NUOVE IMPORTANTI SCOPERTE RIGUARDO IL POTENZIALE
RUOLO DEL TRATTO RESPIRATORIO NELLA TRASMISSIONE DEL
VIRUS EBOLA
Per la prima volta, un gruppo di scienziati internazionali ha identificato alcuni markers della
replicazione del virus Ebola (EBOV) nel polmone di un paziente in fase di guarigione
dall’infezione. Lo studio è stato condotto dall’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive
“Lazzaro Spallanzani” (INMI) a Roma (Italia), in collaborazione con i colleghi dell’University
College a Londra (UK), del Friedrich-Loeffler-Institut Riems (Germania) e dell’Université
Laval, Quebec (Canada).
Roma, 05 Gennaio 2017
La devastante epidemia di Ebola, che ha colpito l’Africa Occidentale dal 2013 al 2016, ha causato 28,610 casi, tra cui
11,308 morti. La rapida diffusione del virus ha rappresentato una sfida per la sanità pubblica, mai incontrata nelle
precedenti epidemie del virus. Le principali preoccupazioni sono state il rischio della trasmissione interumana e definire
le reali vie di trasmissione del virus Ebola. Gli studi sui pazienti affetti da malattia da virus Ebola evacuati in Europa e
negli USA hanno suggerito l’idea che Ebola possa provocare danni ai polmoni, anche se ancora mancano prove reali della
capacità del virus di replicare in questo organo.
Lo studio effettuato da Biava et al. e pubblicato il 5 Gennaio 2017 sulla rivista scientifica PLOS Pathogens indaga
riguardo la presenza del materiale genetico del virus Ebola nei polmoni e nel sangue, durante il trattamento e la
guarigione di un operatore sanitario, evacuato dall’Africa Occidentale e trattato a Roma, in Italia. Il paziente ha mostrato
una persistenza dei markers di replicazione virale all’interno del tratto respiratorio. I ricercatori hanno monitorato i livelli
degli RNA viralidi Ebola (RNA a polarità positiva e RNA a polarità negativa), già precedentemente associati con la
replicazione virale, e li hanno comparati con i livelli presenti nel sangue. Hanno scoperto che l’RNA virale e i markers di
replicazione virale permangono nel polmone fino a 5 giorni dopo la loro eliminazione dal sangue. Questi risultati
suggeriscono la possibilità che Ebola replichi nell’apparato respiratorio. E’ possibile che i polmoni forniscano
semplicemente un ambiente protetto all’interno del quale l’RNA virale può resistere più a lungo rispetto a quanto
osservato nel sangue, anche se gli scienziati scartano fortemente questa ipotesi in quanto hanno evidenziato la presenza
dell’RNA virale totale e di entrambi i markers di replicazione, sostenendo l’ipotesi di una replicazione virale attiva.
L’autore Giuseppe Ippolito, dell’INMI ha detto: “Questi risultati suggeriscono un ruolo importante del tratto respiratorio
nella patogenesi della malattia da virus Ebola e potrebbero avere nuove implicazioni nelle procedure di prevenzione e
nelle misure di controllo, specialmente per gli operatori sanitari e le famiglie, i quali sono i primi a fornire cure dirette e
indirette ai pazienti affetti dal virus. Inoltre, aumentano anche le preoccupazioni riguardo al rischio della trasmissione
interumana e al bisogno di ridisegnare le misure di prevenzione.”
Il coautore, professore Alimuddin Zumla dell’University College di Londra ha dichiarato che “queste scoperte sono
significative e potrebbero spiegare la rapida diffusione del virus durante l’epidemia, come anche quei cluster che sono
stati notificati e per i quali non è stata identificata nessuna catena di trasmissione”. Ha inoltre aggiunto che “ulteriori studi
saranno necessari per comprendere al meglio il ruolo di EBOV nella patologia del polmone, e il ruolo specifico della
trasmissione tramite aerosol. Le mancate opportunità di ricerca durante l’epidemia del virus evidenziano il bisogno critico
di finanziatori e di governi che siano in grado di costruire e implementare le capacità degli operatori sanitari e dei
ricercatori al fine di condurre ricerca di base, ricerca sulla patogenesi e trial clinici durante le epidemie.”
Secondo l’opinione del professor Gary Kobinger, co-autore dell’Université Laval in Quebec, Canada: “Questi risultati
hanno necessariamente bisogno di ulteriori ricerche sulla patogenesi dell’infezione da EBOV nell’uomo, mirate a
identificare e sviluppare le appropriate misure di intervento per migliorare gli esiti dei trattamenti.”
Maria Capobianchi dell’INMI ha detto: “La quantità di RNA a polarità positiva (cRNA/mRNAs) non riflette solo la
trascrizione virale, ma è anche un segno della replicazione del genoma virale. Questo studio dimostra come
l’identificazione dei markers di replicazione possa essere utilizzata anche su campioni biologici umani”.
