Capitolo II La numismatica greca e romana e i suoi campi d`indagine

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Capitolo II
La numismatica greca e romana e i suoi campi d’indagine
1. cosa si si intende per numismatica.
Il termine numismatica deriva dal greco noumnos e dal latino nummus (moneta) originati dalla radice
indoeuropea nem con il significato di disporre in ordine suddividere contare.
La numismatica antica considera lo studio delle serie monetali prodotte nell’area del mediterraneo dalle
origini (fine VII secolo-inizi VI secolo a.C.) fino agli anni che precedono la riforma monetaria dell’imperatore
Anastasio (499 d.C.) e si suddivide a sua volta in:
Numismatica greca
Numismatica romana.
La numismatica greca non si occupa solo dello studio o delle coniazioni degli stati e dei popoli di lingua
greca ma include anche le monetazioni prodotte anche dalle popolazioni ubicate nelle aree entrate in
contatto con i Greci, come fenici, cartaginesi, etruschi celti ecc. ecc.
La numismatica romana comprende la produzione monetaria di Roma nelle varie zecche ubicate nelle aree
da essa controllate e come ben si può immaginare anche in questo settore la mole di lavoro è immensa. La
disciplina inoltre va a sua volta suddivisa in numismatica romano repubblicana dalle origini fino al 27 a.C.
anno in cui Ottaviano assunse la titolatura imperiale di Augusto) e numismatica romano-imperiale dal 27
a.C. fino alla fine del V secolo d.C.). Il limite che fissa la data finale della numismatica antica non corrisponde
al tempo della caduta dell’impero romano d’occidente (476 d.C.) ma include la monetazione degli anni della
monetazione di Zenone 476-91 d.C. perché per ancora qualche decennio si continuò a battere moneta
nell’impero romano d’Oriente. Fu tuttavia la riforma operata al tempo di Anastasio I riguardante le
emissioni in bronzo circa 500 d.C.) ad alterare in parte il carattere della produzione trasformando il sistema
monetale di età costantiniana e a segnare l’inizio della numismatica bizantina. Nello stesso periodo in
Occidente si svilupparono le coniazioni delle popolazioni germaniche che invasero la penisola italica. Queste
monetazioni sono comprese nella numismatica medievale perché a partire dal regno ostrogoto 493 d.C.
vennero operate delle importanti modifiche nella produzione in argento e in bronzo.
Capitolo 3
Questioni di tecnica monetaria
1.I metalli utilizzati
Alle origini per la fabbricazione di monete furono impiegati quei metalli pregiati come elettro oro argento
che in Oriente e in Grecia fin dalle epoche pre-monetali erano usati a peso come misura del valore e mezzo
di scambio.
L’elettro è una lega oro-argento che si trova in natura. Presente nei filoni del monte Tmolo in Anatolia e
quindi nelle sabbie dei fiumi che da esso discendevano fu utilizzato per le prime monetazioni delle colonie
greche della Ionia e della Lidia.
Oro in Grecia
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L’oro si trova allo stato puro in corsi d’acqua oppure è estratto in miniera e poi purificato. In oro furono
prodotte le serie monetali di maggior valore e sempre al più alto grado di purezza. La monetazione aurea si
diffuse in Oriente più che in Grecia: in Lidia, al tempo di Creso o sotto la dominazione Persiana la
produzione in elettro fu abbandonata e sostituita da serie di oro e argento. In Persia furono emessi i celebri
darici in oro e l’oro fu coniato fino all’epoca delle conquiste di Alessandro Magno. Nel mondo Greco in
epoca ellenistica le emissioni auree sono rare e sporadiche: Atene per esempio ne fece uso in un momento
di emergenza nel 407/406 a.C. durante la guerra del Peloponneso. Soltanto a partire dal IV secolo a.C.
durante l’epoca ellenistica le coniazioni auree assunsero una maggiore importanza. Ricche produzioni di
stateri aurei furono quelli di Filippo II i famosi philippeoi le coniazioni di Alessandro Magno emesse in tutto
l’impero le monetazioni nei regni dei suoi successori soprattutto quella dei Tolomei. Stateri in oro di Filippo
e di Alessandro Magno giunsero anche in Sicilia e in Magna Grecia (ritrovamenti in tesori a Gela, Camarina,
Taranto). Altre monetazioni auree furono quelle delle città greche di Lampsaco di Efeso e di Rodi.
Tra le poleis greche d’occidente l’oro fu coniato a Siracusa durante il regno di Dionigi I e occasionalmente in
altre città siceliote come Agrigento e italiote. In complesso possiamo dedurre che nel mondo greco le
monetazioni in metalli preziosi come oro e elettro vennero usati in diverse occasioni ovvero molti stati le
utilizzavano in momenti di necessità o emergenza come Atene o più spesso per pagamenti di grossa entità
soprattutto in casi di guerra.
Oro a Roma
A Roma in età repubblicana l’uso dell’oro fu episodico e eccezionale fino al 46 a.C. quando fu battuta una
cospicua emissione a nome di Aulo Irzio prefetto dell’Urbe in occasione dei trionfi di Cesare.
In epoca imperiale divenne regolare la coniazione aurea, affiancata da serie in argento e in leghe di rame.
A seguito della crisi del III secolo d.C. al tempo di Costantino tra il 306-09 d.C. fu introdotta una nuova
moneta aurea aureus Solidus moneta d’oro stabile. L’aureus solidus sopravvisse anche dopo la caduta
dell’impero d’occidente nell’impero bizantino.
Argento in Grecia
L’argento è il metallo più utilizzato nell’antichità per il suo pregio. No si trova puro in natura ma si estrae in
giacimenti da filoni di materiali contenenti composti a base di solfuro e di piombo. Sono in argento le più
importanti coniazioni delle città greche della Grecia e delle colonie. L’uso dell’argento si diffuse nelle aree
più ellenizzate dell’impero persiano fin dal VI secolo a.C. e in seguito nelle città greche
Argento a Roma
A Roma le prime serie di argento furono emesse per influenza delle città magno-greche a partire dagli ultimi
anni del IV secolo a.C. (serie Romano-campane) e all’inizio la coniazione emesse saltuariamente non fu
abbondante. L’argento divenne la principale componente della produzione monetaria soltanto con
l’emissione del denario moneta tipica di Roma introdotta durante la seconda guerra punica. Durante l’epoca
repubblicana l’argento ebbe un elevato grado di purezza. Il titolo andò alterandosi soprattutto dal III secolo
d.C. quando per continue crisi finanziarie il metallo monetato divenne in realtà una lega di rame con un
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contenuto bassissimo di argento. In IV secolo d.C. la moneta in argento perse di importanza e nell’economia
romana divenne dominante la produzione aurea.
2. le fonti di approvvigionamento dei metalli
Le principali fonti di approvvigionamento del metallo da usare per la produzione monetaria furono appunto
le miniere. Ad esse accennano diversi autori latini e greci (Erodoto, Diodoro siculo, Livio Tacito). Altre fonti
per ricavare il metallo da usare furono i tributi i bottini o le indennità di guerra tratte dalle conquiste, i doni
gli acquisti la fusione di oggetti preziosi. Le stesse monete ci informano poi della pratica della riconiazione
ovvero quella di utilizzare per la battitura monete fuori corso perché vecchie o straniere. Non a caso le più
grandi potenze del mondo antico e quelle che ebbero monetazioni di maggiore entità ed importanza furono
Atene che disponeva delle miniere argentifere del Laurion e dei proventi dai tributi delle città alleate, e i
sovrani macedoni i quali non solo avevano nel loro territorio le miniere d’oro e d’argento del Bernion e del
Pangeo, ma acquisirono enormi ricchezze con le conquiste.
Roma a causa del progressivo estendersi del suo dominio in aree sempre più vaste, controllava e sfruttava le
risorse minerarie di molti paesi e imponeva tributi alle popolazioni sottomesse. Gran parte dei metalli
preziosi ricavati venivano riconvertiti in moneta. L’oro proveniva dall’Egitto dall’Arabia dall’Armenia
dall’India dalla Colchide. La Frigia per esempio fornì l’oro al mitico re Mida che ebbe smisurate ricchezze da
ciò trasse origine la favola del potere ottenuto dagli dei di trasformare in oro tutto ciò che toccava.
I giacimenti d’oro e argento del Pangeo in Tracia, sfruttati prima dalle popolazioni locali poi dai Persiani,
arricchirono il re Filippo di Macedonia che né incrementò l’attività utilizzandone l’oro per i suoi stateri.
In occidente la più rinomata in antico come rifornitrice di argento è la regione Iberica, mentre i Greci ebbero
poche possibilità di accesso, i Romani invece le sfruttarono moltissimo soprattutto quella d’argento di Nova
Carthago.
La regione del Laurion in Attica fu uno dei più ricchi giacimenti di argento della Grecia, già noto ai Micenei e
ai Fenici dal II millennio a.C. Le miniere furono sfruttate con grande intensità da Atene dopo gli anni di
Pisistrato e soprattutto dal 483/2 a.C. quando vennero scoperti nuovi filoni di Maronea il cui ricavato servì
per allestire la flotta vincitrice a Salamina sui persiani su iniziativa di Temistocle.
4. la tecnica di fabbricazione
Il pezzo di metallo da contrassegnare con un marchio di garanzia affinché diventi moneta è definito tondello.
Le prime monete fine VII-inizio VI secolo a.C. hanno una irregolare forma globulare, ma i tondelli nel corso
del tempo hanno assunto una forma circolare e appiattita, fino a diventare dischetti. Essi erano ottenuti
tramite fusione del metallo in formella in materiale refrattario, come la pietra. Una volta realizzati i tondelli
si procedeva ad apporvi un elemento figurativo chiamato tipo a garanzia del valore.
Per riprodurre l’immagine si ricorreva a due tipi di fabbricazione:
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1)
La tecnica della coniazione più diffusa;
1)
La tecnica della fusione;
La coniazione è impiegata sin dalle prime monetazioni. Esse presentano da un lato una raffigurazione
impressa da un conio attraverso la battitura con un martello e dall’altro un incavo corrispondente
all’impronta lasciata nel pezzo di metallo dal perno del punzone che lo teneva fermo. Nell’incavo definito
quadrato incuso in progressione di tempo venne apposta una seconda immagine e in punzone divenne un
secondo conio. In genere l’immagine più complessa era riservata al conio incassato nell’incudine (conio di
diritto o recto) perché meno soggetto alla rottura rispetto all’altro conio (conio di rovescio o verso) che
subiva il colpo diretto. In epoca romano repubblicana di solido i conii erano mobili in età imperiale e
bizantina venivano impiegati comunemente conii fissi impostati in una pinza. I tondelli venivano battuti a
caldo per imprimere con chiarezza le immagini nel metallo. I coni ovviamente dovevano essere di metallo
più duro di quello utilizzato per il tondello. Sono rimasti rari esemplari di conii utilizzati in antico e la
maggior parte di questi sono ritenuti prodotti di falsari.
Come si è detto la tecnica della coniazione è la più diffusa fin dalle origini della monetazione; meno diffusa
è quella della fusione. L’immagine ottenuta per fusione non risultava nitida e la semplicità del
procedimento dava adito alla facile imitazione ad opera dei falsari. Per questo la tecnica fu usata solo in
particolari situazioni.
