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La dermatite atopica
Laura Marchese, Silvia Ferrucci, Valentina Trevisan
Servizio di Dermatologia Allergologica, U.O. Dermatologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda, Ospedale Maggiore Policlinico, Milano;
Dipartimento di Anestesiologia, Terapia Intensiva e Scienze Dermatologiche, Università di Milano
La dermatite atopica (DA) è una malattia infiammatoria cutanea
pruriginosa a decorso cronico-recidivante, in cui le lesioni acute e
croniche si sovrappongono in relazione alla fase della malattia. La
patologia è caratterizzata da una distribuzione tipica delle lesioni
a seconda dell’età e, sul piano biologico, da un difetto di barriera
e da una iperreattività cutanea.
Frequentemente interessa pazienti con una storia personale e
familiare di atopia e con alti valori sierici di IgE totali e specifiche.
La DA ha una prevalenza del 2-5% nella popolazione generale e
fino al 10-20% nei bambini (variabile in funzione dell’area geografica e dell’età). L’incidenza è massima nei primi anni di vita: il
60% dei pazienti presenta le prime manifestazioni nei primi 2 anni
di vita e l’85% nei primi 5 anni di vita.
Circa il 60% dei bambini non presenta più sintomi alla pubertà, sebbene in più del 50% si possano osservare recidive in età
adulta.
I fattori che predicono la persistenza della patologia nell’età adulta
sono:
1. una malattia severa con esordio entro i primi 2 mesi di vita;
2. l’associazione con asma bronchiale e rinocongiuntivite allergica;
3. storia familiare di DA.
Eziopatogenesi
La DA è una malattia multifattoriale in cui la predisposizione genetica e l’ambiente giocano entrambi un ruolo importante.
I principali componenti sono: la suscettibilità genetica, l’iperreattività cutanea nei confronti di stimoli ambientali, la disfunzione della barriera cutanea, il deficit di ceramidi, la risposta
bifasica delle cellule T (Th2 in fase acuta e Th1 in fase cronica), una difettosa immunità innata della cute, una maggior
permeabilità ad agenti irritanti e ad allergeni e una tendenza
esagerata dei cheratinociti alla produzione di chemochine e
citochine proinfiammatorie. Tali componenti sembrano giocare
un ruolo critico nell’amplificazione delle risposte agli allergeni
da parte dei linfociti T.
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Fattori genetici
I geni coinvolti sembrano essere numerosi e localizzati su diversi
cromosomi. Le associazioni più rilevanti sono osservate con le
mutazioni del gene della filaggrina associate anche all’ittiosi volgare.
Fattori ambientali
I moderni ambienti domestici caratterizzati da un buon isolamento
termico, riscaldamento elevato, presenza di tappeti e moquette,
sono probabilmente rilevanti come vivere in vicinanza di strade a
grande percorrenza. L’ipotesi igienista si basa sulla competizione
antigenica; in particolare infezioni virali e batteriche, stimolando la risposta immunitaria da parte dei linfociti Th1, inibiscono
le reazioni atopiche associate alle stimolazione dei linfociti Th2.
Il momento critico per determinare l’equilibrio Th1/Th2 sembra
essere il periodo prenatale e la prima infanzia. Un’insufficiente
esposizione ad agenti infettivi nelle fasi precoci della vita manterrebbe la risposta Th2, invece di favorire la normale maturazione
con la risposta Th1.
Inoltre l’aumento del consumo di acqua e detergenti per l’igiene
personale osservato nelle ultime decadi nei paesi industrializzati
può favorire quelle alterazioni della barriera epidermica che portano allo sviluppo di un quadro infiammatorio cutaneo nei pazienti
con DA.
Clinica
La DA in fase acuta si manifesta con chiazze eritematose poco
definite, papule e placche con o senza desquamazione associate
a lesioni da grattamento. La cute appare infiltrata ed edematosa.
In fase cronica prevale la lichenificazione (ispessimento della cute
con accentuazione del disegno cutaneo) che deriva da continui
grattamenti e sfregamenti. Lesioni ragadiformi possono comparire nelle sedi flessorie e in regione palmo-plantare (Figg. 1, 2).
Le sedi cutanee preferenziali per la DA sono: le superfici flessorie,
il collo, le palpebre, la fronte, i polsi e il dorso di mani e piedi. Nelle
forme più severe si ha un coinvolgimento generalizzato.