Antonino Di Caro, dello stesso Istituto, evidenzia come questo tipo di studi sia realmente necessario per raggiungere una
comprensione più ampia della patogenesi virale e come possa essere effettuato solo in laboratori di biosicurezza di livello
4 (BSL4), che forniscono il più alto livello di contenimento disponibile.
Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio, ha detto: “Siamo orgogliosi dei risultati ottenuti dall’INMI, il punto di
riferimento regionale per tutte le attività nel campo delle malattie infettive”.
Ranieri Guerra, direttore generale della Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute, ha commentato: “Questi risultati
ripagano tutti quegli sforzi economici sostenuti dalle autorità sanitarie italiane per mantenere attive e operanti le strutture
di bio-contenimento e per allestire un sistema di allerta dimostratosi efficiente per patogeni ad alto rischio per la sanità
pubblica. Confermano che la ricerca clinica è parte integrante del nostro sistema di reazione e gestione delle emergenze
sanitarie e valorizza l’eccellenza delle nostre istituzioni, capaci non solo di guarire ma anche di innovare”.
Giovanni Leonardi, direttore generale per la Ricerca, Ministero della Salute, ha dichiarato: “INMI ha gareggiato e vinto
per la partecipazione a sei Progetti Europei, finanziati dal Direttorato per la Ricerca (Horizon 2020 & IMI Project) della
Commissione Europea, a un progetto finanziato dalla US Food and Drug Administration, ed a uno finanziato dal
Ministero degli Affari Esteri Italiani, all’interno dei progetti avviati in risposta all’epidemia da virus Ebola. Si è
confermato quindi come centro di riferimento di livello mondiale, a riprova dell'alto livello scientifico degli istituti di
ricerca italiani.”
Marta Branca, direttore generale dell’INMI: “Sono molto soddisfatta dei risultati positivi ottenuti dall’Istituto e del
contributo che noi costantemente forniamo alla comunità scientifica. Questi risultati permetteranno alle attività dell’INMI
in Italia e all’estero di far fronte a infezioni classiche ed emergenti. Sono molto orgogliosa della posizione che ricopro
all’interno dell’Istituto”.
Beatrice Lorenzin, Ministro della Salute, ha aggiunto: “Sono molto contenta di questi brillanti risultati dell’Istituto
Nazionale per le Malattia Infettive, che in modo efficiente e con determinazione ha lavorato durante l’epidemia in tutti i
paesi coinvolti e in Italia. Le attività dell’Istituto sono confermate da circa 50 articoli pubblicati nelle più importanti
riviste scientifiche, permettendo all’Italia di contribuire significativamente alle conoscenze sul virus Ebola. L’Italia
durante l’epidemia di Ebola era presidente di turno della Unione Europea e si è trovata a coordinare gli interventi di
prevenzione e risposta. A livello nazionale ha messo in atto sistemi avanzati di controllo e protezione della comunità
riuscendo a gestire al meglio gli allarmi ed i casi sospetti. Inoltre, si è trovata ed si è trovata a farsi carico di due casi di
Ebola in operatori sanitari che prestavano la loro attività in Sierra Leone. Entrambi i casi sono stati presso curati al meglio
presso l’Istituto Spallanzani e sono guariti. Ebola è stato un importante stress test per il servizio sanitario italiano ed è
stato brillantemente superato. Questi risultati, che ci hanno resi famosi nel mondo, vanno a vanto del Pese che dimostra di
essere in grado di rispondere in maniera eccezionale alle emergenze e dell’Istituto Spallanzani che rappresenta un
eccellenza nel settore delle malattie infettive e si conferma assoluto punto di riferimento per tutta l’area del
mediterraneo.”
Giuseppe Ippolito ha concluso che queste ricerche non possono essere effettuate su modelli animali e richiedono una
stretta cooperazione fra ricercatori, sia laboratoristi che clinici, e fra le infrastrutture che possono facilitare queste
interazioni. La condizione dell’INMI è unica e può essere aperta ad ulteriori collaborazioni con istituti internazionali.
---ENGLISH VERSION---
NEW IMPORTANT INSIGHTS IN POTENTIAL ROLE OF
RESPIRATORY COMPARTMENT IN HUMAN-TO-HUMAN EBOLA
VIRUS TRANSMISSION
For the first time, evidence of Ebola virus (EBOV) replication in the lungs of a patient
recovering from infection has been found by an international group of scientists. The study was
led by the National Institute for Infectious Diseases “Lazzaro Spallanzani” (INMI) in Rome
(Italy) in collaboration with colleagues from University College in London (UK), FriedrichLoeffler-Institut Riems (Germany) and Université Laval, Quebec (Canada).