6. Peculiarità tecniche
Nella produzione monetaria di età romana e greca vi sono monete che presentano particolarità tecniche
dovute al processo stesso della fabbricazione (monete incuse, suberate, serrate) o ad interventi successivi
per deliberare scelte dell’autorità emittente o dei fruitori, le cui motivazioni non sempre risultano chiare
(monete riconiate, spezzate).
Le monete incuse: presentano i tipi non a rilievo su entrambe le facce come di consueto, ma a rilievo
al dritto e in incavo o incuso (dal latino incudere che significa battere);
al rovescio ottenuti con due coni indipendenti anche se producenti la stessa immagine un incavato per
ottenere l’immagine a rilievo e l’altro rilevato per ottenere l’immagine incusa.
La tecnica incusa è peculiare delle prime monetazioni in Magna Grecia e di Zankle (Messina) (dal 540-30
a.C.). Non rientrano nella categoria delle monetazioni incuse quei esemplari che risultano incusi per difetto
di coniazione: infatti si tratta di pezzi coniati con un conio di martello dal quale non era stato rimosso per
fretta o per incuria, il tondello in precedenza battuto.
Monete suberate: sono le monete costituite da un nucleo interno di metallo vile ricoperto da una sottile
lamina di metallo nobile ad esso perfettamente aderente (infatti suberate deriva dal termine latino
suberatus che significa con il rame sotto). Si è a lungo discusso se esse fossero opera di falsari dell’antichità
o emissioni ufficiali rispondenti all’esigenza di mettere in circolazione un numero di moneta maggiore del
metallo nobile disponibile. Il ricorso alle suberatura si diffuse però soprattutto in età ellenistica: le monete
del re Pausania sono quasi tutte suberate. A Roma invece è in età repubblicana che il fenomeno si diffuse
maggiormente soprattutto nei primi secoli del I a.C.
Monete riconiate: sono esemplari su cui è stata impressa una nuova raffigurazione (overtype). Si tratta in
sostanza di una valuta fuori corso legale perché straniera o non più in uso, reintrodotta in circolazione.
Riconiare una moneta era un modo per servirsi già di un tondello pronto evitando così i costi della
produzione per il procedimento della fusione del metallo e la realizzazione di nuovi tondelli. Condizione
essenziale è che la moneta da ribattere fosse idonea per peso e modulo. Casi di riconversione in valuta
locale mediante riconiazione sono attestati in particolari situazioni di afflusso in masse di moneta straniera:
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per esempio nelle emissioni delle città achee della Magna Grecia in epoca arcaica si ritrovano numerose
ribattiture su stateri di Corinto.
Monete restituite: in epoca romano-imperiale. Si tratta di emissioni in oro argento e bronzo non
contromarcate bensì coniate ex novo riproducendo fedelmente i tipi di precedenti monete repubblicane o
imperiali che si distinguono da queste soltanto perché recano la scritta RESTITUIT o REST e l’iscrizione del
nome e i titoli dell’imperatore che ne aveva disposto la coniazione. Il motivo delle monete restituite sembra
rintracciabile nella volontà di commemorazione e propaganda di eventi e personaggi del passato.
Monete spezzate: un’azione sula moneta dopo la sua immissione in circolazione è quello di ridurne il peso e
il valore tramite la frammentazione. Queste sono le monete spezzate che sono state ritrovate in
abbondanza attraverso scavi. La pratica delle monete spezzate per ridurne il valore è diffusa in età romana
soprattutto negli ultimi anni della repubblica, nella seconda metà del I secolo a.C. e con maggiore frequenza
negli anni 20.
7. I luoghi della produzione
In Grecia abbiamo: ad Atene è stato individuato un edificio identificato come la zecca pubblica per la
presenza di tondelli di bronzo non coniati, fornaci adatte alla lavorazione del Bronzo vasche per l’acqua. La
data di utilizzazione risale tra il III e II secolo sec a.C. e con sicurezza vi è documentata soltanto la
produzione di moneta in bronzo. Resta ancora incerto il posto dove era ubicato agryokopeion la zecca
statale per le monete in argento.
Ad argo un centinaio di tondelli e verghe in bronzo sono stati trovati in un edificio di tarda età ellenistica
posta sul lato destro dell’Agorà.
A Pella dischetti non coniati provengono insieme con monete di Larissa di IV secolo a.C. e di Pergamo e
verghe in bronzo da un edificio in area identificato come una zecca dall’epoca di Filippo II il macedone in
poi.
A Roma abbiamo:
una zecca sul Campidoglio per l’epoca repubblicana
Una nei pressi della Basilica di San Clemente per l’epoca imperiale articolata in officine; queste sono
indicate sulle monete a partire dalle emissioni di Filippo l’Arabo.
Capitolo IV
Sistemi monetali: pesi e struttura
Il valore reale di una moneta antica prima che essa assuma carattere fiduciario, è definito dal suo peso,
garantito dall’autorità emittente. Questo implica che il valore ponderale della moneta non può essere
sganciato dal sistema di pesi in uso nell’area di destinazione della moneta stessa.
Quindi i sistemi monetali (per sistema si intende la struttura in base alla quale è organizzata una
monetazione con i propri criteri di frazionamento e di moltiplicazione dell’unità base) poggiano sui sistemi
ponderali e sulla loro scala di valori. Presso tutte le popolazioni antiche l’unità monetaria di base è indicata
con lo stesso termine con cui è designata l’unità ponderale:
-in Oriente il siclo,
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-in Grecia la dracma,
-in aria italica e romana la libbra.
L’origine dei sistemi ponderali (cioè della definizione dell’unità di peso dei suoi multipli e sottomultipli)
trova le sue radici in Oriente asiatico (in Mesopotamia e in India).
A quanto pare il più antico sistema teorico di pesi fu quello noto come babilonese fondato sulla divisione in
sessantesimi del talento unità di conteggio maggiore. Il talento si suddivide in 60 mine leggere o 30 mine
pesanti
L’unità ponderali e quindi monetarie non presentano valore assoluto ma assumono differenti pesi sulla base
delle consuetudini metrologiche dipendenti da convenzioni o norme che differiscono da luogo a luogo.
La Mina per esempio poteva essere suddivisa a secondo dei contesti diversi geografici e culturali in 60-50-45
sicli il cui peso tradotto in grammi corrisponde a
-8,41 g siclo babilonese
-14,53 g siclo fenicio
-10,80 g siclo persiano.
Quanto al mondo greco la dracma presenta anche essa differenti valori di peso:
-6,24 g dracma eginetica
-4,36 g dracma euboica-attica
-2,90 dracma corinzia
-5,82dracma delle colonie calcidesi
-3,88 dracma in uso lungo il Tirreno di origine fenicia.
Variano anche i multipli e i sottomultipli.
La formazione dei sistemi ponderali in Occidente priva di interferenze con il mondo Orientale e greco: unità
e frazioni sono del tutto differenti.
Lungo la penisola italica e in Sicilia le popolazioni locali utilizzavano come unità ponderale e poi come valore
base della loro monetazione, la libbra suddivisa in 12 o 10 once (l’oncia a sua volta si suddivide in 24
scrupoli).
Capitolo 5
Immagini ed Iscrizioni monetali
Aristotele riassume in poche parole la funzione dell’immagine su una moneta: il tipo è la garanzia del valore
definita dal peso. I greci chiamavano l’impronta monetale tipo. Il tipo è presente in genere su entrambe le
facce convenzionalmente dritto e rovescio, ma le prime monete hanno riprodotto un elemento figurato solo
su un lato, mentre l’altro reca delle depressioni quadrate o rettangolari che sono il segno del Punzone a
rilievo su cui veniva impostato il tondello surriscaldato per imprimervi il conio.
Le monete che presentano su un lato il quadrato incuso o un altro elemento in incavo sono tipiche delle
prime monetazioni greche lidie e persiane, della fase arcaica. Progressivamente appare una raffigurazione
anche sull’altro lato della moneta, dapprima inserita in un incavo di forma quadrangolare e poi a tutto
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campo come nel lato opposto. Allo scorcio del VI secolo a.C. quasi tutte le monetazioni delle città greche
hanno immagini su entrambe le facce.
Per la funzione svolta dal tipo che come abbiamo detto è la garanzia del valore, le monete recano immagini
rappresentative delle comunità che le hanno prodotte. Accanto alle immagini vi è la leggenda ovvero
iscrizione con il nome dello stato o del magistrato o dell’imperatore che aveva deciso di coniare quella
moneta.
Sule monete greche la leggenda inizialmente è resa solo con l’iniziale o con le prime lettere. Dall’inizio del V
secolo a.C. in poi la legenda viene espressa di solito per intero e in caso genitivo per esempio vedi libro.
Anche sulle prime monete di Roma l’iscrizione è in genitivo plurale (Romano per Romanorum moneta dei
romani), poi diventa semplicemente ROMA. Sulle serie dell’età repubblicana a partire dal II secolo a.C. è
omesso il nome dell’Urbe e ricorre quello del magistrato responsabile dell’emissione. Sulle serie imperiali di
norma vi è il nome dell’imperatore al nominativo apposto accanto al suo ritratto con l’indicazione dei titoli e
degli appellativi assunti durante la sua carriera i quali rendono molto facilmente databili le monete romano
imperiali. Per esempio la Tribunizia Potestà veniva rinnovato ogni anno e sulle monete il titolo viene
indicato spesso accompagnato dal numero (TR P o TR POT 1 e così via) per cui è possibile risalire all’anno
preciso di emissione. Anche la menzione del consolato e dell’acclamazione imperatoria spesso è seguita dal
numero (COS 1 COS 2 e IMP 1 IMP 2) ma va tenuto presente che l’imperatore non copriva questa carica tutti
gli anni e che sulle monete è indicato l’ultimo consolato e l’ultima acclamazione imperiale ricevuti.
1. I tipi monetali nel mondo greco
Nella scelta dell’elemento figurativo in grado di rappresentare la comunità solitamente le poleis greche
hanno fatto ricorso alla divinità protettrice o ai culti locali e miti di fondazione evocati attraverso un animale
o un oggetto ad essi collegati (basti pensare alla tartaruga di Egina, al pegaso di Corinto al corvo di Efeso). A
partire dal VI secolo a.C. si è affermata la consuetudine di riprodurre la vera e propria effige del Dio in
genere la testa di profilo o meno di frequente a immagine intera) o di nummi tutalari: ninfe sirene figure
mitiche di eroi. Le poleis con le più importanti coniazioni in Argento come Atene Egina Corinto una volta
affidato ad un tipo monetale la propria immagine (rispettivamente la civetta il pegaso la tartaruga) non
l’hanno mai mutata nel corso del tempo. Tuttavia non tutte le poleis hanno coniato moneta imprimendovi
fin dall’inizio un unico tipo e l’etnico.
Talvolta la scelta di nuove immagini portatrici di precisi messaggi ideologici può anche riferirsi a un cambio
di regime e segnare la rottura con precedenti assetti costituzionali. Il caso più noto è quello delle
monetazioni di Reggio e di Messana che negli anni del tiranno Anassila assunsero entrambe i tipi legati alla
sua figura: la biga di mule e la lepre esaltanti le imprese del tiranno che aveva conseguito una vittoria nei
giochi ad Olimpia.
