrente di un termine non superiore a dieci giorni perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, previa indicazione del contenuto e dei soggetti che le devono rendere, oltre che la indicazione della somma da pagare a titolo di sanzione pecuniaria in favore della stazione appaltante, nella misura stabilita già dal bando di gara che deve essere non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a euro 5.000. Le regolarizzazioni devono intervenire e le dichiarazioni integrative occorrenti devono essere presentate contestualmente al documento comprovante l’avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione, entro il termine assegnato, da considerarsi senz’altro perentorio giacché la norma espressamente dispone che “in caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara”. Si può aggiungere che questa procedura di soccorso istruttorio, così tipizzata e disciplinata dall’art. 83, comma 9, dovrebbe essere applicabile esclusivamente in questa fase della procedura di gara, e cioè nella fase dedicata alla verifica iniziale delle condizioni di ammissione dei concorrenti, e non va confusa con le ulteriori ipotetiche occasioni di integrazione documentale che si possono verificare più avanti nella gara allorché, in applicazione dell’art. 85, comma 5, la stazione appaltante intenda chiedere agli offerenti “in qualsiasi momento nel corso della procedura” di presentare tutti i documenti complementari o parte di essi “qualora questo sia necessario per assicurare il corretto svolgimento della procedura”, ovvero, prima dell’aggiudicazione, richieda all’offerente cui ha deciso di aggiudicare l’appalto e al secondo classificato di presentare (44) Lo stesso Consiglio di Stato, nel più volte richiamato parere consultivo, definisce questa richiesta di integrazioni “un utile corollario del principio del soccorso istruttorio in corso di gara e della leale collaborazione fra amministrazione e concor- 916 documenti complementari aggiornati. In questi casi, l’art. 85, comma 5, prevede che “la stazione appaltante può invitare gli operatori economici a integrare i certificati richiesti ai sensi degli articoli 86 e 87”, ma evidentemente al di fuori della straordinaria procedura di cui all’art. 83, comma 9, di cui non condivide, stando alla lettera delle norma, le connotazioni essenziali, essendo limitata alla mera facoltà di integrazione, essendo apparentemente facoltativa e non doverosa, non essendo previsto un termine perentorio per l’adempimento, un onere, una sanzione (44). Il che del resto si pone in continuità con quell’indirizzo - ricordato supra - che, già nel vigore delle vecchie norme, limitava l’applicazione della procedura di soccorso istruttorio vero e proprio alla fase di verifica preliminare dei requisiti di partecipazione, negandone invece l’applicazione alla fase di comprova post aggiudicazione. 4.5. La procedura di regolarizzazione non onerosa Quanto alla procedura di regolarizzazione non onerosa delle irregolarità formali ovvero della carenza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la norma richiama la stessa procedura applicabile per la regolarizzazione dei vizi essenziali, e perciò: la segnalazione della irregolarità da parte della stazione appaltante; l’assegnazione al concorrente di un termine non superiore a dieci giorni perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, previa indicazione del contenuto e dei soggetti che le devono rendere; la verifica del corretto adempimento. Manca, in questo caso, come si è detto, l’applicazione della sanzione. In caso di inadempimento a quanto prescritto, il concorrente è comunque escluso dalla gara. 4.6. Le carenze o irregolarità non sanabili Rientrano, invece, in questa categoria la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale riguardanti l’offerta tecnica ed economica, nonché le carenze della documentazione che non consentano l’individuazione del contenuto o del soggetto responsabile della stessa. Riguardo alla impraticabilità della regolarizzazione dell’offerta tecnica o economica, ancorché non sia renti”, confermando con ciò che le due ipotesi e le due procedure sono comunque distinte, ancorché rispondenti ad analoga ratio. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti stato seguito il suggerimento del Consiglio di Stato di precisare che è conservata una forma di soccorso procedimentale riferito agli elementi dell’offerta tecnica ed economica (nel senso di consentire una richiesta di chiarimenti “in caso di dubbi riguardanti il contenuto dell’offerta”) (45), può ritenersi che, laddove la norma esclude la sanabilità delle irregolarità “essenziali” riguardanti l’offerta tecnica ed economica, non escluda per converso la sanabilità di quelle “non essenziali”, e perciò lasci aperto uno spazio - che sarà compito delle giurisprudenza semmai precisare - per chiarimenti sul contenuto delle offerte, naturalmente non additivi o modificativi (46) e meramente “formali”. Va da sé che, al di fuori di eventuali minimi spazi di interlocuzione e chiarimento sui contenuti dell’offerta (si può pensare al caso dell’errore materiale riconoscibile (47), ovvero alla omissione colmabile con un mero calcolo matematico (48)), ogni intervento sulla stessa altererebbe la par condicio e violerebbe il canone della imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa. Quanto al resto, viene affermata la insanabilità delle dichiarazioni che non consentano neppure di ricostruire il contenuto o di risalire all’autore delle stesse (si pensi al caso scolastico della mancanza della sottoscrizione), ritenendole evidentemente in tal caso sostanzialmente inesistenti e perciò prive di quelle connotazioni minime per poter essere oggetto di regolarizzazione. Si è poi anticipato, nel commentare gli altri profili, a ulteriori situazioni che, pur non espressamente contemplate dalla norma, devono tuttavia ritenersi insuscettibili di regolarizzazione, quali la carenza originaria del requisito di qualificazione, la falsità della dichiarazione già resa nella gara, la violazione suscettibile di incidere sulla segretezza dell’offerta, e altre che la pratica indicherà nelle immancabili occasioni di applicazione della norma in commento. (45) Ciò che il Consiglio di Stato, nel parere consultivo, proponeva di precisare riformulando la norma nel senso che le carenze della domanda potessero essere sanate “con esclusione di quelle incidenti sulle valutazioni del merito dell’offerta economica e di quella tecnica”. (46) Sulla impossibilità di praticare il soccorso istruttorio sull’offerta si veda Cons. Stato, Sez. III, 1° aprile 2016, n. 1318, ove si afferma che l’attivazione del soccorso è “rigorosamente preclusa se preordinata ad ammettere precisazioni o integrazioni dei contenuti dell’offerta tecnica, che integrerebbero, come tali, inammissibili mutamenti postumi della stessa (in violazione del principio di immodificabilità dell’offerta, affermato, tra le tante, da Cons. Stato, Sez. III, 26 maggio 2014, n. 2690)”. (47) Si veda, ad esempio, la già citata sentenza Cons. Stato n. 5297/2014, ove - in una gara d’appalto per servizi di ristorazione - si ammette sostanzialmente la correzione della indicazione del centro cottura presente nella offerta tecnica in quanto evidentemente frutto di un lapsus rispetto a quanto indicato in sede di dichiarazione dei requisiti tecnici, affermando che “in presenza di un errore materiale nella composizione dell’offerta di immediata percezione, la richiesta di chiarimenti o di integrazioni si impone alla luce del chiaro disposto dell’articolo 46, co. 1 bis, del codice dei contratti pubblici e dei principi affermati dall’Adunanza plenaria n. 9 del 2014”. (48) Si veda Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 2015, n. 5751, che ha giudicato legittimo il soccorso che ha consentito al concorrente di precisare il ribasso percentuale peraltro ricavabile con una mera operazione matematica già dalle componenti dell’offerta, poiché “la dichiarazione del ribasso unico percentuale rilasciata dal rappresentante del raggruppamento risultato aggiudicatario nella seduta pubblica di gara del 23 luglio 2014 non ha comportato alcuna operazione manipolativa o di adattamento dell’offerta, ma il risultato di una mera operazione aritmetica; essa, pertanto, non rappresenta la manifestazione di nuova e diversa volontà dell’offerente, ma la conferma di quanto già dichiarato in sede di offerta (cfr. sul punto, Cons. Stato, Sez. III, 27 marzo 2014, n. 1487; 17 luglio 2012, n. 4176). In conclusione, deve ritenersi che l’operato della commissione di gara non è illegittimo, avendo fatto mera applicazione dei principi giurisprudenziali improntati alla massima partecipazione delle imprese alle gare e ad alla corretta applicazione del soccorso istruttorio”. Urbanistica e appalti 8-9/2016 917 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. NO V ITÀ itinera GUIDE GIURIDICHE IPSOA Appalti pubblici a cura di D. Galli, D. Gentile, V. Paoletti Gualandi Il volume analizza le disposizioni che regolano l’attività negoziale delle Pubbliche Amministrazioni quali: la fase di scelta del contraente, l’esecuzione del contratto e i rapporti con soggetti di natura privatistica. Aggiornata con le novità della legge di Stabilità 2015 e con le nuove direttive comunitarie in materia di appalti, in vigore da gennaio 2015, la Guida assicura al lettore uno strumento operativo in cui trovare tutte le risposte per lo svolgimento concreto della pratica quotidiana. 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Introduzione Con il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, pubblicato nella G.U. 19 aprile 2016, è stato approvato il nuovo “codice dei contratti pubblici”. Tale testo normativo, adottato in attuazione della delega conferita con L. 28 gennaio 2016, n. 11 (1), ha come obiettivo ambizioso il riordino della disciplina dei contratti pubblici nell’ottica della semplificazione, dello snellimento dei procedimenti e della lotta alla corruzione e soprattutto l’incremento dell’efficienza amministrativa e della competitività del Paese. Non è però facile anticipare un giudizio positivo e ipotizzare il perseguimento di tutti gli obiettivi, non solo per l’oggettiva complessità del testo (meno articoli ma con più comma e dunque testi più lunghi rispetto ai precedenti), ma anche per la numerosità degli atti di regolazione ed attuazione, ancora da adottare, in particolare, da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e dal Ministero delle Infrastrutture e del Territorio. Il nuovo codice, oltre a riordinare complessivamente la disciplina vigente in materia di concessioni e contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, costituisce il recepimento delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parla(1) Per l’art. 1, L. 28 gennaio 2016, n. 11: “Il Governo è delegato ad adottare, entro il 18 aprile 2016, un decreto legislativo per l’attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, rispettivamente sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, di seguito denominato ‘decre- Urbanistica e appalti 8-9/2016 mento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, rispettivamente sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali. Le richiamate direttive europee dovevano essere recepite dagli Stati membri dell’Unione entro il 18 aprile 2016; a tal fine, è stata così emanata la L. 28 gennaio 2016, n. 11, che ha conferito al Governo la delega normativa, poi esercitata con l’adozione del D.Lgs. n. 50/2016 qui oggetto di una prima riflessione. Per vero, come evidenziato nel Parere del 1° aprile 2016, n. 855, reso dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato sullo schema di Codice dei Contratti, il recepimento delle tre direttive costituisce “occasione e sfida per un ripensamento complessivo del sistema degli appalti pubblici in Italia, in una nuova filosofia che coniuga flessibilità e rigore, semplificazione ed efficienza con la salvaguardia di insopprimibili valori sociali e ambientali. Si tratta di una sfida storica affidata a un delicato equilibrio in cui è assolutamente indispensabile tenere insieme ‘il combinato disposto’ degli istituti e strumenti previsti, di cui ciascuno non può essere to di recepimento delle direttive’, nonché, entro il 31 luglio 2016, un decreto legislativo per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di seguito denominato ‘decreto di riordino’, ferma restando la facoltà per il Governo di adottare entro il 18 aprile 2016 un unico decreto legislativo per le materie di cui al presente alinea”. 919 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti I principi Una prima riflessione sul nuovo codice non può che partire proprio dall’art. 4 dedicato ai “principi” che da ora in poi regoleranno gli affidamenti dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del codice. Nel ribadire il rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento trasparenza e proporzionalità, per vero già previsti dall’art. 27 della previgente disciplina dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), si aggiungono quelli della “pubblicità” e, soprattutto di “tutela dell’ambiente” e di “efficienza energetica” (3). Il principio di pubblicità, sebbene non espressamente indicato dal D.Lgs. n. 163/2006, non lo si può ritenere di certo un principio “nuovo” nel sistema degli appalti, in quanto si poteva ritenere già vigente in virtù di quanto previsto sia dall’art. 37 del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 sia dall’art. 1, comma 32, L. 6 novembre 2012, n. 190; e, in particolare, per i contratti esclusi, dal richiamo indiretto alla L. n. 241/1990 (ex art. 27, comma 2, e 2, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006). Si può notare, inoltre, la differenza concettuale e lessicale con l’art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016 dove il rispetto della tutela ambientale e dell’efficienza energetica sono richiamati non come principi ma solo quali presupposti per limitare il principio di economicità negli affidamenti tra i principi di aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni (si veda in merito anche l’art. 34). È però da dire che tale possibilità era già prevista dall’art. 2, comma 2, D.Lgs. n. 163/2006 (per quanto solo riferita alla tutela dell’ambiente). Dunque, la tutela ambientale e l’efficienza energetica costituiscono principi valevoli per i soli contratti e concessioni esclusi dall’applicazione del codice e non già per gli affidamenti ex D.Lgs. n. 50/2016. In ogni caso, il fatto che i principi declinati nel nuovo codice non siano poi così diversi da quelli già indicati nel previgente testo sugli appalti non costituisce un elemento di disvalore ma di significativa continuità. Si nota, invece, che è stato del tutto espunto nel nuovo testo dell’art. 4 sia il richiamo esterno alle disposizioni della L. n. 241/1990 e del codice civile (che il previgente art. 27, comma 2, D.Lgs. n. 163/2006 faceva con rinvio all’art. 2, commi 2, 3 e 4 del medesimo testo); sia il riferimento al fatto che l’affidamento dei contratti esclusi doveva comunque essere preceduto da un invito, da parte della stazione appaltante, ad almeno 5 concorrenti (che era invece previsto sempre dallo stesso art. 27, comma 1, ult. periodo). Tanto, ad una prima valutazione, apre la possibilità per la stazione appaltante di affidare contratti in maniera ‘diretta’, ossia senza neppure una previa (2) In particolare, la lett. a) ha introdotto il divieto di introdurre o mantenere livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive “come definiti dall’articolo 14, commi 24-ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246”. Per questi, costituiscono livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie: “a) l’introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive; b) l’estensione dell’ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari; c) l’introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l’attuazione delle direttive” (comma 24 ter); “l’amministrazione dà conto delle circostanze eccezionali, valutate nell’analisi d’impatto della regolamentazione, in relazione alle quali si rende necessario il superamento del livello minimo di regolazione comunitaria” (comma 24 quater). Importante è anche quanto previsto dall’art. 14, comma 24 bis della L. n. 246/2005, secondo cui “gli atti di recepimento di direttive comunitarie non possono prevedere l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse, salvo quanto previsto al comma 24-quater”. (3) Per vero, si può notare che i principi dettati per i contratti esclusi non coincidano con quelli previsti per gli appalti e le concessioni, invece disciplinate dal nuovo codice (economicità, efficacia, tempestività e correttezza, nonché libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza - anche nell’art. 29 -, proporzionalità e pubblicità, art. 30 del D.Lgs. n. 50/2016). disgiunto da altri, pena il fallimento degli obiettivi perseguiti”. Tra i principi e i criteri direttivi specifici elencati nell’art. 1 della legge delega n. 11/2016 (2), per quanto qui di diretto interesse, la lettera n) ha previsto l’individuazione dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del decreto di recepimento delle direttive e del decreto di riordino in coerenza con quanto previsto dalle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE; pertanto, il Titolo II della Parte I del decreto legislativo n. 50/2016 qui oggetto di esame si occupa dei contratti esclusi che, nello specifico, costituiscono attuazione degli artt. da 10 a 17 della Dir. 26 febbraio 2014, n. 23 e da 7 a 12 della 26 febbraio 2014, n. 24, nonché degli artt. da 8 a 14 e da 18 a23 della Dir. 26 febbraio 2014, n. 25. I contratti e le concessioni escluse dall’applicazione del codice dei contratti e, così, dalla disciplina generale dell’evidenza pubblica sono disciplinati negli articoli da 4 a 20 del nuovo testo normativo, in esame. 920 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti indagine di mercato, senza limiti di soglie e/o valori. In astratto, ma sarà la giurisprudenza eventualmente a precisarlo, si potrebbe desumere l’obbligo di consultazione di più operatori economici dai principi di imparzialità e parità di trattamento; sebbene tale possibilità non giustifichi l’eliminazione dal nuovo testo se non con ipotetico riferimento al generico divieto di inserire misure non coerenti o eccessive rispetto a quelle previste dalle direttive europee, che comunque qui non pare ricorrere. Del resto, la consultazione di almeno 5 operatori economici viene mantenuta nell’art. 36, comma 2, lett. b) del nuovo codice per l’affidamento di lavori, servizi e forniture, previa indagine di mercato e con criterio di rotazione, per gli affidamenti pari o superiori a euro 40.000 e, comunque, fino alle soglie di cui all’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016. Si può dunque concludere sul punto nel senso che nel riordino delle fattispecie già presenti nella previgente disciplina, hanno trovato espresso ingresso tra i principi anche quelli elaborati dalla dottrina, dalla giurisprudenza e individuati dal legislatore; mentre ne sono uscite le disposizioni della L. n. 241/1990 e del codice civile non espressamente richiamate dal nuovo codice. L’in house providing nelle Direttive europee Tra le novità introdotte dal codice si segnala anche la codificazione dell’istituto dell’“in house providing” (4) nell’art. 5 del D.Lgs. n. 50/2016 che costituisce una rilevante novità nella legislazione nazionale e recepisce la disciplina dettata dalle Direttive UE nn. 23, 24 e 25 del 2014 in materia di concessioni e appalti dei settori ordinari e speciali. (4) A livello comunitario il termine in house si rinviene, per la prima volta, nella Comunicazione della Commissione sugli Appalti Pubblici nell’Unione Europea dell’11 marzo 1998 -COM (98) 143- ove si definiscono appalti in house “quelli aggiudicati all’interno della pubblica amministrazione...tra un’amministrazione e una società da questa interamente controllata” (nella nt. 10 a pag. 11 della Comunicazione). Le prime regole verranno poi definite, come noto, dalla giurisprudenza comunitaria, a partire dalla sentenza della V Sezione della Corte di Giustizia resa sulla questione “Teckal” 18 novembre 1999 in causa C-107/98 in http://curia.europa.eu/juris. (5) Come anticipato, sin dalla pronuncia della Corte di Giustizia delle Comunità Europee 18 novembre 1999, C-107/98, nel punto n. 50, ove si è affermato che “A questo proposito, conformemente all’art. 1, lett. a), della direttiva 93/36, basta, in linea di principio, che il contratto sia stato stipulato, da una parte, da un ente locale e, dall’altra, da una persona giuridicamente distinta da quest’ultimo. Può avvenire diversamente solo nel caso in cui, nel contempo, l’ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e questa persona realizzi la parte più Urbanistica e appalti 8-9/2016 Ad ogni modo, anche nella legislazione europea lo sviluppo dell’istituto dell’in house providing ha subito una consistente evoluzione con l’approvazione della direttiva sugli appalti pubblici 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, in quanto, sino ad allora, l’istituto era stato essenzialmente regolamentato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia UE che ne aveva definito con precisione i confini (5). Specificatamente, l’art. 12 della Dir. 2014/24/UE ha indicato le circostanze escludenti l’applicazione dei principi concorrenziali (6) in caso di appalto tra enti nell’ambito del settore pubblico. La stessa norma è riprodotta nell’art. 28 della Dir. 2014/25/UE per gli appalti pubblici nei settori speciali e nell’art. 17 della Dir. 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione. Occorre ricordare che nel diritto europeo la materia degli appalti pubblici e concessioni è retta da due principi fondamentali: la libera amministrazione delle autorità pubbliche e la tutela della concorrenza. Il primo si sostanzia nella discrezionalità per le pubbliche amministrazioni di auto-organizzare come ritengono più opportuno, le prestazioni di servizi di interesse pubblico di propria competenza attraverso l’autoproduzione, la cooperazione e l’esternalizzazione. La tutela della concorrenza ha invece come scopo la totale apertura dei mercati, attraverso la creazione di un mercato unico e comune nel quale qualsiasi operatore economico può partecipare, senza che vi siano frapposti ostacoli di alcuna natura. Per realizzare tale finalità, la scelta del soggetto con il quale l’amministrazione dovrà concludere un contratto pubblico deve essere operata attraverso l’evidenza pubblica nel rispetto dei principi di traspaimportante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che la controllano”. (6) Nel Trattato sul funzionamento dell’UE viene circostanziata la ratio della deroga al principio di concorrenzialità: - art. 14 “l’Unione e gli Stati membri, secondo le rispettive competenze e nell’ambito del campo di applicazione dei trattati, provvedono affinché tali servizi (SIEG - Servizi di interesse economico generale) funzionino in base a principi e condizioni, in particolare economiche e finanziarie, che consentano loro di assolvere i propri compiti”. - art. 51 “sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente capo, per quanto riguarda lo Stato membro interessato, le attività che in tale Stato partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri”. - art. 106 “le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata.”. 921 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti renza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità. I due principi sono di pari rango, ma il secondo è sussidiario rispetto al primo. In tale ottica, l’istituto dell’in house si qualifica come “legittima declinazione del generale principio dell’autoproduzione (ovvero, per utilizzare la pregnante terminologia della direttiva 2014/23/UE, come corollario del “principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche”)” (7). La deroga all’applicazione del principio di concorrenzialità nell’affidamento degli appalti da enti pubblici ad enti pubblici è una creazione giurisprudenziale della Corte Europea di Giustizia che ne ha, nel corso del tempo, fissato limiti e condizioni di ammissibilità. Il motivo per il quale si è ritenuto necessaria una codificazione delle condizioni di affidamento degli appalti in house viene evidenziata dal legislatore europeo nell’atto di indirizzo della Dir. 24/2014 contenuto nel considerando numero 31: “Vi è una notevole incertezza giuridica circa la misura in cui i contratti conclusi tra enti nel settore pubblico debbano essere disciplinati dalle norme relative agli appalti pubblici. La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea a tale riguardo viene interpretata in modo divergente dai diversi Stati membri e anche dalle diverse amministrazioni aggiudicatrici. È pertanto necessario precisare in quali casi i contratti conclusi nell’ambito del settore pubblico non sono soggetti all’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici. Tale chiarimento dovrebbe essere guidato dai principi di cui alla pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Il solo fatto che entrambe le parti di un accordo siano esse stesse autorità pubbliche non esclude di per sé l’applicazione delle norme sugli appalti. Tuttavia, l’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici non dovrebbe interferire con la libertà delle autorità pubbliche di svolgere i compiti di servizio pubblico affidati loro utilizzando le loro stesse risorse, compresa la possibilità di cooperare con altre autorità pubbliche. Si dovrebbe garantire che una qualsiasi cooperazione pubblico-pubblico esentata non dia luogo a una distorsione della concorrenza nei confronti di operatori economici privati nella misura in cui pone un fornitore privato di servizi in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti”. L’art. 12 della Direttiva contempla due diversi tipi di affidamento in house tra enti pubblici, verticale (un’amministrazione aggiudicatrice affida direttamente un contratto ad una società sottoposta al suo controllo analogo e che svolga l’attività prevalente a suo favore - art. 12, parr. 1-3 (8)) e orizzontale (contratto concluso tra due o più amministrazioni aggiudicatrici, ciascuno con specifiche condi- (7) Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 2015, n. 2515, in Foro amm., 2015, 5, 1438. (8) Art. 12, Dir. 2014/24/UE: “1. Un appalto pubblico aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva quando siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un controllo analogo a quello da essa esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80% delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi; e c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Si ritiene che un’amministrazione aggiudicatrice eserciti su una persona giuridica un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi ai sensi della lettera a) qualora essa eserciti un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice. 2. Il paragrafo 1 si applica anche quando una persona giuridica controllata che è un’amministrazione aggiudicatrice ag- giudica un appalto alla propria amministrazione aggiudicatrice controllante o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione aggiudicatrice, a condizione che nella persona giuridica alla quale viene aggiudicato l’appalto pubblico non vi sia alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. 3. Un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi; b) oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi; e c) nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Ai fini del primo comma, lettera a), le amministrazioni ag- 922 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti zioni di deroga al principio concorrenziale - art. 12, par. 4 (9)). Gli affidamenti in house nel nuovo Codice dei contratti: il controllo analogo Negli artt. 5 ss. del D.Lgs. n. 50/2016, il legislatore delegato ha indicato diverse forme di affidamento, nei settori ordinari e speciali, che, in presenza di alcune condizioni, sono sottratte all’applicazione del codice. Più in generale, uno dei motivi che giustificano l’esclusione delle regole dell’evidenza pubblica è che la concessione o l’appalto pubblico sia aggiudicato ad una persona giuridica sulla quale l’amministrazione aggiudicatrice eserciti un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi. Ai sensi del comma 2 dell’art. 5 sussiste “controllo analogo” quando l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore eserciti sulla persona giuridica affidataria un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa dall’amministrazione aggiudicatrice, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore (c.d. in house “a cascata” o “controllo analogo indiretto”), nel quale l’amministrazione A esercita un controllo analogo sull’amministrazione B e questa esercita, a propria volta, un controllo analogo sull’organismo in house C: in questo caso viene ammesso anche l’affidamento diretto dall’amministrazione A all’organismo in house C, pure se formalmente non sussiste una relazione diretta fra i due soggetti. La disposizione in esame, quindi, introduce nell’ordinamento nazionale espresse previsioni in cui può essere esercitato il controllo analogo da parte del socio pubblico. In virtù della nuova norma anche nei rapporti tra le Amministrazioni e le loro partecipate sono posgiudicatrici esercitano su una persona giuridica un controllo congiunto quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: i) gli organi decisionali della persona giuridica controllata sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti. Singoli rappresentanti possono rappresentare varie o tutte le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti; ii) tali amministrazioni aggiudicatrici sono in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative di detta persona giuridica; iii) la persona giuridica controllata non persegue interessi contrari a quelli delle amministrazioni aggiudicatrici controllanti”. Urbanistica e appalti 8-9/2016 sibili, all’interno della medesima compagine pubblica, diversi intrecci relazionali senza gara. Pertanto, alla luce delle disposizioni contenute nell’art. 5 del nuovo testo sui contratti pubblici, è prevista espressamente la possibilità che il controllo analogo possa essere esercitato sia direttamente, sia indirettamente attraverso una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’Amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. Accanto a tale ipotesi di in house c.d. indiretto, il legislatore ha espressamente riconosciuto la possibilità di configurare affidamenti diretti anche da parte della partecipata all’amministrazione controllante (c.d. in house inverso). Quindi, si potrà avere un affidamento senza gara anche quando il soggetto controllato, essendo a sua volta amministrazione aggiudicatrice, affida un contratto al soggetto controllante senza procedura di evidenza pubblica. Orbene, la complessità delle norme, e le diverse eccezioni, impongono una specifica disamina degli istituti richiamati. L’art. 5 del codice, recependo i presupposti elaborati nel corso degli anni dalla giurisprudenza comunitaria in materia di affidamenti diretti e i principi contenuti nelle citate direttive dell’Unione, prevede che le concessioni o gli appalti pubblici, nei settori ordinari o speciali, aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore a una persona giuridica di diritto pubblico o di diritto privato non rientrano nell’ambito di applicazione del nuovo codice dei contratti pubblici, consentendo il ricorso all’affidamento in house, quando siano contestualmente soddisfatte tutte le seguenti condizioni: 1. l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore (si vedano le definizioni previste dall’art. 3, lett. a - ed e - del codice) esercita sulla persona giuridica di cui trattasi un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi (lett. a). A sua (9) Art. 12, par. 4: “Un contratto concluso esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici non rientra nell’ambito di applicazione della presente direttiva, quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) il contratto stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che esse sono tenute a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che esse hanno in comune; b) l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da considerazioni inerenti all’interesse pubblico; e c) le amministrazioni aggiudicatrici partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione”. 923 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti volta, il controllo analogo viene qualificato come “un’influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative della persona giuridica controllata” che può essere anche essere esercitato da una persona giuridica diversa ma che sia controllata, a sua volta, allo stesso modo dall’organo aggiudicatore (art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 50/2016); 2. oltre l’80% dell’attività della persona giuridica controllata (10) è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da un ente aggiudicatore, nonché da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice (lett. b) (11); 3. nella persona giuridica controllata non vi è alcuna partecipazione diretta di capitali privati, ad eccezione di forme di partecipazione privata che non comportino controllo o potere di veto e che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata (lett. c) (12). Tali condizioni, già più volte affermate dalla giurisprudenza comunitaria a partire dalla famosa sentenza Teckal del 18 novembre 1999 nonché dalla giurisprudenza del Giudice amministrativo (13), trovano adesso espressa previsione in una specifica norma di diritto interno. Occorre poi anche evidenziare che l’art. 5 in esame, recependo le direttiva europee, ha comunque rimarcato il carattere eccezionale dell’affidamento in house, ponendosi quale eccezione rispetto alla regola generale dell’evidenza pubblica. Tale precisazione è necessaria in quanto la dottrina ha spesso qualificato l’istituto come una formula organizzativa (14) attraverso la quale le Amministrazioni pubbliche “interiorizzano” l’approvvigionamento e l’erogazione di servizi (15). O, ancora, si è affermato che l’in house rappresenterebbe una modello organizzativo da ricomprendere tra le strutture amministrative (16), in quanto avrebbe una valenza “trasversale”, tale da superare l’ambito dei servizi pubblici. Da queste impostazioni originano le espressioni che qualificano l’in house providing come “longa manus” dell’Amministrazione (17) e “delegazione interorganica” (18). Da ultimo, la giurisprudenza ha statuito che “l’affidamento diretto (senza gara e senza ricorso a procedure di evidenza pubblica) di appalti e concessioni è consentito tutte le volte in cui si possa affermare che l’organismo affidatario (nei casi in que- (10) Ai sensi dell’art. 5, comma 7, D.Lgs. n. 50/2016, per determinare tale percentuale, si deve fare riferimento, di norma, al fatturato totale medio; ovvero, in mancanza, ad una idonea misura alternativa basata sull’attività, come ad esempio i costi sostenuti, relativi ai tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione. Se, invece, a causa della data di costituzione, dell’inizio delle attività, o a seguito di riorganizzazione delle attività, il fatturato o i costi sostenuti non siano disponibili o non più pertinenti per il triennio precedente, la persona giuridica, l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore possono dimostrare la credibilità dell’attività mediante “proiezioni” (art. 5, comma 8, D.Lgs. n. 50/2016). (11) L’art. 12, par. 1, lett. b), (per il controllo congiunto si veda l’art. 12, par. 3, lett. b, Dir. 2014/24/UE laddove prevede che una delle condizioni che giustificano l’affidamento in house sia la seguente: “oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi”. (12) La novità di tale condizione viene evidenziata nella Relazione Illustrativa del Governo: “tale norma è innovativa rispetto alle previsioni vigenti, nella parte in cui prevede la partecipazione di capitali privati e recepisce quindi pienamente la disciplina europea anche tenendo conto della giurisprudenza del Consiglio di Stato che nel parere n. 298 del 2015 aveva considerato, relativamente alla partecipazione di capitali privati, la direttiva europea come self executing e, pertanto, direttamente applicabile”. La giurisprudenza, in verità, ha assunto interpretazioni contrastanti; per Cons. Stato, Sez. II, 30 gennaio 2015, n. 298, in www.giustizia-amministrativa.it, la partecipazione del privato è ammissibile purché non determini una influenza dominante; mentre per Cons. Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 221, in Foro amm., 2014, 1, 149, ritiene preclusa alle società pubbliche l’apertura al capitale privato. (13) In merito si segnala Cons. Stato, Sez. III, 27 aprile 2015, n. 2154, in Foro amm., 2015, 4, 1049, secondo cui il controllo analogo ricorre quando: “a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti; b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato; c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti”. (14) A. Callea, Gli affidamenti in house, in Riv. “Amministrare”, Bologna, 3/2006, 354-355, “l’in house providing, ponendosi a monte, costituisce ... una forma di ampliamento dell’organizzazione pubblica”. (15) W. Troise Mangoni, Affidamento in house e parere dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in R. Villata (a cura di), La riforma dei servizi pubblici locali, Torino, 2011, 297, “l’in house rappresenta uno strumento attraverso il quale la pubblica amministrazione ... decide di auto-produrre ..., per mezzo di una propria articolazione organizzativa”. (16) F. Fracchia, Ordinamento comunitario, mercato e contratti della Pubblica Amministrazione, Napoli, 2010, 66. (17) C. Iaione, Le società in house. Contributo allo studio dei principi di auto-organizzazione e auto-produzione degli enti locali, Napoli, 2012, 196; A. Sandulli, La concorrenza nei servizi pubblici e negli appalti, tre sentenza della Corte costituzionale, in Ius Publicum Network Review, 2011. In giurisprudenza, cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 221, in Foro amm., 2014, 1, 149; Sez. IV, 26 novembre 2013, n. 5632, ibidem CDS, 2013, 11, 3039; Sez. V, 15 febbraio 2013, n. 936, ibidem CDS, 2013, 2, 474. (18) G. Piperata, Il lento e incerto cammino dei servizi pubblici locali dalla gestione pubblica al mercato liberalizzato, in Munus, 1, 2011. In giurisprudenza, tra le tante, Cons. Stato Sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 221, cit. 924 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti stione, una società), ancorché dotato di autonoma personalità giuridica, presenti connotazioni tali da giustificare la sua equiparazione a un “ufficio interno” dell’amministrazione affidante, poiché in questo caso non vi sarebbe un rapporto di alterità sostanziale, ma solo formale, sicché non si tratterebbe, nella sostanza, di un effettivo “ricorso al mercato” (“outsourcing”), bensì di una forma di “autoproduzione” o comunque di erogazione di servizi pubblici “direttamente” ad opera dell’amministrazione, attraverso strumenti “propri” (“in house providing”)” (19). Alla luce della formulazione dell’art. 5, anche il legislatore nazionale, inserendo la norma in questione nel Titolo dedicato ai “Contratti esclusi” sembra aver recepito l’impostazione europea contenuta nel richiamato art. 12 della Dir. 24/2014 ed ha qualificato l’in house come un’ipotesi di esclusione della disciplina dell’evidenza pubblica, in ragione della mancanza dell’elemento contrattuale. Pertanto, in linea con l’impostazione europea (20), si è ritenuto che l’istituto in esame costituisce un’eccezione alle regole generali dell’affidamento secondo i principi della evidenza pubblica a tutela della concorrenza; da ciò deriva che le relative condizioni di applicabilità “debbono formare oggetto di un’interpretazione restrittiva” (21). Nel medesimo art. 5 è poi disciplinata una ulteriore eccezione; ai sensi del comma 3, non si applicano i principi del codice anche quando la persona giuridica controllata (che è amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore) aggiudica un appalto o una concessione alla propria amministrazione (o ente) controllante o ad altro soggetto giuridico controllato dalla medesima amministrazione aggiudicatrice (o ente aggiudicatore), a condizione che nella persona giuridica cui viene affidato l’appalto non vi sia partecipazione “diretta” di capitale privato. È comunque consentito l’affidamento qualo(19) Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660, in www.giustiziamministrativa.it. (20) Corte di Giustizia Europea, Sez. I, 13 ottobre 2005, in causa C-458/03 Parking Brixen, in www.curia.europa.ue, punto 63; in senso analogo anche la sent. 11 gennaio 2005, causa C26/03 Stadt Halle, ibidem, punto 46; sentenza della Sez. V, 8 maggio 2014, causa C-15/13, Datenlotsen Informationssysteme, ibidem, punto 23. (21) Cons. Stato, Sez. V, 25 luglio 2011, n. 4452, in Foro amm. CDS, 2011, 7-8, 2438 “...le disposizioni che derogano alla regola della procedura di evidenza pubblica, in quanto eccezionali rispetto ai principi che informano la materia, sono di stretta interpretazione. Ne deriva la necessità di una valutazione rigorosa e puntuale circa la ricorrenza dei presupposti che giustificano la sottrazione dell’affidamento alla regola del confronto competitivo”. (22) In particolare, Cons. Stato, Sez. I, Parere 16 aprile Urbanistica e appalti 8-9/2016 ra, come indicato già dalla giurisprudenza del G.A., le forme di partecipazione al capitale non consentano al privato di esercitare il controllo, il potere di veto, o un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata. Il controllo congiunto Per il comma 4 dell’art. 5 del D.Lgs. n. 50/2016, qualora ricorrano le condizioni del “controllo analogo” (ossia l’influenza determinante sugli obiettivi strategici e le decisioni significative, l’80% delle attività svolte per la controllante e la mancanza di partecipazione diretta di capitali privati - o comunque con effetti non determinanti sulle decisioni), un amministrazione aggiudicatrice o un ente aggiudicatore possono aggiudicare un appalto o una concessione senza applicare il codice qualora sussista un’ipotesi di “controllo congiunto” tra due o più amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori su di una persona giuridica partecipata. Si ricorda che sul tema del “controllo congiunto”, anch’esso previsto dalla Direttive UE nn. 23, 24 e 25 del 2014, si era già più volte espresso anche il Giudice amministrativo (22), affermando che il controllo analogo è assicurato anche se non viene esercitato individualmente da ciascun socio, purché tale controllo sia effettivo e i soci pubblici agiscano unitariamente, pur se anche a maggioranza. Le condizioni in presenza delle quali si realizza il controllo congiunto sono definite dal successivo comma 5; questo si configura in presenza di tre condizioni: 1. gli organi decisionali della persona giuridica controllata (beneficiaria dell’affidamento diretto) sono composti da rappresentanti di tutte le amministrazioni aggiudicatrici o degli enti aggiudicatori che ne detengono quote di partecipazione nel capitale. Tuttavia è consentito che il singolo partecipante possa rappresentare anche più amministra2014, n. 1801 (affare 594/14), in www.giustizia-amministrativa.it; V Sez., 8 marzo 2011, n. 1447, in Foro amm. CDS, 2011, 3, 902; 24 settembre 2010, n. 7092, in Foro amm. CDS, 2010, 9, 1881; 26 agosto 2009, n. 5082, in Foro amm. CDS, 2009, 78, 1739, per cui “per un legittimo affidamento in house è necessario che il consiglio di amministrazione della società affidataria non abbia rilevanti poteri gestionali e che l’ente pubblico affidante eserciti, pur se con moduli societari su base statutaria, poteri di ingerenza e di condizionamento superiori a quelli tipici del diritto societario, caratterizzati da un margine di rilevante autonomia della governance rispetto alla maggioranza azionaria, sicché è indispensabile che le decisioni più importanti siano sempre sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante o, in caso di in house frazionato, della totalità degli enti pubblici soci”; 9 marzo 2009, n. 1365, in Foro amm. CDS, 2009, 3, 730. 925 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti zioni o enti; pertanto, nelle società partecipate da un numero elevato di soci pubblici, non sarà necessario prevedere un consigliere di amministrazione per ciascun socio (circostanza che non risulta neppure possibile, in forza del fatto che in tali società i consigli di amministrazione possono essere composti al massimo da 3 o 5 membri), ma sarà sufficiente che ciascun amministratore sia espressione di più soci; 2. le amministrazioni o gli enti partecipanti possono esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi e sulle decisioni strategiche della persona giuridica controllata (per esempio, approvandone gli atti di programmazione annuale o pluriennale); 3. quest’ultima, non deve perseguire interessi contrari a quelli delle amministrazioni o enti controllanti. Affidamenti diretti fra amministrazioni aggiudicatrici Il comma 3 dell’art. 5 del nuovo codice dei contratti pubblici, recependo l’art. 12, par. 2, Dir. 2014/24/UE, disciplina gli affidamenti diretti fra amministrazioni pubbliche aggiudicatrici o enti aggiudicatori, prevedendo che la disciplina del codice dei contratti pubblici non trovi applicazione nel caso in cui una persona giuridica controllata aggiudichi un appalto o una concessione alla propria amministrazione controllante (c.d. in house “capovolto”) o ad un altro soggetto giuridico controllato dalla stessa amministrazione (c.d. in house “orizzontale”). Anche in questo caso, la condizione necessaria perché si possa legittimamente procedere all’affidamento diretto è rappresentata dall’assenza di soci privati nella persona giuridica beneficiaria dell’appalto pubblico, ovvero, qualora vi sia la partecipazione di soci privati, che questi non esercitino il controllo, poteri di veto o un’influenza determinante sul soggetto affidatario. Accordi conclusi fra due o più amministrazioni aggiudicatrici L’ultima eccezione all’utilizzo delle procedure di evidenza pubblica prevista dall’art. 5 del D.Lgs. n. 50/2016 è disciplinata dal comma 6, e riguarda gli accordi conclusi esclusivamente tra due o più amministrazioni aggiudicatrici. Tali accordi non rientrano nell’ambito di applicazione del codice dei contratti se vengono soddisfatte contemporaneamente le seguenti condizioni: 1. l’accordo stabilisce o realizza una cooperazione tra le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti, finalizzata a garantire che i servizi pubblici che essi sono tenuti a svolgere siano prestati nell’ottica di conseguire gli obiettivi che hanno in comune (lett. a); 2. l’attuazione di tale cooperazione è retta esclusivamente da motivazioni di interesse pubblico (lett. b); 3. le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori partecipanti svolgono sul mercato aperto meno del 20% delle attività interessate dalla cooperazione (ciò, al fine di non ledere la concorrenza e il mercato -lett. c). Ai sensi del comma 7 del medesimo art. 5, per determinare la percentuale del 20%, di norma, deve essere fatto riferimento al fatturato totale medio o ai costi sostenuti dalla persona giuridica interessata nei tre anni precedenti l’aggiudicazione dell’appalto o della concessione (vi è poi anche l’ulteriore eccezione prevista nel comma 8) (23). È da dire che l’accordo in esame, che recepisce il par. 4 dell’art. 12 della Dir. 2014/24/UE, non costituisce una ipotesi tipica di in house, ma di cooperazione pubblico-pubblico. Sia l’in house che la cooperazione pubblico-pubblico costituiscono, tuttavia, modelli di organizzazione dell’attività in deroga all’affidamento con procedure ad evidenza pubblica, in quanto l’amministrazione aggiudicatrice decide di non esternalizzare il lavoro, servizio o fornitura, ma di delegarlo ad una persona giuridica sulla quale esercita un controllo (in house), oppure di svolgerlo in cooperazione con un’altra amministrazione aggiudicatrice per soli interessi pubblici. Joint venture e imprese collegate Perpetuando il contestato sistema delle regole e deroghe che tanto aveva riguardato il D.Lgs. n. 163/2006, anche gli artt. 6 e 7 del nuovo codice dei contratti pubblici introducono due ipotesi di deroga all’art. 5 di cui si è detto nei punti che precedono. In particolare, l’art. 6 del nuovo codice dei contratti pubblici ha previsto un regime specifico per l’esclusione dall’ambito di applicazione delle procedure ad evidenza pubblica per le concessioni e gli (23) I commi 7 e 8 recepiscono l’art. 12, par. 5, Dir. 2014/24/UE. Si veda in amplius la nt. n. 10. 926 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti zioni rese in favore dell’ente aggiudicatore o alle altre imprese cui è collegata (25). appalti nei settori speciali aggiudicati ad una joint venture (24), qualificata dalla stessa norma (lett. a) quale “una associazione o consorzio o impresa comune aventi personalità giuridica composti esclusivamente da più enti aggiudicatori, per svolgere un’attività ai sensi degli art. da 115 a 121, di cui all’allegato II, con un’impresa collegata a uno di tali enti aggiudicatori” (nel vecchio codice, la disciplina di tale istituto era prevista dall’art. 218 del D.Lgs. n. 163/2006), o ad un ente aggiudicatore facente parte della joint venture. Si ricorda che i settori speciali richiamati riguardano: gas ed energia termica (art. 115); elettricità (art. 116); acqua (117); servizi di trasporto (118); porti ed aeroporti (119); servizi postali (120); estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi (art. 121). Le condizioni per l’applicazione della deroga sono fissate dal comma 1 dell’art. 6 del D.Lgs. n. 50/2016, in base al quale la joint venture deve essere stata costituita per svolgere le attività oggetto dell’appalto o della concessione per un periodo di almeno tre anni e, per lo stesso periodo, gli enti aggiudicatori che la compongono sono vincolati a farne parte, con impegno sottoscritto nell’atto costitutivo. Gli enti aggiudicatori devono, su richiesta, notificare alla Commissione europea i nomi delle imprese collegate o delle joint venture interessate su cui l’ente aggiudicatore possa esercitare direttamente o indirettamente un’influenza dominante o che come l’ente aggiudicatore sia soggetto ad influenza dominante di un’altra impresa (art. 3, comma 1, lett. z), nonché la natura e il valore degli appalti o concessioni affidate. L’art. 7, invece, disciplina l’esclusione dall’ambito di applicazione del codice delle concessioni e degli appalti nei settori speciali aggiudicati da un ente aggiudicatore a un’impresa collegata o da una joint venture, composta esclusivamente da più enti aggiudicatori per svolgere una serie di attività nei medesimi settori speciali, a un’impresa collegata a uno di tali enti aggiudicatori. Tale deroga è possibile purché almeno l’80% del fatturato totale realizzato in media dall’impresa collegata negli ultimi tre anni provenga dalle presta- Per l’art. 8 del D.Lgs. n. 50/2016, sono ulteriormente sottratti dall’applicazione del codice, se le attività sono direttamente esposte alla concorrenza su mercati liberamente accessibili, gli appalti nei settori esclusi (artt. da 115 a 121 e allegato II), i relativi concorsi di progettazione e le concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori. Tanto, in attuazione di quanto previsto dagli artt. 7 della Dir. 2014/24/UE, 34 e 35 della Dir. n. 2014/25/UE e dell’art. 16 della Dir. 2014/23/UE, trattandosi di attività esposte alla libera concorrenza. L’articolo in oggetto, riproducendo il principio già contenuto nell’art. 219 del D.Lgs. n. 163/2006, dispone la sottrazione, alla disciplina pubblicistica degli affidamenti, dei contratti relativi ad ambiti di attività liberalizzati (elencati nell’Allegato VI del codice), da attuare attraverso una specifica procedura che passa attraverso una decisione della Commissione UE. In particolare, si prevede che gli appalti strumentali allo svolgimento delle attività di cui agli artt. da 115 a 121 (come detto, relativi al gas e energia termica, acqua, elettricità, servizi di trasporto, porti e aeroporti, servizi di trasporto, servizi postali, estrazione di gas e prospezione o estrazione di carbone o di altri combustibili solidi) non sono soggetti alle disposizioni contenute nel codice, a condizione che la relativa attività sia direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili. L’attività può costituire parte di un settore più ampio o essere esercitata in parti delimitate del territorio nazionale e la valutazione dell’esposizione alla concorrenza è effettuata dalla Commissione europea, tenendo conto del mercato delle attività in questione e del mercato geografico di riferimento, sulla base delle disposizioni del Trattato sul funzionamento dell’UE in materia di concorrenza, anche in relazione alle caratteristiche dei prodotti o dei servizi interessati, all’esistenza di prodotti o servizi alternativi considerati sostituibili sul versante della domanda e dell’offerta, ai prezzi e alla presenza, ef- (24) Con il termine joint venture si identificano i fenomeni collaborativi tra imprese consistenti nella cooperazione per un singolo affare o per la cooperazione stabile attraverso la costituzione di una società controllata dai partners. (25) Ai sensi del comma 3, se a causa della data di costituzione dell’impresa collegata, o dell’inizio della sua attività, non sia disponibile in fatturato dell’ultimo triennio, l’impresa può dimostrare il requisito “... in base a proiezioni dell’attività”. Per il comma 4, le percentuali delle imprese collegate all’ente aggiudicatore, e con il quale costituiscono un gruppo economico, che forniscono gli stessi (o simili) lavori, servizi o forniture, si calcolano tenendo conto del fatturato totale che deriva, per ciascuna impresa collegata, dalla prestazione dei servizi o dall’esecuzione dei lavori. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Attività direttamente esposte alla concorrenza 927 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti fettiva o potenziale, di più fornitori di prodotti o servizi in questione. Il “mercato geografico di riferimento” viene definito nel comma 3 dell’art. 8 ed è costituito dal territorio dove le imprese interessate intervengono nell’offerta e nella domanda di prodotti e di servizi, nel quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere distinto dai territori vicini, in particolare per condizioni di concorrenza sensibilmente diverse da quelle che prevalgono in quei territori, riferibili alla natura e alle caratteristiche dei prodotti o servizi interessati, dei prezzi, etc. Inoltre, quando una determinata attività venga ritenuta direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili, il Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro competente, può chiedere alla Commissione UE di stabilire che le disposizioni del nuovo codice non si applichino all’aggiudicazione di appalti o all’organizzazione di concorsi di progettazione nei settori speciali, nonché alle concessioni aggiudicate da enti aggiudicatori. Contratti di servizi aggiudicati in base ad un diritto esclusivo Nei settori ordinari e speciali, ai sensi dell’art. 9, sono sottratti all’applicazione delle disposizioni codicistiche, i contratti di servizi aggiudicati in base ad un diritto esclusivo (art. 19, comma 2, del previgente D.Lgs. n. 163/2006). Le disposizioni recate dall’articolo in esame recepiscono gli artt. 11 della Dir. 2014/24/UE, 22 della Dir. 2014/25/UE e 10, par. 1 e 2, della Dir. 2014/23/UE, che sottraggono all’applicazione delle regole sugli affidamenti le concessioni e gli appalti pubblici di servizi aggiudicati a un’altra amministrazione o a un ente aggiudicatore o a un’associazione di amministrazioni o di enti aggiudicatori in base ad un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virtù di disposizioni normative, volte a tutelare il preminente interesse generale rispetto all’apertura dei mercati. L’esclusione è disposta anche nell’ipotesi in cui il diritto esclusivo è attribuito ad un operatore economico ai sensi del TFUE e di atti giuridici dell’Unione recanti norme comuni in materia di accesso al mercato, con riferimento alle attività di cui all’allegato II. In particolare, l’art. 9, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 prevede che sono sottratti alle regole dell’evidenza pubblica i contratti di servizi aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice ad un’altra ammini- 928 strazione aggiudicatrice, ad un ente che sia amministrazione aggiudicatrice o ad un’associazione di amministrazioni in base a un diritto esclusivo di cui si benefici in virtù di disposizioni normative volte a tutelare il preminente interesse generale rispetto all’apertura dei mercati, purché compatibili con il Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE). La medesima esclusione, ai sensi comma 2, è valevole: - per le concessioni di servizi aggiudicate sulla base di un diritto esclusivo a imprese pubbliche, ad un’amministrazione aggiudicatrice, ad un ente aggiudicatore (anche in associazione tra loro); - per le concessioni di servizi aggiudicate sulla base di un diritto esclusivo concesso ai sensi del TFUE, di atti giuridici dell’UE o dalle normative nazionali in materia di accesso al mercato nei settori speciali. Tuttavia, allo scopo di garantire la trasparenza, il successivo comma 3 dispone che qualora sia concesso un diritto esclusivo ad un operatore economico per l’esercizio di una delle attività di cui all’allegato II, si devono applicare in ogni caso i principi in materia di trasparenza previsti dall’art. 29 del codice e devono essere rispettati gli obblighi informativi alla Commissione europea da parte della cabina di regia, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (entro il mese successivo alla concessione del diritto esclusivo). Contratti nel settore dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali L’art. 10 del D.Lgs. n. 50/2016 disciplina, poi, i casi di esclusione dall’applicazione delle regole previste dal codice per i settori cc.dd. speciali, con particolare riferimento ai contratti nel settore dell’acqua, energia, trasporti e servizi postali. La disposizione non è nuova ma si apprezza in quanto riassume e semplifica quanto già previsto dal previgente D.Lgs. n. 163 del 2006: in particolare, gli artt. 25 e 209 (acqua), 25 e 208 (energia), 23 e 210 (trasporti), 31 e 211 (servizi postali). In particolare, l’art. 10 prevede che le disposizioni del nuovo codice relative ai settori ordinari non si applicano: - agli appalti pubblici e ai concorsi di progettazione nei settori speciali che sono aggiudicati o organizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici che esercitano una o più delle attività nei settori speciali Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti (artt. 115/121) e sono aggiudicati per l’esercizio di tali attività; - agli appalti pubblici esclusi dall’ambito di applicazione delle disposizioni relative ai settori speciali (ai sensi di quanto previsto dagli artt. 8, 13 e 15); - agli appalti aggiudicati da un’amministrazione aggiudicatrice che fornisce servizi postali per il perseguimento di specifiche attività, quali servizi speciali connessi a strumenti elettronici ed effettuati interamente per via elettronica, particolari servizi finanziari, servizi di filatelia e servizi logistici. Esclusioni ulteriori (artt. 11-18) Gli artt. 11 (appalti per l’acquisto di acqua e per la fornitura di energia o di combustibili destinati alla produzione di energia), 13 (appalti nei settori speciali aggiudicati a scopo di rivendita o locazione a terzi), 15 (appalti nelle comunicazioni elettroniche), 16 (contratti o concorsi di progettazione aggiudicati o organizzati in base a norme internazionali) e 17 (esclusioni specifiche per contratti di appalto e concessioni di servizi) del nuovo codice recano disposizioni che riproducono, sostanzialmente, le norme contenute, rispettivamente, negli artt. 25, 24, 22, 18 e 19 del previgente D.Lgs. n. 163/2006. Dette norme sanciscono, in linea con le disposizioni delle direttive europee, l’esclusione dall’ambito di applicazione delle regole del codice: - per gli appalti per l’acquisto di acqua, e aggiudicati da enti che esercitano una delle attività previste dall’art. 117 (messa a disposizione o gestione o l’alimentazione di reti destinate alla fornitura al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile), art. 11, lett. a); - per gli appalti per la fornitura di energia, elettricità o di combustibili destinati alla produzione di (26) Ai sensi del comma 3 del medesimo art. 13 non si applicano neppure le disposizioni relative ai settori speciali previste dal codice per le categorie di prodotti o le attività individuate dalla Commissione europea con atto pubblicato nella G.U. dell’Unione. (27) È nota l’interpretazione del Giudice amministrativo in merito all’affidamento con o senza gara di servizi legali maturata nel periodo di vigenza del D.Lgs. n. 163/2006: “Svolgere servizi legali (come tali da affidare ai sensi del D.Lgs. n. 163/2006) a favore di un ente pubblico non può voler dire soltanto accettare mandati ad litem per un dato periodo, nei casi ritenuti opportuni dall’amministrazione da patrocinare. In tal caso, infatti, difetta in radice quell’organizzazione di uomini e mezzi che la giurisprudenza indica quale primo requisito necessario per potersi parlare di “servizio legale”; organizzazione che fa evidentemente il paio con la ricorrente affermazione per cui è all’uopo necessario che al patrocinio si affianchi l’attività Urbanistica e appalti 8-9/2016 energia, aggiudicati da enti che siano essi stessi attivi nel settore dell’energia. Tali enti devono esercitare un’attività relativa alla messa a disposizione, la gestione e l’alimentazione di reti per la fornitura al pubblico in connessione con la produzione, trasporto e distribuzione di elettricità, gas o energia termica, o relativa allo sfruttamento di un’area geografica per l’estrazione di gas e petrolio o la prospezione o estrazione di carbone o altri combustibili solidi (art. 11, lett. b); - per gli appalti aggiudicati nei settori speciali a scopo di rivendita o di locazione a terzi, qualora l’ente aggiudicatore non gode di diritti speciali o esclusivi per la vendita o la locazione dell’oggetto dell’appalto e quando altri enti possono venderlo liberamente o darlo in locazione alle stesse condizioni (art. 13). In tali ipotesi, su richiesta della Commissione europea, gli enti aggiudicatori devono comunicare le categorie di prodotti o di attività che si ritengano esclusi dall’applicazione del codice dei contratti (26); -per gli appalti e i concorsi di progettazione nei settori ordinari e per le concessioni finalizzati essenzialmente alla messa a disposizione o alla gestione di reti pubbliche di telecomunicazioni o alla prestazione al pubblico di uno o più servizi di comunicazioni elettroniche (art. 15); -per gli appalti, concorsi di progettazione e concessioni aggiudicati o organizzati in base a norme o obblighi internazionali, con eccezione di quelli in materia di difesa e sicurezza (art. 16); -per una serie di appalti e concessioni di servizi, elencati nell’art. 17, tra i quali quelli aventi ad oggetto: l’acquisto o la locazione di terreni e fabbricati (lett. a); l’acquisto, lo sviluppo e la produzione di programmi audiovisivi o radiofonici (lett. b); i servizi di arbitrato e conciliazione (lett. c); servizi legali (27) e finanziari (lett. d- ed e-); prestiti (lett. f); contratti di lavoro (lett. g); servizi di difesa cividi consulenza. Comune denominatore di siffatti requisiti appare la volontà dell’ente di affidare ad un esterno la cura complessiva dei propri interessi giuridici, cura che non si risolve nell’instaurazione di o nella resistenza in singoli giudizi, seppur ripetuti nel tempo, bensì nella valutazione globale e complessiva degli interessi dell’ente, in una visione unitaria che comprende non solo, come è indefettibile, il quomodo della difesa, ma anche l’an di qualsivoglia iniziativa, sia giudiziale che stragiudiziale” (da ultimo, T.A.R. Calabria, Sez. Reggio Calabria, Sez. I, 13 gennaio 2016, n. 38, in www.giustizia-amministrativa.it. La nuova disciplina sembrerebbe confermare tale impostazione, sebbene qualche perplessità, per il suo carattere generale, possa discendere dal ritenere esclusi dalle procedure di affidamento regolate dal codice ‘altri’ servizi legali connessi anche occasionalmente all’esercizio di pubblici poteri (lett. d, n. 5). 929 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti le e protezione civile identificati con specifici codici riportati nella lett. h); servizi di trasporto pubblico di passeggeri per ferrovia o metropolitana (lett. i); servizi connessi a campagne politiche aggiudicati da un partito politico in campagna elettorale (lett. l). Ulteriori esclusioni, introdotte in attuazione delle disposizioni delle direttive da recepire, sono state previste dagli artt. 12 e 14. Nello specifico, l’art. 12 esclude dall’applicazione delle norme del codice le concessioni nel settore idrico aggiudicate per fornire o gestire reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile o per alimentare tali reti con acqua potabile, nonché le concessioni (collegate a una delle attività precedenti) riguardanti progetti di ingegneria idraulica, irrigazione, drenaggio, in cui il volume d’acqua destinato all’approvvigionamento d’acqua potabile rappresenti più del 20% del volume totale d’acqua reso disponibile o riguardanti lo smaltimento/trattamento di acque reflue. La relazione illustrativa al D.Lgs. n. 50/2016 sottolinea che le esclusioni da esso contemplate consentono di tener conto “degli esiti del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, in aderenza a quanto previsto dal criterio di delega di cui all’articolo 1, lettera hhh) della legge n. 11 del 2016”. Tale lettera (28) fa riferimento alla previsione di criteri per le concessioni indicate nella Sez. II del Capo I del Titolo I della Dir. 2014/23/UE, in cui rientrano quelle nel servizio idrico, nel rispetto dell’esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico. L’art. 14 del codice dei contratti, che recepisce l’art. 19 della dir. 2014/25/UE, si occupa a sua volta degli appalti e concorsi di progettazione aggiudicati o organizzati per fini diversi dal perseguimento di un’attività rientrante nei cc.dd. settori speciali o per l’esercizio di una tale attività in un Paese terzo, “in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un’area geografica all’interno dell’Unione europea”. L’art. 19, riprendendo quanto già sancito dall’art. 26 del previgente codice dei contratti pubblici, esclude dall’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 50/2016 i contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture di importo pari o superiore a eu- (28) Art. 1, lett. hhh), L. n. 11/2016: “disciplina organica della materia dei contratti di concessione mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni vigenti, nonché la previsione di criteri per le concessioni indicate nella sezione II del capo I del titolo I della direttiva 2014/23/UE, nel rispetto dell’esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, introducendo altresì criteri volti a vincolare la concessione alla piena attuazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo stesso per la realizzazione degli investimenti in opere pubbliche, nonché al rischio operativo ai sensi della predetta direttiva 2014/23/UE, e a disciplinare le procedure di fine concessione e le modalità di indennizzo in caso di subentro; previsione di criteri volti a promuovere le concessioni relative agli approvvigionamenti industriali in autoconsumo elettrico da fonti rinnovabili nel rispetto del diritto dell’Unione europea”. 930 Ulteriori esclusioni dall’applicazione del codice sono state previste per i contratti di concessione dall’art. 18 del D.Lgs. n. 50/2016. Il legislatore delegato, con una disciplina di nuova impostazione, ha ricompreso tra i casi di esclusione dell’evidenza pubblica, le concessioni di servizi relativi: a) alle concessioni di servizi di trasporto aereo sulla base di una licenza di gestione a norma del Reg. (CE) n. 1008/2008 o alle concessioni di servizi di trasporto pubblico di passeggeri ai sensi del Reg. (CE) n. 1370/2007; b) alle concessioni di servizi di lotterie identificati con il codice CPV 92351100-7 aggiudicate a un operatore economico sulla base di un diritto esclusivo. Ai fini della presente lettera il concetto di diritto esclusivo non include i diritti esclusivi. Come precisato nella Relazione illustrativa: “ai fini della presente lettera il concetto di diritto esclusivo non include i diritti esclusivi ma, come si evince dai considerata della direttiva, per diritto esclusivo si intende il diritto esclusivo concesso dallo Stato mediante una procedura non ad evidenza pubblica ai sensi delle vigenti disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali applicabili, conformemente al TFUE. Tale esclusione, è giustificata dalla concessione di un diritto esclusivo ad un operatore economico che rende inapplicabile una procedura competitiva nonché dalla necessità di preservare la possibilità per gli Stati membri di regolare a livello nazionale il settore dei giochi d’azzardo in virtù dei loro obblighi di tutela dell’ordine pubblico e sociale”; c) alle concessioni aggiudicate dagli enti aggiudicatori per l’esercizio delle loro attività in un Paese terzo, in circostanze che non comportino lo sfruttamento materiale di una rete o di un’area geografica all’interno dell’UE. Contratti di sponsorizzazione Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti ro 40.000. La sponsorizzazione può essere esercitata mediante dazione di danaro, accollo dei debiti o altre modalità di assunzione dei pagamenti (si pensi, ad esempio, al costo del personale o dei materiali utilizzati), e deve essere soggetta solo alla pubblicazione dell’avviso di ricerca dello sponsor (con indicazione sintetica del contenuto del contratto) per almeno 30 giorni sul sito istituzionale della stazione appaltante. Trascorso tale termine, il contratto può essere negoziato con gli operatori che hanno manifestato l’interesse, nel rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento, fermo restando il rispetto dei motivi di esclusione previsti in via generale dall’art. 80. Non è chiaro, per la verità, se a tali contratti si applichino comunque tutti i principi previsti dall’art. 4 per i contratti esclusi o se, in via derogatoria, vengano in rilievo solo quelli espressamente indicati nell’art. 19, il che appare più ragionevole. Le sponsorizzazioni che coinvolgono un soggetto pubblico possono essere passive oppure attive. Per sponsorizzazioni passive si intendono quelle in cui l’amministrazione assume le vesti del soggetto sponsorizzato, utilizzando la sponsorizzazione come forma indiretta di finanziamento, le attive sono invece quelle in cui è l’amministrazione a finanziare l’attività di un soggetto terzo. La causa tipica dell’accordo, ove si tratti delle cc.dd. sponsorizzazioni passive, in cui cioè l’ente pubblico assume la qualifica di soggetto sponsorizzato, è la valorizzazione della immagine dello sponsor, che presta soldi o expertise in favore dell’amministrazione. Il contratto di sponsorizzazione è, solitamente, ricondotto ai contratti attivi delle pubbliche amministrazioni, non comportando una spesa bensì un vantaggio patrimoniale, che si identifica con il contributo economico versato dallo sponsor, oppure, con il controvalore della prestazione specifica che lo sponsor rende all’amministrazione. Ciò non toglie che il contratto di sponsorizzazione, al pari dei contratti passivi, riguarda beni o funzioni contendibili, che possono cioè interessare il mercato e la concorrenza. La nuova disciplina conferma i contenuti principali del previgente art. 26 del D.Lgs. n. 163/2006: il limite di euro 40.000 e, nel caso in cui lavori, servizi o forniture siano realizzati/prestati dallo spon- sor, sia l’applicazione delle disposizioni in materia di requisiti di qualificazione dei progettisti e degli esecutori del contratto, sia l’onere, in capo alla stazione appaltante, di impartire le prescrizioni opportune in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi. In particolare, si prevede che l’affidamento di contratti di sponsorizzazione di lavori, servizi o forniture per importi superiori a quarantamila euro, con esclusione dei contratti di sponsorizzazione aventi ad oggetto beni culturali, cui non si applica tale limite (ai sensi dell’art. 151 del nuovo codice dei contratti), è soggetto, come anticipato, esclusivamente alla previa pubblicazione sul sito istituzionale della stazione appaltante, per almeno trenta giorni, di apposito avviso. La previsione di un termine minimo per la pubblicazione del bando dell’avviso che informa gli operatori economici dell’intenzione di affidare un contratto di sponsorizzazione soddisfa l’esigenza richiesta dalle regole di trasparenza e pubblicità dell’affidamento dei contratti di sponsorizzazione e, in un’ottica di stimolo alla concorrenza, favorisce con l’informazione al “mercato” il confronto competitivo per l’assegnazione dei contratti di sponsorizzazione. Nel caso in cui lo sponsor intenda realizzare i lavori, prestare i servizi e/o le forniture direttamente a sua cura e spese, la stazione appaltante verifica il possesso dei requisiti degli esecutori, nel rispetto dei principi e dei limiti europei in materia e non trovano applicazione le disposizioni nazionali e regionali in materia di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ad eccezione di quelle sulla qualificazione dei progettisti e degli esecutori. Si prevede, inoltre, che la stazione appaltante impartisca opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi. La norma, quindi, prevedendo una disciplina semplificata, unica per i contratti di sponsorizzazione sia dei beni culturali sia negli altri settori, deve ritenersi innovativa rispetto a quanto previsto dall’articolo 120 del codice dei beni culturali e rispetto alla normativa vigente di cui all’art. 43 della L. n. 449 del 1997 (29), che prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni di concludere accordi di sponsorizzazione limitatamente con soggetti pri- (29) Per l’art. 43 della L. n. 449/1997, commi 1-3: “1. Al fine di favorire l’innovazione dell’organizzazione amministrativa e di realizzare maggiori economie, nonché una migliore qualità dei servizi prestati, le pubbliche amministrazioni possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione con soggetti privati ed associazioni, senza fini di lucro, costituite con atto notarile. 2. Le iniziative di cui al comma 1 devono essere dirette al perseguimento di interessi pubblici, devono escludere forme di conflitto di interesse tra l’attività pubblica e quella privata e devono comportare risparmi di spesa rispetto Urbanistica e appalti 8-9/2016 931 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti L’art. 20, infine, modificando ed integrando quanto previsto dall’art. 32, comma 1, lett. g) del previgente codice dei contratti (31), stabilisce l’esclusione dall’applicazione dei principi dell’evidenza pubblica per le opere pubbliche realizzate a totale cura e spese da parte del privato (o di altro soggetto pubblico), dettando al contempo delle disposizioni che regolano alcuni obblighi minimi in capo all’amministrazione procedente (concernenti la valutazione del progetto di fattibilità e l’indicazione del tempo massimo di realizzazione dell’opera). Nella relazione illustrativa ad decreto legislativo si evidenzia che: “la previsione rappresenta una innovazione nell’ordinamento giuridico e disciplina un aspetto relativo alla partecipazione della società civile nello sviluppo delle infrastrutture e delle opere pubbliche nell’ambito della sussidiarietà orizzontale”. La norma dispone che i rapporti tra l’amministrazione pubblica e il soggetto pubblico o privato siano disciplinati da un convenzione alla quale sono altresì demandate la disciplina delle conseguenze in caso di inadempimento. La disposizione, che non trova corrispondenze nel testo delle direttive europee, si applica ai casi in cui un’amministrazione pubblica stipuli una convenzione con un soggetto pubblico o privato che si impegna alla realizzazione di un’opera pubblica o di un suo lotto funzionale o di parte dell’opera prevista nell’ambito di strumenti o programmi urbanistici, a sua totale cura e spesa, e ad ottenere tutte le necessarie autorizzazioni, fermi restando i casi di esclusione previsti dall’art. 80 del D.Lgs. n. 50/2016. agli stanziamenti disposti. Per le sole amministrazioni dello Stato una quota dei risparmi così ottenuti, pari al 5 per cento, è destinata ad incrementare gli stanziamenti diretti alla retribuzione di risultato dei dirigenti appartenenti al centro di responsabilità che ha operato il risparmio; una quota pari al 65 per cento resta nelle disponibilità di bilancio della amministrazione. Tali quote sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, per le predette finalità, con decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La rimanente somma costituisce economia di bilancio. La presente disposizione non si applica nei casi in cui le sponsorizzazioni e gli accordi di collaborazione sono diretti a finanziare interventi, servizi o attività non inseriti nei programmi di spesa ordinari. Continuano, inoltre, ad applicarsi le particolari disposizioni in tema di sponsorizzazioni ed accordi con i privati relative alle amministrazioni dei beni culturali ed ambientali e dello spettacolo, nonché ogni altra disposizione speciale in materia. 