The devastating 2013-2016 Ebola outbreak in West Africa, resulted in 28,610 cases and 11,308 deaths. The rapid spread
of the Ebola represented many unprecedented public health challenges. Of major concern was the high risk of person to
person spread and defining the actual mode of transmission. Whilst studies on Ebola patients evacuated to Europe and
USA for treatment have suggested that Ebola might cause lung damage, evidence of lung infection by the Ebola virus is
lacking.
The study by Biava et al. to be published on January 5, 2017 in PLOS Pathogens investigated the presence of Ebola
virus genetic material in the lungs and blood during treatment and recovery of a healthcare worker who was evacuated
from West Africa and treated in Rome, Italy. The patient showed persistence of EBOV replication markers within the
respiratory tract. The researchers monitored the levels of EBOV viral RNAs (negative and positive sense RNAs) known
to be associated with Ebola replication, and compared these with viral RNAs levels in the patient’s blood. They found that
viral RNA and viral replication markers remained in the lungs (lower respiratory tract) for up to five days after it was no
longer detectable in the blood. The results suggest that EBOV may replicate in the lungs, although it is possible that the
lungs simply provided a protective environment that allowed RNA to linger longer than it did in the blood. However, the
scientists note the presence of RNA for both total RNA and replication markers in the lungs, supporting the possibility of
active replication.
Senior author of the study, Giuseppe Ippolito, from INMI in Rome said: “These results suggest an important role of
the respiratory tract in the pathogenesis of Ebola virus disease and may have new implications for infection
prevention and control measures, especially for healthcare workers and family providing direct and non-direct
care to Ebola patients in healthcare facilities. It also raises concerns regarding potential risk of human-to-human
transmission and the need to redesign prevention control measures.”
Co-author, Professor Alimuddin Zumla of University College London stated that “the findings of the study are
significant and it may explain the rapid spread of the outbreak, and the cluster of Ebola cases which were reported
in the West African outbreak where no source of the chain of transmission was identified”. He added that “further
studies are required to better understand the actual role of EBOV in lung pathology, and the specific role of
aerosol transmission of EBOV from infected patients. These missed research opportunities during the Ebola
epidemic highlight the critical need for funders and governments to build capacity and empower local scientists
and healthcare workers to enable them to conduct priority basic science, pathogenesis and clinical trials research
during outbreaks.”
According to Professor Gary Kobinger, co-author from Université Laval in Quebec : “these findings call for further
research into the pathogenesis of EBOV infection in humans, which may better guide the development of
appropriate intervention measures for minimizing transmission and improving treatment outcomes.”
Maria Capobianchi from INMI said: “The amount of viral positive sense RNA (cRNA/mRNAs) reflects not only
viral transcription, but also viral genome replication. This study shows how the detection of replication markers
can be applied to human specimens”.
Antonino Di Caro, from the same Institute, highlights how this kind of studies are really needed to reach a better
understanding of viral pathogenesis and can only be performed in BSL4 laboratories, which provide the highest
bio-containment measures available.
Nicola Zingaretti, President of the Health Board of Latium region, said: “We are proud of these results obtained by
INMI, The regional harbor for the activities in the field of infectious diseases”.
Ranieri Guerra, general director for prevention, Italian Ministry of Health, commented: “These results repay all the
efforts made by the Italian public health authorities to maintain such a costly facility for bio-containment and an
effective alert system for early detection and coordinated intervention on high pathogenic agents to reduce the risk
for the population. They confirm how important the clinical research is and how it is a relevant part of the Italian
system of reaction and management of public health crisis. It valorizes the excellence of our Institutions, able not
only to cure, but also to innovate.”
Giovanni Leonardi, general director for Research, Italian Ministry of Health, declared: “INMI competed and obtained
6 European Projects funded by the Directorate for Research (Horizon 2020 & IMI Project) of the European
Commission, one from US Food and Drug Administration, and one from the Italian Ministry of Foreign Affairs,
within the Ebola Response Projects”
Marta Branca, general director of INMI: “I am very satisfied with the positive results obtained by the Institute and
by the contribution we constantly provide to the scientific community. These results will allow to increase the
INMI’s activities in Italy and abroad to forefront classic and emerging infections. I am very proud to have my
position in this renowned Institution”.
Beatrice Lorenzin, Italian Ministrer of Health, added: “I am very happy for this brilliant outcome of activities of the
Italian National Institute for Infectious diseases, who efficiently and with determination worked during the Ebola
Outbreak in all the affected countries and in Italy. The activity of the Institute is substantiated by about 50 papers
published in the most relevant scientific journals allowing Italy to significantly contribute to the advancement of
knowledge on Ebola” .
Giuseppe Ippolito concluded that these investigations cannot be performed on animal models and need a strict
cooperation of researchers from both the laboratory and the clinical side and infrastructures that can facilitate
this synergic interaction. A real unique condition that INMI allows and can be opened to additional collaboration
with international Institutions.