Sulle coniazioni delle poleis greche il ritratto individuale di un vivente che è segno dell’accentramento del
potere nelle mani di un monarca, non si trova mai neanche durante i regni tirannici. I segni della sovranità
sono tipici delle monetazioni orientali. Fin dalle origini il leone delle monete della Lidia, e l’arciere re delle
serie dell’impero persiano sono simboli del potere regale.
In Grecia il ritratto si afferma dopo la morte di Alessandro Magno in particolar modo durante il regno dei
suoi successori sulle cui monete vi è la raffigurazione del sovrano e dei membri della sua famiglia. Sulle serie
monetali ellenistiche accanto alla figura del sovrano ricorre il nome proprio in genitivo accompagnato dal
titolo regale.
Differenza tra monete delle poleis greche e quelle ellenistiche: le prime ad eccezione di rari casi le immagini
non riproducono in maniera diretta eventi storici o precisi momenti della vita politica, mentre nel periodo
ellenistico non mancano emissioni con tipi storici e celebrativi.
2. soggetti e temi di propaganda sulle monete romane
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A Roma non esisteva un unico tipo monetale rappresentativo dell’intera comunità salvo che nella fase
iniziale del denario fine III secolo a.C. riproducente la testa della dea Roma e i Dioscuri a cavallo. Nel corso
della seconda metà del II secolo a.C. in conseguenza dell’acuirsi della competizione tra le famiglie emergenti
trovano posto sui denari nuove raffigurazioni scelte dai magistrati responsabili delle emissioni monetarie
per esaltare le orini o le imprese della loro gente: eventi militari scene di vita cittadina reverenza per divinità
protettrici personaggi leggendari o storici. Si posso citare come esempio tra i tanti tipi di denari
repubblicani, la testa del re Tito Tazio e la scena del ratto delle Sabine riprodotte sui denari di Titurus
Sabinus che celebra le origini sabine della sua famiglia, oppure la lupa che allatta i gemelli in presenza del
pastore Faustolo. Le immagini diventano strumento per celebrare la gens di appartenenza. In modo
particolare durante il I secolo a.C. è innegabile che nelle lotte di conquista del potere personale le monete
svolsero la funzione propagandistica esaltanti le personalità che dominavano la scena politica come Mario
Silla Cesare Pompeo Bruto e Cassio Marco Antonio Ottaviano. Molti di questi personaggi coniarono moneta
in prima persona in virtù del proprio imperium militare e servendosi di zecche al loro seguito. Il segno più
evidente del radicamento del potere personale nella fase di trapasso dalla repubblica all’impero è
l’introduzione a Roma del ritratto monetale di viventi. Cesare fu il primo ad ottenere questo privilegio dal
Senato nel 44 a.C. e da allora lo seguirono anche altri protagonisti della lotta politica.
In età imperiale invece a partire da Augusto in poi sul dritto delle monete è raffigurato abitualmente il
ritratto dell’imperatore con tutti i suoi titoli e appellativi mentre sul rovescio appaiono scritte esplicative per
rendere chiaro il significato sottinteso a simboli astratti o per far conoscere le qualità che caratterizzavano il
regno dell’imperatore oppure i monumenti e le scene di vita pubblica. In epoca di guerra grande risalto è
dato ai successi militari degli imperatori. Numerosi sono i tipi monetali di Augusto Tiberio Claudio
Vespasiano Traiano che celebrano le loro vittorie. In tempo di pace invece è celebrata la politica
dell’imperatore artefice del benessere dei suoi sudditi.
Capitolo VI
Moneta e arte
1. la moneta oggetto di Arte minore.
Allo scorcio del VI secolo a.C. si coglie nelle produzioni monetali del mondo greco un grande sviluppo
dell’arte dell’incisione. I coni delle monete greche non sempre raggiungono livelli eccellenti qualitativi ma
spesso appaiono eseguiti con l’accurata perfezione di una scultura in miniatura. L’incisore di conii doveva
adattare l’immagine alla forma del tondello sicché le rappresentazioni monetali, sono talvolta creazioni
assolutamente originali. Una precoce e prevalente qualità artistica si avverte soprattutto nel mondo greco
occidentale. La tecnica incusa tipica delle monetazioni più antiche delle colonie della Magna Grecia
sicuramente era quella che favoriva maggiormente la peculiare resa formale dell’immagine. Circondata da
un bordo decorato essa spicca nel campo monetale tanto si tratti di un animale di un oggetto o fi una figura
di una divinità antropomorfa.
Nella monetazione delle città della Sicilia di V a.C. si compie una ulteriore conquista spaziale: il pieno
adattamento della raffigurazione alla circolarità del campo monetale. In tal senso, uno splendido caso di
realizzazione è l’immagine del sileno delle monete di Naxos del secondo quarto del V a.C.
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Sul dritto testa di Dioniso posta di profilo volutamente . Bordo perlinato.
Sul rovescio è raffigurata la figura accosciata del sileno noto come il Maestro del Dioniso severo,
appoggiato al suolo con un bracci disteso e l’altro ripiegato a sollevare il kantharos.
Sulle monete delle poleis greche di età tardo-arcaica e classica, la raffigurazione della testa è riservata agli
dei. Come avverrà in seguito per il ritratto di personaggi viventi su monete e medaglie, il capo è quasi
sempre raffigurato di profilo. Il ritratto frontale o disposto di tre quarti fu sperimentato, a partire dalla
seconda metà del V a.C., in varie aree del mondo greco (Siracusa, Catania, Amfipoli, Eno, Clazomene, Cirene,
Rodi), ma non riscosse mai particolare successo. La resa di una testa di profilo, in effetti, suggerisce
all’osservatore il senso dell’alterità: egli guarda la divinità (o il sovrano) senza essere osservato e ciò
accentua il distacco e l’assenza di una diretta partecipazione tra individualità di diverso rango.
Il capo di ciascuna divinità è ornato in genere con gli attributi connotativi (elmo per Atena/Minerva corona
di alloro per Apollo, di quercia e di alloro per Zeus/Giove) quello del sovrano invece con i segni della regalità
o del comando (corona, diadema tiara).
Uno dei primi ritratti di un personaggio reale è quello del satrapo persiano Tissaferne, opera di V – inizio IV
a.C. forse di artisti greci, e si riferisce ad ambienti periferici dell’impero persiano, adusi al concetto del
potere assoluto di un monarca.
Non a caso si colloca nella stessa epoca il primo ritratto monetale di un personaggio romano vivente, il
console Tito Quinzio Flaminino, che appare riprodotto, come un sovrano ellenistico, su uno statere in oro
coniato in occasione della battaglia di Cinocefale (197 a.C.), in cui fu sconfitto Filippo V di Macedonia.
L’emissione, coniata in Grecia, è del tutto avulsa per concezione, per il metallo usato e per il peso,
dall’ordinaria e coeva produzione di Roma.
A Roma, ancor più che nel mondo greco, la trattazione dell’incisione dei conii presenta livelli
qualitativamente assai distanti. Del resto, negli ultimi secoli della Repubblica, la moneta è emessa spesso in
situazioni di urgenza e in enormi quantitativi, tali da richiedere l’opera di un gran numero di incisori; rari
sono i conii di valore artistico e spesso le raffigurazioni ripetono, in forme stereotipate, soggetti elaborati da
un precedente artigiano. A differenza di talune monete greche, su quelle romane non compare la firma
dell’esecutore.
2. I ‘maestri incisori’
In Grecia gli incisori di conio erano artigiani qualificati, a volte di egregia capacità tecnica e in grado di
elaborare modelli originali che venivano poi recepiti e imitati in aree anche distanti dai luoghi della prima
realizzazione. Alcuni incisori hanno firmato le loro creazioni e il loro nome è espresso sulle monete in forma
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abbreviata o per intero; a Clazomene su una serie di tetradrammi di peso attico, con la testa di Apollo di tre
quarti e un cigno che batte le ali, è scritto “Teodotos lo ha fatto”.
I ‘maestri’ di conio attivi a Siracusa negli ultimi anni del V a.C. rendono la firma stessa un elemento
decorativo: lettere iniziali, o il nome per intero, possono comparire, al diritto, sul nastro che cinge i capelli di
Arethusa o sul corpo di uno dei delfini intorno alla testa della ninfa, oppure incisi in una targa posta nelle
mani della Nike in volo che incorona la quadriga dei rovesci come si vede sul decadrammo di Siracusa del
fine V secolo sul nastro che cinge i capelli della ninfa vi è l’iniziale dell’incisore Kimon.
Tra i più bravi incisori siracusani, ricordiamo Euainetos, attivo ai tempi di Dionigi I, che tra altri conii firma,
insieme con Kimon, i pezzi di oro con l’immagine di Eracle in ginocchio mentre strozza il leone.
Eukleidas, orafo e incisore impiegato anche a Catane e a Camarina, è l’autore di una pregevole testa di
Atena con elmo attico crestato, ad alto rilievo e vista di tre quarti, che indubbiamente si ispira all’Atena
Parthenos di Fidia.
Ad essa si avvicina, per concezione figurativa, l’Arethusa creata da Kimon e ritenuta il capolavoro dell’arte
monetale greca per la forte espressività del conio. La ninfa è in posizione quasi frontale, con il capo appena
inclinato e con la massa dei capelli al vento disposti intorno al volto a riempire il campo monetale.
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Iniziali o nome estesi di incisori ricorono, alla fine del V e durante IV a.C., anche in Magna Grecia, nelle città
che produssero conii di maggior rilievo artistico, ad esempio Turi e Terina dove è attestato il lavoro di
un’officina che sigla le sue creazioni con la lettera greca Phi.
Prima di lasciare questo argomento, è bene ricordare che non tutte le lettere apposte su moneta, e indicanti
nomi propri, sono da riferire agli autori del conio, anzi in massima parte essi riguardano nomi di magistrati o
responsabili della coniazione. Un caso equivoco, solo di recente risolto, è quello della sigla presente su
emissioni di Taranto e di Metaponto dei decenni finali del IV a.C. e interpretata come le iniziali del nome di
un incisore, ma l’attestazione di un conio su qui queste lettere sono state erase, e sostituite con API, rende
più verosimile attribuire i nomi ad addetti al controllo della produzione.
Ad Atene in età classica le monete erano prodotte in una zecca pubblica (argyrokopeion demosion) con
funzionari e dipendenti pubblici; mancano incisori di buona qualità e i loro nomi sono assenti, ma agli
Ateniesi importava il valore effettivo delle proprie monete più che quello artistico. A Roma in epoca
repubblicana e durante l’Impero, nella zecca pubblica urbana e in quelle periferiche, lavoravano incisori di
cui ignoriamo il nome. A quanto è dato saperne, dovevano essere liberti o schiavi, taluni di essi di origine
greca orientale.
Capitolo VII
Moneta e stato
Le prime monete risalenti ad un periodo compreso tra la fine del VII secolo e il 560 a.C. furono prodotte
lungo le coste dell’Asia Minore dalle colonie greche in Ionia e dalla Lidia. Si è a lungo dibattuto se l’origine
della moneta fosse da attribuire ai Greci o ai Lidi e se si sia trattato di un intervento pubblico o privato.