3. Ai fini di cui al comma 1 le amministrazioni pubbliche possono stipulare convenzioni con soggetti pubblici o privati dirette a fornire, a titolo oneroso, consulenze o servizi aggiuntivi rispetto a quelli ordinari. Il 50 per cento dei ricavi netti, dedotti tutti i costi, ivi comprese le spese di personale, costituisce economia di bilancio. Le disposizioni attuative del presente comma, che non si applica alle amministrazioni dei beni culturali ed ambientali e dello spettacolo, sono definite ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400”. (30) Art. 119 TUEL: “In applicazione dell’articolo 43 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi”. (31) Sul punto la disposizione deve comunque essere coordinata con quanto previsto dall’art. 36, comma 3 e 4, sempre del D.Lgs. n. 50/2016, secondo cui se le opere di urbanizzazione da realizzare a scomputo sono superiori alla soglia comunitaria, si deve applicare la procedura ordinaria; diversamente, nel caso di opere di urbanizzazione primaria di importo sotto soglia, non si applica il nuovo codice dei contratti (ai sensi dell’art. 16, comma 2 bis, del D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 380). vati ed associazioni, senza fini di lucro, costituiti con atto notarile e rispetto a quanto previsto dall’art. 119 del D.Lgs. n. 267 del 2000 (30) per gli enti locali. Opere a spese dei privati 932 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Concessioni Le nuove regole dell’affidamento delle concessioni di Claudio Contessa Il contributo esamina le disposizioni che il nuovo “Codice” riserva al tema di affidamento delle concessioni, sottolineandone il carattere minimale e di principio (un carattere che rinviene dalla scelta del Legislatore UE di riservare alla materia un mero ravvicinamento fra le Legislazioni). Viene esaminato, in particolare, il tema della “libera amministrazione” di cui all’art. 2 della Dir. 2014/23/UE e il suo rapporto con gli affidamenti in house. La parte finale del contributo si incentra poi sulle garanzie procedurali approntate dal nuovo “Codice”. Aspetti generali della questione Il nuovo “Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione” dedica al tema dell’affidamento delle concessioni una disciplina piuttosto sintetica ma non per questo priva di aspetti sistematici di interesse. Si tratta, come è noto, del primo tentativo di sistemazione organica di una complessa materia che, nell’ambito dell’esperienza nazionale, aveva sino ad oggi conosciuto forme di regolamentazione dedicate soltanto alle concessioni di lavori (artt. da 142 a 151 del “Codice de Lise”) e a quelle di servizi (ivi, art. 30). A seguito dell’adozione da parte dell’UE di una disciplina organica del fenomeno concessorio (1) anche il Legislatore nazionale ha dovuto superare le tradizionali resistenze opposte alla disciplina organica di questo settore così denso di implicazioni di sistema. Ne è scaturita la stesura della Parte III del nuovo “Codice” (dedicata, appunto, ai contratti di concessione), il cui Capo I disciplina la materia dei principi generali, mentre il Capo II disciplina il tema delle garanzie procedurali (2). Nei paragrafi che seguono si fornirà un quadro di insieme in ordine alle nuove regole sull’affidamen(1) Dir. 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (in: GUCE L94/1 del 28 marzo 2014). (2) Esula invece dall’ambito della presente disamina il Capo III, dedicato al tema dell’esecuzione delle concessioni. Urbanistica e appalti 8-9/2016 to delle concessioni operando - ove occorra - adeguati confronti con la materia degli appalti nei settori cc.dd. “classici” e in quelli “speciali”. Dalla legge delega al nuovo “Codice”: le principali scelte in tema di affidamento delle concessioni Come è noto, la Direttiva concessioni del 2014 ha introdotto per la prima volta nell’esperienza normativa eurounitaria una disciplina generale circa il fenomeno concessorio nel suo complesso. Come si è avuto altrove modo di osservare (3), sino a tempi piuttosto recenti (e in assenza di un qualunque riferimento alla materia delle concessioni nell’ambito del TFUE) non era affatto scontato che il tentativo di introdurre al livello UE un ravvicinamento (sia pure di contenuto minimo) delle legislazioni nella materia concessoria fosse destinato ad avere successo. Al contrario, un analogo tentativo già avviato in occasione dell’approvazione del “pacchetto normativo” del 2004 si era concluso con un sostanziale nulla di fatto, stante l’opposizione di quei Paesi (con la Francia in prima linea) i quali temevano che un tentativo in tal senso li avrebbe privati di adeguati spazi di manovra in particolare per quanto (3) Sia consentito rinviare a C. Contessa, Le concessioni nella nuova direttiva europea, in: C. Contessa - D. Crocco, Appalti e concessioni - Le nuove direttive europee, Roma, 2015, 157 ss. 933 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti riguarda la disciplina dei servizi di interesse economico generale (SIEG) di cui all’art. 106 del TFUE. All’esito di quella vicenda, la Dir. 2014/18/CE (c.d. “Direttiva settori classici”) si limitò: i) a disciplinare la materia delle concessioni di lavori di importo superiore alla soglia di rilevanza comunitaria (4); ii) a recare una definizione (ma non anche una disciplina puntuale) delle concessioni di servizi. Ma neppure il Legislatore nazionale era riuscito sino a tempi recenti a recare una disciplina organica della materia concessoria. Basti pensare al fatto che (al di là delle concessioni di lavori - già note da alcuni lustri nell’esperienza nazionale -) il “Codice” del 2006 dedicò un solo articolo (il 30) alla materia delle concessioni di servizi, limitandosi peraltro in massima parte a recepire i pregressi acquis giurisprudenziali formatisi sul tema. In definitiva, sino a tempi recenti, in tema di affidamento delle concessioni ben poche novità erano state introdotte rispetto al primo documento ufficiale con cui la Commissione europea aveva tentato di tracciare un primo quadro di insieme sulla disciplina del fenomeno al livello continentale (5) (ci si riferisce alla Comunicazione interpretativa della Commissione sulle concessioni nel diritto comunitario dell’aprile del 2000) (6). Il quadro concettuale di riferimento è mutato profondamente con l’approvazione della Dir. 2014/23/UE la quale (lungi dall’introdurre una disciplina puntuale ed armonizzata in tema di affidamento delle concessioni) ha introdotto in tema di procedure di aggiudicazione - e, più a monte, in tema di regole per l’affidamento - un setting di regole finalizzate ad assicurare un coordinamento minimo, con il duplice obiettivo di garantire l’apertura delle concessioni alla concorrenza e di assicurare un adeguato grado di certezza giuridica. Secondo quanto si legge nel Considerando 8 della Direttiva in questione, l’introduzione di un siffatto coordinamento minimo dovrebbe comunque lasciare agli Stati membri adeguati margini di flessibilità, nonché la facoltà di “completare e sviluppare ulteriormente tali norme qualora lo ritenessero opportuno, in particolare per meglio garantire la conformità ai summenzionati princìpi”. La legge delega n. 11 del 2016 ha dedicato uno specifico criterio direttivo (si tratta del criterio hhh) alla materia delle concessioni, mirando ad introdurre una disciplina organica della materia “mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle disposizioni vigenti, nonché la previsione di criteri per le concessioni [escluse dall’ambito di applicazione], nel rispetto dell’esito del referendum abrogativo del 12-13 giugno 2011 per le concessioni nel settore idrico, introducendo altresì criteri volti a vincolare la concessione alla piena attuazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti dallo stesso per la realizzazione degli investimenti in opere pubbliche, nonché al rischio operativo ai sensi della predetta direttiva 2014/23/UE”. Il richiamato criterio di delega ha altresì vincolato il Legislatore delegato “a disciplinare le procedure di fine concessione e le modalità di indennizzo in caso di subentro; previsione di criteri volti a promuovere le concessioni relative agli approvvigionamenti industriali in autoconsumo elettrico da fonti rinnovabili nel rispetto del diritto dell’Unione europea”. La legge delega, quindi, non ha dettato regole specifiche sul tema dell’affidamento delle concessioni, limitandosi a un richiamo (invero piuttosto generico) ai principi di armonizzazione e di semplificazione. Oltretutto, il rinvio agli esiti del referendum abrogativo del giugno del 2011 risulta evidentemente limitato alla sola materia dei servizi pubblici locali di interesse economico generale (oggetto specifico del quesito referendario) e non sembra potersi estendere all’intera materia concessoria per come definita dalla Dir. 2014/23/UE. (4) Si tratta di una materia che, invero, risultava già disciplinata dalla Dir. 93/37/CEE. (5) Sul punto, C. Contessa, op. ult. cit., 158. (6) Il documento in questione aveva declinato in particolare i principi che presiedono alla tematica degli affidamenti, soffermandosi su quelli di parità di trattamento, di trasparenza, di proporzionalità e di mutuo riconoscimento. 934 L’oggetto e l’ambito di applicazione della nuova disciplina L’oggetto e l’ambito di applicazione della nuova disciplina nazionale in tema di concessioni sono ora definiti dall’art. 164 del “Codice”. L’articolo in questione chiarisce in primo luogo che le disposizioni della Parte III definiscono le norme applicabili alle procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi indette dalle amministrazioni aggiudicatrici, nonché dagli enti aggiudicatori qualora i lavori o i servizi siano destinati ad una delle attività di cui Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti L’art. 2 della “Direttiva concessioni” del 2014 declina il principio della libera amministrazione delle autorità pubbliche secondo modalità definitorie particolarmente ampie. Nella sua declinazione eurounitaria il principio in questione non risulta limitato alle scelte dell’am- ministrazione in ordine all’individuazione e all’organizzazione della procedura di gara ma - più in generale - alla scelta (per così dire: “a monte”) fra il modello dell’autoproduzione e quello dell’esternalizzazione. Come si è avuto altrove modo di osservare (8), il principio in questione sembra rappresentare la traduzione normativa (al livello UE) del divieto di riguardare al modello dell’autoproduzione (nonché dell’in house providing, che ne costituisce forse la traduzione più nota e studiata) quale modello succedaneo e ontologicamente subvalente rispetto a quello della messa a gara. Non a caso, anche la c.d. “Direttiva appalti” sembra sottendere il medesimo principio laddove stabilisce (al considerando 5) che “nessuna disposizione della presente direttiva obbliga gli Stati membri ad affidare a terzi o a esternalizzare la prestazione di servizi che desiderano prestare essi stessi o organizzare con strumenti diversi dagli appalti pubblici ai sensi della presente direttiva”. I principi e le disposizioni appena richiamati rendono evidente che per il diritto UE le forme dell’autoproduzione e dell’internalizzazione (quali l’affidamento in regime di delegazione interorganica) non rappresentano eccezioni - di fatto mal tollerate - al principio liberoconcorrenziale della messa a gara, bensì forme paradigmatiche ed equiordinate di attribuzione degli appalti e delle concessioni. Anzi, a ben vedere, la prima (ed incoercibile) opzione che si pone per l’amministrazione pubblica che deve affidare un appalto o una concessione è quella fra l’internalizzazione e l’esternalizzazione e solo se tale scelta (in se del tutto libera) si risolva in favore del secondo di tali modelli (senza che sussista alcun tendenziale vincolo in tal senso), allora risulterà necessario assicurare il pieno e coerente rispetto dei principi della libera concorrenza. Tuttavia nel dibattito interno i termini della questione risultano ancora oggi impostati in modo ben diverso (9). Ed infatti, nel declinare il richiamato principio di libera organizzazione nell’Ordinamento nazionale, il Legislatore del 2016 ne ha delimitato la portata (7) In base al comma 2, “alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comu- nicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”. (8) C. Contessa, op. ult. cit., Cap. 6. (9) Sul punto, v. - fra i molti - C. Volpe, Le nuove direttive sui contratti pubblici e l’in house providing: problemi vecchi e nuovi, in www.giustizia-amministrativa.it. all’allegato II (il quale reca l’individuazione dei cc.dd. “settori speciali”). Il medesimo art. 164 chiarisce che le disposizioni di cui alla Parte III del nuovo “Codice” non si applicano “ai provvedimenti, comunque denominati, con cui le amministrazioni aggiudicatrici, a richiesta di un operatore economico, autorizzano, stabilendone le modalità e le condizioni, l’esercizio di un’attività economica che può svolgersi anche mediante l’utilizzo di impianti o altri beni immobili pubblici” (si pensi alle concessioni di beni del demanio marittimo). Per quanto riguarda più in particolare la disciplina delle procedure di aggiudicazione e di affidamento delle concessioni, il comma 2 dell’art. 164 opera un rinvio alla generale disciplina di cui alle Parti I e II (sia pure attraverso l’introduzione di una clausola di compatibilità dai contorni applicativi non del tutto definiti) (7). Di indubbio interesse è anche la previsione (comma 3) secondo cui i servizi non economici di interesse generale non rientrano nell’ambito di applicazione della Parte III del nuovo “Codice” (si tratta, in linea di massima, dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica di cui all’art. 113 bis del D.Lgs. n. 267 del 2000 - TUEL). I commi 4 e 5 disciplinano poi l’affidamento dei lavori pubblici da parte dei concessionari, distinguendo il caso in cui essi siano qualificabili come amministrazioni aggiudicatrici dal caso in cui non lo siano. Nella prima ipotesi, per l’affidamento di tali appalti “a valle” della concessione dovranno essere applicate in toto le disposizioni del nuovo “Codice”, mentre nel secondo caso troveranno applicazione unicamente le disposizioni di cui alla Parte III. Il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche Urbanistica e appalti 8-9/2016 935 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Un atteggiamento, questo, che sembra sottendere una sostanziale identificazione fra lo studio della patologia di un fenomeno (la c.d. “fuga dalla gara” che spesso ispira la scelta per l’affidamento diretto) con lo studio e la disciplina del fenomeno in quanto tale. ben oltre quanto apparentemente consentito dal diritto eurounitario e dalla stessa legge di delega. In particolare, l’art. 166 (rubricato, appunto, “Principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche”) sembra limitare l’effettiva applicazione di tale principio alla scelta ed organizzazione della procedura per la scelta del concessionario, nonché alla scelta del modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi (10). In definitiva, la scelta del Legislatore di richiamare in modo espresso (e apparentemente paradigmatico) la procedura per la scelta del concessionario sembra presupporre un orientamento normativo comunque contrario a forme di affidamento in regime di delegazione interorganica, proponendo il modello sostanzialmente unico della messa a gara. D’altra parte, anche nella più recente disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale il Legislatore delegato sembra palesare un atteggiamento del tutto analogo. In particolare, lo schema di decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 19 della L. n. 124 del 2015 (11) stabilisce a sua volta che il ricorso all’in house providing nel settore dei SPL di rilevanza economica (rectius: di interesse economico generale) è possibile soltanto al ricorrere di alcune - stringenti - condizioni, fra cui: i) la puntuale motivazione in ordine alla scelta del modello; ii) la specifica indicazione “delle ragioni di mancato ricorso al mercato e, in particolare del fatto che tale scelta NON sia comparativamente più svantaggiosa per i cittadini”; iii) la puntuale indicazione “dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche (...)”. Si tratta, ad avviso di chi scrive, di una scelta di politica normativa che non solo non assicura piena attuazione al richiamato principio di libera amministrazione (quanto meno, non nella sua piena ampiezza di implicazioni), ma che, in definitiva, perpetua anche nel settore delle concessioni il vero e proprio pregiudizio verso le forme dell’affidamento diretto che caratterizza ormai da un decennio circa l’atteggiamento del Legislatore nazionale. Il Capo II dell’unico titolo della parte del “Codice” dedicata ai contratti di concessione disciplina le garanzie procedurali sugli affidamenti, soffermandosi in particolare: i) sui requisiti tecnici e funzionali da porre a base della documentazione di gara per l’affidamento della concessione (art. 170); ii) sulle garanzie procedurali nei criteri di aggiudicazione (art. 171); iii) sulla selezione e valutazione qualitativa dei candidati (art. 172), nonché iv) sui termini, principi e criteri di aggiudicazione (art. 173). Si tratta, come è evidente, di un setting di regole settoriali che si affianca (attraverso la generale clausola di compatibilità di cui al precedente art. 164) alla disciplina delle procedure di affidamento di cui alla Parte I (Ambito di applicazione, principi, disposizioni comuni ed esclusioni) e alla Parte II (Contratti di appalto per lavori servizi e forniture). Qui di seguito si procederà, quindi, a una sintetica disamina in ordine alle singole disposizioni dedicate alla tematica delle garanzie procedurali nell’affidamento delle concessioni. L’art. 170 recepisce le nuove prescrizioni in materia di requisiti tecnici e funzionali recate dal Considerando 67 e dall’art. 36 della “Direttiva concessioni”, volte ad assicurare che le caratteristiche tecniche, fisiche, funzionali e giuridiche proprie di ciascuna offerta in gara deve soddisfare al fine di consentire un adeguato grado di apertura alla concorrenza (12). Si tratta di un complesso di regole che presenta evidenti aspetti di contiguità disciplinare con l’art. 68 in tema di fissazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice delle specifiche tecniche nell’ambito delle gare di appalto per gli appalti nei settori ordinari. La disposizione in esame stabilisce che la fissazione dei richiamati requisiti tecnici e funzionali (i quali possono anche riferirsi allo specifico processo di (10) In base all’art. 166, infatti, “le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori sono liberi di organizzare la procedura per la scelta del concessionario, fatto salvo il rispetto delle norme di cui alla presente Parte. Essi sono liberi di decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di tratta- mento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici”. (11) Il testo dello schema di decreto delegato è rinvenibile al sito www.astrid-online.it. (12) M.F. Mattei, Commento all’art. 170, in: C. Contessa D. Crocco, Appalti e concessioni - Le nuove direttive europee, cit. 936 Le garanzie procedurali Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti esecuzione dei lavori o di fornitura dei servizi richiesti) debba comunque essere parametrata e congruente rispetto al valore e agli obiettivi del contratto. I requisiti tecnici e funzionali (che possono includere anche livelli di qualità, di prestazione ed effetti sul clima) non possono - in via tendenziale - fare riferimento a una fabbricazione o provenienza determinata o a un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un determinato operatore economico, né a marchi, brevetti, tipi o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Ai sensi del comma 2, tuttavia, tale riferimento è autorizzato, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto del contratto non sia possibile. In tali ipotesi eccezionali, un siffatto riferimento è accompagnato dall’espressione “o equivalente”. Al concorrente è comunque consentito di provare, con qualsiasi mezzo idoneo, che le soluzioni da lui proposte, pur se non puntualmente conformi ai requisiti richiesti dalla documentazione di gara, soddisfino comunque in maniera equivalente i requisiti tecnici e funzionali richiesti (comma 3). L’art. 171 disciplina le garanzie procedurali nei criteri di aggiudicazione e consente all’amministrazione aggiudicatrice di determinare ex ante i requisiti minimi delle offerte, ivi compresi “le condizioni e le caratteristiche tecniche, fisiche, funzionali e giuridiche che ogni offerta deve soddisfare o possedere” (commi 1 e 2). Si tratta di una disciplina evidentemente di principio e dal contenuto meno rigoroso e dettagliato rispetto a quella relativa all’aggiudicazione degli appalti nei settori ordinari e nei settori speciali. Ai sensi del comma 2 il bando di concessione deve inoltre indicare: i) una generale descrizione della concessione e delle condizioni di partecipazione; ii) il vincolo per i concorrenti alla realizzazione del piano finanziario e al rispetto dei tempi previsti per la realizzazione degli investimenti; iii) la descrizione dei criteri di aggiudicazione ovvero l’indicazione dei requisiti minimi da soddisfare. I successivi commi 4 e 5 confermano il carattere generale e di principio delle regole in tema di garanzie procedurali. Viene in particolare previsto che la possibilità per la stazione appaltante di limi- tare il numero dei candidati e gli offerenti a un livello adeguato sia subordinata alla previa fissazione di criteri oggettivi e trasparenti. Le modalità relative allo svolgimento della procedura devono essere rese note a tutti i partecipanti in via preventiva, così come le eventuali modifiche. Il carattere - per così dire - elastico delle procedure di affidamento viene reso palese dal comma 7, secondo cui “la stazione appaltante può condurre liberamente negoziazioni con i candidati e gli offerenti. L’oggetto della concessione, i criteri di aggiudicazione e i requisiti minimi non possono essere modificati nel corso delle negoziazioni”. L’art. 172 regola la tematica della selezione e valutazione qualitativa dei candidati. La disposizione in esame consente in primo luogo alle stazioni appaltanti di verificare (similmente a quanto avviene per i settori ordinari e per i cc.dd. “settori speciali” ai sensi dell’art. 135) le condizioni di partecipazione relative alle capacità tecniche e professionali e alla capacità finanziaria ed economica dei candidati o degli offerenti, “sulla base di certificazioni, autocertificazioni o attestati che devono essere presentati come prova”. È evidente al riguardo la similitudine fra la disposizione in questione e il contenuto dell’art. 85 in tema di Documento di gara unico europeo (DGUE). Allo stesso modo, risulta evidentemente comune alla disciplina in tema di appalti nei settori ordinari e nei settori speciali la previsione secondo cui “le condizioni di partecipazione sono correlate e proporzionali alla necessità di garantire la capacità del concessionario di eseguire la concessione, tenendo conto dell’oggetto della concessione e dell’obiettivo di assicurare la concorrenza effettiva”. Dal canto suo, il comma 2 dell’art. 172 declina in relazione alla materia delle concessioni l’istituto dell’avvalimento di cui all’art. 89 (13). L’art. 173 (rubricato Termini, principi e criteri di aggiudicazione) stabilisce in primo luogo - e con disposizione dall’evidente valenza di principio - che le concessioni sono aggiudicate sulla base dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza di cui all’art. 30 (nonché sulla base dei concomitanti principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità di cui al medesimo art. 30). (13) Sulla generale compatibilità fra l’istituto della concessione e lo strumento dell’avvalimento, cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 2015, n. 5091 (in www.dirittodeiservizipubblici.it). Urbanistica e appalti 8-9/2016 937 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Il legislatore delegato (al pari di quello europeo) non ha operato sul delicato tema dell’affidamento delle concessioni scelte di campo dal forte valore innovativo, limitandosi - piuttosto - a recare una disciplina di principio (peraltro, ampiamente ricognitiva di acquis giurisprudenziali piuttosto consolidati). Sarebbe tuttavia ingeneroso negare in assoluto l’importanza dell’intervento normativo del nuovo “Codice” sul tema in esame. Ad avviso di chi scrive, al contrario, il primo (e per ciò stesso importante) risultato conseguito dal nuovo “Codice” è rappresentato dal fatto in se che si sia reso finalmente possibile recare una disciplina organica - pur se di principio - in tema di affidamento delle concessioni. Si tratta di un obiettivo lungamente perseguito nell’ordinamento interno e sino a tempi recenti puntualmente disatteso. È altresì importante osservare che a breve il quadro normativo in tema di affidamento delle concessioni sarà arricchito dal nuovo (ed estremamente atteso) tassello rappresentato dalla nuova disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale di cui all’art. 19 della “legge Madia” del 2015. A seguito di tale ulteriore intervento normativo, la complessiva materia concessoria riceverà una disciplina adeguatamente dettagliata sia per ciò che riguarda i suoi aspetti sostanziali, sia per ciò che riguarda il cruciale tema degli affidamenti. In ogni caso, non va sottovalutata l’idoneità di una disciplina di mero principio ad incidere in modo profondo sugli stili decisionali e sui comportamenti delle amministrazioni e degli operatori. La piena e - per dirla con Dworkin - seria attuazione dei principi di trasparenza, proporzionalità e pubblicità non postula l’introduzione di una casistica normativa certosina e tendenzialmente onnicomprensiva, quanto - piuttosto - l’instaurazione di un sistema di regole e valori ampiamente condiviso. Un sistema di valori che non prelude l’instaurazione di una sorta di Stato minimo, quanto la mera (e seria) applicazione dei principi della continenza normativa e, in definitiva, dello stesso divieto di gold plating (che, non a caso, rappresentava il primo dei criteri di delega legislativa che hanno ispirato la stesura del nuovo “Codice”) (14). (14) Ed infatti, il divieto di introduzione o di mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive è sancito al comma 1, lett. a) della legge delega n. 11 del 2016. Sotto tale aspetto l’articolo in esame conferma puntualmente (anche sotto il profilo testuale) la scelta - già propria della fonte eurounitaria - di riservare all’aggiudicazione delle concessioni una disciplina di mero principio, rinunziando alla puntuale determinazione dei singoli criteri. Sul medesimo solco, quindi, si pone la previsione di cui al successivo comma 2, secondo cui la stazione appaltante elenca i criteri di aggiudicazione in ordine decrescente di importanza. La disposizione in questione (dal contenuto estremamente sintetico) reca una dichiarata eccezione alle più puntuali previsioni di cui all’art. 95 del nuovo “Codice” il quale ha dedicato una disciplina piuttosto puntuale ai criteri (rectius: all’unico criterio) di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Conclusioni 938 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Concessioni di lavori e di servizi Il contratto di concessione di lavori e di servizi: novità e conferme a 10 anni dal Codice De Lise di Gian Franco Cartei Nella nuova disciplina dei contratti pubblici riceve pieno risalto l’autonoma configurazione del contratto di concessione di lavori e servizi. Molte le novità di un istituto assai diverso da quello dell’appalto. Su tutte si caratterizzano la nuova nozione di rischio operativo, l’importanza dell’equilibrio economico-finanziario, la durata e la modifica del rapporto contrattuale. Sempre utile, ad ogni modo, l’esperienza del regime giuridico previgente. Il contesto della disciplina in materia di concessione La disciplina contenuta del nuovo Codice dei contratti pubblici dedica al contratto di concessione l’intera Parte III comprendente le disposizioni di cui agli articoli 164-178. Occorre, peraltro, segnalare che il Codice contiene altre previsioni afferenti all’istituto concessorio, ad iniziare dalle numerose definizioni contenute nell’art. 3 molte delle quali rilevanti per la disciplina. Ma, in realtà, alla concessione si richiamano anche non poche delle previsioni contenute nella Parte IV dedicata al partenariato pubblico-privato. La seguente trattazione pone a premessa di ogni argomentazione le novità introdotte dal diritto europeo: sino alla Dir. 2014/23/UE, infatti, l’ordinamento comunitario difettava di una disciplina organica dell’istituto concessorio (1). Allo stesso tempo, tuttavia, occorre tener conto della precedente sedimentazione normativa, giacché il nostro ordinamento ha dedicato alla concessione nel decennio trascorso una particolare attenzione arric(1) Per un commento sistematico ai contenuti della Dir. 2014/23/UE si richiamano i contributi contenuti nel volume Finanza di Progetto e Partenariato Pubblico-Privato. Temi europei, istituti nazionali e operatività, a cura di Gian Franco Cartei Massimo Ricchi, Napoli, 2015. (2) Per un inquadramento generale della disciplina della concessione in seno all’istituto del partenariato pubblico-priva- Urbanistica e appalti 8-9/2016 chita dagli indirizzi di una cospicua giurisprudenza amministrativa. Il rischio di negare i rischi: la linea divisoria tra appalti e concessioni e l’importanza della gestione Il contratto di concessione, come noto, ha ricevuto specifica attenzione da parte dell’ordinamento europeo con la Dir. 2014/23/UE, secondo cui le concessioni di lavori e di servizi “sono contratti a titolo oneroso mediante i quali una o più amministrazioni aggiudicatrici o uno o più enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la prestazione e gestione di servizi a uno o più operatori economici. Tali contratti hanno per oggetto l’acquisizione di lavori o servizi attraverso una concessione il cui corrispettivo consiste nel diritto di gestire i lavori o i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo” (cons. 11) (2). In realtà, tale definizione richiama quanto era già stato affermato dalla Commissione sin dalla comunicazione interpretativa del 2000, in cui l’enfasi to, M.P. Chiti, Il Partenariato pubblico-privato e la nuova direttiva concessioni, in Finanza di Progetto e Partenariato PubblicoPrivato. Temi europei, istituti nazionali e operatività, cit. 3 ss.; sulla Dir. 2014/23/UE si richiama il commento di G. Greco, La direttiva in materia di “concessioni”, in Riv. it. dir. pub. com., 2015, 1095 ss. 939 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti posta sulla gestione dell’opera comporta il trasferimento al concessionario della relativa alea al punto che il prezzo eventualmente pagato in contropartita dei lavori effettuati non può mai neutralizzare il rischio gestionale (3). La ragione si coglie agevolmente: se il potere pubblico sopporta la maggior parte degli oneri connessi alla gestione l’elemento rischio verrebbe a mancare “con la conseguenza, in tal caso, che il contratto in questione sarebbe ascrivibile alla categoria dell’appalto di lavori e non a quello della concessione”. La medesima prospettiva è stata abbracciata, altresì, dalla Corte di Giustizia, la quale ha da tempo asserito che “per poter ritenere sussistente una concessione di servizi è necessario che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca il rischio di gestione che essa corre a carico completo o, almeno, significativo al concessionario” (4). In caso contrario la fattispecie contrattuale è quella dell’appalto pubblico di cui, pertanto, sarebbe necessario seguire la relativa procedura di aggiudicazione (5). E proprio in un procedimento di infrazione riguardante l’Italia la Corte del Lussemburgo - sulla scorta del principio secondo cui “si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assume il rischio legato alla gestione dei servizi in questione” - ha riqualificato come appalto un contratto in cui il preteso concessionario non avrebbe avuto la gestione effettiva dell’opera, affidata nella circostanza alla locale società municipalizzata, e non avrebbe per conseguenza sostenuto alcun rischio di gestione (6). L’ordinamento nazionale non è stato da meno nel riconoscere il rilievo giuridico della gestione nel regime del contratto. Basti rammentare le formule definitorie di cui all’art. 3, commi 11 e 12, del previgente Codice dei contratti pubblici, in cui la gestione rappresenta il corrispettivo contrattuale a vantaggio del concessionario, alla “gestione funzionale ed economica”, cui alludono gli artt. 143, comma 3 e 30, comma 2, che individuano la controprestazione a favore del concessionario di lavori e servizi “unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati” (7). Non stupisce che in tale quadro la giurisprudenza nazionale abbia sottolineato da tempo la necessità di una chiara ripartizione dei compiti - e, dunque, dei rischi - tra il concedente ed il concessionario avente il proprio perno nella nozione di gestione. Valga per tutte una cospicua giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo cui “si ha concessione quando l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto quando l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’Amministrazione” (8). Alla medesima linea interpretativa, del resto, ha aderito sin dall’inizio della sua istituzione anche l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo cui la caratteristica qualificante della concessione affidata mediante quella particolare variante costituita dalla finanza di progetto “consiste essenzialmente nella copertura finanziaria di importanti investimenti sulla base di un progetto in (3) Commissione delle Comunità Europee, 12 aprile 2000, Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario, (punto 2.1.2); sulla distinzione tra appalto e concessione in base ai criteri della suddetta comunicazione di recente Cons. Stato, Sez. V, 16 gennaio 2013, n. 236, www.giustiziaamministrativa.it.; si v., altresì, Commissione Europea, Guide to the application of the European Union rules on State aid, public procurement and the internal market to services of generala economic interest, and in particular to social services of general interest, Brussels, 7 dicembre 2010, SEC (2010) 1545 final, 75; M. Clarich, Concorrenza e modalità di affidamento delle concessioni, in Negoziazioni pubbliche (Scritti su Concessioni e Partenariati Pubblico-Privati), a cura di M. Cafagno - A. Botto - G. Fidone - G. Bottino, Milano, 2013, 42. Sull’importanza del rischio nella disciplina del contratto concessorio v. già C. Fouassier, Vers un véritable droit communautaire des concessions?, in Rev. trim. dr. europ., 2000, 684. (4) Corte di Giustizia, Sez. III, 10 settembre 2009, in causa C-206/08, Eurawasser, (punto 77 in diritto), in www.dirittodeiservizipubblici.it; analogamente Corte di Giustizia, Sez. III, 25 marzo 2010, in causa C-451/08, Helmut Müller GmbH, ivi, (punto 75 ss.) su cui si richiama Brown, Helmut Müller GmbH v. Bundesanstalt fur Immobilienaufbaben (C-451/08): clarification on the application of the EU procurement rules to land sa- les and development agreements, in Publ. Proc. Law Rev., 2010, 4, NA 125 ss.; tra le prime pronunce ad affermare suddetto principio merita richiama la nota sentenza Corte di Giustizia, 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen, in questa Rivista, 2006, 31 ss, con nota di P. Lotti, Concessioni di pubblici servizi, principi dell’in house providing e situazioni interne. (5) Sul punto, alla luce, altresì, della fattispecie analizzata dal giudice comunitario, si segnala Corte di Giustizia 13 novembre 2008, in causa C-437/07, Commissione delle Comunità Europee c. Repubblica italiana, in questa Rivista, 2009, 20. (6) Corte di Giustizia 13 novembre 2008, in causa C-437/07, Commissione c. Italia, in questa Rivista, 2009, 20 ss. (7) E sempre la gestione è indicata quale oggetto dei contratti di partenariato pubblico-privato dalla disposizione contenuta nel comma 15 ter del medesimo art. 3 del Codice. (8) Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 settembre 2012, n. 682, www.giustizia-amministrativa.it; tra le pronunce più recenti dei giudici di primo grado, T.A.R. Toscana 29 novembre 2011, n. 1855, www.giustamm.it; T.A.R. Puglia, Bari, 19 novembre 2012, n. 1953, in Riv. giur. ed., 2013, 165 ss., con nota di G. Taglianetti, I limiti del contributo pubblico e il rischio di gestione nelle procedura di project financing. 940 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti I rilievi precedenti dimostrano la consolidata correlazione tra l’istituto concessorio e la nozione di gestione e del suo traslato: il rischio. Sul punto appare evidente l’innovazione portata dalla Dir. 2014/23/Ue e, per converso, dal D.Lgs. 19 aprile 2016, n. 50. Allo stesso tempo, tuttavia, occorre ricordare che anche sulla nozione di rischio la disciplina precedente non era certo priva di indicazioni. Ed anche in questo caso al dato normativo si è sommato quello giurisprudenziale. Pare utile un breve richiamo ai principali riferimenti. Il rischio a carico del concessionario è stato sinora comunemente identificato con il c.d. rischio d’impresa consistente nel rischio alla esposizione del mercato cui è soggetta ogni attività economica (10). Invero, sino alla direttiva del 2014 non esisteva una definizione normativa di tale rischio e permaneva incertezza su quale fosse la soglia superata la quale tale rischio possa ritenersi soppresso e trasferito sull’amministrazione concedente. La giurisprudenza nazionale, priva di indicazioni soddisfacenti, ha ritenuto sufficiente il rispetto di un criterio meramente empirico, per cui anche un ‘ridotto’ rischio d’impresa risulterebbe compatibile con la figura della concessione (11). Neppure il giudice comunitario ha fornito indicazioni risolutive ogniqualvolta è apparso evidente che la modesta esposizione del concessionario all’alea del mercato riduceva assai il rischio medesimo (12). Il principio enunciato dalla Corte è stato, ad ogni modo, quello secondo cui: “In ogni caso, anche se il rischio nel quale incorre l’amministrazione aggiudicatrice è molto ridotto, per poter ritenere sussistente una concessione di servizi è necessario che l’amministrazione aggiudicatrice trasferisca, integralmente o, almeno, in misura significativa, al concessionario il rischio di gestione nel quale essa incorre” (13). Per altro verso, lo spettro ricoperto da tale rischio in linea di principio risulta assai ampio. Come ha ricordato, infatti, la Corte di Giustizia anticipando taluni contenuti della direttiva il rischio di gestione consiste “nel rischio di concorrenza da parte di altri operatori, nel rischio di uno squilibrio tra domanda e offerta di servizi, nel rischio di insolvenza dei soggetti che devono pagare il prezzo dei servizi forniti, nel rischio di mancata copertura delle spese di gestione mediante le entrate o ancora nel rischio di responsabilità di un danno legato ad una carenza del servizio” (14). Del resto, l’importanza del rischio traspare persino nella disciplina sulle opere fredde, in cui è l’amministrazione aggiudicatrice medesima ad essere destinataria del servizio. Già la disposizione di cui all’art. 143, comma 9, del Codice previgente, prevedeva la possibilità che l’amministrazione aggiudicatrice potesse affidare in concessione opere destinate alla utilizzazione diretta dello stesso concedente a condizione che “resti a carico del concessionario l’alea economico-finanziaria della gestione dell’opera”. L’allocazione del rischio sul concessionario ha ricevuto ulteriore conferma da parte dell’ultimo capoverso della medesima disposizione allorché ha richiamato espressamente i contenuti delle decisioni Eurostat, tra le quali merita, in particolare, menzionare la decisione 11 febbraio 2004 (Treatment of public-private partnership), con cui sono state fornite talune indicazioni sul trattamento contabile delle operazioni di partenariato pubblico-privato nel bilancio pubblico nel caso in cui il soggetto pubblico risulti essere l’acquirente principale dei servizi (c.d. “opere fredde”), stabilendosi che l’iscrizione dei beni oggetto di tali operazioni sia registrabile fuori del (9) Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Atto di regolazione 18 luglio 2000, n. 34, www.avlp.it; sulle differenze tra la finanza di progetto e la figura tradizionale concessione di costruzione e gestione di recente si v. F. Caringella - M. Giustiniani, Manuale di Diritto Amministrativo, IV. I contratti pubblici, Roma, 2014, 1209 ss. (10) E ciò specie nella prospettiva accolta sinora dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia; cfr. R. Caranta, I contratti pubblici, cit., 175; utile ricordare anche T.A.R. Sardegna 10 marzo 2011, n. 213 (punto 3.4 in diritto), www.giustizia-amministrativa.it, secondo cui “Il rischio assunto dal promotore o concessionario si valuta proprio intorno alla aleatorietà della domanda di prestazioni, poiché l’errore di valutazione del livello di domanda attendibile evidentemente condiziona la remuneratività dell’investimento e misura la validità imprenditoriale dell’iniziativa”. (11) Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2012, n. 39, www.giustizia.amministrativa.it. (12) Cfr. R. Caranta, I contratti pubblici, Torino, 2012, 175; F. de Leonardis, Atti (e regole) dei soggetti concessionari, in Dir. amm., 2008, 569. (13) Corte di Giustizia 10 settembre 2009, Eurawasser, cit.; analogamente Corte di Giustizia 10 marzo 2011, in causa C274/09, Stadler; Corte di Giustizia 10 novembre 2011, in causa C-348-10 (punto 45). (14) Corte di Giustizia 10 marzo 2011, in causa C-274/09, Stadler; Corte di Giustizia 10 novembre 2011, in causa C-34810 (punto 48), Latgales planošanas regions, in questa Rivista, 2012, 287 ss., con nota di R. Caranta, La Corte di Giustizia ridimensiona la rilevanza del rischio di gestione. quanto tale, prendendo in considerazione la sua validità, la sua corretta gestione e quindi la sua capacità di produrre reddito per un determinato periodo di tempo” (9). Alla ricerca della nozione di rischio: i caratteri del rischio operativo Urbanistica e appalti 8-9/2016 941 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti bilancio delle amministrazioni aggiudicatrici (off balance) a condizione che sussista un sostanziale trasferimento del rischio a carico del soggetto privato (15). Sulla falsariga della Dir. 2014/23/UE e nel rispetto dei principi della legge delega n. 11 del 2016, nella prospettiva del nuovo Codice la nozione di rischio è presente nella definizione di contratto di concessione. Secondo l’art. 165, comma 1, infatti, i contratti di concessione “comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo”, definito dall’art. 3, comma 1, lett. zz) quale “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi. Si considera che il concessionario assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione. La parte del rischio trasferita al concessionario deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile” (16). Quanto all’ambito applicativo del rischio operativo questo non sembra limitarsi alla concessione, ma pare abbracciare tutta la macro categoria dei contratti di partenariato pubblico-privato come richiamati dall’art. 180, ultimo comma (17). In vero, al legislatore delegato non interessa la limitazione quanto l’esclusione del rischio. Secondo quanto, del resto, affermato già nella direttiva del 2014, infatti, “(il) fatto che il rischio sia limitato sin dall’inizio non dovrebbe escludere che il contratto si configuri come concessione” (18), salva, in ogni caso, la necessità che, come accennato, la parte del rischio trasferita al concessionario comporti “una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile”. L’importanza di un trasferimento effettivo del rischio è stata di recente sottolineata in un documento di consultazione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, in cui si è affermata la necessità “sia per prevenire il contenzioso che per evitare un’allocazione solo formale dei rischi al privato, che i rischi connessi alla costruzione e gestione dell’opera o del servizio oggetto del contratto di PPP siano chiaramente identificati, valutati e posti in capo al soggetto più in grado di farsene carico, fermo restando che l’operatore economico ne dovrà sopportare la maggioranza” (19). Il significato più controverso della nozione di rischio operativo risiede nella parte in cui la disposizione di cui all’art. 3, comma 1, lett. zz) definisce tale rischio quale quello comprensivo non soltanto di un rischio sul lato della domanda, ma anche su quello “dell’offerta, o di entrambi”. Se appare evidente il tentativo da parte del legislatore di limitare il più possibile le ipotesi in cui, per inesperienza dell’amministrazione o per l’asimmetria informativa che sovente ridonda ai danni del concedente pubblico, il concessionario riesce in virtù della propria competenza a strappare vantaggi economici che si traducono in limitazioni della soglia di rischio di gestione (20), occorre, d’altra parte, rilevare che l’esegesi normativa sembra richiedere una qualche precisazione sulla natura e portata del rischio con riguardo al contratto di concessione di cui all’art. 165. A tale scopo occorre ricordare che nella concessione di lavori e servizi, ai sensi dell’art. 165, comma 1, “la maggior parte dei ricavi di gestione del concessionario proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato”. Il rischio in questione, per riprendere le parole della direttiva del 2014, risulta, pertanto, quello associato all’offerta dei lavori o servizi che sono oggetto del contratto, in particolare il rischio che la fornitura di servizi non corrisponda alla domanda. Si tratta, pertanto, del tipico rischio di domanda. (15) F. Goisis, Rischio economico, trilateralità e traslatività nel concetto europeo di concessione di servizi e di lavori, Dir. amm., 2011, 729 ss. (16) U. Realfonso, I contratti di concessione, in F. Caringella - P. Mantini - M. Giustiniani (a cura di), Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Roma, 2016, 391 ss. (17) A. Arona, Linee guida in arrivo, l’Anac fa chiarezza: “rischio operativo” ai privati non solo nelle concessioni ma anche nel PPP, in Il nuovo Codice: concessioni e PPP. Le novità del dlgs 50/2016 e i primi indirizzi dell’Anac, in Edilizia e territorio, n. 5, maggio 2016, 8. (18) Si tratta del considerando n. 19 in cui si rileva che “Può essere questo il caso, per esempio, di settori con tariffe regolamentate o dove il rischio operativo sia limitato mediante accordi di natura contrattuale che prevedono una compensazione parziale, inclusa una compensazione in caso di cessazione anticipata della concessione per motivi imputabili all’amministrazione aggiudicatrice o all’ente aggiudicatore ovvero per cause di forza maggiore”. (19) Autorità Nazionale Anticorruzione, Documento di consultazione “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico-privato”, 3. (20) M. Ricchi, La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, 2014, 745, in cui l’autore elenca una casistica delle ipotesi elusive dell’obbligo del concessionario di trattenere il rischio operativo. 942 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Il ruolo del rischio operativo spiega il peso ricoperto nella disciplina dall’equilibrio economico-finanziario della gestione. La disciplina previgente era già avvertita sul punto: la disposizione di cui all’art. 143 del Codice del 2006, infatti, lo richiamava ripetutamente con riguardo alla possibilità di stabilire prezzi in sede di gara, alla cessione in proprietà o in diritto di godimento di beni immobili, alla durata della concessione, alla revisione dei dati economici ed ai presupposti stabiliti nella convenzione originaria. La nuova disciplina gli dedica una definizione apposita, per cui, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. fff) per equilibrio economico-finanziario si deve intendere “la contemporanea presenza delle condizioni di convenienza economica e sostenibilità finanziaria. Per convenienza economica si intende la capacità del progetto di creare valore nell’ar- co dell’efficacia del contratto e di generare un livello di redditività adeguato; per sostenibilità finanziaria si intende la capacità del progetto di generare flussi di cassa sufficienti a garantire il rimborso del finanziamento”. La disciplina attuale tratteggia meglio che in passato la correlazione tra rischio ed equilibrio economico-finanziario, là dove la norma di cui all’art. 165, comma 1, prevede che il rischio operativo deve essere riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni relative ai costi e ai ricavi oggetto della concessione incidano sull’equilibrio economico finanziario. E, per quanto costituisse un dato implicito già nel regime previgente, appare comunque opportuno che il legislatore delegato abbia previsto espressamente che l’equilibrio economico-finanziario rappresenti “il presupposto per la corretta allocazione dei rischi”. Del resto, la giurisprudenza aveva già evidenziato da tempo l’importanza del documento chiamato a certificare la validità economico-finanziario dell’operazione. Con riguardo al piano economico-finanziario, infatti, il giudice amministrativo ha individuato nella validità economico-finanziaria del progetto “il presupposto dell’intera operazione di project financing” (23) ed ha qualificato ogni valutazione sulla effettiva e concreta redditività dell’operazione quale attività di interesse pubblico (24). E ciò spiega perché nella disciplina della finanza di progetto la medesima giurisprudenza abbia posto a carico dell’amministrazione l’obbligo di verificare la coerenza e la congruità del piano in termini di attendibilità della proposta circa la gestione dell’opera e la certezza sulla realizzazione dell’operazione (25). Con la conseguenza che nel caso dell’incapacità del progetto di (auto)finanziamento dell’at- (21) Per una distinzione tra la tipologia di rischio e le fattispecie di cui agli artt. 165 e 180 si richiama M. Ricchi, Concessioni e PPP, così il Dlgs 50/2016 attua la direttiva europea dividendo i rischi di domanda da quelli di offerta, Il nuovo Codice: concessioni e PPP. Le novità del dlgs 50/2016 e i primi indirizzi dell’Anac, in Edilizia e territorio, n. 5, maggio 2016, 10 ss.; in una prospettiva analoga R. Dalla Longa, Ecco la differenza tra concessioni e Ppp: il rischio operativo (di mercato) solo per le prime, di disponibilità nel Ppp, ivi, 18 ss. (22) Non a caso al rischio di disponibilità aveva già fatto richiamo la già menzionata decisione Eurostat del 2004 per le ipotesi in cui il soggetto pubblico risulta essere l’acquirente principale dei servizi (cc.dd. opere fredde) con la conseguenza che il flusso dei ricavi provenienti dagli utenti finali rappresenta una parte minoritaria dei ricavi complessivi del concessionario (ad es. ospedali, scuole, carceri, uffici pubblici). Sul punto e per un approfondimento sui problemi posti dall’applicazione delle regole contabili europee v. L. Martiniello, Le regole di contabilizzazione delle operazioni di “Concessione” e di “Partenariato Pubblico Privato” per il soggetto pubblico e privato, in Finanza di Progetto e Partenariato Pubblico-Privato, cit., 441 ss. (23) Cons. Stato, Sez. V, 23 marzo 2009, n. 1741, in questa Rivista, 2009, 836, con nota di M. Allena; Cons. Stato, Sez. V, 30 gennaio 2009, n. 4346, www.giustizia.amministrativa.it, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 28 maggio 2010, n. 1701, www.giustamm.it; A. Plaisanti, Art. 143, in S. Baccarini - G. Chiné - R. Proietti (a cura di), Codice dell’appalto pubblico, Milano, 2015, 1627. (24) Si richiama Cons. Stato, Sez. IV, 16 giugno 2008, n. 2979, secondo cui alle valutazioni sulla vantaggiosità dell’offerta “non solo, secondo il Collegio, non risulta estranea, ma è logicamente conferente, ogni valutazione (considerata di pubblico interesse) sulla effettiva e concreta redditività dell’operazione (...)”; analogamente, Cons. Stato, Sez. V, 15 settembre 2009, n. 5503, www.giustizia-amministrativa.it; per una rassegna giurisprudenziale risulta tuttora utile la lettura di T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, 23 aprile 2008, n. 1552 (punto 2.2 in diritto). (25) Cons. Stato, Sez. V, 17 novembre 2006, n. 6727 (punto 24 in diritto); T.A.R. Emilia Romagna, 20 maggio 2004, n. 762; sulla necessità che vi sia certezza su tutte le poste economiche in gioco, inclusi gli eventuali apporti finanziari di parte Più difficile pare, invece, riferire alla medesima tipologia concessoria anche il rischio sul lato dell’offerta. In tal caso, infatti, il rischio operativo pare riferito a quelle operazioni i cui proventi derivano dal soggetto concedente in quanto utente finale dell’infrastruttura e riguarda le ipotesi ascrivibili alle ipotesi di contratto di partenariato pubblico-privato di cui all’art. 180 del Codice (21). In tali casi, pertanto, il rischio operativo deve essere declinato come rischio di disponibilità inteso, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. bbb) del Codice come “il rischio legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità previsti” (22). Rischio ed equilibrio economicofinanziario dell’investimento: novità e conferme del regime concessorio. La necessaria bancabilità dell’investimento Urbanistica e appalti 8-9/2016 943 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti tività e della insostenibilità economico-finanziaria dell’intera operazione - e, pertanto, nell’ipotesi di violazione del principio di equilibrio economico-finanziario- la proposta dell’aspirante concessionario deve “essere valutata inidonea allo scopo” e, pertanto, giudicata inammissibile (26). Un profilo a parte merita la c.d. bancabilità dell’investimento consistente nelle condizioni che gli istituti di credito richiedono per erogare il finanziamento (27). La Dir. 2014/23/UE, in vero, nulla dice sul punto. E la ragione deve rintracciarsi nella avversione del legislatore europeo per ogni regolazione dei rapporti privati, cui sono ovviamente riconducibili quelli tra concessionario ed istituti di credito, lasciati, pertanto, alla libera negoziazione di mercato. Meno disinteressato risulta, invece, il legislatore nazionale; e ciò sulla scorta di un’esperienza nostrana che ha dimostrato da tempo l’incidenza della bancabilità sulla realizzazione effettiva dell’opera. Importanti indicazioni erano, in verità, già presenti nell’art. 143, comma 8 bis, che affidava alla convenzione l’indicazione della capacità di rimborso del debito, e nell’art. 144, commi 3 bis, ter e quater contenenti buona parte delle previsioni di cui all’attuale art. 165 con riguardo alla disciplina dei bandi e delle offerte ed alla necessità di indicazioni chiare sulla bancabilità dell’investimento. Ad ogni modo, la disciplina di cui al comma 3 dell’art. 165 intende rafforzare ulteriormente l’importanza della bancabilità dell’opera allorché condiziona la sottoscrizione del contratto di concessione “dopo la presentazione di idonea documentazione inerente il finanziamento dell’opera”. E ciò malgrado la disposizione non sembri adeguatamente chiarire quando tale idoneità possa dirsi raggiunta. Allo stesso tempo, anche il termine previsto per la risoluzione di diritto del contratto di concessione dodici mesi in luogo dei precedenti ventiquattro in mancanza dell’avvenuto perfezionamento del pubblica, si richiama T.A.R. Lazio, Roma, III bis, 13 febbraio 2007, n. 1321, www.giustamm.it, riguardante la illegittimità di un avviso pubblico che non indicava con certezza le disponibilità finanziarie pubbliche, in modo da condizionare i contenuti del piano economico-finanziario. (26) Cons. Stato, n. 3916/2002 (punto 3 in diritto), cit.; Cons. Stato, Sez. V, n. 5503/2009, cit.; Cons. Stato, Sez. V, 10 novembre 2005, n. 6287 (punto 4 in diritto), www.giustamm.it. Merita ricordare che l’obbligo di verifica di sostenibilità finanziaria dell’operazione a carico del soggetto concedente non può ritenersi assolto dal rilascio dell’asseverazione bancaria definita dalla giurisprudenza “l’utile presupposto per un primo esame del progetto”, Cons. Stato, Sez. V, n. 5503/2009, cit.; sul punto di recente Cons. Stato, Sez. V, 10 gennaio 2012, n. 39 (punto 3 in diritto); prospettiva assai diversa era stata seguita all’epoca dall’Autorità di vigilanza allorché aveva qualificato l’attività di asseverazione quale “esercizio di una funzione di ri- 944 contratto di finanziamento segnala la preoccupazione che intervenga rapidamente chiarezza su uno dei cardini su cui si regge l’equilibrio economico-finanziario dell’investimento. Durata della concessione e limiti agli apporti economici a favore del concessionario L’avversione del diritto europeo per le concessioni di durata illimitata o sovradimensionata si spiega in considerazione che “le concessioni di durata molto lunga possono dar luogo alla preclusione dell’accesso al mercato, ostacolando così la libera circolazione dei servizi e la libertà di stabilimento” con il rischio, pertanto, di creare extraprofitti al concessionario. Allo stesso tempo, tuttavia, è presente sempre nell’ordinamento comunitario la consapevolezza che la durata di un contratto concessorio “può essere giustificata se è indispensabile per consentire al concessionario di recuperare gli investimenti previsti per eseguire la concessione, nonché di ottenere un ritorno sul capitale investito” (28). Per questa ragione una durata tipo della concessione appare di ardua definizione a causa della variabilità degli elementi che determinano la sostenibilità economico-finanziaria dell’opera. In tal modo, si spiega che la durata delle concessioni debba essere limitata e determinata, secondo quanto previsto dalla direttiva e ribadito dall’art. 168, comma 1, del Codice tenendo conto di alcuni parametri, in particolare dei lavori o servizi richiesti al concessionario, cui il Codice aggiunge la dizione incerta - e forse pleonastica - del valore della concessione e della complessità organizzativa dell’oggetto della stessa. In ogni caso, criterio di riferimento resta quello per cui la durata massima della concessione “non può essere superiore al periodo di tempo necessario al recupero degli investimenti levanza pubblicistica”, consistente in “un esame critico ed analitico del progetto, in cui vengono valutati gli aspetti legati alla fattibilità dell’intervento, alla sua remuneratività ed alla capacità di generare flussi di cassa positivi”, n. 34/2000, cit.; successivamente l’Autorità ha corretto, ad ogni modo, la propria impostazione escludendo che con l’asseverazione si “determini un rapporto diretto tra amministrazione pubblica e sistema bancario, in quanto l’amministrazione utilizza per una propria autonoma valutazione le risultanze di un’attività di diritto privato posta in essere dalle banche, che non per questo muta il proprio carattere privatistico originario”, determinazione n. 34/2001, cit.; sulle questioni legate all’asseverazione si richiamano le osservazioni di G. Fidone, L’asseverazione bancaria del piano economico finanziario, in Finanza di progetto - Temi e prospettive, cit., 243 ss. (27) U. Realfonso, I contratti di concessione, cit., 396 ss. (28) Dir. 23/2014/UE cons. n. 52. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti da parte del concessionario individuato sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici come risultante del piano economico-finanziario”. Con ciò appare chiaro che, proprio perché il Codice attuale a differenza del precedente non pone alcun limite massimo di durata alla concessione, sarà buona prassi legarne la lunghezza ad una puntuale motivazione articolata sui parametri di tenuta dell’equilibrio economico-finanziario dell’investimento e delle relative componenti (29). Proprio tra le componenti dell’equilibrio economico-finanziario trova collocazione il contributo economico del concedente a favore del concessionario. Tale possibilità, già nota e codificata nel Codice previgente, appare confermata anche dal nuovo. La prassi applicativa presenta, accanto ad alcune luci, non poche ombre: il conferimento di un bene patrimoniale, infatti, facilita senza dubbio la possibilità del ricorso alla disciplina della concessione con il possibile inconveniente, tuttavia, che sia proprio la contribuzione pubblica, talora persino più della medesima redditività dell’infrastruttura, ad attrarre il capitale privato alla realizzazione di opere pubbliche (30). Con la conseguenza che lo spostamento dell’attenzione dalla redditività della gestione al valore degli apporti in conto capitale o in conto gestione rischia di determinare un regime contrattuale elusivo del paradigma concessorio perché focalizzato sull’acquisizione del bene patrimoniale a scapito del valore funzionale dell’opera e della qualità del servizio per i bisogni dell’utenza. In ogni caso, la legittimità del conferimento di un bene economico al concessionario è stata riconosciuta in linea di principio dalla stessa Commissione Europea (31). Tuttavia, sin dalla comunicazione interpretativa del 2000 l’esecutivo comunitario ha asserito che, siccome il regime della concessione di lavori pubblici si caratterizza per il trasferimento del rischio economico al privato, occorre che “il prezzo versato copr(a) solo una parte del costo dell’opera e della sua gestione”. Di conseguenza, se il soggetto concedente sopporta la maggior parte dell’alea legata alla gestione dell’opera “l’elemento ‘rischio’ viene a mancare” ed il contratto stipulato è riferibile alla tipologia del contratto di appalto pubblico di lavori (32). Il possibile conferimento di un bene patrimoniale a favore del concessionario è contemplato, altresì, dalla disciplina del Codice. Del resto, come accennato, la direttiva del 2014 vieta l’eliminazione del rischio del concessionario, ma non la sua limitazione (cons. 19). Né un divieto era posto dal Codice previgente che, per contro, prevedeva la possibilità che il concedente stabilisse in sede di gara “anche un prezzo”, seppur limitandolo ad ipotesi ben precise. Di conseguenza, “anche un prezzo consistente in un contributo pubblico ovvero nella cessione di beni immobili” è previsto, altresì, dall’art. 165, comma 3 del nuovo Codice, a condizione, tuttavia, che sia funzionale al mantenimento dell’equilibrio economico-finanziario. In tal caso, la vera novità appare semmai il ripristino da parte dell’ordinamento nazionale di un limite quantitativo invalicabile: “l’eventuale riconoscimento del prezzo, sommato al valore di eventuali garanzie pubbliche o di ulteriori meccanismi di finanziamento a carico della pubblica amministrazione, non può essere superiore al 30% del costo dell’investimento complessivo, comprensivo di eventuali oneri finanziari”. (29) M. Ricchi, La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti pubblici, cit., 753. (30) Si pensi all’ipotesi ricorrente in cui, in mancanza di disponibilità finanziarie, il soggetto concedente decida di conferire un diritto immobiliare, il cui valore può essere ulteriormente accresciuto mediante le scelte operate in sede di pianificazione urbanistica ad opera della stessa stazione concedente, che vi potrà associare diritti edificatori ulteriori rispetto a quelli già previsti, oppure potrà autorizzare destinazioni d’uso economicamente più profittevoli; si richiama Unità Tecnica Finanza di Progetto, 10 temi per migliorare il ricorso alla finanza di progetto, febbraio 2005, 26. (31) Commissione delle Comunità Europee, 30 aprile 2004, Libro verde relativo ai Partenariati Pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (punto 22), COM (2004), 327 def.; secondo cui secondo cui il “tipo di retribuzione del co-contraente, consiste in compensi riscossi presso gli utenti del servizio, se necessario completata da sovvenzioni versate dall’autorità pubblica. (32) Commissione delle Comunità Europee, Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario (punto 2.1.2), cit., 7. (33) M.P. Chiti, Il Partenariato pubblico-privato e la nuova direttiva concessioni, in Finanza di Progetto e Partenariato Pubblico-Privato. Temi europei, istituti nazionali e operatività, cit., 18 ss. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Modifica e revisione della concessione Nella Dir. 2004/17/CE la disciplina sulla esecuzione del contratto di concessione non aveva ricevuto un autonomo riconoscimento e ciò malgrado la lunga durata che caratterizza il rapporto concessorio sia spesso foriera di implicazioni sull’originario assetto contrattuale (33). Del resto, la fase esecutiva del contratto non rientra in linea di principio nella libera disponibilità delle parti e, per le medesime ragioni, ogni mutamento delle circostanze ori- 945 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti ginarie in danno del profitto d’impresa non consente di per sé l’applicazione dei principi civilistici in materia di obbligazioni e contratti. Valgono, infatti, i limiti opposti dall’ordinamento nazionale e dai principi europei. Quanto ai primi, la giurisprudenza del giudice amministrativo ha escluso la modifica delle condizioni contrattuali di affidamento “perché in ogni caso non vi è la capacità di agire dell’Ente in tal senso e, inoltre, vi è la palese violazione delle regole di concorrenza e di parità di condizioni tra i partecipanti alle gare pubbliche” (34); quanto ai principi europei, la stessa Commissione Europea ha da tempo affermato che i principi del Trattato “si oppongono a qualsivoglia intervento del partner pubblico successivo alla selezione di un partner privato che sia tale da pregiudicare la parità di trattamento tra operatori economici” (35), concludendosi, pertanto, che “Le modifiche che intervengono in fase di esecuzione di un Partenariato Pubblico Privato, quando non sono contemplate dai documenti contrattuali, sortiscono l’effetto di rimettere in discussione il principio di parità degli operatori economici” (36). Il quadro normativo appare profondamente mutato a seguito della direttiva del 2014 e del nuovo Codice. La direttiva europea riconosce, infatti, la possibilità che l’insorgere di circostanze imprevedibili al momento della aggiudicazione rendano “necessaria una certa flessibilità per adattare la concessione alle circostanze senza ricorrere a una nuova procedura di aggiudicazione” (cons. 76). Allo stesso tempo si ritiene che i soggetti concedenti “dovrebbero avere la possibilità di prevedere modifiche alla concessione per mezzo di clausole di revisione o di opzione, ma senza che tali clausole conferiscano loro una discrezionalità illimitata” (cons. 78). All’interno di tali criteri direttivi si colloca la disciplina dell’art. 175 del Codice che riflette quasi alla lettera l’art. 43 della direttiva (37). La disposizione presenta un’articolata serie di ipotesi in cui il contratto concessorio può essere modificato dalle parti senza che sia necessario il ricorso ad una nuova procedura di aggiudicazione. Occorre non di meno precisare che si tratta di ipotesi sovente conosciute dalla prassi e oggetto in passato di esame da parte della Commissione o della giurisprudenza (38). Tra le ipotesi suddette la disposizione, infatti, enuncia la revisione prevista dai documenti di gara in clausole chiare, precise e inequivocabili, i lavori o servizi supplementari non previsti nella concessione iniziale, la modifica della concessione determinata da circostanze non prevedibili dal concedente, la sostituzione dell’originario concessionario in conseguenza della previsione di una clausola o opzione di revisione, o di successione a causa di ristrutturazioni societarie di altro operatore che comunque soddisfi gli originari criteri di selezione qualitativa e, infine, la modifica di carattere non sostanziale. Semmai sia consentito ravvisare un’opinabile singolarità. Ad esempio, a differenza della omologa disciplina del contratto di appalto, la quale all’art. 106, comma 7, individua per le modifiche consentite il tetto del 50% del valore del contratto iniziale, precisando che, in caso di più modifiche, tale limitazione si applica al valore di ciascuna modifica, invece, la disciplina di cui all’art. 175, comma 2, per il contratto di concessione stabilisce inopinatamente che suddetto limite del 50% sia riferito al “valore della concessione iniziale”. A sua volta, anche la nozione di modifica sostanziale sembra doversi riportare ai precedenti indirizzi interpretativi, ad iniziare dal profilo definitorio generale che individua una modifica sostanziale in quella che “altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto”. Proprio perché la nozione di “modifica sostanziale” è destinata a costituire il criterio di riferimento generale per ovviare alla necessità di una nuova procedura di aggiudicazione, la disposizione di cui all’art. 175, comma 7, con- (34) Cons. Stato, Sez. V, 18 gennaio 2006, n. 126, www.giustamm.it. (35) Commissione delle Comunità Europee, Libro verde relativo ai Partenariati Pubblico-privati ed al diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (punto 42), COM (2004) 327 def. (36) Ivi (punto 49); merita ricordare che la stessa Commissione in precedenza ha affermato che “qualora il concessionario riceva, in maniera diretta o indiretta, durante la vigenza del contratto o anche alla scadenza di questo, una remunerazione (sotto forma di rimborso, ripianamento perdite o altro) diversa da quella derivante dalla gestione, il contratto non potrebbe più essere qualificato come concessione”, in Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario (punto 2.1.2, 7 nt. n. 9). (37) Per un primo commento, U. Realfonzo, I contratti di concessione, cit., 436 ss. (38) Si v. Commissione Europea, Comunicazione interpretativa sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI), 2008/C 91/02; seppur in materia di contratto di appalto si veda già Corte di Giustizia 29 aprile 2004 in causa C496/99, Commissione/CAS Succhi di Frutta Spa (punti 118 ss.); Cons. Stato, Sez. III, 5 luglio 2103, n. 3580, www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Piemonte, Torino, 12 giugno 2014, n. 1029, in questa Rivista, 2014, 1080 ss., con nota di S. Calvetti. 946 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti templa una articolata serie di ipotesi al cui avverarsi si è in presenza di una modifica tale da “presumere un’influenza ipotetica sul risultato” (39). Anche in tal caso non è difficile rilevare che in questione è il rispetto delle regole di concorrenza (40). Lo attestano le ipotesi ivi richiamate e riferite ai casi in cui la modifica introduca condizioni che, se tempestivamente conosciute, avrebbero consentito l’ammissione di candidati ulteriori o diversi da quelli originariamente selezionati, oppure determini l’accettazione di un’offerta diversa da quella accettata, o ancora, come ricordato, allorché la modifica introdotta muti l’equilibrio economico della concessione a favore del concessionario in modo non previsto dalla concessione iniziale, o si assista all’estensione notevole dell’ambito di applicazione della concessione o, infine, si verifichi una sostituzione dell’originario concessionario in casi diversi da quelli consentiti dalla disposizione in esame. Oltre alla possibilità di modifica del contratto il Codice prevede la possibilità di una sua revisione. La disposizione di cui all’art. 175, comma 6, prevede, infatti, che “Il verificarsi di fatti non riconducibili al concessionario che incidono sull’equilibrio del piano economico-finanziario può comportare la sua revisione da attuare mediante la rideterminazione delle condizioni di equilibrio”. Tale previsione non è inedita nel panorama nazionale. La norma contenuta nell’art. 143, comma 8 nella versione del Codice previgente prevedeva, infatti, che le variazioni dei presupposti e delle condizioni di base che determinano l’equilibrio economico degli investimenti e della gestione “apportate dalla stazione appaltante (...), nonché le norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o che comunque incidono sull’equilibrio del piano economico-finanziario (...) comportano la sua necessaria revisione, da attuare mediante rideterminazione delle nuove condizioni di equi- librio...”. La revisione del contratto di concessione era, pertanto, consentita, ma limitata alle ipotesi ascrivibili al factum principis (41). Soltanto in tale evenienza, pertanto, il concessionario poteva esercitare il diritto di recesso. Per contro, nell’ipotesi in cui l’equilibrio economico-finanziario fosse compromesso per cause non direttamente addebitabili al concedente non risultava possibile invocare il sostegno dell’ente pubblico, pena altrimenti la lesione delle regole di concorrenza e l’indebito trasferimento del rischio economico-finanziario all’Amministrazione aggiudicatrice (42). La previsione di cui all’art. 165, comma 6, sembra presentare sul punto una novità: la revisione è possibile, infatti, per ogni fatto o accadimento non riconducibile al concessionario. In tal modo, il limite precedente del factum principis pare suscettibile di essere attenuato: ogni fatto, infatti, sembra legittimare la revisione del contratto purché non sia direttamente addebitabile al concessionario. Inutile dire che tale previsione pare allargare la possibilità di contrasti tra le parti contrattuali imponendo alla stazione concedente ogni possibile tentativo per scongiurare l’esercizio del diritto di recesso. Sulla disciplina della revisione è intervenuta di recente anche l’Anac con il documento di consultazione già richiamato, in cui, oltre a ribadire che la revisione del piano economico-finanziario deve procedere “solo nei limiti di quanto necessario a neutralizzare gli effetti derivanti dall’evento non imputabile al Concessionario”, sottolinea l’importanza che gli eventi non imputabili all’operatore economico che danno diritto a tale revisione siano chiaramente individuati (43). La prassi applicativa e gli orientamenti della giurisprudenza daranno le opportune indicazioni per una interpretazione della norma conforme ai principi del diritto europeo. (39) Cons. n. 67 della Dir. 23/2014/UE. (40) E dei relativi corollari costituiti dai principi del diritto europeo in materia di contratti pubblici; sulla disciplina del diritto di concorrenza europeo quale risultato dei principi di divieto di discriminazione, trasparenza e rimozione dei limiti all’accesso si richiamano i rilievi di S. Arrowsmith, The Purpose of the EU Procurement Directives: Ends, Means and the Implications for National Regulatory Space for Commercial and Horizontal Procurement Policies, in Cambridge Yearbook of European Legal Studies, 14, 2011-2012, 6 ss. (41) G.F. Cartei, Rischio operativo, equilibrio economico-finanziario e disciplina delle sopravvenienze, in Finanza di Proget- to e Partenariato Pubblico-Privato, cit., 41 ss. (42) Con riferimento ad una clausola convenzionale che attribuisce al concessionario la facoltà di revoca/revisione delle condizioni contrattuali in relazione al mutamento delle condizioni del mercato finanziario si richiama la massima dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, determinazione 22 aprile 2009, n. 37. (43) Autorità Nazionale Anticorruzione, Documento di consultazione “Monitoraggio delle amministrazioni aggiudicatrici sull’attività dell’operatore economico nei contratti di partenariato pubblico-privato”, 10. Urbanistica e appalti 8-9/2016 947 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Contratti sotto soglia Soglie di rilevanza comunitaria nel Codice dei contratti pubblici di Francesco Manganaro I contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria sono stati spesso oggetto di una sottovalutazione del legislatore in quanto ritenuti di minore interesse economico. La rilevanza di tali contratti - quantitativamente molto numerosi - ha indotto il legislatore europeo ad una regolazione specifica, in cui confluiscono principi comunitari e peculiari regole nazionali. Il nuovo Codice dei contratti pubblici, pur lasciando sostanzialmente immutate le soglie, introduce numerose eccezioni alle regole generali, al fine di non aggravare eccessivamente il procedimento. L’evoluzione delle soglie come strumento di inclusione dei contratti sotto soglia nel regime di garanzia europeo La vicenda dell’individuazione di soglie quantitative per l’applicazione della disciplina europea dei contratti pubblici ha caratterizzato la storia degli appalti nel nostro Paese. Prima dell’entrata in vigore del Codice del 2006, la materia era sottoposta ad una disciplina formatasi attraverso una progressiva stratificazione, che aveva comportato notevole confusione applicativa ed ermeneutica. Superata la vetusta disciplina della contabilità di Stato, gli appalti di lavori erano stati oggetto delle varie leggi Merloni, mentre gli appalti di servizi e forniture avevano avuto una prima regolamentazione nel D.Lgs. 24 luglio 1992, n. 358, che disciplinava le forniture superiori a 200.000 ecu e nel D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 per la disciplina dei servizi superiori a 200.000 ecu; i contratti di fornitura sotto soglia venivano, invece, regolati con il d.P.R. 18 aprile 1994, n. 573. La tendenza normativa e giurisprudenziale è stata sempre più protesa a ricomprendere i contratti sotto soglia nell’area dell’evidenza pubblica regolata dalle norme europee, seppure con i temperamenti dovuti alla presunta rilevanza secondaria di contratti di minore importo economico ed alla necessità di non sottoporre ad eccessi procedimentali anche amministrazioni di piccole dimensioni. Un ruolo rilevante in tal senso è stato svolto dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, secondo cui, anche per appalti inferiori al valore previsto 948 dalla Dir. 93/37, si applicava egualmente l’art. 30 del Trattato, con la conseguenza che un’amministrazione aggiudicatrice non poteva inserire nel capitolato d’oneri una clausola che prescrivesse l’impiego di un prodotto di una determinata marca senza aggiungere la menzione “o equivalente”, poiché altrimenti si sarebbe impedita la circolazione intraeuropea delle merci (Corte di Giustizia 24 gennaio 1995, causa C-359/93). Questo orientamento era confermato anche dalle circolari della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le politiche europee, che - richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia - indicavano come applicabili a tutti i contratti i principi del Trattato e delle direttive comunitarie in materia. In questo senso si esprimeva ad esempio la circ. 6 giugno 2002, n. 8756, che richiamando alcune decisioni della Corte di giustizia (cfr. ord. 3 dicembre 2001, in C-59/00, e sent. 7 dicembre 2000, causa C-324, Teleaustria c. Post & Telekom Austria), evidenziava che tali appalti sono sottoposti al diritto europeo, “pacifico essendo che le amministrazioni aggiudicatrici che li stipulano sono comunque tenute a rispettare i principi fondamentali del Trattato”. Anche con la circ. 29 aprile 2004, la Presidenza del Consiglio dei ministri, nell’indicare le specifiche tecniche degli appalti pubblici di forniture sotto soglia affermava che, nonostante la mancanza di un’esplicita previsione in materia, le specifiche tecniche avevano una disciplina analoga ai contratti sopra soglia, considerandosi illegittima ogni indicazione che consentisse di individuare marchi, brevetti o tipi. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti In questo solco interpretativo si è inserita la giurisprudenza del Consiglio di Stato, che ha ammesso la competenza normativa europea anche per i contratti sotto soglia, con la conseguente giurisdizione amministrativa in caso di conflitto (1). Il concetto di soglia come criterio di riparto di competenze normative tra diritto europeo e diritto nazionale Prendendo spunto dalla giurisprudenza appena citata, si è aperta una discussione sul significato da attribuire alla soglia come possibile spartiacque tra competenza normativa degli Stati nazionali e dell’UE. Il punto critico è se la soglia possa essere ridotta dal legislatore europeo, dal punto di vista quantitativo, fino a rendere superflua ogni regolazione statale (2). In realtà, ogni criterio di riparto tra competenze normative europee e nazionali deve essere ricondotto al principio di sussidiarietà verticale. Posto che simile principio implica che scelte pubbliche siano preferibilmente adottate dal livello di governo “più vicino possibile ai cittadini”, se ne deve dedurre che un intervento legislativo europeo possa giustificarsi solo laddove l’azione regolatrice del legislatore nazionale possa rivelarsi inadeguata. Tuttavia, l’evoluzione della disciplina nazionale dimostra l’influenza di quella europea, fino ad estendere quanto più possibile il regime dei contratti sopra soglia a quelli sotto soglia, ma sempre lasciando al legislatore nazionale la libertà di adottare tale soluzione. Emerge, dunque, l’idea di una onnicomprensività del diritto europeo il quale, lungi dall’imporre a tutte le stazioni appaltanti obblighi eccessivamente rigidi, si dimostra piuttosto flessibile, graduando i suddetti obblighi in virtù dell’ammontare dell’appalto. Inquadrata in una simile visione, la soglia rappresenta solo un primo parametro di distinzione fra interesse europeo ed interesse nazionale, distinzione, (1) Cons. Stato, Sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934, in Foro amm. CDS, 2002, 439. (2) A. Police, Le limitazioni dell’ambito soggettivo di applicazione fissate in soglie di valore, in R. Garofoli - M. A. Sandulli (a cura di), Il nuovo diritto degli appalti pubblici nella direttiva 2004/18/CE e nella legge europea n. 62/2005, Milano, 2006, 137 ss. (3) P. Del Vecchio, Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori ordinari. Contatti sotto soglia europea, in M. Sanino (a cura di), Commento al Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. D. Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, Torino, 2006, 415 ss.; M. Greco - A. Massari, Il nuovo codice dei contratti pubblici, Rimini, 2006; L. D’Ottavi, Commento Agli artt. 121-125, in AA.VV., Commento al codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Torino, 2007, 279 ss.; R. De Urbanistica e appalti 8-9/2016 a sua volta, necessaria per separare le competenze legislative fra i diversi ordinamenti. A tale parametro quantitativo, infatti, il legislatore ne aggiunge altri, di volta in volta, onde specificare e differenziare ulteriormente gli obblighi dell’amministrazione appaltante. L’oggetto dei contratti sotto soglia La recente approvazione del nuovo Codice dei contratti pubblici ha di nuovo posto in luce la rilevanza degli appalti sotto soglia, che costituiscono gran parte dei contratti pubblici stipulati dalle stazioni appaltanti, a maggior ragione se le soglie fissate dal legislatore sono molto elevate (3). La questione era stata già oggetto di ampia discussione non solo sotto il precedente regime del D.Lgs. 163/2006, ma anche nelle more dell’approvazione del nuovo Codice, soprattutto per i rilievi proposti al testo originario dal Consiglio di Stato, che aveva osservato, proprio con riferimento ai contratti sotto soglia, una complessiva diminuzione delle garanzie rispetto alla previgente normativa. Nel corso degli anni, le soglie hanno subito numerosi e profondi mutamenti. Prima il Reg. 2009/1177/CE aveva ridotto, seppure di poco, gli importi delle soglie originariamente indicati dalle “direttive appalti” del 2004 e poi ripresi dal Codice. In seguito, tali importi sono stati, in parte, ulteriormente modificati dal Regolamento della Commissione dell’UE del 30 novembre 2011, n. 1251 ed infine dal Reg. (UE) n. 1336/2013, entrato in vigore il 1° gennaio 2014. Nel precedente Codice, come sistematicamente più corretto, l’indicazione delle soglie si trovava nei primissimi articoli. L’art. 3, comma 17 del Codice, facendo una sorta di sommario, stabiliva che fossero sotto soglia quei contratti il cui valore stimato, al netto dell’IVA, fosse inferiore alla soglia indicata negli artt. 28, 32, comma 1, lett. e), 91, 99, 196, 215, 235. Nictolis, Gli appalti sotto soglia, in R. De Nictolis (a cura di), I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Milano, 2007, 838 ss.; C. Giurdanella, Commento al Codice dei contratti pubblici, Napoli, 2007; R. Mangani - F. Marzari - D. Spinelli, Il nuovo codice dei contratti pubblici: analisi e commento delle novità in materia di appalti dopo l’emanazione del d.lgs. n. 163/2006, Milano, 2007; S. Buscema - A. Buscema, I contratti della pubblica amministrazione, Milano, 2008; T. Paparo, I contratti sotto soglia, in M. Clarich (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, Torino, 2010; C. Franchini (a cura di), I contratti di appalto pubblico, Torino, 2010; C. Franchini - F. Sciaudone (a cura di), Il recepimento in Italia delle nuove direttive appalti e concessioni, Napoli, 2015; F. Saitta (a cura di), Appalti e contratti pubblici. Commentario sistematico, Padova, 2016. 949 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Ciò significava, anche alla luce delle modifiche introdotte dai citati Reg. 2009/1177/CE e 2011/125 I/UE, che dovevano ritenersi sotto soglia i contratti per appalti e servizi inferiori a euro 134.000 (se aggiudicati da autorità governative) o a euro 207.000 (se affidati da altre PP.AA.) ed i contratti per appalti di lavori di importo inferiore ad euro 5.186.000 (art. 28, interpretato alla luce del Regolamento europeo n. 1336/2013). Erano considerati egualmente sotto soglia gli appalti di servizi affidati da soggetti privati di valore inferiore a euro 193.000, nonché i lavori di edilizia relativi ad ospedali, impianti sportivi, ricreativi e per il tempo libero, edifici scolastici e universitari, edifici destinati a funzioni pubbliche amministrative di importo superiore a un milione di euro, per la cui realizzazione era previsto un contributo di un’amministrazione aggiudicatrice superiore al 50% dell’importo dei servizi (art. 32, comma 1, lett. e); 1’ affidamento di incarichi di progettazione, di coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, di direzione dei lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione e di collaudo di importo pari o superiore a euro 100.000 (art. 91); i concorsi di progettazione di valore superiore a euro 125.000, se banditi da autorità governative od a euro 193.000 se banditi da altre amministrazioni o nei casi specifici indicati dall’art. 99; per gli appalti di forniture nel settore della difesa, la soglia era di euro 125.000 per i prodotti indicati nell’allegato V e di euro 193.000 per tutti gli altri (art. 196); la soglia diventava di euro 387.000 per appalti di fornitura e servizi o di euro 4.845.000 per gli appalti di lavori nei settori speciali (art. 215) e di euro 387.000 per i concorsi di progettazione nei suddetti settori speciali (art. 235). Tali soglie sono rimaste quasi inalterate nel nuovo Codice degli appalti. L’art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016 considera infatti sotto soglia gli appalti pubblici di lavori e le concessioni inferiori a euro 5.225.000. Stabilisce la soglia di euro 135.000 per gli appalti pubblici di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione aggiudicati da autorità governative centrali, di euro 209.000 per i medesimi appalti aggiudicati da amministrazioni sub statali e di euro 750.000 per gli appalti di servizi sociali. Per i settori speciali, si considerano sotto soglia i contratti inferiori ad euro 5.225.000 per gli appalti di lavori, ad euro 418.000 per gli appalti di forniture, di servizi e per i concorsi pubblici di progettazione, ad euro 1.000.000 per i contratti di servizi, per i servi- 950 zi sociali e per altri servizi specifici elencati all’allegato IX. Come si vede, le modificazioni quantitative sulle soglie nel nuovo Codice sono poche e marginali, mentre invece merita una maggiore attenzione la disciplina specifica introdotta negli articoli 35 e 36 del Codice, nonché altre numerose disposizioni sparse nello stesso testo normativo che attengono ai contratti sotto soglia. Il metodo di calcolo del valore dell’appalto A differenza del precedente Codice, il D.Lgs. n. 50/2016 si sofferma molto sulle modalità di determinazione del valore dell’appalto, per l’ovvia considerazione che da questo dipende l’applicazione o meno delle regole speciali dettate per i contratti sotto soglia. In generale, viene previsto come principio ispiratore che il calcolo del valore non possa essere fatto con l’intenzione di sottrarre l’appalto dall’ambito di applicazione delle disposizioni del Codice alle regole europee (art. 35, comma 6). Questo principio viene poi declinato in alcune regole relative al classico divieto di frazionamento (art. 35, comma 6) ed al modo di individuazione della soglia per appalti banditi da più unità operative della stessa amministrazione. Si prevede, a questo proposito, che “il calcolo del valore stimato di un appalto tiene conto del valore totale stimato per tutte le singole unità operative”. (art. 35, comma 5). Tuttavia, nello stesso comma si introduce una disposizione che rischia di vanificare quanto ora indicato. Si prevede, infatti, che “se un’unità operativa distinta è responsabile in modo indipendente del proprio appalto o di determinate categorie di esso, il valore dell’appalto può essere stimato con riferimento al valore attribuito dall’unità operativa distinta”. È del tutto evidente che l’interpretazione della norma - e quindi la determinazione del valore dell’appalto - dipende dal modo in cui si intenda l’autonomia della singola unità operativa. Si lascia così alla discrezionalità delle amministrazioni di individuare se un’unità operativa abbia o meno quella autonomia che le consentirebbe di gestire un appalto per un valore che non debba essere sommato con quello analogo previsto da altre unità operative della stessa amministrazione, configurandosi così un possibile frazionamento dell’importo di gara. Il legislatore inserisce altresì un’ulteriore più rilevante eccezione, consentendo, in deroga al regime Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti ordinario, che l’aggiudicazione avvenga per singoli lotti “senza applicare le disposizioni del presente codice, quando il valore stimato al netto dell’IVA del lotto sia inferiore a euro 80.000 per le forniture o i servizi oppure a euro 1.000.000 per i lavori, purché il valore cumulato dei lotti aggiudicati non superi il 20 per cento del valore complessivo di tutti i lotti in cui sono stati frazionati l’opera prevista, il progetto di acquisizione delle forniture omogenee, o il progetto di prestazione servizi” (art. 36, comma 11). La norma apre un’ulteriore più profonda breccia nell’obbligo di applicazione delle norme europee, prevedendo da un lato il divieto di frazionamento e dall’altro consentendolo, seppure in via eccezionale, per alcuni importi. Nella determinazione del valore dell’appalto, il comma 4 dell’art. 35 prevede che nel calcolo bisogna tener conto degli eventuali rinnovi stabiliti nei documenti di gara. Invero, tutta la disciplina dei lotti funzionali è di difficile interpretazione, poiché, se da un lato si stabilisce il divieto di frazionamento, dall’altro si incentiva la ripartizione in lotti funzionali di dimensioni adeguate a favorire l’accesso alle microimpese, piccole e medie imprese, tanto che le amministrazioni debbono motivare l’eventuale mancata suddivisione in lotti (art. 51, comma 1). Regole comuni ed eccezioni nei contratti sotto soglia Ai contratti sotto soglia si applicano i principi e le regole che attengono alla pubblicità, alla trasparenza ed all’accesso. Innanzitutto, si tenga conto che l’ordinamento nazionale, in fonti normative diverse dal Codice dei contratti pubblici, stabilisce regole generali sulla trasparenza e l’accesso comunque applicabili. Si pensi, ad esempio, all’accesso civico previsto dal D.Lgs. n. 33/2013 o agli istituti di partecipazione introdotti negli ordinamenti locali dagli Statuti. Vi sono poi i principi generali previsti dallo stesso Codice. Ai sensi dell’art. 4, l’affidamento dei contratti esclusi dall’ambito di applicazione del Codice avviene sempre nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, (4) Già T.A.R. Lazio, con la sentenza 23 agosto 2006, n. 7375 affermava che l’obbligo di seguire le norme di evidenza pubblica, ivi incluse quelle concernenti l’adeguata pubblicizzazione della selezione, è regola generale, valevole anche per i per gli appalti pubblici sotto soglia. (5) Secondo la giurisprudenza, consolidatasi sotto il vecchio Urbanistica e appalti 8-9/2016 trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica. In particolare, quanto alla pubblicità, quando l’art. 29 prevede gli obblighi di pubblicazione nella sezione “amministrazione trasparente” dei siti delle singole amministrazioni, si riferisce a “tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori”, senza eccezione alcuna per quanto concerne le soglie (4). Allo stesso modo, l’art. 30 stabilisce che l’affidamento e l’esecuzione dei contratti di appalto debbano garantire “principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”, nonché “i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità con le modalità indicate nel presente codice”. Tuttavia, è evidente che i contratti sotto soglia continuano a godere di un regime speciale, secondo alcuni giustificato dalla minore entità dell’importo e, perciò, dall’inutilità di aggravamenti procedimentali. Invero, si può dire che - come nel Codice precedente - i contratti sotto soglia vengono divisi in più categorie, prevedendo eccezioni più limitate per quelli che più si avvicinano alla soglia europea. Così i contratti di importo inferiore a euro 40.000 possono essere oggetto di affidamento diretto o, per i lavori, svolti in amministrazione diretta (art. 36, comma 2, lett. a). Questa ultima disposizione sui lavori sostituisce del tutto la previsione del codice precedente sul cottimo fiduciario nei lavori di basso importo. Elevandosi l’entità del contratto, le eccezioni al regime europeo continuano a sussistere, ma si attenuano. Così per affidamenti di importo pari o superiore a euro 40.000 e inferiore a euro 150.000 per i lavori, o alle soglie di cui all’art. 35 per le forniture e i servizi, si può adottare una procedura negoziata previa consultazione, ove esistenti, di almeno cinque operatori economici (oppure 10 per i lavori di importo pari o superiore a euro 150.000 ed inferiore a euro 1.000.000) individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti (art. 36, comma 2, lett. b e c) (5). Le eccezioni al regime ordinario non si fermano alle modalità di affidamento. Codice, la scelta delle imprese da invitare non rientra nell’ambito di una insindacabile discrezionalità dell’amministrazione, dovendo esse effettuare a tal fine un’accurata ricognizione del mercato (così, ad esempio, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 6 dicembre 2012, n. 2941). 951 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Per quanto concerne le commissioni di aggiudicazione, mentre per i contratti sopra soglia aggiudicati con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa la commissione deve - ai sensi del nuovo Codice - essere costituita da commissari scelti nel nuovo albo istituito presso ANAC, per i contratti sotto soglia e per quelli affidati tramite procedure telematiche, la commissione può essere nominata dalla stessa stazione appaltante tra i suoi componenti interni (art. 77, comma 1). Per i contatti sotto soglia di minore importo si applicano regole ancora più peculiari, trattandosi di contratti di valore più limitato rispetto alla soglia comunitaria e per i quali le eccezioni possono essere giustificate dalla necessità di non appesantire procedimenti per appalti di non eccessivo valore, pur se bisogna tener conto che si tratta dei contratti più numerosi (6). Non è prevista la necessità di qualificazione per le stazioni appaltanti per i contratti di servizi e forniture di importo inferiore a euro 40.000 e di lavori di importo inferiore a euro 150.000 (art. 37, comma 1). Inoltre, derogando alla preferenza accordata dal nuovo Codice al principio dell’offerta economicamente più vantaggiosa come metodo privilegiato di aggiudicazione, si stabilisce l’utilizzabilità del criterio del prezzo più basso per i servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo inferiore a euro 40.000, per i lavori fino a euro 1.000.000, per tutti i servizi e le forniture sotto soglia caratterizzate da elevata ripetitività, fatta eccezione per quelli di notevole contenuto tecnologico o che hanno un carattere innovativo (art. 95, commi 3 e 4). Se le eccezioni appena citate possono trovare una loro giustificazione nella sostanziale inutilità di aggravamenti procedimentali per appalti di minore entità, ciò che invece non trova spiegazione è la derogabilità del principio dello stand still, che invece, al di là dell’entità dell’appalto, è posto a garanzia dell’amministrazione al fine di evitare la stipula di contratti, possibili oggetto di controversie giurisdizionali. Per i contratti di importo più ridotto, nell’ambito dei sotto soglia, il Codice stabilisce l’inapplicabilità dello stand still per i lavori di importo inferiore ad euro 150.000 e per i servizi e le fornitura di importo inferiore alla soglia comunitaria (art. 32, comma Anche nel nuovo Codice si propone la vexata quaestio delle offerte anomale e dell’eventuale esclusione automatica di esse. Ai sensi dell’art. 97, comma 8 del Codice per lavori, servizi e forniture di importo inferiore alle soglie di cui all’art. 35, “la stazione appaltante può prevedere nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle offerte che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia” così come individuata nello stesso articolo al comma 2. Tuttavia, “la facoltà di esclusione automatica non è esercitabile quando il numero delle offerte ammesse è inferiore a dieci”. La scelta effettuata continua ad attribuire una discrezionalità all’amministrazione nel prevedere l’automatica esclusione. (6) F. Saitta, Interrogativi sul c.d. divieto di aggravamento: il difficile obiettivo di un’azione amministrativa “economica” tra li- bertà e ragionevole proporzionalità dell’istruttoria, in Dir. e soc., 2001, 491 ss. 952 10, lett. b), che rinvia all’art. 36, comma 2, lett. a) e b). Con ulteriore disposizione speciale è previsto che la stipulazione del contratto, per affidamenti di importo non superiore a euro 40.000, possa avvenire “mediante corrispondenza secondo l’uso del commercio consistente in un apposito scambio di lettere, anche tramite posta elettronica certificata o strumenti analoghi negli altri Stati membri” (art. 32, comma 14). Sul delicato punto del subappalto, dal disposto dell’art. 105 si desume che l’indicazione della terna di subappaltatori sia necessaria solo per i contratti sopra soglia, lasciando all’amministrazione la discrezionalità di prevederla anche per quelli sotto soglia. Infine, per quanto attiene ai settori esclusi, nel Codice del 2006, l’art. 238 disciplinava specificamente i contratti sotto soglia, stabilendo alcune eccezioni agli obblighi di preinformazione e successivi all’aggiudicazione, nonché riducendo i termini di ricezione delle domande di partecipazione e di ricezione delle offerte. Invece, nel Titolo VI, Capo I dell’attuale Codice, che regola gli appalti nei settori esclusi non vi è traccia di una norma specifica sugli appalti sotto soglia, lasciando all’interprete un’incertezza sulla disciplina applicabile, prevalendo l’ipotesi che, in mancanza di specifiche indicazioni diverse, si applichi anche ai settori esclusi la disciplina generale dei contratti sotto soglia prevista dagli artt. 35 e 36. Le offerte anomale Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti La questione si era già posta con la L. n. 109 del 1994, il cui comma 1 bis dell’art. 21 introduceva l’esclusione automatica delle offerte anomale ove il numero delle offerte valide non fosse inferiore a cinque. Il Codice del 2006 confermava l’esclusione automatica, ma soltanto come facoltà di cui le stazioni appaltanti potessero avvalersi, a condizione che ciò venisse indicato e previsto nel bando e che le offerte che presentavano una percentuale di ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia fossero pari o superiore a dieci (art. 122, comma 9 e art. 124, comma 8). Si trattava di un evidente compromesso (7), che lasciava alla discrezionalità delle stazioni appaltanti il perdurare nell’ordinamento di un istituto, come l’esclusione automatica delle offerte anomale, la cui conformità con la Costituzione e con il diritto europeo continuava ad essere oggetto di dubbi. Infatti, l’esclusione automatica è stata oggetto di critiche in quanto contrasterebbe con gli artt. 97 e 41 Cost. Quanto al primo, perché, non consentendo all’amministrazione la verifica in contraddittorio, le impedirebbe di trarre vantaggio da offerte che, pur apparendo anomale, potrebbero essere, in concreto, effettivamente vantaggiose. Quanto al secondo, perché l’esclusione automatica non permetterebbe di accertare se le più vantaggiose condizioni economiche offerte da una delle partecipanti siano o meno la conseguenza di un’organizzazione aziendale più efficiente (8). Queste critiche, tuttavia, non sono state recepite dalla Corte costituzionale, la quale si è, invece, espressa per la conformità dell’esclusione automatica alla Carta fondamentale (9). La Corte di Giustizia, su una questione pregiudiziale posta dal Consiglio di Stato (10), aveva stabilito che, negli appalti di lavori pubblici al di sotto della (7) L. Masi, Ancora in tema di determinazione della soglia di anomalia nelle gare per l’affidamento di lavori pubblici. Le novità introdotte dal Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163) in materia di offerte anomale, in Foro amm. TAR, 2006, 2414. (8) In questo senso, tra le tante, T.A.R. Sardegna 7 agosto 2006, in Foro amm. TAR, 2006, 2124, secondo cui “i principi europei posti a presidio del valore della libera concorrenza per l’aggiudicazione di pubblici appalti vietano l’utilizzazione di meccanismi di esclusione automatica delle imprese partecipanti alla gara”. (9) Corte cost. 5 marzo 1998, n. 40, in Giust. civ., 1998, 6, 1503, con nota di M. Bella - A. Varlaro Sinisi, Il criterio di esclusione automatica delle offerte anormalmente basse di cui all’art. 21, comma 1-bis, della legge n. 109 del 1994 (e successive modifiche) supera il vaglio della Corte costituzionale; Corte cost. 30 giugno 1998, n. 258, in Giust. cost., 1998, 2041; Corte cost. 14 dicembre 1998, n. 442, ord., ivi, 4327; Corte cost. 11 marzo 1999, n. 74, ord., in Foro amm. TAR, 2000, 334. Urbanistica e appalti 8-9/2016 soglia comunitaria, l’esclusione automatica delle offerte anomale in base ad un criterio matematico non vincola la stazione appaltante, la quale è sempre libera di valutare la possibile congruità delle offerte che risulterebbero escluse in base al suddetto criterio (Corte di Giustizia 15 maggio 2008), costringendo così il legislatore nazionale a modificare la disciplina del Codice del 2006. Pronunciandosi di nuovo sul punto, la Corte costituzionale, ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 20, comma 8, L. R. Sardegna n. 5 del 2007, nella parte in cui, in difformità rispetto alla norma statale, stabilisce che la facoltà di esclusione automatica delle offerte anomale possa essere prevista in riferimento a tutti gli appalti di lavori, servizi e forniture di importo inferiore alla soglia comunitaria (11). Conclusione Ove si voglia trarre una sintetica conclusione in ordine al nuovo regime dei contratti pubblici sotto soglia previsto dal nuovo Codice, si deve innanzitutto rilevare che, in un’ottica di efficienza e soprattutto di differenziazione, una graduazione degli obblighi procedimentali per i contratti sotto soglia può trovare giustificazione nella necessità di non aggravare procedimenti per contratti di minore entità. Invero, si ripropone, anche e soprattutto nei contratti sotto soglia, un problema più generale che investe in maniera palese la materia degli appalti pubblici e che attiene, più in generale, ai rapporti tra sistema economico e regole normative. Il Codice, sulla scorta delle direttive europee, tiene maggiormente conto dei criteri più adatti al sistema economico, introducendo - anche per i contratti ordinari sopra soglia - flessibilità dell’offerta e contrattazione su progetti ed offerta. Si usa cioè la di(10) Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2006, n. 489, ord., in www.giustizia-amministrativa.it. (11) Secondo Corte cost. 7 giugno 2011, n. 184, in www.cortecostituzionale.it, il divieto di esclusione automatica delle offerte anomale è espressione del principio di tutela della concorrenza e, perciò, non può essere violato neppure dalle Regioni a Statuto speciale. In particolare, “la distinzione tra contratti sotto soglia e sopra soglia non costituisce, infatti, utile criterio ai fini dell’identificazione delle norme statali strumentali a garantire la tutela della concorrenza, in quanto tale finalità può sussistere in riferimento anche ai contratti riconducibili alla prima di dette categorie e la disciplina stabilita al riguardo dal legislatore statale mira ad assicurare, tra l’altro, ‘il rispetto dei principi generali di matrice comunitaria stabiliti nel Trattato e, in particolare, il principio di non discriminazione (in questo senso, da ultimo, nella materia in esame, Corte di Giustizia 15 maggio 2008, C-147/06 e C-148/06)’ (sentenza n. 160 del 2009)”. 953 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti sciplina normativa dei contratti per rendere la spesa più efficiente e garantire tempi adeguati per la realizzazione di opere, servizi e forniture. Nello stesso tempo, le regole giuridiche sono poste a garanzia della regolarità della procedura, contrastando deviazioni patologiche. In questo conflitto, bisogna individuare il livello di bilanciamento tra la necessaria imposizione di regole, anche al fine di evitare distorsioni corruttive, con l’altrettanta necessaria esigenza di fornire alle amministrazioni strumenti utili e flessibili per rea- lizzare gli interessi pubblici. Soprattutto tenendo conto che la galassia delle amministrazioni pubbliche è quanto mai variegata e che, perciò, differenziare modalità procedimentali è necessario. Una disciplina con minori oneri procedimentali per i contratti sotto soglia appare ragionevole sotto molti profili ed invece ingiustificata per altri, come sopra segnalato. Ed è ovviamente necessario vigilare che tali eccezioni procedimentali non vengano artificiosamente utilizzate per eludere regole necessarie per contratti di maggiore importo (12). (12) Per R. De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, 2016, 5, 503 ss. “sarà necessaria una vigilanza rafforzata sul settore del sotto soglia, e un monitoraggio volto a verificare sia la dimensione economica degli affidamen- ti che consentono maggiore flessibilità, sia se il loro impiego è oggettivamente giustificato o costituisce elusione delle regole di maggior rigore”. 954 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Scelta del contraente Il partenariato per l’innovazione di Stefano Fantini Il partenariato per l’innovazione è un’inedita procedura di scelta del contraente (ristretta con negoziazione) introdotta dal codice dei contratti pubblici per lo sviluppo ed il successivo acquisto di prodotti servizi o lavori caratterizzati da novità ed innovazione, in cui occorre dunque una collaborazione tra soggetti pubblici e privati protratta nel tempo. Tra le procedure di scelta del contraente per i settori ordinari (1) il D.Lgs. n. 50 del 2016, accanto alla procedura aperta, alla procedura ristretta, alla procedura competitiva con negoziazione, alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando, ed al dialogo competitivo contempla anche, all’art. 65, il partenariato per l’innovazione, cui le Amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori possono ricorrere “nelle ipotesi in cui l’esigenza di sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi e di acquistare successivamente le forniture, i servizi o i lavori che ne risultano non può, in base ad una motivata determinazione, essere soddisfatta ricorrendo a soluzioni già disponibili sul mercato”. Si tratta di una novità del nuovo “codice dei contratti pubblici” introdotta, in conformità all’art. 31 della Dir. 2014/24/UE, essenzialmente per gli appalti che in ambito europeo vengono definiti “appalti pre-commerciali”, e cioè appalti per la ricerca di nuove “soluzioni” ancora non presenti nel mercato, in cui inevitabile è dunque una collaborazione tra Amministrazione ed operatore economico, purché non distorsiva della concorrenza, o tale da tradursi in un aiuto di Stato. L’obiettivo della Dir. n. 2014/24/UE, come si desume dal considerando n. 49, è in qualche misura quello di ricondurre anche tali appalti, finalizzati a sviluppare prodotti, servizi o lavori innovativi, idonei a promuovere “una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva”, nell’ambito di applicazione della medesima, andando dunque oltre la disciplina della comunicazione della Commissione del 14 dicembre 2007, concernente, per l’appunto, “appalti pre-commerciali: promuove- re l’innovazione per garantire servizi pubblici sostenibili e di elevata qualità in Europa”. La preoccupazione che il partenariato per l’innovazione non operi in senso anti-concorrenziale, e dunque precludendo l’accesso al mercato, è resa evidente dal fatto che l’art. 65, comma 1, ne ammette l’utilizzazione in presenza di una motivata determinazione dell’Amministrazione, la quale, in via preventiva, attesti che i “prodotti” in questione non sono già disponibili, ed a condizione che le forniture, servizi o lavori che ne risultano, corrispondano ai livelli di prestazioni ed ai costi massimi concordati tra le stazioni appaltanti ed i partecipanti. Il partenariato per l’innovazione è dunque una procedura di scelta del contraente (2), che però si caratterizza per il fatto di dispiegarsi in un arco temporale ampio, vale a dire in una prospettiva di lungo termine, necessario per lo sviluppo ed il successivo acquisto di prodotti, servizi o lavori caratterizzati da novità ed innovazione, e senza bisogno di una successiva procedura di gara per l’acquisto. Tale considerazione vale non solo a spiegare il procedimento che risulta complesso e plurifasico, come meglio si vedrà nel prosieguo, ma soprattutto ad evidenziare la peculiarità del partenariato per l’innovazione, il quale si caratterizza come un procedimento di scelta del contraente che tende a stabilizzarsi, assumendo, almeno in parte, i connotati propri del partenariato pubblico-privato, inteso quale fenomeno giuridico di collaborazione tra il settore pubblico e gli operatori privati nello svolgimento di un’attività diretta al perseguimento di interessi pubblici (3). Non a caso, fin dal Libro Verde del 30 aprile 2004 (1) Ed anche nei settori speciali, come chiarito dall’art. 122. (2) L’inquadramento è evidente già dall’art. 59 del codice dei contratti pubblici. (3) In argomento, anche per riferimenti bibliografici, cfr. Fantini, Il partenariato pubblico-privato, con particolare riguardo al project financing ed al contratto di disponibilità, in www.giustizia-amministrativa.it, 2012. Urbanistica e appalti 8-9/2016 955 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti della Commissione europea, tra gli elementi connotanti il PPP dal punto di vista strutturale, si è posto in evidenza proprio quello della “durata relativamente lunga della collaborazione, che implica una cooperazione tra il partner pubblico ed il partner privato in relazione ai vari aspetti di un progetto da realizzare”. Indubbiamente meno agevole è l’inquadramento dell’istituto oggetto di studio tra il modello di PPP di tipo puramente contrattuale e quello di PPP di tipo istituzionalizzato, che realizza un’entità distinta; a questo proposito è evidente che, stricto iure, il partenariato per l’innovazione non rientra in nessuna delle due categorie, almeno come sono tradizionalmente intese. Si tratta peraltro di un profilo di indagine che può anche risultare ultroneo, ove non si perda di vista la circostanza per cui il partenariato non costituisce un istituto giuridico, quanto piuttosto una “nozione descrittiva”, idonea ad includere “modelli di relazioni stabili tra soggetti pubblici e privati, in funzione del perseguimento di obiettivi sostanzialmente coincidenti, in un’ottica che privilegia il principio del buon andamento dell’amministrazione pubblica e l’efficienza dell’azione amministrativa, tutte le volte in cui, per volontà del legislatore, o per reciproca convenienza dei partner, gli interessi pubblici e privati si intrecciano ai fini dello svolgimento in comune di un’attività di evidenza pubblica” (4). Passando ora ad esaminare la disciplina procedimentale, giova anzitutto sottolineare che nei documenti di gara devono essere chiaramente fissati i requisiti minimi che tutti gli offerenti devono soddisfare; i commi 3 e 4 dell’art. 65 stabiliscono che nel partenariato per l’innovazione qualsiasi operatore economico può formulare una domanda di partecipazione in risposta ad un bando di gara o ad un avviso di indizione di gara, e che il termine minimo per la ricezione delle domande di partecipazione è di trenta giorni dalla data di trasmissione del bando. Precisa la norma che l’Amministrazione aggiudicatrice e l’ente aggiudicatore possono decidere di instaurare il partenariato per l’innovazione con uno o più operatori economici che conducono attività di ricerca e sviluppo separate, il che costituisce un’evidente deroga alla regola della identificazione di un unico affidatario della gara, il cui fondamento di razionalità è facilmente rinvenibile nella complessità, anche contenutistica, di un appalto finalizzato a promuovere l’innovazione, e quindi potenzialmente implicante il concorso di plurime competenze specialistiche. Ciò chiarito sulle peculiarità del partenariato per l’innovazione, occorre ora aggiungere che lo stesso enuclea un procedimento di gara inquadrabile come “procedura ristretta con negoziazione”, secondo quanto inferibile dal comma 4 dell’art. 65, ove si precisa che “soltanto gli operatori economici invitati dalle amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti aggiudicatori in seguito alla valutazione delle informazioni fornite possono partecipare alla procedura” (devono essere in misura comunque non inferiore a tre, ed in ogni caso sufficiente a garantire un’effettiva concorrenza, secondo quanto disposto dall’art. 91, comma 2, e scelti in ragione della capacità nel settore della ricerca innovativa), e dal successivo comma 6, il quale prevede, salvo che non sia diversamente disposto, che “le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori negoziano le offerte iniziali e tutte le offerte successive presentate dagli operatori interessati, tranne le offerte finali, per migliorarne il contenuto”, pur dovendo garantire la parità di trattamento fra tutti gli offerenti. Le previsioni ora ricordate evidenziano infatti la compresenza, nel procedimento del partenariato per l’innovazione, dei requisiti propri delle “procedure ristrette” e delle “procedure negoziate”, rispettivamente definiti ai punti ttt) ed uuu) dell’art. 3 del D.Lgs. n. 50 del 2016. Nel partenariato per l’innovazione gli appalti sono aggiudicati esclusivamente sulla base del rapporto qualità/prezzo, e dunque facendo applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, divenuto peraltro la regola nel nuovo codice dei contratti pubblici. Un tratto caratterizzante la difficile procedura oggetto di studio è costituito dalla strutturazione in fasi successive, secondo la sequenza delle fasi del processo di ricerca e di innovazione, che può comportare la fabbricazione dei prodotti o la prestazione dei servizi o la realizzazione dei lavori. In particolare, sono fissati dal partenariato per l’innovazione obiettivi intermedi che le parti devono raggiungere, e di cui, con disposizione forse non adeguatamente dettagliata, è prevista la remunerazione mediante congrue rate. All’esito di ogni fase, corrispondente al raggiungimento di un obiettivo intermedio, l’Amministrazio- (4) In termini Mastragostino, Premessa, in Id. (a cura di), La collaborazione pubblico-privato e l’ordinamento amministrativo, Torino, 2011, XVII-XVIII. 956 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti ne aggiudicatrice può decidere, ove abbia previsto e disciplinato tali possibilità, di risolvere il partenariato, verosimilmente nell’evenienza in cui non abbia portato al risultato voluto, ovvero, di ridurre, in caso di partenariato plurisoggettivo, il numero degli operatori, risolvendo alcuni contratti risultati non utili (la previsione speciale, seppure lacunosa, della remunerazione dovrebbe escludere l’operatività della disciplina sulla risoluzione dettata nell’art. 108, comma 5, del codice dei contratti pubblici). Lo sviluppo plurifasico del partenariato per l’innovazione è il contesto in cui si inserisce la negoziazione tra Amministrazione ed operatori economici, la quale può riguardare sia le offerte iniziali che quelle successive presentate, al fine di migliorarne il contenuto, ma non anche le offerte finali; del pari, non sono soggetti a negoziazione i requisiti minimi ed i criteri di aggiudicazione. La durata delle varie fasi è funzionale al grado di innovazione della soluzione proposta e delle attività di ricerca necessarie per la formulazione di una soluzione innovativa, non ancora disponibile nel mercato. La negoziazione costituisce la dimostrazione plastica di quel fenomeno giuridico di collaborazione nel quale si sostanzia, come evidenziato in premessa, il PPP, ma presenta inevitabilmente profili delicati in termini di trasparenza del procedimento ed in particolare di garanzia della par condicio dei concorrenti, oltre che di tutela della riservatezza (privacy) professionale, industriale e commerciale. In tale prospettiva il comma 7 dell’art. 65 sancisce expressis verbis che “nel corso delle negoziazioni le Urbanistica e appalti 8-9/2016 amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori garantiscono la parità di trattamento fra tutti offerenti”; in particolare le Amministrazioni informano per iscritto gli operatori delle modifiche alle specifiche tecniche od agli altri documenti di gara, concedendo un tempo agli offerenti per modificare e ripresentare, ove opportuno, le offerte modificate, senza peraltro rivelare agli altri partecipanti informazioni riservate (da intendere essenzialmente, stante il richiamo dell’art. 53 del codice, come quelle che contengono segreti tecnici o commerciali) comunicate da un offerente che partecipa alla negoziazione, salvo che vi sia il di lui accordo, che si presume comunque limitato alle sole informazioni specifiche espressamente indicate. A questo riguardo, merita aggiungere che nei documenti di gara l’Amministrazione aggiudicatrice è tenuta a definire il regime applicabile ai diritti di proprietà intellettuale, che inevitabilmente vengono in rilievo in occasione dell’affidamento di un appalto finalizzato allo sviluppo di prodotti, servizi e lavori innovativi. Occorre, da ultimo, mettere in evidenza la correlazione tra fasi del partenariato e negoziazione anche in un’ulteriore prospettiva, che è quella derivante dalla possibilità che il bando od altri documenti di gara prevedano l’opzione, probabilmente fisiologica e semplificatrice, dell’esclusione nel corso delle negoziazioni; si intende dire, in altre parole, che la negoziazione in fasi successive può assolvere anche alla funzione di ridurre il numero delle offerte. 957 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. NO V ITÀ itinera GUIDE GIURIDICHE IPSOA Procedimento amministrativo a cura di M. Clarich, G. Fonderico Acquista su www.shop.wki.it Contatta un agente di zona www.shop.wki.it/agenzie Rivolgiti alle migliori librerie professionali Contattaci 02.82476.794 [email protected] Prezzo copertina: 75 euro Codice prodotto: 186535 Y59EQBN Il volume costituisce un sussidio aggiornato per gli operatori del diritto che troveranno nel volume un’analisi delle disposizioni legislative, accompagnata dall’indicazione degli orientamenti giurisprudenziali più rilevanti, da schemi e modelli e da altre indicazioni utili in sede operativa. Vengono inseriti richiami selettivi ai molti approfondimenti che la dottrina ha dedicato ad una riforma (L. n. 241/1990) che ha introdotto un modello che pone l’accento sulle garanzie e sui diritti del cittadino che entra in contatto con l’amministrazione. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Artt. 187, 188 e 190 Locazione finanziaria, contratto di disponibilità e baratto amministrativo nel D.Lgs. n. 50/2016 di Matteo Baldi Nell’ambito della nuova disciplina in materia di contratti pubblici, introdotta dal D.Lgs. 50/2016, alcuni istituti riprendono omologhe figure presenti nel previgente D.Lgs. n. 163/2006. Il commento vuole analizzare istituti di particolare importanza quali: a.- il leasing per la realizzazione, l’acquisizione ed il completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, disciplinato dall’art. 187, che sembra aver trovato un assetto definitivo dopo una serie di contrasti giurisprudenziali; b.- il c.d. contratto di disponibilità (art. 188), di natura ibrida e scarsa applicazione, che differisce dagli altri strumenti di partenariato pubblico-privato, in quanto la titolarità dell’opera realizzata è totalmente privata; c.- il baratto amministrativo (art. 190), una nuova figura di contratto di partenariato sociale, introdotta dal nuovo codice, finalizzata alla partecipazione delle comunità locali alla gestione di beni pubblici, attraverso la presentazione di progetti tesi, perlopiù, alla riqualificazione dell’ambiente. Locazione finanziaria L’istituto del leasing pubblico, dopo l’emanazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, è stato oggetto di una specifica previsione nella legge finanziaria per il 2007, L. 27 dicembre 2006, n. 296 (art. 1, commi 907-908 e 912-914), trasfusa nel Codice previgente con il secondo decreto correttivo, D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 113, che ha inserito l’art. 160 bis ed ha assunto il suo assetto definitivo con il terzo decreto correttivo, D.Lgs. 11 settembre 2008, n. 152 che ha modificato l’art. 160 bis, riprodotto senza sostanziali modifiche nell’art. 187 del D.Lgs. n. 50 del 2016. Con tale disciplina la locazione finanziaria di opere pubbliche veniva concepita come figura contrattuale specifica, quale negozio strumentale all’appalto pubblico di lavori. L’art. 3, comma 1, lett. ggg) definisce “locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità”, il contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione di lavori. Il Codice non formula una definizione di rinvio alla disciplina del leasing immobiliare, i cui caratteri essenziali si ravvisano nella disciplina specifica dell’art. 187, che incentra l’assoggettamento al codice sulla prevalenza del profilo costruttivo. Il comma 1 dell’art. 187 conferma tuttavia la possibilità di utilizzare il leasing anche per l’acquisizione di opere pubbliche o di pubblica utilità, fattispecie in cui la componente prevalente è il finanziamento puro per cui, secondo quanto chiarito anche dall’Autorità di Vigilanza, appare prevalente la causa di finanziamento, che costituisce l’oggetto principale del contratto e soggiace alle previsioni dei contratti aventi ad oggetto servizi finanziari (1). La prima definizione del leasing risale all’art. 17, comma 2, L. 2 maggio 1976, n. 183: per operazioni di locazione finanziaria si intendono “le operazioni di locazione di beni mobili ed immobili, acquistati o fatti costruire dal locatore, su scelta ed indicazione del conduttore, che ne assume tutti i rischi, e con facoltà di quest’ultimo di divenire proprietario (1) Deliberazione n. 78 del 7 ottobre 2009. Urbanistica e appalti 8-9/2016 959 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti dei beni locati al termine della locazione, dietro versamento di un prezzo prestabilito”. Il leasing così definito è il leasing finanziario generalmente considerato quale contratto atipico e si distingue dal leasing operativo, che si ha nel caso in cui lo stesso produttore, verso corrispettivo, cede in godimento un bene, standardizzato, insieme a servizi collaterali (ad es. manutentivi) e ciò per un periodo di tempo inferiore alla vita economica del bene, destinato a nuove utilizzazioni, o con possibilità di riscatto alla fine del rapporto. Il leasing traslativo che riguarda generalmente beni immobili, è caratterizzato dal fatto che il bene locato è idoneo a conservare alla fine del contratto un apprezzabile valore commerciale residuo, superiore all’importo convenuto per l’opzione e dietro canoni che scontano anche una quota del prezzo in previsione del successivo acquisto; in ciò ravvisandosi la causa prevalente di finanziamento a scopo di trasferimento della proprietà del bene, sul modello della vendita a rate con riserva di proprietà. Ricorre invece la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e dietro canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell’uso dei beni stessi (2). Il leasing operativo è quindi una locazione o una vendita con patto di riscatto. Il leasing immobiliare può avere ad oggetto la realizzazione ai fini della cessione in locazione di un immobile “chiavi in mano”, completo delle attrezzature e delle strumentazioni necessarie a garantirne l’uso al quale è destinato. Nel contratto di leasing la causa prevalente è il finanziamento, in quanto l’obbligazione principale del concedente è la messa a disposizione di un bene appositamente acquistato o fatto costruire, per un certo periodo, cui corrisponde l’obbligazione, a carico dell’utilizzatore, di pagamento dei canoni periodici, il cui ammontare copre il costo dell’acquisto o della costruzione, gli oneri finanziari connessi all’anticipazione, le spese di gestione e l’utile del finanziatore. I rischi e le responsabilità relativi all’acquisto, custodia, conservazione e impiego del bene, ricadono sull’utilizzatore al quale si estendono anche le garanzie prestate dal fornitore o appaltatore. La locazione finanziaria è stata solitamente utilizzata da parte della P.A. per supplire alla carenza di mezzi finanziari, anche se risulta un contratto più oneroso rispetto ad altri astrattamente disponibili (3). Superato l’orientamento che riteneva non ammissibile il ricorso al leasing da parte della P.A. in ragione della atipicità della causa, sul presupposto della piena capacità giuridica ed autonomia negoziale dell’ente pubblico (4), restava il problema della possibilità di utilizzo dell’istituto in alternativa ai contratti tipici per la realizzazione di opere pubbliche. La Corte dei conti dopo un primo orientamento contrario, prima dell’inserimento dell’istituto nel codice dei contratti, aveva ritenuto ammissibile il leasing nelle ipotesi in cui non si potesse ricorrere ai mutui concessi dalla Cassa depositi e prestiti, come valida alternativa ai mutui da stipularsi con istituti di credito privati e, comunque, nell’ambito di una procedura di evidenza pubblica che confrontasse diverse offerte fra quelle reperibili sul mercato (5). La valutazione circa la convenienza e l’opportunità del ricorso al leasing, rispetto ad altre forme con- (2) Cass., Sez. I, 7 febbraio 2001, n. 1715. (3) I canoni di leasing vanno iscritti alle spese correnti, superando così l’ostacolo costituito dai limiti massimi di indebitamento per l’ente, mentre solo il riscatto finale, determinando l’acquisto del bene, va iscritto fra le spese in conto capitale o di investimento. Così De Nova, Nuovi contratti, Torino, 1994, 312. (4) A. Barettoni Arleri, Il leasing finanziario delle pubbliche amministrazioni fra le maglie della contabilità di Stato, in R. Clarizia - D. Velo (a cura di), Il leasing pubblico, Milano, 1985, 66 ss.; G. De Leo, Il leasing finanziario per la realizzazione di opere pubbliche, in Fin. Loc., 1989, 483; G. Morbidelli, Realizzazione di opere pubbliche tramite contratti di leasing finanziario: profili procedurali, in Riv. trim. appalti, 1988, n. 1, 11 ss.; G. Fischione, Il leasing per la realizzazione delle opere pubbliche (pubblica amministrazione ed uso di un modulo contrattuale alternativo), in Giur. it., 1988, 330 ss.; G. Tucci, Aspetti contrattuali nel leasing pubblico, in Riv. trim. appalti, 1989, 19 ss. Nel senso dell’inammissibilità del ricorso al leasing da parte delle P.A.: G. Torregrossa, L’opera pubblica fra leasing e concessione di costru- zione, in Riv. dir. civ., 1987, I, 329 ss.; C. Marrone, L’ammissibilità del leasing finanziario per la realizzazione di opere pubbliche, in AA.VV., Scritti in onore di Guido Capozzi, II, Milano, 1992, 800 ss. In giurisprudenza il Consiglio di Stato ha ritenuto l’operazione ammissibile sia in sede consultiva sia contenziosa, nella prospettiva generale della capacità della P.A. ad usare del diritto privato (Cons. Stato, Sez. III, 10 maggio 1994, n. 899/9, in Cons. Stato, 1995, I, 1330; in sede contenziosa Cons. Stato, Sez. V, 5 giugno 1991, n. 3388; Cons. Stato, Sez. V, 4 novembre 1994, n. 1257, in Foro amm., 1994, 11; tale ultima sentenza sottolinea che comunque la normativa che impone la pubblica gara per la scelta dell’appaltatore di opere pubbliche, deve trovare applicazione ogni volta che tra questi e l’amministrazione si instaura un rapporto a prestazioni corrispettive, essendo irrilevante il nomen iuris attribuito dalle parti alla fonte di tale rapporto. (5) In senso contrario all’ammissibilità si erano espresse, Corte dei conti 28 luglio 1986, n. 27, Riv. it. Leasing, 1987, 165; Corte dei conti 28 luglio 1988, n. 686, ibidem, 1989, 133; in senso favorevole, Corte dei conti 28 luglio 1989, n. 330 in 960 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti trattuali, è soggetta al rispetto dei consueti principi di economicità ed efficienza. La comparazione con diverse forme di finanziamento potrebbe indurre a ritenere preferibile l’utilizzazione di tale strumento, come tipicamente nel caso di carenza delle risorse finanziarie necessarie, allorché l’acquisizione di un determinato bene debba essere immediata (6). Autorevole dottrina (7) ha tuttavia rilevato la potenzialità elusiva del leasing finanziario rispetto al c.d. patto di stabilità interno, sottolineando che il leasing, nel quadro giuridico restrittivo in materia di finanza locale, “può essere giustificato nei limiti della spesa per investimenti (ossia nel caso del riscatto), nel caso in cui gli enti locali non versino in situazione di disavanzo superiore a quello prefissato dal patto di stabilità interno per gli enti, mentre non sembra più giustificabile disinvoltamente per ovviare alla cronica carenza di mezzi finanziari degli enti locali”. In questa prospettiva, il ricorso al leasing pubblico sarebbe precluso agli enti locali ed alle regioni a statuto speciale, e praticabile senza limiti contabili ex art. 119 Cost. dallo Stato, dagli enti pubblici istituzionali, e da altri organismi di diritto pubblico. L’innesto dell’istituto nella disciplina degli appalti ha imposto degli adeguamenti per coordinare i due istituti in una prospettiva di rispetto del principio di concorrenza, pur restando il contratto di leasing e quello di compravendita o appalto, che intercorre tra concedente e fornitore o costruttore del bene, formalmente distinti. Infatti, nell’ipotesi in cui il contratto non abbia ad oggetto un bene già esistente, ma il bene deve essere fatto costruire dalla società di leasing, l’istituto può prestarsi ad una utilizzazione elusiva delle procedure di gara. In questo caso la società di leasing si assume l’obbligo di finanziare la costruzione dell’immobile, di costruirlo e di consegnarlo all’ente, sul quale ricadono i consueti obblighi di pagamento del canone, con facoltà di riscatto. Un primo aspetto di possibile conflitto con la normativa sulle opere pubbliche, riguarda la progettazione che, se predisposta dall’ente pubblico per la definizione delle caratteristiche del bene, seguirà le ordinarie procedure, altrimenti verrà redatta dalla società di leasing seguendo gli ordinari moduli privatistici. In questo caso all’amministrazione resta unicamente il controllo e l’approvazione della progettazione, in termini analoghi alla concessione, ma ricorrendo a meccanismi contrattuali con la società di leasing (clausole di gradimento etc.) in mancanza di disciplina pubblicistica specifica. Sullo stesso piano si pone il problema del contratto di appalto. Poiché il collegamento tra il contratto di leasing e quello di appalto è economico non giuridico, la società di leasing dovrebbe poter scegliere l’esecutore in piena autonomia, secondo le regole privatistiche. Anche in questo caso l’ente pubblico, non essendo committente, potrebbe assicurarsi il controllo e la sorveglianza sull’esecuzione avvalendosi dell’autonomia contrattuale, attraverso apposite clausole, vincolanti la società di leasing, oppure con un contratto trilaterale che coinvolga anche l’appaltatore. La locazione finanziaria in sé considerata, preordinata all’acquisizione di immobili, rientrerebbe nelle esclusioni stabilite dall’art. 17, comma 1, lett. a) di tenore identico al previgente art. 19, comma 1, lett. a), in virtù del quale le disposizioni del codice non si applicano agli appalti e alle concessioni di servizi, aventi ad oggetto l’acquisto o la locazione, quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni. Tuttavia il contratto di leasing per altri versi, e come oggetto prevalente quando viene utilizzato per l’acquisizione di opere pubbliche o di pubblica utilità già esistenti, rientra anche nella nozione di “servizi bancari e finanziari” e quindi nell’ambito di applicazione del Codice, anche tenuto conto delle disposizioni relative al calcolo dell’importo stimato dell’appalto (art. 35, comma 14) che fanno Riv. Corte conti, 1989, II, 267; Corte dei conti 12 aprile 1994, n. 118, ivi, 1994, 2, 15 ss. (6) Cfr. A. Catricalà, Il leasing pubblico, in A. Saturno - P. Stanzione (a cura di), Il diritto privato della pubblica amministrazione, Padova, 2006, 479. Sulle finalità cfr. il commento all’art. 160 bis, di R. Sciuto, in R. Tomei - M. Baldi (a cura di), La Disciplina dei contratti pubblici, II ed., Milano, 2009, 1319. (7) G. Montedoro, Leasing pubblico e capacità generale di diritto privato della p.a., in Riv. Dir. e form., www.lexfor.it. L’art. 6, comma 15, D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56 come sostituito dall’art. 30 della L. 27 dicembre 2002 n. 289 recita: “qualora gli enti territoriali ricorrano all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle di investimento, in violazione dell’art. 119 Cost. i relativi atti e contratti sono nulli. Le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti possono irrogare agli amministratori, che hanno assunto la relativa delibera, la condanna ad una sanzione pecuniaria pari ad un minimo di cinque e fino ad un massimo di venti volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione della violazione”. L’Autore richiama l’inquadramento giuscontabilistico proposto da P. Santoro, Manuale dei contratti pubblici, S. Arcangelo di Romagna, 2001, per ritenere congruo il ricorso alla fattispecie in termini di economicità dell’azione amministrativa solo se si adotta non il leasing di godimento ma il leasing traslativo, con canone da imputare subito a riscatto del bene, e quindi da leggere come spesa pluriennale di investimento. Urbanistica e appalti 8-9/2016 961 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti riferimento tra l’altro alle commissioni ed agli interessi, costituenti condizioni economiche riferibili anche alla fattispecie del leasing. Pertanto al leasing il codice risulta applicabile in via diretta anche se l’art. 17 non ripete la specificazione dell’art. 19 del D.Lgs. n. 163 del 2006, che espressamente dichiarava l’applicabilità della disciplina generale ai contratti di servizi finanziari conclusi precedentemente, contestualmente o successivamente al contratto di acquisizione o locazione indipendentemente dalla forma. Poiché nello schema trilaterale del rapporto di leasing (8), alla stipula della fornitura segue il contratto di acquisto del bene tra la società di leasing ed il fornitore, con la consegna all’utilizzatore, la selezione della stessa (che deve essere un istituto di credito ai sensi dell’art. 10, comma 3, T.U. 1° settembre 1993, n. 385 o un intermediario finanziario ai sensi degli artt. 106 o 107 del medesimo T.U.) deve seguire le procedure di evidenza pubblica previste per l’affidamento degli appalti di servizi. L’art. 3, comma 1, lett. tt), nella definizione degli “appalti pubblici di forniture”, comprende tra i possibili oggetti oltre l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti, con l’ulteriore precisazione che un appalto di forniture può includere, a titolo accessorio, lavori di posa in opera e di installazione. In base a tale norma, ed anche alla luce del criterio della prestazione principale di cui all’art. 28 del Codice, risulterebbe applicabile la disciplina sulle forniture nell’ipotesi in cui la causa prevalente non sia costituita dal finanziamento ma dalla fornitura del bene, di cui è sintomo il rapporto contrattuale diretto con il fornitore, ovvero quella dei servizi se la causa prevalente è il finanziamento, mentre la prestazione del bene è accessoria (9). Più complessa è la fattispecie relativa al rapporto tra il leasing immobiliare e la normativa sulla scelta degli esecutori di lavori pubblici. Il principale elemento difficoltà è dato dalla compresenza di due contratti, uno di leasing e l’altro di appalto collegati in prima battuta sotto il profilo economico, ma non funzionale-causale. Pertanto mentre per quanto attiene alla scelta della società di leasing la normativa di evidenza pubblica risultava applicabile direttamente, lo stesso non valeva per la scelta dell’esecutore, poiché il contratto di appalto era stipulato dall’impresa di leasing. Per conciliare le caratteristiche dell’istituto con l’esigenza di garantire l’evidenza pubblica, in dottrina, prima dell’introduzione nel previgente codice dell’art. 160 bis, è stata ritenuta applicabile la disciplina in materia di appalti di lavori pubblici, mediante la creazione di un collegamento negoziale tra contratto di finanziamento e contratto di appalto, in virtù del quale in capo alla società di leasing sarebbe posto l’obbligo di stipulare il contratto di appalto con l’impresa appaltatrice, ma le funzioni di stazione appaltante resterebbero all’ente aggiudicatore, in ragione di tale collegamento negoziale (10). Pertanto si avrebbe una contestuale stipulazione da parte dell’ente pubblico di un contratto di appalto di lavori e di un contratto di leasing per il relativo finanziamento, per cui la società di leasing si impegna ad acquistare un immobile già costruito ed a concederlo in godimento all’ente pubblico, con acquisto della proprietà dell’immobile in capo all’ente non con l’esecuzione dell’appalto, ma al termine del periodo stabilito (11). In quest’ultimo caso, an- (8) Nel senso del contratto a struttura trilaterale cfr. Cass., Sez. III, 16 maggio 1997, n. 4367: “la locazione finanziaria (c.d. leasing) si svolge come un rapporto trilaterale in cui l’acquisto ad opera del concedente va effettuato per conto dell’utilizzatore, con la previsione, quale elemento naturale del negozio dell’esonero del primo da ogni responsabilità in ordine alle condizioni del bene acquistato per l’utilizzatore, essendo quest’ultimo a prendere contatti con il fornitore, a scegliere il bene che sarà oggetto del contratto e a stabilire le condizioni di acquisto del concedente, il quale non assume indirettamente l’obbligo della consegna, né garantisce che il bene sia immune da vizi e che presenti le qualità promesse, né rimane tenuto alla garanzia per evizione”. Conforme Cass., Sez. III, 2 marzo 1998, n. 2265. (9) G. Montedoro, op. cit., ipotizza il caso in cui l’amministrazione concluda un contratto di fornitura, dopo una gara, con un fornitore, e che quest’ultimo sia legato da un contratto di esclusiva ad una società di leasing, che lo obblighi ad avvalersi della società di leasing per tutte le forniture (c.d. leasing convenzionato), per ritenerla ammissibile se prevista dal bando, con una clausola di gradimento in favore dell’amministrazione per l’eventuale rifiuto della società di leasing priva di requisiti o inaffidabile, escludendo l’obbligo a contrarre a carico dell’amministrazione in virtù di una clausola di esclusiva non contemplata dal bando, come mera conseguenza della scelta di un determinato fornitore poiché ciò sarebbe contrario alla direttiva sui servizi, ed alla concorsualità comunitaria. Lo stesso Autore contempla anche il caso inverso che l’amministrazione scelga la società di leasing e questa sia legata ad un fornitore o a determinati fornitori, risolvendola con previsione del bando, che cauteli l’amministrazione mediante clausole di gradimento rivolte all’eventualità del rifiuto del fornitore convenzionato privo di requisiti. (10) A. Catricalà, Il leasing pubblico, cit., 486. (11) M. Capitani, Il contratto di leasing pubblico: caratteri generali e problematiche connesse alla sua utilizzazione per la realizzazione di opere pubbliche, in Comuni d’Italia, n. 7-8/2000. 962 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti che nel regime precedente la disciplina codicistica risultava indubbia l’applicabilità delle ordinarie procedure di scelta dell’esecutore, essendo l’appalto affidato dall’ente pubblico. Al di fuori di tali modelli, in mancanza di trasferimento di poteri dalla P.A. al privato, inammissibile in assenza di specifica previsione legislativa, la disciplina degli appalti pubblici non appariva prima facie applicabile alla scelta dell’appaltatore da parte della società di leasing (12). Va tuttavia considerato che da un punto di vista economico, le spese sono sopportate dall’ente pubblico che è anche l’utilizzatore dell’opera e futuro proprietario. Ovviamente questa prospettiva presuppone una negazione della causa di finanziamento in favore di quella che identifica la funzione dell’operazione nella realizzazione dell’opera pubblica, con le caratteristiche indicate dall’amministrazione, anche se il finanziatore rimane proprietario del bene sino all’estinzione del debito ed all’esercizio del riscatto. Nel regime del D.Lgs. n. 163 del 2006, previgente il secondo correttivo, la prevalenza del profilo causale dell’appalto poteva trovare fondamento nella previsione di cui all’art. 3 comma 7, in cui era proprio “l’esecuzione con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate dall’amministrazione aggiudicatrice”, formulazione ripetuta dall’art. 3, comma 1, lett. ll), n. 3, D.Lgs. n. 50 del 2016, e che rappresentava il presupposto per la soggezione alla disciplina comunitaria sugli appalti di lavori pubblici. Tuttavia il Consiglio di Stato (13) in relazione all’analoga previsione di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 406/1991 ed all’art. 1 della Dir. 37/93, aveva negato tale estensione ritenendo che l’esecuzione con qualsiasi mezzo di un’opera “non assorbe qualsiasi tipo contrattuale ma solo quelli aventi ad oggetto un facere, con conseguente inapplicabilità della normativa in tema di lavori alla vendita di cosa futura (ed al leasing finanziario per l’acquisizione di beni già esistenti o da realizzare), quando il rapporto intercorra solo fra l’amministrazione e la società di leasing e quest’ultima si sia attrezzata per la committenza dell’opera”. La pronuncia si fonda su una interpretazione della nozione di appalto che risente della dogmatica codicistica, in contrasto con il carattere funzionale, da cui nasce la definizione minima, della disciplina comunitaria. In giurisprudenza sono state tuttavia espresse anche opinioni contrarie, rilevando che trattandosi di un rapporto a prestazioni corrispettive, doveva svolgersi una procedura di gara per la scelta dell’esecutore, nel rispetto delle prescrizioni di diritto comunitario applicabili a prescindere dai singoli procedimenti, istituti e prassi adottati negli ordinamenti interni per la realizzazione delle opere pubbliche (14). Orientamento contrario è stato espresso anche dall’Autorità di vigilanza (15), relativamente ad una fattispecie in cui tra le obbligazioni a carico del locatore, era stata prevista l’esecuzione delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione, solitamente spettanti all’utilizzatore, necessarie a garantire le condizioni d’uso ottimali della struttura. L’Autorità, richiamando la propria precedente determinazione n. 22 del 30 luglio 2002 (16), ribadiva il carattere tassativo dei modelli contrattuali per l’esecuzione delle opere pubbliche, previsto dall’art. 19 dell’allora vigente L. n. 109/1994 nella parte in cui (comma 1) stabiliva che i lavori pubblici possono essere realizzati “esclusivamente” mediante appalti o concessioni di lavori. Questi orientamenti dell’Autorità hanno fornito gli elementi per la caratterizzazione dell’istituto da parte dell’art. 2, D.Lgs. 31 luglio 2007, n. 113, rimasta sostanzialmente immutata fino all’art. 187 dell’attuale Codice. Infatti il carattere di onerosità non è ravvisabile unicamente nei casi in cui la controprestazione a carico dell’Amministrazione sia costituita dal paga- (12) Cfr. M. Capitani, op. cit., che ipotizza una rappresentanza dell’amministrazione da parte della società di leasing nella scelta dell’impresa appaltatrice secondo le regole che disciplinano gli appalti pubblici e richiama l’opinione di V. Caianiello, Prospettive del leasing pubblico: problemi di diritto amministrativo, in R. Clarizia - D. Velo (a cura di), Il leasing pubblico, op. cit., 56 ss. che ritiene non corretta un’impostazione del problema in termini esclusivamente formali, cioè considerando assorbente il presupposto che intercorrendo il rapporto contrattuale tra due privati, non sarebbe applicabile la normativa di contabilità pubblica. (13) Parere dell’Adunanza generale del 17 febbraio 2000, n. 2, cit. (14) Cons. Stato, Sez. V, 4 novembre 1994, n. 1257; Cons. Stato, Sez. II, 11 dicembre 1991, n. 1221. (15) Deliberazione Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici 4 dicembre 2002, n. 337 - Bando di gara relativo alla realizzazione e consegna in leasing chiavi in mano del completamento fase I del nuovo arcispedale S. Anna di Ferrara. La stazione appaltante aveva ritenuto sussistente una figura assimilabile al contratto atipico, nella forma del mandato senza rappresentanza, in cui la prestazione richiesta al privato si sostanziava in un finanziamento, ricadendo quale appalto di servizi nell’ambito di applicazione del D.Lgs. n. 157/1995. (16) Possibilità di ricorrere a procedure concorsuali anomale difformi da quelle tipologicamente individuate nella L. 11 febbraio 1994, n. 109 e s. m. Urbanistica e appalti 8-9/2016 963 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti mento di un corrispettivo pecuniario, ma anche in tutte le ipotesi in cui è prevista comunque una controprestazione a suo carico (17). Peraltro nel contratto di leasing non manca il carattere corrispettivo dei lavori in quanto i canoni, in aggiunta al diritto di riscatto, coprono sia l’anticipazione finanziaria che il costo realizzativo dell’opera. Quanto al regime di selezione, l’Autorità faceva applicazione del criterio della prevalenza, introdotto dall’art. 14 del D.Lgs. n. 163 del 2006 e ripreso nell’art. 28 dell’attuale Codice, sia pure con modifiche, che tuttavia mantengono fermo il principio dell’oggetto principale. Non poteva considerarsi ostativo all’applicabilità della normativa sui lavori pubblici, la circostanza che il riscatto fosse meramente eventuale, ma sotto un profilo teorico, perché la scelta appare imposta, in quanto essendo i canoni di ammontare superiore sia ai canoni di locazione ordinaria sia alle rate di un mutuo, il versamento degli stessi senza l’acquisizione della proprietà tramite l’esercizio del riscatto, sarebbe antieconomico, con ogni conseguenza in termini di responsabilità erariale (18). Il diritto di riscatto risponde anche all’esigenza che l’immobile realizzato rimanga di proprietà della società di leasing fino a quel momento. Nella giurisprudenza si sono registrate posizioni contrastanti in quanto si è rilevato che, affinché la figura sia coerente con le caratteristiche di leasing immobiliare, l’opera deve restare di proprietà del soggetto finanziatore, per cui le clausole contrattuali che prevedano un obbligo, non una facoltà di riscatto dell’ente pubblico sarebbero in contrasto con lo schema tipico del contratto (19). L’obbligo di riscatto da parte dell’amministrazione è legato oltre che ad esigenze di finanza pubblica, alla necessità di garantire la continuità dell’esercizio delle funzioni connesse all’opera pubblica; in sostanza è preordinato ad evitare che con il vano spirare del termine senza l’esercizio del riscatto l’opera risulti sottratta alla specifica finalità pubblica per la quale è stata realizzata. In virtù di tale destinazione pur potendo in base al comma 7 dell’art. 187, l’opera essere realizzata su area nella disponibilità dell’aggiudicatario e pur restando comunque in proprietà della società di leasing fino all’esercizio del riscatto, la stessa può fruire delle particolari prerogative dell’opera pubblica e quindi seguire il regime di opera pubblica ai fini urbanistici edilizi ed espropriativi. Sotto tale profilo la necessità di riscatto potrebbe essere superata sulla base di una concezione funzionale dell’opera pubblica, non legata necessariamente alla titolarità ma alla destinazione, per cui rileva la pubblica utilità dell’opera. Sul punto è stato osservato in dottrina che la giustificazione del ricorso all’operazione in termini finanziari, può esservi solo se si pone un problema di leasing traslativo, con canone da imputare subito a riscatto del bene, e quindi da leggere come spesa pluriennale di investimento, mentre non sembra praticabile il leasing di godimento (20). La stessa Autorità tuttavia con deliberazione n. 145 del 23 settembre 2004, aveva ritenuto ammissibile una deroga al principio generale di tassatività delle procedure previste dalla L. 11 febbraio 1994, n. 109 e s.m.i. per la realizzazione di opere pubbliche, “ove norme speciali dettate per far fronte a situazioni di necessità ed urgenza (nel caso di specie “l’inefficienza e la vetustà degli istituti penitenziari esistenti ed il loro sovraffollamento”) prevedano (17) L’Autorità richiama la sentenza della Corte di Giustizia CE 12 luglio 2001, C. 399/88 sulle opere di urbanizzazione, in I Contratti dello Stato e degli Enti pubbl., 4/2001, 539 con nota di commento di F. Acerboni e una pronuncia del Cons. Stato (Sez. V, 4 novembre 1994, n. 1257), che sancisce: “la normativa che impone la pubblica gara per la scelta dell’appaltatore di opere pubbliche deve trovare applicazione ogni volta che tra questi e l’amministrazione si instaura un rapporto a prestazioni corrispettive. Poco importa il nomen iuris attribuito dalle parti alla fonte di tale rapporto (ad esempio contratto di appalto, contratto di vendita di cosa futura, contratto di leasing immobiliare, contratto di locazione con facoltà di apportare modifiche alla cosa locata, concessione di costruzione, concessione di committenza, ecc.); la normativa comunitaria e quella italiana, oltre ad avere equiparato al contratto di appalto la concessione di opere pubbliche, comportano che la disciplina della gara per la scelta dell’esecutore deve applicarsi a prescindere dai singoli procedimenti e dai singoli istituti che gli Stati comunitari conoscono o che nella prassi si affermano per la realizzazione delle opere pubbliche (Cons. Stato, Sez. II., 11 dicembre 1991, n. 1221/91; Sez. II, 11 dicembre 1991, n. 1208/91; Sez. II, 19 giugno 1991, n. 570/91)”. (18) Si è quindi sottolineato da Galtieri - Caianiello, in Galtieri, Realfonzo, Clarizia, Il leasing immobiliare pubblico, Milano 2001 come per gli enti pubblici l’esercizio del diritto di riscatto sia inevitabile, in ragione del fatto che la gran parte del canone pesa sulle casse erariali a titolo di costo per l’acquisizione del bene. (19) Corte dei conti, Sez. Contr. Lombardia 21 dicembre 2009, n. 1139 in www.corte.conti.it; Corte dei conti, Sez. Contr. Marche, 29 marzo 2011, n. 14, ibidem; mentre Corte dei conti, Sez. Contr. Riun. 16 settembre 2011, n. 49, cit., configura quale ipotesi normale il riscatto dell’opera specificando che allorché l’ente non intende esercitare il riscatto, il soggetto finanziatore può utilizzare il bene o metterlo sul mercato. Ritiene sussistente un vero e proprio obbligo di riscatto da parte dell’amministrazione aggiudicatrice T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 5 maggio 2010, n. 1675, in www.giustizia. amministrativa.it; in dottrina Clarizia 4 2 V. A. Maltoni 1778. (20) P. Santoro, Manuale dei contratti pubblici, Rimini, 2005. Il riscatto e la proprietà dell’area 964 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti l’uso, in via prioritaria, di strumenti alternativi, ivi incluso il leasing finanziario”, ritenendo applicabile agli affidamenti la disciplina degli appalti pubblici di servizi, stante la prevalenza dell’aspetto relativo all’operazione di finanziamento (21). Pertanto il leasing immobiliare “costruttivo” va inquadrato, tenuto conto, anche alla luce della disciplina dei contratti misti di cui all’art. 14 del Codice, della finalità prevalente perseguita dall’amministrazione. L’oggetto principale del contratto, non è la stipula del contratto di locazione finanziaria, ma la realizzazione e l’acquisizione dell’opera. Lo strumento della locazione finanziaria, quale servizio finanziario al fine di ammortizzare la spesa complessiva in un determinato periodo di tempo, costituisce un aspetto secondario e dunque accessorio, con prevalenza della causa dell’appalto su quella del finanziamento, ai fini dell’assoggettamento alla disciplina sui lavori rispetto a quella dei servizi. A prescindere dalla qualificazione, il carattere speciale nella fattispecie, quindi la prevalenza del contratto di appalto ed il carattere accessorio del servizio finanziario, implica che questo non possa considerarsi come un contratto separato di finanziamento, alternativo per esempio a un contratto di mutuo, ma come parte di una complessiva fattispecie il cui oggetto è un obbligo di risultato, quello realizzativo tipico dell’appaltatore. Anche la Commissione Europea qualifica il leasing immobiliare con un appalto di lavori, comprensivo della prestazione di servizi finanziari accessori (22). Al riscatto è legata la questione della proprietà delle aree. Il richiamo di cui al comma 7 dell’art. 187 alla possibilità di realizzare l’opera anche su area dell’aggiudicatario, configurandosi come ipotesi alternativa a quella in cui l’area sia di proprietà dell’amministrazione, risponde all’esigenza pure sottolineata dalla giurisprudenza contabile, di evitare che indipendentemente dall’esercizio del diritto di riscatto, l’amministrazione diventi proprietaria dell’opera (21) La Legge 23-12-2000, n. 388, all’articolo 145, comma 34, ha stabilito che il Ministro della giustizia: “... c) può valersi, ai fini delle acquisizioni dei nuovi istituti, degli strumenti della locazione finanziaria, della permuta e della finanza di progetto”. Come rilevato in dottrina (M. Greco, L’Autorità vira di 180° sui lavori mediante leasing immobiliare, in www.appaltiecontratti.it, 2004), il riferimento alla norma speciale (art. 145, comma 34, lett. c, L. n. 388/2000) è inconferente, in ragione degli effetti tautologici rispetto all’ordinamento vigente e alla generale capacità di diritto privato della P.A. insiti nella formulazione della stessa (“il ministro della giustizia (...) può valersi, ai fini delle acquisizioni dei nuovi istituti, degli strumenti della locazione finanziaria, della permuta e della finanza di progetto”). (22) Direzione Generale Mercato Interno della Commissione Urbanistica e appalti 8-9/2016 una volta ultimata in virtù della proprietà sull’area. In questa prospettiva potrebbero formare oggetto del contratto di leasing immobiliare solo beni appartenenti al patrimonio disponibile, rispetto ai quali è configurabile un diritto di proprietà privata, con esclusione dei beni del demanio pubblico necessario (art. 822, comma 1, c.c.) o del patrimonio indisponibile (art. 826, comma 2, c.c.) (23). Nel caso di proprietà pubblica dell’area di sedime, originaria o acquisita in seguito ad esproprio, la soluzione possibile è la concessione del diritto di superficie in favore dell’aggiudicatario (24), per un periodo più lungo rispetto a quello in cui termina il contratto di leasing, in modo che il bene conservi un apprezzabile valore di mercato che verrebbe meno se vi fosse coincidenza tra scadenza del contratto di locazione e diritto di superficie. Infatti in tal modo “l’ente pubblico non solo riacquisterebbe la probità dell’area ma anche quella delle opere realizzate sulla stessa, indipendentemente dall’esercizio del diritto di opzione, e addirittura nel caso in cui non intendesse esercitare l’opzione” (25), in ragione dell’opera dell’accessione ex art. 954 c.c. Il collegamento negoziale e lo schema pubblicistico La configurazione strutturale del contratto di leasing finanziario è stata incentrata in un primo momento, sia in dottrina sia in giurisprudenza sul contratto unitario plurilaterale, ravvisando un rapporto trilaterale (26), in cui l’acquisto ad opera del concedente va effettuato per conto dell’utilizzatore, al quale spettano le azioni tipiche di tutela nei confronti del fornitore giustificate proprio dalla struttura trilaterale del rapporto e dal fatto che è l’utilizzatore (e non il concedente/proprietario, che si è limitato a finanziare l’operazione) ad avere intrattenuto rapporti diretti con il fornitore del bene oggetto del contratto. Pertanto può aversi un contratto trilaterale o un collegamento tra due distinti contratti ovvero, un Europea, parere motivato n. C (2006) 2518 del 28 giugno 2006. (23) Corte dei conti, Sez. Contr. Lombardia, 21 dicembre 2009, n. 1139, in www.corte.conti.it; Corte dei conti, Sez. Contr. Veneto, 2 settembre 2011, n. 352, ibidem. (24) Così G. Fraccastoro, in S. Baccarini - G. Chiné - R. Proietti (a cura di), Codice dell’appalto pubblico, II ed., Milano, 2015, 1740, A. Maltoni, cit. 1779. (25) Corte dei conti, Sez. Contr. Riun. 16 settembre 2011, n. 49, cit. (26) In giurisprudenza Cass. n. 4367/1997, n. 6076/1995, n. 5571/1991; in dottrina Purcaro, La locazione finanziaria: leasing, Padova, 1998, 24; Corbo, Autonomia privata e causa di finanziamento, Milano, 1990, 192. 