N. 6 • Dicembre 2011
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seguiti ma oggi vengono considerati superati e non adeguati alla
realtà clinica della DA.
Pertanto è stato riformulato l’elenco dei criteri in una classificazione più aderente alla realtà.
Criteri diagnostici maggiori e minori
della dermatite atopica di Rajka (modificati)
Figura 1.
Figura 2.
Manifestazioni particolari si riscontrano a seconda dell’età del
paziente:
• prima infanzia: le lesioni si manifestano sotto forma di chiazze
eritematose accompagnate da piccole vescicole su superficie
edematosa e lesioni erosivo-crostose in parte essudanti. Le
sedi preferenziali sono il capillizio, il volto con risparmio periorifiziale e gli arti in regione estensoria;
• seconda infanzia: lesioni papulose con placche lichenificate e
lesioni erosivo-crostose localizzate in particolare a livello delle
fosse antecubitali, dei cavi poplitei, collo e volto;
• adulto: la distribuzione è analoga a quella della seconda
infanzia ma la lichenificazione e le lesioni escoriative sono i
segni principali.
Diagnosi
La diagnosi di DA è prevalentemente clinica e non esiste un test
di laboratorio specifico.
I criteri di Hanifin e Rajka del 1980 sono stati per anni accettati e
Maggiori
1. Prurito
2. Morfologia e distribuzione tipica delle lesioni compatibilmente
con l’età
• fino a 2 anni -> coinvolgimento facciale ed estensorio
degli arti
• dopo i 2 anni -> pieghe degli arti superiori e inferiori,
lichenificazione
3. Iperreattività della cute e delle mucose
4. Xerosi cutanea
5. Storia personale o familiare positiva per malattie atopiche
(asma, DA, rino-congiuntivite allergica).
Minori
• Eczema cronico delle mani e dei piedi
• Pigmentazione orbitaria
• Pliche di Dennie Morgan
• Blefarite
• Congiuntivite
• Dermatite periorbitaria
• Aumento IgE sieriche
• Intolleranza alimentare
• Dermatite periorale
• Cheilite
• Pitiriasis alba
• Cheratosi follicolare
• Fattori ambientali ed emozionali
• Fattori psicologici
• Perdita di sonno durante la notte (irrequietezza)
• Intolleranza alla lana
• Tendenza alle infezioni cutanee (come espressione di disreattività immunologica).
Per la diagnosi sarebbe necessaria la presenza di almeno 3 criteri
maggiori e 3 criteri minori.
A seconda dell’anamnesi e della clinica può essere utile effettuare:
• dosaggio IgE totali (PRIST) e specifiche (mediante skin prick
tests o RAST) verso allergeni inalanti o alimentari;
• test epicutanei (patch test) per testare la presenza di dermatiti
da contatto che frequentemente si associano alla DA;
• tamponi cutanei per batteri e miceti qualora il paziente presenti segni di sovra infezione.
Complicanze
Il decorso della dermatite atopica può complicarsi con infezioni
virali; un’eruzione monomorfa e disseminata di vescicole cupo-
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La dermatite atopica
liformi accompagnata da febbre, malessere e linfoadenopatia
è suggestiva per eczema herpeticum (eruzione varicelliforme
di Kaposi) da herpes simplex. I pazienti con DA possono inoltre
sviluppare un eczema molluscatum (Poxvirus) con numerosi elementi (Fig. 3), fino a centinaia e/o verruche virali (HPV).
Altri microrganismi frequentemente implicati sono stafilococchi e
streptococchi in grado di impetiginizzare le lesioni in prevalenza
in fase di riacutizzazione.
In alcuni casi il paziente può andare incontro a una eritrodermia,
talora scatenata dalla rapida sospensione della terapia steroidea
topica o sistemica.
Terapia
Il trattamento della dermatite atopica è finalizzato a:
• spegnere l’infiammazione;
• ripristinare la barriera cutanea;
• ridurre la colonizzazione batterica;
• prevenire le riacutizzazioni.
L’igiene è un momento fondamentale: la temperatura dell’acqua
non deve superare i 36°C e la durata del lavaggio non deve superare i 5 minuti, si preferiscono prodotti in formulazioni non irritanti
(es. oli).
La terapia emolliente si realizza mediante l’uso di creme ed emulsioni idratanti.
Antinfiammatori topici
I corticosteroidi topici sono il trattamento di prima scelta.