1. L’utilità di coniare moneta per lo stato
Al suo apparire la moneta in qualità di misura di valore ed unità di conto era il mezzo più idoneo per
riscuotere tributi e multe; essa serviva anche a regolare i rapporti sociali. L’emissione di moneta facilitava
le operazioni di accumulo e di scambio gestite dalle comunità.
Nella scelta di coniare moneta non va assolutamente sottovalutate le scelte politiche:
-alcuni stati attraverso una propria moneta hanno voluto affermare la loro autonomia e il loro prestigio.
-la nascita della moneta per favorire i commerci
Tra le cause dell’incremento della produzione monetaria vi furono le spese di guerra vuoi per il pagamento
di tributi vuoi per il pagamento delle truppe sia quando si faceva ricorso a mercenari e sia quando si faceva
ricorso a eserciti di leva. La coniazione di monete spesso quindi coincide con il periodo della nascita dei
conflitti
Nel caso di Roma è stato dimostrato che la produzione di denari repubblicani aumentava
considerevolmente in occasione di guerre e che emissioni di straordinarie quantità si registrano al periodo
relativo al 91-89 a.C. al 46 a.C. e al 32/31 a.C. Date coincidenti con un aumento della coniazione dovuto
all’aumento delle spese legate alle imponenti spedizioni militari e al pagamento delle legioni
rispettivamente della guerra sociale tra Cesare contro Pompeo, di Ottaviano vs M. Antonio. Le serie di
denari in questo periodo hanno come tipi le insegne militari e l’indicazione delle legioni e delle corti a cui
erano destinati. In definitiva causa di emissione monetaria furono
-le operazioni contabili degli stati;
-spese per armare e mantenere gli eserciti;
-spese per rifornimenti di ogni genere, pagamenti di materiale, di esperti di artigiani per interventi
urbanistici e per realizzazioni di monumenti;
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-spese per il funzionamento dell’apparato dell’amministrazione pubblica in città salariati;
2. Norme e provvedimenti in materia monetaria
La moneta per la sua valenza di strumento economico garantito da un’autorità pubblica ha come
presupposto l’esistenza di norme regolamentate e condivise.
Il principale atto attraverso il quale lo Stato esercitava il controllo sulla monetazione era il possesso di un
monopolio in base al quale le monete straniere erano accettate come metallo non coniato e non come
valuta a corso legale. In poche parole era lo stato che decretava quale moneta era legale nel territorio di
competenza. Testi epigrafici confermano questa prassi.
Ad Atene un’iscrizione ritrovata negli scavi dell’Agorà e datata al 375/4 a.C., riporta una legge che imponeva
la presenza di un dokimastes (legale) sui luoghi dove avvenivano gli scambi. Questo funzionario doveva
accertare che la moneta d’argento fosse quella con il tipo ufficiale della moneta di Atene. In caso di
un’imitazione estera di buon argento la moneta andava restituita al portatore e se era alterata andava
subito tagliata e consacrata alla Madre degli Dei: se qualcuno non accettava l’argento che il controllore
aveva dichiarato buono gli veniva confiscata tutta la merce.
Vi è poi un’iscrizione che riporta un trattato monetario tra Mitilene e Focea inizio IV secolo a.C. attestante
l’esistenza di convenzioni tra i diversi Stati per utilizzare un’unica moneta: le due città stipulano un accordo
per ciascuna di esse ad anni alterni conia moneta valida a circolare in una zona che comprende i territori di
entrambe.
In Grecia in particolari situazioni che spingevano all’uso di una monetazione federale per scopi comuni si
sono stabilite convenzioni tra diverse comunità politiche riunite in una lega come per esempio le
convenzioni di V secolo a.C. della lega delle città arcaiche o le serie monetali di IV secolo a.C. della lega
Beotica o quelle delle lega Achea.
Un vero e proprio atto di imperialismo è il decreto monetario ateniese di Callia che impone alle città alleate
di Atene di usare monete pesi e misure ateniesi. Le città alleate dovevano rinunciare alla propria
monetazione consegnare l’argento ad Atene che avrebbe provveduto a coniarlo trattenendo un tasso.
3. I magistrati monetali e il controllo sui falsi.
Il controllo dello stato sulla propria monetazione era esercitato da appositi funzionari pubblici la cui
esistenza ci è tramandata dai nomi apposti sulle monete stesse o da altre fonti documentarie.
In Grecia: in genere forse erano investiti di questo incarico funzionari esecutivi responsabili del loro operato
nei riguardi dell’autorità.
Il decreto monetario di Mitilene e Focea di cui abbiamo parlato prima nel paragrafo precedente attesta la
presenza di funzionari di carica annuale preposti al controllo delle emissioni.
1) Per le altre città possiamo solo basarci sulle indicazioni che compaiono sulle monete nomi di
magistrati eponimi che datano l’anno in corso o magistrati responsabili della coniazione definiti dai
numismatici monetieri. Sui tetradrammi di Atene coniati tra il II e il I secolo a.C. (le civette di nuovo
stile recanti una corona intorno alla testa di Atena e al rovescio una civetta su anfora) sono indicati i
nomi di più personaggi: in una prima fase vi sono due nomi espressi in monogrammi,
successivamente i due nomi sono riportati in forma estesa, infine compaiono tre nomi, due si
riferiscono a quanto pare a magistrati annuali il terzo varia ogni mese.
2) Vi sono poi le coniazioni delle leghe formate da più città alleate come quella della Focide della
Beozia che recano il nome dello stratega;
3) le monete della lega epirotica e tessalica hanno il nome dello stratega insieme con quello del
magistrato monetario;
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4) le emissioni della lega Achea che hanno il nome della singola città responsabile nei confronti della
lega e quello del magistrato.
Abbondanti iniziali di più nomi compaiono su emissioni di varie città greche soprattutto a partire dal IV
secolo a.C., come a Corinto e su monetazioni di colonie in Occidente come Taranto Eraclea e Napoli.
A Roma:
le competenze in materia monetaria spettavano ad un apposito collegio di funzionari pubblici operanti sotto
il controllo del Senato che gestiva il bilancio dello stato e la produzione di moneta, e del questore urbano
magistrato e tesoriere del Senato. Il loro compito era quello di controllare la regolare esecuzione della
coniazione in base ai quantitativi al peso e al metallo stabiliti per legge.
Il collegio era formato da tre uomini i monetales. Per tutta la fase repubblicana salvi che nelle più antiche
emisisoni, i nomi dei triumviri monetali per esteso o abbreviati ricorrono sull’argento (fino al 12 a.C.) sul
bronzo fino al (14 a.C.).
La magistratura che negli anni di Cesare era svolta da un collegio di 4 monetales continuò a restare in vita
fino al periodo imperiale ma senza lasciare alcuna traccia sulla moneta.
In Grecia e a Roma erano stabilite delle leggi delle norme per impedire la falsificazione ad opera di privati o
per frode dei responsabili pubblici. Su questo argomento non mancano le testimonianze epigrafiche e
letterarie relative alle città greche e a Roma. Nel decreto tra Mitilene e Focea si fa riferimento ad un collegio
di magistrati costituito da funzionari delle 2 città che doveva condannare a morte i magistrati monetari
comparsi in giudizio in caso di alterazione della lega. Un’iscrizione di Dyme in Acaia del II secolo a.C.
condanna alle pena capitale 6 responsabili della zecca perché avevano coniato monete suberate.
Anche a Roma le pene erano assai severe. Silla nel 81 a.C. fece emanare una legge contro i falsari (la Lex
Cornelia de falsis); per chi falsificava monete d’argento o faceva per argento monete di piombo e di stagno e
per i complici era prevista la pena di morte. Durante l’impero ad aggravare il reato di falsificazione
suberazione fusione fu aggiunta la lesa maestà nei riguardi dell’immagine dell’imperatore raffigurato su
moneta il cui ritratto era tutelato da sanzioni. Le pene per i colpevoli erano gravissime: l’esilio per persone
di rango, la riduzione a schiavitù in miniera, la crocifissione per uomini liberi appartenenti a classi umili, la
crocifissione per schiavi. Il codice Teodosiano 425 d.C. prevedeva la deportazione la confisca dei beni o la
pena di morte per chi alterava la moneta o raffigurava pezzi coniati con l’immagine dell’imperatore.
Capitolo IX
Lo scambio nelle società arcaiche e l’origine della moneta
1. Prima della moneta
Nell’oriente mediterraneo già nel corso del III e del II millennio numerose documentazioni attestano un
consolidato uso come bene di valore oltre che di oggetti in metallo lavorato del metallo a peso (oro argento
rame). Testi scritti dalla Mesopotamia e dalla Siria (Ebla) risalenti a questo periodo ovvero metà del III
millennio la consuetudine di pagare in sicli d’argento le ammende.
Nel mondo greco segni di differenti stadi della concezione del valore si colgono nei poemi omerici. In Omero
infatti i kemalia o gli agalmata ricevuti in dono (coppe preziose tripodi, ori e stoffe raffinate)
rappresentavano insieme con olio e vino la riserva di ricchezza e il segno di prestigio del signore. Nella storia
del passaggio da utensile metallico a misura di valore un ruolo particolare lo riveste lo spiedo il cui nome
greco obelos e alla base del termine obolo in greco obolos che designa la frazione principale della dracma.
L’obolo infatti è la sesta parte della dracma che deriva il suo nome dal sostantivo drax che significa manciata
e indica la quantità di spiedi che si possono tenere in una mano. Lo spiedo è lo strumento che serve per
infilzare i pezzi delle vittime animali nelle cerimonie sacrificali e per distribuire le porzioni delle carni
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arrostite durante il banchetto o pasti comuni e ha assunto il significato di parte meris o moira di carne
infilata.
I precedenti più diretti della moneta sono stati i piccoli lingotti di metallo prezioso lisci striati o punzonati in
uso in Asia Minore. Grazie all’impronta stampata da uno stato (il tipo) il lingotto è reso un mezzo di acquisto
garantito e un metro di valore ossia moneta.
Capitolo X
La monetazione nel mondo greco
In Lidia e nel mondo Persiano:
In Lidia dopo le prime esperienze monetali in elettro del tempo di Aliatte è avviata la produzione di
emissioni di stateri e frazioni in oro e in argento con il tipo di un leone e di un toro. Queste monete
chiamate Criseidi in quanto attribuite al re Creso (560-547/6 a.C.) si trovano sopratutto a Sardi e nel suo
territorio. Dalla fine del VI secolo a.C., compaiono in circolazione i Darici in oro. I Darici in oro (Dario)
valevano 20 sicli di argento e corrispondevano come peso al volore di 1/60 della mina persiana. Il re
connotato come guerriero e cacciatore è raffigurato dapprima con arco e frecce, poi mentre tira con l'arco
quindi con arco e lancia, e in fine con arco e spada.
La data di inizio della monetazione dei darici in oro e sicli è fornita da una tavoletta di argilla dall'archivio
delle Fortificazioni di Persepoli del 500 a.C., su cui è impressa l'impronta di un esemplare con l'immagine del
sovrano mentre tira con l'arco. Il tipo continuò ad essere riprodotto fino alla fine della dinastia con Dario III
(330 circa a.C.). L'oro ha circolato ampiamente in vaste aree dell'impero persiano; i sicli in argento invece si
diffondono da Babilonia alla Persia sopratutto nel IV secolo a.C.