965 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti mandato in rem propriam, gratuito e con rappresentanza conferito dalla società di leasing all’amministrazione a stipulare un distinto contratto di appalto con l’esecutore, avente ad oggetto la progettazione e la realizzazione dell’opera (27). La tesi del contratto unitario plurilaterale è stata successivamente abbandonata dalla dottrina e dalla giurisprudenza (28) ricostruendo la fattispecie quale un contratto essenzialmente bilaterale, intercorrente cioè tra concedente ed utilizzatore, in cui risultano distinti il contratto di leasing rispetto a quello di fornitura del bene, intercorrente tra fornitore e concedente, che tuttavia si trovano in collegamento negoziale. In seguito a tale configurazione risulta ammissibile che l’utilizzatore possa agire contro il fornitore per l’adempimento o per il risarcimento, ma s’è escluso categoricamente che possa agire anche per la risoluzione, tenuto, appunto, conto che a questa conseguono necessariamente effetti sulla sfera giuridica del concedente, con la determinazione dell’obbligo di restituzione del bene e della perdita del lucro dell’operazione di finanziamento. Recentemente le SS.UU. (29) hanno operato una ricostruzione sistematica dell’istituto, che comprende varie figure contrattuali, ognuna avente la sua peculiarità, quali il leasing traslativo e quello di godimento, il leasing operativo e quello al consumo, il leasing pubblico e quello finanziario immobiliare, il lease back e la locazione finanziaria di autoveicoli, navi ed aeromobili, individuando quale dato comune “un’operazione di finanziamento tendente a consentire al c.d. utilizzatore il godimento di un bene (transitorio o finalizzato al definitivo acquisto del bene stesso) grazie all’apporto economico di un soggetto abilitato al credito (il c.d. concedente) il quale, con la propria risorsa finanziaria, consente all’utilizzatore di soddisfare un interesse che, diversamente, non avrebbe avuto la possibilità o l’utilità di realizzare, attraverso il pagamento di un canone che si compone, in parte, del costo del bene ed, in parte, degli interessi dovuti al finanziatore per l’anticipazione del capitale. Affiancata a questa v’è, necessariamente, un’altra operazione, quella tendente all’acquisto del bene del quale l’utilizzatore intende godere, ossia un’ordinaria compravendita stipulata tra fornitore e concedente, attraverso la quale il secondo diventa proprietario del bene che darà in locazione all’utilizzatore da lui finanziato. Proprietà che, soprattutto nel leasing traslativo (ossia quello che, come esito finale, prevede il trasferimento di proprietà dal concedente all’utilizzatore) ha la fondamentale funzione di garanzia a favore del primo, rispetto ai canoni che ha il diritto di percepire dal secondo”. Le SS.UU. ribadiscono che il contratto di leasing è un contratto meramente bilaterale stipulato tra concedente ed utilizzatore e collegato ad altro contratto bilaterale stipulato tra concedente e fornitore per l’acquisizione del bene oggetto del contratto a favore dell’utilizzatore; il collegamento è nel reciproco nesso di presupposizione, risultando la fornitura effettuata in funzione della successiva locazione del bene compravenduto, che a sua volta presuppone che il locatore si sia procurato il bene che darà in godimento all’utilizzatore. Le SS.UU. chiariscono pure che i due atti mantengano la loro sostanziale autonomia, con conseguente terzietà dell’utilizzatore rispetto al contratto di fornitura ed, a sua volta, del fornitore rispetto al contratto di locazione, mentre il concedente è l’unico, tra i tre, ad essere parte di entrambi gli atti. Il risultato della sottrazione della vicenda dall’ambito del rapporto plurilaterale e della sua sussunzione in quello del contratto collegato, implica la possibilità di una gestione separata dei distinti rapporti contrattuali, secondo le rispettive funzioni, assegnando rilevanza giuridica a quelle sole interdipendenze che realmente condizionano l’attuazione dell’operazione economica. Tuttavia per aversi collegamento in senso tecnico in grado di giustificare tra i contratti collegati l’esperibilità di un’azione diretta di risoluzione, secondo la costante giurisprudenza e la prevalente dottrina, deve rinvenirsi un requisito oggettivo, costituito dal nesso teleologico tra i negozi, volti alla regolamentazione degli interessi reciproci delle parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario, ed un requisito soggettivo, costituito dal comune intento (27) Così A. Maltoni, cit., 1776. (28) Cfr. Cass. 1° ottobre 20014, n. 19657; Cass. 25 maggio 2004, n. 10032; Cass. 27 luglio 2006, n. 17145; Cass. 29 settembre 2007, n. 20592.In dottrina V. Calandra Buonaura, Orientamenti della dottrina in tema di locazione finanziaria, in Riv. dir. civ., 1978, II, 185; R. Clarizia, I contratti di finanziamento: leasing e factoring, Torino, 1989, 70; G. De Nova, Nuovi contratti, Torino, 1990, 215; G. Lener, La qualificazione del leasing fra contratto plurilaterale ed “operazione giuridica”, in Stu- dium iuris, 2001, 1157. Cfr. pure I. Libero Nocera, Collegamento negoziale, causa concreta e clausola di traslazione del rischio: la giustizia contrattuale incontra il leasing, in Nuova giur. civ. comm., 2008, 356; T. Gasparro, In tema di leasing finanziario e di inversione del rischio contrattuale, in Giur. it., 2009, 7. (29) Cass., SS.UU., 5 ottobre 2015, n. 19785, in Giur. it., 2016, 1, 33, con nota di V. Viti, Leasing finanziario - Il collegamento negoziale e la tutela dell’utilizzatore nel leasing finanziario. 966 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli negozi in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale (30). Pertanto le SS.UU. escludono la presenza di un collegamento negoziale in senso tecnico, tale, cioè, da comportare che la patologia di un contratto comporti la patologia anche dell’altro, proprio perché pur in presenza di un nesso obiettivo (economico o teleologico), manca, perché possa ravvisarsi il collegamento tecnico, il nesso soggettivo, ossia l’intenzione delle parti di collegare i vari negozi in uno scopo comune. Ciò in quanto nella configurazione tipica del rapporto, non si può dire che il fornitore si determini alla vendita in funzione della circostanza che il bene verrà concesso in locazione dal compratore/concedente all’utilizzatore/locatario, avendo il mero interesse alla vendita del suo prodotto, per cui la causa che regge il contratto da lui stipulato con il finanziatore/concedente è quella tipica del contratto di compravendita, ossia il trasferimento del bene in cambio del prezzo. La S.C. sottolinea come le circostanze, che sia proprio l’utilizzatore a scegliere il fornitore, a trattare con lui ed a ricevere la consegna del bene e che il fornitore, a sua volta, sia consapevole che l’acquisto da parte del committente sia finalizzato alla locazione del bene in favore del terzo utilizzatore sono del tutto esterne rispetto alla struttura stessa dei contratti che si vanno a stipulare e non sono capaci di mutarne la causa di ciascuna. Sull’altro versante del rapporto lo stesso concedente, una volta determinatosi al finanziamento, è del tutto disinteressato rispetto alla scelta del bene e del fornitore effettuata dall’utilizzatore, posto che, qualunque essa sia, egli è garantito dalla proprietà del bene rispetto all’obbligo del pagamento del canone a carico dell’utilizzatore stesso. Le SS.UU. richiamano a conforto delle proprie conclusioni, la disciplina del Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 125 quinquies), il quale, nei contratti di credito collegati ed in ipotesi di inadempimento del fornitore, non consente all’utilizzatore/consumatore (soggetto sicuramente meritevole di maggior tutela rispetto all’imprenditore) di agire direttamente contro il fornitore per la risoluzione del contratto di fornitura, bensì gli consente di chiedere al concedente/finanziatore (dopo avere inutilmente costituito in mora il fornitore) di agire per la risoluzione del contratto di fornitura; richiesta che determina la sospensione del pagamento dei canoni. Le conseguenze pratiche di tale ricostruzione si riflettono nel livello di tutela dell’utilizzatore. La mancanza del collegamento negoziale in senso tecnico, implica l’inoperatività del principio simul stabunt simul cadent, tra il contratto di leasing finanziario, concluso tra concedente ed utilizzatore, e quello di fornitura, concluso tra concedente e fornitore. Ne consegue che l’utilizzatore è legittimato a far valere la pretesa all’adempimento del contratto di fornitura, oltre che al risarcimento del danno conseguentemente sofferto, ma in mancanza di un’espressa previsione normativa al riguardo, si esclude che l’utilizzatore possa autonomamente esercitare contro il fornitore l’azione di riduzione del prezzo che, quale rimedio sinallagmatico, andrebbe a modificare i termini dello scambio nel rapporto tra concedente e fornitore, o l’azione di risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore ed il concedente (cui esso è estraneo), salva la sussistenza di specifica clausola contrattuale con la quale gli venga dal concedente trasferita la propria posizione sostanziale. L’applicazione di tali principi al leasing immobiliare pubblico, in cui l’utilizzatore è la P.A., appariva quindi problematica in quanto, al di là del profilo legato alla selezione del fornitore-appaltatore e della società di leasing, riduce anche nella fase di esecuzione il livello di tutela rispetto a quello proprio del contratto di appalto, caratterizzato storicamente sin dalla legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F. da (30) Cass. 17 maggio 2010, n. 11974; Cass. 16 marzo 2006, n. 5851. Contra C.M. Bianca, Diritto Civile, III, Il contratto, 2000, 482. Secondo l’Autore: “L’idea secondo la quale ai fini del collegamento occorrerebbe un elemento soggettivo, consistente nell’intenzione delle parti di connettere i vari contratti, non sembra condivisibile in questi termini. È infatti sufficiente che la connessione risulti, sul piano funzionale, dall’unitarietà della causa che l’operazione è diretta a realizzare”. In termini G. Ferrando, I contratti collegati: principi della tradizione e tendenze innovative, in Contr. e impr., 2000, II, 127 ss.; Id., Recenti orientamenti in tema di collegamento negoziale, in Nuo- va giur. civ. comm., 1997, II, 233 ss. e in partic. 234, laddove l’A. pone l’accento “sul dato funzionale, venendo così in primo piano il carattere unitario dell’operazione economica alla cui realizzazione i contratti sono preordinati”. Sul collegamento negoziale in generale, cfr. M. Giorgianni, Negozi giuridici collegati, in Riv. it. sc. giur., 1937, 275 ss.; G. Oppo, I contratti parasociali, Milano, 1942, 71 ss.; R. Scognamiglio, voce Collegamento negoziale, Enc. dir., VII, 1960, 375 ss.; C. Di Nanni, Collegamento negoziale e funzione complessa, in Riv. dir. comm., 1977, I, 279. Urbanistica e appalti 8-9/2016 967 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti poteri suscettibile di incidere ab extra, sul rapporto contrattuale anche in deroga ai principi contrattuali ordinari. L’espressione dell’art. 187 comma 1 che, come già l’art. 160 bis comma 1 del D.Lgs. n. 163 del 2006, abilita l’utilizzo anche del contratto di locazione finanziaria, specificando che “costituisce appalto pubblico di lavori”, non può configurarsi quale fonte per nascita di un nuovo contratto tipico, anche in relazione al collegamento dell’istituto con il partenariato pubblico-privato. La qualificazione della norma lascia inalterata la tipologia di due contratti tipici, la locazione finanziaria e l’appalto pubblico, ma rileva in primo luogo i quanto consente di superare la carenza del requisito soggettivo, costituito dal comune intento pratico delle parti di volere l’effetto del collegamento. La norma stessa infatti costruisce la causa tipica del collegamento dei contratti, connotando direttamente sia il collegamento (31), che quindi prescinde dalla ricerca dell’elemento soggettivo, sia la causa prevalente e conseguentemente individua la disciplina applicabile, che è quella degli appalti di lavori, salvo che, in applicazione del criterio di cui all’art. 14 del codice, questi ultimi abbiano un carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale del contratto medesimo. L’Autorità di Vigilanza (32) propende per la ricostruzione in termini unitari del leasing pubblico, precisando che “l’operazione economico-finanziaria deve essere considerata e trattata unitariamente (unica gara e unico contratto) tra una pubblica amministrazione ed un soggetto (eventualmente riunito in associazione temporanea) realizzatore e finanziatore”. L’Autorità giunge a tale conclusione per garantire il risultato dell’operazione, non assimilabile ad una mera sommatoria di contratto di finanziamento e di contratto d’appalto di lavori pubblici, pur assumendo gli strumenti del collegamento negoziale, in quanto sottolinea la necessità che nel contratto “siano puntualmente disciplinate e distinte le obbligazioni, di natura eterogenea, poste a carico di ciascuna parte, soprattutto in considerazione dei connessi profili in tema di responsabilità”. La gara e soggetti affidatari (31) Per l’applicazione della teoria della causa concreta, quale funzione economico-sociale del contratto al leasing, cfr. Cass., Sez. III 27 luglio 2006, n. 17145, che sottolinea come “è proprio l’interesse al godimento da parte dell’utilizzatore della cosa (...) a venire in tale ipotesi essenzialmente in rilievo, e che l’operazione negoziale è sostanzialmente volta a realizzare, costituendone pertanto la causa concreta, con specifica ed autonoma rilevanza rispetto a quella - parziale - dei singoli contratti, di questi ultimi connotando la reciproca interdipendenza (sì che le vicende dell’uno si ripercuotono sull’altro, condizionan- done la validità e l’efficacia)”. (32) Autorità di Vigilanza Determinazione n. 4 del 22 maggio 2013. (33) Cfr. Corte dei conti, Sez. Contr. Lombardia, 13 novembre 2008, n. 87, e Corte dei conti, Sez. Contr. Piemonte, 24 novembre 2010, n. 82 in www.corte.conti.it. Sulla tendenziale immutabilità del canone periodico salvo il caso di varianti richieste dall’ente pubblico tali da comportare maggiori costi di costruzione cfr. Corte dei conti, Sez. Contr. Riun., 16 settembre 2011, n. 49, in www.corte.conti.it. 968 Il collegamento negoziale risulta anche in relazione al contenuto delle prestazioni dell’appaltatore, qualificando il contratto come di progettazione ed esecuzione. Infatti l’art. 187, comma 6, riprendendo analoga previsione dell’art. 161 bis comma 4 ter, riferita al preliminare, dispone che la stazione appaltante pone a base di gara un progetto di livello almeno di fattibilità, rimettendo all’aggiudicatario la predisposizione dei successivi livelli progettuali. La stazione appaltante potrebbe quindi anche porre a base di gara un progetto definitivo o esecutivo. Peraltro nel caso invece in cui la progettazione definitiva ed esecutiva rientrano nelle prestazioni del realizzatore, in applicazione del principio stabilito per gli appalti di progettazione ed esecuzione di cui al previgente art. 53, comma 2, lett. b) e c), D.Lgs. n. 163/2006 e dell’attuale art. 28, comma 1, ultimo periodo, il concorrente deve essere in possesso dei requisiti propri del progettista, configurandosi l’affidamento quale appalto misto. La determinazione delle caratteristiche tecniche ed estetiche dell’opera, dei costi, dei tempi e delle garanzie dell’operazione, costituiscono la base per la specificazione dei parametri di valutazione tecnica ed economico-finanziaria dell’offerta economicamente più vantaggiosa, disciplinata dall’art. 95 del Codice, ormai assurto a criterio di aggiudicazione generale. Sotto il profilo economico, la valutazione delle offerte dovrà essere incentrata sugli elementi tipici del leasing immobiliare quali la durata, il canone, il tasso di interesse da corrispondere all’aggiudicatario e il prezzo di riscatto (33). L’art. 187, comma 2, si limita a stabilire che nel bando devono essere determinati i requisiti soggettivi, funzionali, economici, tecnico-realizzativi ed organizzativi di partecipazione, ma va integrato con le previsioni di cui al successivo comma 3. Questa disposizione consente il ricorso ad un’associazione temporanea di tipo “misto” costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, improntata sul modello dell’associazione verticale, Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti con responsabilità limitata alle specifiche obbligazioni assunte. La formulazione del comma 3 dell’art. 187, in virtù della quale l’offerente può essere “anche” una associazione temporanea costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore, unita a quella di cui al successivo comma 5 in base al quale il soggetto finanziatore, autorizzato ai sensi del D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, “deve dimostrare alla stazione appaltante che dispone, se del caso avvalendosi delle capacità di altri soggetti, anche in associazione temporanea con un soggetto realizzatore, dei mezzi necessari ad eseguire l’appalto”, potrebbe indurre a ritenere che vi sia una alternativa tra l’associazione temporanea e l’avvalimento di cui all’art. 89, ovvero l’avvalimento atipico del genere di quello previsto per i progettisti dall’art. 53, comma 3, Codice previgente (34). Nel caso di unico offerente costituito dalla società di leasing, la responsabilità per l’esecuzione dell’opera non potrebbe che gravare sullo stesso, non operando più il regime di ripartizione di responsabilità previsto nell’ipotesi di associazione mista. Per superare il conflitto che tale estensione di responsabilità comporta con il regime del T.U.B. (T.U. 1° settembre 1993, n. 385), in ordine all’esclusività dell’attività degli intermediari finanziari, già il comma 4 bis, introdotto dal terzo correttivo nell’art. 160 bis, imponeva all’offerente società di leasing di individuare già in sede di offerta l’impresa costruttrice, con i requisiti richiesti agli esecutori di lavori pubblici dall’art. 40 del Codice. Anche se l’indicazione normativa non impone come modalità necessaria ed esclusiva di partecipazione l’associazione temporanea d’imprese, tale modalità appare in qualche modo imposta dalla necessità di una gara unica. La doppia gara, cioè una per la selezione della società di leasing ed una per la soluzione dell’esecutore comporta criticità sui tem- pi delle procedure. Se fosse effettuata prima la gara per l’individuazione della società di leasing, questa non conoscerebbe nel momento la partecipazione il costo dell’opera, risultante dalla gara per la selezione dell’esecutore; mentre nel caso inverso potrebbe non essere interessata per mancanza di affidamento nel appaltatore selezionato (35). Inoltre come già il comma 2 dell’art. 160 bis il comma 2 dell’art. 187, utilizza il singolare per il riferimento al bando. Peraltro l’art. 187 comma 3, evidentemente per favorire la più ampia partecipazione, stabilisce che i concorrenti restano responsabili ciascuno in relazione alla specifica obbligazione assunta, introducendo un regime derogatorio rispetto anche a quello di responsabilità solidale sancito per le associazioni verticali dall’art. 48 comma 5, in cui comunque il mandatario è responsabile in solido con il mandante per le prestazioni di quest’ultimo. Pertanto, al di là della non chiara formulazione della norma, derivata dalla pedissequa riproduzione dei commi 3 e 4 bis dell’art. 160 bis del D.Lgs. n. 163 del 2006, non risolta dal nuovo codice, l’unicità del concorrente non appare compatibile con il sistema del leasing costruttivo, risultando contraddittorio che pur essendo prevalente la prestazione tipica dell’appaltatore, un soggetto finanziatore possa partecipare in forma individuale utilizzando l’avvalimento atipico. Quindi la partecipazione in forma di associazione temporanea, con l’agevolazione derivante dal venir meno della solidarietà, ovvero con il ricorso all’avvalimento atipico, e con l’esclusione dell’avvalimento di cui all’art. 89 costituisce lo schema esclusivo di partecipazione alla gara (36). Il terzo decreto correttivo aveva completato il processo di estensione iniziato dalla Finanziaria del 2007 dell’ambito dei partecipanti al contraente generale di cui all’art. 162, comma 1, lett. g), figura (34) La disposizione, ora assorbita nell’art. 28 del nuovo codice, dedicato ai contratti misti prevedeva nell’ipotesi di contratto avente ad oggetto anche la progettazione oltre che l’esecuzione, che “gli operatori economici devono possedere i requisiti prescritti per i progettisti, ovvero avvalersi di progettisti qualificati, da indicare nell’offerta, o partecipare in raggruppamento con soggetti qualificati per la progettazione”. (35) G. Fraccastoro, cit., 1729 osserva che “l’associazione temporanea, invece, è espressione di un rapporto collaborativo posto in essere in vista della partecipazione alla gara, per cui garantisce maggiormente il committente rispetto alla collaborazione forzata che deriverebbe, sia pure di fatto nel caso di due gare separate”. (36) In tal senso, G. Fraccastoro, cit., 1741, sottolinea come il sistema delineato dal legislatore risulti coerente con la natura ontologicamente differente dei due soggetti del raggruppamento in esame, atteso che il soggetto finanziatore deve esse- re in possesso dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, mentre il costruttore deve essere un soggetto qualificato ai sensi dell’(allora vigente) art. 40 del Codice. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 5 maggio 2010, n. 1675, cit., ammette l’avvalimento atipico unitamente alla partecipazione in associazione temporanea, rileva che l’art. 160 bis introduce una deroga incisiva alla disciplina ordinaria dell’associazione temporanea di impresa di cui all’art. 37, che rinviene la propria ratio nell’eterogeneità degli operatori coinvolti, appartenenti a settori (finanziario ed edilizio) assolutamente distanti tra loro e la cui interdipendenza è il frutto di una scelta legislativa, che l’avvalimento tipico, è previsto per soggetti economici che esercitano attività nello stesso ramo o comunque in ambiti affini tra loro, che il regime della solidarietà sia incompatibile con l’avvalimento atipico e che, nel silenzio della norma, operi la deroga alla regola generale di cui all’art. 49, con conseguente responsabilità frazionata dei due soggetti coinvolti. Urbanistica e appalti 8-9/2016 969 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti che nel Codice ha un ruolo limitato alla realizzazione delle infrastrutture strategiche e degli insediamenti produttivi (art. 176 del D.Lgs. n. 163 del 2006 - art. 194 D.Lgs. n. 50 del 2016). I requisiti di esperienza e qualificazione nella costruzione di opere nonché di capacità organizzativa, tecnicorealizzativa e finanziaria, sono stati considerati dal legislatore idonei, unitamente agli altri requisiti imposti dal bando, anche per la partecipazione a procedure relative alla realizzazione, all’acquisizione ed al completamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, non rientranti nell’ambito delle infrastrutture strategiche ed insediamenti produttivi. Il contraente generale quindi potrebbe operare anche al di là delle infrastrutture strategiche, pur se resta aperta la questione della qualificazione del contraente generale in quanto anche nel nuovo codice vi è un sistema di qualificazione specifico dei contraenti generali (art. 197). Nella logica dello snellimento la nuova previsione dell’art. 185, comma 4 ha considerato acquisito tale principio e non ha riprodotto la parte della previsione che lo sanciva facendo riferimento alla Parte II, Titolo III, Capo IV. Tale nuova formulazione non implica tuttavia che il contraente generale possa partecipare da solo, cioè senza il soggetto finanziatore, sia in virtù della configurazione propria del modello contrattuale, sia in quanto ciò determinerebbe un’estensione dell’ambito di qualificazione del contrante generale, che non potrebbe essere implicita nella formulazione della norma, sostanzialmente preordinata ad equiparare il contraente generale all’appaltatore non al soggetto finanziatore, anche in relazione all’inderogabilità dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 (37). In base all’art. 187, comma 3 in caso di fallimento, inadempimento o sopravvenienza di qualsiasi causa impeditiva all’adempimento dell’obbligazione da parte di uno dei due soggetti costituenti l’associazione temporanea di imprese, è consentito all’altro contraente di sostituirlo, con l’assenso del commit(37) Cfr. G. Fraccastoro, cit., 1742 che in relazione al previgente comma 4 dell’art. 160 bis del D.Lgs. n. 163 del 2006, rileva come la qualificazione del contraente generale è incentrata sulla particolare capacità di anticipare gli oneri del finanziamento, ma non già di provvedere al vero proprio finanziamento, attività che è pur sempre demandata a un soggetto finanziatore autorizzato. L’Autorità di Vigilanza con la Determinazione n. 4 del 22 maggio 2013, precisa come “l’affidamento a contraente generale come unica controparte contrattuale dell’amministrazione mal si concilierebbe con la ricostruzione del leasing in costruendo come vicenda contrattuale unitaria, ba- 970 tente, con altro soggetto avente medesimi requisiti e caratteristiche. La previsione appare modellata sull’istituto del subentro previsto dall’art. 176, comma 8 del Codice in tema di concessione, in quanto ispirata alle medesime esigenze di conservazione del rapporto contrattuale. La disciplina introdotta dal terzo correttivo (art. 160 bis, comma 4 quater) e riprodotta nell’art. 187, comma 7 chiarisce, colmando una lacuna della legge finanziaria del 2007, che l’opera può essere realizzata anche su aree nella disponibilità dell’aggiudicatario. Tale soluzione appare coerente con i caratteri tipici dell’istituto del leasing, anche se pone il problema della restrizione dell’ambito dei potenziali partecipanti, che potranno essere solo soggetti proprietari di aree con determinate caratteristiche. Le altre ipotesi sono la realizzazione su aree acquistate dal soggetto finanziatore, ovvero su aree di proprietà dell’amministrazione, che poi andrebbero concesse in diritto di superficie all’aggiudicatario. Il leasing pubblico quale istituto di partenariato pubblico-privato Il contratto di leasing traslativo è un tipico contratto a prestazioni corrispettive (38). Anche il leasing immobiliare pubblico, tenuto conto della finalità prevalente perseguita dall’amministrazione in cui l’oggetto principale del contratto, non è la stipula del contratto di locazione finanziaria, ma la realizzazione e l’acquisizione dell’opera, è strutturato quale contratto commutativo. Infatti l’art. 3, comma 1, lett. tt) annovera tra gli “appalti pubblici di forniture”, i contratti tra una o più stazioni appaltanti e uno o più soggetti economici, aventi per oggetto l’acquisto, la locazione finanziaria, la locazione o l’acquisto a riscatto, con o senza opzione per l’acquisto, di prodotti mentre la successiva lettera ggg) definisce “locazione finanziaria di opere pubbliche o di pubblica utilità”, il contratto avente ad oggetto la prestazione di servizi finanziari e l’esecuzione di lavori. sata sulla contemporanea partecipazione di un soggetto finanziatore e di un soggetto esecutore”. (38) Nel senso che si tratti di un contratto non più atipico ma con uno schema negoziale sinallagmatico e comunicativo con causa mista, Corte dei conti, Sez. Contr. Riun. 16 settembre 2011, n. 49, in www.corte.conti.it. La stessa chiarisce che se l’operazione di leasing, senza un effettivo trasferimento del rischio non concreta una forma di partenariato pubblico privato e quindi costituisce una forma di indebitamento finanziamento, potrà essere ammissibile ex art. 119 Cost., solo se siano effettuati nuovi investimenti. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti L’art. 3, comma 15 ter del previgente Codice, capovolgendo il rapporto tra genere e specie, riuniva sotto la definizione generale dei contratti di partenariato pubblico-privato i contratti di concessione di lavori, di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità, l’affidamento a contraente generale, le società miste, ecc. Il nuovo Codice all’art. 180 comma 8 introduce una previsione di analogo tenore in cui si stabilisce che rientrano nella tipologia dei contratti di partenariato pubblico-privato “la finanza di progetto, la concessione di costruzione e gestione, la concessione di servizi, la locazione finanziaria di opere pubbliche, il contratto di disponibilità e qualunque altra procedura di realizzazione in partenariato di opere o servizi che presentino le caratteristiche di cui ai commi precedenti”. La previsione generale è del tutto priva di coordinamento con la disciplina specifica della locazione finanziaria, per cui la relativa portata va ricostruita in relazione alle caratteristiche del partenariato pubblico-privato. La codificazione del partenariato risale al “Libro verde” della Commissione CE sui partenariati pubblico-privati e il diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni (COM(2004)0327), presentato il 30 aprile 2004, al quale è seguita la comunicazione interpretativa COM (2005) 569 del 15 novembre 2005, e la Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI) (39), la Commissione europea ha affermato che il termine PPP si riferisce in generale a “forme di cooperazione tra le autorità pubbliche e il mondo delle imprese che mirano a garantire il finanziamento, la costruzione, il rinnovamento, la gestione o la manutenzione di un’infrastruttura o la fornitura di un servizio”. La Commissione ha individuato due tipi di partenariato pubblico-privato: il tipo “puramente contrattuale” e quello “istituzionalizzato”. Il PPP di tipo “puramente contrattuale” è quello basato esclusivamente su legami contrattuali tra i vari soggetti. Esso definisce vari tipi di operazioni, nei quali uno o più compiti più o meno ampi - tra cui la progettazione, il finanziamento, la realizzazione, il rinnovamento o lo sfruttamento di un lavoro o di un servizio, vengono affidati al partner privato. Restando alla distinzione comunitaria, nella prima tipologia (PPP contrattuali) rientrano le concessioni, il project financing ed il general contractor; oltre alla locazione finanziaria, nella seconda tipologia rientra, invece, la costituzione di società miste. Tali istituti, per espressa previsione, sono indicati a mero titolo esemplificativo, in quanto rileva unicamente la presenza degli elementi caratterizzanti la fattispecie. Rispetto a questi ultimi il codice recepisce integralmente i contenuti degli atti comunitari, specificando ciò che risultava già evidenziato nel sistema comunitario, che il finanziamento deve essere a totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Gli atti della Commissione relativi al partenariato pubblico privato costituiscono il punto di arrivo di una serie di atti di orientamento della Commissione stessa, maturati nell’ambito delle concessioni, che costituiscono la forma tipica e tradizionale di partenariato pubblico privato. La comunicazione della Commissione (Libro bianco) sugli appalti pubblici nell’Unione Europea del 11 marzo 1998 COM (98) 143, contiene la programmazione delle azioni che la Commissione intende attuare ai fini dell’applicazione delle norme e dei principi del Trattato in materia di concessioni, con particolare riguardo alle concessioni di servizi, ai contratti relativi a servizi pubblici o ad altre forme di partenariato riguardanti i servizi. In particolare nella seconda fase delle azioni da porre in essere, rimasta lettera morta (40), si prevede di proporre una modifica delle direttive, destinata a coprire tutte le forme di concessione che non sono ancora regolamentate. In questa prospettiva la Commissione europea, nella Comunicazione interpretativa sulle concessioni nel diritto comunitario degli appalti pubblici del 12 aprile 2000 (41), ha preso in considerazione tutte quelle forme di partenariato pubblico privato variamente denominate, che hanno in comune il fat- (39) Com. 2008/C 91/02) pubblicata in G.U.U.E. C 91/4 del 12 aprile 2008. (40) Nella Risoluzione del 26 ottobre 2006 il Parlamento Europeo ritiene prematura una valutazione degli effetti delle direttive sugli appalti pubblici e pertanto si dichiara contrario alla creazione di un regime giuridico specifico per i PPP, ma ritiene necessaria un’iniziativa legislativa nel settore delle concessioni che rispetti i principi del mercato interno e i valori soglia e preveda regole semplici per le procedure di appalto nonché un chiarimento nell’ambito dei partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI). (41) In questa Rivista, n. 10/2000, 1061, con commento di F. Leggiadro. Urbanistica e appalti 8-9/2016 971 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti to di avere ad oggetto prestazioni di attività economiche, ciò che implica la soggezione alle disposizioni degli artt. da 52 a 66 del Trattato e quindi ai principi di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità. In particolare quel che rileva è il carattere economico dell’attività svolta, che connota la gestione totale o parziale di servizi pubblici ai fini dell’applicabilità delle disposizioni rilevanti del Trattato, ed in particolare dei principi relativi alla libertà di stabilimento, alla libera prestazione di servizi, che possono essere ristretti solo nella ricorrenza dei presupposti di cui agli artt. 45 e 46 (ex artt. 55 e 56) e nei limiti strettamente necessari per il raggiungimento dello scopo, ed alla disciplina di cui all’art. 90, in tema di diritti speciali esclusivi. Nella ricostruzione della Commissione il tratto distintivo del diritto di gestione è dato dalla percezione dei proventi direttamente dall’utente, per cui il concessionario non viene remunerato dall’autorità aggiudicatrice “ma ottiene da questa il diritto di percepire i proventi derivanti dall’uso dell’opera realizzata”. La Corte di Giustizia (42) ha confermato l’orientamento della Commissione, escludendo che le disposizioni delle direttive sugli appalti pubblici (nella specie quelle della Dir. 93/38/CE) siano applicabili all’ipotesi di concessione di servizi. La Commissione europea ha quindi ritenuto che l’elemento di differenziazione rispetto all’appalto è dato dalla sussistenza in capo al concessionario del rischio connesso alla gestione. Pertanto non si è in presenza di concessione quando il costo risulta interamente sostenuto dall’amministrazione aggiudicatrice, anche se viene attribuito un diritto di gestione. La Commissione ha precisato che la portata dell’espressione di cui all’art. 1, lett. d), Dir. 93/37, allora vigente, nella parte in cui precisa che il diritto di gestire l’opera può essere accompagnato da un prezzo, esclude la ricorrenza dell’istituto in tutti casi in cui il prezzo “elimini una parte significativa del rischio”, per cui la maggior parte dell’alea della gestione viene sopportata dai pubblici poteri. La Commissione sottolinea che il semplice conferimento di fondi da parte di un investitore privato ad un’impresa pubblica non costituisce un PPPI; pertanto non è ravvisabile un partenariato in tutte le ipotesi in cui vi sia una società a capitale misto, allorché non via sia un effettiva assunzione da parte dell’entità così costituita dei compiti operativi di gestione. Il profilo del trasferimento del rischio di gestione rivela la sua portata nel richiamo all’ultimo capoverso dell’art. 3, comma 1, lett. eee) del Codice, che definisce il partenariato pubblico-privato ai contenuti delle decisioni Eurostat. Eurostat è l’organo della Commissione UE incaricato di compiti statistici anche a fini contabili e di formulare decisioni di definizione dei criteri atti ad individuare le operazioni riconducibili alla finanza pubblica. La previsione del codice si riferisce in particolare, alla decisione dell’11 febbraio 2004, n. 18/2004, Traitement des partenariats public-privée, dove Eurostat indica i requisiti necessari per esentare gli interventi PPP dall’inserimento nella contabilità pubblica nazionale, che hanno rilevanza al fine della determinazione del deficit e del debito pubblico dello Stato membro. La predetta decisione di Eurostat del 11 febbraio 2004, riguarda il trattamento contabile nei conti nazionali dei contratti firmati da imprese pubbliche, nel quadro di partenariati con imprese private, che hanno come oggetto la realizzazione di specifiche infrastrutture (assets) destinate all’uso pubblico e la successiva fornitura di servizi generati dall’utilizzo delle infrastrutture all’uopo costruite. La decisione si applica nel caso in cui lo Stato sia il principale acquisitore dei beni e servizi forniti, anche nel caso di domanda da terze parti (43). Ai fini dell’incidenza delle operazioni di partenariato pubblico-privato sul deficit pubblico, va considerato che in termini generali, se l’infrastruttura (asset) è classificata nel bilancio dello Stato (on balance), la spesa iniziale in conto capitale per la realizzazione della stessa dovrà essere registrata come formazione di capitale fisso, con impatto negativo sul deficit statale. (42) Corte di Giustizia CE 7 dicembre 2000, in causa C324/98, Telaustria Verlags GmbH e Telefonadress GmbH c. Post & Telekom Austria AG, in questa Rivista, 5/2001, 487, con nota di commento di F. Leggiadro; in senso conforme Corte di Giustizia CE 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen GmbH, GU C 296, 26 novembre 2005, 4, che aggiunge al requisito del rischio di gestione quella che la remunerazione del prestatore di servizi proviene non già dall’autorità pubblica interessata, bensì dagli importi versati dai terzi utenti, specificando che la concessioni di pubblici servizi sono escluse dall’am- bito di applicazione della Dir. 92/50 (v. ordinanza 30 maggio 2002, causa C-358/00, Buchhändler_Vereinigung, Racc I-4685, punto 28, ivi richiamata). (43) In altri documenti della Commissione Europea (Cfr. “Green Paper on PPP’s and Community Law on Public Contracts and Concessions” COM 327/2004) la dizione PPP è tuttavia applicabile anche ad altre forme di partenariato pubblico privato, nei casi in cui lo Stato non sia il principale acquisitore dei servizi offerti dalla gestione dell’asset. 972 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Qualora invece l’attivo del PPP non venga considerato di proprietà dello Stato, il relativo investimento effettuato nella fase di costruzione dell’opera non dovrebbe incidere né sul debito, né sul deficit pubblico, andando ad interessare unicamente il bilancio della società privata. Anche in relazione alla gestione, i pagamenti pubblici a fronte di acquisti di servizi, vengono classificati come spesa pubblica, con conseguente aumento del debito statale. Nel caso invece in cui l’asset venga considerato fuori bilancio dello Stato, le relative spese in conto capitale, sostenute dal partner privato, non incidono né sul disavanzo né sul debito pubblico (44). In base alla decisione Eurostat il requisito essenziale affinché gli assets legati ai partenariati pubblico - privati non vadano classificati come attivi pubblici, e pertanto non vengano registrati nel bilancio delle amministrazioni pubbliche (off balance), è il sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata. Gli elementi in presenza dei quali in base alla decisione Eurostat, può considerarsi concretato il trasferimento del rischio, rispecchiano i principi già esposti dalla Commissione e dalla stessa elaborazione giurisprudenziale sopra richiamata, in relazione alle concessioni. Il partner privato deve accollarsi in primo luogo il rischio di costruzione e quindi almeno uno dei due rischi di disponibilità e di domanda. Il rischio di costruzione (construction risk) è il tipico rischio collegato al corretto adempimento della prestazione, e copre eventi quali il ritardo nei tempi di consegna, un aumento di costi, vizi e difetti di costruzione. Il trasferimento è insito nel carattere sinallagmatico del rapporto, con alcuni correttivi (forza maggiore, sorpresa geologica etc.) ed è sostanzialmente comune con il rischio imprenditoriale tipico dell’appaltatore. Il rischio di domanda (demand risk) è in sostanza il rischio di mercato, che si origina dalla variabilità della domanda non dipendente dalla qualità del servizio prestato dal concessionario, ma da fattori esterni, quali l’andamento economico e/o la concorrenza e/o l’obsolescenza tecnica, ecc. Il rischio di disponibilità (availability risk) è legato alla capacità, da parte del concessionario, di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, sia per volume che per standard di qualità (lack of performance). Il rischio di mercato, per ragioni di politica economica e/o tariffaria, viene generalmente, in tutto o in parte, accollato alla parte pubblica, attraverso il pagamento al concessionario del c.d. canone di utilizzo, con la percezione diretta da parte dell’amministrazione dei proventi derivanti dall’utilizzo, ovvero con il riconoscimento in favore del concessionario di un “minimo garantito” (take-orpay) svincolato dall’effettiva utilizzazione delle prestazioni. Nella prospettiva della decisione Eurostat, quando sono previsti meccanismi di take-or-pay contrattuali o simili, il rischio di mercato non può ritenersi trasferito dalla parte pubblica alla parte privata. La problematica del trasferimento del rischio di mercato investe sostanzialmente le cc.dd. “opere fredde”, che, la stessa decisione Eurostat qualifica con alcuni esempi, cioè le opere in cui il flusso di ricavi prevalente, in fase di gestione, non è idoneo ad assicurare una piena rimuneratività dell’investimento. Rientrano in tale ambito gli investimenti nei campi della sanità o dell’istruzione, nei quali, pur beneficiandone direttamente gli utenti, le prestazioni erogate ai cittadini sono pagate in via prevalente dall’Ente pubblico. La possibilità di estendere il regime della concessione alle “opere fredde” venne introdotta dalla novella all’art. 19, L. n. 109 del 1994 della L. 1° agosto 2002, n. 166 e riprodotta nell’art. 143 del Codice previgente, con l’inserimento del comma 2 ter, consente alle amministrazioni di affidare in concessione “opere destinate alla utilizzazione diretta della P.A., in quanto funzionali alla gestione di servizi pubblici, a condizione che resti al concessionario l’alea economico-finanziaria della gestione dell’opera”. Il Codice vigente si caratterizza perché completa il processo di scissione dalla disciplina della concessione del partenariato pubblico-privato che assurge (44) Il tema del rapporto dei partenariati pubblico-privati con il deficit pubblico è toccato dalla Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori che nella Proposta di risoluzione del Parlamento Europeo sui partenariati pubblico-privati e diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni, (2006/2043(INI)) del 4 ottobre 2006, evidenzia “che in taluni nuovi Stati membri la formula PPP è scelta per cercare di dissimulare l’aumento del debito pubblico, ossia di uno dei parametri di Maastricht; esprime preoccupazione perché in tali casi la compensazione delle perdite provocate dal basso potere d’acquisto interno per gli investitori privati può comportare un tasso di restituzione maggiore di quello normalmente applicato ai crediti garantiti dallo Stato per l’allestimento delle stesse strutture.”. Urbanistica e appalti 8-9/2016 973 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti a figura autonoma seppure costituente il genus rispetto alla concessione. La giurisprudenza comunitaria (45) ha elaborato criteri di distinzione tra appalto e concessione di servizi, fondati sulla differente destinazione delle prestazioni, che nel caso dell’appalto sono rivolte allo stesso ente appaltante, mentre nel caso della concessione sono invece rivolte alla comunità, che paga un corrispettivo per i servizi ricevuti. In più occasioni la Corte di Giustizia ha pure ribadito il carattere essenziale del trasferimento della responsabilità della gestione, sia per gli aspetti tecnici sia per quelli economico-finanziari. In altri termini, l’alea tecnica, economica e finanziaria relativa alla gestione deve essere trasferita dall’amministrazione al concessionario, cui spetta effettuare gli investimenti necessari affinché l’opera sia messa a disposizione e, al contempo, sopportarne l’onere di ammortamento e assumere i rischi inerenti alla gestione e all’uso abituale dell’opera, oltre a quelli propri dell’attività di costruzione (46). Il tradizionale elemento distintivo della concessione rispetto all’appalto, cioè la gestione intesa quale erogazione di pubblico servizio a tariffa nei confronti di terzi, viene definitivamente superato dall’art. 180 del nuovo Codice il quale stabilisce che i ricavi di gestione dell’operatore economico provengono dal canone riconosciuto dall’ente concedente e/o da qualsiasi altra forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche sotto forma di introito diretto della gestione del servizio ad utenza esterna. Per cui il PPP è possibile anche per opere rispetto alle quali non c’è un’utenza, e pertanto la cui utilizzazione non è soggetta a tariffe, mentre la gestione a tariffa tipica del servizio pubblico è solo una delle forme per conseguire il ricavo. Quindi la gestione non riguarda più solo i beni strumentali all’erogazione di servizi, dalla quale si ricavino corrispettivi in forma di tariffe o prezzi, ma si estende a tutte quelle attività da cui può ricavarsi un profitto che l’art. 143, comma 4 ultima parte del Codice previgente, con maggiore chiarezza ed accuratezza aveva definito di “prestazione di beni e servizi da parte del concessionario allo stesso soggetto aggiudicatore, relativamente all’opera concessa” introducendo nella concessione il global service (47). Pertanto in generale anche per tipologie di opere pubbliche non a tariffa c.d. “opere fredde”, è possibile avvalersi, ai fini del perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario del rapporto, dei corrispettivi derivanti dell’esecuzione di prestazioni, in favore del concedente, destinate a mantenere l’efficienza e la funzionalità delle opere. In questi casi il prezzo relativo alle quote di forniture e servizi viene assorbito nel corrispettivo dei lavori, rientrando nella gestione funzionale ed economica dell’opera relativamente al margine di utile, in quanto l’art. 180, comma 2 considera prezzo qualsiasi forma di contropartita economica ricevuta dal medesimo operatore economico, anche diversa dal canone o dalle tariffe all’utenza. Anche nella prospettiva della decisione Eurostat, la corresponsione di contributi pubblici non compromette un efficace trasferimento del rischio, a condizione che i pagamenti siano collegati all’effettivo grado di disponibilità fornito dal privato, al loro volume e secondo la qualità predeterminata, in applicazione del principio del take-and-pay, ovvero del criterio generale in base al quale lo Stato, al pari di ogni altro cliente, paga per quello che riceve. La decisione Eurostat sottolinea che pagamenti regolari sotto forma di canoni invariabili non parametrati all’effettivo volume dei servizi prestati non consentono un’effettiva assunzione di rischio da parte del partner privato. Ai fini del trasferimento del rischio di disponibilità è necessario un meccanismo che preveda la riduzione dei pagamenti nel caso di prestazioni insufficienti con l’applicazione automatica di penali non meramente simboliche, ma che abbiano un impatto significativo sulle entrate del partner privato. (45) Corte di Giustizia 23 aprile 1994, causa C-272/91, Lottomatica, v. pure le conclusioni dell’Avvocato Generale Antonio La Pergola rese nella causa C-306/96, BFI Holding BV c/ G. Arnhem e G. Rheden., nonché le sentenze richiamate alla precedente nt. 41. (46) Corte di Giustizia delle Comunità europee, Sez. III, 27 ottobre 2005, causa C-234703; Corte di Giustizia delle Comunità europee, sezione III, 13 novembre 2008, causa C-437/07, Commissione / Italia; Corte di Giustizia delle Comunità europee, Sez. III, 10 settembre 2009, causa C-206/08, che considera sufficiente anche un rischio molto ridotto; Corte di Giustizia delle Comunità europee, Sez. III, 10 marzo 2011, causa C274/09. (47) Sotto il profilo civilistico il global service è un appalto misto, di lavori, servizi, e forniture (somministrazione) (artt. 1655 c.c. ss. e 1559 c.c. ss.) che può rientrare nel concetto di gestione di cui all’art. 143 del Codice, in quanto attiene all’ottimizzazione dello sfruttamento delle opere. La definizione del contratto si trova nella norma UNI 10685: “Contratto riferito ad una pluralità di servizi sostitutivi delle normali attività di manutenzione con piena responsabilità sui risultati da parte dell’assuntore”. L’art. 29 della L. n. 448/2001 ha recepito compiutamente la norma 10685 emanata dall’Uni. In dottrina cfr. S. Carta, Gli appalti misti di lavori, servizi e forniture, anche con riferimento alla figura del “global service”, in Riv. trim. app., 2004, 535 ss. 974 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Ai fini della contabilità nazionale è evidente che tutti contributi dati in conto “prezzo”, anche nel caso di un efficace trasferimento di rischi e di una conseguente classificazione off balance dell’asset realizzato, concorrono a formare il deficit pubblico. Il criterio assunto dalla decisione Eurostat per la qualificazione fuori bilancio degli assets legati ai partenariati pubblico - privati e quindi per la non incidenza sul debito pubblico, è il sostanziale trasferimento di rischio dalla parte pubblica alla parte privata. Si tratta di un parametro estraneo ai tradizionali principi di contabilità nazionale, in virtù dei quali la proprietà dell’infrastruttura rimane, nella generalità dei casi, in capo all’Ente pubblico concedente. Ai fini Eurostat, e dell’impatto sul deficit., rileva invece non tanto la proprietà “giuridica” del bene, quanto la sua proprietà “economica”, ovvero la sopportazione della maggior parte dei rischi per la sua costruzione e manutenzione. Pertanto il parametro Eurostat di trasferimento di rischio ai fini della classificazione fuori bilancio degli assets legati ai partenariati pubblico - privati, può applicarsi indifferentemente alle opere pubbliche ed alle opere di pubblica utilità, a prescindere quindi dall’elemento soggettivo della proprietà pubblica, sulla base della sola effettività del trasferimento del rischio, rilevante ai fini dell’incidenza sul debito pubblico. Si considerano opere di pubblica utilità, quelle realizzate da soggetti che, pur se non formalmente pubblici in base ai canoni ermeneutici interni, possiedono una rilevanza pubblicistica, in quanto fungono da strumento alternativo, rispetto agli organi classici della P.A., per la realizzazione di compiti di questa mediante l’utilizzazione di fondi pubblici. Anche nell’attuale impostazione del Codice (art. 3, comma 1, lett. ll) ai fini della definizione dei lavori pubblici, è venuto meno il requisito dell’appartenenza pubblica, per cui non ha alcun rilievo la natura pubblica o privata del soggetto, essendo molti enti aggiudicatori soggetti privati (48). Nella Comunicazione interpretativa sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI) (49), la Commissione ha ribadito la necessità di seguire una procedura equa e trasparente per la selezione del partner privato che, nell’ambito della sua partecipazione all’entità a capitale misto, fornisce beni, lavori o servizi, o quando procede all’aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione a un’entità a capitale misto, evitando il ricorso “a manovre dirette a celare l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a società ad economia mista” (50). Inoltre nella Comunicazione COM(2005) 569 la Commissione rileva che tutte le forme di PPP sono qualificabili come appalti pubblici o concessioni e “tuttavia, poiché all’aggiudicazione degli appalti pubblici e delle concessioni si applicano regole diverse, nel diritto comunitario non esiste una procedura di aggiudicazione uniforme specificamente pensata per i PPP”. Nel manuale del SEC 95 (Sistema Europeo dei Conti Economici) il leasing di beni durevoli è trattato in uno specifico capitolo (51) ed ai fini del trattamento nei conti nazionali viene distinto in leasing finanziario e leasing operativo. Tale distinzione pone l’accento, più che sul “nomen iuris” sull’aspetto economico dell’operazione e più precisamente sull’aspetto del “controllo economico” del bene. In particolare: - se durante il periodo di utilizzazione del bene la maggior parte dei rischi e dei vantaggi della proprietà grava sulla società di leasing, il contratto presenta le caratteristiche di un leasing operativo. L’infrastruttura è registrata nel conto patrimoniale della società e solo i pagamenti periodici (canoni) incidono sul deficit pubblico. Se alla fine del periodo l’infrastruttura viene trasferita alla P.A., essa verrà iscritta nei conti patrimoniali di quest’ultima come investimento fisso lordo, controbilanciato da un trasferimento in conto capitale: le due partite si compensano senza generare alcuna incidenza sul deficit della P.A. stessa; - se durante il periodo di utilizzazione del bene la maggior parte dei rischi e dei vantaggi grava sull’amministrazione pubblica, il contratto presenta le caratteristiche di un leasing finanziario. L’infrastrut- (48) Secondo R. De Nictolis, La nuova disciplina dei lavori pubblici, Milano, 2003, 711, l’espressione lavori di pubblica utilità è una endiadi con cui il legislatore ha voluto includere nell’oggetto della concessione tutte le opere destinate ad un pubblico servizio. Sulla nozione di opera pubblica rilevante ai fini del partenariato pubblico privato si rinvia al commento dello scrivente all’art. 3, in R. Tomei - M. Baldi (a cura di), La Disciplina dei contratti pubblici, II ed., Milano, 2009, 36 ss. (49) Com. 2008/C 91/02) pubblicata in G.U.U.E. C 91/4 del 12 aprile 2008. (50) La Commissione richiama la sentenza della Corte di Giustizia resa in Causa C-29/04, Commissione/Austria, Racc. 2005, I-9705, punto 42, anche in questa Rivista, 2006, 157, con nota di commento di M. Giovannelli. (51) Cfr. “Manuale del SEC 95 sul disavanzo e sul debito pubblico - Commissione Europea, 2002 - Cap. IV.4 Infrastrutture pubbliche finanziate e gestite dal settore delle società”. Urbanistica e appalti 8-9/2016 975 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti tura è registrata nel conto patrimoniale della P.A. nella categoria degli investimenti fissi lordi, controbilanciati da un prestito figurativo di pari importo. Si ha un’incidenza sul deficit della P.A. per il valore dell’investimento, mentre il debito dell’amministrazione stessa aumenta per un importo pari all’ammontare del prestito figurativo. Durante il periodo di utilizzazione i canoni versati dovrebbero essere ripartiti in quote rimborso capitale e quota rimborso interesse del prestito figurativo. I pagamenti della quota interesse incidono sul deficit della P.A. Il manuale del SEC 95, come risulta evidente, propone definizioni e criteri di classificazione delle operazioni di leasing non corrispondenti a quelle ad oggi utilizzate in Italia. In Italia, considerata la differente accezione data dal vigente ordinamento giuridico ai concetti di leasing operativo e leasing finanziario, anche la contabilizzazione in capo al soggetto pubblico o privato segue criteri “civilistici” diversi da quelli utilizzati per la successiva riclassificazione dei conti. In particolare, le PP.AA. si limitano a rilevare l’esborso finanziario (canone) senza iscrivere alcun bene nel proprio bilancio. Il bene, che è considerato asset privato, sarà rilevato nel bilancio del soggetto realizzatore che in base alla normativa italiana ne detiene la proprietà giuridica, anche se solo da un punto di vista formale. La direttiva concessioni 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione include sotto la definizione “concessioni” tutte le formule di partenariato pubblico privato contrattuale, senza farne categoria autonoma. La direttiva si caratterizza per una accentuazione dell’enfasi del rischio ed una maggiore accuratezza definitoria. Ai sensi dell’art. 5, comma 1 della Direttiva, il rischio operativo, che deve essere presente nei contratti di PPP ha natura economica e implica “che non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione dei lavori o dei servizi oggetto della concessione” (52). È su tale accentuazione del rischio che deve valutarsi la locazione finanziaria per essere considerata una concessione (o un contratto di PPP). Quale istituto di partenariato pubblico privato il leasing immobiliare quindi costituisce un’alternativa allo strumento della concessione relativa alle opere c.d. fredde, purché sia caratterizzato da un effettivo e sostanziale trasferimento del rischio non potendo altrimenti discostarsi dalla figura dell’appalto (53). L’Autorità di Vigilanza con le determinazioni n. 2 del 2010 e n. 6 del 2011, ha ribadito che affinché un intervento realizzato tramite operazioni di leasing immobiliare sia configurabile quale partenariato pubblico-privato deve riscontrarsi la presenza di almeno il rischio di costruzione di domanda/disponibilità a carico del privato. In particolare per le opere in cui sia assente o scarso (di norma limitato alle sole attività di manutenzione e di assistenza tecnica sugli impianti) l’aspetto gestionale e/o per le quali sia più complesso prevedere l’erogazione dei servizi a carico del privato (es. scuole, uffici pubblici, carceri). Proprio per la realizzazione di quest’ultima tipologia di infrastrutture potrebbe apparire più consono lo strumento del leasing immobiliare, in cui la remunerazione del privato per la realizzazione dell’opera non è costituita dal servizio reso, bensì dai canoni che la P.A. versa alla società di leasing per ottenere l’infrastruttura (finanziamento pubblico sub specie di canone). La configurazione del leasing immobiliare in termini di PPP, richiede la preventiva analisi costi benefici e di compatibilità con le norme di finanza pubblica, per verificare la complessiva convenienza e sostenibilità finanziaria sui bilanci futuri e quindi un calcolo del costo finanziario complessivo dell’operazione che deve essere certo e definito fin dal momento dell’aggiudicazione. L’assunzione del rischio di disponibilità implica quindi che la società di leasing assuma il rischio di variazione della domanda in relazione ai servizi accessori, per cui i pagamenti della P.A. sono legati alla misura dei servizi utilizzati, ed ovviamente il rischio legato alla qualità del servizio rispetto degli standard prestabiliti, che può determinare una riduzione dei pagamenti. Affinché il trasferimento del rischio sia effettivo, dovranno quindi considerarsi ulteriori condizioni specifiche del contratto di leasing, quali il pagamento da parte dell’amministrazione della rata fissa comprensiva di eventuali servizi accessori solo dopo il collaudo dell’opera, la responsabilità della manutenzione, l’assicurazione dell’infrastruttura a (52) M. Ricchi, La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni l’impatto sul Codice dei contratti pubblici, in questa Rivista, 2014, 745, come il rischio operativo nelle versioni precedenti del testo della Direttiva era definito “sostanziale”, aggettivo che poi è stato espunto, proprio perché avrebbe consentito in- terpretazione quantitative non univoche. (53) Cfr. R. Giovagnoli, Sistemi di realizzazione delle opere delle opere pubbliche e strumenti di finanziamento: dall’appalto pubblico al partenariato pubblico privato, in www.giustamm.it, 2011. 976 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Il contratto di disponibilità, introdotto dall’art. 44, comma 1, lett. d), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con L. 24 marzo 2012, n. 27, che ha inserito nel previgente Codice l’art. 160 ter (55), pedissequamente riprodotto nell’art. 188 del nuovo codice, rappresenta una figura ibrida, di scarsa o nulla applicazione, che costituisce, se inteso quale istituto di partenariato pubblico privato, e purché presenti le caratteristiche di sostanziale trasferimento del rischio esaminate a proposito del leasing, una riedizione della concessione di costruzione e gestione o appunto del leasing immobiliare, ovvero, sotto certi profili della concessione di committenza. Tale tipologia di contratto differisce dagli altri strumenti di PPP (concessione e locazione finanziaria) per il fatto che la titolarità dell’opera realizzata dall’affidatario del contratto è del tutto privata. Conseguenza di ciò è l’affidamento, a rischio e a spese dell’affidatario, della costruzione e della messa a disposizione a favore dell’amministrazione aggiudicatrice di un’opera di proprietà privata desti- nata all’esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo. Nel contratto di disponibilità, quindi, la natura e la dimensione dei rischi sostenuti dal soggetto privato è diversa rispetto alle altre forme di cooperazione tra pubblico e privato, ivi compresa la procedura di project financing. Il nucleo centrale dell’operazione è caratterizzato dal fatto che il rischio di mercato viene escluso, in quanto l’ente pubblico si impegna ad utilizzare l’opera realizzata verso il pagamento di un canone per un certo numero di anni. Pertanto il privato assume unicamente il rischio costruttivo e quello di disponibilità. Accanto al canone e quindi parametrato al canone stesso, l’art. 188, comma 1, lett. b), contempla a titolo di corrispettivo eventuale anche un contributo in corso d’opera, comunque non superiore al cinquanta per cento del costo di costruzione dell’opera, nell’ipotesi di trasferimento della proprietà dell’opera all’amministrazione aggiudicatrice. Sempre per il caso del trasferimento al termine del contratto e quindi del passaggio dal regime di disponibilità a quello di proprietà in capo all’amministrazione, la successiva lett. c) contempla la possibilità di un prezzo di trasferimento, espressamente parametrato all’ammontare dei canoni già versati e dell’eventuale contributo incorso d’opera, nonché al valore di mercato residuo dell’opera. Con il canone di disponibilità sono compensati tutti gli effetti dei rischi caratterizzanti (56), quello costruttivo e quello tipico della disponibilità, consacrato al comma 1 lettera a) che, in attuazione dei parametri comunitari stabilisce che il canone deve essere versato soltanto in corrispondenza alla effettiva disponibilità dell’opera e deve essere proporzionalmente ridotto o annullato nei periodi di ridotta o nulla disponibilità della stessa per manutenzione, vizi o qualsiasi motivo non rientrante tra i rischi a carico dell’amministrazione aggiudicatrice. A questo si aggiunge il rischio residuale legato alla fine del rapporto, in quanto la norma non prevede che l’opera debba essere trasferita nella titolarità dell’amministrazione. (54) L’Autorità di Vigilanza con la Determinazione n. 4 del 22 maggio 2013 sottolinea che l’assetto contrattuale deve comportare un adeguato trasferimento del rischio di disponibilità in capo alla controparte privata. Quest’ultimo deve essere tradotto in termini di obbligazioni contrattuali, prevedendo idonei strumenti di controllo e monitoraggio in capo alla stazione appaltante a cui sia correlata l’applicazione di penali in caso di mancato rispetto degli standard pattuiti. (55) Tra i primi commenti, cfr. C. Tomasini, Nasce il contratto di disponibilità: alla PA immobili chiavi in mano”, in Ed. e Terr., 2012, 8. (56) Vedi commento del 6 marzo 2012 di A. Caruocciolo, Le forme di cooperazione tra pubblico e privato nei lavori pubblici: il contratto di disponibilità. Brevi riflessioni sul nuovo istituto con il quale il pubblico si lega alla fantasia imprenditoriale del privato, in www. appaltiecontratti.it. carico della società di leasing, per cui nell’ipotesi in cui i costi di manutenzione aumentino, il rischio resta a carico del privato, la preventiva determinazione delle modalità di realizzazione della prestazione dei servizi accessori connessi all’utilizzazione del bene. In questa logica vanno considerate le clausole che esonerano l’amministrazione dall’obbligo di acquisire l’infrastruttura alla scadenza del contratto se non è in buone condizioni. Pertanto la previsione del comma 4 dell’art. 187, che condiziona l’adempimento degli impegni della stazione appaltante al positivo controllo della realizzazione e della eventuale gestione funzionale dell’opera secondo le modalità previste, va intesa quale strumento di attuazione del trasferimento del rischio, dovendosi tradurre in adeguate clausole contrattuali (che impongono applicazione di penali, riduzione del canone etc. in caso di mancato rispetto degli standards concordati) (54). Il contratto di disponibilità Urbanistica e appalti 8-9/2016 977 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti L’amministrazione deve infatti definire il tempo di utilizzo dell’opera e, pertanto, al cessare dello stesso può liberarsi della struttura, allorché, l’edificio non assolva più alle necessità di carattere pubblico e richiederebbe elevati esborsi per adeguamenti non sempre efficaci. Anche tale fattispecie si caratterizza quindi per l’attribuzione della funzione pubblica ad un’opera che resta nella proprietà privata, quanto meno per tutto il lasso di tempo previsto dal contratto di disponibilità, per cui valgono le considerazioni svolte a proposito del leasing immobiliare. Si tratta tuttavia di un rischio che trova una chiara disciplina contrattuale, nel senso che l’ammontare dei canoni sarà determinato in base alla presenza o meno dell’obbligo di acquisto in capo all’amministrazione al termine del rapporto, ipotizzandosi canoni più alti nell’ipotesi in cui manca il prezzo finale di trasferimento. Quest’ultimo appare assimilabile all’ultima rata del canone di leasing legata all’esercizio dell’opzione di acquisto (57). In sostanza anche per tale figura sembra potersi ritenere che la sostanziale ragione dell’introduzione sia quella della sottrazione del costo dell’immobile, che viene sostituito dai canoni, dalle voci di debito che gravano sul bilancio dell’amministrazione. Quindi anche per il contratto di disponibilità rileva la decisione Eurostat n. 18 dell’11 febbraio 2004, secondo cui gli assets legati a tali forme di PPP devono essere registrati fuori bilancio dalle PP.AA., quando ricorrano le condizioni che il partner privato si assume il rischio di costruzione ed almeno uno tra i rischi di disponibilità e di domanda. Anche in questo caso affinché possano essere rispettati i parametri comunitari di trasferimento del rischio, devono quindi essere definite, già in sede di gara (58), le relative clausole contrattuali. L’art. 188 comma 2, rimette alla determinazione contrattuale le modalità di ripartizione dei rischi tra le parti, contemplando la possibilità di accollare quantomeno in parte anche al privato il rischio di sopravvenienze derivanti da norme o provvedimenti cogenti di pubbliche autorità, incidenti sul progetto, sulla realizzazione o sulla gestione tecnica dell’opera, con conseguente variazione dei corrispettivi. Si tratta del tipico rischio del factum principis, proprio della disciplina codicistica civile, che non appare strutturalmente diverso dal rischio derivante dal mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro atto di natura amministrativa, che invece viene posto a carico del soggetto aggiudicatario, salvo diversa determinazione contrattuale. Il senso dell’accollo all’affidatario del tipico rischio amministrativo, potrebbe unicamente ravvisarsi nella conformazione del contratto in esame, per cui la ripartizione dei rischi va calibrata anche sulle eventuali dinamiche future del rapporto e dell’opera stessa. In tale prospettiva la fruibilità piena va costantemente garantita alla committente, persino a costo di sopportare le conseguenze di ritardata o mancata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti in corso d’opera. Nella stessa prospettiva appare coerente con la logica del trasferimento del rischio, porre a carico del contraente privato il rischio delle sopravvenienze della normativa tecnica relativa agli standards di sicurezza e prestazionali dell’opera, in quanto costituenti sviluppo in qualche modo prevedibile dell’assetto normativo sulla base del quale è stata formulata l’offerta. Parimenti in sede di gara dovrà essere definita la durata del contratto, in relazione al costo dell’opera ed alla misura dell’eventuale contribuzione pubblica, ed alla previsione o meno del trasferimento finale dell’opera alla P.A. con conseguente prezzo di trasferimento. La peculiarità della fattispecie che si incentra sulla scissione tra l’utilizzazione e la proprietà, si riflette sul regime delle varianti e del collaudo. La mancanza della titolarità dell’opera implica che l’amministrazione non possa avvalersi degli ordinari poteri autoritativi di prescrizione delle varianti, (57) L’Autorità di Vigilanza, con la Determinazione n. 4 del 22 maggio 2013, sottolinea la duplice valenza del canone, precisando come “qualora fosse prevista l’opzione del riscatto finale, il canone avrebbe una natura mista, comprenderebbe cioè, in analogia al leasing finanziario, due componenti: una per la messa a disposizione dell’opera ed una per il finanziamento finalizzato all’acquisto. In tal caso, oltre a stabilire la somma per il trasferimento finale dell’opera, la stazione appaltante dovrebbe quantificare le due componenti soprattutto ai fini della eventuale riduzione del canone e della risoluzione del contratto, nel caso lo stesso scendesse al di sotto della soglia prefissata. Potrebbe valutarsi, infatti, l’opportunità che la riduzione riguardi solamente la componente di disponibilità, direttamente collegata alla fruibilità dell’opera e non anche quella di finanziamento, che assolve alla diversa funzione dell’acquisto finale del bene”. (58) In tal senso, L.R. Perfetti, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di L. R. Perfetti, cit., 1789, rileva che poiché la dislocazione dei rischi è elemento essenziale del contratto, dovrà essere oggetto del confronto concorrenziale e non potrà essere assegnata alla fase di definizione dei vincoli contrattuali. 