L’applicazione sarà quotidiana o a giorni alterni a seconda della
gravità del quadro clinico; la riduzione delle applicazioni deve
essere graduale per evitare l’effetto “rebound” legato alla rapida
sospensione della terapia.
Gli inibitori topici della calcineurina (tacrolimus unguento e pimecrolimus crema) sono stati recentemente introdotti nella cura
della dermatite atopica. Questi principi attivi sono privi di effetti
collaterali locali (eccetto per una transitoria sensazione di bruciore
o calore) e trovano indicazione in fase subacuta-cronica.
Antistaminici
Gli antistaminici sistemici sono utilizzati per controllare la sintomatologia pruriginosa anche se spesso risultano poco efficaci.
Gli antistaminici di prima generazione come l’idroxizina hanno un
effetto sedativo dovuto all’attività sui recettori del sistema nervoso
centrale e nei casi dove il prurito disturba il sonno tale effetto può
essere sfruttato. Quelli di seconda generazione (cetirizina, ebastina,
loratadina e altre) presentano minori effetti collaterali (minore sensazione e attività anticolinergica) e migliore tollerabilità. Infine quelli
di terza generazione (desloratadina, levocetirizina e fexofenadina)
hanno spesso attività antinfiammatoria e antiallergica grazie alla
soppressione del rilascio d’istamina e di altri mediatori pro infiammatori come la rupatadina che oltre a una potente azione inibitoria
del recettore H1 dell’istamina ha una specifica attività antagonista
del recettore del fattore attivante piastrinico (PAF).
Terapia antibatterica, antimicotica e antivirale
Solo in presenza di segni clinici di sovrainfezione batterica o virale
è giustificato un trattamento con antibiotici o antivirali.
Fototerapia
Il meccanismo d’azione comprende l’immunomodulazione attraverso l’apoptosi di cellule infiammatorie, l’inibizione delle cellule
di Langherans e la modifica nella produzione di citochine associato a un effetto antimicrobico.
Si tratta di una terapia di secondo livello usata soprattutto negli
adulti e associata ad altri trattamenti topici o sistemici.
Trova particolare applicazione nei pazienti con forme croniche,
pruriginose e lichenificate.
Le attuali sorgenti di UV comprendono apparecchi in grado di
emettere spettri di radiazioni selettivi (UVA+UVB, UVB a banda
stretta, UVA1), la scelta del trattamento è limitata dalla disponibilità degli apparecchi. Gli UV possono essere combinati con un
farmaco fotosensibilizzante (psoraleni) topico o sistemico somministrato prima dell’esposizione (PUVA o fotochemioterapia). I trattamenti con raggi UV pongono interrogativi sul rischio di tumori
cutanei (nei trattamenti a lungo termine) e sul fotoinvecchiamento.
Antinfiammatori sistemici
Figura 3.
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I corticosteroidi sistemici sono efficaci ma è bene somministrarli
per poche settimane a causa degli effetti avversi sul lungo periodo. La ciclosporina (3-5 mg/kg/die) è rapidamente efficace e
maneggevole ma richiede il monitoraggio attraverso esami ematochimici, in particolare della funzionalità renale, e una regolare
misurazione della pressione arteriosa.
Altri farmaci utilizzati sono azatioprina, metotressato e mofetil
micofenolato.
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Terapia termale
Bibliografia di riferimento
Oltre a fruire di aspetti di tipo psicologico (tranquillità e riposo), la cura termale si avvale di proprietà terapeutiche legate
alla specificità dell’acqua termale stessa, che per le patologie
dermatologiche viene principalmente utilizzata nelle fasi non
acute sotto forma di balneoterapia anche associata ai raggi
UV.
L’esposizione alle acque termali, modificherebbe a livello delle
aree cutanee coinvolte la produzione di citochine, modulando
negativamente l’attivazione delle sottopopolazioni linfocitarie T
coinvolte nell’induzione e nel mantenimento delle lesioni eczematose.
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Key messages
• La terapia emolliente quotidiana è fondamentale in ogni fase di malattia per l’effetto benefico sulla barriera cutanea
• Utilizzare i prodotti corticosteroidei topici per “cicli” consente di ridurne gli effetti collaterali
• Utili programmi educativi per evitare ai pazienti di mettere in atto misure non necessarie o addirittura dannose ai
quali è possibile associare un sostegno di tipo psicologico
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