In Grecia
Differenti sviluppi ha avuto invece la comparsa della moneta nel mondo greco insulare e continentale
dove ben presto la moneta assume il ruolo di nomisma misura universale. Quando nel VI secolo a.C., l'uso
si diffonde in Grecia attraverso le isole dell'Egeo il metallo monetato non è più l'elettro tipico delle colonie
ioniche, ma l'argento. La tradizione della produzione in elettro continua in età classica fino al tardo IV
secolo a.C., solo in area orientale e sopratutto in tre importanti zecche Cizico, Mitilene, e Focea.
I principali sistemi di peso utilizzati dalle prime monete in Grecia sono:
Eginetico basato su una dracma di argento di g 6,22
Euboico basato su un piede di g 8,72 diviso in Attica e in Eubea in 2 dracme di 4,36 g e a Corinto in 3
dracme di g 2,90.
1. le principali monetazioni del periodo classico: Atene Egina e Corinto
Tra le poleis greche sicuramente fu Atene la città con gli usi monetari più sviluppati. Le prime coniazioni
sono successive alle riforme attribuite a Solone, riguardante l'introduzione di pesi attici in sostituzione di
quelli eginetici.
La Dracma ateniese si suddivide come quella eginetica in 6 oboli, ma è più leggera 4,36 g di quella eginetica
di g 6,22.
Le prime emissioni sono serie di didrammi e di frazioni con differenti tipi senza l'etnico. Denominate dai
numismatici wappenmunzen (cioè monete con lo scudo araldico) perchè i loro tipi sono racchiusi in un
bordo circolare rilevato come se fossero appunto la raffigurazione di uno scudo, e pertanto considerate
tipiche delle famiglie aristocratiche, queste emissioni sono state oggetto di lunghe discussioni circa la
cronologia l'attribuzione e la funzione. Il loro peso e l'area di circolazione indicano che la zecca emittente
fosse in Attica.
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Di recente sono state considerate coniazioni del tempo di Pisistrato 545-527 a.C., connesse con la
celebrazione delle Panatenee o con l'istituzione delle Trittie.
Subito dopo sono coniate le prime civette: tetradrammi contrassegnati con la testa di Atena e la civetta
accanto a cui adesso è presente l'etnico degli ateniesi Athe. Questi nuovi tipi dureranno fino alla fine della
produzione in argento metà circa del I secolo a.C.
Le prime civette sono attribuite ad Ippia ai figli di Ippia o a Clistene, e quindi in questo ultimo caso sono
collegate all'avvento della democrazia. In occasione delle vittorie contro i Persiani Atene ha coniato un
pezzo dal valore eccezionale di 10 dracme e dal peso di oltre 43 grammi il decadrammo sul quale l'elmo
della dea è cinto da tre foglie di ulivo.
La vittoria sulla Persia aveva reso Atene una potenza nell'area orientale del Mediterraneo. La sua moneta di
ottima qualità e abbondante grazie allo sfruttamento delle miniere di argento del Laurion era accetta anche
al di fuori dei confini al punto da diventare una valuta a carattere internazionale nel corso del V secolo a.C.,
diffusa dal Vicino Oriente all'Occidente sopratutto in Sicilia.
Argento come abbiamo visto precedentemente affluiva anche dall'esazione dei tributi imposti alle città
alleate dal 454 a.C. Il tesoro centrale della Lega era stato trasferito da Delo ad Atene. In questo frangente si
colloca il provvedimento definito decreto monetario che impone agli alleati l'abolizione di coniazioni
autonome e l'uso di monete pesi e misure ateniesi. È innegabile che il motivo principale di questo
provvedimento appare dettato dalla volontà di Atene di imporre la propria egemonia sugli Stati alleati. La
monetazione Ateniese attraverso un momento assai critico nelle vicende della guerra del Peloponneso
quando a più riprese viene meno l'estrazione di argento nel Laurion. In mancanza di Argento nel 406-5 a.C.,
Atene è costretta ad introdurre le emissioni in bronzo e anche una serie di monete in oro. Sette statue di
Nikai dell'Acropoli vengono spogliate del loro rivestimento in Oro e i 14 talenti di metallo prezioso
recuperato sono adoperati per produrre stateri, dracme e frazioni in oro con gli stessi tipi dei pezzi in
argento.
Dopo la vittoria riportata sugli Spartani a Cnido 394 a.C., Atene riprende una ricca produzione di
tetradrammi in argento, nei quali la testa di Atena è riprodotta con tratti ingentiliti e con l'occhio reso di
profilo e non più di prospetto.
La coniazione continua fino al I secolo a.C., la data finale è ora ritenuta il 40 a.C., con i caratteri peculiari del
cosiddetto nuovo stile affermatosi a partire dal II secolo a.C. Nelle emissioni di nuovo stile le civette sono
circondate da una corona di olivo (e per questo i tetradrammi sono definiti nelle iscrizioni del tempo
stephanephoroi ovvero portatori di corona) e recano iscrizioni con i nomi dei magistrati responsabili.
Egina:
Altra importante coniazione del mondo greco è stata quella di Egina. Eforo ritiene Egina la prima città a
coniare moneta d'argento per facilitare le pratiche mercantili svolte dai suoi abitanti che si dedicarono al
commercio a causa della povertà del suolo diventando abili trafficanti e navigatori.
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In realtà la moneta di Egina è una delle più antiche e certamente ha avuto un ruolo di primo piano tra le
isole egee, che ne hanno utilizzato il peso per le proprie coniazioni. La diffusione dei primi stateri (didrammi
di circa 12 g) è vasta: oltre diversi pezzi nelle Cicladi un esemplare è stato trovato a Persepoli nel deposito
di fondazione di Dario I, altri esemplari provengono da Corinto.
In occidente stateri arcaici di Egina sono presenti in due tesori di monete straniere e pezzi di argento, uno
trovato a Taranto e l'altro a Selinunte.
Il tipo della tartaruga con il quadrato incuso della moneta di Egina rimase costante per tutta la durata
della produzione. Unica variazione è il cambio da tartaruga marina in testuggine attuato sulle serie
battute prima della sconfitta inflitta agli Egineti dagli Ateniesi nel 431 a.C.
Corinto:
Accanto alle coniazioni di Egina e Atene non si può fare a meno di ricordare la monetazione di Corinto città
che in epoca arcaica fu protagonista nei traffici commerciali proiettati verso l'occidente.
Avviate più o meno negli stessi anni di quelle ateniesi, le serie di Corinto sono distinte dal tipo di Pegaso, il
cavallo alato che l'eroe Bellerofonte con l'aiuto di Atena riuscì ad aggiogare per sconfiggere la Chimera.
La testa della dea Atena viene abbinata al pegaso sull'altra faccia della moneta quando allo scorcio del VI
secolo a.C., è introdotto un secondo tipo al posto del quadrato incuso. Queste impronte resteranno fisse
sugli stateri corinzi definiti per questo pegasi fino alla chiusura della zecca nel IV secolo a.C., e saranno
riprodotti nel corso del V secolo e IV secolo a.C., sulle coniazioni delle sue numerose colonie sull'Adriatico.
Il peso dei Pegasi è di 8,70 g corrisponde a quello del didramma attico ma lo statere di Corinto si
suddivide in 3 dracme non in 2 come Atene. La produzione diventa abbondante nel corso del IV secolo. In
Sicilia diventa addirittura moneta corrente. I pegasi di Corinto si affermano nella regione al punto che la
stessa zecca di Siracusa avvia emissioni monetali con i tipi e il peso corinzi.
2. Magna Grecia e Sicilia tra Greci e Romani.
Magna-Grecia
Le prime monetazioni della magna Grecia sono caratterizzate dalle tecnica incusa una peculiarità che
accomuna le emissioni delle colonie achee (Sibari Crotone Metaponto Poseidonia), a quelle di Taranto che
è colonia Spartana e di Reggio colonia Calcidese. La data di inizio è fissata tra il 540-30 a.C., per le città
che presentano monete battute su tondelli larghi e sottili (Sibari Crotone, Metaponto)
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Taranto e Reggio avviarono la produzione monetaria dopo il 510 a.C., una data stabilita in base ad una
particolarità tecnica: queste due poleis hanno le monete battute su tondelli di diametro minore rispetto
alle prime emissioni delle città achee.
La diminuzione del diametro del tondello bilanciata da un aumento dello spessore per non modificarne il
peso, è un evoluzione tecnica che si riscontra in tutte le monetazioni incuse tranne che a Poseidonia e a
Sibari, per cui questa assenza è stata intesa come il segno dell'avvenuta cessazione della coniazione a
Sibari causata dalla distruzione della città ad opera dei Crotoniati nel 510 a.C., e dalla temporanea
interruzione a Poseidonia colonia sibarita.
Le colonie Magno greche sin dal principio scelgono per le loro emissioni in argento un'unica
raffigurazione come emblema civico, accompagnata dal nome della città: i
-ll toro a Sibari;
-la spiga d'orzo a Metaponto;
-il tripode delfico a Crotone;
-Poseidone a Poseidonia;
2) Le città achee e Taranto utilizzarono per le proprie coniazioni il piede acheo uno statere di g 8,00 diviso
in tre dracme. Le serie monetali del V secolo di Taranto mostrano l’eroe locale Taras a cavallo di un delfino
abbinato con un ippocampo una ruota o una testa femminile. In connessione con l’esaurirsi della
democrazia dopo la sconfitta subita ad opera delle genti indigene (Iapigi) compare sulle monete di argento
una figura maschile ritenuta l’ecista cioè il fondatore della città. Sugli stateri della metà del V secolo a.C., al
tipo di Taras sul delfino è associato un cavaliere e queste raffigurazioni restano immutate fino alla fine
dell’attività della zecca in III secolo a.C. inoltrato. Le emissioni dei cavalieri sono tra le più abbondanti tra le
serie magno-greche grazie alla posizione preminente economica e politica della città. I ritrovamenti
archeologici indicano che esse come quelle di Turi in V secolo a.C., dominano in ampie aree dallo Ionio al
Tirreno.
Poseidonia e Velia o Elea colonia dei focei. Le prime monete delle due città presentano notevoli diversità
formali:
quelle di Poseidonia hanno l’aspetto tipico delle coniazioni delle città achee della Magna Grecia prodotte
con la tecnica incusa
quelle di Elea sono spesse e globulari e presentano al rovescio un quadrato incuso, tipiche dell’Egeo
orientale cioè l’area di provenienza dei coloni focesi.
Le due città nella prima fase della loro produzione monetale 530 a.C., coniano soprattutto la dracma un
nominale che consente la convertibilità con altre valute in uso nel Tirreno, basate su diversi sistemi monetali
come appunto la dracma di g 5,82 utilizzata dalle colonie calcidesi o il didrammo e il tetradrammo euboicoattico rispettivamente di g 8,72 e di g 17,44 utilizzati da Siracusa e da altre colonie siceliote.