978 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti sia pure notevolmente ridimensionati dagli artt. 106 e 149 del Codice. Pertanto le varianti restano rimesse alla scelta dell’affidatario, a carico del quale però grava il rischio che, ove non gradite alla parte pubblica ovvero non funzionali alle proprie esigenze, in quanto realizzate senza approvazione della stazione appaltante, possano incidere sulla fruibilità e quindi determinare una riduzione del canone di disponibilità ovvero una mancata acquisizione in proprietà al termine del contratto. Considerazioni analoghe valgono per il collaudo, che non è preordinato alla verifica della conformità dell’opera al progetto, ma unicamente al capitolato prestazionale. Questo in termini analoghi a quanto ipotizzabile per un’opera privata, si configura come l’elemento centrale per la definizione dei contenuti essenziali dell’obbligazione dell’affidatario. Pertanto in sede di collaudo oltre ai tradizionali poteri di imporre modificazioni e rifacimento di lavori eseguiti, poteri che non assumono la veste pubblicistica ma quella tipicamente privatistica del risarcimento in forma specifica volto ad assicurare il corretto adempimento dell’obbligazione, può aversi una riduzione del canone di disponibilità, che costituisce la controprestazione a carico dell’amministrazione e quindi successiva al collaudo. Pur nella configurazione marcatamente privatistica della fattispecie, appare singolare la previsione dell’art. 188 comma 5, in virtù della quale non solo le varianti ma anche il progetto definitivo e il progetto esecutivo “sono ad ogni effetto approvati dall’affidatario, previa comunicazione all’amministrazione aggiudicatrice la quale può, entro trenta giorni, motivatamente opporsi ove non rispettino il capitolato prestazionale” (59). La sottrazione all’amministrazione del potere pubblicistico di approvazione del progetto, che è una tipica funzione autoritativa, non appare una conseguenza necessaria del mantenimento della proprietà in capo al privato, in quanto l’approvazione dei progetti resta prerogativa della P.A. anche in presenza di opere di pubblica utilità, non nella titolarità pubblica (60). L’approvazione del progetto in capo all’affidatario, appare una sorta di riedizione in tono minore della concessione di committenza (61), considerata anche l’ulteriore previsione del comma 5 ultima parte, in virtù della quale l’amministrazione aggiudicatrice può attribuire all’affidatario il ruolo di autorità espropriante ai sensi del testo unico di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, ovvero del general contractor (62). La previsione inoltre non incide, ovviamente, sulla competenza in capo alle amministrazioni diverse (59) A. Maltoni, cit., 1789 osserva come non sia del tutto comprensibile perché l’affidatario dovrebbe rifiutare a se stesso che ha redatto i progetti e dovrà eseguirli, l’approvazione. (60) Cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 5 maggio 2010, n. 1675, cit., che a proposito del leasing in costruendo, sottolinea come, sia “inaccettabile che in un appalto di lavori il committente pubblico sia espropriato di qualsiasi potere nei confronti dell’impresa esecutrice, e che attività che costituiscono prerogativa tipica dell’amministrazione aggiudicatrice - come la direzione lavori, la verifica degli stati di avanzamento, il controllo del rispetto degli obblighi di legge sulla sicurezza del lavoro, dell’osservanza dei minimi contrattuali e della corretta applicazione delle regole sul subappalto - vengano traslate su un soggetto privato, che sarebbe investito indebitamente di funzioni pubbliche”. (61) Nell’ambito della concessione di costruzione, attraverso la scissione dell’oggetto delle prestazioni in quelle relative all’esecuzione ed in quelle relative all’organizzazione del processo realizzativo dell’opera, venne concepita una terza figura di concessione c.d. di “committenza”, cui erano assimilabili quelle di “servizi” e di “ufficio tecnico”, non comprensiva della materiale esecuzione dei lavori. Al di là della terminologia non univoca, queste tipologie, frutto di un’elaborazione del Consiglio di Stato (Cons. Stato, Sez. III, parere 30 dicembre 1982, n. 703, in Cons. Stato, 1984, I, 968) contrastata dalla Corte dei Conti (Corte dei Conti, Sez. contr. Stato, 15 luglio 1983, n. 1370, in Arch. giur. oo. pp., 1983, II, 383, opinione confermata con la decisione 20 febbraio 1992, n. 13, in Arch. giur. oo. pp., 1992, 808), che riteneva non ammissibile un “tertium genus” oltre la concessione di sola costruzione e quella di costruzione ed esercizio, comprendevano una serie di fattispecie in cui il concessionario assumeva i compiti di stazione appaltante, in sostituzione dell’amministrazione, oppure compiti ausiliari, mentre l’amministrazione provvedeva alla gara, alla direzione lavori ed al collaudo, in entrambi i casi senza assumere l’obbligo della realizzazione dell’opera, che veniva eseguita dall’appaltatore. Il Consiglio di Stato successivamente si è adeguato all’orientamento della Corte dei conti (Cons. Stato, Sez. III, 15 aprile 1986, n. 582, in Rep. Foro it., 1988, voce Opere pubbliche, n. 134; Cons. Stato, Sez. IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Riv. it. dir. pubbl. comunitario, 1997, 178). In dottrina sulla concessione di committenza, v. P.M. Piacentini, Concessioni di servizi: nascita di un istituto, in Riv. trim. app., 1990, 1117. Sul concetto di sostituzione v. U. Pototschnig, Concessione ed appalto nell’esercizio dei pubblici servizi, in Jus, 1955; A.M. Sandulli, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1983, 502. (62) Nella concessione di committenza l’obbligazione del concessionario veniva considerata di mezzi, non di risultato, con tutte le conseguenze in materia di responsabilità e requisiti soggettivi, che non coincidevano con quelli richiesti all’appaltatore per il diverso contenuto delle prestazioni, che comprendevano “tutte le attività organizzative e amministrative finalizzate alla realizzazione di un’opera o di un programma di opere, che vanno dalla predisposizione della progettazione di massima ed esecutiva, alle operazioni di scelta dell’esecutore materiale delle opere, fino all’attività di direzione dei lavori”, come chiarito da Cons. Stato, Sez. III, parere 4 dicembre 1990, n. 192, in Cons. Stato, 1991, II, 1615. La natura dell’obbligazione, consistente nel compimento di attività non esecutive (obbligazione di mezzi), vale poi a distinguere tale figura dal general contractor identificato nel soggetto che si assume l’obbligazione, che quindi è obbligazione di risultato, di realizzare e consegnare l’opera pattuita, completa ed in certi casi dotata anche dei macchinari che la rendono idonea all’uso cui è desti- Urbanistica e appalti 8-9/2016 979 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti da quella aggiudicatrice, degli atti di autorizzazioni, nulla osta e assensi comunque denominati, gravando pergiunta il privato del rischio della mancata o ritardata approvazione da parte di queste. Quindi la sottrazione all’amministrazione del potere di approvazione del progetto comporta un aggravamento in termini procedimentali, in quanto vede venir meno la contestualità delle procedure di approvazione, tramite lo strumento della conferenza di servizi, al quale anche l’art. 27 del codice conferma la valenza di strumento ordinario per l’approvazione del progetto di opera pubblica. Appare infatti dubbia l’applicabilità delle previsioni dettate dagli artt. 14 bis ss. della citata L. n. 241 del 1990, in assenza della figura dell’amministrazione procedente che indice la conferenza di servizi. Non presentano particolare interesse le altre previsioni della norma in particolare in materia di procedura di gara, che costituiscono una disciplina ripetitiva di quella ordinaria dei contratti pubblici, per cui sarebbe stato più opportuno un semplice rinvio alle relative previsioni. Baratto amministrativo Il baratto amministrativo è una figura introdotta dal nuovo codice all’art. 190 che disegna una forma di cooperazione, con finalità sociali, tra gli enti locali e le comunità amministrate. La norma prevede che gli enti territoriali definiscono con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale. Si tratta di una forma minore del procedimento di partenariato ad iniziativa pubblico-privata di cui ai commi 16, 17 e 18 dell’art. 153 del Codice, non riproposta nel nuovo Codice, in cui si delineava la figura di un promotore “additivo” (63), introducendo un peculiare meccanismo di superamento della inerzia dell’amministrazione, nell’attivare procedure di partenariato rispetto ad opere inserite nell’elenco annuale, affidato ad attività del privato. nata. Sulla distinzione tra concessionario di committenza e general contractor Cfr. P.M. Piacentini, La concessione di opere pubbliche..., cit., 510 ss. L’Autore rileva che le condizioni di difficolta in cui versa la struttura operativa dell’amministrazione, avrebbero dovuto “far meditare sull’opportunità di introdurre l’istituto del general contractor anche nel settore della contrattualistica pubblica potendo tale istituto rappresentare una possibile soluzione a quella serie di inconvenienti che, come una costante, affliggono oggi la realizzazione delle opere pubbliche” e, più avanti, che “la concessione di committenza è la ri- 980 Anche nel caso di specie deve ritenersi che la presentazione del progetto abbia un carattere meramente sollecitatorio, finalizzato a definire le condizioni per un contratto sulla base del progetto presentato. La presentazione del progetto non comporta alcun diritto del proponente al compenso per le prestazioni compiute o alla realizzazione degli interventi proposti, che devono soggiacere alle consuete procedure di evidenza pubblica. La presentazione determina tuttavia un obbligo in capo alla p.a. di avvio del procedimento, ed il privato è titolare di una posizione di interesse pretensivo qualificato e giuridicamente rilevante alla conclusione del procedimento. Ulteriore presupposto procedimentale è che si tratti di aree e beni immobili inutilizzati, e, deve ritenersi sulla base di una interpretazione logico sistematica della disposizione in combinato disposto con l’art. 21 del Codice, per i quali non sia prevista una utilizzazione nel programma triennale, neppure quali immobili disponibili che possono essere oggetto di cessione. L’oggetto dei contratti è vario, potendo riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze o strade, ovvero la loro valorizzazione mediante iniziative culturali di vario genere, interventi di decoro urbano, di recupero e riuso con finalità di interesse generale, La previsione quindi più che a iniziative imprenditoriali appare ispirata a promuovere una partecipazione dei privati alla gestione dei beni pubblici, spesso abbandonati ed in condizioni di degrado. La finalità sociale di carattere non lucrativo dell’istituto è scolpita dall’ultimo comma dell’art. 190, il quale specifica che in relazione alla tipologia degli interventi, gli enti territoriali individuano riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo di attività svolta dal privato o dalla associazione ovvero comunque utili alla comunità di riferimento in un’ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla stessa. sposta della prassi alla mancata istituzionalizzazione della figura del general contractor”. In dottrina cfr. M. Pallottino, La concessione di opere pubbliche dopo la legge 8 agosto 1977 n. 584 di adeguamento delle procedure degli appalti pubblici alle direttive della C.E.E., in Riv. giur. ed., 1978, II, 113. (63) Cfr. M. Ricchi, Il promotore nel codice dei contratti a seguito del terzo correttivo D.Lgs. n. 152/08, in www.iteca.org, 19; F. Mele, La Disciplina dei contratti pubblici, a cura di R. Tomei - M. Baldi, cit., 1286 ss. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti E-procurement e digitalizzazione della P.A. Procedure elettroniche e strumenti di acquisto telematici nel nuovo Codice dei contratti pubblici di Stefano Cresta Il contributo analizza il tema dell’e-procurement e della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione attraverso una ricognizione normativa in materia di obblighi di acquisto mediante strumenti telematici (introdotta nel nostro ordinamento sin dai primi anni duemila), nonché in tema di procedure elettroniche, così come disciplinate dal nuovo codice degli appalti. L’esame di un percorso giurisprudenziale, congiunto al quadro normativo di riferimento, conduce ad una riflessione circa la necessaria prudenza nell’utilizzo di questi nuovi strumenti messi a disposizione delle procedure ad evidenza pubblica, che pur tuttavia (nei contratti di rilievo) costituiscono il modo di operare obbligatorio per l’approvvigionamento di lavori beni e servizi da parte dell’Amministrazione. Premessa La digitalizzazione della P.A. costituisce una mezzo teoricamente valido al fine di migliorare l’efficienza, la trasparenza, l’efficacia, nonché l’economicità dell’azione pubblica, oltre alla performance stessa dell’Amministrazione. Questa affermazione di principio permetterebbe di concretizzare obbiettivi e risultati pratici di notevole importanza nell’ambito dell’approvvigionamento di beni e servizi per la Pubblica Amministrazione quali l’accesso più agile da parte dei privati alle procedure bandite dalla stessa, la dematerializzazione di tutti i documenti di gara - con conseguente riduzione dei tempi di pubblicazione e dei costi delle procedure ad evidenza pubblica - la segretezza della documentazione trasmessa, la tracciabilità di tutte le operazioni svolte dalla Commissione di gara, la trasparenza delle comunicazioni attraverso l’attribuzione di un codice identificativo, nonché la conoscenza in tempo reale del costo so- stenuto dall’Amministrazione per l’acquisto di beni e servizi. L’utilizzo di formule dubitative, tuttavia, è una necessità, atteso il complesso quadro normativo di riferimento, il quale incide negativamente sull’utilizzo effettivo degli strumenti telematici da parte di un’Amministrazione che, in generale, fatica a tenere il passo con mutamenti radicali del proprio concreto modus operandi. Nell’ambito della stratificata cornice normativa che si andrà ad illustrare nel prosieguo può essere utile soffermarsi preliminarmente su alcune definizioni. Il Mercato Elettronico della P.A. (MePA) è un vero e proprio mercato elettronico di tipo selettivo ove i fornitori che hanno ottenuto l’abilitazione offrono i propri beni e servizi direttamente on-line; i compratori registrati (le P.P.A.A.) possono consultare il catalogo delle offerte ed emettere direttamente ordini d’acquisto o richieste d’offerta (1). Il MePA, dunque, è uno strumento telematico attraverso il quale realizzare gli acquisti sotto soglia (1) A. Massari - G. Sorrentino, Gli acquisti sul Mepa, Guida operativa dopo la release, 2014, Rimini, 2014, 113. Urbanistica e appalti 8-9/2016 981 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti L’utilizzo di strumenti telematici da parte della P.A., prima ancora di essere un modulo organizzativo efficace, risponde ad uno specifico obbligo di matrice europea. Si pensi, infatti, al Codice del- l’amministrazione digitale (D.Lgs. n. 82/2005), alla Dir. n. 93/38/CEE e alla Dir. 2004/18/CE (artt. 42 - 54) che regolamentano la digitalizzazione della PA, secondo i principi europei di imparzialità e trasparenza, al fine di rendere effettivamente accessibili le informazioni, nonché la circolazione delle stesse e la conoscenza dei procedimenti amministrativi. Come noto, inoltre, l’art. 26 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, ha previsto che “Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nel rispetto della vigente normativa in materia di scelta del contraente, stipula, anche avvalendosi di società di consulenza specializzate (...) convenzioni con le quali l’impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni dello Stato anche con il ricorso alla locazione finanziaria”. La disposizione sopra richiamata ha, dunque, introdotto nell’ordinamento il c.d. Programma per la razionalizzazione degli Acquisti della P.A., al fine di diffondere l’utilizzo delle tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione, razionalizzare e ottimizzare la spesa pubblica per beni e servizi, migliorando la qualità degli acquisti e riducendo i costi grazie all’aggregazione della domanda. Il Programma è stato nel tempo implementato da diverse disposizioni normative. L’art. 1, comma 449, L. 27 dicembre 2006, n. 296, ai sensi del quale “tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche (...) sono tenute ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro messe a disposizione da Consip S.p.A.”. Il successivo comma 450 (3), ha imposto, poi, l’obbligo dal 1° luglio 2007, per tutte le amministrazioni statali centrali e periferiche, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo co- (2) Ai sensi dell’art. 36 del D.Lgs. n. 50/2016 per i lavori è previsto l’utilizzo per importi fino a euro 40 mila dell’affidamento diretto adeguatamente motivato; da 40 mila a 150 mila euro della procedura negoziata con almeno 5 operatori o amministrazione diretta; da 150 mila a 1 milione di euro della procedura negoziata con almeno 10 operatori; sopra il milione di euro si utilizzeranno le procedure ordinarie. Per gli affidamenti di beni e servizi fino a 40 mila euro è previsto l’impiego dell’affidamento diretto adeguatamente motivato; per gli importi da 40 mila a 209 mila euro dovranno essere consultati almeno cinque operatori; sopra i 209 mila euro si utilizzeranno le procedure ordinarie. Il nuovo codice segna, inoltre la scomparsa dei lavori in economia e i cottimi fiduciari del vecchio art. 125 del D.Lgs. n. 163/2006. (3) La norma afferma che: “Dal 1° luglio 2007, le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e delle scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario, sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’art. 328, comma 1, del regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207. Fermi restando gli obblighi e le facoltà previsti al comma 449 del presente articolo, le altre PP.AA. di cui all’art. 1 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nonché le autorità indipendenti, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo art. 328 ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure. Per gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le istituzioni educative e le università statali, tenendo comunitaria indipendentemente dal loro importo. Le procedure di aggiudicazione saranno scelte di volta in volta dalla stazione appaltante, nel rispetto della normativa di riferimento. Pertanto, se il bene che si intende acquistare è presente sul MePA, la P.A. è tenuta, innanzitutto, ad indire una procedura concorrenziale (affidamento diretto o procedura negoziata, secondo il nuovo codice degli appalti) a seconda degli importi previsti dal Codice (2), utilizzando come mercato di riferimento quello del MePA, attraverso ordini di acquisto (per gli affidamenti diretti) o richieste d’offerta (per la procedura negoziata). Come noto, le Convenzioni sono contratti quadro stipulati da Consip S.p.a. nell’ambito dei quali i fornitori aggiudicatari di gare - esperite in modalità tradizionale o c.d. smaterializzata a seguito della pubblicazione di bandi - si impegnano ad accettare ordinativi di fornitura emessi dalle singole Amministrazioni che hanno effettuato l’abilitazione al sistema Acquisti in Rete. Gli Accordi quadro costituiscono uno strumento che stabilisce le regole relative ad appalti da aggiudicare durante un periodo massimo di quattro anni: con essi, aggiudicati da Consip a più fornitori a seguito della pubblicazione di specifici bandi, vengono definite le clausole generali che, in un determinato periodo temporale, regolano i contratti di appalto da stipulare in esecuzione di tali Accordi. Nell’ambito dell’Accordo quadro, le Amministrazioni che hanno effettuato l’abilitazione al sistema, provvedono poi a negoziare i singoli contratti, personalizzati sulla base delle proprie esigenze. Normativa di riferimento 982 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti munitario, di ricorso al mercato elettronico della P.A. (di cui all’art. 328, comma 1, d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207), ovvero al sistema telematico messo a disposizione dalla centrale regionale di riferimento per lo svolgimento delle relative procedure. L’art. 2, comma 574, L. 24 dicembre 2007, n. 244, ha stabilito che “il Ministero dell’economia e delle finanze individua (...) con decreto, segnatamente in relazione agli acquisti d’importo superiore alla soglia comunitaria (...) le tipologie dei beni e dei servizi non oggetto di convenzioni stipulate da Consip Spa per le quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, sono tenute a ricorrere alla Consip Spa, in qualità di stazione appaltante ai fini dell’espletamento dell’appalto e dell’accordo quadro, anche con l’utilizzo dei sistemi telematici”; per l’effetto, è stato emanato, quindi, il DM 12 febbraio 2009 (4), che ha individuato quali tipologie di beni e di servizi di cui al succitato comma 574 i carburanti avio (gara su delega), la ristorazione collettiva (accordo quadro), le trasferte di lavoro (accordo quadro). L’art. 2, comma 225, L. 23 dicembre 2009, n. 191 (5), ha previsto la possibilità per le PP.AA. di concludere accordi quadro con Consip, o, in alternativa di adottare, per gli acquisti di beni e servizi comparabili, parametri di qualità di prezzo rapportati a quelli degli accordi quadro predisposti da Consip (la norma è stata poi modificata nell’ottica di raccordare la facoltà in essa descritta con l’obbligo di approvvigionamento telematico successivamente introdotto nell’ordinamento). Il regolamento di attuazione (d.P.R. n. 207/2010) del previgente codice appalti (D.Lgs. n. 163/2006) all’art. 287, comma 2 (6), ha previsto che “Fatta salva la facoltà di ciascuna stazione appaltante di istituire un sistema dinamico di acquisizione ai sensi dell’articolo 60 del codice, il Ministero dell’economia e delle finanze, anche avvalendosi di Consip S.p.A. ed utilizzando le proprie infrastrutture tecnologiche, può provvedere alla realizzazione e gestione di un sistema dinamico di acquisizione per le stazioni appaltanti (...)”. L’art. 1, comma 1, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 135, ha statuito la sanzione della nullità dei “contratti stipulati in violazione dell’articolo 26, comma 3 della legge 23 dicembre 1999, n. 488” nonché dei “contratti stipulati in violazione degli obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A.” stabilendo che gli stessi costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa, salvo che il contratto sia stato stipulato ad un prezzo più basso di quello derivante dal rispetto dei parametri di qualità e di prezzo degli strumenti di acquisto messi a disposizione da Consip S.p.A., ed a condizione che tra l’amministrazione interessata e l’impresa non siano insorte contestazioni sulla esecuzione di eventuali contratti stipulati in precedenza. Il successivo comma 7 (7), del sopra citato decreto legge (c.d. Spending review bis), ha stabilito, con conseguenze ai fini della responsabilità disciplinare e per danno erariale in caso di mancato rispetto della disposizione, l’obbligo per le amministrazioni, in relazione a determinate categorie merceologiche (energia elettrica, gas, carburanti rete e carburanti extra-rete, combustibili per riscaldamento, telefonia fissa e telefonia mobile) di approvvigionarsi attraverso le convenzioni o gli accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali di riferimento ovvero ad esperire proprie autonome procedure nel rispetto della normativa vigente, utilizzando i sistemi tele- conto delle rispettive specificità, sono definite, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, linee guida indirizzate alla razionalizzazione e al coordinamento degli acquisti di beni e servizi omogenei per natura merceologica tra più istituzioni, avvalendosi delle procedure di cui al presente comma.”. (4) Recante “Attuazione dell’articolo 2, comma 574 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, in materia di tipologie di beni e servizi oggetto di acquisti tramite Consip S.p.A.”. (5) Il testo dell’articolo, così modificato dall’art. 1, comma 497, lett. a) e b), L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016, stabilisce che: “La società CONSIP Spa conclude accordi quadro, ai sensi dell’articolo 59 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, cui le stazioni appaltanti di cui all’articolo 3, comma 33, del citato codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, possono fare ricorso per l’acquisto di beni e di servizi. In alternativa, le medesime stazioni appaltanti adottano, per gli acquisti di beni e servizi comparabili, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli degli accordi quadro di cui al presente comma. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, dall’articolo 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dall’articolo 1, commi 449 e 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dall’articolo 2, comma 574, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e comunque quanto previsto dalla normativa in tema di obblighi di approvvigionarsi attraverso gli strumenti messi a disposizione da Consip SpA.”. (6) Abrogato dall’art. 217, comma 1, lett. u), D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, a decorrere dal 19 aprile 2016. (7) Sostituito dalla legge di conversione 7 agosto 2012, n. 135 e, successivamente, così modificato dall’art. 1, comma 151, L. 24 dicembre 2012, n. 228, a decorrere dal 1° gennaio 2013, e dall’art. 1, comma 494, L. 28 dicembre 2015, n. 208, a decorrere dal 1° gennaio 2016. Urbanistica e appalti 8-9/2016 983 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti matici di negoziazione messi a disposizione dai soggetti sopra indicati. La norma ha inoltre previsto la possibilità di procedere ad affidamenti, nelle indicate categorie merceologiche, anche al di fuori delle predette modalità, a condizione che gli stessi conseguano ad approvvigionamenti da altre centrali di committenza o a procedure di evidenza pubblica, e prevedano corrispettivi inferiori almeno del 10% per le categorie merceologiche telefonia fissa e telefonia mobile e del 3% per le categorie merceologiche carburanti extra-rete, carburanti rete, energia elettrica, gas e combustibili per il riscaldamento rispetto ai migliori corrispettivi indicati nelle convenzioni e accordi quadro messi a disposizione da Consip S.p.A. e dalle centrali di committenza regionali. L’art. 1, comma 158, L. 24 dicembre 2012, n. 228, ha previsto che con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 marzo di ogni anno, sono individuate le categorie di beni e di servizi nonché la soglia al superamento della quale le PP.AA. statali, centrali e periferiche procedono alle relative acquisizioni attraverso strumenti di acquisto informatici propri ovvero messi a disposizione dal Ministero dell’economia e delle finanze. Il comma 3, dell’art. 9 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 (innovato dal comma 499 della L. 28 dicembre 2015, n. 208, Legge di stabilità 2016) ha stabilito che con D.P.C.M. “sono individuate le categorie di beni e di servizi nonché le soglie al superamento delle quali le amministrazioni statali centrali e periferiche, ricorrono a Consip S.p.A.”, prevedendo, inoltre che, per tali categorie di beni e servizi, l’Autorità nazionale anticorruzione non rilasci il codice identificativo gara alle stazioni appaltanti che, in violazione degli adempimenti previsti dal presente comma, non ricorrano a Consip S.p.A. o ad altro soggetto aggregatore. Il D.P.C.M. di cui sopra, del 24 dicembre 2015, è stato pubblicato in G.U. il 9 febbraio 2016 e prevede un periodo transitorio di sei mesi. A decorrere dal 9 agosto 2016 dunque, vi è l’obbligo per tutte le Amministrazioni, di ricorrere ai soggetti aggregatori di riferimento (Consip S.p.A., Città Metropolitane, Regioni), se il fabbisogno annuo, per categorie merceologiche quali vigilanza armata, facility management di immobili, pulizia e manutenzione di immobili ed impianti, guardiania, è superiore alla soglia indicata nel suddetto D.P.C.M. 984 Le previsioni del nuovo Codice Nel già complesso quadro normativo sinteticamente descritto sopra si inserisce il D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che, all’art. 37, delinea una disciplina di raccordo tra gli obblighi di utilizzo di strumenti di acquisto e di negoziazione telematici ed il nuovo sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti previsto nel successivo art. 38. Il risultato posto in essere dalla nuova normativa è di circoscrivere, dal punto di vista soggettivo, l’ambito entro cui ciascuna amministrazione può svolgere funzioni di stazione appaltante, imponendo alle amministrazioni l’onere di conseguire la qualificazione (ai sensi dell’art. 38 D.Lgs. n. 60/2016) e circoscrivendo a importi limitati gli appalti che possono essere affidati da amministrazioni non qualificate. Ciò, fermo restando gli obblighi di utilizzo degli strumenti di acquisto e di negoziazione anche telematici previsti dalle disposizioni in materia di contenimento della spesa descritte nel paragrafo precedente. In particolare le acquisizioni di forniture servizi e lavori saranno effettuate, secondo la disciplina descritta all’art. 37: per forniture e servizi fino a euro 40.000 e per lavori fino a euro 150.000, autonomamente da parte delle Stazioni appaltanti anche non qualificate (comma 1); per forniture e servizi superiori a euro 40.000 e lavori superiori a euro 150.000 esclusivamente da Stazioni appaltanti e Centrali di committenza qualificate ex art. 38 (comma 1), mentre le Stazioni appaltanti non qualificate dovranno ricorrere necessariamente o ad una centrale di committenza, ovvero mediante aggregazione di Stazioni appaltanti qualificate (comma 3). È poi prevista un’ipotesi particolare: per forniture e servizi da 40.000 a 209.000 euro e per lavori di manutenzione ordinaria le stazioni appaltanti qualificate devono a) procedere mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici messi a disposizione delle centrali di committenza qualificate (comma 2, primo periodo), oppure b) in caso di indisponibilità di tali strumenti telematici anche in relazione alle singole categorie merceologiche: b.1) ricorrere a centrali di committenza o aggregazioni di Stazioni appaltanti (comma 2, secondo periodo), o b.2) procedere direttamente mediante svolgimento di procedura ordinaria (comma 2, secondo periodo). Si osserva, inoltre, che il comma 2 dell’art. 37 pare porre alcuni dubbi dal punto di vista pratico in relazione alla formulazione dello stesso; più nel det- Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti taglio occorrerà comprendere cosa debba intendersi per “indisponibilità” degli strumenti telematici di negoziazione: assenza assoluta di tali strumenti, ovvero mancanza delle categorie merceologiche? La precisazione contenuta nel nuovo codice secondo la quale l’indisponibilità è relativa anche alle singole categorie merceologiche fa propendere per la seconda risposta, più razionale e utile alla chiusura del sistema. Tuttavia tali dubbi interpretativi potranno essere chiariti solo in via di prassi, apportando successivamente i necessari correttivi al codice. Com’è noto la disciplina delle procedure telematiche ante D.Lgs. n. 50/2016 era contenuta in parte nel codice appalti, in parte nel d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 107 (ora abrogato dal nuovo codice, salva l’ultrattività delle norme non ancora sostituite dagli interventi normativi dei Ministeri competenti, dell’ANAC, e del Governo), il quale dedicava l’intero Capo III (e segnatamente gli articoli dal 287 al 296), alle “Procedure di scelta del contraente ed aste elettroniche”. In linea con gli obbiettivi di progressiva digitalizzazione delle procedure in materia di affidamento dei contratti pubblici perseguiti dalle nuove Direttive comunitarie (2014/23/UE; 2014/24/UE; 2014/25/UE) e dalla Legge Delega (L. 28 gennaio 2016, n. 11), il nuovo codice all’articolo 44, rubricato “Digitalizzazione delle procedure”, prevede che entro un anno dalla data di entrata in vigore del codice siano definite con decreto del Ministro per la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’Agenzia per l’Italia Digitale (AGID) nonché dell’Autorità garante della privacy per i profili di competenza, le modalità di digitalizzazione delle procedure di tutti i contratti pubblici, anche attraverso l’interconnessione per interoperabilità dei dati delle pubbliche amministrazioni. L’articolo 52 “Regole applicabili alle comunicazioni”, nel dare attuazione all’art. 22 della Dir. 2014/24/UE, all’art. 40 della Dir. 2014/25/UE e 29,33 e 34 della Dir. 2014/23/UE, aggiorna il con- tenuto dell’art. 77 del D.Lgs. n. 163/2006, prevedendo l’obbligo, quale strumento di semplificazione e accelerazione delle procedure, nei settori ordinari e speciali, di eseguire tutte le comunicazioni e gli scambi di informazioni previsti dal codice utilizzando mezzi di comunicazione elettronici. Gli strumenti da utilizzare per comunicare per via elettronica devono avere carattere non discriminatorio, devono essere comunemente disponibili e compatibili con i prodotti TIC generalmente in uso. Inoltre, non devono limitare l’accesso degli operatori economici alla procedura di aggiudicazione. Il nuovo codice dedica, poi, la Sezione II, del capo I (“Modalità comuni alle procedure di affidamento”), del Titolo III (“Procedura di affidamento”) alle “Tecniche e strumenti per gli appalti elettronici e aggregati”. La disciplina degli Accordi quadro, dettata dall’art. 54 del Decreto, ricalca testualmente quanto previsto dalle nuove Direttive comunitarie (8), peraltro non discostandosi da quella già prevista dall’art. 59 del previgente codice dei contratti (9). La finalità dell’istituto è di mettere a disposizione delle stazioni appaltanti uno strumento flessibile che consente di selezionare, attraverso una procedura ad evidenza pubblica, uno o più operatori cui affidare tutti gli appalti relativi ad uno specifico settore per un determinato periodo (10) con evidenti vantaggi in termini di programmazione ed efficientamento delle procedure di acquisizione. Anche la nuova disciplina dei sistemi dinamici di acquisizione, contenuta all’art. 55 del codice, riproduce testualmente le Direttive UE (11), introducendo alcune significative innovazioni alla regolamentazione dell’istituto già prevista dall’art. 60 del previgente Codice dei Contratti (12). Tale strumento costituisce un processo di acquisizione interamente elettronico da utilizzarsi non solo più per forniture di beni e servizi tipizzati e standardizzati (come nella previgente disciplina) ma per tutti gli acquisti di uso corrente le cui caratteristiche, così come generalmente disponibili sul mer- (8) Si vedano l’art. 33 della Dir. 2014/25/UE e l’art. 51 della Dir. 2014/25/UE. (9) Elementi di novità rispetto alla previgente disciplina sono la mancata indicazione del numero minimo di soggetti (tre nel precedente codice) con cui deve essere concluso un accordo, laddove si sia nell’ipotesi conclusione di accordo con più operatori, nonché l’assenza di espliciti riferimenti al criterio di rotazione per la scelta del soggetto cui affidare il singolo appalto. (10) Quattro anni per gli appalti ordinari e otto anni per quelli speciali. (11) Si vedano l’art. 34 della Dir. 2014/24/UE e l’art. 52 della Dir. 2014/25/UE. (12) Rispetto all’art. 60 del D.Lgs. n. 163/2006 viene introdotto l’obbligo per le amministrazioni di comunicare alla Commissione Ue ogni variazione del periodo di validità del sistema rispetto a quello indicato nell’avviso di gara. Rispetto alle Direttive UE, viene reinserita - in linea con quanto prevedeva l’art. 287 del d.P.R. n. 207 del 2010 - la facoltà per il Ministero dell’Economia e delle Finanze, anche avvalendosi di Consip, di realizzare e gestire un sistema dinamico di acquisizione per conto delle stazioni appaltanti. Urbanistica e appalti 8-9/2016 985 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti cato, soddisfano le esigenze delle stazioni appaltanti. Altro elemento di novità consiste nel fatto che le Stazioni appaltanti per istituire il sistema devono seguire le disposizioni sulle procedure ristrette (e non più quelle sulle procedure aperte). Il sistema è, per sua natura, limitato nel tempo (ma scompare il limite massimo di quattro anni) e aperto per tutta la sua durata a qualsiasi operatore economico che soddisfi i criteri di selezione. Esso consente alle stazioni appaltanti - grazie ai mezzi elettronici utilizzati - di disporre di un ampio spettro di offerte, sia da parte degli operatori già selezionati che di quelli che possono successivamente chiedere di aderire al sistema, e quindi di garantire un efficiente utilizzo delle risorse pubbliche. L’art. 56 del nuovo codice (13), sulla scorta di quanto già previsto all’art. 85 del previgente Codice dei Contratti, disciplina le Aste elettroniche, le quali intervengono dopo una prima valutazione completa delle offerte, consentendo di classificare le stesse sulla base di un trattamento automatico, mediante un dispositivo elettronico. Esso può trovare applicazione nell’ambito di tutte le procedure ammissibili (aperte, ristrette, negoziate previo bando, competitive con negoziazione, accordi quadro, sistemi dinamici dia acquisizione) purché il contenuto dei documenti di gara possa essere fissato in maniera precisa. Per tale ragione gli appalti di servizi e lavori che hanno ad oggetto prestazioni intellettuali (come la progettazione) non possono essere oggetto di aste elettroniche. La norma successiva, art. 57 del nuovo codice (14), detta la disciplina dei cataloghi elettronici, ovvero di un ulteriore strumento di e-procurement che consiste in un formato per la presentazione e organizzazione delle informazioni in un modo comune per tutti gli offerenti, suscettibile di trattamento elettronico (ad esempio un foglio elettronico). L’art. 58, infine, disciplina le modalità di svolgimento delle gare interamente gestite con sistemi telematici, per quanto attiene alla ricezione delle offerte ed agli adempimenti successivi, al controllo dei requisisti speciali, alla fase di aggiudicazione. Procedure telematiche: legittima attenuazione dei principi di trasparenza e pubblicità delle gare? Il Consiglio di Stato in recenti pronunce (15) ha ritenuto che lo svolgimento in seduta riservata delle operazioni di gara - sia per le aste elettroniche che per le procedure telematiche (16) - sia giustificato dalla particolarità della procedure, che consente una piena tracciabilità delle operazioni, nonché dalla natura essenzialmente quantitativa e vincolata dei criteri di valutazione, dovendo la Commissione valutare se le caratteristiche tecniche delle offerte siano coerenti con le previsioni di gara e poi attribuire il punteggio previsto, e dalla segretezza dell’identità dei candidati fino all’ultima offerta (17). I giudici di Palazzo Spada hanno precisato che tali modalità sono idonee a soddisfare l’interesse pubblico alla trasparenza ed imparzialità, che devono caratterizzare le procedure delle gare pubbliche, nel rispetto dei principi di tutela della par condicio tesi a tutelare i principi di pubblicità e trasparenza posti a fondamento della disciplina comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici (18). Nell’asta elettronica, infatti, rischi di alterazione del confronto concorrenziale potrebbero verificarsi qualora gli offerenti potessero comunicare tra loro nel corso della speciale procedura ed è per questo che, qualora non fosse assicurata una adeguata riservatezza, sussisterebbe la possibilità di accordi fraudolenti. Quindi, conclude il Consiglio di Stato, la circostanza che la prima valutazione completa delle offerte pervenute abbia luogo in seduta riservata, consente di introdurre dei momenti di segretezza, ulteriori rispetto a quelli riguardanti altre procedure, nelle quali le offerte sono immodificabili a seguito dell’apertura delle buste contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta tecnica. Tuttavia, l’art. 56 del D.Lgs. n. 50/2016 ha stabilito che “Nelle procedure aperte, ristrette o competitive con negoziazione o nelle procedure negoziate precedute da un’indizione di gara, le stazioni appaltanti possono stabilire che l’aggiudicazione di un appalto (13) Si vedano l’art. 35 della Dir. 2014/24/UE e l’art. 53 della Dir. 2014/25/UE. (14) Si vedano l’art. 36 della Dir. 2014/24/UE e l’art. 54 della Dir. 2014/25/UE. (15) Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 6017 e Cons. Stato, Sez. V, 5 dicembre 2014, n. 60178. (16) G. Barbaro, La gara telematica per l’affidamento di lavori pubblici: una procedura possibile. Analisi giuridico - funzionale di un possibile sistema informatico, in Lexitalia, 2004, 3. (17) Per un ampio commento delle pronunce si veda C. Lenoci, La simbiosi tra aste elettroniche e procedure telematiche, in questa Rivista, 2015, 3, 291. (18) Per un’approfondita ricognizione pratica sul tema si veda G. Sorrentino, La gestione delle gare telematiche nel contenzioso amministrativo, in Appalti e contratti, 2016, n. 1-2, 67, n. 3, 63, n. 4, 4. 986 Giurisprudenza Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti sia preceduta da un’asta elettronica quando il contenuto dei documenti di gara, in particolare le specifiche tecniche, può essere fissato in maniera precisa”. Tale indicazione di dettaglio denota la consapevolezza e la preoccupazione da parte del Legislatore di contenere l’utilizzo delle aste elettroniche entro limiti prestabiliti, al fine di evitare abusi di tale strumento che comporterebbero il rischio di sfalsamento della concorrenza (19). L’orientamento del Cons. Stato appare, dunque, azzardato, atteso che il solo utilizzo dell’asta elettronica non vale di per sé a legittimare una diminuzione degli obblighi di trasparenza e pubblicità delle procedure. D’altra parte la valorizzazione degli automatismi delle procedure telematiche, se vista come un favor dal punto di vista della stazione appaltante, costituisce invece una penalizzazione nell’ottica dei partecipanti alle gare, che devono attenersi rigidamente a quanto prestabilito dalla procedura. È stato affermato (20), infatti, che è legittima la previsione della lex specialis secondo cui “l’impresa è tenuta ad utilizzare, pena esclusione, il “modulo offerta” fornito in versione elettronica formato .xls. Il modulo compilato non dovrà essere convertito, pena esclusione, in altri formati (es. pdf). L’impresa dovrà pertanto firmare digitalmente il file nel formato .xls”. Secondo la giurisprudenza, le descritte modalità di compilazione del file “modulo offerta” con estensione .xls (un foglio di calcolo, quest’ultimo caratterizzato da una forma telematica in grado di garantire una gestione automatizzata del proprio contenuto direttamente attraverso strumenti elettronici) risultano pienamente funzionali all’esigenza di celerità e automatismo della valutazione delle offerte nell’ambito di una procedura telematica rispondendo ad una ratio di efficienza dell’azione amministrativa in rapporto alla quale la sanzione espulsiva espressamente imposta dagli atti di gara rappresenta previsione coerente e proporzionata. A rafforzare, infine, la legittimità dell’esclusione operata dalla Stazione Appaltante muove la considerazione che in alcun modo la suddetta clausola rendesse impossibile ovvero eccessivamente difficoltoso l’inoltro del modulo offerta in via telematica, modalità quest’ultima avente l’evidente scopo di informatizzare e velocizzare la procedura di selezione, nel rispetto delle concomitanti esigenze di trasparenza e di imparzialità nella delibazione delle offerte. Gare telematiche e gare elettroniche: analogie e differenze. Riflessioni sul nuovo regime delle comunicazioni ex art. 76 D.Lgs. n. 50/2016 La giurisprudenza (21) - in un caso di ricorso presentato avverso l’aggiudicazione definitiva di una gara (indetta dalla società Expo 2015) ai sensi dell’art. 125, comma 11, D.Lgs. n. 163/2006, per l’affidamento del servizio di ideazione e sviluppo di un prototipo di una piattaforma tecnologica ha affermato che la gestione delle procedura in modalità interamente telematica attraverso la piattaforma (gestita da Arca Lombardia) non determina de plano la qualificazione della gara come asta elettronica. A differenza di quest’ultima, infatti, soltanto la presentazione delle offerte e non anche la valutazione delle stesse avviene in modalità telematica (cioè automatica da parte del sistema); in particolare, avendo la stazione appaltante scelto l’offerta economicamente più vantaggiosa quale criterio di aggiudicazione è legittima l’attività - di natura discrezionale - svolta dalla Commissione giudicatrice nell’attribuzione dei punteggi. Con riferimento, poi, all’incompletezza della comunicazione ex art. 79, comma 5, D.Lgs. n. 163/2006 relativa all’operatore aggiudicatario con relativo punteggio ottenuto, ma priva della data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto (stand stili period) e delle motivazioni in ordine alle caratteristiche e ai vantaggi dell’offerta selezionata, si tratta di una mera irregolarità che non può determinare l’annullamento del provvedimento ma, ricorrendone i presupposti, ragione di proposizione di motivi aggiunti. La nuova disciplina dello stand still period, peraltro, prevede, all’art 32, comma 10, lett. b che il medesimo non si applichi (peraltro come in passato) nel caso di appalti basati su accordi quadro di cui all’art. 54, nel caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all’art. 55, nel caso di acquisti effettuati attraverso il mercato elettronico e nel caso di affidamenti effettuati ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) e b), ovvero per affidamenti di importo inferiore a euro 40.000 (mediante affidamento diretto, adeguatamente motivato o per i lavori in amministrazione diretta), nonché per affidamenti di importo pari o superiore a euro 40.000 e inferiore a euro 150.000 per i lavo- (19) A. Masucci, Le aste elettroniche e la modernizzazione delle procedure di aggiudicazione, in Giornale di diritto amministrativo, 2013, 3, 317. (20) T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 5 marzo 2014, n. 381. (21) T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 8 gennaio 2014, n. 14. Urbanistica e appalti 8-9/2016 987 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti ri, o alle soglie di cui all’art. 35 per le forniture e i servizi, mediante procedura negoziata previa consultazione di almeno cinque operatori economici individuati sulla base di indagini di mercato o tramite elenchi di operatori economici (tale esclusione dello stand still, limitando - oltretutto senza la copertura della legge delega per la riforma del Codice - l’effettività della tutela affermata in sede comunitaria, sarà all’evidenza foriera di contese). Si coglie il riferimento all’art. 79 del D.Lgs. n. 163/2006 per segnalare che la nuova disciplina generale delle comunicazioni è ora racchiusa nell’art. 76 del codice n. 50/2016. Il provvedimento che determina le esclusioni è, oggi, soggetto a una sorta di pubblicazione in tempo reale. Per gli altri atti, invece, lo stesso art. 76 contempla diversi termini per l’effettuazione delle comunicazioni, incentrate, in particolare, sulla previsione del termine di risposta della stazione appaltante, da effettuare entro “quindici giorni” dalla richiesta dell’interessato. La soppressione dell’art. 79 ha suscitato dubbi in dottrina in relazione alla decorrenza del termine per proporre l’impugnativa (22) nel giudizio “specialissimo” sulle ammissioni previsto dal novellato art. 120 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104. In linea di principio la completa digitalizzazione della procedura di gara dovrebbe consentire all’operatore interessato di conoscere “immediatamente” e senza particolari difficoltà, tutti gli atti di gara. Dal momento della disponibilità informatica dei documenti del procedimento, l’interessato dovrebbe essere in possesso delle cognizioni essenziali per la proposizione del ricorso. Tuttavia, qualora dovesse risultare assente, o incompleta, la piena informatizzazione della procedura, l’interessato, nel nuovo regime, non avrebbe più a disposizione lo strumento dell’accesso informale da esercitare nei dieci giorni dalla comunicazione (di cui all’abrogato comma 5 quater dell’art. 79 (23)). La soluzione più equilibrata e ragionevole dovrebbe essere quella secondo cui, in tale situazione, una volta ottenuta la comunicazione dell’aggiudicazione, l’interessato abbia l’onere di impugnare il provvedimento lesivo entro trenta giorni. Resta ferma, però, la facoltà di proporre motivi aggiunti, nel termine decorrente dalla effettiva conoscenza degli altri atti di gara. Da notare, ancora, che il regime delle comunicazioni e pubblicazioni “immediate” riguarda il solo provvedimento di ammissione-esclusione adottato all’esito della fase preliminare di gara. Lo stesso regime, invece, non è previsto per le esclusioni o (ri)ammissioni intervenute successivamente (24). La pronuncia in esame precisa poi che, qualora il criterio di aggiudicazione prescelto sia l’offerta economicamente più vantaggiosa, la nomina della Commissione giudicatrice deve avvenire anche per le procedure telematiche dopo la scadenza del termine di presentazione delle offerte, ai sensi dell’art. 84, comma 10 del codice dei contratti. In relazione alla previgente normativa (costituita dal d.P.R. n. 207/2010, abrogato dal D.Lgs. n. 50/2016), viene affermato che ai sensi dell’art. 328, comma 4 del regolamento di attuazione, le stazioni appaltanti possono effettuare acquisti di beni e servizi sotto soglia (25): a) attraverso un confronto concorrenziale delle offerte pubblicate all’interno del mercato elettronico o delle offerte ricevute sulla base di una richiesta di offerta rivolta ai fornitori abilitati; b) in applicazione delle procedure di acquisto in economia. Si tratta, dunque, di procedure indette ai sensi dell’art. 124 (negoziate sotto soglia) e 125 (cottimo fiduciario e affidamento diretto) del codice dei contratti e rientranti nel genus delle gare interamente gestite con sistemi telematici di cui all’art. 85, comma 13 del codice dei contratti. Con riferimento allo stand still period si evidenzia che la L. n. 94/2012 ha espressamente esteso la non applicazione di tale istituto nell’ipotesi di acquisto effettuato attraverso il mercato elettronico (22) Si veda M. Lipari, La tutela giurisdizionale e “precontenziosa” nel nuovo Codice dei contratti pubblici, in www.federalismi.it, 2016, 10, 26. (23) Secondo cui: “Fermi i divieti e differimenti dell’accesso previsti dall’articolo 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell’accesso adottati ai sensi dell’articolo 13. Le comunicazioni di cui al comma 5 indi- cano se ci sono atti per i quali l’accesso è vietato o differito, e indicano l’ufficio presso cui l’accesso può essere esercitato, e i relativi orari, garantendo che l’accesso sia consentito durante tutto l’orario in cui l’ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio”. (24) La scelta legislativa potrebbe risultare coerente con l’opzione di assoggettare al rito specialissimo solo determinati atti. Tuttavia, si potrebbe valutare, in sede di correttivo, l’opportunità di prevedere, comunque, lo stesso regime di pubblicità anche per gli atti successivi. (M. Lipari, op. cit., 29). (25) Oggi si veda l’art. 36 del nuovo codice appalti. 988 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti della pubblica amministrazione di cui all’art. 328 del Regolamento (26). ricevuta di avvenuta consegna. La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo di posta elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, con tenente i dati di certificazione (art. 6). In altri termini, la corrispondenza trasmessa tra due caselle PEC (“domini” certificati) prevede le seguenti operazioni: quando il mittente possessore di una casella PEC invia un messaggio ad un altro utente certificato, il messaggio viene raccolto dal gestore del dominio certificato (punto di accesso) che vi applica una firma elettronica in modo da garantirne provenienza e inalterabilità. Successivamente il messaggio viene indirizzato al gestore PEC destinatario, che verifica la firma e provvede alla consegna al ricevente (punto di consegna). Solo a questo punto il gestore PEC destinatario invia una ricevuta di avvenuta consegna al mittente che non prima di questo momento può essere certo che il suo messaggio sia arrivato a destinazione (s) Appare chiaro, quindi, che soltanto la ricevuta di consegna (e non la ricevuta di accettazione) rappresenti elemento di presunzione di conoscenza del messaggio inviato. In caso di errore ovvero di mancata acquisizione della ricevuta di consegna è onere della Stazione Appaltante attivare modalità di comunicazione alternative (28). Procedura di gara con invito telematico: in caso di indirizzo pec errato l’onere di verifica grava sulla Stazione appaltante Nelle gare d’appalto la gestione delle comunicazioni in modalità telematica tramite l’utilizzo della posta elettronica certificata (PEC) (27) impone in capo alla Stazione Appaltante l’onere di verificare la corretta ricezione delle stesse da parte degli operatori economici partecipanti anche nell’ipotesi di errata indicazione della casella PEC sulla domanda di partecipazione inoltrata - nel caso specifico - a seguito della pubblicazione di un avviso pubblico esplorativo per l’affidamento in concessione del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza per la viabilità in situazioni di emergenza. L’utilizzo della posta elettronica certificata nell’ambito dei rapporti tra pubblica amministrazione e privato è disciplinato, infatti, dal d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 così come di seguito schematicamente riportato. Il documento informatico trasmesso per via telematica si intende spedito dal mittente se inviato al proprio gestore, e si intende consegnato al destinatario se reso disponibile all’indirizzo elettronico da questi dichiarato, nella casella di posta elettronica del destinatario messa a disposizione dal gestore (art. 3). La posta elettronica certificata consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge. La validità della trasmissione e ricezione del messaggio di posta elettronica certificata è attestata rispettivamente dalla ricevuta di accettazione e dalla ricevuta di avvenuta consegna (art. 4). Il gestore di posta elettronica certificata utilizzata dal mittente fornisce al mittente stesso la ricevuta di accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata. Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all’indirizzo elettronico del mittente, la L’obbligo di utilizzo del MePA legittima la revoca della procedura ordinaria, senza specifici oneri motivazionali Il Consiglio di Stato (29) ha ritenuto corretto l’operato di un’azienda sanitaria che ha revocato una procedura “tradizionale” in economia per l’affidamento del servizio di mediazione culturale indetta ai sensi dell’art. 125 del codice dei contratti, avendo riscontrato la possibilità (rectius obbligo) di ricorrere al Mercato elettronico della pubblica amministrazione. (26) Nell’ambito della piattaforma Mepa, è possibile effettuare richieste di offerte prevedendo quale criterio di aggiudicazione sia il prezzo più basso sia l’offerta economicamente più vantaggiosa; in entrambe le ipotesi, tuttavia, la gestione telematica della procedura (rectius l’attivazione dei diversi comandi sul Portale Consip) è effettuata a livello operativo da un solo soggetto referente della Stazione Appaltante (il c.d. Punto Ordinante) fermo restando - nell’ipotesi di gara con l’OEPV l’attività effettuata off line (fuori piattaforma) dalla Commissione giudicatrice. Per completezza, si segnala che qualora la valutazione tecnica delle offerte sia di carattere oggettivo (cioè legata a parametri numerici) è possibile “programmare” la singola Richiesta di offerta in modo che la valutazione (di caratte- re non discrezionale) delle offerte sia effettuata direttamente dal sistema telematico (cfr. G. Sorrentino, op. cit., nn. 1-2, 69). (27) Per quanto attiene al Mepa, la gestione delle RDO non prevede l’inoltro degli inviti mediante messaggi di posta elettronica certificata. In particolare, in fase di caricamento della procedura, il Punto Ordinante può scegliere (mediante il campo “Invita tutti i fornitori”) se la gara sia riservata agli operatori già abilitati ovvero se la stessa sia "aperta" anche ad operatori privi della necessaria abilitazione. (28) T.A.R. Piemonte, Torino, Sez. I, 6 febbraio 2014, n. 222. (29) Cons. Stato, Sez. III, 22 ottobre 2014, n. 5202 (conferma T.A.R. Marche, Ancona, Sez. I, 7 marzo 2014, n. 325). Urbanistica e appalti 8-9/2016 989 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Secondo i giudici di Palazzo Spada, infatti, l’utilizzo del MePA non richiede necessariamente la totale identità tra il servizio offerto in piattaforma (ovvero disponibile direttamente all’interno dei Cataloghi elettronici) e quello richiesto dalla Stazione Appaltante. Accanto all’Ordine diretto (ODA) caratterizzato dalla possibilità di acquistare un determinato prodotto/servizio tra quelli disponibili a catalogo, la Stazione Appaltante ha, infatti, la possibilità di attivare una Richiesta di offerta (RdO) sia al fine di poter ottenere uno sconto sul miglior prezzo presente a catalogo sia al fine di poter attivare una negoziazione di natura tecnica e/o economica su un servizio o fornitura (c.d. metaprodotto) da realizzare secondo le proprie specifiche esigenze (cc.dd. condizioni particolari di contratto); nel caso specifico la Stazione Appaltante ha riscontrato la presenza nel MePA del servizio di interpretariato da remoto considerato - nell’ambito della propria discrezionalità tecnica - quale servizio affine alla mediazione culturale; in particolare, il capitolato speciale d’appalto messo a gara dall’Azienda sanitaria prevedeva che il servizio di interpretariato telefonico venisse integrato con l’intervento di personale su chiamata e con l’utilizzo di mediatori culturali. Ai sensi dell’art. 15, comma 13, lett. d), D.L. n. 95/2012, convertito con L. n. 135/2012, gli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, utilizzano, per l’acquisto di beni e servizi di importo pari o superiore a euro 1.000 relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP - compreso quindi il MEPA -, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento costituite ai sensi dell’art. 1, comma 455, L. 27 dicembre 2006, n. 296; i contratti stipulati in violazione di quanto sopra indicato sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa. Attesa l’obbligatorietà dell’utilizzo del MePA, la decisione in autotutela di revocare una gara “tradizionale” per utilizzare la piattaforma MePA non necessità di ulteriore e specifica motivazione. Sottoscrizione digitale dell’offerta In materia di sottoscrizione digitale della documentazione di gara occorre premettere che la stessa su(30) T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 2 aprile 2013, n. 459. (31) Oggi si vedano art 40 e 52, comma 8, lett. c) del nuovo 990 birà in futuro notevoli mutamenti rapportati dall’introduzione del Documento di Gara Unico Europeo previsto dall’art. 85 del Nuovo Codice. Nell’ipotesi di partecipazione da parte di un costituendo raggruppamento di imprese ad una procedura di gara telematica l’offerta economica deve essere sottoscritta (con firma digitale) da parte di tutti i legali rappresentanti dei componenti del raggruppamento, comprese le mandanti, pena la mancanza di un elemento essenziale dell’offerta economica non sanabile ex post a mezzo del c.d. “soccorso istruttorio” (30), oggi disciplinato dall’art. 83, comma 9, D.Lgs. n. 50/2016. Nell’ambito delle procedure telematiche di gara il codice dei contratti, all’art. 77, comma 6, lett. b) (31), dispone che le offerte degli operatori economici debbano essere presentate solo utilizzando la firma elettronica digitale, come definita e disciplinata dal D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Tale previsione, correttamente sanzionata a pena di esclusione, risulta conforme alla disciplina prevista in materia di tassatività delle cause di esclusione dall’abrogato art. 46, comma 1 bis (32) del citato codice dei contratti: il legislatore, infatti, ha previsto, tra l’altro, l’esclusione dalla gara, oltre che nei casi previsti dalla legge, anche nei casi di difetto di sottoscrizione (telematica nel caso di specie) nonché di incertezza assoluta in ordine ad elementi essenziali dell’offerta. L’applicazione delle disposizioni di cui al citato art. 77 non determina, altresì, alcuna violazione dell’art. 38. comma 2, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445: infatti, in materia di documentazione amministrativa, se da un lato tutte le istanze e le dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione possono essere inviate anche per fax o per via telematica, dall’altro è previsto che queste ultime sono da considerarsi valide solo se effettuate secondo quanto previsto dall’art. 65, D.Lgs. n. 82 del 2005 ovvero nei seguenti casi: a) se sottoscritte mediante la firma digitale, il cui certificato è rilasciato da un certificatore accreditato; b) ovvero, quando l’autore è identificato dal sistema informatico con l’uso della carta d’identità elettronica o della carta nazionale dei servizi, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente; c) ovvero quando l’autore è identificato dal sistema informatico con i diversi strumenti di cui all’art. Codice appalti. (32) Oggi si veda l’art. 83 del D.Lgs. n. 50/2016. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti 64, comma 2, nei limiti di quanto stabilito da ciascuna amministrazione ai sensi della normativa vigente nonché quando le istanze e le dichiarazioni sono inviate con le modalità di cui all’art. 38, comma 3, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445; c bis) ovvero se trasmesse dall’autore mediante la propria casella di posta elettronica certificata purché le relative credenziali di accesso siano state rilasciate previa identificazione del titolare, anche per via telematica secondo modalità definite con regole tecniche adottate ai sensi dell’articolo 71, e ciò sia attestato dal gestore del sistema nel messaggio o in un suo allegato. In tal caso, la trasmissione costituisce dichiarazione vincolante ai sensi dell’art. 6, comma 1, secondo periodo. Sono fatte salve le disposizioni normative che prevedono l’uso di specifici sistemi di trasmissione telematica nel settore tributario. In tale contesto, tuttavia, la natura imperativa riconosciuta all’art. 77 del D.Lgs. n. 163/2006 impone per le procedure telematiche che le offerte siano valide solo se sottoscritte, mediante firma digitale. Dinanzi alla mancata sottoscrizione digitale dell’offerta economica da parte della mandante nell’ambito di una gara MePA, la giurisprudenza (33) partendo dal presupposto che “la firma serve a rendere nota la paternità e a vincolare l’autore al contenuto del documento ritraente detta dichiarazione, assolve, cioè, la funzione indefettibile di assicurare provenienza, serietà, affidabilità e insostituibilità dell’offerta e costituisce elemento essenziale per la sua ammissibilità, sotto il profilo sia formale sia sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti propri della manifestazione di volontà volta alla costituzione del rapporto giuridico” ha precisato che “la mancanza della sottoscrizione (richiesta a tutti gli operatori economici costituendi il raggruppamento temporaneo non ancora costituito ai sensi dell’art. 37 comma 8 codice), pregiudicando un interesse sostanziale pubblicistico, comporta che l’offerta non possa essere ‘tal quale accettata; non integra, cioè, una mera irregolarità formale sanabile nel corso del procedimento, ma inficia irrimediabilmente la validità e la ricevibilità della dichiarazione di offerta, senza che, all’uopo, sia necessaria una espressa previsione della lex specialis”. Dì particolare interesse è, altresì, il passaggio nella sentenza sulla delibera dell’ANAC n. 1/15, nella parte in cui quest’ultima, dopo avere qualificato come elemento essenziale la sottoscrizione dell’offerta, ne prevede la sola sanzione pecuniaria, ritenendo che l’omissione sia sanabile, “ferma restando la riconducibilità dell’offerta al concorrente”. Ad avviso del Collegio, infatti, la mancata sottoscrizione digitale da parte della mandante fa venire meno proprio la riconducibilità dell’offerta alla concorrente, presupposto quest’ultimo necessario per l’applicazione del soccorso istruttorio; inoltre, conformemente a quanto già rappresentato dall’Ad. Plen. n. 9/2014, consentire la sottoscrizione dell’offerta economica mediante soccorso istruttorio equivale a superare il termine ultimo di presentazione delle offerte, con compromissione del canone di par condicio e buon andamento nonché, circostanza ancora più grave, di violazione del principio di segretezza dell’offerta. In sede di attività di verifica della sottoscrizione digitale dell’offerta la giurisprudenza (34) ha affermato che rientra nella piena responsabilità della stazione appaltante munirsi degli strumenti necessari per aprire e leggere i file trasmessi dal concorrente. Talché essendo emerso che i “file” forniti dalla ricorrente risultavano perfettamente leggibili e privi di qualsivoglia errore informatico che potesse comprometterne la lettura la pronuncia ha concluso che eventuali problemi nella loro apertura e lettura erano da addebitarsi alla mancanza di conoscenze (di base) o strumentazioni informatiche (software di base) di chi era addetto alla ricezione di tali documenti. L’offerta della ricorrente era stata correttamente redatta e trasmessa e la mancata lettura della documentazione presentata a suo corredo risultava imputabile esclusivamente a responsabilità della P.A., che avrebbe facilmente potuto ovviare all’inconveniente disponendo un supplemento istruttorio, anche con l’ausilio di personale all’uopo maggiormente qualificato, in grado di procedere all’utilizzo dei programmi informatici necessari (e, per quanto emerso, scaricabili liberamente da internet nella loro versione gratuita), onde poter agevolmente procedere all’apertura dei file trasmessi e pervenuti alla s.a. tramite piattaforma MePA. In relazione ai Raggruppamenti temporanei d’impresa è stato chiarito, infine, che nelle gare telematiche l’obbligo di sottoscrizione dell’offerta da parte (33) T.A.R. Lazio, Roma, Sez. 111 ter, 30 giugno 2015, n. 8743. (34) In altri termini, l’applicazione del soccorso istruttorio consentirebbe ad un concorrente di esprimere la sua volontà di partecipazione alla gara in un momento nel quale tale possi- bilità è preclusa a tutti gli altri concorrenti incidendo, con un ulteriore atto di volontà, sulle sorti della procedura. (G. Sorrentino, La gestione delle gare telematiche nel contenzioso amministrativo, in Appalti e contratti, 2016, 4, 89). Urbanistica e appalti 8-9/2016 991 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti di tutti gli operatori associati non si applica nell’ipotesi di RTI costituito. In tal caso, infatti, l’offerta deve essere sottoscritta soltanto dall’operatore capogruppo (35), così come l’obbligo di utilizzo della firma digitale sussiste anche nell’ipotesi di sottoscrizione del contratto di avvalimento (36). Considerazioni conclusive Una prima riflessione sul tema riguarda il fatto che la stratificazione normativa ha reso difficile per gli operatori del settore operare concretamente attraverso gli strumenti telematici previsti dal sistema giuridico. L’obbligo di approvvigionarsi (per gli importi sotto la soglia di rilevanza comunitaria) attraverso gli strumenti di acquisto e negoziazione, telematici e non, messi a disposizione da Consip o dagli altri soggetti aggregatori (centrali di committenza regionali) (MePa, altri mercati elettronici, Convenzioni, Accordi Quadro), deve essere coordinata con le norme contenute nel nuovo Codice degli appalti. Le varie leggi di stabilità e spending review, che si sono succedute in questi anni, devono necessariamente trovare un sistema di armonizzazione con la disciplina prevista all’art. 38 del nuovo Codice in materia di qualificazione delle stazioni appaltanti. Si auspica, ovviamente, che la normativa di integrazione al codice che verrà emanata (37) disponga (35) Cons. Stato, Sez. III, 15 gennaio 2016, n. 112. (36) Cons. Stato, Sez. V, 15 marzo 2016, n. 1032. (37) Ai sensi del comma 2, dell’art. 38 del D.Lgs. n. 50/2016, infatti: “Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la semplificazione della pubblica amministrazione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente codice, sentite l’ANAC e la Conferenza Unificata, sono definiti i requisiti tecnico organizzativi per l’iscrizione all’elenco di cui al comma 1, in applicazione dei criteri di qualità, efficienza e professionalizzazione, tra cui, per le centrali di committenza, il carattere di stabilità delle attività e il 992 anche chiaramente e una volta per tutte il coordinamento tra le varie normative. L’aspetto fondamentale, quando entrerà a regime la qualificazione, sarà comprendere innanzitutto quando la la Stazione Appaltante possa procedere autonomamente agli acquisti, oppure debba delegare gli stessi ad altri soggetti (soggetti aggregatori), inquadrando i limiti normativi della libertà d’azione delle stazioni appaltanti e le modalità di attuazione concreta di tale azione (mediante ricorso al MePA oppure altri mercati gestiti da centrali di committenza regionale o territoriale, convenzioni, Accordi Quadro etc.). Un ulteriore auspicio concerne il fatto che la necessità di operare un’effettiva spending review nel settore pubblico, sia sorretta da una visione unitaria, che non rinunci alla qualità dei servizi erogati ai cittadini secondo i principi di semplificazione ed efficienza dell’apparato amministrativo. In relazione al settore degli appalti pubblici, in particolare, l’implementazione delle nuove tecnologie informatiche dovrebbe permettere di raggiungere obiettivi concreti, facilitando l’operato dell’Amministrazione e dei cittadini, ciò ben distante dal burocratizzare le procedure telematiche, le quali dovrebbero di per se costituire strumenti di facilitazione ed alleggerimento dell’agire amministrativo. relativo ambito territoriale. Il decreto definisce, inoltre, le modalità attuative del sistema delle attestazioni di qualificazione e di eventuale aggiornamento e revoca, nonché la data a decorrere dalla quale entra in vigore il nuovo sistema di qualificazione”; ed ai sensi del successivo comma 6: “L’ANAC stabilisce le modalità attuative del sistema di qualificazione, sulla base di quanto previsto dai commi da 1 a 5, ed assegna alle stazioni appaltanti e alle centrali di committenza, anche per le attività ausiliarie, un termine congruo al fine di dotarsi dei requisiti necessari alla qualificazione. Stabilisce, altresì, modalità diversificate che tengano conto delle peculiarità dei soggetti privati che richiedono la qualificazione”. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Appalti sostenibili Appalti sostenibili, green public procurement e socially responsible public procurement di Claudio Vivani Il nuovo Codice introduce significative novità in materia di appalti sostenibili, green procurement e clausole sociali, suscettibili di modificare vari aspetti delle procedure di selezione dei contraenti, in diverse fasi. Premessa È noto come il principio dello sviluppo sostenibile si sia gradualmente affermato nelle politiche dell’Unione Europea, in molti settori, tra i quali non secondario è quello dei contratti pubblici, anche in ragione del più che significativo influsso sulle economie degli Stati membri. La necessità di garantire lo sviluppo sostenibile anche nel settore dei contratti pubblici ha così deter(1) Sul tema, nell’ambito di un’ampia letteratura, cfr. B. Sjåfjell, A. Wiesbrock, Sustainable Public Procurement under EU Law, Cambridge, 2015; F. Lichére - R. Caranta - S. Treumer (Curr.), Modernising Public Procurement: the New Directive, Copenaghen, 2014; B. Fenni, Il Green Public Procurement come strumento di sviluppo sostenibile, 2014, in http://www.ambientediritto.it; L. Arecchi, La tutela delle esigenze ambientali, sociali ed occupazionali nelle nuove direttive in materia di contratti pubblici, 2014, in http://www.lineeavcp.it; G. Fidone, Gli appalti verdi all’alba delle nuove direttive: verso modelli più flessibili orientati a scelte eco-efficienti, in Riv. it. dir. pubblico comunitario, 2012, 819; R. Caranta, I contratti pubblici, Torino, 2012, 490; R. Caranta - M. Trybus (Curr.), The Law of Green and Social Procurement in Europe, Copenaghen, 2010; S. Arrowsmith - P. Kunzlik (Curr.), Social and Environmental Policies in EC Procurement Law, Cambridge, 2009; F. Gaverini, Attività contrattuale della P.A. e protezione dell’ambiente: gli appalti verdi, in Riv. giur. Edilizia, 2009, 153; M Cafagno, Principi e strumenti di tutela dell’ambiente, Torino, 2007, 410; F. Spagnuolo, Il Green Public Procurement e la minimizzazione dell’impatto ambientale nelle politiche di acquisto della pubblica amministrazione, in Riv. it. dir. pubblico comunitario, 2006, 397. Si segnalano inoltre numerose comunicazioni e pubblicazioni della Commissione Europea, tra le quali: Commissione Europea, Comunicazione del 7 febbraio 2001, Libro verde sulla politica integrata relativa ai prodotti, COM (2001) 68 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 4 luglio 2001, Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici, COM (2001), 274 def.; Commissione Europea, Comunicazione del Urbanistica e appalti 8-9/2016 minato la graduale elaborazione del “green public procurement” e del “socially responsible public procurement” (1). La gradualità di tale processo risulta evidente se si considera, ad esempio, che le prime direttive in materia di appalti pubblici, ovverosia le direttive 92/50/CEE, 93/36/CEE, 93/37/CEE, non contenevano alcun riferimento a tali istituti, mentre nel quadro della recente strategia “Europa 2020”, il legislatore europeo ha individuato l’appalto pubblico 15 ottobre 2001, Il diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare aspetti sociali negli appalti pubblici, COM (2001) 566 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 17 marzo 2003, Politica integrata dei prodotti. Sviluppare il concetto di ciclo di vita ambientale, COM (2003) 302 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 16 luglio 2008, Sul piano d’azione “produzione e consumo sostenibili” e “politica industriale sostenibile”, COM (2008) 397 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 16 luglio 2008, Appalti pubblici per un ambiente migliore, COM (2008) 400 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 5 maggio 2009, Contribuire allo sviluppo sostenibile: il ruolo del commercio equo e solidale e dei programmi non governativi in ambito commerciale a garanzia della sostenibilità, COM (2009) 215 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 3 marzo 2010, Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM (2010)2020 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 27 gennaio 2011, Libro verde sulla modernizzazione della politica dell’UE in materia di appalti pubblici. Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti, COM (2011) 15 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 2 luglio 2014, Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifiuti, COM (2014) 398 def.; Commissione Europea, Comunicazione del 2 dicembre 2015, L’anello mancante - Piano d’azione dell’UE per l’economia circolare, COM (2015) 614; Commissione Europea, Acquisti sociali. Una guida alla considerazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici, Lussemburgo, 2011; Commissione Europea, Acquistare verde. Un manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili, Lussemburgo, 2005. 