La produzione dell'argento ha termine entro il III secolo a.C., come in molte città italiote entrate in orbita
del dominio romano. Intanto Poseidonia che dopo la sconfitta di Sibari nel 510 adopera di Crotone aveva
interrotto le sue emissioni, alla ripresa della coniazione 480 a.C., abbandona il sistema ponderale fenicio
assumendo quello acheo. Sulle serie monetali ora prodotte a doppio rilievo all'immagine del Dio
Poseidone nell'atto di scagliare il tridente si affianca quella di un toro e con questi stessi tipi continua la
produzione in argento anche dopo la conquista ad opera dei Lucani fine del V secolo a.C.
Lungo il Tirreno il piede monetale di Elea colonia dei Focesi attecchisce in Campania regione dove Cuma è
la prima città ad emettere moneta. La prima serie coniata è quella della dracma del sistema calcidese. Lo
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stesso piede usato dalle altre colonie euboiche della Sicilia e da Reggio; in seguito alla sconfitta degli
Etruschi 474 a.C. Che segna l'affermazione del predominio siracusano nel Tirreno e determina
dappertutto il declino del sistema ponderale calcidese, questo sistema è abbandonato a favore di quello
euboico-attico in uso a Siracusa. Le raffigurazioni poste sulle prime dracme sono lo scalpo di leone tra le
due teste di cinghiali e la cozza mollusco che diventa il simbolo della città. Queste immagini si ritrovano
anche su emissioni della fine del IV secolo a.C., quando Cuma conia moneta con il valore del sistema
cosiddetto fenicio.
Più di frequente dello scalpo di leone le monete cumane presentano al dritto una testa femminile e al
rovescio il mitilo accompagnato da simboli riferibili a culti locali.
Aderisce al sistema cosiddetto fenicio anche Neapolis la città nuova fondata da Cuma. Neapolis sceglie
come emblema monetale la testa di Partenope e il toro a volto umano, che rappresenta il fiume Acheloo
padre della sirena Partenope. Queste impronte restano sulle monete per tutta la durata della produzione
in argento dal V al III secolo a.C. Tra le prime serie a doppio rilievo vi è un’emissione particolare coniata
per i giochi in onore di Acheloo il Dio fluviale per metà uomo e per metà toro raffigurato sulla moneta.
Nelle poleis del versante ionico rimane radicato il piede acheo. Nel sito un tempo occupato da Sibari nel
444/43 a.C. viene fondata Turi con il contributo di Atene. Gli stateri della città che al dritto mostrano la
testa di Atena cinta con l’elmo attico e al rovescio il toro, appena immessi diventano la serie più diffusa in
Magna Grecia. Le immissioni di Turi tra il V e IV secolo a.C. continuano senza variazioni di peso e nei tipi e
nel toro che alla fine del V secolo è rappresentato in posizione di attacco. Allo statere è affiancato il distatere un pezzo di valore assoluto dal peso di 16 grammi circa.
Metaponto nel corso del V secolo a.C. come le altre città di origini achee, smette con le coniazioni con la
tecnica incusa, sule monete accanto allo spiga di orzo è riprodotta una straordinaria varietà di divinità,
oppure il mitico fondatore della città Leucippo.
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Le serie monetali del V secolo di Taranto mostrano l’eroe locale Taras a cavallo di un delfino abbinato con
un ippocampo una ruota o una testa femminile.
In connessione con l’esaurirsi della democrazia dopo la sconfitta subita ad opera delle genti indigene
(Iapigi) compare sulle monete di argento una figura maschile ritenuta l’ecista cioè il fondatore della città.
Sugli stateri della metà del V secolo a.C., al tipo di Taras sul delfino è associato un cavaliere e queste
raffigurazioni restano immutate fino alla fine dell’attività della zecca in III secolo a.C. inoltrato. Le emissioni
dei cavalieri sono tra le più abbondanti tra le serie magno-greche grazie alla posizione preminente
economica e politica della città. I ritrovamenti archeologici indicano che esse come quelle di Turi in V secolo
a.C., dominano in ampie aree dallo Ionio al Tirreno. Nei decenni della seconda metà del V secolo a.C., Turi e
Taranto erano cresciute di importanza a scapito di Crotone. Al declino dell’influenza crotoniate sul Tirreno
corrisponde la crescita di Terina che conia una serie di emissioni pregevoli, con la testa della ninfa Terina e la
Nike seduta sul cippo o su un’idria.
Crotone produce sulle serie monetali tra il V e il IV secolo a.C., le stesse immagini utilizzate per gli incusi
tripode ed aquila ora a rilievo, mentre sugli stateri viene evocato il tema del ruolo di Eracle e dell’oracolo di
Delfi nella fondazione della città, con Eracle seduto su una roccia e con Apollo saettante accanto al tripoide.
Nel frattempo una formidabile innovazione era intervenuta nell’economia delle città antiche, dagli ultimi
decenni del V secolo a.C. era andata affermandosi la produzione di monete di bronzo a valore fiduciario.
Mentre in Magna Grecia si sviluppa la coniazione in oro. Tagliato su pesi del sistema attico l’oro inizia ad
essere monetato in tutto il mondo greco e anche nelle colonie in Occidente, a partire da Filippo II di
Macedonia. La valuta preziosa utilizzata soprattutto per il pagamento dei mercenari è coniata nel corso
delle continue guerre sostenute contro le popolazioni indigene quindi contro Roma. In questi frangenti
Taranto aveva chiesto il sostegno di forze alleate giunte da Sparta e dall’Epiro; all’epoca del conflitto contro
Roma ricorre all’aiuto del re Pirro. Anche le emissioni in oro di Metaponto come quelle più o meno
contemporanee di Taranto e di Locri, sono legate alla presenza dei mercenari chiamati in aiuto a partire
dalla metà del IV secolo a.C. vs le popolazioni italiche.
In Sicilia:
Le prime coniazioni prodotte in Sicilia si datano negli ultimi decenni del VI secolo a.C. e tra queste vi sono le
coniazioni delle colonie fondate dai calcidesi.
-Zankle l’antica Messana poi Messina ha prodotto moneta dal 530 a.C. e Reggio dal 510 a.C. Il peso e il
nominale coniato la dracma di g 5,80-70. Oltre alla dracma sono coniati a Zankle anche nominali inferiori
come nel mondo dei Focesi. Si tratta di monetine in argento funzionali ad attività portuali e a pagamenti
di entità ridotta tipiche delle città emporiche dove avvenivano scambi e affluivano merci.
-L’emissione di valuta spicciola si riscontra anche a Nasso e Imera, che usano entrambe il sistema di pesi
basato sulla dracma di g 5,80 circa. Dal 494 a.C. anno in cui ha esteso il suo dominio sulla città dello
stretto il tiranno Anassila originario di Messene, Zankle è denominata Messana e le sue monete sono
19
contrassegnate con gli stessi tipi in uso a Reggio distinte dal differente etnico. A Reggio infatti dopo la
presa di potere da parte dello stesso tiranno erano stati sostituiti sulle monete i tipi che celebravano il Dio
Apollo, il cui culto era connesso con le tradizioni stesse della fondazione della città ad opera dei coloni
calcidesi, e apposte nuove immagini (biga di mule e lepre) esaltanti le imprese del tiranno che aveva
conseguito una vittoria nei giochi ad Olimpia nella corsa con la biga e che aveva introdotto in Sicilia la
lepre.
Alla caduta della tirannide 461 a.C., sulle monete di Reggio appare la figura del mitico fondatore della
città, Iokastos figlio di Eolo ma in seguito dalla fine del V secolo a.C., l’elemento costante divenne il culto
di Apollo e la testa di Leone. A Messana invece si continua ad utilizzare per le monete le immagini del
tempo di Anassila.
Tra la produzione monetale siceliota sono degne di nota le emissioni della zecca di Naxos.
Un’altra colonia fondata dai calcidesi è Imera. La prima fase della sua produzione monetaria
caratterizzata dall’uso della dracma di peso calcidese e dai tipi del gallo e della gallina si chiude con la
presa della città ad opera di Terone tiranno di Agrigento 483 a.C. Dal 480 in tutte le colonie greche della
Sicilia, anche in quelle di origini calcidesi è adottato il peso delle monete di Siracusa (sistema euboicoattico) diventata egemone in tutta la regione dopo aver sconfitto i Cartaginesi nella battaglia di Imera e
vengono coniati tetradrammi (nominali tipici di Siracusa dal peso di 17,44 g), in genere con la
raffigurazione della quadriga.
A differenza delle città di origine calcidese, le colonie situate nella Sicilia sud-occidentale, (Gela Camerina
e Agrigento) utilizzano il sistema di pesi euboico-attico basato su un didrammo di g 8,70. Ma tra le città
siceliote dopo Siracusa è Agrigento ad avere la coniazione più estesa. La sua zecca emette didrammi e
tetradrammi con i tipi dell’aquila e del granchio e nell’ultimo quarto del V secolo a.C. tetradrammi con la
quadriga al galoppo.
A seguito dell’invasione dei Cartaginesi, tra il 410 ed il 405 a.C., molte città greche dell’isola sono state
distrutte o conquistate e hanno interrotto le loro monetazioni. Tra queste:
-Selinunte le prime emissioni del 520 a.C. sono didrammi di peso euboico-attico e presentano la foglia di
sedano in greco selinon da cui deriva il nome della città. Alla metà del V secolo a.C. epoca in cui la città è
prospera, sono prodotti i tetradrammi didrammi e frazioni con immagini di divinità e con riferimenti a
culti locali ma la produzione cessa nel 409 a.C. quando la città e assalita dai cartaginesi.
Nell’ultimo decennio del V secolo a.C. gran parte della Sicilia occidentale diventa una provincia
cartaginese. L’emblema tipico delle monetazioni della zona occupata dai punici e il cane da Caccia
presente sui didrammi di Segesta, e in altre città, sulle monete di queste città l’iscrizione del nome è in
lingua e lettere puniche. Cartagine attiva in modo stabile la propria zecca africana produce una notevole
quantità di moneta in argento e in bronzo caratterizzata dai tipi del cavallo e della palma abbinati alla
testa di Core o della dea fenicia Tanit o di Eracle-Melqart. (melqart è il nome di un dio punico assimilabile
ad Eracle). Negli anni delle lotte tra Cartaginesi ed Agatocle di Siracusa sono prodotti coniati moltissimi
tetradrammi; tra le emissioni degne di nota vi sono quelle con la testa femminile con la tiara tipico
copricapo orientale ed il leone accanto ad una palma prodotte in Sicilia negli ultimi decenni del
IV
secolo a.C. I cartaginesi rafforzata la loro presenza nell’isola dopo la morte di Agatocle, producono negli
anni della 1 guerra punica serie di monete di valore eccezionale in elettro e decadrammi in argento con la
testa di Core e Pegaso.
-Siracusa: le sue monete emesse dal 520 circa fino all’epoca romana circolano in tutta l’isola. La città
conia fin dall’inizio della produzione nominali di peso elevato i tetradrammi. Essi presentano
Al dritto una quadriga al passo dalla fase iniziale fino alla fine del V secolo a.C. e poi al galoppo
Al rovescio la testa della ninfa Aretusa.
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Negli anni dell’invasione cartaginese 410-05 a.C. è coniato l’oro per pagare le truppe mercenarie
assoldate dai siracusani; con la stessa funzione sono prodotti i decadrammi in argento e i pezzi in oro
degli anni di Dionigi I tiranno di Siracusa dal 405-367 a.C. I decadrammi sono nominali emessi per
pagamenti di elevato valore. A Siracusa come ad Atene sono stati coniati solo in particolari momenti:
Ad Atene in occasione della vittoria sui Persiani
A Siracusa intorno al 480-70 a.C. e la serie chiamata Demareteion perché in essa la teoria tradizionale
identifica l’emissione coniata con il metallo offerto dai Cartaginesi a Demarete moglie del tiranno Gelone
per il riscatto dei prigionieri dopo la battaglia di Imera del 480 a.C.). In quegli anni per gli affari
all’interno della città è introdotto da Dionigi I un nuovo nominale in bronzo la litra mentre viene
interrotta la coniazione di altri nominali in argento. Le litre prodotte in quantità e a lungo in circolazione
sono state da alcuni studiosi ritenute la moneta di stagno che Dionigi I aveva introdotto al posto della
moneta argentea pretendendo di farla passare per moneta buona.
L’arrivo di Timoleonte generale corinzio giunto con le sue truppe in aiuto contro i Cartaginesi determina un
radicale cambiamento nella circolazione monetale dell’isola.
Gli stateri di Corinto diventano valuta corrente e si affermano nella regione. Per comprendere meglio il
fenomeno bisogna tenere presente che in Magna Grecia e in Sicilia le monete estere non hanno mai
circolato comunemente. Costituisce quindi una vistosa eccezione il caso delle monete di Corinto e delle città
greche ad essa collegate. Nella seconda metà del IV secolo fino all’inizio del III secolo a.C., queste furono le
serie più diffuse in tutta la Sicilia. Le monete corinzie acquisirono un tale prestigio che oltre a Siracusa anche
Leontini Terina e Locri coniarono monete corinzie utilizzando il loro peso e gli stessi tipi.
A Siracusa durante il regno di Agatocle furono coniati i Pegasi. Negli anni del suo dominio caratterizzati
continui conflitti con i cartaginesi riprende la coniazione dei tetradrammi dapprima con la tradizionale
Quadriga e poi con i tipi puntano all’esaltazione delle affermazioni militari dei regnanti evocate sulle
monete dalla Nike accanto al trofeo.
Alla vittorie sui Cartaginesi e all’esigenza di pagare le truppe mercenarie vanno ricollegate le varie serie di
emissioni in metallo prezioso oro e elettro con le loro particolari raffigurazioni e con la comparsa della
titolatura regale al posto del nome Siracusa ovvero moneta del re Agatocle.
Negli ultimi anni di Agatocle a Siracusa è adottato un importante atto di natura finanziaria, destinato ad
avere ripercussioni nel tempo sfociando nel generale riassetto delle monete dell’Italia meridionale:
il cambio dei rapporti proporzionali di valore tra i metalli preziosi monetati che comporta la riduzione dello
statere in argento da 10 a 8 litre cioè da g 8,70 a 6,90 g circa. Un ulteriore calo ponderale sempre interessa
lo statere in argento negli anni in cui arriva Pirro a Siracusa per fronteggiare nuovi attacchi da parte dei
cartaginesi 278-76 a.C. Ierone seguace siracusano di Pirro ottiene una brillante vittoria contro i Cartaginesi
ed è nominato re di Siracusa 269 a.C. Nel lungo arco temporale del suo regno 54 anni e dei membri della
sua famiglia sulle monete il potere regale è simbolizzato attraverso il ritratto del diadema del sovrano e dei
suoi congiunti secondo una consuetudine tipica delle emissioni dei reami ellenistici della Grecia in Egitto e
dell’Oriente.
Il volume della produzione monetale soprattutto delle serie in bronzo è enorme a causa delle ingenti spese
militari della 1 guerra punica durante la quale Ierone aiutò costantemente i Romani. Alla sua morte 215 a.C.
il giovane nipote Ieronimo ei Siracusani stringono alleanza con Annibale. Gli esiti sono ben noti: Siracusa
resiste agli attacchi dei romani ma viene conquistata dalle truppe di Claudio Marcello nel 212 a.C. e
saccheggiata delle sue opere e delle sue ricchezze. Dopo la presa di Siracusa l’intera Sicilia diviene provincia
romana e cessano le coniazioni in oro e argento, mentre quelle in bronzo vengono prodotte a lungo ma solo
per usi locali. Il denario la nuova moneta dei romani in argento, che dalle rime emissioni si trova in Sicilia
(alcune serie durante la guerra annibalica sono state coniate proprio in zecche siciliane) si consolida fino a
diventare l’unico circolante in argento.
21
Caratteri della coniazioni ellenistiche
Un primo fondamentale elemento caratteristico delle monetazioni greche di età ellenistica è l’estensione
del sistema ponderale attico in tutta la vasta area dell’impero unificato dal Alessandro Magno il quale lo
aveva adottato per le sue abbondanti emissioni inargento che coniate in diverse e numerose zecche erano
diventate valuta internazionale sostituendosi alle civette ateniesi.
Altra pe4culiarità è data dalla scelta dei tipi che punta all’affermazione della sovranità del regnante
attraverso la riproduzione dell’effige del monarca. Il ritratto monetale di Alessandro appare sulle
monetazioni dei Diadochi che si dichiaravano discendenti diretti del re Macedone con la finalità di
legittimare il proprio potere. Il primo sovrano tra i successori a sostituire il ritratto di Alessandro fu Tolomeo
di Egitto nel 305-04 a.C., seguito da Demetrio Poliorcete nel 295. A partire dal regno di Antioco I ogni
sovrano seleucidico di Bactriana e degli altri regni anatolici Bitinia Ponto e Cappadocia ha apposto la propria
effige sulla moneta. Uniche eccezioni sono costituite dalle emissioni del regno di Macedonia dove gli
Antigonidi utilizzarono il ritratto di Alessandro e poi vari tipi figurativi e il regno di Pergamo sulle quali
appare dapprima il ritratto di Filetero fondatore della dinastia e poi la tipica raffigurazione dei cistofori la
cisti mistica di Dionisio e dei serpenti intorno ad una faretra. Coniati a partire dagli inizi del II a.C. dalle
zecche dell’Asia Minore che erano entrate a far parte del regno pergameno dopo la pace di Apamea 188
a.C. questi stateri in argento dal peso di 12 g circa rimasero in uso come valuta corrente nella provincia
romana di Asia fino al II secolo d.C.
Capitolo XI
La moneta a Roma
Prima della moneta i Romani e altre popolazioni indigene del resto della penisola italica e delle isole,
adoperavano il bestiame (pecus) e il bronzo non lavorato (aes rude). Fonti letterarie attestano che ancora nel
V secolo a.C. le multe e le pene erano fissate in buoi e pecore e nel corrispettivo bronzo a peso.
In V secolo a.C., il consolidarsi di forme di organizzazione politica e di relazioni basate su rapporti di
produzione, aveva creato le condizioni per privilegiare rispetto al bestiame il bronzo per vari generi di
acquisto e di pagamento per la determinazione di censi multe ecc. ecc. Il metallo veniva valutato secondo
valori di peso stabiliti in base al sistema della libbra.
Livio menziona vari episodi di pagamenti e ammende risalenti al V secolo a.C., attestanti il ricorso al bronzo
pesato: esempio nel 493 a.C. la plebe contribuì alle spese del funerale pubblico di Agrippa, versando un
sestante a testa cioè il quantitativo di bronzo corrispondente al peso di 1/6 della libbra.
Le testimonianze letterarie supportate dai ritrovamenti archeologici che documentano in contesti italici ed
etruschi l’uso di aes rude dal X al IV secolo a.C., mettono in discussione un noto e controverso passo di
Plinio, secondo cui il re Servio Tullio 578-535 a.C. fu il primo a contrassegnare il bronzo con la
raffigurazione di un capo di bestiame da cui il termine pecunia. Plinio riporta una tradizione erudita che
attribuisce al re, di origini etrusche, l’anacronistica introduzione della moneta a Roma.
All’epoca serviana risalgono i primi lingotti di forma quadrilatera contrassegnati da un’impronta detta
ramo secco.
In Italia meridionale e in Sicilia tra il VI secolo e il V a.C., lingotti a ramo secco si trovano in genere in stipi
santuariali deposti come offerta votiva.
L’impronta del ramo secco nel corso del tempo assume una forma più regolare a spina di pesce
interpretata secondo alcuni studiosi come un marchio di fabbrica secondo altri invece come un espediente
tecnico per la fuoriuscita dell’aria e dei gas, durante il processo di fusione negli stampi. Non si tratta però
di una vera e propria raffigurazione.
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Per trovare impronte assimilabili ad un tipo monetale bisogna aspettare agli inizi del III secolo a.C.,
quando sui lingotti a forma di quadrilatero detti aes signatum compaiono 15 differenti impronte
ottenute per fusione in matrice. I pezzi con queste effigi sotto tutti senza iscrizione tranne una serie con
aquila e pegaso su cui è indicata la leggenda in latino ROMANORUM.
2. Prime esperienze monetali a Roma e nelle colonie
Le prime coniazioni in bronzo e in argento di Roma non risalgono a prima della fine del IV secolo a.C.
Prodotte al principio in scarse quantità e saltuariamente, le emissioni seguono il modello e i valori ponderali
della moneta napoletana per cui sono nominate romano-campane.
Per comprendere l’ambito in cui si attuarono le prime esperienze è particolarmente indicativa la serie in
bronzo con i tipi delle monete di Neapolis (testa di Apollo con pettinatura arcaistica/parte del toro a volto
umano) ma con l’iscrizione greca in genitivo plurale Romaion monete dei romani.
Essa fu coniata dopo la stipula del foedus aequum accordo sancito tra Roma e Napoli, nel 326 a.C. al
tempo della seconda guerra vs i Sanniti che segnò il principio della conquista di Roma nel mezzogiorno.
Anche le prime serie in argento si ricollegano all’ambito campano di g 7,20 e registrano la volontà dei
Romani di stabilire contatto con Neapolis e con le aree di sua influenza.
Il periodo in cui Roma cominciò a produrre moneta compreso tra gli anni della 2 guerra contro i Sanniti
fino alla fine delle guerre puniche coincide con la fase più intensa dell’espansione romana attuata
attraverso la fondazione di Colonie e una capillare rete di alleanze.
Le emissioni corrispondono all’esigenza di far fronte alle spese delle imprese militari per la conquista di
aree vaste e interventi di opere pubblici nei territori occupati.
A quel tempo coniavano pure le colonie latine fondate da Roma piccoli stati sovrani con cittadinanza
istituzioni e leggi proprie e talvolta una monetazione propria.
Monetazione principalmente in argento delle colonie latine e delle comunità alleate di Roma prodotte in
Campania hanno il peso delle monete napoletane g 7,20 e si datano al tempo della guerra tarantina 28072 a.C.
A questa fase risalgono anche la serie in argento di Roma con la testa di Apollo e il cavallo a Galoppo e le
monetazioni dei centri dell’Apulia alleati di Roma vs Pirro.
All’epoca della prima guerra punica nelle colonie latine forse già si coniavano monete in bronzo non in
Argento che venivano coniato a Roma. Intorno alla metà del III secolo Roma riorganizza la struttura
delle monetazioni introducendo immagini fisse sulle serie in argento.