993 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti come uno strumento essenziale per garantire la tutela ambientale e la responsabilità sociale (2). In questa sede non è naturalmente possibile ripercorrere tale cammino, che può essere sinteticamente riassunto come segue: “il perseguimento di obiettivi di politica ambientale e sociale è stato a lungo considerato, nel diritto in materia di appalti pubblici, un tabù, il che si è manifestato non da ultimo nell’impiego dello slogan “obiettivi estranei alla prestazione”. Nel frattempo, è tuttavia ammesso, in linea di principio, che le autorità aggiudicatrici, in sede di affidamento degli appalti, possano prendere in considerazione anche aspetti di politica ambientale e sociale (...). Nei dettagli sono tuttavia estremamente controversi i requisiti e la forma in cui concezioni di politica ambientale e sociale dell’amministrazione aggiudicatrice possono confluire in una concreta procedura di aggiudicazione” (3). Pare tuttavia importante ricordare come un ruolo importante sia stato svolto dalla Corte di Giustizia, che è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla compatibilità con il diritto europeo della facoltà di considerare anche aspetti ambientali e sociali nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. Per quanto riguarda i profili ambientali, una pronuncia molto rilevante è intervenuta sul caso Concordia Bus Finland (4). In tale sentenza la Corte ha chiarito che i criteri adottati per l’aggiudicazione di un appalto pubblico all’offerta economicamente più vantaggiosa possano non essere di natura meramente economica e, in particolare, possano avere contenuti ecologici e ambientali (nella specie, la qualità della gestione sotto il profilo ambientale di un servizio di trasporto urbano di linea mediante autobus, con particolare riguardo ai livelli di emissione di ossidi di azoto e di emissione sonora), “purché tali criteri siano collegati all’oggetto dell’appalto, non conferiscano alla (...) amministrazione una libertà incondizionata di scelta, siano espressamente menzionati nel capitolato d’appalto o nel bando di gara e rispettino tutti i principi fondamentali del diritto comunitario, in particolare il principio di non discriminazione”. Tali principi sono stati ribaditi in casi successivi, specificando anche che i criteri ambientali possono essere riferiti non solo a caratteristiche qualitative delle attività o dei prodotti, ma anche ai cicli produttivi a monte del prodotto o dell’attività acquistati dalle amministrazioni aggiudicatrici (tanto è avvenuto, ad esempio, in relazione a un criterio di aggiudicazione che imponeva la fornitura di elettricità ottenuta da fonti di energia rinnovabili nell’ambito di un appalto di fornitura di elettricità (5)). È evidente come tale elaborazione giurisprudenziale sia risultata fondamentale al fine di orientare le discipline normative successive, e mantenga ancora oggi una valenza interpretativa. Anche per quanto riguarda i profili sociali vi sono rilevanti pronunce della Corte di Giustizia che formulano canoni ermeneutici di perdurante rilevanza. La Corte di Giustizia ha analizzato la compatibilità con il diritto europeo delle cc.dd. clausole sociali, per tali intendendosi le disposizioni normative o le clausole contrattuali che abbiano l’obiettivo di promuovere finalità di carattere sociale, quali ad esempio la tutela dei diritti dei lavoratori, la stabilità occupazionale, l’adeguatezza della retribuzione, l’inclusione nel mondo del lavoro di soggetti disabili o svantaggiati, affermandone la potenziale ammissibilità in alcuni leading cases quali il caso Gebroeders Beentjes (6) e il caso Regione Nord - Pas de Calais (7), ma sempre a condizione che rispetti- (2) Commissione Europea, Comunicazione del 3 marzo 2010, Europa 2020 - Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, cit.; Commissione Europea, Comunicazione del 5 marzo 2014, Bilancio della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, COM (2014), 130 def. (3) Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 15 dicembre 2011 in causa C-368/10, Commissione europea C. Regno dei Paesi Bassi, in http://curia.europa.eu. (4) Corte di Giustizia CE 17 settembre 2002, causa C513/99, Concordia Bus Finland Oy Ab C. Helsingin kaupunki et al., in questa Rivista, 2003, 168, con nota di M. Brocca, Criteri ecologici nell’aggiudicazione degli appalti. (5) Corte di Giustizia CE, Sez. VI, 4 dicembre 2003 causa C448/01, EVN AG, Wienstrom Gmbh C. Republik Österreich, in http://www.curia.europa.eu. Con riferimento all’origine di prodotti alimentari da coltivazioni agricole biologiche o alla provenienza da commercio equo e solidale, cfr. Corte di Giustizia UE, Sez. III, 10 maggio 2012, causa C-368/10, Commissione europea C. Regno dei Paesi Bassi, in http://www.curia.europa.eu. Per un commento coordinato di queste pronunce e di quella sul caso Concordia Bus Finland, cfr. anche S. Arrowsmith, The Law of Public Utilities and Procurement: Regulation in the EU and UK, I, Londra, 2014, 739 e s. (6) Corte di Giustizia CE, Sez. IV, 20 settembre 1988, causa C-31/87, Gebroeders Beentjes B.V. C. Stato dei Paesi Bassi, in http://www.curia.europa.eu.; nella specie si trattava della previsione di un criterio di aggiudicazione che attribuiva preferenza alle imprese in grado di dare lavoro a disoccupati di lunga durata. Sulla portata della pronuncia, crf. anche Per un commento coordinato di queste pronunce e di quella sul caso Concordia Bus Finland, cfr. anche S. Arrowsmith, The Law of Public Utilities and Procurement: Regulation in the EU and UK, I, cit. 744. (7) Corte di Giustizia CE 26 settembre 2000, causa C225/98, Commissione C. Repubblica Francese, in http://www.curia.europa.eu., anch’essa relativa all’utilizzo di un criterio supplementare di aggiudicazione connesso alla lot- 994 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Quanto riportato in premessa consente di collocare nel contesto interpretativo che le ha precedute le disposizioni che vengono in commento. Si tratta, in particolare, delle norme delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE nonché del nuovo Codice dei Contratti Pubblici D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 relative ai criteri di aggiudicazio- ne e al costo del ciclo di vita, ai “criteri ambientali minimi” nonché alle cause di esclusione riferite ad aspetti ambientali e sociali. Con riguardo al primo profilo, l’art. 95 del nuovo Codice, che costituisce recepimento dell’art. 67 della direttiva 24/2014 (9), stabilisce che “le stazioni appaltanti procedono all’affidamento degli appalti (...) secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo il criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo della vita” (comma 2) (10). Diversamente rispetto a quanto sinora avvenuto (11), dunque, l’offerta economicamente più vantaggiosa può essere individuata tramite due differenti modalità. La prima modalità, in continuità con la nozione “tradizionale”, consiste nella valutazione del miglior rapporto qualità/prezzo. La novità risiede nel fatto che, a tal fine, si possa ricorrere a criteri qualitativi di carattere ambientali o sociale connessi dell’appalto (comma 6, che individua un novero esemplificativo di criteri più ampio di quello del corrispondente par. 2 dell’art. 67 della Dir. 2014/24/UE) (12). Tali criteri dovrebbero permettere una valutazione comparativa del livello di prestazione che ciascuna ta contro la disoccupazione. Cfr. anche Corte di Giustizia CE 20 marzo 1990, causa C-21/88, Du Pont De Nemours Italiana C. Unità Sanitaria Locale n. 2 di Carrara, in http://www.curia.europa.eu. e in Giut. civ., 1991, I, 1369 con commento di R. Caranta, In contrasto con il diritto comunitario le riserve a favore di imprese del Meridione. (8) Rilevano, in particolare, le seguenti disposizioni: (i) l’art 19 della Dir. 18/2004 e l’art. 28 della dir. 17/2004, con i quali si riconosce agli Stati membri la possibilità di riservare gli appalti a speciali categorie di operatori economici che occupano al loro interno lavoratori disabili; (ii) l’art. 53 della direttiva 18/2004, il quale stabilisce che i criteri di aggiudicazione degli appalti pubblici sono, quando l’appalto è aggiudicato all’offerta economicamente più vantaggiosa, “diversi criteri collegati all’oggetto dell’appalto pubblico in questione, quali, ad esempio, la qualità, il prezzo, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, le caratteristiche ambientali, il costo d’utilizzazione, la redditività, il servizio successivo alla vendita e l’assistenza tecnica, la data di consegna e il termine di consegna o di esecuzione”; (iii) l’art. 26 della direttiva 18/2004 e l’art. 38 della Dir. 17/2004, ai sensi dei quali le stazioni appaltanti possono esigere condizioni particolari in merito all’esecuzione dell’appalto, basate in particolare su considerazioni sociali e ambientali, purché siano compatibili con il diritto comunitario e siano precisate nell’avviso con cui si indice la gara o nel capitolato d’oneri. (9) Nel presente commento si farà riferimento all’art. 67 della Dir. 2014/24/UE e agli artt. 95 e 96 del nuovo Codice. Infatti, l’art. 67 della Dir. 2014/24/UE ha un contenuto analogo all’art. 82 della Dir. 2014/25/UE, in materia di appalti speciali, recepito dall’art. 133 del nuovo Codice. Per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione dei contratti di concessione, l’art. 41 della Dir. 2014/23/UE prevede una disciplina semplificata rispetto all’art. 95 della Dir. 2014/24/UE in materia di appalti pubblici, limitandosi a stabilire che le stazioni appaltanti possono aggiudicare le concessioni sulla base di criteri oggettivi, conformi ai principi comunitari, che assicurino una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva. Tali criteri di aggiudicazione devono essere connessi all’oggetto della concessione, non possono attribuire un’incondizionata libertà di scelta all’Amministrazione aggiudicatrice e possono includere anche criteri ambientali, sociali o relativi all’innovazione. L’art. 41 della Dir. 2014/23/UE è stato recepito dall’art. 173 del nuovo Codice secondo il quale le concessioni sono aggiudicate nel rispetto dei principi di parità di trattamento, proporzionalità, trasparenza, economicità, efficacia, tempestività e correttezza previsti dall’art. 30 del nuovo Codice. (10) Sull’art. 95 del nuovo Codice e sull’offerta economicamente più vantaggiosa, cfr. ANAC, Linee guida attuative del nuovo Codice degli Appalti - Linee guida in materia di offerta economicamente più vantaggiosa, in http://www.anticorruzione.it, allo stato nel testo posto in consultazione. (11) Quanto all’aspetto innovativo, esso è indubbio. Si deve, tuttavia, precisare che la L. 28 dicembre 2015, n. 221 aveva anticipato alcune delle novità introdotte dal nuovo Codice, in particolare modificando l’art. 83 del vecchio Codice in materia di aggiudicazione degli appalti, introducendo il concetto di costo del ciclo della vita e dando ampia rilevanza agli aspetti ambientali dell’offerta. Tuttavia, tale norma è entrata in vigore il 2 febbraio 2016 ed è stata abrogata dal nuovo Codice già in data 19 aprile 2016. (12) Tra tali criteri possono rientrare, con elencazione chiaramente esemplificativa: a) la qualità che comprende il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, l’accessibilità no le fondamentali condizioni di essere collegate all’oggetto dell’appalto, di non conferire all’amministrazione aggiudicatrice una libertà incondizionata di scelta, di essere espressamente menzionati nel capitolato d’appalto o nel bando di gara e di rispettare tutti i principi fondamentali del diritto comunitario, in particolare quello di non discriminazione. I principi giurisprudenziali elaborati dalla Corte di Giustizia sono stati recepiti dal legislatore europeo con le direttive 17/2004 e 18/2004 che, per la prima volta, hanno riconosciuto alle stazioni appaltanti la possibilità di prendere in considerazione in sede di aggiudicazione e di esecuzione dell’appalto anche fattori di ordine non economico, tra i quali quelli volti alla tutela ambientale e sociale (8). Le disposizioni delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE e quelle del nuovo Codice. I criteri di aggiudicazione e il costo del ciclo di vita Urbanistica e appalti 8-9/2016 995 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti offerta presenta rispetto all’oggetto dell’appalto quale definito nelle specifiche tecniche. La seconda modalità di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, innovativa, consiste nella valutazione del costo o del prezzo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia, quale tipicamente è il “costo del ciclo di vita” di cui al successivo art. 96. Tale criterio dovrebbe consentire di valutare sia il costo diretto di acquisizione dei lavori, dei servizi o delle forniture, sia i costi indiretti connessi alla produzione, all’utilizzo e alla cessazione dei medesimi. Il concetto di costo del ciclo di vita comprende, infatti, tutti i costi che emergono durante il ciclo di vita dei lavori, delle forniture o dei servizi, con riguardo tanto ai costi interni (come le ricerche da realizzare, lo sviluppo, la produzione, il trasporto, l’uso e la manutenzione e i costi di smaltimento finale), quanto ai costi imputabili a esternalità ambientali (quali l’inquinamento causato dall’estrazione delle materie prime utilizzate nel prodotto ovve- ro causato dal prodotto stesso o dalla sua fabbricazione, i costi legati al consumo di risorse naturali, all’emissione di sostanze inquinanti o di gas climalteranti), a condizione che possano essere monetizzati e controllati (13). Tale istituto si traduce, quindi, non solo in un metodo di calcolo dell’elemento prezzo o costo, ma anche in un vero e proprio criterio di valutazione delle implicazioni ambientali dell’offerta, beninteso sotto il particolare angolo visuale dei costi: si potrebbe dire che esso valuta la qualità espressa in termini di costi e di risparmio economico, in tale prospettiva introducendo anche elementi di rilevanza ambientale molto significativi. In particolare, la più consistente novità dal punto di vista ambientale consiste proprio nell’inclusione delle cc.dd. “esternalità ambientali” negli elementi di valutazione dell’offerta, con un approccio rivoluzionario, coerente e integrato con quello che caratterizza altre politiche ambientali e in particolare quelle incentrate sul principio “chi inquina paga” (14). per le persone con disabilità, la progettazione adeguata per tutti gli utenti, le caratteristiche sociali e ambientali, il contenimento dei consumi energetici e delle risorse ambientali dell’opera o del prodotto, le caratteristiche innovative, la commercializzazione e le relative condizioni; b) il possesso di un marchio di qualità ecologica dell’UE, in relazione ai beni o servizi oggetto del contratto, in misura pari o superiore al trenta per cento del valore delle forniture o prestazioni oggetto del contratto stesso; c) il costo di utilizzazione e di manutenzione avuto anche riguardo ai consumi di energia e delle risorse naturali, alle emissioni inquinanti e ai costi complessivi, inclusi quelli esterni e di mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, riferiti all’intero ciclo di vita dell’opera, bene o servizio, con l’obiettivo strategico di un uso più efficiente delle risorse e di un’economia circolare che promuova ambiente e occupazione; d) la compensazione delle emissioni di gas ad effetto serra associate alle attività dell’azienda calcolate secondo i metodi stabiliti in base alla raccomandazione n. 2013/179/UE della Commissione del 9 aprile 2013, relativa all’uso di metodologie comuni per misurare e comunicare le prestazioni ambientali nel corso del ciclo di vita dei prodotti e delle organizzazioni; e) l’organizzazione, le qualifiche e l’esperienza del personale effettivamente utilizzato nell’appalto, qualora la qualità del personale incaricato possa avere un’influenza significativa sul livello dell’esecuzione dell’appalto; f) il servizio successivo alla vendita e assistenza tecnica; g) le condizioni di consegna quali la data di consegna, il processo di consegna e il termine di consegna o di esecuzione. (13) Si veda il Considerando 96 della Dir. 2014/24/UE, che specifica altresì come “i metodi impiegati dalle amministrazioni aggiudicatrici per valutare i costi imputati alle esternalità ambientali dovrebbero essere stabiliti anticipatamente in modo oggettivo e non discriminatorio ed essere accessibili a tutte le parti interessate. Siffatti metodi possono essere stabiliti a livello nazionale, regionale o locale ma, al fine di evitare distorsioni della concorrenza attraverso metodologie ad hoc, dovrebbero rimanere generali nel senso che non dovrebbero essere definiti in modo specifico per una particolare procedura d’appalto”. Per green public procurement, nell’accezione più propria, si intende precisamente l’approccio in base al quale le pubbliche amministrazioni integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, promuovendo la diffusione di tecnologie e di prodotti virtuosi dal punto di vista ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita. L’obiettivo, dunque, è quello di pervenire a una produzione e a un consumo (e dunque a uno sviluppo) sostenibili. (14) Tanto è reso evidente sia dalla previsione di cui all’art. 96 del nuovo Codice, quanto dall’art. 68 della Dir. 2014/24/UE e dall’analogo contenuto dell’art. 83 della Dir. 2014/25/UE. Sulla determinazione del costo del ciclo di vita, ex plurimis, cfr. S. Arrowsmith, The Law of Public Utilities and Procurement: Regulation in the EU and UK, I, cit., 739 ss., 795 ss.; G. Fidone, Gli appalti verdi all’alba delle nuove direttive: verso modelli più flessibili orientati a scelte eco-efficienti, cit.; S. Arrowsmith, A taxonomy of horizontal policies in public procurement, in Social and Environmental Policies in EC Procurement Law - New Directives and New Directions, Cambridge, 2009; W. Rhodri, The evaluation of the Impact and Effectiveness of the EU Public procurement legislation in Public Procurement Law Review, 2011, 237 ss.; A. Boussabaine - R. Kirkham, Whole Life Cycle Costing, Oxford, 2004. La prima A. osserva anche come vi sia una simmetria tra i criteri di aggiudicazione e le specifiche tecniche, di talché - in linea di principio - ciò che non può rientrare fra i primi non può nemmeno costituire oggetto delle seconde. Entrambi, infatti, costituiscono strumenti per soddisfare i bisogni dell’amministrazione aggiudicatrice, ma i criteri di aggiudicazione costituiscono uno strumento meno rigido e potenzialmente più efficiente, in quanto consente una valutazione graduata del costo di un determinato beneficio, e una graduazione dell’offerta stessa, laddove l’imposizione di condizioni contrattuali e specifiche tecniche è, all’evidenza, uno strumento più garantista ma meno flessibile. Tali considerazioni sono tanto più valide in relazione al costo del ciclo di vita, che può essere una chiave di lettura delle specifiche tecniche oltre che, come illustrato nel testo, un vero e proprio criterio di aggiudicazione. Sul punto cfr. ANAC, Linee guida attuative del nuovo Codice degli Appalti - Linee guida in materia di offerta economicamente più vantaggiosa, cit., ove si afferma che “mediante le indicazio- 996 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti In tal modo il costo del ciclo di vita consente di risolvere le problematiche interpretative concernenti l’ammissibilità di criteri di aggiudicazione (e di specifiche tecniche) di carattere ambientale, che per lungo tempo sono state dibattute a livello ermeneutico e giurisprudenziale, come illustrato in premessa al presente commento, stabilendo in via normativa cosa sia o non sia “connesso all’oggetto dell’appalto” ai sensi dell’art. 67 della Dir. 2014/24/UE e dell’art. 95 del nuovo Codice. Per tale ragione il citato art. 96, comma 2, del nuovo Codice specifica che le stazioni appaltanti devono indicare nei documenti di gara i dati che gli offerenti devono comunicare per la valutazione dei costi del ciclo di vita e, per quanto riguarda quelli legati alle esternalità ambientali, fissa tre condizioni per la loro valutazione: obiettività (criteri oggettivi e non discriminatori), accessibilità (tutte le parti interessate devono aver accesso al metodo di valutazione) e relativa facilità di reperimento dei dati necessari. Si tratta di operazioni articolate, anche per le amministrazioni più qualificate e, infatti, il terzo e ultimo comma dell’art. 68 della Dir. 2014/24/UE, riallacciandosi al considerando n. 96, prevede che i metodi di calcolo di siffatti costi siano stabiliti a livello europeo e resi obbligatori (15). Naturalmente le due modalità di individuazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa appena descritte possono - e, anzi, in linea di principio dovrebbero - combinarsi fra loro. Infatti, al fine di determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa, la decisione di aggiudicazione dell’appalto non dovrebbe basarsi solo su criteri che prescindano dai costi, anche se tale possibilità è comunque ammessa dall’art. 95, comma 7, del nuovo Codice, ai sensi del quale “l’elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni di cui al comma 2, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso, sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi” (16). I criteri qualitativi dovrebbero pertanto essere accompagnati da un criterio basato sui costi che potrebbe, a scelta dell’amministrazione aggiudicatrice, basarsi sul prezzo o su un approccio costo/efficacia, come ad esempio il suddetto costo del ciclo di vita (sul punto si veda il Considerando 92 della Dir. 2014/24/UE). Si può, in conclusione sul punto, osservare come la nuova nozione di offerta economicamente più vantaggiosa sia concepita dal Legislatore come uno dei cardini del sistema di affidamento degli appalti, anche in considerazione della duttilità della medesima e della capacità di promuovere aspetti ambientali e sociali nella duplice prospettiva qualitativa (tradizionale, ma decisamente potenziata) e di espressione in termini di costi (innovativa) (17). Tanto rende ragione anche delle forti limitazioni imposte all’utilizzo del criterio del miglior prezzo. Infatti, l’art. 95 del nuovo Codice consente (non impone) di utilizzare tale criterio solo in limitati casi, vale a dire per appalti di lavori di importo inferiore al milione di Euro e per gli appalti di servizi e le forniture di valore inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria o, per i quali le condizioni di standardizzazione siano definite dal mercato. In ogni caso, ai sensi del comma 5, qualora le stazioni appaltanti decidano di disporre l’aggiudicazione con il criterio ni contenute nell’art. 95 viene definitivamente superata la rigida separazione tra requisiti di partecipazione e criteri di valutazione che aveva caratterizzato a lungo la materia della contrattualistica pubblica. Requisiti di natura soggettiva nella valutazione delle offerte possono essere introdotti quando questi permettono di valutare meglio il contenuto e l’affidabilità dell’offerta o per premiare il concorrente che presenta determinati requisiti ritenuti particolarmente meritevoli”. (15) Al di là del rinvio alla Dir. 2009/33/CE, relativa alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada, di non agevole estensione a differenti prodotti. (16) Si tratta di una previsione fortemente innovativa, che consente, per determinati tipi di appalto (per esempio quelli ad alta intensità di lavoro), di evitare ribassi che inciderebbero inevitabilmente sul costo del lavoro, aggiudicando la gara solo in base alla qualità degli altri fattori dell’offerta. Al riguardo cfr. ANAC, Linee guida attuative del nuovo Codice degli Appalti - Linee guida in materia di offerta economicamente più vantaggiosa, cit., ove si rileva che “Mentre con la Direttiva 2004/18/CE e il d.lgs. 163/2006 non era possibile assegnare al prezzo un punteggio particolarmente basso (o nullo) o prevedere una metodologia di calcolo tale da azzerare di fatto la componente prezzo, attualmente tale possibilità è ammessa dall’art. 95, comma 7, del Codice, secondo il quale è possibile competere esclusivamente sulla qualità. La norma lascia però aperta la definizione delle fattispecie per le quali è possibile annullare l’elemento costo nell’ambito dell’OEPV. Invero, il citato comma 7, rimanda all’art. 95, comma 2, per l’individuazione dei casi in cui si può ricorrere al prezzo fisso: i casi in cui sono presenti ‘disposizioni legislative, regolamentari o amministrative relative al prezzo di determinate forniture o alla remunerazione di servizi specifici’. Tale casistica però non è esaustiva, in considerazione della locuzione ‘anche’ utilizzata per il suddetto rimando”. (17) Cfr. P. Pittelli, Il miglior rapporto qualità/prezzo: il nuovo concetto europeo di offerta economicamente più vantaggiosa, in http://www.lineeavcp.it, 2014, che giustamente rileva come la Dir. 2014/24/UE incoraggi l’uso degli appalti per il perseguimento di finalità sociali ed ambientali che, a ben vedere, erano già state individuate nelle precedenti direttive, ma che solo in questa occasione sono state affiancate dagli strumenti adatti al loro raggiungimento: il legislatore europeo ha il merito di aver depotenziato il criterio del massimo ribasso per favorire l’efficienza e la qualità della spesa pubblica, attraverso un nuovo concetto di offerta economicamente più vantaggiosa. Urbanistica e appalti 8-9/2016 997 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti del prezzo più basso devono darne adeguata motivazione. Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è invece obbligatorio nei casi previsti dall’art. 95, comma 3, del nuovo Codice. I criteri ambientali minimi Un’ulteriore novità, neppure espressamente contemplata dalle direttive 2014, è quella prevista dall’art. 34 del nuovo Codice, in materia di requisiti di sostenibilità energetica e ambientale (18). A seguito dell’approvazione, con D.M. 11 aprile 2008, del piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della P.A. (generalmente indicato con l’acronimo “PAN GPP”, aggiornato con D.M. 10 aprile 2013), sono stati adottati i criteri ambientali minimi (“CAM”) relativi a diverse categorie d’appalto (19). I CAM forniscono le indicazioni specifiche di natura ambientale ed etico-sociale collegate alle diverse fasi che caratterizzano le procedure di gara: definizione dell’oggetto dell’appalto; definizione delle specifiche tecniche; selezione dei candidati; previsione dei criteri premianti di aggiudicazione; definizione delle condizioni di esecuzione dell’appalto (20). Uno specifico CAM riguarda gli aspetti sociali (21). Secondo quanto disposto dall’art. 34, comma 1, le stazioni appaltanti contribuiscono al conseguimento degli obiettivi ambientali previsti dal PAN GPP per la sostenibilità ambientale dei consumi nel set(18) Si noti che alcune disposizioni in materia erano già state introdotte con la L. 28 dicembre 2015, n. 221 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali. (GREEN ECONOMY)”, in particolare dal Capo IV, “Disposizioni relative al green public procurement”. In particolare, con l’art. 18 della L. n. 221/2015 è stato introdotto l’art. 68 bis nel vecchio Codice, relativo all’applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici per le forniture e negli affidamenti di servizi; ulteriori modifiche del vecchio Codice finalizzate all’applicazione di criteri ambientali minimi negli appalti pubblici sono state introdotte dal successivo art. 19. Tali norme, entrate in vigore il 2 febbraio 2016, sono state abrogate con l’entrata in vigore del nuovo Codice in data 19 aprile 2016. (19) Un elenco completo dei vari decreti ministeriali di approvazione dei CAM è presente sul sito WEB del Ministero dell’Ambiente. Alcune regioni italiane (ad esempio l’Emilia Romagna, la Sardegna e il Veneto) hanno adottato misure di implementazione dei CAM e adottato piani di azione regionali sul green public procurement (PAR GPP). Sui criteri minimi ambientali cfr. T. Cellura, L’applicazione dei criteri ambientali minimi negli appalti pubblici, Rimini, 2016. (20) Su ciascuna di tali fasi cfr. T. Cellura, L’applicazione dei criteri ambientali minimi negli appalti pubblici, cit., 82 ss. (21) D.M. 6 giugno 2012, “Guida per l’integrazione degli aspetti sociali negli appalti pubblici”. (22) Sul punto si veda il D.M. 24 maggio 2016, “Incremento progressivo dell'applicazione dei criteri minimi ambientali negli appalti pubblici per determinate categorie di servizi e fornitu- 998 tore della pubblica amministrazione attraverso l’inserimento nella documentazione progettuale e di gara almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei CAM. I CAM sono tenuti in considerazione anche ai fini della stesura dei documenti di gara per l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi del sopra citato art. 95, comma 6. Inoltre, l’art. 34, commi 2 e 3, prevede che i decreti di approvazione dei CAM possano stabilire l’applicazione dei medesimi a percentuali dell’importo a base di gara (22). La limitazione del rispetto dei CAM ad una parte soltanto del valore dell’appalto posto a base d’asta può destare alcuni dubbi interpretativi soprattutto per appalti difficilmente scorporabili come quelli di servizi. Con riferimento all’art. 18 della L. 221/2015, che aveva già introdotto l’obbligo del rispetto dei CAM negli acquisti della P.A., il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha sostenuto che “il dettato normativo impone alle stazioni appaltanti (...) di introdurre, nella documentazione di gara, almeno le specifiche tecniche e le clausole contrattuali contenute nei CAM, per almeno il 50% del valore delle gare d’appalto, con ciò riferendosi al valore posto a base d’asta. Tale disposizione non desta criticità interpretative nel caso di un appalto di forniture, mentre nel caso dei servizi, potrebbe prestarsi a varie interpretazioni. Nel caso di servizi, le stazioni appaltanti potrebbero re”. Ai sensi dell'art. 34, comma 3, del nuovo Codice con decreto del Ministro dell'ambiente della tutela del territorio e del mare può essere previsto, per le categorie di forniture ed affidamenti non connessi agli usi finali di energia, un aumento progressivo della percentuale del 50% del valore a base d'asta a cui riferire l'obbligo di applicare le specifiche tecniche e le clausole contrattuali dei criteri ambientali minimi. Il citato D.M. ha quindi disciplinato l'incremento progressivo della percentuale del valore a base d'asta a cui riferire l'obbligo di applicare le specifiche tecniche e le clausole contrattuali dei criteri ambientali minimi per i seguenti affidamenti: servizi di pulizia, anche laddove resi in appalti di global service, e forniture di prodotti per l'igiene, quali detergenti per le pulizie ordinarie e straordinarie; servizi di gestione del verde pubblico e forniture di ammendanti, piante ornamentali e impianti di irrigazione; servizi di gestione dei rifiuti urbani; forniture di articoli di arredo urbano; forniture di carta in risme e carta grafica. Per tali affidamenti l'obbligo delle stazioni appaltanti di inserire nella documentazione di gara almeno le "specifiche tecniche" e le "clausole contrattuali" dei Criteri ambientali minimi si applica in misura non inferiore alle seguenti percentuali del valore dell'appalto, nel rispetto dei termini rispettivamente indicati: il 62% dal 1° gennaio 2017; il 71% dal 1° gennaio 2018; l'84% dal 1° gennaio 2019; il 100% dal 1° gennaio 2020. Fino alla data del 31 dicembre 2016 le amministrazioni sono comunque tenute a rispettare almeno la percentuale del 50% del valore a base d'asta a cui riferire l'obbligo di applicare le specifiche tecniche e le clausole contrattuali dei criteri ambientali minimi. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti semplicemente decidere di chiedere la conformità alle specifiche tecniche e alle clausole contrattuali del CAM per l’intero valore del servizio affidato. Qualora la stazione appaltante non intenda procedere in tal senso, la medesima potrebbe articolare la gara in due lotti separati di pari valore, uno conforme al CAM e uno no, se tecnicamente possibile. In ogni caso la percentuale è riferita al valore a base d’asta complessivo del servizio, perciò la disposizione non richiede che le stazioni appaltanti debbano entrare nel merito della stima delle differenti voci di costo che concorrono alla determinazione del valore del servizio e che siano o meno oggetto di una specifica tecnica o una clausola contrattuale indicata nel CAM” (23). Le cause di esclusione per ragioni ambientali e sociali Infine, in relazione alle cause di esclusione dalla procedura di gara, l’art. 18, par. 2, Dir. 24/2014 stabilisce che gli Stati membri adottino misure adeguate per garantire che gli operatori economici rispettino nell’esecuzione degli appalti le norme in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dall’Unione e dal diritto internazionale e, in caso di violazione di tali obblighi l’art. 57, prevede la possibilità per le amministrazioni di escludere un operatore che viola tali norme (24). Tali disposizioni sono state recepite dall’art. 80 del nuovo Codice, il quale prevede che costituiscano motivi di esclusione di un operatore economico dalla partecipazione a una procedura d’appalto la condanna per il reato di sfruttamento del lavoro minorile, la violazione degli obblighi relativi al pagamento dei contributi previdenziali, la presenza di gravi violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro nonché degli obblighi di cui all’art. 30, comma 3, del medesimo Codice alla stregua del quale “nell’esecuzione degli appalti pubblici (...) gli operatori economici rispettano gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla (23) Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, “Chiarimenti relativi all’applicazione del capo IV “disposizioni relative al Green pubblic procurament della L. n. 221/2015 Previsioni per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”, in http://www.minambiente.it. (24) Per quanto riguarda i motivi di esclusione degli operatori economici nelle procedure di appalto nei settori speciali, l’art. 80 della Dir. 2014/25/UE, recepito dall’art. 136 del nuovo codice, rinvia alla disciplina dell’art. 57 della Dir. 2014/24/UE. (25) Sul concetto di clausole sociali, ex plurimis, cfr. S. Centofanti, Sub art. 36, in U. Prosperetti (a cura di), Commentario Urbanistica e appalti 8-9/2016 normativa europea, nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali (...)”. Si tratta di un significativo ampliamento delle cause obbligatorie di esclusione rispetto alla normativa previgente, la quale non prevedeva espressamente e obbligatoriamente che l’aggiudicatario potesse essere escluso dalla gara a causa della violazione di norme in materia di tutela ambientale e sociale, lasciando all’amministrazione ampia discrezionalità. Le uniche previsioni di esclusione obbligatoria espressamente previste dalla precedente normativa erano, infatti, quelle relative alle ipotesi di violazione in materia di tutela del lavoro: l’art. 38 del vecchio Codice prevedeva che fossero esclusi dalla partecipazione alle procedure per l’affidamento di servizi, lavori e forniture i concorrenti condannati con sentenza passata in giudicato per “reati gravi” o incidenti sulla “moralità professionale” e che avevano commesso gravi infrazioni, debitamente accertate, alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio. Le clausole sociali e gli appalti e concessioni riservati Come il vecchio, anche il nuovo Codice ha mantenuto, recependo sul punto l’art. 70 della Dir. 2014/24/UE e l’art. 87 della Dir. 2014/25/UE, la possibilità di inserire nei documenti di gara le cc.dd. clausole sociali, vale a dire quelle previsioni contrattuali, che impongono ad un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e del lavoro, come condizione per svolgere attività economiche in appalto o in concessione o per accedere ad agevolazioni finanziarie (25). Rispetto al passato, tuttavia, si registrano taluni elementi di novità. Il primo consiste nel fatto che, per la prima volta, è stata coniata una definizione di clausola sociale. L’art. 3 del nuovo Codice, infatti, allineandosi alla definizione datane dalla migliore dottrina (26), definisce tali clausole come “quelle disposizioni che dello Statuto dei lavoratori, Milano, 1975, 1196; S. Varva, Le clausole sociali, in M.T. Carinci - C. Cester - M. G. Mattarolo F. Sacrepelli (a cura di), Tutela e sicurezza del lavoro negli appalti privati e pubblici. Inquadramento giuridico ed effettività, Torino, 2011, 321; E. Ghera, Le c.d. clausole sociali: evoluzione di un modello di politica legislativa, in Dir. lav. e rel. Ind., 2001, 134; A. Perulli, Globalizzazione e dumping sociale: quali rimedi?, in Lav. dir., 2011, I, 13-43; F. Mancini, Sub art. 36, in Statuto dei diritti dei lavoratori, in V. Sciajola - G. Branca (a cura di), Comm. c. c., Bologna-Roma, 1972, 542 ss. (26) Cfr. nt. n. 24. 999 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti impongono a un datore di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione sociale e del lavoro come condizione per svolgere attività economiche in appalto o in concessione o per accedere a benefici di legge e agevolazioni finanziarie”. Un secondo elemento di novità consiste nell’avere eliminato la facoltà, precedentemente concessa dall’art. 69, comma 3, del Vecchio Codice, di chiedere all’ANAC il parere preventivo di legittimità sulla clausola. Il mantenimento di tale facoltà sarebbe stato forse opportuno, atteso che l’inserimento delle clausole sociali nei bandi di gara può determinare l’insorgenza di contenziosi così come dimostra il fatto che la giurisprudenza è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità delle clausole medesime in più occasioni (27). Un ulteriore elemento di novità introdotto dal nuovo Codice per garantire maggiore stabilità ai rapporti di lavoro è costituito dall’art. 50. Esso, infatti, prevede che gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura intellettuale, i bandi di gara, gli avvisi e gli inviti possano contenere, nel rispetto dei principi fissati dal Trattato sul Funzionamento dell’UE, specifiche clausole sociali volte a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo l’applicazione da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’art. 51 del D.Lgs. 15 giugno 2015, n. 81 (28). Ciò all’evidente scopo di porre fine a pratiche, non inconsuete, consistenti nell’adozione, da parte dell’aggiudicatario subentrante, di contratti collettivi “poco rappresentativi” e contenenti trattamenti salariali e normativi deteriori rispetto a quelli più diffusi, allo scopo di contenere l’impatto dell’obbligo di riassunzione del personale uscente spesse volte previsto nei capitolati di gara. Sempre nell’ottica di perseguire politiche sociali attraverso il mercato degli appalti, l’art. 112 del nuo- vo Codice, recependo l’art. 20 della Dir. 24/2014 e l’art. 38 della Dir. 25/2014, ha mantenuto la possibilità di riservare la partecipazione alle procedure di gara a operatori economici e a cooperative sociali il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone svantaggiate. Anche in questo caso, si tratta del mantenimento di una facoltà già prevista dal vecchio Codice, ma con significative innovazioni. In particolare, l’art. 52 del vecchio Codice prevedeva la possibilità di riservare determinati appalti ai Laboratori Protetti. Come chiarito dall’ANAC la riserva si riferiva ai soli operatori che impiegassero più del 50% di lavoratori disabili (29). L’art. 112 del nuovo Codice, invece, estende la possibilità di riservare appalti a operatori che impieghino anche soltanto il 30% di lavoratori svantaggiati, considerando tali, non soltanto - come in passato - i lavoratori disabili, ma anche i lavoratori svantaggiati come definiti dall’art. 4 della L. 8 novembre 1991, n. 381, in materia di Cooperative Sociali, nonché gli ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione e al lavoro all’esterno ai sensi dell’art. 21 della L. 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni. Infine, l’art. 112 conferma la perdurante efficacia dell’art. 4 e dell’art. 5 della L. n. 381/1991, che consente agli enti pubblici, compresi quelli economici, e alle società di capitali a partecipazione pubblica, “anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione”, di stipulare convenzioni di importo inferiore alle soglie comunitarie con le cooperative sociali si cui alla suddetta L. n. 381/1991, previo esperimento di procedure di selezione nel rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza. (27) A titolo esemplificativo, Cons. Stato, Sez. III, 30 marzo 2016, n. 1255; Sez. VI, 27 novembre 2014, n. 5890; Sez. IV, 2 dicembre 2013, n. 5725; Sez. III, 9 luglio 2013, n. 3639; Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3900, in http://www.giustizia-amministrativa.it; Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), parere n. 41 del 23 gennaio 2013 e parere n. 44 del 25 febbraio 2010, in http://www.anticorruzione.it. Da tali pronunce si evince che gli indici di legittimità delle clausole sociali sono i seguenti: a) l’obbligo di riassorbimento dei lavoratori alle dipendenze dell’appaltatore uscente, nello stesso posto di lavoro e nel contesto dello stesso appalto, deve essere armonizzato e reso compatibile con l’organizzazione dell’impresa prescelta dall’imprenditore subentrante; b) i lavoratori che non trovano spazio nell’organigramma dell’appaltatore subentrante e che non vengano ulteriormente impiegati dall’appaltatore uscente in al- tri settori, sono destinatari delle misure legislative in materia di ammortizzatori sociali; c) la clausola sociale non può comportare alcun obbligo per l’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico di assumere a tempo indeterminato e in forma automatica e generalizzata il personale già utilizzato dalla precedente impresa. (28) L’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, citato dall’art. 50 del nuovo Codice stabilisce che: “salvo diversa previsione, ai fini del presente decreto, per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”. (29) ANAC, Delibera n. 32 in data 20 gennaio 2016, 31. 1000 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Regimi particolari di appalto Gli appalti (e le concessioni) nei servizi sociali: un regime - non troppo - “alleggerito” frutto di una “complicata semplificazione” di Luca Mazzeo L’articolo esamina la tematica degli affidamenti nei servizi sociali, destinatari nel Nuovo Codice di un regime specifico rispetto agli altri servizi che, se ha il pregio di applicare - con i dovuti adattamenti - al delicato settore i principi dei contratti pubblici, per via dei continui rimandi e rinvii sconta un difetto di semplificazione che finisce con l’appesantire il “regime alleggerito” voluto dal Legislatore Comunitario. Il settore dei servizi sociali (1) (c.d. Terzo Settore) rappresenta una significativa realtà sia sotto il profilo sociale, per la natura e delicatezza di detti servizi, sia sotto il profilo occupazionale, operandovi una variegata pluralità di soggetti (tra cui spiccano gli organismi no-profit e le cooperative sociali), che si avvalgono di volontari, dipendenti e lavoratori esterni, col raggiungimento di numeri decisamente rilevanti (2). A tali operatori ricorrono spesso le P.A. per l’affidamento o per l’acquisito di servizi in favore della persona, in tal modo optando per una “scelta organizzativa ... (che) ... ha il vantaggio di promuovere un modello economico socialmente responsabile in grado di conciliare la crescita economica con il raggiungimento di specifici obiettivi sociali, quali, ad esempio, l’incremento occupazionale e l’inclusione e integrazione sociale” (3). La disciplina del settore, che si caratterizza, date le sue peculiarità, per l’articolato e diversificato confronto tra P.A. ed enti no-profit, presuppone un per invero - non facile “contemperamento” tra principi della concorrenza e principi di solidarietà e sussidiarietà; contemperamento che, per affermazione della Corte di Giustizia, sovente chiamata a pronunciarsi sugli affidamenti degli appalti di servizi sociali, non è ritenuto valido a priori, “bensì subordinato alla condizione che il volontariato contribuisca in modo effettivo al perseguimento delle finalità sociali e degli obiettivi di solidarietà, non permettendosi quindi che le deroghe al principio della competizione economica celino in realtà vantaggi indebiti per gli enti del terzo settore” (4). (1) Ai sensi dell’art. 128 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, per “servizi sociali” si intendono tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona incontra nel corso della propria vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario, nonché quelle assicurate in sede di amministrazione della giustizia. (2) Secondo quanto si legge nella relazione AIR - Linee guida per l’affidamento di servizi a enti del terzo settore e alle cooperative sociali (3), allegata alla Delibera ANAC n. 32 del 20 gennaio 2016, “il panorama dei soggetti che operano in tale ambito è molto variegato, l’ISTAT, infatti, ha censito nel corso del 2011 oltre 300.000 organizzazioni no-profit, che ricorrono alle prestazioni di 4,7 milioni di volontari, 681 mila dipendenti, 271 mila lavoratori esterni e 5 mila lavoratori temporanei. L’89% delle istituzioni no-profit è costituita in forma di associazione (201 mila associazioni non riconosciute e 68 mila riconosciute, ossia dotate di personalità giuridica); le cooperative sociali sono circa 11 mila (il 3,7%), le fondazioni 6 mila (il 2,1%) e le altre forme giuridiche circa 14 mila (il 4,8%), rappresentate principalmente da enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, comitati, società di mutuo soccorso, istituzioni sanitarie o educative”. (3) Cfr. delibera n. 32/2016 ANAC, cit., (3). (4) Cfr. Corte di Giustizia UE, sent. 11 dicembre 2014, C113/13, punti 60 e 61: “si deve nondimeno rilevare che un sistema di organizzazione del servizio di trasporto sanitario d’ur- Introduzione Urbanistica e appalti 8-9/2016 1001 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Nonostante l’altrettanto rilevante impatto della spesa per i servizi sociali sulla finanza pubblica (5), per un verso non vi è una normativa organica in materia di affidamenti di contratti pubblici ai soggetti operanti nel Terzo Settore, invece disciplinati da un frastagliato insieme di norme (6) e, per altro verso, si registra il mancato coordinamento di dette norme con la disciplina in materia di contratti pubblici; situazione che, nell’imminenza del recepimento delle tre Direttive 24/2014/UE (appalti), 25/2014/UE (utilities) e 23/2014/UE (concessioni) e in attesa della conclusione dell’iter di approvazione del disegno di legge governativo recante le linee guida per una revisione organica della disciplina del Terzo Settore (d.d.l. n. 1870 approvato alla Camera dei Deputati il 9 aprile 2015) (7), aveva indotto l’ANAC a intervenire (con le Linee Guida richiamate nelle note 2 e 3) al fine di fornire indicazioni operative alle amministrazioni aggiudicatrici e agli operatori e - benché l’ANAC elegantemente non lo dica - per offrire i relativi spunti di riflessione al Legislatore. Spiace constatare che tale mancato coordinamento persiste - come si vedrà nel corso del presente articolo - anche a seguito dell’entrata in vigore (il 19 aprile scorso) della disciplina riguardante i contrat- ti pubblici nei servizi sociali introdotta dal D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50; ciò sebbene, come evidenziato dal Consiglio di Stato nel Parere reso sullo schema del Nuovo Codice (8), gli obiettivi - nell’ambito della c.d. “strategia Europa 2020” - di un uso più efficiente dei fondi pubblici, della tutela della concorrenza, dell’impiego strategico dei contratti pubblici quale strumento di politica economica e sociale e di lotta alla corruzione attraverso procedure semplici, trasparenti e disciplinate da norme prive di incertezza erano stati declinati dalle tre nuove Direttive Comunitarie (23, 24 e 25 del 2014) attraverso alcuni istituti e strumenti innovativi, tra cui, appunto, gli appalti relativi ai servizi sociali. A ogni buon conto, gli artt. 140, 142, 143 e 144 del D.Lgs. n. 50/2016 recano, in recepimento delle Direttive comunitarie in materia di appalti pubblici e di cc.dd. utilities e in osservanza dei criteri e principi di cui alla L. delega 28 gennaio 2016, n. 11 (9), le norme - specificatamente (10) - applicabili agli appalti di servizi sociali, rispettivamente, nei settori speciali e ordinari; servizi i cui codici di riferimento (CVP) sono elencati nell’Allegato IX del D.Lgs. n. 50/2016 (11), che riproduce, rispettivamente, quanto contenuto nell’Allegato XIV (art. 74 della Dir. 24/2014/UE), nell’Allegato XVII genza (...) consistente per le amministrazioni competenti nel ricorso in via prioritaria ad associazioni di volontariato, deve effettivamente contribuire alla finalità sociale così come al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio su cui detto sistema è basato. A tal riguardo è necessario che, nel loro intervento in tale contesto, le associazioni di volontariato non perseguano obiettivi diversi da quelli menzionati (...), che non traggano alcun profitto dalle loro prestazioni, a prescindere dal rimborso dei costi variabili, fissi, e durevoli nel tempo necessari per fornire le medesime, e che non procurino alcun profitto ai loro membri (...)”. V., anche, F. Sanchini, L’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario al volontariato nella prospettiva della Corte di Giustizia e del Giudice amministrativo: il problematico contemperamento tra i principi di solidarietà, sussidiarietà e tutela della concorrenza (pag. 35), 4 maggio 2016, in www.federalismi.it. (5) Secondo fonte ISTAT la spesa per interventi e servizi sociali erogati dai soli Comuni Italiani nell’anno 2012 è stata pari a circa 7 miliardi di euro. (6) L’attuale panorama legislativo riguardante il Terzo Settore è costituito dai seguenti atti normativi: L. 8 novembre 2000, n. 328 sul sistema integrato di servizi sociali e decreto attuativo D.P.C.M. 30 marzo 2001; l. quadro sul volontariato 11 agosto 1991, n. 266; L. 30 dicembre 1995, n. 563 e relativo regolamento attuativo D.M. 233 del 2 gennaio 1996, in materia di accoglienza degli immigrati irregolari; D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 e L. 30 giugno 2002, n. 189 in materia di accoglienza degli stranieri regolarmente soggiornanti; L. 26 luglio 1975, n. 354, come modificata dalla L. 10 ottobre 1986, n. 663 e dalla L. 22 giugno 2000, n. 1938., in materia di recupero dei soggetti detenuti; L. 8 novembre 1991, n. 381 in materia di cooperative sociali di tipo B). (7) Infatti, nel disegno di legge in parola, si osserva che non è presente un espresso richiamo alla necessità di coordinare l’emananda disciplina con la normativa comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici. (8) V. Parere sullo “Schema di decreto legislativo recante ‘Codice degli appalti pubblici e dei contratti di concessione’, ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 28 gennaio 2016, n. 11”, Adunanza della Commissione speciale del 21 marzo 2016, 8. (9) L’art. 1, comma 1, lett. gg), L. n. 11/2016 pone il seguente criterio direttivo: “aggiudicazione dei contratti pubblici relativi ai servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché a quelli di servizi ad alta intensità di manodopera, definiti come quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto, esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, come definita dalla lettera ff), escludendo in ogni caso l’applicazione del solo criterio di aggiudicazione del prezzo o del costo, inteso come criterio del prezzo più basso o del massimo ribasso d’asta”. (10) Specificatamente, perché non è esclusa, secondo quanto precisato al par. 2 del presente articolo, l’applicabilità anche di altre norme, e in particolare, ove compatibili, di quelle generali di cui alla Parte II del Codice (artt. da 1 a 58). (11) Si riportano di seguito i servizi sociali elencati nell’Allegato IX, rimandando ai codici CPV ivi indicati per una loro più esatta identificazione: Servizi sanitari, servizi sociali e servizi connessi; Servizi amministrativi, sociali, in materia di istruzione, assistenza sanitaria e cultura; Servizi di sicurezza sociale obbligatoria (salvo che si tratti di servizi non economici di interesse generale ché, in tal caso, rientrano nell’ambito di applicazione pieno della disciplina di derivazione comunitaria); Servizi di prestazione sociale; Altri servizi pubblici, sociali e personali, inclusi i servizi forniti da associazioni sindacali, da organizzazioni politiche, da associazioni giovanili e altri servizi di organizzazioni associative; Servizi alberghieri e di ristorazione. 1002 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti (art. 91 della Dir. 25/2014/UE) e nell’Allegato IV (art. 19 della Dir. 23/2014/UE). In realtà, anziché di “appalti di servizi sociali”, sarebbe maggiormente corretto parlare, più in generale, di “affidamenti di servizi sociali”, considerata la possibilità di ricorrere anche ai contratti di concessione: della possibilità di affidare i servizi sociali a mezzo di contratti di concessione, infatti, si dà esplicitamente atto nei Considerando 36, 53 e 54 (12) e nell’art. 19 della relativa Direttiva comunitaria, secondo cui “le concessioni per i servizi sociali e altri servizi specifici elencati nell’allegato IV che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva sono soggette esclusivamente agli obblighi previsti dall’articolo 31, paragrafo 3, e dagli articoli 32, 46 e 47”, ossia, in buona sostanza, agli obblighi relativi all’avviso di pre-informazione e all’avviso di aggiudicazione. Il fatto che, poi, i richiamati artt. 140, 142, 143 e 144 e le altre norme del nuovo Codice tacciano al riguardo, non esclude la possibilità che i servizi sociali siano affidati anche mediante concessione; ciò vuoi perché non vi è alcun divieto esplicito e, ove vi fosse, sarebbe - quanto meno - di dubbia compatibilità con la corrispondente, esplicita, previsione di cui alla Direttiva comunitaria; vuoi per(12) È il Considerando 36 che sottolinea come “la presente direttiva non dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare se i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva. La loro esclusione, tuttavia, non dovrebbe essere estesa oltre lo stretto necessario. Si dovrebbe pertanto stabilire esplicitamente che i servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza non dovrebbero essere esclusi. In tale contesto è inoltre necessario chiarire che nel gruppo 601 ‘Servizi di trasporto terrestre’ del CPV non rientrano i servizi di ambulanza, reperibili nella classe 8514. È pertanto opportuno precisare che i servizi identificati con il codice CPV 85143000-3 consistenti esclusivamente in servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza dovrebbero essere soggetti al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici (‘regime alleggerito’). Di conseguenza, anche i contratti di concessione per la prestazione di servizi di ambulanza in generale dovrebbero essere soggetti al regime alleggerito se il valore dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza fosse superiore al valore di altri servizi di ambulanza”. Il Considerando 53 evidenzia poi che “è opportuno escludere dalla piena applicazione della presente direttiva soltanto quei servizi che abbiano una dimensione transfrontaliera limitata, come per esempio taluni servizi sociali, sanitari o educativi. Tali servizi sono forniti in un contesto particolare che varia sensibilmente da uno Stato membro all’altro a causa delle differenti tradizioni culturali. Per le concessioni relative a questi servizi si dovrebbe perciò istituire un regime specifico che tenga conto del fatto che sono di recente regolazione. L’obbligo di pubblicare un avviso di preinformazione e un avviso di aggiudicazione della concessione per le concessioni di valore pari o superiore alla soglia stabilita nella presente direttiva è un metodo adeguato per informare i potenziali offerenti Urbanistica e appalti 8-9/2016 ché detta modalità di affidamento appare del resto in linea col sistema quadripartito di realizzazione delle commesse pubbliche delineato dalle Direttive e dal Codice (sistema) che, accanto agli appalti (la cui disciplina, recata nella Parte II, assume carattere generale e, in quanto tale, applicabile ove compatibile anche alle altre modalità di realizzazione), annovera anche i contratti cc.dd. esclusi (Titolo II della Parte I), il partenariato pubblico-privato (Parte IV) e appunto le concessioni (Parte III). Dunque, una disciplina innovativa che, seppur a prima vista scarna e limitata a quattro articoli del Codice, tuttavia, concernendo sia appalti che concessioni e riguardando tanto i settori ordinari quanto quelli speciali, oltre che caratterizzata - come si vedrà - da continui rinvii e rimandi, richiederà all’interprete - anche per la ricordata assenza di coordinamento con le normative specifiche del settore - una paziente e attenta opera di analisi al fine di pervenire a una necessaria riconduzione a unità del regime (veramente alleggerito?) applicabile agli affidamenti di servizi sociali. Il regime applicabile Una prima novità del Nuovo Codice, rispetto alla disciplina precedente, è costituita dall’individuain merito alle opportunità commerciali nonché informare tutte le parti interessate in merito al numero e al tipo di contratti aggiudicati. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero varare le misure del caso per l’aggiudicazione dei contratti di concessione per tali servizi, così da garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici, consentendo allo stesso tempo alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di tener conto delle specificità dei servizi in questione. Gli Stati membri dovrebbero far sì che alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori sia consentito di tener conto della necessità di garantire innovazione e, in conformità dell’articolo 14 TFUE e del protocollo n. 26, un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dell’accesso universale e dei diritti degli utenti”. Il successivo Considerando 54 prosegue rilevando che, “considerata l’importanza del contesto culturale e la delicatezza di tali servizi, gli Stati membri dovrebbero godere di un ampio margine di discrezionalità così da organizzare la scelta dei prestatori dei servizi nel modo che ritengano più opportuno. La presente direttiva non vieta agli Stati membri di applicare, per la scelta dei prestatori dei servizi, criteri qualitativi specifici come quelli fissati nel quadro europeo volontario della qualità dei servizi sociali elaborato dal comitato per la protezione sociale dell’Unione europea. Gli Stati membri e/o le autorità pubbliche rimangono liberi di prestare essi stessi tali servizi, oppure di organizzare i servizi sociali secondo modalità che non comportino la conclusione di concessioni, per esempio tramite il semplice finanziamento di tali servizi oppure il rilascio di licenze o autorizzazioni a tutti gli operatori economici che soddisfino le condizioni preventivamente stabilite dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, senza limiti o quote di sorta, purché tali sistemi garantiscano sufficiente pubblicità e rispettino i principi di trasparenza e di non discriminazione”. 1003 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti zione di un corpo di regole ad hoc per l’aggiudicazione degli appalti di servizi sociali. Gli appalti di servizi sociali erano inseriti tra i contratti in parte esclusi dall’ambito di applicazione del vecchio Codice: infatti, ai sensi dell’art. 20 del D.Lgs. n. 163/2006 (e in conformità con quanto disposto dalla Direttiva 2004/18/CE) all’aggiudicazione degli appalti aventi a oggetto alcuni servizi, ossia quelli elencati nell’Allegato IIB, tra cui i servizi sanitari e sociali, si applicavano soltanto (13) l’art. 68 (Specifiche tecniche), l’art. 65 (Avviso sui risultati delle procedure di affidamento) e l’art. 225 (Avvisi relativi agli appalti aggiudicati). Il Nuovo Codice, nel recepire le Direttive 2014/24/UE e 2014/23/UE, innova rispetto alla precedente impostazione: dal punto di vista sistematico, “escludendo” gli appalti di servizi sociali dai contratti (in parte) esclusi e collocandoli nell’ambito dei “particolari regimi di appalto” (Titolo VI della Parte II); sotto il profilo della disciplina applicabile, assoggettando detti appalti al c.d. “regime alleggerito”, diversificato (per lo meno in parte) a seconda che si ricada nei settori ordinari (Capo II - artt. 142 e 143) o in quelli speciali (Capo I - art. 140) ma, comunque, ispirato ai principi fondamentali di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici. Sotto il primo profilo, si rileva - come si dirà specificamente al successivo par. 4 - che la disciplina applicabile ad appalti (e concessioni) di servizi sociali nei settori ordinari e in quelli speciali, quantunque molto simile, stante il richiamo operato dall’art. 140, relativo ai settori speciali, alle disposizioni degli artt. 142, 143 e 144, riguardanti i settori ordinari, è tuttavia diversa tra l’uno e l’altro settore, anche per effetto dell’inciso, contenuto nello stesso art. 140, “salvo quanto disposto nel presente articolo” (14). Sotto il secondo profilo, la doverosa osservanza dei principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici, al di là e a prescindere dal “regime alleggerito”, è chiaramente espressa dai Considerando delle tre Direttive (appalti, utilities e concessioni). Così come è altrettanto chiara la previsione secondo cui “in tale contesto, gli Stati membri dovrebbero inoltre perseguire gli obiettivi della semplificazione e riduzione dell’onere amministrativo per le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici; è opportuno chiarire che ciò potrebbe anche comportare il ricorso a norme applicabili agli appalti di servizi non assoggettati al regime specifico” (15); previsione che sembra alludere a quelle che sono le attuali norme della parte II del D.Lgs. n. 50/2016, e in particolare alle disposizioni di cui agli artt. da 1 a 58, che sono applica- (13) In realtà la giurisprudenza, sulla scia di quanto disposto dall’art. 27 del D.Lgs. n. 163/2006 (secondo cui, anche se gli appalti dell’Allegato II B sono sottratti dall’applicazione delle disposizioni del Codice, soggiacciono comunque ai principi generali che informano gli appalti pubblici) è più volte intervenuta a chiarire quali tra le disposizioni contenute nel previgente Codice (non direttamente applicabile alla tipologia di appalti in esame), potessero comunque configurarsi quali principi generali, applicabili anche a detti appalti. E così, a esempio, è stata preclusa la possibilità di ricorrere in via generale ad affidamenti diretti (ex multis: T.A.R. Latina, Sez. I, 15 novembre 2007: “La regola dell’evidenza pubblica costituisce un principio immanente nell’ordinamento di settore degli appalti: annulla un affidamento ‘diretto’ servizio refezione scolastica”; Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 1/2008, in tema di affidamento diretto del servizio di assistenza domiciliare; T.A.R. Lazio, Sez. III quater, n. 6424/2008; T.A.R. Veneto, Sez. I, n. 3926/2007: obbligatoria comunque la seduta pubblica per l’apertura delle offerte in base ai principi di trasparenza e imparzialità). (14) L’inciso “salvo quanto disposto nel presente articolo” è stato inserito nel testo del Codice poi approvato su input del Consiglio di Stato che, nel richiamato Parere, così si era espresso a proposito del contenuto dell’art. 140 dello schema di D.Lgs. (157): “Si osserva che il contenuto dell’art. 140 (Norme applicabili ai servizi sociali dei settori speciali) sembra coincidere con quello dell’art. 142 (Pubblicazione degli avvisi e bandi), che concerne gli appalti di servizi sociali nel settore ordinario. Risulta difficilmente comprensibile la portata del rinvio dell’art. 140 all’art. 142, dovendo chiarirsi che il rinvio avviene per quanto non espressamente già disposto dall’art. 140. Si propone di aggiungere al comma 1, dopo le parole ‘ ... applicazione degli articoli 142) 143) 144)’ le parole ‘salvo quanto di- sposto nel presente articolo’. Inoltre occorre allineare il testo delle lett. b) e c) dello stesso comma 1, in quanto nella lettera b) si legge ‘maniera continuativa’, nella lettera c) si legge ‘maniera continua’”. (15) V. Considerando 114 della Dir. 2014/24/UE (“I contratti per servizi alla persona al di sopra di tale soglia dovrebbero essere improntati alla trasparenza, a livello di Unione. In ragione dell’importanza del contesto culturale e della sensibilità di tali servizi, gli Stati membri dovrebbero godere di un’ampia discrezionalità così da organizzare la scelta dei fornitori di servizi nel modo che considerano più adeguato. Le norme della presente direttiva tengono conto di tale imperativo, imponendo solo il rispetto dei principi fondamentali di trasparenza e di parità di trattamento e assicurando che le amministrazioni aggiudicatrici abbiano la facoltà di applicare criteri di qualità specifici per la scelta dei fornitori di servizi, come i criteri stabiliti dal quadro europeo volontario della qualità per i servizi sociali, pubblicato dal comitato per la protezione sociale. Nel definire le procedure da utilizzare per l’aggiudicazione degli appalti di servizi alla persona, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell’articolo 14 TFUE e del protocollo n. 26. In tale contesto, gli Stati membri dovrebbero inoltre perseguire gli obiettivi della semplificazione e riduzione dell’onere amministrativo per le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici; è opportuno chiarire che ciò potrebbe anche comportare il ricorso a norme applicabili agli appalti di servizi non assoggettati al regime specifico. Gli Stati membri e le autorità pubbliche sono liberi di fornire tali servizi direttamente o di organizzare servizi sociali attraverso modalità che non comportino la conclusione di contratti pubblici, ad esempio tramite il semplice finanziamento di tali servizi o la concessione di licenze o autorizzazioni a tutti gli operatori economici che soddisfano le condizioni definite in 1004 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti bili - in quanto compatibili - agli appalti di servizi sociali nei settori speciali in virtù del richiamo contenuto nell’art. 114 e che, quantunque manchi nel Capo II del Codice analoga norma di collegamento, a maggior ragione, dovrebbero ritenersi applicabili anche agli appalti di servizi sociali nei settori ordinari. Ad ogni buon conto, la possibilità che possano essere applicate agli affidamenti dei servizi sociali anche norme previste per i servizi in generale non pare escludere che il “regime alleggerito” costituisca un “microcosmo normativo”, dotato di propria specificità e, in un certo qual modo, di propria autonomia, rispetto agli altri settori disciplinati dal Codice. “A monte” di questa novità vi è la riconsiderazione della decisione, che aveva indotto il Legislatore Europeo, dapprima (nel 2004) e il Legislatore nazionale (all’atto del recepimento avvenuto nel 2006), poi, a considerare “esclusi” dall’ambito della piena applicazione della disciplina di rilevanza comunitaria i servizi elencati nell’Allegato IIB (16). E, come rilevato già in sede di commento della Dir. 2014/24/UE (17), vi è altresì, con particolare riguardo ai servizi alla persona, la necessità di contemperare le esigenze di specificità, non economicità e di delicatezza dei diritti fondamentali alla persona, che ne dovrebbero determinare - in quanto considerati afferenti ai cc.dd. “servizi non economici di interesse generale” - l’esclusione dal campo di applicazione della normativa comunitaria, stante quanto espressamente previsto dal Considerando 6 (e dal Considerando 8 della Direttiva utilities) (18) con i principi di concorrenza, per lo meno nei casi in cui si ravvisi “...l’esistenza...in concreto, di un potenziale mercato...”, ossia se “...esiste... “a monte”, un consistente finanziamento pubblico dei servizi...” e “...vi è la possibilità che precedenza dall’amministrazione aggiudicatrice, senza che vengano previsti limiti o quote, a condizione che tale sistema assicuri una pubblicità sufficiente e rispetti i principi di trasparenza e di non discriminazione”); Considerando 120 della Direttiva 2014/25/UE (“I contratti per servizi alla persona al di sopra di tale soglia dovrebbero essere improntati alla trasparenza, a livello dell’Unione. In ragione dell’importanza del contesto culturale e della sensibilità di tali servizi, gli Stati membri dovrebbero godere di un’ampia discrezionalità così da organizzare la scelta dei fornitori di servizi nel modo che considerano più adeguato. Le norme della presente direttiva tengono conto di tale imperativo, imponendo solo il rispetto dei principi fondamentali di trasparenza e di parità di trattamento e assicurando che gli enti aggiudicatori abbiano la facoltà di applicare criteri di qualità specifici per la scelta dei fornitori di servizi, come i criteri stabiliti dal quadro europeo volontario della qualità per i servizi sociali, pubblicato dal comitato per la protezione sociale. Nel definire le procedure da utilizzare per l’aggiudicazione degli appalti di servizi alla persona, gli Stati membri dovrebbero tener conto dell’articolo 14 TFUE e del protocollo n. 26. In tale contesto, gli Stati membri dovrebbero inoltre perseguire gli obiettivi della semplificazione e riduzione dell’onere amministrativo per gli enti aggiudicatori e gli operatori economici; è opportuno chiarire che ciò potrebbe anche comportare il ricorso a norme applicabili agli appalti di servizi non assoggettati al regime specifico. Gli Stati membri e gli enti aggiudicatori sono liberi di fornire questi servizi direttamente o di organizzare servizi sociali attraverso modalità che non comportino la conclusione di contratti pubblici, ad esempio tramite il semplice finanziamento di tali servizi o la concessione di licenze o autorizzazioni a tutti gli operatori economici che soddisfano le condizioni definite in precedenza dall’ente aggiudicatore, senza che vengano previsti limiti o quote, a condizione che tale sistema assicuri una pubblicità sufficiente e rispetti i principi di trasparenza e di non discriminazione”); Considerando 53 della Dir. 2014/23/UE (“È opportuno escludere dalla piena applicazione della presente direttiva soltanto quei servizi che abbiano una dimensione transfrontaliera limitata, come per esempio taluni servizi sociali, sanitari o educativi. Tali servizi sono forniti in un contesto particolare che varia sensibilmente da uno Stato membro all’altro a causa delle differenti tradizioni culturali. Per le concessioni relative a questi servizi si dovrebbe perciò istituire un regime specifico che tenga conto del fatto che sono di recente regolazione. L’obbligo di pubblicare un avviso di prein- formazione e un avviso di aggiudicazione della concessione per le concessioni di valore pari o superiore alla soglia stabilita nella presente direttiva è un metodo adeguato per informare i potenziali offerenti in merito alle opportunità commerciali nonché informare tutte le parti interessate in merito al numero e al tipo di contratti aggiudicati. Inoltre, gli Stati membri dovrebbero varare le misure del caso per l’aggiudicazione dei contratti di concessione per tali servizi, così da garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento degli operatori economici, consentendo allo stesso tempo alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori di tener conto delle specificità dei servizi in questione. Gli Stati membri dovrebbero far sì che alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori sia consentito di tener conto della necessità di garantire innovazione e, in conformità dell’articolo 14 TFUE e del protocollo n. 26, un alto livello di qualità, sicurezza e accessibilità economica, parità di trattamento e promozione dell’accesso universale e dei diritti degli utenti”. (16) Secondo il Considerando 113 della Dir. 2014/24/UE, “i risultati del documento di lavoro dei servizi della Commissione del 27 giugno 2011, dal titolo “Relazione di valutazione: l’impatto e l’efficacia della normativa dell’UE in materia di appalti pubblici”, indicavano l’opportunità di rivedere la decisione di escludere taluni servizi dalla piena applicazione della direttiva 2004/18/CE. Di conseguenza, la piena applicazione della presente direttiva dovrebbe essere estesa a una serie di servizi”. (17) Cfr.: ITACA, Documento di analisi della direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici, 19 febbraio 2015, 133): “In tale prospettiva si è iniziato a parlare di un mercato delle prestazioni sociali, di concorrenza (anche se ‘temperata’), di esternalizzazione. Ciò per dei servizi che, di norma, venivano affidati, nel nostro Paese, solo al terzo settore, a volte senza previa gara (si pensi alla dibattuta tematica del trasporto di pazienti in ambulanza, ora oggetto di considerazione nel Considerando 28” e di cui si dirà nel paragrafo 6 del presente articolo. (18) Nel Considerando 6 della Dir. 2014/24/UE si legge che “è altresì opportuno ricordare che la presente direttiva non dovrebbe incidere sulla normativa degli Stati membri in materia di sicurezza sociale. Essa non dovrebbe neppure trattare la liberalizzazione di servizi di interesse economico generale, riservati a enti pubblici o privati, o la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi”. Identico il contenuto del Considerando 8 della Dir. 2014/25/UE. Urbanistica e appalti 8-9/2016 1005 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti vi sia, ‘a valle’, una pluralità di prestatori interessata a concorrere”. E così: per un verso, alcuni servizi prima considerati parzialmente esclusi vengono ora sottoposti all’applicazione piena della disciplina di derivazione comunitaria; per altro verso, ai servizi la cui limitata dimensione transfrontaliera è stata ritenuta persistente, si applica - in presenza dell’apposita soglia di cui si dirà al paragrafo che segue - il richiamato “regime alleggerito”. ria”: si è ritenuto di rinvenire la ragione di ciò, con riguardo ai servizi alla persona, nella loro limitata dimensione transfrontaliera (22). Per contro, al di sopra delle ricordate soglie, gli appalti in questione saranno assoggettati alla normativa comunitaria, e a quella nazionale di recepimento, sia pure secondo il “regime particolare”, in quanto “alleggerito” rispetto a quello applicabile agli altri servizi, di cui si è detto nel precedente paragrafo. La nuova soglia La disciplina procedurale semplificata. L’obbligo di pubblicità Un’ulteriore novità riguarda la soglia in presenza della quale scatta l’applicazione della disciplina di cui al “regime alleggerito”. In base alla precedente disciplina (Direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE - D.Lgs. n. 163/2006) era prevista un’unica soglia per gli affidamenti dei servizi tout court, senza distinguere tra servizi sociali e servizi in generale: infatti, gli artt. 28 e 215 del vecchio “Codice” avevano fissato detta soglia unica in euro 209.000 e in euro 418.000, rispettivamente, per i settori ordinari e per quelli speciali (19). La nuova disciplina (artt. 4 e 15, rispettivamente, delle Direttive 2014/24/UE e 2014/23/UE - D.Lgs. n. 50/2016) prevede, invece, una soglia specifica per i servizi sociali, indicata dall’art. 35, comma 1, lett. d), del “Nuovo Codice” in euro 750.000, che differisce rispetto a quella, inferiore, fissata dalle precedenti lettere b) e c) della medesima norma con riguardo agli altri servizi in generale (20). Tale soglia, così fissata per i settori ordinari, aumenta fino a euro 1.000.000 nei settori speciali, ai sensi del comma 2, lett. c), del medesimo art. 35 del D.Lgs. n. 50/2016. Si consideri, peraltro che i servizi alla persona con valori al di sotto di tale soglia non saranno, in genere, di alcun interesse per i prestatori di altri Stati membri, solo se “...non vi siano indicazioni concrete in senso contrario, come ad esempio il finanziamento dell’Unione per i progetti transfrontalieri” (21). Al di sotto di tali soglie e in assenza di un “interesse comunitario”, dunque, gli appalti di servizi sociali sono considerati “privi di rilevanza comunita(19) I predetti importi sono stati così modificati, rispetto a quelli previsti in origine nelle Direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE, nonché dagli artt. 28 e 215 del D.Lgs. n. 163/2006, per effetto dei Regolamenti 2015/2170/UE e 2015/2171/UE, con decorrenza dal 1° gennaio 2016. (20) Euro 135.00 per gli appalti di servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici che sono autorità governative cen- 1006 In generale Alla luce di quanto sopra detto è possibile esaminare, nello specifico, il contenuto della disciplina applicabile agli appalti (e alle concessioni) di servizi sociali, anzitutto distinguendo tra affidamenti sotto soglia e affidamenti sopra soglia. Nell’ambito di questi ultimi, si evidenzieranno le differenze del regime “alleggerito” nei settori speciali e in quelli ordinari. Gli affidamenti di servizi sotto soglia Per gli appalti sotto la soglia di rilevanza comunitaria (come detto, fino a euro 749.999 nei settori ordinari e fino a euro 999.999 nei settori speciali) l’art. 36, comma 2, lett. b) prevede due modalità: la prima consiste nell’applicare comunque le regole ordinarie per gli appalti, comprensive di tutti gli adempimenti e cautele procedurali; la seconda attiene alla facoltà di attivare una procedura negoziata preceduta da un’indagine di mercato, diretta a individuare almeno cinque operatori economici da invitare successivamente a presentare offerta oppure, in alternativa, all’attivazione di una procedura negoziata tra operatori economici inclusi in specifici elenchi, previa osservanza del principio di rotazione. Resta fermo l’obbligo, in ogni caso, di osservare i principi, fissati dall’art. 30, di economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità In proposito, si pone però la problematica del coordinamento tra la disciplina codicistica e quella, trali indicate nell’Allegato III ed euro 209.000 per i servizi aggiudicati da amministrazioni aggiudicatrici sub-centrali. (21) V. Considerando 114 della c.d. Direttiva Appalti e Considerando 120 della Direttiva Utilities. (22) V. Considerando 114 della c.d. Direttiva Appalti e Considerando 120 della Direttiva Utilities. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti particolare, riguardante le cooperative sociali di tipo B, regolate dalla L. 8 novembre 1991, n. 381, non sembrando che il D.Lgs. n. 50/2016 abbia abrogato le disposizioni di detta Legge, che consente l’affidamento di servizi sociali strumentali (23), diversi da quelli socio sanitari ed educativi, in favore delle cooperative sociali, purché sotto soglia. In particolare, l’art. 5, comma 1, L. n. 381/1991, come novellato dall’art. 1 della L. n. 190/2014, dispone che le convenzioni con le cooperative sociali di tipo B siano stipulate previo svolgimento di procedure di selezione idonee ad assicurare il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di efficienza: sebbene si tratti di principi coerenti con quelli generali enunciati dal richiamato art. 30 e quantunque il sistema di selezione potrebbe essere ritenuto altrettanto coerente con le richiamate modalità di affidamento disciplinate dall’art. 36, comma 2, lett. b), non è chiaro quale sia la soglia da prendere a riferimento: quella di euro 209.000 prevista per i servizi in generale o, come appare preferibile, quella specifica di euro 750.000? Gli appalti sopra soglia Come visto nei paragrafi precedenti, il regime “alleggerito” degli appalti (e delle concessioni) di servizi sociali sopra soglia è diversificato tra settori ordinari, disciplinati dagli artt. 142, 143 e 144, oltre che - si ritiene - dagli artt. da 1 a 58 del Codice, e i settori speciali, ai quali sono applicabili, anzitutto l’art. 140 e, salvo quanto previsto dallo stesso, i richiamati artt. 142, 143 e 144, oltre che, in quanto compatibili, gli artt. da 1 a 58 del Codice, in virtù del richiamo dell’art. 114. Gli elementi di semplificazione delle procedure di selezione del contraente, secondo i principi dell’ordinamento comunitario Gli artt. 140 e 142 prevedono determinate modalità per l’affidamento dei servizi sociali, anzitutto in termini di pubblicità ante affidamento rispettivamente, per i settori speciali e ordinari, mediante avvisi o bandi, e più precisamente: = mediante avviso di gara o avviso periodico indicativo, oppure ancora avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione, per i settori speciali (art. 140, comma 1); = mediante bando di gara, recante le informazioni di cui all’allegato XIV, parte I, lett. F, conforme(23) Cioè svolti in favore della P.A. e riferibili a esigenze, appunto strumentali, della stessa. Urbanistica e appalti 8-9/2016 mente ai formulari di cui all’art. 72, oppure mediante un avviso di preinformazione, recante le informazioni della parte I del medesimo allegato, per i settori ordinari (art. 142, comma 1). Si tratta, dunque, di un sistema basato, tanto nei settori ordinari quanto in quelli speciali, sull’alternativa bando o avviso: infatti, seppur il comma 1 dell’art. 140 si riferisce, nei settori speciali, solo all’avviso (di gara o periodico indicativo o sull’esistenza di un sistema di qualificazione), tuttavia il successivo comma 4, nel rinviare all’Allegato XIV, parte III, a proposito delle informazioni che dovranno contenere i richiamati atti pre-affidamento, richiama non solo gli avvisi di gara, ma anche i bandi. Ciò si spiega col più generale rimando, come detto contenuto nello stesso comma 1 dell’art. 140, alle norme in materia di affidamenti di servizi sociali nei settori ordinari, tra cui, appunto l’art. 142 che, al comma 1, prevede anche il bando di gara, quale modalità con cui le stazioni appaltanti rendono nota l’intenzione di procedere all’aggiudicazione di un appalto pubblico. Relativamente agli avvisi ante gara, quello previsto per i settori ordinari è qualificato come “avviso di preinformazione”, che deve essere “pubblicato in maniera continuativa” conformemente all’art. 72 e che deve contenere tutte le informazioni di cui alla parte I dell’allegato XIV (art. 142, comma 1, lett. b); mentre - come detto - il c.d. “avviso periodico indicativo” dei settori speciali può limitarsi a recare le sole informazioni di cui alla parte III del medesimo allegato e dovrà essere pubblicato conformemente all’art. 130. In entrambi i casi, ossia tanto nell’ipotesi di avviso di preinformazione nei settori ordinari, quanto in quella di avviso periodico indicativo nei settori speciali, i relativi atti devono indicare che gli appalti saranno aggiudicati senza successiva pubblicazione e recare l’invito agli operatori economici a manifestare il proprio interesse per iscritto: come è stato rilevato in sede di commento del corrispondente art. 75 della Dir. 2014/24/UE, di cui l’art. 140 costituisce recepimento (obbligatorio), “la nozione di manifestazione di interesse...sembra introdurre possibili forme di negoziazione a formazione progressiva, quali ad esempio l’istruttoria pubblica per la coprogettazione, prevista dal D.P.C.M. 30 marzo 2011, relativo ai sistemi di affidamento dei servizi alla persona (art. 7), e da alcune leggi regionali sulla cooperazione sociale” (24). (24) Cfr. ITACA, Documento di analisi cit., 135. 