La moneta d’argento di questo periodo è il quadrigato che al dritto ha la testa giovanile di Giano bifronte
e al rovescio una quadriga fig.54. Ad esse sono connesse le prime monetazioni in oro, dette per la
raffigurazione del rovescio le serie del Giuramento fig. 55.
Sulle emissioni in bronzo sono introdotte raffigurazioni destinate a rimanere per tutta la fase
repubblicana sul rovescio la prora di una nave con il rostro fig. 56 e al rovescio una testa di divinità su
ciascuno dei nominali. Con il quadrigato che nel corso del tempo, (come le serie in argento di Siracusa
degli stessi anni), è oggetto di un calo di riduzione del peso da 6,60 a g 4,50, si chiude la prima fase della
produzione monetaria romana.
Come Roma anche le sue colonie passano attraverso diversi tipi di pratiche monetali:
le colonie latine impiantate in Campania coniano monete in argento e bronzo seguendo il modello greco;
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invece i centri alleati e le colonie sorte in aree anelleniche dove era radicato l’uso del metallo a peso,
producono moneta in Bronzo pesante con il valore locale della libbra e delle sue suddivisioni a seconda dei
criteri di frazionamento in uso:
a Roma nel Lazio in Etruria e Sicilia è attestata una divisione della libbra in 12 once
in tutta l’area adriatica in 10 once.
3. Aspetti della monetazione di età repubblicana
1) Nel 214 a.C. viene coniato il denario durante la seconda guerra punica vs Annibale. Il sistema del
denario è stato attuato dunque come abbiamo visto durante la guerra vs Annibale in un momento critico
per Roma a causa della indisponibilità di fondi pubblici per le difficoltà nel reperimento di risorse per
fronteggiare le spese di guerra. Con l’introduzione di questo sistema si stabilisce il rapporto stabile tra
l’argento e il bronzo fissando a 10 assi il valore dell’argento dal peso di 4 scrupoli (circa 4,50 g)
Inoltre vengono coniate due frazioni
Quinario del valore di 5 assi ½ di denario
Sesterzio di due assi e mezzo ¼ di denario;
Per facilitare il conguaglio con la dracma è emesso un pezzo d’argento dal peso di g 3,40 chiamato
Vittoriano per l’effige della Vittoria che incorona un trofeo.
Mentre il denario è destinato ad avere vita lunga fino al III secolo d.C., il Vittoriano ha breve vita e cessa
intorno alla metà del II secolo a.C.
2) Tutte le emissioni del sistema del denario nelle serie iniziali tipi fissi e contrassegni indicanti il valore.
Denario quinario e sesterzio hanno al
Dritto la testa di Roma e i segni del rispettivo valore in assi
rovescio presentano i Dioscuri a cavallo e la leggenda Roma fig. 58.
Sulle monete in bronzo continuano a campeggiare
Rovescio la prora di nave
Dritto la testa di una divinità Giano bifronte sull’asse, Saturno sul semisse, Minerva sul triente, Ercole sul
quadrante Mercurio sul sestante e Bellona sull’oncia.
La vittoria su Annibale comporta l’acquisizione di grandi ricchezze per i risarcimenti e le indennità di guerra
e migliaia di tonnellate d’argento riempiono le casse dello stato romano, il quale entra in possesso di filoni
argentiferi delle miniere iberiche sottratte a Cartagine.
Roma assunto il controllo del Mediterraneo amplifica il gettito monetario e la sua moneta domina
incontrastata nella penisola italica e in Sicilia. La produzione monetaria è ricondotta alla sola zecca urbana e
sui denari incominciano a comparire nuovi tipi (la vittoria, Giove, Diana, Giunone sui carri di cavalli a
galoppo) accompagnati dai monogrammi e dai simboli indicanti il nome dei magistrati responsabili
dell’emissione.
Nel frattempo attorno alla metà del secolo appaiono sempre nuove raffigurazioni poste dai magistrati in
carica per celebrare la gens di appartenenza ed esaltarne il prestigio.
Dopo la guerra Sociale scoppiano a Roma le lotte interne per l’affermazione del potere personale dei capi
delle fazioni. La turbolenta situazione politica determina varie conseguenze in campo monetario tra cui lo
sviluppo della monetazione detta imperatoria o militare. Questa pratica in precedenza si era limitata a
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poche occasione concesse dal Senato. A partire da Silla il fenomeno assunse dimensioni vistose e con
Cesare dopo il passaggio del Rubicone del 49 a.C., le coniazioni imperatorie divennero usuali.
Negli ultimi anni della repubblica un segnale dell’accentramento del potere individuale sono i tipi
monetali che raffigurano personaggi ed eventi contemporanei o ritratto monetale dei viventi. Cesare è il
primo ad ottenere questo privilegio dal Senato di riprodurre il suo ritratto sulla moneta. Dopo di lui se ne
arrogarono il diritto anche i successivi contendenti al potere protagonisti della lotta politica fig. 60.
3) Altro importante innovazione del periodo è il moltiplicarsi di emissioni in oro. In precedenza vi erano
state solo due coniazioni auree propriamente romane quella
Del giuramento e quella dell’oro marziale.
Una terza e rara emissione fu quella del console Tito Quinzio Flaminio coniata in Grecia dopo la vittoria su
Filippo V di Macedonia. Per il peso (statere attico) e per concezione rientra nel novero delle emissioni
tipiche della Grecia ellenistica.
Con Silla e poi con Pompeo e soprattutto con Cesare si afferma la coniazione aurea in conseguenza al grande
quantitativo di metallo prezioso ricavato nelle guerre di conquista. Il denarius aureus è battuto dai vari
generali per finanziare le imprese militari e come forse di ostentazione del proprio operato e affermazione di
prestigio. Gli anni di Cesare 46-44 a.C., sono quelli in cui a Roma si conia più oro data l’abbondanza del
bottino riportato nelle sue campagne in Gallia. Per le loro coniazioni in oro e argento i vari personaggi che si
contendevano il potere prima e dopo Cesare, hanno sempre usato un’ottima qualità di metallo prezioso: il
titolo della lega e il peso delle loro monete sono gli stessi di quelle prodotte dal senato.
Unica eccezione è rappresentata da Marco Antonio che emette nel 32-31 a.C., per pagare le legioni e coorti
al suo comando i cosidetta denari legionari in pessima lega di argento.
Nella fase finale della repubblica, la produzione ufficiale scompare e per lo meno fino alla presa di potere di
Ottaviano dopo la battaglia di Azio 31 a.C., sono emesse solo monete imperatorie.
4. Assetti monetari in età imperiale.
A seguito della sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra, Ottaviano, diventa il protagonista assoluto della
scena politica. Sui suoi denari coniati in grande quantità ora compare la iscrizione IMP CAESAR avendo
egli assunto nel 29 a.C., il prenomen imperatoris. Il passo successivo nel cammino intrapreso per
legittimare il suo potere costituzionalmente è il riconoscimento da parte del Senato romano della sua
autorità sancita nel 27 a.C., dall’assunzione del titolo del titolo di Augustus.
Nel 23 a.C., gli vengono conferite due cariche fondamentali dall’ordinamento repubblicano: l’imperium
proconsolare ovvero il controllo o il comando militare in tutte le province dell’impero, e la tribunicia
potestas il titolo di tribuno della plebe che prevedeva l’inviolabilità della sua persona e gli attribuiva il
diritto di convocare i comizi e di porre veto sulle proposte di legge.
Di fatto con il passaggio del potere nelle mani di un unico soggetto segna il passaggio dalla repubblica
all’impero.
Augusto fu artefice anche di una riforma del sistema monetario definita riforma monetaria di Augusto
operata nel 23 a.C., con la riapertura della zecca di Roma: la produzione monetaria viene articolata in 4
differenti metalli oro argento oricalco e rame, in ciascuno dei quali sono coniati più nominali.
La moneta aurea da Augusto in poi assume un ruolo importante nella monetazione.
Nel corso del tempo il denario è stato oggetto di continuo abbassamento del peso e anche del titolo. Nel 64
a.C., Nerone interviene operando una riforma in base alla quale il peso dell’aureo cala a 1/45 di libbra e il
denario a 1/96 il titolo dell’oro rimane invariato mentre quello dell’argento è svilito del 14% circa. Fino al III
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secolo d.C., si registra la tendenza ad intervenire sul denario abbassandone il peso e soprattutto alterando la
composizione della lega d’argento con l’immissione di quantità maggiori in rame.
All’incremento delle uscite per i maggiori costi di spesa (mantenimento delle truppe, il funzionamento
dell’amministrazione, i lavori pubblici, il pagamento alle popolazioni barbariche che premevano sui confini),
non corrispondevano introiti di metallo pregiato sufficiente a sorreggere la produzione monetaria.
La svalutazione riguarda l’argento continuamente svilita, ma anche le monete con il metallo meno nobile che
via via perde di valore e di peso finché intorno alle metà del II secolo d.C., cessa la coniazione di nominali
inferiori (semissi e quadranti).
Il III secolo è un periodo di crisi economica politica e sociale e per l’impero si aggravano le difficoltà
finanziarie. Per fronteggiare la situazione che riguarda principalmente la svalutazione dell’argento Caracalla
nel 212 d.C., introduce un nuovo nominale l’antoniano pari a un doppio denario, ma in quanto contenuto di
argento circa un denario e mezzo.
Nella seconda metà del III secolo non sono più coniati i nominali in lega di rame spariscono dalla
circolazione i sesterzi gli assi. In III secolo d.C., scompaiono anche le monetazioni in metallo vile delle
poleis coloniali e provinciali.
5. La crisi del sistema.
Nei confronti dell’incombere della crisi monetaria risulta vano il tentativo di Aureliano di introdurre nel 274
d.C., una moneta di rame argentato, di migliore qualità e con una percentuale di argento maggiore.
Dopo appena vent’anni Diocleziano è costretto a procedere ad un riassetto monetario generale, favorendo la
valuta aurea. L’aureus è portato a 1/60 di libbra, e tariffato al prezzo di mercato dell’oro puro;
in argento viene prodotta una nuova moneta l’argenteus pari a 1/96 di libbra, che riprende il peso del denario
di Nerone. A questi nominali viene inserita una moneta di Bronzo il follis o nummus a valore fiduciario.
Diocleziano aveva tentato di riattivare nella circolazione l’argenteus cercando di raddoppiarne il valore da 50
a 100 denari al pezzo, ma il provvedimento non riuscì a bloccare lo spropositato aumento dei prezzi e la
crescente inflazione che colpiva soprattutto i salariati come i militari.
L’ultimo significativo intervento sulla moneta di Roma si ebbe durante Costantino. Negli anni tra il 309-11
d.C., dopo aver ridotto il peso del nummus e eliminato la produzione di nominali inferiori, l’imperatore
impianta l’intero sistema monetale su un nuovo nominale d’oro a valore reale l’aureus solidus tagliato su
1/72 di libbra dal peso di g 4,5 destinato a durare per secoli. Figura 61.
Assieme al solidus sono coniate frazioni in oro e due nuovi nominali in argento il miliarense e la siliqua
mentre permane l’emissione di una valuta in bronzo argentato, il centenionalis che sostituisce il vecchio
nummus.
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