1007 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Il che costituisce una forma, sia pure implicita, di coordinamento tra normativa in materia di appalti e quella di settore. In ogni caso, ciò apre la strada a variegate possibilità di “dialogo” e collaborazione tra amministrazioni pubbliche e c.d. Terzo Settore. Può derogarsi ai suddetti obblighi di pubblicità ante gara se ricorrono i presupposti previsti dall’art. 63 per l’aggiudicazione all’esito di procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara: ciò vale sia per gli appalti di servizi sociali dei settori ordinari (art. 142, comma 2), sia per quelli da affidarsi nei settori speciali (art. 140, comma 2). È comunque previsto, nei commi 3 degli artt. 140 e 142, che venga resa nota l’intervenuta aggiudicazione dell’appalto mediante un avviso di aggiudicazione che, solo nei settori ordinari, dovrà recare le informazioni di cui all’allegato XIV, parte I, lett. H, conformemente ai modelli di formulari di cui all’art. 72 (25); potendosi, in entrambi i settori, raggruppare detti avvisi su base trimestrale, da pubblicarsi - come i richiamati atti ante-gara - in conformità, rispettivamente, all’art. 72 (per i settori ordinari) e all’art. 130 (per quelli speciali). In proposito, si rileva che l’originario errore, contenuto nel comma 3, prima parte, dell’art. 142 (26), relativamente al richiamo ivi contenuto all’art. 119 che riguarda le “attività relative allo sfruttamento di un’area geografica per la messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri terminali di trasporti ai vettori aerei, marittimi e fluviali”, al fine di disporre l’applicazione alle stesse attività delle norme sui settori speciali, è stato emendato dall’Avviso di rettifica pubblicato nella G.U. n. 164 del 15 luglio 2016, prevedendosi ora espressamente il richiamo agli appalti per i servizi “di cui all’art. 140”. Sistema di scelta del contraente e criterio di aggiudicazione Stante il silenzio sul punto da parte degli artt. 140 e 142, si ritiene che, tanto nei settori ordinari quanto in quelli speciali, le amministrazioni potranno selezionare gli operatori cui affidare gli appalti di servizi sociali in conformità a uno dei sistemi di scelta del contraente previsti dal Codice (gara aperta, gara ristretta, procedura negoziata senza pubblicazione di bando, dialogo competitivo). Al riguardo si pongono, però, i richiamati problemi di coordinamento tra la disciplina comunitaria e nazionale in materia di contratti pubblici e le normative specifiche tuttora vigenti nel Terzo Settore, le quali prevedono ipotesi di affidamenti in favore dei soggetti ivi operanti non proprio coincidenti con quelle del Codice. Si pensi, a esempio: = alla “riserva” in favore delle organizzazioni di volontariato per l’erogazione, mediante convenzione, di servizi alla persona, prevista dall’art. 3 del D.P.C.M. 30 marzo 2001 (27); ciò in deroga ai principi dell’evidenza pubblica, in considerazione del fine di attuare i principi di universalità, solidarietà, accessibilità diffusa del servizio, garanzia del mantenimento dei livelli essenziali ed equilibrio economico; = alla possibilità delle Amministrazioni, prevista dall’art. 5 del richiamato D.P.C.M. (28), di acquistare all’esterno, ossia senza delegarne la gestione, servizi e interventi organizzati dai soggetti del Terzo Settore, semplicemente autorizzati o accreditati ai sensi dell’art. 11 della Legge n. 328/2000, iscritti nell’apposito elenco; con previsione solo eventuale della selezione dei predetti fornitori in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa; = e alla possibilità di affidare la gestione dei servizi sociali agli organismi del Terzo Settore, privilegiando le procedure di aggiudicazione ristrette e (25) Mentre per i settori sociali, in assenza di previsione di particolari obblighi contenutistici, deve ritenersi sufficiente che l’avviso dia semplicemente atto dell’intervenuta aggiudicazione. (26) L’art. 142, comma 3, prima parte, disponeva infatti che “le stazioni appaltanti che hanno aggiudicato un appalto pubblico per i servizi di cui all’art. 119 rendono noto il risultato della procedura d’appalto mediante un avviso di aggiudicazione...”. (27) L’art. 3 del D.P.C.M. 30 marzo 2001 così recita: “Le Regioni e i Comuni valorizzano l’apporto del volontariato nel sistema di interventi e servizi come espressione organizzata di solidarietà sociale, di autoaiuto e reciprocità nonché con riferimento ai servizi e alle prestazioni, anche di carattere promozionale, complementari a servizi che richiedono una organizzazione complessa ed altre attività compatibili, ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266, con la natura e le finalità del volontariato. Gli enti pubblici stabiliscono forme di collaborazione con le organizzazioni di volontariato avvalendosi dello strumento della convenzione di cui alla legge n. 266/1991”. (28) L’art. 5 del D.P.C.M. 30 marzo 2001 così recita: “I Comuni, al fine di realizzare il sistema integrato di interventi e servizi sociali garantendone i livelli essenziali, possono acquistare servizi e interventi organizzati dai soggetti del Terzo Settore. Le Regioni disciplinano le modalità per l’acquisto da parte dei Comuni dei servizi ed interventi organizzati dai soggetti del terzo settore definendo in particolare: a. le modalità per garantire una adeguata pubblicità del presumibile fabbisogno di servizi in un determinato arco temporale; b. le modalità per l’istituzione dell’elenco dei fornitori di servizi autorizzati ai sensi dell’articolo 11 della legge n. 328 del 2000, che si dichiarano disponibili ad offrire i servizi richiesti secondo tariffe e caratteristiche qualitative concordate; c. i criteri per l’eventuale selezione dei soggetti fornitori sulla base dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 4”. 1008 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti conoscenza degli specifici problemi sociali del territorio e delle risorse sociali della comunità; oltre al rispetto dei trattamenti economici previsti dalla contrattazione collettiva, come requisito di partecipazione. negoziate (art. 6 del D.P.C.M. 30 marzo 2011) (29). È intuibile come, in assenza di un coordinamento stabilito a livello normativo, spetterà all’interprete il compito di sciogliere i dubbi interpretativi e applicativi, che non mancheranno di proporsi, con conseguente possibilità di contenzioso. Nonostante analogo silenzio degli artt. 140 e 142 e sia pure in assenza di divieti da parte dall’art. 76 della Dir. 2014/24/UE, si ritiene che altrettanta libertà di scelta non vi sia con riguardo alla individuazione del criterio di aggiudicazione, considerato che l’art. 95, comma 3, lett. a) dispone che “sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo: a) i contratti relativi a servizi sociali e di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, nonché ai servizi ad alta intensità di manodopera, come definiti all’art. 50, comma 1” (ossia nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell’importo totale del contratto); ciò in precisa attuazione del criterio posto dal Legislatore delegante che imponeva, quale criterio di aggiudicazione degli appalti di servizi sociali, unicamente quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 1, comma 1, lett. gg), L. n. 11/2016). D’altro canto, nel settore in questione non sembrano più praticate gare al massimo ribasso; piuttosto, considerate la peculiarità e la delicatezza di detto settore, le stazioni appaltanti dovranno prestare grande attenzione nel peso da attribuire (o meno) all’elemento prezzo rispetto a criteri volti a valorizzare la progettualità dei soggetti del Terzo Settore in vista del perseguimento degli obiettivi sociali (art. 50): le possibili linee guida dell’ANAC potranno eventualmente offrire indicazioni al riguardo; nel frattempo, il riferimento attuale è dato dalla richiamata deliberazione n. 32/2016 della stessa ANAC che, nelle già richiamate Linee guida (16), ha evidenziato la necessità di impiegare i criteri di cui all’art. 4 del D.P.C.M. 30 marzo 2011: modalità per il contenimento del turn over degli operatori; strumenti di qualificazione organizzativa del lavoro; Modelli di aggregazione obbligatoria per alcune tipologie di enti Profili di criticità presenta l’assoggettamento degli appalti di servizi sociali ai modelli di aggregazione obbligatoria per alcune tipologie di enti (Comuni non capoluogo, ASL, ecc.) previsti dagli artt. da 37 a 43 del D.Lgs. n. 50/2016: infatti, solo per appalti di importo inferiore a euro 40.000 ciascun Ente potrà procedere autonomamente all’affidamento; mentre, per importi tra i 40.001 e 750.000 euro, potranno procedere autonomamente solo in comuni in possesso della qualificazione prevista dall’art. 38. Ora, considerato che - come in precedenza detto le norme di cui agli articoli da 1 a 58 (tra cui quelle in esame) appaiono applicabili anche agli appalti di servizi sociali, il vero problema sarà coniugare le esigenze di aggregazione e centralizzazione della committenza con le peculiarità proprie del settore dei servizi alla persona: vero è che già l’art. 8, comma 3, lett. a), L. n. 328/2000 aveva previsto - ma solo per la fase della programmazione e progettazione dei servizi - che i comuni, associati a livello di ambito territoriale (per lo più coincidente col territorio delle unità sanitarie locali) dovevano definire in modo unito e unitario il piano di zona dei servizi sociali, ma è altrettanto vero che le aggregazioni previste dalle normative specifiche del settore sono diverse da quelle introdotte dal Codice e soprattutto che difficilmente i servizi sociali si prestano alla standardizzazione necessaria allo scopo (gli Enti dovrebbero utilizzare gli strumenti di negoziazione elettronica messi a disposizione dei soggetti aggregatori), visto l’elevatissimo grado di personalizzazione di questi appalti. Sarebbe pertanto auspicabile, come ritenuto dall’ANAC nella richiamata Relazione AIR (pag. 12), che per gli appalti in esame non trovassero ap- (29) L’art. 5 del D.P.C.M. 30 marzo 2001 così recita: “1. Le Regioni adottano specifici indirizzi per regolamentare i rapporti tra Comuni e soggetti del Terzo Settore nell’affidamento dei servizi alla persona di cui alla legge n. 328 del 2000 tenuto conto delle norme nazionali e comunitarie che disciplinano le procedure di affidamento dei servizi da parte della pubblica amministrazione. 2. Nel rispetto dei principi di pubblicità e trasparenza dell’azione della Pubblica Amministrazione e di libera concorrenza tra i privati nel rapportarsi ad essa, sono da privilegiare le procedure di aggiudicazione ristrette e negoziate. In tale ambito le procedure ristrette permettono di valutare e valorizzare diversi elementi di qualità che il Comune intende ottenere dal servizio appaltato. 3. I Comuni, nell’affidamento per la gestione dei servizi, utilizzano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tenuto conto anche di quanto previsto all’articolo 4. 4. I contratti previsti dal presente articolo prevedono forme e modalità per la verifica degli adempimenti oggetto del contratto ivi compreso il mantenimento dei livelli qualitativi concordati ed i provvedimenti da adottare in caso di mancato rispetto”. Urbanistica e appalti 8-9/2016 1009 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti plicazione i modelli di aggregazione ora previsti dal D.Lgs. n. 50/2016. avviso di preinformazione e agli avvisi di aggiudicazione. Le concessioni di servizi sociali La riserva in favore dei cc.dd. “organismi no-profit” In relazione alle concessioni di servizi sociali, il D.Lgs. n. 50/2016 - come detto - non reca alcuna previsione. Tuttavia, in conformità a quanto previsto dall’art. 19 dalla Dir. 2014/23/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (servizi sociali e altri servizi specifici), deve ritenersi che le concessioni per i servizi sociali siano quanto meno soggette agli obblighi previsti dall’art. 31, paragrafo 3, e dagli artt. 32, 46 e 47 della stessa Direttiva, in relazione all’obbligo di rendere nota l’intenzione di aggiudicare la concessione mediante la pubblicazione di un (30) Parzialmente e non del tutto innovativa, perché riecheggia la richiamata “riserva” in favore delle organizzazioni di volontariato per l’erogazione, mediante convenzione, di servizi alla persona, prevista dall’art. 3 del D.P.C.M. 30 marzo 2001. (31) I servizi, con i relativi numeri di CPV, sono i seguenti: 75121000-0 servizi amministrativi nel settore dell’istruzione, 75122000-7 servizi amministrativi in campo sanitario, 75123000-4 servizi amministrativi per l’edilizia, 79622000-0 Servizi di fornitura di personale domestico, 79624000-4 - Servizi di fornitura di personale infermieristico, 79625000-1 Servizi di fornitura di personale medico, 80110000-8 Servizi di istruzione prescolastica, 80300000-7 Servizi di istruzione superiore, 80420000-4 Servizi di e-learning, 80430000-7 Servizi di istruzione universitaria per adulti, 80511000-9 Servizi di formazione dei dipendenti, 80520000-5 Attrezzature per la formazione, 80590000-6 Servizi di tutorato, 85000000-9 Servizi sanitari e di assistenza sociale, 85100000-0 Servizi sanitari, 85110000-3 Servizi ospedalieri e affini, 85111000-0 Servizi ospedalieri, 85111100-1 Servizi ospedalieri di chirurgia, 85111200-2 Servizi medici ospedalieri, 85111300-3 Servizi ospedalieri di ginecologia, 85111310-6 Servizi di fecondazione artificiale, 85111320-9 Servizi ospedalieri di ostetricia, 85111400-4 Servizi ospedalieri di rieducazione, 85111500-5 Servizi ospedalieri di assistenza psichiatrica, 85111600-6 Servizi ortottici, 85111700-7 Servizi di ossigenoterapia, 85111800-8 Servizi di patologia, 85111810-1 Servizi di analisi del sangue, 85111820-4 Servizi di analisi batteriologica, 85111900-9 Servizi di dialisi ospedaliera, 85112000-7 Servizi di assistenza ospedaliera, 85112100-8 Servizi di fornitura di biancheria ospedaliera, 85112200-9 Servizi di cure ambulatoriali, 85120000-6 Servizi di assistenza medica ambulatoriale e servizi affini, 85121000-3 Servizi di assistenza medica ambulatoriale, 85121100-4 Servizi di medici generici, 85121200-5 Servizi medici specialistici, 85121210-8 Servizi ginecologici o ostetrici, 85121220-1 Servizi specialistici di nefrologia o del sistema nervoso, 85121230-4 Servizi cardiologici o servizi specialistici polmonari, 85121231-1 Servizi cardiologici, 85121232-8 Servizi specialistici polmonari, 85121240-7 Servizi otorinolaringoiatrici o audiologici, 15 marzo 2008 IT Gazzetta ufficiale dell’UE L 74/205, Codice CPV Descrizione, 851212500 Servizi gastroenterologi e geriatrici, 85121251-7 Servizi gastroenterologi, 85121252-4 Servizi geriatrici, 85121270-6 Servizi psichiatrici o psicologici, 85121271-3 Servizi di istituti per persone con disturbi psicologici, 85121280-9 Servizi oftalmologici, dermatologici o ortopedici e 98133110-8 Servizi prestati da associazioni giovanili, 85121281-6 Servizi oftalmologici, 92500000-6 Servizi di biblioteche, archivi, musei e altri servizi culturali, 92600000-7 Servizi sportivi, 98133000-4 Servizi pre- 1010 L’art. 143 del nuovo Codice, in recepimento (non obbligatorio) dell’art. 77 della Dir. 2104/24/UE, introduce una disposizione parzialmente innovativa (30), che reca un “regime speciale riservato”, prevedendo la possibilità per le amministrazioni aggiudicatrici di “riservare” appunto a determinate organizzazioni il diritto di partecipare alle procedure di appalti pubblici relative a determinati, specifici, servizi sanitari, sociali e culturali, tassativamente elencati nella stessa norma (comma 1) (31). stati da organizzazioni associative di carattere sociale, 85121282-3 Servizi dermatologici, 85121283-0 Servizi ortopedici, 85121290-2 Servizi pediatrici o urologici, 85121291-9 Servizi pediatrici, 85121292-6 Servizi urologici, 85121300-6 Servizi chirurgici specialistici, 85130000-9 Servizi di gabinetti odontoiatrici e servizi affini, 85131000-6 Servizi di gabinetti odontoiatrici, 85131100-7 Servizi di ortodonzia, 85131110-0 Servizi di chirurgia ortodontica, 85140000-2 Vari servizi sanitari, 85141000-9 Servizi prestati da personale medico, 85141100-0 Servizi prestati da ostetriche, 85141200-1 Servizi prestati da personale infermieristico, 85141210-4 Servizi di cure mediche a domicilio, 85141211-1 Servizi di dialisi a domicilio, 85141220-7 Servizi di consulenza prestati da personale infermieristico, 85142000-6 Servizi prestati da personale paramedico, 85142100-7 Servizi di fisioterapia, 85142200-8 Servizi di cure omeopatiche, 85142300-9 Servizi igienici, 85142400-0 Consegna a domicilio di prodotti per incontinenti, 85143000-3 Servizi di ambulanza, 85144000-0 Servizi di case di cura, 85144100-1 Servizi infermieristici di case di cura, 85145000-7 Servizi prestati da laboratori medici, 85146000-4 Servizi prestati da banche di sangue, 85146100-5 Servizi prestati da banche di sperma, 85146200-6 Servizi prestati da banche di organi per trapianti, 85147000-1 Servizi sanitari nelle imprese, 85148000-8 Servizi di analisi mediche, 85149000-5 Servizi farmaceutici, 85150000-5 Servizi di imaging medicale, 85160000-8 Servizi ottici, 85170000-1 Servizi di agopuntura e di chiropratica, 85171000-8 Servizi di agopuntura, 85172000-5 Servizi di chiropratica, 85200000-1 Servizi veterinari, 85210000-3 Servizi veterinari a domicilio, 85300000-2 Servizi di assistenza sociale e servizi affini, 85310000-5 Servizi di assistenza sociale, 85311000-2 Servizi di assistenza sociale con alloggio, 85311100-3 Servizi di assistenza sociale per persone anziane, 85311200-4 Servizi di assistenza sociale per disabili, 85311300-5 Servizi di assistenza sociale per bambini e giovani, 85312000-9 Servizi di assistenza sociale senza alloggio, 85312100-0 Servizi di centri diurni, 85312110-3 Servizi forniti da centri diurni per bambini, 85312120-6 Servizi forniti da centri diurni per bambini e giovani disabili, 85312200-1 Consegna a domicilio di prodotti alimentari, 85312300-2 Servizi di orientamento e consulenza, 85312310-5 Servizi di orientamento, 85312320-8 Servizi di consulenza, 85312330-1 Servizi di pianificazione familiare, 85312400-3 Servizi di assistenza sociale non prestati da istituti residenziali, 85312500-4 Servizi di riabilitazione, 85312510-7 Servizi di reinserimento professionale, 85320000-8 Servizi sociali, 85321000-5 Servizi sociali amministrativi, 85322000-2 Programma di azione municipale e 85323000-9 Servizi sanitari municipali. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti La “riserva” opera, però, soltanto in presenza di determinati requisiti, che devono essere posseduti dalle suddette organizzazioni (art. 143, comma 2): - le organizzazioni devono avere come obiettivo statutario il perseguimento di una missione di servizio pubblico legata alla prestazione dei servizi indicati dal comma 1; - i profitti devono essere reinvestiti al fine di conseguire l’obiettivo dell’organizzazione oppure, se i profitti non vengono reinvestiti, ciò deve basarsi su condizioni partecipative; - le strutture di gestione o proprietà dell’organizzazione che esegue l’appalto devono essere basate su principi di azionariato dei dipendenti e partecipativi, ovvero richiedere la partecipazione attiva dei dipendenti stessi, utenti o soggetti interessati. Non solo: l’amministrazione aggiudicatrice non deve aver affidato all’organizzazione un appalto per i servizi in questione ai sensi dell’art. 142 negli ultimi tre anni (sempre comma 2) e i contratti “riservati” non possono avere una durata superiore ai tre anni (comma 3). La norma in commento sembra superare la controversa questione circa la possibilità o meno di dare luogo a procedure selettive a concorrenza limitata o addirittura “riservate” al Terzo Settore; possibilità come è noto - negata dalla giurisprudenza (32). Per contro, all’esito di un lungo dibattito, risolto dalla Corte di Giustizia (33), è stato ritenuto legittimo l’affidamento diretto del servizio di trasporto sanitario (d’urgenza) in favore di associazioni di volontariato e il Considerando 28 della Dir. 2014/24/UE ha posto al di fuori del proprio ambito applicativo i (soli) servizi di emergenza, nell’ipotesi in cui vengano ad essere erogati da enti senza scopo di lucro (34); di modo che per i servizi non d’urgenza troveranno applicazione le sopra esaminate norme di cui al richiamato regime attenuato. Discutibile, inoltre, come era stato rilevato già in sede di primo commento all’art. 77 della Dir. 2014/24/UE, la previsione della durata del contratto affidato ai sensi dell’art. 142 limitata a soli tre anni: “i servizi alla persona sono molto spesso, a torto o a ragione, gestiti dalle stesse cooperative che, operando sul territorio, hanno progettato i servizi che, di volta in volta, gestiscono in maniera quasi istituzionalizzata. L’utente del resto, di norma, non ama la ‘rotazione’ (si pensi a delicati servizi rivolti ai disabili e, all’infanzia), ma la continuità. Il rischio insomma è che, per le nostre realtà regionali, la riserva, se utilizzata in modo acritico, potrebbe addirittura creare effetti ‘maldesiderati’” (35). (32) Cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. I, 12 novembre 2003, n. 3835; T.A.R. Campania, Napoli, 22 settembre 2003, n. 11452. (33) Cfr. Corte di Giustizia UE, Sez. V, 28 gennaio 2016, C50/14, nonché Corte di Giustizia UE 11 dicembre 2014, C113/13 e l’ordinanza di rinvio pregiudiziale del Cons. Stato, Sez. II, 27 febbraio 2013, n. 1195, con nota di A. Reggio d’Aci, Evidenza pubblica e associazioni di volontariato: l’onerosità della convenzione va valutata in termini comunitari, in questa Rivista, 6/2013, 688. (34) Recita il Considerando 28: “La presente direttiva non dovrebbe applicarsi a taluni servizi di emergenza se effettuati da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro, in quanto il carattere particolare di tali organizzazioni sarebbe difficile da preservare qualora i prestatori di servizi dovessero essere scelti secondo le procedure di cui alla presente direttiva. La loro esclusione, tuttavia, non dovrebbe essere estesa oltre lo stretto necessario. Si dovrebbe pertanto stabilire esplicitamen- te che i servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza non dovrebbero essere esclusi. In tale contesto è inoltre necessario chiarire che nel gruppo 601 ‘Servizi di trasporto terrestre’ del CPV non rientrano i servizi di ambulanza, reperibili nella classe 8514. Occorre pertanto precisare che i servizi identificati con il codice CPV 85143000-3, consistenti esclusivamente in servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza, dovrebbero essere soggetti al regime speciale previsto per i servizi sociali e altri servizi specifici (‘regime alleggerito’). Di conseguenza, anche gli appalti misti per la prestazione di servizi di ambulanza in generale dovrebbero essere soggetti al regime alleggerito se il valore dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza”. (35) Cfr. ITACA, Documento di analisi..., cit., 138. (36) Non pare infatti appropriato considerare l’attività di ristorazione in generale come “servizio sociale”, ma solo la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica, disciplinata dal comma 2 dell’art. 144. Urbanistica e appalti 8-9/2016 La particolare disciplina per l’affidamento dei servizi di ristorazione collettiva e i servizi sostitutivi di mensa - cc.dd. “buoni pasto” (cenni) Il servizio di ristorazione L’art. 144 del D.Lgs. n. 50/2016 disciplina l’affidamento del servizio di ristorazione, anch’esso incluso nel Capo II del Titolo IV, relativo agli appalti nei servizi sociali dei settori ordinari, benché non del tutto propriamente (36), ma comunque qualificato come “servizio specifico”, secondo quanto stabilito dall’allegato XIV della Dir. 2014/24/UE. Sono conseguentemente applicabili le norme comunitarie, ovviamente per i contratti di importo pari o superiori a euro 750.000, per i settori ordinari e a euro 1.000.000 per i settori speciali. Anche i relativi appalti, ai sensi del comma 1 della norma in esame, devono essere affidati esclusivamente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, ai sensi dell’art. 95, comma 3: innovativa appare l’individuazione dei relativi 1011 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti fattori, che fanno riferimento alla qualità dei generi alimentari (prodotti biologici, tipici e tradizionali, a denominazione protetta e provenienti da sistemi di c.d. filiera corta), ai principi e alle disposizioni della green economy e alla formazione degli operatori. In tale ambito, l’art. 144, comma 1, specifica altresì che vengono fatte salve le disposizioni di cui all’art. 4, comma 5 quater del D.L. n. 104/2013 (convertito nella L. n. 128/2013), e di cui all’art. 6, comma 1, L. n. 141/2015: il richiamato art. 4, comma 5 quater, stabilisce che le stazioni appaltanti prevedano specificatamente l’inserimento dei suddetti aspetti nei bandi delle gare d’appalto per l’affidamento e la gestione dei servizi di refezione scolastica e di fornitura di alimenti e prodotti agroalimentari agli asili nido, alle scuole dell’infanzia, alle scuole primarie, alle scuole secondarie di primo e di secondo grado e alle altre strutture pubbliche che abbiano come utenti bambini e giovani fino a diciotto anni di età. L’art. 6, comma 1, L. n. 141/2015, inoltre, consente alle istituzioni pubbliche che gestiscono mense scolastiche e ospedaliere di prevedere nelle gare, concernenti i relativi servizi di fornitura, criteri di priorità per l’inserimento di prodotti agroalimentari provenienti da operatori dell’agricoltura sociale. Ai sensi del comma 2 dell’art. 144, con decreti del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sono definite e aggiornate le linee di indirizzo nazionale per la ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica. Fino all’adozione delle linee guida le stazioni appaltanti individuano nei documenti di gara le specifiche tecniche finalizzate a garantire la qualità del servizio richiesto, ai sensi dell’art. 216, comma 18. I cc.dd. “buoni pasto” L’ attività di emissione di buoni pasto, consistente “nell’attività finalizzata a rendere per il tramite di esercizi convenzionati il servizio sostitutivo di mensa”, nella normativa previgente contenuta nell’art. 285 del d.P.R. n. 207/2010, viene in parte innovata dai commi da 3 a 8 dell’art. 144 del D.Lgs. n. 50/2016. In primo luogo, resta confermato che l’attività di emissione di buoni pasto deve essere svolta esclusivamente da società di capitali con capitale sociale versato non inferiore a euro 750.000, che abbiano come oggetto sociale l’esercizio dell’attività sostitutiva di mensa e il cui bilancio sia corredato dalla 1012 relazione redatta dalle società di revisione iscritte nell’apposito registro presso il Ministero della giustizia ai sensi dell’art. 2409 bis c.c. (comma 3). La lett. d) della L. delega n. 11/2016 prevedeva una specifica disciplina per il settore dei servizi sostitutivi di mensa e disponeva, in particolare, che l’affidamento di tali servizi dovesse anch’esso avvenire esclusivamente con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, come disposto dalla lettera gg) della stessa Legge delega e come, conseguentemente, disposto dall’art. 95, comma 3: orbene, il comma 6 dell’art. 144 dispone che il bando deve stabilire i pertinenti criteri di valutazione dell’offerta, potendo fare riferimento oltre ad altri, ove ritenuto - ai seguenti: ribasso sul valore nominale del buono pasto, disponibilità o impegno a conseguire a pena di decadenza dell’aggiudicazione (comma 7) la rete degli esercizi da convenzionare, sconto incondizionato verso gli esercenti, termini di pagamento agli esercenti convenzionati e progetto tecnico. Con particolare riferimento al progetto tecnico rilevano elementi quali: organizzazione del servizio, distribuzione sul territorio degli esercizi convenzionati, caratteristiche quantitative medie dei locali di detti esercizi, la loro articolazione temporale di funzionamento, la distanza massima e minima dalle sedi delle stazioni appaltanti, la capienza in funzione del numero di dipendenti pubblici impiegati in ciascuna sede, le procedure ed i termini di consegna dei “buoni pasto”, le modalità di controllo dell’effettuazione del servizio e di redazione di report di rendicontazione. Inoltre, nell’ambito delle modalità di esecuzione del contratto, possono essere anche considerati eventuali “servizi aggiuntivi” all’esercente e/o al dipendente. La stazione appaltante deve, in tal caso, prevedere i limiti entro i quali tali servizi sono reputati ammissibili, in quanto gli stessi presentano una connessione con l’oggetto del contratto. La par condicio impone, infatti, che i concorrenti conoscano le condizioni della gara e, quindi, i miglioramenti inseriti nel progetto tecnico per la stazione appaltante e per gli esercenti sono ammessi a condizione che abbiano un peso limitato in sede di offerta e che siano tali da non snaturare l’oggetto del servizio (v. determinazione ANAC n. 5 del 20 ottobre 2011). Come previsto al comma 5 dell’art. 144, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l’ANAC, sono individuati gli esercizi presso i quali può essere erogato il servizio sosti- Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti tutivo di mensa reso a mezzo dei buoni pasto, le caratteristiche dei buoni pasto e il contenuto degli accordi stipulati tra le società di emissione di buoni pasto e i titolari degli esercizi convenzionabili. La nuova disciplina sui buoni pasto sembra almeno in astratto (salvo misurarla nell’applicazione pratica) superare le criticità che caratterizzavano in negativo l’operatività della previgente disciplina, con l’effetto ultimo di penalizzare i fruitori finali del servizio e, cioè, i dipendenti pubblici, così come gli esercenti che forniscono il servizio: la disponibilità della rete di esercizio o l’impegno a conseguirla che, ai sensi dell’art. 285, comma 8, d.P.R. n. 207/2010, poteva costituire sia un criterio di valutazione che di partecipazione, in forza dell’art. 144 del D.Lgs. n. 50/2016 può soltanto essere un criterio di valutazione o, per lo meno, una condizione di esecuzione del contratto; è venuta meno la possibilità di ricorrere al criterio di aggiudicazione del prezzo più basso, in precedenza prevista, quale alternativa all’offerta economicamente più vantaggiosa, dal comma 7 dell’art. 285. Conclusioni All’esito dell’analisi sopra compiuta emerge un regime specifico rispetto agli altri servizi che, se ha il pregio di applicare - con i dovuti adattamenti (37) - al delicato settore degli affidamenti nei servizi sociali i principi dei contratti pubblici, a causa dei continui rimandi e rinvii ad altre norme sconta un difetto di semplificazione che finisce con “l’appesantire” il “regime alleggerito” voluto dal Legislatore Comunitario. Desta, inoltre, preoccupazione il mancato coordinamento con le normative specifiche del Terzo Settore, che crea il rischio di duplicazioni e/o triplicazioni, anche in dipendenza dell’attuazione che le Regioni, aventi peraltro competenza in materia di sistema socioassistenziale, daranno ai principi della emananda Legge nazionale sul Terzo Settore. Positivo, per contro, il fatto che il nuovo Codice abbia “cancellato” il massimo ribasso, puntando sulla qualità dei progetti con l’obbligo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. (37) Gli adattamenti dei principi della contrattualistica pubblica al settore dei servizi alla persona sono stati resi possibili anche dall’elevazione della soglia di rilevanza comunitaria. Urbanistica e appalti 8-9/2016 1013 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Beni culturali Appalti nel settore dei beni culturali (e archeologia preventiva) di Paolo Carpentieri L’articolo analizza le novità introdotte dal nuovo codice dei contratti pubblici nel settore speciale dei contratti relativi ai beni culturali, anche con riguardo ai profili della verifica preventiva dell’interesse archeologico dell’area interessata dai lavori e della semplificazione del regime delle sponsorizzazioni. La legge delega 28 gennaio 2016, n. 11 ha previsto, all’art. 1, comma 1, lett. o), tra i principi e criteri direttivi cui il Governo doveva attenersi nella redazione del nuovo codice dei contratti pubblici, il riordino e la semplificazione della normativa specifica in materia di contratti relativi a beni culturali, ivi inclusi quelli di sponsorizzazione, nel rispetto delle disposizioni di tutela previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio. Il regime vigente fino all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 50 del 2016 prevedeva, per i beni culturali, dieci articoli nel codice dei contratti pubblici del 2006, dal 197 a 205, compreso l’art. 199 bis sulle sponsorizzazioni aggiunto dal D.L. n. 5 del 2012, racchiusi in un apposito Capo II (nel Titolo IV, Parte II), cui devono aggiungersi gli artt. 95 e 96 sull’archeologia preventiva (gli uni derivanti dal D.Lgs. n. 30 del 2004, recante Modificazioni alla disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali, gli altri dagli artt. da 2 ter a 2 quinquies del D.L. n. 63 del 2005, convertito con modificazioni, nella L. n. 109 del 2005), nonché le previsioni regolamentari (Titolo XI della Parte II del d.P.R. n. 207 del 2010, composto di 13 artt. - dal 239 al 251 - che disciplinavano, con caratteri di specialità, gli istituti della progettazione, della verifica, della qualificazione, della direzione tecnica, dell’esecuzione e del collaudo) (1). (1) Sul regime dei contratti pubblici relativi ai beni culturali nel previgente D.Lgs. n. 163 del 2006 si vedano (senza pretesa di esaustività): D. De Carolis, I contratti nel settore dei beni culturali, in F. Caringella - M. Giustiniani (diretto da), Manuale dei contratti pubblici, Roma, 2015, 1779 ss.; D. Galli, I lavori nel settore dei beni culturali, in D. Galli, D. Gentile, V. Paoletti Galanti (diretto da), Appalti pubblici, Parte speciale, cap. 4, Milano, 2015, 1330 ss.; S. Segnalini, Disciplina comune applicabile ai contratti pubblici relativi ai beni culturali, in G. Bonilini - M. Confortini (diretto da), Codice degli appalti pubblici, Torino, 2014, 1234 ss.; G. Spatini - V. Gastaldo, Disciplina comune applicabile ai contratti pubblici relativi ai beni culturali, in L.R. Perfetti (diretto da), Codice dei contratti pubblici commentato, Milano, 2013, 2105 ss.; A. Bartolini - F. Polticchia, Disciplina comune applicabile ai contratti pubblici relativi ai beni culturali, in G.F. Ferrari - G. Morbidelli (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, II, Milano, 2013, 843 ss.; E. Borghi - M. Buscaglia, Contratti relativi ai beni culturali, in Carullo, Iudica, (diretto da), Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2012, 1303 ss.; D. De Carolis, Contratti relativi ai beni culturali: introduzione alla norma, commento e questioni aperte, in F. Caringella - M. Protto, (diretto da), Codice dei Contratti pubblici commentato, Dike giuridica, Roma, 2012, 1284 ss.; A. Celotto, Disciplina comune applicabile ai contratti pubblici relativi ai beni culturali, in R. Garofoli - G. Ferrari, (diretto da), Codice degli appalti pubblici annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, II, ed. Nel diritto, 2012, 2059 ss.; G. Veltri, Contratti relativi ai beni culturali, in S. Baccarini - G. Chiné - G. Proietti (diretto da), Commentario al codice degli appalti pubblici, Milano, 2011, 1898 ss.; X. Santiapichi - T. Paparo, Contratti relativi ai beni culturali, in M. Clarich (diretto da), Commentario al Codice dei contratti pubblici, Torino, 2010, 978 ss.; P. Carpentieri - P. Ungari, I contratti relativi ai beni culturali, in M.A. Sandulli - R. de Nictolis R. Garofoli (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, IV, 19, Milano, 2008, 2970 ss. Sul titolo XI del regolamento di cui al d.P.R. n. 207 del 2010 cfr. F. Nardacci, Lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, in A. M. T. Gregor - U. D. Sciancalepore, R. Tomei (diretto da), Il regolamento unico dei contratti pubblici, Roma, 2011, 633 ss.; C. Vitocolonna, Lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, in R. Garofoli - G. Ferrari, (diretto da), Il nuovo regolamento degli appalti pubblici, Roma, 2011, 1007 ss.; G. Angelini, Il regolamento di attuazione del codice degli appalti, lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, in F. Caringella - M. Protto (diretto da), Codice e regolamento unico dei contratti pubblici, Roma, 2011, 2154 ss.; G. Zurlo, Il nuovo regolamento sui contratti pubblici, 12, Lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, Milano, 2011, 597 ss.; I. De Luca, Lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, in D. Crocco (diretto da), Commento al nuovo regolamento Premessa 1014 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Il nuovo codice, in linea con le note esigenze di semplificazione e riduzione del numero degli articoli, ha ridotto a 12 il numero degli articoli direttamente riguardanti i beni culturali, ricompresi nell’apposito capo III del titolo VI della parte II (artt. da 145 a 151), cui deve aggiungersi l’art. 25, posto nel Titolo III della parte I, sull’archeologia preventiva. Nel complesso, i caratteri di specialità che connotavano la previgente disciplina sono stati sostanzialmente confermati nella nuova codificazione, con alcune differenze e precisazioni. zione del bene culturale non siano mai assorbite nella prevalenza quantitativa di altre prestazioni (strutturali, architettoniche e ingegneristiche) e conservino in ogni caso una loro ben definita autonomia (anche in caso di appalti misti). Sul piano della progettazione, la finalità conservativa del bene culturale determina la limitata prevedibilità degli effetti dell’intervento, che comporta livelli progettuali tendenzialmente meno approfonditi e più flessibili, nonché una maggiore variabilità nell’esecuzione dei lavori (carattere della aderenza dinamica della progettazione). Le ragioni della specialità dei contratti relativi ai beni culturali L’evoluzione della disciplina La specialità del settore ha sempre ricevuto un evidente riconoscimento nella disciplina normativa succedutasi negli ultimi decenni. Alla base della lettera o) dell’art. 1, comma 1, legge di delega n. 11 del 2016 vi è dunque una solida tradizione giuridica che risponde a oggettive esigenze di specialità del settore. Fino alla legge “Merloni” del 1994 la materia era disciplinata essenzialmente dalla L. 1° marzo 1975, n. 44 recante Misure intese alla protezione del patrimonio archeologico, artistico e storico nazionale, nonché dal d.P.R. 17 maggio 1978, n. 509, recante il Regolamento delle spese da farsi in economia per i servizi dell’amministrazione centrale e periferica del Ministero per i beni culturali e ambientali. In base a queste disposizioni erano consentiti al Ministero di settore amplissimi margini di deroga alla regola dell’evidenza pubblica prevista dalla normativa di contabilità generale dello Stato (con ampi spazi per gli affidamenti in economia o a trattativa privata, sia per l’esecuzione di lavori, sia per l’acquisto di forniture e servizi, spazianti in tutti i settori e campi di attività del Ministero). L’applicazione degli artt. 5, 7 e 9 della L. n. 44 del 1975 e del regolamento delle spese in economia del Ministero di cui al d.P.R. n. 509 del 1978 ha fatto sì che i lavori di restauro e valorizzazione del patrimonio culturale venissero eseguiti avvalendosi del sistema di esecuzione in economia a cottimo fiduciario anche per importi rilevanti. Sulla base del presupposto che il restauro (soprattutto se riguardante i beni mobili e le superfici decorate) fosse un’attività rientrante nei servizi più che nei lavori, per decenni è stato consentito che il settore godesse di un trattamento speciale e si sottraesse in larga parte ai vincoli dell’evidenza La specialità dei contratti relativi ai beni culturali deriva, come è evidente, dalla particolarità del loro oggetto (indiretto o mediato), vale a dire dalla peculiarità materiale e di regime giuridico del bene culturale. La primarietà della funzione di tutela del patrimonio culturale (art. 9 Cost.) non può non condizionare le procedure di selezione e le modalità di esecuzione dei contratti che riguardano i beni culturali, siano essi appalti di lavori o di servizi, contratti di forniture o concessioni di lavori o di servizi (o contratti misti). L’esigenza prevalente, che trascende tutti gli altri interessi e fini pubblici pure sottesi alle procedure di gara, è rappresentata dalla centralità della finalità conservativa (la conservazione programmata prevista dall’art. 29 del codice di settore del 2004), con il corollario della prevalenza dell’esigenza di ridurre al minimo i rischi di perdita o deterioramento del bene rispetto ai profili di ordine economico. Ne consegue che i lavori sui beni culturali (ma anche le prestazioni di servizi e le forniture) si caratterizzano per l’assoluta prevalenza dell’elemento qualitativo. Tale prevalenza agisce sia a livello di qualificazione degli operatori autorizzati a intervenire (in termini di speciali requisiti idoneativi delle imprese), sia a livello di criteri di aggiudicazione (lo stesso confronto concorrenziale si riposiziona più sui canoni dell’esperienza acquisita e della sua omogeneità rispetto all’intervento, che non su quelli comuni della efficienza economica relativa). Ancora più “a monte”, tale prevalenza agisce a livello di progettazione e di “costruzione” e configurazione dell’oggetto dell’appalto, sotto il profilo della necessità che le parti relative alla conservadi esecuzione del Codice dei contratti pubblici, Milano, 2011, 303 ss.; G. Gianna, Lavori riguardanti i beni del patrimonio culturale, in C. Giurdanella - E. Guarnaccia (diretto da), Com- Urbanistica e appalti 8-9/2016 mento al regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici, Santarcangelo di Romagna, 2010, 141 ss. 1015 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti pubblica e del più rigoroso regime comune degli appalti pubblici. Questa impostazione è stata radicalmente ribaltata dalla L. Merloni n. 109 del 1994, che (forse eccedendo in senso opposto) ha ricondotto tutta l’ampia ed eterogenea tipologia di contratti che caratterizzava il settore all’interno del genus “lavori pubblici” riportandola alla regola generale dell’evidenza pubblica. Tuttavia, già nel primo testo della L. n. 109 del 1994 vi erano talune disposizioni finalizzate a riconoscere i dovuti margini di specialità al settore (per es., nella previsione - art. 3, comma 5 - di una disciplina contrattuale speciale, mediante appositi capitolati speciali, nonché di una disciplina regolamentare derogatoria in ordine alle “specifiche modalità di progettazione e di affidamento dei lavori di scavo, restauro e manutenzione” dei beni culturali; oppure nella disposizione transitoria dell’art. 38, comma 4, in base alla quale, nelle more dell’approvazione del regolamento, veniva fatta salva l’applicazione della normativa previgente). Peraltro, il regolamento generale, introdotto con il d.P.R. n. 554 del 1999, sfruttò solo parzialmente le possibilità offerte dalla norma primaria di dettare una disciplina speciale e derogatoria dei lavori sui beni culturali. Il regolamento del 1999, in definitiva, ha limitato la previsione di regole speciali per i lavori pubblici sui beni culturali, al di là di alcune nozioni definitorie dettate dall’art. 212, al profilo dei livelli e dei contenuti della progettazione, alla progettazione degli scavi archeologici e dei lavori di impiantistica e per la sicurezza, al consuntivo scientifico, dicendo molto poco in tema di procedure di scelta del contraente. Anche in materia di qualificazione (dopo l’introduzione di una categoria speciale per i lavori su beni mobili e superfici decorate, ad opera del D.M. n. 304 del 1998), pochissime sono le peculiarità dettate per gli appalti del settore dal d.P.R. n. 34 del 2000. Il troppo repentino passaggio della disciplina di settore da una condizione di esenzione dall’evidenza pubblica a una condizione di completo e rigoroso assoggettamento ai meccanismi procedurali tipici della materia degli appalti, suscitò non poche difficoltà applicative e spinte riformiste dirette e “recuperare” margini di maggiore elasticità. A tale spinta ha dato espressione, come è noto, la legge “Merloni-quater” (L. 1° agosto 2002, n. 166), che ha introdotto all’interno della L. n. 109 del 1994 un insieme - peraltro non sempre adeguatamente coordinato - di norme speciali relative ai lavori sui beni culturali, tali da rendere possibile la ricostruzione di istituti autonomi e distinti per que- 1016 sto settore. La L. n. 166 del 2002 aveva peraltro limitato al settore dei beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici le pur significative deroghe introdotte rispetto alla disciplina comune. Una risposta ancor più forte a questa spinta verso il recupero di specialità si è avuta con la delega contenuta nell’art. 10, comma 2, lett. a) e d), L. 6 luglio 2002, n. 137 e con il D.Lgs. attuativo 22 gennaio 2004, n. 30, recante Modificazioni alla disciplina degli appalti di lavori pubblici concernenti i beni culturali, che ha dato vita a una legge di settore propria e distinta rispetto a quella generale sui lavori pubblici ed ha esteso (parzialmente) questa disciplina speciale agli altri beni culturali immobili. Il codice dei contratti del 2006 ha riassorbito questa tendenza “separatistica”, ma, a differenza del 1994, l’unificazione è avvenuta nell’effettivo rispetto dell’autonomia di questo settore, esplicitata dall’apposita previsione del Capo II del Titolo IV, sopra richiamato (che, insieme alle relative disposizioni transitorie dell’art. 253, riproducono quelle del decreto legislativo n. 30 del 2004, con poche modifiche, per lo più frutto di adeguamenti formali o dell’assorbimento nella disciplina comune di aspetti che costituivano deroghe). Le ricadute applicative della specialità del settore La prevalenza delle esigenze conservative di tutela e la assoluta peculiarità dell’oggetto (il bene culturale) degli interventi - come si è già avuto modo di evidenziare - si riflettono (soprattutto) sui seguenti segmenti o momenti procedurali di preparazione e attuazione degli interventi: 1) definizione dell’oggetto e configurazione dell’appalto (in termini di definizione dell’ambito delle prestazioni oggetto di affidamento, al fine di evitare l’assorbimento di lavori di categorie specialistiche relative ai beni culturali all’interno di categorie generali che non considerano la specifica qualificazione necessaria per questo settore); 2) livelli di progettazione (particolare duttilità dei livelli di progettazione e parziale rivedibilità e adeguamento della progettazione in corso d’opera); 3) speciale qualificazione degli operatori (soprattutto tenuto conto della riserva di legge degli interventi conservativi sui beni culturali a operatori appositamente specializzati, iscritti in apposito albi, ai sensi degli artt. 29 e 182 del codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004); 4) speciale verifica di tale qualificazione e limiti a forme di avvalimento e di “prestito” dei requisiti; 5) criteri di aggiudicazione (preferenza per i criteri qualitativi e disfavore per il massimo ribasso); Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti 6) maggiore ampiezza nel ricorso alle varianti; 7) rigore nella verifica in fase realizzativa e di collaudo. Il nuovo codice ha sostanzialmente confermato la considerazione dei suddetti profili di specialità già emersa e stabilizzatasi nella previgente legislazione, non senza taluni importanti affinamenti, nei seguenti termini. Configurazione dell’appalto Sotto il primo profilo, la rilevanza dei valori culturali da tutelare incide sulla delimitazione dell’ambito delle prestazioni oggetto di affidamento. Una esigenza di questo tipo emerge per la prima volta con l’art. 19, comma 1 ter, L. Merloni (introdotto dall’art. 7 della L. n. 166 del 2002), che sanciva il divieto di affidare lavori su beni culturali mobili ed assimilati congiuntamente a lavori di categoria diversa. L’art. 4, comma 1, D.Lgs. n. 30 del 2004 aveva recepito il principio, attenuandone la portata, e corredandolo di altre previsioni. Il divieto di affidamento congiunto, a differenza di quello, assoluto, originariamente introdotto dalla L. n. 166 del 2002, era divenuto relativo con il D.Lgs. n. 30 del 2004, poiché destinato a venir meno in presenza di “motivate ed eccezionali esigenze di coordinamento dell’esecuzione, accertate dal responsabile del procedimento” (al momento di bandire la gara o avviare le trattative per un affidamento diretto, laddove consentito), che “rendano necessario” l’affidamento congiunto con lavori di diversa categoria (il superamento dell’assolutezza del divieto era stato prospettato, in via interpretativa, dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, con la deliberazione n. 105 in data 15 luglio 2003, per le ipotesi in cui, a causa della complessità tecnica delle lavorazioni, delle interferenze fra le differenti lavorazioni da eseguire e dell’economia dei tempi di realizzazione non fosse possibile indire due appalti separati). L’art. 200 del codice dei contratti pubblici del 2006 aveva poi riprodotto, con modifiche solo formali, l’art. 4 del D.Lgs. n. 30 del 2004 (in dottrina l’istituto in esame è stato definito “scorporo obbligatorio”, ma non si trattava di un vero e proprio “scorporo” - inteso come individuazione di lavorazioni non prevalenti compresenti in un appalto di lavori più o meno complesso, e assumibili in quanto tali da imprese mandanti facenti parte di un raggruppamento temporaneo c.d. verticale -, bensì di un obbligo di affidamento separato dei lavori della categoria OS2). Il nuovo codice dei contratti ha confermato il divieto di affidamento congiunto nell’art. 148, chiarendo meglio, peraltro, che le motivate ed eccezionali esigenze di coordinamento dei lavori, accertate dal responsabile del procedimento, che possono consentire una deroga a tale divieto, non possono comunque riguardare la sicurezza dei luoghi di lavoro, poiché si era riscontrata nella prassi la tendenza a rinvenire in tali esigenze una “facile” scappatoia motivazionale per disporre affidamenti congiunti (per evitare interferenze di cantiere come tali potenzialmente pregiudizievoli sotto il profilo della sicurezza). Innovativa, sotto il profilo in esame, appare la previsione del comma 2 dell’art. 148 (in base alla quale “In nessun caso le lavorazioni specialistiche di cui al comma 1 possono essere assorbite in altra categoria o essere omesse nell’indicazione delle lavorazioni di cui si compone l’intervento, indipendentemente dall’incidenza percentuale che il valore degli interventi di tipo specialistico assume rispetto all’importo complessivo”, con l’ulteriore previsione per cui “la stazione appaltante indica separatamente, nei documenti di gara, le attività riguardanti il monitoraggio, la manutenzione, il restauro dei beni di cui al comma 1, rispetto a quelle di carattere strutturale, impiantistico, nonché di adeguamento funzionale inerenti i beni immobili tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio”). Tale nuova previsione nasce dall’esigenza di superare talune interpretazioni (come nella nota controversia insorta a proposito del restauro del tempio di Antonino e Faustina nel Foro romano, decisa in senso sfavorevole alle imprese di restauro (2)) che avevano consentito una sostanziale elusione di divieto di affidamento congiunto, giudicando legittima la richiesta, nel bando, della sola qualificazione OG2, senza richiamo della categoria specialistica OS2, con la considerazione che sarebbe “ragionevolmente impossibile distinguere tra la superficie corticale delle colonne del tempio e il nucleo interno delle stesse” o “considerare scomponibili i capitelli corinzi delle colonne predette, ossia da un lato gli elementi vegetali intesi essenzialmente quali elementi decorativi e gli echini quali elementi strutturali”, essendo illogico disporre “due diversi affidamenti in dipendenza di due categorie di lavorazioni: OG2 per gli echini e OS2 per gli elementi vegetali di ornamento dei capitelli”. (2) Cons. Stato, Sez. IV, 6 dicembre 2011, n. 6414 (consultabile sul sito della Giustizia amministrativa, https://www.giustizia-amministrativa.it/). Urbanistica e appalti 8-9/2016 1017 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Livelli di progettazione Sotto il secondo profilo, sul piano della progettazione, occorre fare riferimento alla nozione di conservazione programmata (data dall’art. 29 del codice di settore del 2004), che caratterizza gli interventi sui beni culturali. Ne deriva la centralità, nell’ambito della conservazione dei beni culturali, della programmazione dei lavori e della manutenzione sistematica legata ad un costante monitoraggio dello stato del patrimonio. Nella sequenza procedimentale della disciplina dei contratti pubblici, l’attività conoscitiva relativa allo specifico intervento conservativo prende avvio dalla scheda tecnica prevista dall’art. 202, commi 1 e 2, del codice dei contratti pubblici del 2006 (già art. 6, comma 1, D.Lgs. n. 30 del 2004), quale momento pre-progettuale (che precede anche la diagnostica e la ricerca storica/d’archivio); si sviluppa nei livelli progettuali (di regola, quello definitivo e, eventualmente a consuntivo per stadi di avanzamento in corso d’opera, quello esecutivo - cfr. art. 203 del codice dei contratti pubblici del 2006, già art. 8 del D.Lgs. n. 30 del 2004) e si conclude con il consuntivo scientifico da redigere ai sensi dell’art. 221 del d.P.R. n. 554 del 1999. Tre sono, essenzialmente, i profili di tale specialità: semplificazione e flessibilità dei livelli e dei contenuti progettuali; aderenza dinamica della progettazione all’effettivo stato delle cose come emergente dal lavoro sul campo; riconoscimento di adeguati spazi alle professionalità dotate di specifica specializzazione (restauratori), sia nella progettazione, che nella direzione dei lavori e nelle altre attività complementari, fino al collaudo. Il nuovo codice dei contratti ha risposto a questa esigenza, confermando le pregresse acquisizioni normative, prevedendo, nell’art. 147 (Livelli e contenuti della progettazione), in sede di progetto di fattibilità, la redazione di una scheda tecnica finalizzata all’individuazione delle caratteristiche del bene oggetto di intervento, redatta da professionisti in possesso di specifica competenza tecnica in relazione all’oggetto dell’intervento e rinviando al successivo regolamento (decreto di cui all’art. 146, comma 4, del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del codice) la definizione dei livelli e dei contenuti della progettazione di lavori concernenti i beni culturali, ivi inclusi gli scavi archeologici, nonché i ruoli e le competenze dei soggetti incaricati delle attività di progettazione, direzione dei lavori e collaudo in relazione alle specifiche caratte- 1018 ristiche del bene su cui si interviene, nonché i principi di organizzazione degli uffici di direzione lavori. Al medesimo decreto è altresì demandata la definizione degli interventi relativi a beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico artistico o archeologico, per i quali la scheda deve essere redatta da restauratori di beni culturali, qualificati ai sensi dalla normativa vigente. Il comma 3 dell’art. 147 ha quindi specificato, innovando rispetto al codice del 2006, che per i lavori di monitoraggio, manutenzione o restauro di beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e materiali storicizzati di beni immobili di interesse storico, artistico o archeologico, il progetto di fattibilità comprende oltre alla scheda tecnica di cui al comma 2, le ricerche preliminari, le relazioni illustrative e il calcolo sommario di spesa; il progetto definitivo approfondisce gli studi condotti con il progetto di fattibilità, individuando, anche attraverso indagini diagnostiche e conoscitive multidisciplinari, i fattori di degrado e i metodi di intervento; il progetto esecutivo, che deve contenere anche un piano di monitoraggio e manutenzione, indica, nel dettaglio, le esatte metodologie operative, i materiali da utilizzare e le modalità tecnicoesecutive degli interventi ed è elaborato sulla base di indagini dirette ed adeguate campionature di intervento, giustificate dall’unicità dell’intervento conservativo. Una lacuna sembra ravvisarsi nel comma 4 dell’art. 147, lì dove stabilisce che i lavori di cui al comma 3 e quelli di scavo archeologico, anche subacqueo, nonché quelli relativi al verde storico di cui all’art. 10, comma 4, lett. f) del codice dei beni culturali e del paesaggio sono appaltati sulla base di un progetto esecutivo, omettendo la specificazione limitativa “di regola”, invece contenuta nella disciplina previgente. In realtà questa lacuna è dovuta alla circostanza che fino alle ultime stesure del testo del nuovo codice, in seno all’apposito gruppo di lavoro istituito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, anche nella norma generale (l’attuale art. 23) era prevista la locuzione “di regola” a temperamento della assolutezza della norma che impone la progettazione esecutiva a base della gara per i lavori. Sennonché nella stesura definitiva la specificazione limitativa “di regola” è caduta nell’art. 23 e non è stata neppure inserita nell’art. 147. Tale circostanza pone un oggettivo problema applicativo e interpretativo, tenuto conto anche del fatto che nel sistema continuano ad essere in vigore norme speciali (come quelle relative al Grande Progetto Pompei) per le quali si consente, Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti in chiave acceleratoria e di semplificazione, addirittura l’assunzione del progetto preliminare a base dell’affidamento dei lavori (cfr. art. 2 del D.L. n. 83 del 2014, che richiama l’art. 3 del D.L. n. 34 del 2011, entrambi richiamati e fatti salvi dall’art. 208 del nuovo codice). Il comma 5 dell’art. 147 conferma peraltro il principio dell’aderenza dinamica del progetto all’effettiva consistenza del bene oggetto dell’intervento prevedendo che Qualora il responsabile unico del procedimento accerti che la natura e le caratteristiche del bene, ovvero il suo stato di conservazione, sono tali da non consentire l’esecuzione di analisi e rilievi esaustivi o comunque presentino soluzioni determinabili solo in corso d’opera, può prevedere l’integrazione della progettazione in corso d’opera, il cui eventuale costo deve trovare corrispondente copertura nel quadro economico. Tale disposizione si presta oggettivamente a reintrodurre la possibilità di porre - in taluni casi - a base di gara il progetto definitivo, allorquando non siano consentite quelle analisi e quei rilievi esaustivi che pure di regola costituiscono un elemento essenziale per il livello esecutivo della progettazione (la stessa determinabilità solo in corso d’opera delle soluzioni realizzative dimostra anch’essa che il livello progettuale da cui partire cui fa riferimento il comma 5 dell’art. 147 deve essere considerato un definitivo “evoluto”, ma non un vero e proprio esecutivo, che potrà essere per l’appunto integrato e completato come tale in corso d’opera). Il discorso sulla progettazione va poi integrato e completato con quanto previsto in generale dall’art. 23. Tale disposizione generale enuncia in primo luogo, nel comma 1, il principio finalistico per cui la progettazione in materia di lavori pubblici è intesa ad assicurare, tra gli altri obiettivi fondamentali, la qualità architettonica (e non solo tecnico funzionale) dell’opera, con considerazione della relazione nel contesto (lettera b); la conformità alle norme ambientali, urbanistiche e di tutela dei beni culturali e paesaggistici (lettera c); un limitato consumo del suolo (lett. d); la compatibilità con le preesistenze archeologiche (lettera g). Il comma 2 stabilisce il prioritario ricorso, da parte delle stazioni appaltanti, alle professionalità interne, purché in possesso di idonea competenza nelle materie oggetto del progetto, o alla procedura del concorso di progettazione o del concorso di idee di cui agli artt. 152 ss., per la progettazione di lavori di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, paesaggistico, agronomico e forestale, storico-artistico, conservativo, nonché tecnologico. Il comma 3 rimanda a un decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, su proposta del Consiglio Urbanistica e appalti 8-9/2016 superiore dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, la definizione dei contenuti della progettazione nei tre livelli progettuali (facendo salva, fino alla data di entrata in vigore di detto decreto, la disciplina vigente, secondo quanto stabilito dall’art. 216, comma 4; in particolare, continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla Parte II, Titolo II, Capo I e Titolo XI, Capi I e II, nonché gli allegati o le parti di allegati ivi richiamate, con esclusione dell’art. 248 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, norma quest’ultima peraltro mantenuta efficace, unitamente all’art. 251 del medesimo regolamento, ai sensi dell’art. 216, comma 19, del nuovo codice, fino all’entrata in vigore del decreto di cui all’art. 146, comma 4). Speciale qualificazione degli operatori Sotto il terzo profilo, sul piano della qualificazione degli operatori, si è già detto come essa assuma nel settore degli interventi su beni culturali un’importanza strategica, per la intrinseca limitata prevedibilità degli effetti dell’intervento, il conseguente maggior spazio lasciato alle valutazioni degli operatori e la circostanza che una esecuzione difforme rispetto al progetto, o che semplicemente non abbia saputo far fronte in modo adeguato ad incognite ed imprevisti, può comportare il deterioramento o la perdita dei valori culturali da tutelare, vale a dire un danno irreversibile. La legge Merloni non esprimeva in origine piena consapevolezza di tale necessità, limitandosi a prevedere una particolare disciplina regolamentare per le “modalità di progettazione e di affidamento” dei lavori su beni culturali (art. 3, comma 6, lett. l), mentre le peculiarità dell’esecuzione degli interventi venivano espressamente considerate soltanto sotto il profilo oggettivo (del contenuto della prestazione) mediante la previsione di capitolati speciali (art. 3, comma 5). Coerentemente, il d.P.R. n. 554 del 1999 si occupava dell’esecuzione dei lavori soltanto a posteriori, prevedendosi, all’art. 212, i contenuti e le finalità del consuntivo scientifico da redigere al termine dell’intervento. È con la L. n. 415 del 1998 che emerge la considerazione della specificità del settore anche sotto il profilo dei soggetti esecutori. L’art. 8, comma 11 sexies, introdotto dalla legge citata, prevedeva che, per le attività di restauro e manutenzione dei beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici, il Ministro per i beni e le attività culturali, sentito il Ministro dei lavori pubblici, provvedesse 1019 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti a stabilire i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori. Il d.P.R. n. 34 del 2000 (Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici), modificando la bipartizione previgente, ha suddiviso il settore dei lavori dei beni culturali in tre categorie: OG 2: Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali; OS 2: Superfici decorate e beni mobili di interesse storico ed artistico (il d.P.R. n. 207 del 2010 ha poi suddistinto una categoria OS 2 A - Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico - e una categoria OS 2 B - Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario); OS 25: Scavi archeologici”. Per la seconda di esse, la disciplina regolamentare, parallela e integrativa di quella comune dettata dal d.P.R. n. 34 del 2000, prevista dall’art. 8, comma 11 sexies, è stata definita mediante il D.M. n. 294 del 2000 (modificato con il D.M. 24 ottobre 2001), che ha stabilito un collegamento fondamentale tra qualificazione e disponibilità di manodopera specializzata (in primis, di restauratori di beni culturali), della quale venivano individuati per la prima volta i requisiti professionali. La rilevanza delle specifiche professionalità degli operatori, quale riflesso delle caratteristiche dell’intervento, era stata nel contempo in qualche misura riconosciuta anche per i beni immobili dall’art. 26, comma 3, d.P.R. n. 34 del 2000, in forza del quale (terzo e quarto periodo) “Per i lavori che hanno ad oggetto beni immobili soggetti alle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali e per gli scavi archeologici, la direzione tecnica è affidata a soggetto in possesso di laurea in conservazione di beni culturali o in architettura e, per la qualificazione in classifiche inferiori alla IV, anche a soggetto dotato di esperienza professionale acquisita nei suddetti lavori quale direttore di cantiere per un periodo non inferiore a cinque anni da comprovare con idonei certificati di esecuzione dei lavori attestanti tale condizione rilasciati dall’autorità preposta alla tutela dei suddetti beni. Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dei lavori pubblici possono essere definiti o individuati eventuali altri titoli o requisiti professionali equivalenti.”. In forza della disposizione transitoria dell’art. 253, comma 30, primo periodo, del codice dei contratti pubblici del 2006, la disciplina dettata dal D.M. n. 294 del 2000 e dalle disposizioni (da esso non derogate) del d.P.R. n. 34 del 2000 continua ad ap- 1020 plicarsi fino all’entrata in vigore della disciplina regolamentare prevista dai commi 1 e 3 dell’art. 201. Tale condizione transitoria è stata confermata dall’art. 357, comma 12, d.P.R. n. 207 del 2010. Da quanto esposto, è evidente che il requisito che sostanzialmente differenzia la qualificazione delle imprese di questo settore è rappresentato dall’idoneità organizzativa, consistente nella disponibilità, attuale, della prestazione lavorativa di un certo numero di restauratori e collaboratori restauratori. Il T.A.R. del Lazio, con sentenza della II Sez., 1° marzo 2004, n. 1844, su ricorso dell’associazione di categoria dei restauratori edili, aveva annullato l’art. 5, comma 1 (unitamente agli artt. 7, comma 2, e 8, comma 2) del D.M. n. 294 del 2000, ritenendo che l’imposizione della presenza di restauratori e collaboratori restauratori in percentuali fisse rispetto all’organico complessivo contrastasse con la tutela della concorrenza e del mercato. Il Cons. Stato, Sez. VI, con sent. 1° settembre 2009, n. 5114, ha riformato la sentenza di primo grado e ha giudicato invece legittimo il nuovo testo dell’art. 5, comma 1, del regolamento, come modificato dall’art. 1, comma 1, lett. a), del decreto impugnato, che, nel disciplinare il requisito dell’idoneità organizzativa richiesto per la qualificazione, rapporta il numero dei restauratori e collaboratori restauratori di beni culturali all’organico complessivo dell’impresa. Il decreto delegato n. 30 del 2004, prendendo atto che il sistema di qualificazione vigente aveva mostrato una limitata capacità di selezionare esecutori effettivamente in grado di porre mano ai restauri dei beni vincolati, ha previsto, all’art. 5, una completa revisione del sistema di qualificazione, che includesse anche la disciplina oggi contenuta nel D.M. n. 294 del 2000, in modo da aggiornare la disciplina dell’attività di restauro, raccordandola con quella sulla qualificazione delle imprese esecutrici. Le previsioni dell’art. 5 non hanno finora avuto attuazione (in tal senso ha influito, oltre alla difficoltà intrinseca dell’operazione, la mancanza del presupposto logico-giuridico rappresentato da una esaustiva definizione delle figure professionali del restauro). Il Codice dei contratti pubblici del 2006 si è mosso, anche per quanto concerne la qualificazione, in una linea di piena continuità con il D.Lgs. n. 30 del 2004. L’art. 201 ne ha riproposto, sostanzialmente, il contenuto, facendo sistema con la disciplina dettata in via transitoria dai commi 29 e 30 dell’art. 253. Il comma 1 dell’art. 201 (corrispondente al comma 2 dell’art. 5, cit., che a tal fine prevedeva una modifica “ad hoc” del d.P.R. n. 34 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti del 2000), demanda al regolamento generale attuativo la definizione organica di “specifici requisiti di qualificazione ... ad integrazione di quelli generali definiti dal medesimo regolamento”, in relazione a tutte le tipologie di lavori su beni culturali. Anche il nuovo codice dei contratti del 2016 si è mantenuto nel solco di questa tradizione giuridica conservando le linee essenziali di questo impianto. In particolare, nell’art. 146, dedicato alla Qualificazione, ha ribadito il principio fondamentale della materia della necessaria qualificazione specifica e adeguata per i lavori sui beni culturali, in conformità a quanto disposto dagli artt. 9 bis e 29 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (principio ribadito dall’art. 148, comma 4). Ha riaffermato - al comma 2 - il principio dell’utilizzabilità curriculare dei lavori unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti, senza limiti di validità temporale. Ha rinviato (comma 4) a un apposito decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del nuovo codice, la definizione dei requisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degli esecutori dei lavori e delle modalità di verifica ai fini dell’attestazione, confermando, già a livello di norma primaria, il principio per cui il direttore tecnico dell’operatore economico incaricato degli interventi di cui all’art. 147, comma 2, secondo periodo, deve comunque possedere la qualifica di restauratore di beni culturali ai sensi della normativa vigente. Sempre il comma 4 dell’art. 146 fa salve in via transitoria - in combinato disposto con il comma 19 dell’art. 206 - le disposizioni di cui agli artt. 248 e 251 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, riguardanti l’una la regola della necessaria certificazione del buon esito dei lavori ai fini dell’utilizzo dei lavori stessi a fini di qualificazione, la regola della direzione dei lavori affidata a un restauratore e quella dell’esperienza quinquennale per partecipare ad affidamenti di lavori sui beni culturali fino a euro 150.000, l’altra l’obbligo di collaudo in corso d’opera, l’obbligatoria presenza nell’organo di collaudo di un restauratore, nonché di uno storico dell’arte o di un archivista o un bibliotecario o un archeologo con esperienza almeno quinquennale in possesso di specifiche competenze coerenti con l’intervento (rispettivamente, per i lavori delle categorie OG2, OS2-A, OS2-B e OS25), nonché la possibilità di partecipare all’organo di collaudo, limitatamente ad un solo componente, dei funzionari delle stazioni appaltanti, laureati ed inquadrati con qualifiche di storico dell’arte, archivista o bibliotecario, che abbiano prestato Urbanistica e appalti 8-9/2016 servizio per almeno cinque anni presso amministrazioni aggiudicatrici. Il regime transitorio generale in materia di qualificazione delle imprese è stabilito dal comma 14 dell’art. 206. Esclusione dell’avvalimento Sotto il quarto profilo, rileva sul piano della qualificazione anche l’art. 147, comma 6, che riguarda non tanto e non solo la progettazione, ma la salvaguardia del ruolo centrale dei professionisti dei beni culturali in tutte le fase degli interventi nel settore, lì dove ribadisce che la direzione dei lavori, il supporto tecnico alle attività del responsabile unico del procedimento e del dirigente competente alla formazione del programma triennale, nonché l’organo di collaudo, comprendono un restauratore di beni culturali qualificato ai sensi della normativa vigente, ovvero, secondo la tipologia dei lavori, altri professionisti di cui all’art. 9 bis del codice dei beni culturali e del paesaggio con esperienza almeno quinquennale in possesso di specifiche competenze coerenti con l’intervento. Una importante e significativa novità rispetto al codice del 2016 consiste nella esclusione, in forza del principio dell’eccezione culturale alla concorrenza e al mercato, dell’avvalimento per il settore dei beni culturali (art. 146, comma 3: Per i contratti di cui al presente capo, considerata la specificità del settore ai sensi dell’articolo 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, non trova applicazione l’istituto dell’avvalimento, di cui all’articolo 89 del presente codice). Tale deroga al diritto europeo si fonda sull’eccezione culturale espressa dagli artt. 36 e 167 del TFUE ed è stata correttamente giudicata ammissibile anche dal Consiglio di Stato nel parere reso sullo schema di decreto delegato. Criteri di aggiudicazione Sotto il quinto profilo (criteri di aggiudicazione (preferenza per i criteri qualitativi e disfavore per il massimo ribasso) è invece caduta, nel nuovo codice del 2016, la previsione, invece contenuta nell’art. del codice del 2006, di speciali criteri di aggiudicazione propri per i beni culturali, norma in realtà mai applicata e priva di una sua concreta utilità. Una considerazione particolare, riferibile al tema dei criteri di affidamento, merita il tema della somma urgenza. Rispetto alla procedura ordinaria (contenuta negli artt. 163 ss.) quella speciale per i beni culturali, contenuta nell’art. 148, comma 7, si discosta solo per la più alta soglia di importo del lavoro, portata a euro 300.000 per i beni culturali, rispetto alla soglia ordinaria di euro 200.000 per tut- 1021 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti ti gli altri lavori. Ai normali presupposti previsti in via generale per la somma urgenza si aggiunge, nel caso dei beni culturali, l’esplicito richiamo alla tutela del bene, quale valore (nella sua ampiezza e genericità) minacciato dal ritardo nell’esecuzione dovuto alle normali procedure di gara (l’art. 148, comma 7, parla di “ogni ritardo sia pregiudizievole alla pubblica incolumità o alla tutela del bene”). La medesima norma speciale per i beni culturali lascia inoltre aperta la possibilità di ricorrere alla procedura di somma urgenza, entro i medesimi limiti di importo, “in relazione a particolari tipi di intervento individuati con il decreto di cui all’articolo 146, comma 4”. È peraltro da segnalare che il nuovo codice ha abrogato l’art. 9, comma 1, lett. d), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164, in base al quale “[f]atti salvi i casi previsti dall’articolo 57, comma 2, lettera c) e dall’articolo 221, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per i lavori di importo compreso fino alla soglia comunitaria, costituisce ‘estrema urgenza’, la situazione conseguente ad apposita ricognizione da parte dell’Ente interessato che certifica come indifferibili gli interventi, anche su impianti, arredi e dotazioni, funzionali: ... alla tutela ambientale e del patrimonio culturale”. Resta peraltro ferma la previsione generale - già art. 57 del codice del 2006, ora art. 63 - che consente il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione di bando in caso di appalti di lavori nella misura strettamente necessaria derivante da ragioni di estrema urgenza che non devono essere in ogni caso imputabili all’amministrazione. Maggiore ampiezza nel ricorso alle varianti Sotto il sesto profilo, l’art. 149, in tema di varianti, riproduce sostanzialmente il previgente art. 205 del D.Lgs. n. 163 del 2006. Accorpando in un unico comma i commi 2 e 3 del predetto art. 205, la nuova norma conferma che non sono considerate “varianti” quelle che investono aspetti di dettaglio o si rendono necessarie per un pericolo di danneggiamento o deterioramento dei beni tutelati, sempre che non modifichino qualitativamente l’opera e non superino una variazione percentuale complessiva dell’importo dell’appalto del 10% (e del 20% per singola categoria di lavorazione). Non è stata riprodotta la previsione del comma 1 dell’art. 205 del codice del 2006, che consentiva espressamente le varianti in corso d’opera giustificate dalla evoluzione dei criteri della disciplina del restauro. Tale previsione è apparsa invero superflua, essendo in re ipsa, secondo criteri di logicità, che in una siffatta ipotesi 1022 possano essere ammesse varianti, nelle forme e nei limiti della legge. Non è stata invece recuperata la previsione speciale del comma 4 dell’art. 205, in base alla quale potevano essere ammesse, nel limite del 20% in più dell’importo contrattuale, le varianti in corso d’opera resesi necessarie, posta la natura e la specificità dei beni sui quali si interviene, per fatti verificatisi in corso d’opera, per rinvenimenti imprevisti o imprevedibili nella fase progettuale, nonché per adeguare l’impostazione progettuale qualora ciò sia reso necessario per la salvaguardia del bene e per il perseguimento degli obiettivi dell’intervento. Tale previsione è assorbita nella regola generale del codice, stabilita nell’art. 106, che ha profondamente riformato il tema. Tale esclusione, inoltre, si raccorda alla restrizione, cui si è fatto cenno sopra, in tema di progettazione, nel quadro della rafforzata preferenza, sottolineata dal nuovo codice, per la completezza del livello esecutivo del progetto da mettere a base di gara, ciò che dovrebbe rendere in teoria residuale il ricorso a variazioni attuative successive. Verifica in fase realizzativa e collaudo Sotto il settimo profilo, infine, di quelli evidenziati in principio, la norma contenuta nell’art. 150 del nuovo codice dei contratti pubblici, in tema di collaudo nel settore dei beni culturali (“1. Per i lavori relativi ai beni di cui al presente capo è obbligatorio il collaudo in corso d’opera, sempre che non sussistano le condizioni per il rilascio del certificato di regolare esecuzione. 2. Con il decreto di cui all’art. 146, comma 4, sono stabilite specifiche disposizioni concernenti il collaudo di interventi sui beni culturali in relazione alle loro caratteristiche”) conferma il principio già espresso dal regolamento di esecuzione al vecchio codice (D.Lgs. n. 207 del 2010, art. 251, comma 1) in base al quale “per opere e lavori relativi a beni di cui al presente titolo è obbligatorio il collaudo in corso d’opera, sempre che non sussistano le condizioni per il rilascio del certificato di regolare esecuzione”. Il regolamento richiede la partecipazione all’organo di collaudo di almeno un soggetto qualificato e specializzato con esperienza nel settore dei beni culturali in relazione alla categoria del bene stesso (restauratore, storico dell’arte, archivista, bibliotecario o archeologo) e prevede che possa far parte dell’organo di collaudo (limitatamente ad un solo componente) un funzionario della stazione appaltante, laureato e inquadrato con qualifiche di storico dell’arte, archivista o bibliotecario, con almeno cinque anni di servizio. Il richiamato art. 251 del regolamento, benché abrogato dal nuovo codice dei contratti, è provvisoriamente fatto salvo (artt. 217, comma 1, lett. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti u), e 216, comma 19) fino all’emanazione del decreto ministeriale previsto dall’art. 146, comma 4, del codice stesso e richiamato dall’attuale art. 150, comma 2, che dovrà contenere (tra l’altro) specifiche disposizioni in tema di collaudo di interventi sui beni culturali in relazione alle caratteristiche dei beni stessi che andranno a sostituire quelle del regolamento. Il decreto ministeriale, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del nuovo codice con il concerto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dovrà presumibilmente dettare, pertanto, specifiche disposizioni circa la necessaria appartenenza, all’organo di collaudo, di soggetti qualificati e specializzati in relazione alla peculiare natura del bene culturale oggetto di intervento. Occorre inoltre richiamare l’art. 102 del nuovo codice che, nel disciplinare in via generale il collaudo e nel prevedere un apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti per la disciplina delle modalità tecniche e per l’individuazione dei casi in cui il certificato di collaudo e di verifica di conformità possono essere sostituti dal certificato di regolare esecuzione, prevede, per i beni del patrimonio culturale, che al termine dei lavori siano redatti uno specifico consuntivo predisposto dal direttore dei lavori o (nel caso di interventi su beni culturali mobili, superfici decorate di beni architettonici e a materiali storicizzati di beni culturali immobili) da restauratori di beni culturali. Archeologia preventiva Quanto al tema dell’archeologia preventiva (3), il nuovo codice ha confermato la disciplina previgente, unificando nel nuovo art. 25 i precedenti artt. 95 e 96 del D.Lgs. n. 163 del 2006 (che avevano (3) Sull’archeologia preventiva cfr. P. Carpentieri, La verifica preventiva dell’interesse archeologico, in M.A. Sandulli - R. de Nictolis - R. Garofoli, (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, cit., III, 2369 ss.: A. Coletta, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, in Baccarini - Chiné Proietti, (diretto da), Commentario al codice degli appalti pubblici, cit., 1207 ss.; Id., La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, in G. Bonilini - M. Confortini, (diretto da), Codice degli appalti pubblici, cit., 652 ss.; L.R. Perfetti, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, in L.R. Perfetti (diretto da), Codice dei contratti pubblici commentato, cit., 1269 ss.; M.O. Caputo M. Borello, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare, in G.F. Ferrari - G. Morbidelli (diretto da), Trattato sui contratti pubblici, cit., 1269 ss.; V. Maccolini, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, in Carullo, Iudica (diretto da), Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, cit., 837 Urbanistica e appalti 8-9/2016 recepito il contenuto degli artt. da 2 ter a 2 quinquies del D.L. n. 63 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 109 del 2005) e che segnano un punto di equilibrio tra tutela del patrimonio archeologico e “prevenzione” e gestione del così detto “rischio archeologico”. Si tratta di una disciplina che, ancorché non sempre applicata secondo buon senso e in obbedienza ai fondamentali canoni di proporzionalità e ragionevolezza, si è dimostrata indispensabile per la stessa speditezza e certezza dei tempi di realizzazione dei lavori pubblici (in mancanza di verifica preventiva dell’interesse archeologico dell’area interessata dall’intervento, i lavori restano esposti al rischio costante di blocco per effetto di ritrovamenti archeologici imprevisti). La conservazione di tale istituto nell’ordinamento giuridico è divenuta viepiù cogente per effetto della recente ratifica della Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico, fatta alla Valletta il 16 gennaio 1992, disposta dalla L. 29 aprile 2015, n. 57. Le uniche novità da segnalare consistono nella riduzione a trenta giorni (dai novanta originariamente previsti) del termine per il soprintendente per decidere dell’interesse archeologico dell’area interessata dai lavori e, quindi, per disporre o meno l’avvio delle indagini sul terreno, sulla base della relazione archeologica redatta, per conto della stazione appaltante, da un archeologo iscritto nell’apposito elenco tenuto dal competente Ministero (termine elevato peraltro a sessanta giorni nel caso di progetti di grandi opere infrastrutturali o a rete); la sostituzione delle linee guida già previste dal comma 6 dell’art. 95 del codice del 2006 (e mai adottate, nonostante il “richiamo” acceleratorio ss.; G. De Michele, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico: introduzione alla norma, commento e questioni aperte, in F. Caringella - M. Protto (diretto da), Codice dei Contratti pubblici commentato, cit., 707 ss.; M. Corradino, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, in R. Garofoli - G. Ferrari, (diretto da), Codice degli appalti pubblici annotato con dottrina, giurisprudenza e formule, I, Roma, 2012, 1227 ss.; T. Paparo, L’interesse archeologico nella progettazione, in M. Clarich (diretto da), Commentario al Codice dei contratti pubblici, cit., 553 ss.; P. Carrozza, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, in A. Maggio - G. Steri (diretto da), Codice dei contratti pubblici annotato con la dottrina e la giurisprudenza, Napoli, 2009, 661 ss.; Ferruti, La verifica preventiva dell’interesse archeologico in sede di progetto preliminare e procedure di verifica preventiva dell’interesse archeologico, in M. Baldi - R. Tomei (diretto da), La disciplina dei contratti pubblici, Milano, 2009, 903 ss. 1023 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti contenuto nell’art. 25, comma 4, D.L. “sblocca-Italia” n. 133 del 2015, convertito nella L. n. 164 del 2015) con la previsione (comma 13) di un apposito d.P.C.M., su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, di concerto con il Ministro per la semplificazione e la P.A. e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di individuazione dei procedimenti semplificati, con termini certi che garantiscano la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell’interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell’opera; infine, il rinvio (peraltro superfluo, perché ex se applicabile a tutte le procedure e a tutte le fasi delle procedure “bloccate”) alla così detta fast truck procedure (comma 15) di cui all’emanando regolamento di attuazione dell’art. 4 della L. 7 agosto 2015, n. 124. Sponsorizzazioni e forme speciali di partenariato pubblico-privato nel campo dei beni culturali Il nuovo codice segna una forte semplificazione procedurale per le sponsorizzazioni (4). Viene abrogata la procedura disciplinata dall’art. 199 bis inserito nel D.Lgs. n. 163 del 2006 dall’art. 20, comma 1, lett. h), D.L. n. 5 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 35 del 2012. L’irrigidimento procedurale, in chiave di accountability, era stato introdotto dal legislatore del 2012 per rispondere al blocco delle sponsorizzazioni nel campo dei beni culturali seguite al noto contenzioso insorto attorno alla sponsorizzazione Tod’s del restauro del Colosseo (5). Sennonché la procedimentalizzazione, ostica e indigesta sia per gli uffici dell’amministrazione, sia per le imprese candidate sponsor, ha aggiunto paralisi alla paralisi. Da qui l’esigenza fortemente sentita di sbloccare il settore (è da notare che lo stesso legislatore delegante non ha mancato di porre l’accento su questo aspetto nel criterio di delega relativo ai beni culturali) (6). (4) Sulle sponsorizzazioni nel campo dei ben culturali, oltre ai commentari e trattati citati nelle note precedenti, si vedano gli interventi di R. Chieppa - A. Musso - S. Casciu raccolti nel n. 2 del 2013 di Aedon, Rivista di arti e diritto on line, al sito http://www.aedon.mulino.it/. Sia consentito anche il rinvio, per sintesi, a P. Carpentieri, La sponsorizzazione di beni culturali, in Il libro dell’anno del diritto 2013, Roma, 2013, 272 ss. Si vedano inoltre P.F. Ungari, La sponsorizzazione dei beni culturali - Atti Convegno Beni immateriali tra regole privatistiche e pubblicistiche, Assisi (25-27 ottobre 2012), in Aedon, n. 1 del 2014, soprattutto par. 2, nonché, con una forte critica delle disposizioni contenute nell’art. 199-bis, G. Manfredi, Le sponsorizzazioni dei beni culturali e il mercato, ivi. Per un commento analitico delle linee guida ministeriali attuative dell’art. 199-bis, adottate con d.m. 19 dicembre 2012, pubblicato nella G.U. n. 60 del 12 marzo 2013, cfr. F. Di Mauro, Le norme tecniche e linee 1024 La nuova norma (invero inizialmente pensata per lo specifico settore dei beni culturali, poi estesa alla generalità delle sponsorizzazioni, nell’art. 19, richiamato dall’art. 151) prevede che, trascorso il termine di pubblicazione, il contratto possa essere “liberamente negoziato”, purché nel rispetto dei principi di imparzialità e parità di trattamento fra gli operatori interessati, fermi restando i requisiti soggettivi generali di ordine morale dello sponsor e, ovviamente, gli indispensabili requisiti tecnicoprofessionali di qualificazione dell’impresa esecutrice dell’intervento (anche nel caso di sponsorizzazione “a cura e spese” dello sponsor, ossia di sponsorizzazione così detta “tecnica”). Resta altresì fermo (naturalmente) quanto stabilito dall’art. 120 del codice dei beni culturali, circa la verifica di compatibilità della sponsorizzazione con le esigenze di tutela (conservazione, decoro, rispetto della dignità) del bene oggetto di intervento. Nella sponsorizzazione di beni culturali è stata conservata, nell’art. 151, comma 2, la previgente previsione secondo cui l’amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali impartisce opportune prescrizioni in ordine alla progettazione, all’esecuzione delle opere e/o forniture e alla direzione dei lavori e collaudo degli stessi (norma già esistente nel D.Lgs. n. 30 del 2004). È da sottolineare l’ampliamento considerevole del campo applicativo della sponsorizzazione riservato dal codice del 2016 al settore della cultura in generale, lì dove la seconda parte del comma 1 dell’art. 151 estende la sponsorizzazione anche al sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura, di cui all’art. 101 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione. Si tratta di una forma particolare di sponsorizzazione che, a ben vedere, potrebbe anche prescindere dal finanziamento di specifici interventi (o dalla fornitura diretta, in caso di “tecnica”, di lavori, servizi o forniture), per tradursi in una sorta di “adozione” dell’istituto o del guida applicative delle disposizioni in materia di sponsorizzazioni di beni culturali: i tratti essenziali, in Aedon, n. 3 del 2012, ivi. (5) Cons. Stato, Sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4034 (consultabile sul sito della Giustizia amministrativa, https://www.giustiziaamministrativa.it/). Sulla genesi, sulle ragioni e sui contenuti dell’art. 199 bis sia consentito il rinvio a P. Carpentieri, sub art. 199 bis, Disciplina delle procedure per la selezione di sponsor, in R. Garofoli - G. Ferrari (a cura di), Codice degli appalti pubblici, Roma, 2012, 2070 ss. (6) Una riflessione di carattere più generale sulle ragioni delle difficoltà applicative dell’art. 199 bis del codice del 2006, ora abrogato dal nuovo codice dei contratti del 2016, in P. Carpentieri, Sponsorizzazioni e mecenatismo nei beni culturali, nella rivista on line Giust.Amm.it (al sito http://www.giustamm.it), 28 maggio 2014. Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti luogo della cultura (un museo, una biblioteca, un archivio, un’area archeologia, un parco archeologico), mediante elargizioni periodiche utilizzabili dall’ente beneficiario anche per far fronte alle spese ordinarie e correnti di funzionamento, oltre che a quelle di investimento. Indubbiamente questa modalità di sostegno dell’impegno sociale dell’impresa può trovare anche forme alternative di espressione, quali il mecenatismo (che gode del credito d’imposta del 65%, così detto “art. bonus”, di cui all’art. 1 del D.L. n. 83 del 2014 e successive modificazioni, reso stabile e definitivo dalla legge di stabilità per il 2016, L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 318), oppure l’ingresso del benefattore nel board della fondazione o dell’istituto beneficato (si parla in questi casi di operating foundation per distinguere dalla prima forma di mecenatismo puro, detta granting foundation), nel qual caso, però, il mecenate non potrà godere di particolari benefici fiscali. Questo ampliamento dell’ambito applicativo della sponsorizzazione culturale merita di essere salutato con particolare favore perché potrà agevolmente consentire forme di sostegno significative, capaci di dare un notevole sollievo ai costi diretti di gestione dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura, mediante, per esempio, sponsorizzazione tecnica dei servizi di climatizzazione, di videosorveglianza, di vigilanza, di illuminazione, ma anche (perché no?) di pulizia, etc., nonché di fornitura di energia elettrica, di acqua, etc. Tali soluzioni sono inoltre facilitate dalla chiarificazione della possibilità di attuazione della sponsorizzazione anche mediante accollo del debito. Nella nuova disciplina della sponsorizzazione resta peraltro la possibilità per l’amministrazione di farsi parte attiva e diligente nell’assumere essa stessa l’iniziativa per la ricerca di sponsor, anche mediante la pubblicazione sul proprio sito di una lista di beni e di servizi da sponsorizzare, senza dover necessariamente attendere solo le proposte dei privati. Si auspica che la pubblicazione dell’avviso dell’avvenuta ricezione di una offerta di sponsorizzazione (o di una ricerca di sponsor) obbedisca a criteri di assoluta semplificazione (ad avviso di chi scrive, sarebbe sufficiente una generica indicazione dell’avvenuta ricezione di una proposta di sponsorizzazione, tecnica o “pura”, senza la necessità di indicare il soggetto proponente, con l’indicazione del bene interessato, della natura dell’intervento - lavo- ro, servizio, fornitura -, di una sua sommaria descrizione e, infine, con un’indicazione di massima del controvalore pecuniario stimato). L’avviso persegue finalità informative di pubblicità-trasparenza e non deve trasmodare in una impropria sollecitazione di confronto concorrenziale. Il confronto potrà esserci solo se altre imprese si facciano spontaneamente avanti, nel lasso di tempo di durata della pubblicazione dell’avviso, a proporre una propria offerta migliorativa. Solo in questo caso potrà aprirsi una fase negoziale nella quale le imprese concorrenti potranno essere invitate a dei rilanci (fermi restando l’oggetto e la natura del rapporto proposto; ed invero la libera negoziabilità del contenuto contrattuale deve essere intesa con riferimento agli elementi accidentali del negozio, non al nucleo essenziale della proposta). Sarà infine importante che nell’avviso, in specie se pubblicato su iniziativa dell’amministrazione, siano indicate, sia pur nelle linee essenziali, le forme (le modalità e i limiti) della “controprestazione” offerta, in termini di possibile associazione pubblicitaria e promozionale della ditta o del marchio dell’impresa sponsor al bene culturale sponsorizzato. La sponsorizzazione, come è noto, gode di un particolare regime fiscale di vantaggio. L’art. 108 del TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986), relativo alle spese di pubblicità e di rappresentanza, prevede la deducibilità dal reddito dell’impresa delle spese di sponsorizzazione. Il regime è tuttavia sensibilmente diverso a seconda se tali spese siano considerate di pubblicità - nel qual caso sono integralmente deducibili nell’anno in cui sono state sostenute oppure in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi - o di rappresentanza - nel qual caso la deducibilità avviene nel periodo di sostenimento ed è condizionata dai noti criteri di inerenza e congruità determinati mediante il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 19 novembre 2008 (in base all’art. 2 di tale decreto, le spese di rappresentanza sono deducibili in misura forfetaria pari: a) all’1,3% dei ricavi e altri proventi fino a euro 10 milioni; b) allo 0,5% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni; c) allo 0,1% dei ricavi e altri proventi per la parte eccedente euro 50 milioni. L’opinione prevalente si orienta nel senso della qualificazione delle spese di sponsorizzazione come spese di rappresentanza (7)). (7) Cass., Sez. VI, 5 marzo 2012, n. 3433, in linea con Id. 15 aprile 2011, n. 8679; 28 ottobre 2009, n. 22790; 7 agosto 2008, n. 21270; 27 giugno 2008, n. 17602; 23 aprile 2007, n. 9567. Si veda la circ. n. 34/E del 13 luglio 2009 dell’Agenzia delle entrate. Sulle nozioni di inerenza e congruità, a fini fiscali, delle spese di rappresentanza, cfr. Cass., Sez. V, 27 aprile 2012, n. 6548. La Cassazione è di recente nuovamente intervenuta sulla qualificazione delle spese di sponsorizzazione quali spese di pubblicità (integralmente deducibili) o rappresentanza (limitatamente deducibili) con la sentenza 27 maggio 2015, n. Urbanistica e appalti 8-9/2016 1025 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti L’Agenzia delle entrate (Ris. n. 88/E dell’11 luglio 2005) ha altresì affermato che la sponsorizzazione è soggetta ad IVA, in misura pari all’aliquota ordinaria, da applicarsi sulle somme versate dallo sponsor a fronte della “prestazione di servizi” dello “sponsee”. Questo vale anche con riferimento alle sponsorizzazioni tecniche e a quelle “miste”, che realizzano un’operazione permutativa, da assoggettare all’imposta separatamente da quella in corrispondenza della quale è effettuata. In questo caso, pertanto, sia lo sponsor che lo “sponsee” sono tenuti alla fatturazione sulla base del valore della prestazione e ai successivi adempimenti previsti dalla legge. L’art. 29 del decreto sulle semplificazioni fiscali n. 175 del 2014 ha modificato l’art. 74, comma 6, d.P.R. n. 633 del 1972, aumentando al 50% la detrazione forfettaria IVA riconosciuta per le operazioni di sponsorizzazione. Il decreto sulle semplificazioni fiscali ha disposto un’unica percentuale di detrazione per le prestazioni pubblicitarie e quelle di sponsorizzazione, assoggettandole a una misura di detrazione forfettaria dell’IVA pari al 50% (nel testo previgente l’art. 74 prevedeva una detrazione IVA ridotta a 1/10 per le operazioni di sponsorizzazione e a 1/3 per le cessioni e concessioni di ripresa televisiva e trasmissione telefonica; nella relazione illustrativa all’art. 29 del decreto sulle semplificazioni fiscali si afferma che: “La semplificazione è operata nell’ottica della riduzione del contenzioso dovuto in particolare alla difficoltà di distinguere tra prestazioni di pubblicità e di sponsorizzazione”). Un’ulteriore novità di grande rilievo è contenuta nel comma 3 dell’art. 151, che disciplina innovative forme speciali di partenariato pubblico-privato nel campo dei beni culturali. La norma risponde a un’esigenza emersa nella pratica, caratterizzata da rapporti di partenariato di durata, ad assetti variabili e con cause giuridiche ed oggetti plurimi. La norma in esame conclude un percorso giuridico avviato già con la previsione contenuta nell’art. 12, comma 2, D.L. n. 91 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 112 del 2013 (in base alla quale entro il 31 ottobre 2013 il Ministro avrebbe dovuto individuare, in coerenza con l’art. 9 Cost., sulla base della legislazione vigente e alla luce delle indicazioni fornite dalla commissione di studio già costituita presso il Ministero, forme di coinvolgimento dei privati nella valorizzazione e gestione dei beni culturali, con riferimento a beni individuati con decreto del medesimo Ministro), norma che non ha avuto poi seguito, soprattutto a causa della sua ristretta formulazione (ed è stata quindi abrogata dall’art. 1, comma 6, D.L. n. 83 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 106 del 2014). La pratica ha dato vita a figure “ibride”, di difficile collocazione giuridica, spesso cumulando insieme una pluralità di tipi e di cause negoziali e di fini economico-sociali, che vanno dalla collaborazione scientifica alla cooperazione in azioni e manifestazioni di valorizzazione del patrimonio, in Italia e all’estero (si pensi all’art. 67 codice dei beni culturali, che prevede tra l’altro casi di uscita temporanea di beni culturali in attuazione di accordi culturali con istituzioni museali straniere), dal concorso in attività prodromiche alla (o integrative della) tutela (quali la ricerca sulle tecnologie e le scienze applicate al restauro, la catalogazione, la redazione di inventari) alla ricerca archeologica, anche nelle forme della concessione di cui all’art. 89 del codice, dalla collaborazione nell’attuazione delle misure di valorizzazione e di gestione delle buffer zone annesse ai siti dichiarati Unesco agli stessi interventi di gestione e apertura alla pubblica fruizione di tali siti: una pluralità dinamica e mutevole di forme di partenariato, che possono comportare anche la concessione in gestione di istituti e luoghi della cultura poco valorizzati (cfr. il recente decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo 6 ottobre 2015) e l’instaurazione di forme di collaborazione con soggetti del volontariato e del terzo settore che, senza fini di lucro, applicano i principi della sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, ultimo comma, Cost. Si tratta di rapporti che vanno al di là del mero partenariato di tipo contrattuale (come accade negli appalti e nelle concessioni), ma non pervengono ancora a una forma di vera e propria istituzionalizzazione, come accade nel caso in cui si dia luogo alla creazione di soggetti fondazionali o associativi appositi per la gestione 10914, limitandosi tuttavia a fornire un criterio discretivo di massima, che lascia la decisione all’esame dei casi concreti da parte degli operatori e dell’amministrazione finanziaria. La Corte ha richiamato la propria giurisprudenza secondo la quale, in tema di imposte sui redditi delle persone giuridiche, il criterio discretivo tra le spese di rappresentanza e le spese di pubblicità deve essere individuato nella diversità, anche strategica, degli obiettivi. Costituiscono, infatti, spese di rappresentanza i costi sostenuti per accrescere il prestigio e l’immagine della società e per potenziarne le possibilità di sviluppo, senza dare luogo all’aspettativa di un incremento delle vendite, mentre sono spese di pubblicità o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque al fine diretto dell’incremento delle vendite. Il D.Lgs. n. 156 del 2015 (art. 7, comma 8) ha opportunamente introdotto il nuovo comma 4 bis dell’art. 108 TUIR, ove è prevista la possibilità per il contribuente, ai fini della deducibilità delle spese di cui al comma 2, di interpellare l’amministrazione in ordine alla qualificazione delle spese sostenute. 1026 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti di siti culturali; tali rapporti, nella loro peculiarità, reclamano quindi uno specifico riconoscimento e una più sicura base giuridica, che potrebbe essere offerta da questa apposita disposizione contenuta nel comma 3 dell’art. 151 del nuovo codice dei contratti. Tale forma speciale di partenariato deve dunque essere bene distinta da quella comune o generale prevista dal codice dei contratti agli artt. 180 ss., incentrata essenzialmente sull’idea della finanza di progetto, dove un bene realizzato o fornito dal partner privato viene da questi sfruttato in concessione per recuperare le spese e remunerarsi. Il partenariato in generale risponde dunque ad esigenze diverse, mira essenzialmente alla realizzazione di opere pubbliche e alla loro gestione, con annesso servizio al pubblico, con scarso impegno economico-finanziario dell’amministrazione. Si configura quindi come una fattispecie complessa, dove il finanziatore si occupa della realizzazione dell’opera pubblica e anche della sua gestione a fini remunerativi, con conseguente applicazione delle procedure di evidenza pubblica per la scelta del partner. Diversamente, la figura speciale prevista dall’art. 151, comma 3, nel campo dei beni culturali, a fini di fruizione e ricerca scientifica, presenta finalità peculiari, come sopra tratteggiate, e si prevede che l’individuazione del partner avvenga mediante procedure semplificate, analoghe a quelle previste per la sponsorizzazione (o anche ulteriori). La fiducia e l’intuitus personae giocano un ruolo fondamentale, poiché questo partenariato, pur restando di tipo contrattuale, tende ad assumere connotazioni quasi associative, implicando un percorso comune di gestione di un determinato sito culturale, nelle diverse dimensioni della ricerca, dello studio, della catalogazione, del restauro, dell’apertura alla pubblica fruizione, alla valorizzazione, etc. Ed invero, ancorché di tipo “contrattuale” e non “istituzionale” (nel senso che non dà luogo alla costituzione di un apposito soggetto fondazionale o associativo di cui al Libro I del codice civile, ma resta a livello di rapporto convenzionale di durata), il partenariato in questione può assumere una maggiore “strutturazione” quasi-organizzativa nello svolgimento del rapporto, sotto il profilo della previsione di appositi comitati o tavoli tecnici (o cabine di regia o steering committee) a composizione mista o paritetica con il partner privato cui è demandato il monitoraggio o l’indirizzamento della fase esecutiva. Tra i diversi tipi e cause contrattuali che potranno utilmente combinarsi all’interno di questo nuovo Urbanistica e appalti 8-9/2016 “contenitore” messo in campo dalla norma in esame, vi potranno dunque essere sia elargizioni liberali e/o sponsorizzazioni (le une e le altre sia di danaro, sia tecniche, potendo avere ad oggetto la fornitura di servizi di progettazione, di assistenza museale, di allestimento e presentazione per la pubblica fruizione di istituti e luoghi della cultura, di consulenza organizzativa, aziendale, di marketing, di comunicazione, legali, etc.), sia collaborazioni scientifiche e di ricerca, per esempio nello svolgimento d’intesa di un comune programma di ricerca, che condivida obiettivi e metodologie. La previsione dell’art. 151, comma 3, costituisce dunque una norma “aperta” che potrà man mano riempirsi di contenuti applicativi specifici sulla base dell’esperienza e delle buone pratiche che potranno essere avviate e sperimentate nella concreta operatività degli uffici. L’istituto può trovare spazio anche in relazione agli accordi di valorizzazione dei beni culturali pubblici previsti dall’art. 112 del codice di settore, volti a definire le politiche strategiche di sviluppo culturale (eventualmente rimettendone l’attuazione a soggetti, appositamente costituiti, aventi funzione di “cabina di regia”) oppure diretti a regolare, anche con la partecipazione dei privati interessati, servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e valorizzazione di beni culturali. Il partenariato pubblico-privato, in attuazione di tali disposizioni, può offrire un importante strumento di integrazione delle attività di valorizzazione, consentendo di beneficiare del sostegno di soggetti privati, singoli o associati, che possono contribuire alla definizione di obiettivi, tempi e modalità della valorizzazione, all’individuazione di adeguate forme di gestione dei beni e alla promozione e diffusione della conoscenza. Più in particolare, il partenariato di cui all’art. 151 può innestarsi sia all’interno del processo “ascendente” di “definizione” degli accordi di valorizzazione, quale momento preparatorio, lì dove si presenti l’esigenza dell’acquisizione di un contributo ideativo e propositivo propedeutico alla definizione delle stesse strategie e delle conseguenti programmazioni di valorizzazione facenti capo alla competenza degli Enti pubblici coinvolti, sia nella fase “discendente” applicativa dell’accordo di valorizzazione, sotto il profilo dell’elaborazione dei conseguenti piani e progetti attuativi delle linee strategiche e programmatiche riversate nell’accordo ex art. 112. 1027 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. TROVARE NEI TUOI LIBRI LA SOLUZIONE CHE CERCHI, DA OGGI È ANCORA PIÙ SEMPLICE. 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Opinioni Nuovo Codice appalti Settori speciali I settori speciali sempre meno speciali (e sempre più ordinari) di Hebert D’Herin Rispetto all’ordinamento previgente, il nuovo Codice segna una decisa attenuazione delle peculiarità dei settori speciali. Tale attenuazione opera in una duplice direzione: nel senso di un’assimilazione dei settori speciali a quelli ordinari ma anche, però, nel verso opposto, a seconda che si ponga l’accento sull’estensione ai primi di istituti giuridici tradizionalmente propri dei secondi o, viceversa, sulla sottoposizione dei secondi alle regole già dettate per i primi. Senza alcuna pretesa di completezza e con approccio necessariamente sintetico, le considerazioni che seguono si propongono di ‘fare una carrellata’ degli elementi più significativi di questo percorso di avvicinamento a doppio senso di marcia. I. La specificità dei settori speciali nell’ordinamento previgente I.1. La specificità del regime giuridico dei settori speciali - ovvero dei settori dei contratti pubblici relativi a gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, porti e aeroporti, servizi postali e sfruttamento di area geografica, così come definiti nell’art. 3 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (nel prosieguo: il Codice) - affonda le sue radici nella Dir. 71/305/CEE del 26 luglio 1971 relativa agli appalti pubblici di lavori dal cui ambito applicativo sono tout court esclusi tanto gli appalti di lavori pubblici aggiudicati da “enti di diritto pubblico che gestiscono servizi di trasporto” quanto quelli “aggiudicati dai servizi di produzione, di erogazione e di trasporto di acqua e di energia” (art. 3). Le ragioni dell’esclusione risiedono nella constatazione di una diffusa presenza pubblica, accanto a quella privata, nella gestione delle predette attività e nella correlata esigenza di evitare che le stesse possano essere sottoposte “a regimi differenti a seconda che esse dipendano dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o dalle altre persone giuridiche di diritto pubblico o che abbiano una distinta personalità giuridica” (6° considerando). (1) Sulle ragioni della specificità dei settori speciali vedi A. Carullo - G. Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2009, 1114; R. Palasciano, Gli appalti pubblici nei settori speciali: soglie di rilevanza comunitaria, ambito di applicazione e disciplina applicabile, in M. Sanino Urbanistica e appalti 8-9/2016 Per le stesse ragioni, sono integralmente sottratti all’applicazione della successiva Dir. 77/62/CE del 21 dicembre 1976, relativa agli appalti pubblici di forniture, sia gli appalti pubblici di forniture aggiudicati da enti che gestiscono servizi di trasporto sia quelli stipulati da aziende di produzione, trasporto ed erogazione di acqua e di energia, nonché i servizi che operano nel settore delle telecomunicazioni. Rilevano, in sostanza, tanto le caratteristiche soggettive degli enti aggiudicatori quanto la rilevanza strategica delle relative attività per l’economia nazionale e comunitaria (1). I.2. Ad un primo regime di integrale sottrazione segue - nell’ottica del superamento di quella “chiusura dei mercati (...) dovuta alla concessione, da parte delle autorità nazionali, di diritti speciali o esclusivi” in favore degli enti che operano in questi settori (considerando 11) ed ai condizionamenti sul loro operato da parte delle medesime autorità nazionali in quanto titolari “di partecipazione nei relativi capitali sociali” o della “rappresentanza negli organi amministrativi, direttivi o di vigilanza” (considerando n. 12) - l’introduzione di un regime differenziato, caratterizzato da una maggiore flessibilità e da minori vincoli procedurali, inaugurato (a cura di), Commento al codice dei contratti pubblici, Milano, 2000, 2011; F. Caringella e M. Protto, Regolamento unico dei contratti pubblici, Roma, 2012, 817; D. Galli - M. Nesi, Appalti pubblici, Milano, 2015, 1283. 1029 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti con il varo delle direttive 90/531/CEE del 17 settembre 1990 e 93/38/CEE del 14 giugno 1993 (relative alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni) e poi proseguito con la Dir. 2004/17/CE del 31 marzo 2004 (relativa alle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali). I.3. Il recepimento di tale regime nell’ordinamento interno è opera, rispettivamente, del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 158, prima, e del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, poi. Il D.Lgs. n. 158/1995 disegna un corpus normativo autonomo, costituito da 30 articoli e da 17 allegati, integrato dal rinvio a 20 fonti normative esterne relative agli appalti pubblici dei settori ordinari, di cui 2 riconducibili alla L. 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici), 7 al D.Lgs. 19 dicembre 1991, n. 406 (Attuazione della Dir. 89/440/CEE in materia di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici), 6 al D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 (Attuazione della Dir. 92/50/CEE in materia di appalti pubblici di servizi) e 5 al D.Lgs. 24 luglio 1992, n. 358 (Testo Unico delle disposizioni in materia di appalti pubblici di forniture). Il D.Lgs. n. 163/2006, ispirato dall’esigenza di riordino dell’intera materia, confina la materia dei settori speciali nella sua parte III, costituita da 34 articoli e 10 allegati ed integrata, sulla base del rinvio contenuto nell’art. 206, da 92 articoli applicabili ai settori ordinari, di cui 28 della Parte I, 37 della Parte II, 15 della Parte IV e 12 della Parte V. I dati numerici, già di per sé, indicano un processo di progressiva osmosi tra settori speciali e settori ordinari. Ciò nondimeno, la giurisprudenza formatasi nell’ordinamento previgente è ferma nel rimarcare la specificità dei settori speciali (2). (2) Cfr. ex multis T.A.R. Piemonte, Sez. I, 17 marzo 2016, n. 369 in cui si rimarca la “peculiarità e (...) la specialità degli appalti rientranti nei “settori speciali”, i quali, in presenza dei necessari presupposti soggettivi e oggettivi normativamente previsti, obiettivamente si differenziano dalla generalità degli appalti di lavori, servizi e forniture nei settori ordinari, di cui alla parte II del Codice dei contratti pubblici, e proprio in virtù di tale differenziazione sono oggetto di specifica apposita normativa di cui alla parte III del Codice dei contratti pubblici” in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2015, n. 497 in cui si evidenzia che “la normativa comunitaria 1030 II. La specificità dei settori speciali nel Codice II.1. Anche la Dir. 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 si colloca nel solco della “specialità” tracciato dalle precedenti direttive. Essa, infatti, esordisce proprio rimarcando l’opportunità di mantenere “norme riguardanti gli appalti degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, in quanto le autorità nazionali continuano a essere in grado di influenzare il comportamento di questi enti, anche attraverso la partecipazione al loro capitale sociale o l’inserimento di propri rappresentanti nei loro organi amministrativi, direttivi o di vigilanza. Un ulteriore motivo che spinge a continuare a regolare normativamente gli appalti pubblici in questi settori è costituito dalla natura chiusa dei mercati in cui agiscono gli enti in tali settori, data l’esistenza di diritti speciali o esclusivi concessi dagli Stati membri in materia di alimentazione, fornitura o gestione delle reti per erogare il servizio pertinente”. Sicché la legge delega del 28 gennaio 2016, n. 11 nel proposito di mantenere un corpo normativo a sé stante per i settori speciali - contempla tra i principi e criteri direttivi generali cui si deve attenere il legislatore delegato la “puntuale indicazione, in materia di affidamento dei contratti nei settori speciali, delle disposizioni ad essi applicabili, anche al fine di favorire la trasparenza nel settore e la piena apertura e contendibilità dei relativi mercati”. Malgrado ciò, la netta impressione che si ricava da una prima lettura del Codice è quella di una decisa attenuazione della specialità dei settori in argomento rispetto allo status quo ante e di una loro assimilazione ai settori ordinari, proseguendo in quel processo di osmosi cui si è fatto cenno prima. II.2. Tale dato di fatto è la conseguenza della concorrente volontà del legislatore eurounitario e di quello nazionale. Sul fronte eurounitario, i punti di contatto tra la Dir. 2014/25/UE, relativa ai settori speciali, e la die nazionale, pur perseguendo lo scopo di sottoporre alla disciplina di evidenza pubblica anche i c.d. settori speciali (già ‘esclusi’, perché regolati dal diritto privato), delimita in modo rigoroso non solo il loro ambito soggettivo ma anche quello oggettivo, descrivendo in dettaglio ciascun settore con prescrizioni che devono essere applicate restrittivamente, onde conservare ai detti settori connotati di specialità, e alle stazioni appaltanti maggiore libertà nella scelta degli operatori economici” in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Milano, Sez. I, 15 maggio 2012, n. 1356 in www.giustizia-amministrativa.it). Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti rettiva 2014/24/UE, relativa a quelli ordinari, sono maggiori rispetto al passato. La prima, infatti, non si limita a fare appello ai “criteri oggettivi per l’esclusione e la selezione degli operatori economici” disciplinati dalla seconda (art. 80) (3), ma con quest’ultima condivide nuovi strumenti procedurali, quali ad esempio i partenariati per l’innovazione (art. 49) e le consultazioni preliminari di mercato (art. 58), oltre che la regolamentazione ex novo della fase esecutiva dell’appalto attraverso la previsione, altrettanto nuova, degli istituti del subappalto (art. 88), delle modifiche ai contratti in corso (art. 89) e della risoluzione (art. 90). Sul fronte interno, invece, il legislatore nazionale, in nome dei “principi di trasparenza e di apertura dei mercati” (4), rende applicabili ai settori speciali disposizioni di maggior rigore o dettaglio già sperimentate nei settori ordinari ma del tutto inedite per i primi com’è, ad esempio, in materia di verifica della progettazione o di modalità di individuazione della soglia di anomalia delle offerte. II.3. Il ridimensionamento delle peculiarità dei settori speciali è evidente anche sotto il profilo dell’organizzazione sistematica della materia. La disciplina degli appalti nei settori speciali non costituisce più, come in passato, l’oggetto di una “Parte” del Codice a ciò espressamente dedicata. Il corpo principale delle disposizioni dei settori speciali è oggi contenuto nel Capo I, Titolo VI, della Parte II (relativa anche i settori ordinari); la tecnica legislativa utilizzata è quella già collaudata nel D.Lgs. n. 163/2006 e consiste nella previsione di disposizioni specifiche e nella ricognizione, ad opera, in particolare, degli artt. 114, 122 e 133, delle disposizioni applicabili dettate per i settori ordinari. Oltre ad esse, tuttavia, numerose altre disposizioni si trovano disseminate già prima nel Titolo II della Parte I (ad es. artt. 5, 6, 7, 8, 9, 11, 17, 18) oppure, ancora, nel Titolo II (ad es. artt. 38, 43) e nel Titolo V (ad es. artt. 106 e 108) della Parte II. Alcune di queste sono specifiche dei settori speciali (ad es. artt. 6, 7, 8) altre, invece, hanno quali loro destinatari tanto le “amministrazioni aggiudicatrici” quanto gli “enti aggiudicatori”, tanto i “settori ordinari” quanto i “settori speciali” (cfr. artt. 9, 17, 18, 38, 43, 106, 108). Come efficacemente sottolineato dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato nel parere del 21 marzo 2016, “il codice (...) individua, per i settori speciali, la disciplina applicabile con una triplice tecnica: - la inclusione, già nella parte generale, di disposizioni specifiche per i settori speciali; - la ricognizione delle disposizioni applicabili, dettate per i settori ordinari; - le disposizioni specifiche”. Sotto il profilo sistematico, dunque, la disciplina dei settori speciali esce da quell’isolamento cui l’aveva confinata la Parte III del D.Lgs. n. 163/2006 e si amalgama con quella dei settori ordinari. II.4. Schematizzando, è possibile concludere che l’attenuazione delle peculiarità dei settori speciali operi all’interno del Codice in una duplice direzione: nel senso di un’assimilazione dei settori speciali a quelli ordinari ma anche, però, nel verso opposto, a seconda che si ponga l’accento sull’estensione ai primi di istituti giuridici tradizionalmente propri dei secondi o, viceversa, sulla sottoposizione dei secondi alle regole già dettate per i primi. Senza alcuna pretesa di completezza e con approccio necessariamente sintetico, le considerazioni che seguono si propongono di ‘fare una carrellata’ degli elementi più significativi di questo percorso di avvicinamento a doppio senso di marcia. L’attenzione, dunque, sarà catturata non tanto (o non solo) dalle novità che investono entrambi i settori - quali, ad esempio, il partenariato per l’innovazione, il ricorso obbligatorio a strumenti elettronici di negoziazione e di aggiudicazione od il favor per il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa - quanto, piuttosto, da quegli istituti che nell’ordinamento previgente costituivano patrimonio esclusivo di uno di essi e che oggi, invece, sono comuni ad entrambi i settori. (3) Disciplina di identico tenore era contenuta nell’art. 54 della Dir. 2004/17/CE che rinviava all’art. 45 della Dir. 2004/18/CE. (4) Vedasi, in tal senso, il paragrafo III.1 del parere della Commissione Speciale del Consiglio di Stato del 21 marzo 2016 sullo schema di Codice. Urbanistica e appalti 8-9/2016 III. L’assimilazione dei settori speciali a quelli ordinari III.1. Diversi e molteplici sono gli ambiti materiali in relazione ai quali il Codice abbrevia le distanze preesistenti tra settori speciali ed ordinari, ritagliando la disciplina dei primi su quella dei secondi. Va, anzitutto, dato conto della soppressione della facoltà in capo agli enti aggiudicatori di optare per l’applicazione, su base volontaria, delle disposizioni 1031 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti dettate per i settori ordinari, secondo quanto già previsto dall’art. 206, comma 3, del D.Lgs. n. 163/2006 (“nel rispetto del principio di proporzionalità, gli enti aggiudicatori possono applicare altre disposizioni della parte II, alla cui osservanza non sono obbligati in base al presente articolo, indicandolo nell’avviso con cui si indice la gara, ovvero, nelle procedure in cui manchi l’avviso con cui si indice la gara, nell’invito a presentare un’offerta”) cui faceva eco l’art. 339, comma 2, d.P.R. n. 207/2010 (“gli enti aggiudicatori hanno comunque facoltà di applicare, nel rispetto dei principi di proporzionalità e adeguatezza, le disposizioni del presente regolamento diverse da quelle elencate al comma 1, con apposita previsione contrattuale dandone preventiva comunicazione nell’avviso con cui si indice la gara o nell’invito a presentare offerta”). Il venir meno di tale possibilità pare doversi correlare al c.d. divieto di gold plating contenuto nel primo criterio direttivo della legge delega ossia al “divieto di introduzione o di mantenimento di livelli regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive, come definiti dall’articolo 14, commi 24ter e 24-quater, della legge 28 novembre 2005, n. 246” (5). Così facendo, se da un lato si rende immune la disciplina dei settori speciali da eventuali dilatazioni del suo ‘normale’ campo di applicazione, dall’altro lato se ne compromette però significativamente la sua flessibilità che, storicamente, l’ha sempre contraddistinta da quella dei settori ordinari. III.2. Nell’impianto normativo previgente, i settori speciali non sono soggetti agli obblighi di pianificazione e di programmazione delle acquisizioni di lavori, di servizi e di forniture. L’art. 206 del D.Lgs. n. 163/2006 non richiama, in quanto applicabile ai settori speciali, l’art. 128 relativo alla programmazione dei lavori pubblici mentre l’art. 342, comma 2, d.P.R. n. 207/2010 precisa che “agli enti aggiudicatori non si applicano le disposizioni del presente regolamento contenute nella Parte II, Titolo I, Capo II (programmazione dei lavori) e nell’art. 271 (programmazione dell’attività contrattuale per l’acquisizione di beni e servizi)”. E ciò anche se il lavoro, il servizio o la fornitura nel settore speciale siano affidati da amministrazioni aggiudicatrici. Nello schema di Codice approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 marzo 2016, l’art. 21 prevede(va) che “le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori adottano il programma biennale degli acquisiti di beni e di servizi e il programma triennale dei lavori, nonché i relativi aggiornamenti annuali”. A seguito dei rilievi formulati dalla Commissione Speciale del Consiglio di Stato - che evidenzia la “problematica conciliabilità” dell’obbligo in esame con l’attività degli enti aggiudicatori che “opera(no) in un mercato competitivo e che per tale ragione dovrebbe(ro) poter modificare le proprie strategie di impresa ed i propri piani di investimento in tempi e secondo modalità che non sarebbero compatibili con i vincoli procedurali stabiliti dalla disciplina in commento” - è stato espunto il riferimento agli enti aggiudicatori nella versione definitiva del testo. Poiché, tuttavia, l’art. 21 è comunque contenuto nella Parte I del Codice, le relative disposizioni si applicano anche agli appalti nei settori speciali, se ed in quanto aggiudicati però da amministrazioni aggiudicatrici, ai sensi di quanto previsto nell’art. 114, comma 1, del medesimo Codice (“Ai contratti pubblici di cui al presente Capo si applicano le norme che seguono e, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 58 (...)”). Tanto più che la rubrica dell’art. 21 del Codice contiene ancora il riferimento testuale (forse un refuso) alle “stazioni appaltanti”, inclusivo anche degli enti aggiudicatori, secondo la definizione contenuta nell’art. 3, comma 1, lettera o). III.3. Decise e più marcate sono le novità in tema di servizi attinenti l’ingegneria e l’architettura. L’art. 206 del D.Lgs. n. 163/2006 non contempla l’art. 93 (livelli della progettazione per gli appalti e concessioni di lavori) fra quelli applicabili ai settori speciali. Del pari, l’art. 339 del d.P.R. n. 207/2010 non richiama le disposizioni contenute nella sua Parte II, Titolo II, Capo I, relative ai contenuti del progetto preliminare, definitivo e esecutivo dei lavori. (5) L’art. 14, comma 24 ter, L. 28 novembre 2005, n. 246 statuisce che “costituiscono livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive comunitarie: a) l’introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive; b) l’estensione dell’ambito soggettivo o oggettivo di applicazione delle regole rispetto a quanto previsto dalle direttive, ove comporti maggiori oneri amministrativi per i destinatari; c) l’introduzione o il mantenimento di sanzioni, procedure o meccanismi operativi più gravosi o complessi di quelli strettamente necessari per l’attuazione delle direttive”. 1032 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti Oggi la materia è però disciplinata nell’art. 23 del Codice, alla cui osservanza sono tenuti gli enti aggiudicatori ai fini dell’assegnazione tanto dei servizi di ingegneria ed architettura quanto dei lavori, ai sensi del ricordato art. 114, comma 1. Se così è, sotto il profilo in esame, l’omologazione dei settori speciali con quelli ordinari è da considerarsi piena ed include anche aspetti di dettaglio, quali ad esempio: - il principio di continuità nell’esecuzione delle prestazioni di progettazione definitiva ed esecutiva al fine di “garantire omogeneità e coerenza al procedimento”, ai sensi dell’art. 23, comma 12, del Codice, già affermata nei settori ordinari dall’art. 91, comma 4, D.Lgs. n. 163/2006; - il divieto di subappalto della relazione geologica, ai sensi dell’art. 31, comma 8, del Codice, negli stessi termini in cui è declinato nei settori ordinari dall’art. 91, comma 3, D.Lgs. n. 163/2006. Ma ancora dell’altro vi è da rilevare rispetto, in particolare, alla progettazione dei lavori. L’art. 206 del D.Lgs. n. 163/2006 non richiama l’art. 112 (verifica della progettazione prima dell’inizio dei lavori) come applicabile agli appalti di lavori dei settori speciali. A sua volta, l’art. 339 del d.P.R. n. 207/2010 non contempla le disposizioni contenute nella sua Parte II, Titolo II, Capo II, dettate in tema di verifica del progetto, fra quelle applicabili ai settori speciali. La disciplina della verifica preventiva della progettazione dei lavori è oggi contenuta nell’art. 26 del Codice che ne individua puntualmente i contenuti, oltre che i soggetti deputati istituzionalmente al loro espletamento (interni od esterni all’ente aggiudicatore), sulla falsariga di quanto già previsto negli artt. 48 e 52 del d.P.R. n. 207/2010. In ragione della sua nuova collocazione sistematica, anche la disciplina in esame è applicabile ai settori speciali. Di contro, il Codice ne salvaguarda le peculiarità rispetto alle modalità di affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura ed alla possibilità di affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione di lavori dal momento che le restrizioni per esse previste rispettivamente negli artt. 157 e 59, comma 1, del Codice non hanno quali destinatari gli “enti aggiudicatori” né sono richiamate tra quelle applicabili anche ai settori speciali. III.4. Analogo discorso può farsi per la progettazione dei servizi e delle forniture. L’art. 206 del D.Lgs. non contempla l’art. 94 (livelli della progettazione per gli appalti di servizi e for- Urbanistica e appalti 8-9/2016 niture) fra quelli applicabili ai settori speciali ed, anzi, l’art. 339 del d.P.R. 207/2010 esclude espressamente dal suo ambito operativo le disposizioni contenute nell’art. 279, commi 1 e 2, relative alla progettazione di servizi e forniture. L’art. 23 del Codice detta, invece, specifiche prescrizioni relative alla progettazione di servizi e forniture (commi 14 e 15) che, per le medesime ragioni di cui sopra, dovranno trovare applicazione anche nei settori speciali. III.5. L’equiparazione tra i settori ordinari e settori speciali è totale anche alla luce dell’introduzione nell’art. 29 del Codice degli obblighi di pubblicazione e di aggiornamento nella sezione “Amministrazione trasparente” di cui al D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33 di “tutti gli atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni”. Tanto più che gli obblighi in parola potrebbero tradursi, sul piano pratico, in una “forzatura” dell’ambito soggettivo di applicazione del D.Lgs. n. 33/2013, così come definito nel suo art. 11, ricomprendendovi anche i soggetti dei settori speciali che operano in virtù di diritti speciali o esclusivi ma che non sono necessariamente riconducibili “agli enti di diritto privato in controllo pubblico, ossia alle società e agli altri enti di diritto privato (...) sottoposti a controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile da parte di pubbliche amministrazioni, oppure agli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi” (art. 11 del D.Lgs. n. 33/2013). III.6. Tra le principali novità del Codice figurano, indubbiamente, l’introduzione di un sistema di qualificazione obbligatoria delle stazioni appaltanti, prevista e disciplinata nell’art. 37, nonché l’istituzione di un albo dei componenti delle commissioni giudicatrici presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione cui attingere in caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prevista e disciplinata negli artt. 77 e 78. Da entrambe le novità sono però esclusi “gli enti aggiudicatori che non sono amministrazioni aggiudicatrici”, ai sensi degli artt. 38, comma 10, e 77, comma 13. Se v’è peculiarità dei settori speciali, questa è però parziale dal momento che viene meno se ad aggiu- 1033 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti dicare l’appalto sia un’amministrazione aggiudicatrice cui si applicherà in toto il regime dettato per i settori ordinari. III.7. Anche la rinnovata disciplina dei requisiti di partecipazione (di capacità economica-finanziaria e tecnica) denota un progressivo appiattimento dei settori speciali su quelli ordinari. L’art. 136 del Codice dà facoltà agli enti aggiudicatori (“possono”) di adottare, ai fini della selezione degli offerenti nelle procedure aperte, ristrette, negoziate o nei dialoghi competitivi, “i criteri di selezione di cui all’articolo 83”, precisando, tuttavia, che il ricorso a questi è possibile “alle condizioni stabilite in detto articolo, in particolare per quanto riguarda il massimale relativo ai requisiti sul fatturato annuale, come previsto dal comma 5 di detto articolo” (comma 2) e che, in ogni caso, “si applicano gli articoli 85, 86 e 88” (comma 3). L’art. 85, in particolare, rinvia all’allegato XVII che, a sua volta, identifica in modo puntuale i parametri su cui commisurare la capacità economicafinanziaria e tecnica degli operatori economici (prevedendo, ad esempio, in relazione ai primi “una dichiarazione concernente il fatturato globale e, se del caso, il settore di attività oggetto dell’appalto al massimo per gli ultimi tre esercizi disponibili (...)”). Il margine di discrezionalità così concesso agli enti aggiudicatori risulta più contenuto rispetto a quello che connota l’ordinamento previgente, se solo si consideri che l’art. 340 del d.P.R. n. 207/2010 prevede nel secondo comma che “gli enti aggiudicatori possono stabilire una maggiore o minore estensione temporale del periodo, rilevante ai fini della dimostrazione dei requisiti di idoneità richiesti, fissato dagli articoli 41 e 42 del codice” (il primo dei quali si riferisce agli “ultimi tre esercizi”) ed elenca nel terzo comma i requisiti di qualificazione “a titolo esemplificativo”. Il Codice, inoltre, rende obbligatorio anche nei settori speciali l’utilizzo del Documento di gara unico europeo disciplinato dal suo art. 85; l’omologazione, sotto il profilo in esame, del regime dei settori speciali con quello dei settori ordinari è frutto della previsione del considerando n. 92 della Dir. 2014/257UE (6). III.8. L’art. 206, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006 prevede l’applicazione ai settori speciali dell’art. 86, relativo alle modalità di predeterminazione della soglia di anomalia delle offerte, “con la precisazione che gli enti aggiudicatori hanno facoltà di utilizzare i criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse”. Coerentemente, l’art. 339 del d.P.R. n. 207/2010 contempla l’applicazione delle disposizioni del regolamento contenute “nella parte II, titolo V, capo II (criteri di selezione delle offerte), con esclusione degli articoli 121, comma 1 (offerte anomale), nel caso in cui gli enti aggiudicatori, ai sensi dell’articolo 206, comma 1, del codice utilizzino un diverso criterio di individuazione delle offerte anormalmente basse rispetto a quello di cui all’articolo 86, comma 1, del codice, indicandolo nell’avviso con cui si indice la gara o nell’invito presentare offerte” (7). Il Codice segna un deciso cambio di rotta rispetto al passato dal momento che l’art. 133, comma 1, richiama tout court l’applicazione delle disposizioni dell’art. 97, senza introdurvi deroghe, e nel successivo comma 6 ribadisce che “gli enti aggiudicatori verificano la conformità delle offerte presentate dagli offerenti così selezionati alle norme e ai requisiti applicabili alle stesse e aggiudicano l’appalto secondo i criteri di cui agli articoli 95 e 97”. Pertanto, i criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse oggi sono gli stessi nei settori ordinari ed in quelli speciali così come identica è anche la modalità di loro predeterminazione mediante sorteggio pubblico in caso in caso di aggiudicazione con il criterio del prezzo più basso (art. 95, comma 2). III.9. L’art. 114, comma 8, del Codice - nella versione risultante a seguito della pubblicazione il 15 luglio u.s. dell’avviso di rettifica - precisa che “all’esecuzione dei contratti di appalto nei settori speciali si applicano le norme di cui agli articoli 100, 105, 106, 108 e 112”. Tralasciando il rinvio ai “principi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza, propor- (6) “Sempreché sia compatibile con la necessità di assicurare la realizzazione dell’obiettivo di pratiche commerciali leali pur permettendo la massima flessibilità, è opportuno prevedere l’applicazione della direttiva 2014/24/UE per quanto riguarda i requisiti relativi alla capacità economica e finanziaria e alle prove documentali. Agli enti aggiudicatori dovrebbe essere pertanto consentito di applicare i criteri di selezione di cui a tale direttiva e, qualora essi lo facciano, dovrebbero avere l’ob- bligo di applicare determinate altre disposizioni che riguardano, in particolare, il massimale relativo ai requisiti sul fatturato minimo nonché in materia di utilizzo del documento di gara unico europeo”. (7) In merito alla non applicabilità ai settori speciali dei criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse, vedi anche Cons. Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669. 1034 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti del “50 per cento del valore del contratto iniziale”, valevole soltanto nei settori ordinari. Fatto salvo il precedente distinguo, tuttavia, l’assimilazione dei settori speciali a quelli ordinari è totale. E non è cosa da poco se si consideri che nel contesto normativo previgente né gli artt. 114 e 132 del D.Lgs. n. 163/2006 né gli artt. 161 e 311 del d.P.R. n. 207/2010 sono annoverati tra quelli applicabili ai settori speciali. III.11. L’art. 108 disciplina le ipotesi di risoluzione facoltativa (comma 1) ed obbligatoria (comma 2) del contratto pubblico nonché l’iter procedimentale da seguire per la pronuncia della risoluzione in caso di “grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali” nonché di ritardo “per negligenza dell’appaltatore” (comma 3 e successivi). Tale disciplina rappresenta una novità per i settori speciali. Dal punto di vista dei contenuti, essa rimpiazza quella ab origine dettata dagli artt. da 135 a 139 del D.Lgs. n. 163/2006 per gli appalti di lavori nei settori ordinari, applicabile anche agli appalti di forniture e di servizi dei medesimi settori in forza del richiamo contenuto nell’art. 297 del d.P.R. n. 207/2010. Ma non, invece, agli appalti dei settori speciali in ragione del suo mancato richiamo tanto nell’art. 206 del D.Lgs. n. 163/2006 quanto nell’art. 339 del d.P.R. n. 207/2010. III.12 Il richiamo all’art. 112 è opera dell’avviso di rettifica pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana del 15 luglio u.s. e fa sì che anche l’esecuzione degli appalti nei settori speciali possa essere riservata a “operatori economici e a cooperative sociali e loro consorzi il cui scopo principale sia l’integrazione sociale e professionale delle persone con disabilità o svantaggiate”. zionalità, innovazione” contenuto nell’art. 100, le invocate disposizioni riguardano, rispettivamente, gli istituti del subappalto, delle modifiche/varianti ai contratti in corso di esecuzione e della risoluzione. Di questi, nel previgente ordinamento, soltanto il primo era applicabile ai settori speciali. L’art. 206 del D.Lgs. n. 163/2006, infatti, tra le diverse disposizioni contenute nella Parte II, Titolo I, Capo V (Principi relativi all’esecuzione del contratto) richiama soltanto l’art. 118 (subappalto) e precisa che “nessun altra norma (...) si applica (...) alla realizzazione delle opere appartenenti ai settori speciali”. Del pari, l’art. 339 del d.P.R. n. 207/2010, fra le disposizioni applicabili ai contratti dei settori speciali, annovera soltanto l’art. 170 relativo al “subappalto e cottimo”. L’introduzione anche nei settori speciali degli istituti delle modifiche/varianti ai contratti in corso e del recesso - ancorché imposta dalla Dir. 2014/25/UE - ne rende più simile la fase esecutiva a quella dei settori ordinari, certamente più di quanto non lo fosse in passato. III.10. L’art. 106 del Codice detta le condizioni in presenza delle quali è consentita l’introduzione di modifiche o di varianti ai contratti d’appalto in corso di validità. Esso rappresenta il nuovo punto di confluenza delle discipline in precedenza contenute negli artt. 132 del D.Lgs. n. 163/2006 e 161 del d.P.R. n. 207/2010, in tema di varianti dei lavori nei settori ordinari, dagli artt. 114 del D.Lgs. n. 163/2006 e 311 del d.P.R. n. 207/2010, in tema di varianti ai servizi e alle forniture nei settori ordinari, dagli artt. 57 e 221 del D.Lgs. n. 163/2006, in tema di affidamento diretto delle prestazioni c.d. “complementari”, e dall’art. 37 della L. 11 agosto 2014, n. 114, in tema di obblighi di trasmissione all’Autorità Nazionale Anticorruzione delle varianti in corso d’opera (8). Il risultato che ne deriva è quello di una regolamentazione applicabile in modo uniforme tanto ai lavori quanto ai servizi e alle forniture; tanto ai settori ordinari quanto a quelli speciali. L’unica differenza è che nei settori speciali non trova applicazione per i “lavori, servizi o forniture supplementari” (comma 1, lettera b) e per le “varianti in corso d’opera” (comma 1, lett. c) il limite IV.1. Si è detto, in precedenza, che l’accorciamento delle distanze tra settori speciali e settori ordinari passa anche attraverso l’applicazione ai secondi di istituti giuridici tradizionalmente propri dei primi. Tra questi ultimi un posto di riguardo occupa la c.d. “procedura negoziata previa pubblicazione del bando di gara” (o “previa indizione di gara”). (8) L’obbligo di comunicazione delle varianti nei settori speciali è stato invece introdotto al punto 3, lett. c), del comunica- to dell’Autorità Nazionale Anticorruzione del 17 settembre 2014. Urbanistica e appalti 8-9/2016 IV. L’assimilazione dei settori ordinari a quelli speciali 1035 Opinioni Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Nuovo Codice appalti Nell’ordinamento previgente, la procedura in argomento costituisce uno strumento di acquisizione ordinario nei settori speciali e del tutto eccezionale nei settori ordinari. Nei settori speciali, l’art. 220 del D.Lgs. n. 163/2006 pone la procedura negoziata “previo avviso con cui si indice la gara” in rapporto di completa alternatività rispetto alle procedure aperta o ristretta, senza alcuna predeterminazione delle ipotesi legittimanti il ricorso alla medesima. Di contro, nei settori ordinari l’art. 56 del D.Lgs. n. 163/2006 circoscrive la possibilità di ricorrere alla procedura negoziata previa pubblicazione di un bando di gara soltanto “in esito all’esperimento di una procedura aperta o ristretta o di un dialogo competitivo” quando “tutte le offerte presentate sono irregolari o inammissibili” oppure “nel caso di appalti pubblici di lavori, per lavori realizzati unicamente a scopo di ricerca, sperimentazione o messa a punto, e non per assicurare una redditività o il recupero dei costi di ricerca e sviluppo”. L’ordinamento vigente, sotto la spinta europea (9), apre invece le porte all’esperimento nei settori ordinari della procedura negoziata previo bando, oggi denominata “procedura competitiva con negoziazione”. L’art. 59 del Codice, infatti, consente il ricorso alla procedura competitiva con negoziazione in un maggiore numero di ipotesi rispetto al passato producendo un effetto di sostanziale deregulation quando, ad esempio, non siano presenti sul mercato “soluzioni immediatamente disponibili” oppure siano richieste, ai fini dell’aggiudicazione, “progettazione o soluzioni innovative” o, ancora, siano necessarie “preventive negoziazioni a causa di circostanze particolari in relazione alla natura, complessità o impostazione finanziaria e giuridica dell’oggetto dell’appalto o a causa dei rischi a esso connessi”. Se di certo non può parlarsi nei settori ordinari di un rapporto di alternatività tra procedura competitiva con negoziazione e procedure aperta e ristretta, poco però ci manca. IV.2. Piuttosto marcate risultano anche le similitudini nel regime dei contratti sotto soglia. Nei settori ordinari, il D.Lgs. n. 163/2006 dedica la sua Parte II, Titolo II, alla disciplina dei contratti sotto soglia comunitaria prevedendo il ricorso, oltre che alle ordinarie procedure di affidamento (aperta, ristretta, negoziata e dialogo competitivo), anche alle acquisizioni in economia (art. 125) e, in particolare, al cottimo fiduciario. Quest’ultimo, che costituisce “una procedura negoziata in cui le acquisizioni avvengono mediante affidamento a terzi” (art. 125, comma 4), è possibile a condizione che i lavori, i servizi e le forniture non eccedano il valore di euro 200.000 e siano sussumibili, quanto ad oggetto e tipologia, alle “categorie generali” individuate dal legislatore (art. 125, commi 6 e 10) e alle voci di spesa predeterminate con provvedimento di ciascuna stazione appaltante sulla base delle proprie specifiche esigenze (c.d. regolamento in economia). L’adozione del regolamento così come la riconducibilità dell’acquisto alle categorie merceologiche ivi predeterminate condizionano la fruibilità dello strumento del cottimo fiduciario. Di conseguenza, l’assenza di una di tali condizioni obbliga al ricorso alle procedure ordinarie. Nei settori speciali, invece, per gli appalti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, l’art. 238, comma 7, D.Lgs. n. 163/2006 autorizza le imprese pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi ad applicare “la disciplina contenuta nei rispettivi regolamenti, la quale, comunque, deve essere conforme ai principi dettati dal Trattato CE a tutela della concorrenza”. Il quadro si completa con l’art. 341 del d.P.R. n. 207/2010 che, per i contratti di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria conclusi dalle amministrazioni aggiudicatrici, prevede invece l’applicazione delle “disposizioni di cui all’articolo 339 e le disposizioni contenute nella parte II, titolo VIII, capo III (lavori in economia) e nella parte IV, titolo V (acquisizione di servizi e forniture sotto soglia e in economia)”. La disciplina dei contratti sotto soglia contenuta nell’art. 36 del Codice avvicina i settori ordinari a quelli speciali attraverso una sostanziale semplificazione delle modalità di affidamento in seno ai primi (10). Se da un lato, si conferma nei settori speciali la possibilità in capo alle imprese pubbliche ed ai sog- (9) Il considerando 42 della Dir. 2014/24/UE del 24 febbraio 2014 evidenzia che “è indispensabile che le amministrazioni aggiudicatrici dispongano di maggiore flessibilità nella scelta di una procedura d’appalto che prevede la negoziazione. (...) È opportuno che gli Stati membri abbiano la facoltà di ricorrere ad una procedura competitiva con negoziazione (...) in varie si- tuazioni qualora non risulti che procedure aperte o ristrette senza negoziazione possano portare a risultati di aggiudicazioni di appalti soddisfacenti”. (10) Tant’è che nel parere del 21 marzo 2016 la Commissione speciale del Consiglio di Stato “auspica(va) una prudenza del codice, quanto meno iniziale, nel tasso di semplificazione 1036 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Opinioni Nuovo Codice appalti getti titolari di diritti speciali o esclusivi di applicare la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, dall’altro lato si afferma nei settori ordinari il ricorso sistematico alla “procedura negoziata previa consultazione”, oggi consentita, indipendentemente dall’oggetto del contratto o dalla sua previa individuazione all’interno di un provvedimento a contenuto generale della stazione appaltante, nei servizi e nelle forniture per importi inferiori alle soglie comunitarie e nei lavori per importi inferiori a euro 1.000.000 (in modo non dissimile dalla prassi, in uso nei regolamenti sotto-soglia delle imprese pubbliche, di fissare soglie interne). Le stesse modalità valgono, poi, anche per gli appalti aggiudicati nei settori speciali dalle amministrazioni aggiudicatrici, secondo quanto sottolineato dall’Autorità Nazionale Anticorruzione nel documento di consultazione delle linee guida relative alle “procedure per l’affidamento dei contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione e gestione degli elenchi di operatori economici”. Così facendo, si finisce però per rendere sempre più impercettibile la linea di demarcazione tra i regolamenti di cui al comma 8 dell’art. 36 ed il regime di cui al comma 2 del medesimo articolo. V. Quali margini di specialità? Nonostante il processo di avvicinamento in atto, permangono comunque sostanziali differenze tra i settori speciali e i settori ordinari, anche soltanto sotto i profili della possibilità di sottrarre al Codice attività dei settori speciali direttamente esposte alla concorrenza (art. 8) o della diversa quantificazione delle rispettive soglie di rilevanza comunitaria (art. 35) o, ancora, della facoltà in capo agli enti aggiudicatori di istituire autonomi sistemi di qualificazione (art. 128) o, infine, della previsione di un regime particolare nei settori speciali per le of- delle procedure degli affidamenti sotto soglia. Semplificazione che può tradursi in una perdita di concorrenza e partecipazione, atteso anche, in virtù del ‘combinato disposto’ della divisione in lotti, l’elevato valore complessivo delle commesse sot- Urbanistica e appalti 8-9/2016 ferte contenenti prodotti originari di Paesi terzi (art. 137). Come poi si è già accennato, tali differenze si accentuano nelle ipotesi i cui gli enti aggiudicatori siano soggetti diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici, non trovando in tal caso applicazione gli istituti della programmazione delle acquisizioni, della qualificazione delle stazioni appaltanti e dell’albo dei componenti delle commissioni giudicatrici. Un ruolo attivo nella differenziazione tra i due regimi andrà riconosciuto - ma non è dato ancora sapere in quale misura - anche all’Autorità Nazionale Anticorruzione cui è demandata in larga parte l’attuazione del Codice “attraverso linee guida, banditipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolamentazione flessibile” (art. 213) che, di certo, investiranno anche i settori speciali. Si evidenzia, peraltro, che nessuno dei documenti di consultazione relativi alle “linee guida attuative del nuovo codice” sinora resi disponibili (11) tratta in modo specifico la materia degli appalti dei settori speciali. Ma non è da escludere che un ruolo decisivo possa assumerlo anche la giurisprudenza amministrativa in sede interpretativa o, eventualmente su sollecitazione delle parti, in sede di verifica del rispetto, da parte del legislatore delegato, del “divieto di introduzione o di mantenimento di livelli regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive” (c.d. divieto di gold plating) dettato dalla legge delega e valevole anche per i settori speciali. E, in considerazione del livello di dettaglio raggiunto dalla disciplina dei settori speciali, non è del tutto peregrino il dubbio circa “l’introduzione o il mantenimento di requisiti, standard, obblighi e oneri non strettamente necessari per l’attuazione delle direttive”. to soglia rispetto al totale degli appalti aggiudicati in Italia”. (11) Cfr. documenti disponibili al seguenti indirizzo internet: http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/attivitaautorita/consultazionionline 1037 Urbanistica e appalti Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. Indici INDICE DEGLI AUTORI Appalti e lavori pubblici Appalti sostenibili Appalti sostenibili, green public procurement e socially responsible public procurement, di Claudio Vivani .......................................................... Baldi Matteo Locazione finanziaria, contratto di disponibilità e baratto amministrativo nel D.Lgs. n. 50/2016 ........... Concessioni 959 Carpentieri Paolo Appalti nel settore dei beni culturali (e archeologia preventiva) .................................................. 1014 Cartei Gian Franco Il contratto di concessione di lavori e di servizi: novità e conferme a 10 anni dal Codice De Lise .......... 939 907 Contessa Claudio Le nuove regole dell’affidamento delle concessioni . I contratti esclusi dall’ambito di applicazione del nuovo codice dei contratti pubblici, di Agostino Meale .. Locazione finanziaria 981 Locazione finanziaria, contratto di disponibilità e baratto amministrativo nel D.Lgs. n. 50/2016, di Matteo Baldi .................................................... D’Herin Hebert Procedure elettroniche I settori speciali sempre meno speciali (e sempre più ordinari) ................................................. Procedure elettroniche e strumenti di acquisto telematici nel nuovo Codice dei contratti pubblici, di Stefano Cresta ................................................. 1029 Fantini Stefano Il partenariato per l’innovazione ......................... 955 Follieri Enrico Le novità sui ricorsi giurisdizionali amministrativi nel codice dei contratti pubblici .............................. 873 948 959 981 1001 Scelta del contraente 907 I settori speciali sempre meno speciali (e sempre più ordinari), di Hebert D’Herin .......................... 955 Mazzeo Luca Soccorso istruttorio Il nuovo soccorso istruttorio, di Andrea Manzi e Paolo Caruso .................................................... 1001 Meale Agostino 1029 Procedimento amministrativo Gli appalti (e le concessioni) nei servizi sociali: un regime - non troppo - ‘‘alleggerito’’ frutto di una ‘‘complicata semplificazione’’ .................................. I contratti esclusi dall’ambito di applicazione del nuovo codice dei contratti pubblici .......................... 919 Settori speciali 948 Manzi Andrea Il nuovo soccorso istruttorio ............................. 939 Regimi particolari di appalto Gli appalti (e le concessioni) nei servizi sociali: un regime - non troppo - ‘‘alleggerito’’ frutto di una ‘‘complicata semplificazione’’, di Luca Mazzeo ............. Il partenariato per l’innovazione, di Stefano Fantini .. Manganaro Francesco Soglie di rilevanza comunitaria nel Codice dei contratti pubblici ................................................ 933 Contratti sotto soglia Soglie di rilevanza comunitaria nel Codice dei contratti pubblici, di Francesco Manganaro ............... 933 Cresta Stefano Procedure elettroniche e strumenti di acquisto telematici nel nuovo Codice dei contratti pubblici ........ Le nuove regole dell’affidamento delle concessioni, di Claudio Contessa ....................................... Il contratto di concessione di lavori e di servizi: novità e conferme a 10 anni dal Codice De Lise, di Gian Franco Cartei ............................................... Contratti esclusi Caruso Paolo Il nuovo soccorso istruttorio ............................. 993 907 Processo amministrativo Contenzioso 919 Le novità sui ricorsi giurisdizionali amministrativi nel codice dei contratti pubblici, di Enrico Follieri ........ 873 Vivani Claudio Appalti sostenibili, green public procurement e socially responsible public procurement .................. 993 INDICE ANALITICO Ambiente e beni culturali Beni culturali Appalti nel settore dei beni culturali (e archeologia preventiva), di Paolo Carpentieri ........................ 1038 1014 Urbanistica e appalti 8-9/2016 Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. NO V ITÀ Commentario breve alle leggi in materia di URBANISTICA ED EDILIZIA Acquista su www.shop.wki.it Contatta un agente di zona www.shop.wki.it/agenzie Rivolgiti alle migliori librerie professionali Contattaci 02.82476.794 [email protected] Prezzo copertina: 120 euro Codice prodotto: 184277 Y96EQCL La nuova edizione del Commentario, a distanza di 5 anni dalla fortunata prima edizione, è stata oggetto di una sostanziosa revisione nelle norme e nei commenti da parte degli autori -docenti e professionisti espertiche hanno coniugato l’esame dei principi generali e l’inquadramento sistematico di ben 18 fonti normative con il taglio operativo necessario agli operatori pubblici e privati del settore, compenetrando l’interpretazione del diritto statale e del diritto regionale ed evidenziando anche la varietà degli sviluppi giurisprudenziali su base territoriale. Numero Demo - Copyright Wolters Kluwer Italia s.r.l. I PRINCIPI VINCOLANTI DELL’ADUNANZA PLENARIA DEL CONSIGLIO DI STATO SUL CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO (2010-2015) ENRICO FOLLIERI e ANTONIO BARONE Pagine: XII - 1212 ISBN: 978-88-13-35290-5 € 90,00 Acquista su www.shop.wki.it Rivolgiti alle migliori librerie della tua città Contatta un agente di zona www.shop.wki.it/agenzie Contattaci 02.82476.794 [email protected] Y09ETCL a cura di Il diritto amministrativo è il frutto dell’elaborazione giurisprudenziale che, da una legislazione frammentaria e dettata per settori, ricava dei princìpi generali costruendo categorie utili per comprendere e condurre ad interpretazione sistematica un apparato normativo ampio e disordinato, che si può dire alimenti giornalmente la materia prima su cui opera ogni giurista. In particolare, la giurisprudenza amministrativa dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nel quadro mutato dall’introduzione del codice del processo amministrativo, presenta una rilevanza maggiore e pregnante e va valutata e considerata in modo diverso e più approfondito e in tempi ravvicinati, prima che si sovrapponga in stratificazioni che rendano più complessa e articolata l’analisi. Da qui lo svolgimento di questa ricerca che esamina cinque anni (dal 2010 al 2015) di giurisprudenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sul Codice del processo amministrativo. Il volume – che si apre con due articoli dei Curatori, uno sulla vocazione “unitaria” delle giurisdizioni e l’altro sull’art. 99 del codice del processo amministrativo - riproduce le ordinanze e le sentenze dell’Adunanza plenaria, enucleando per ciascuna i princìpi affermati, raggruppati per argomenti e corredati dalla dottrina di riferimento e dalle considerazioni degli Autori. Completano l’opera un ampio apparato di indici bibliografici e cronologico delle decisioni.