Omelia per la dell’Epifania solennità IL RISCATTO DEL DUBBIO Omelia per la solennità dell’Epifania Pontecorvo, chiesa Concattedrale, 6 gennaio 2015 La prima parola con cui oggi il Signore parla al suo popolo è fortemente provocatoria: “Alzati…”(Is 60, 1). Dio scuote il torpore di Gerusalemme, le sue lagnanze, le sue desolazioni. Dice basta alla sua tristezza e mette fine alle tenebre dell’esilio che l’hanno avvolta. La Città-santa, il popolo di Dio, può mettersi in cammino per rivestirsi di quella Luce che viene incontro: “…perché viene la tua luce. Su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” (Is 60,1-2). Anche nella storia di Abramo, il primo incontro con Dio è stato siglato da un verbo di movimento, da una parola che ha dato inizio a una nuova partenza: “Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò” (Gen 1,1). Dio non si rivela mai come una presenza scontata, obbligata. Nel pieno rispetto della libertà umana, Dio si propone e invita l’uomo ad incontrarlo in un atteggiamento di ricerca, in piedi e in cammino. Dio turba la falsa quiete della coscienza, perché provoca il dubbio e l’inquietudine , affinché questi approdi alla vera conoscenza di Lui. La Parola è l’atto con cui Dio esce da se stesso, per intraprendere questo andare verso l’uomo, verso Abramo. Se l’uomo di Ur dei Caldei vuole risolvere le sue tristezze, soprattutto quella di un futuro senza discendenza e perciò senza speranza, anche lui deve uscire da se stesso, abbandonare le proprie abitudini acquisite e consolidate, a farsi debole rispetto alle proprie sicurezze materiali. Abramo deve ritrovare una ragione di vita, fiducia nella sua storia se vuole ritrovare la gioia della vita e la benedizione di una lunga discendenza. I Magi si incamminano sulle orme di Dio. Cosa poteva rappresentare la luce di una Stella rispetto all’enorme patrimonio delle loro conoscenze? Uomini di scienza, colti e preparati, certamente soddisfatti dallo sviluppo delle loro scoperte, non si sentono appagati. Restano disponibili al dubbio, alla ricerca, a ulteriori scoperte che potessero favorire ulteriori conoscenze, soprattutto quello di rispondere alla domanda di senso. L’insieme delle loro conoscenze poteva rispondere alla domanda di “come” è fatto l’universo, ma rimaneva ancora disattesa la questione del significato di tutto questo, della sua origine, della sua direzione e del suo compimento. Restava oscuro per loro il movimento e l’orientamento dell’intero creato. Se la cultura non diventa “ermeneutica”, cioè interpretazione delle cose, gusto della conoscenza, e rimnane solo apprendimento, non risponde ai bisogni più profondi della ricerca dell’uomo. Il cuore umano è mendicante della verità. Non c’è la piena luce della verità se la conoscenza non diventa comprensione e spiegazione del significato profondo di tutte le cose. Troppi uomini di cultura e di scienza hanno vissuto nell’insignificanza dell’esistenza! La loro intelligenza è naufragata nel cinismo del rifiuto della Sapienza divina. I Magi intuiscono che la luce di una stella nuova, inesplorata, possa condurli alla scoperta del logos- sapienza della vita. La cultura dei Magi raggiungerà la piena luce solo nell’incontro con il Verbo di Dio, a Betlemme. Il volto luminoso del bambino della grotta soddisferà la comprensione di ogni significato e delle giusta direzione di tutte le cose. Carissimi, non c’è “epifania”, rivelazione di luce, senza ricerca interiore! Questa è la pedagogia di Dio: amorevole custode della dignità e della libertà umana, provoca l’inquietudine della mente e del cuore, perché l’uomo si metta in cammino, alla ricerca della sapienza della vita. La rivelazione di Dio, pertanto, non anestetizza la responsabilità umana, ma la esige, D’altronde a chi si potrebbe rivelare il Signore se non ad un cuore pellegrino e libero, rischiando Lui stesso di non essere accolto, riconosciuto, incontrato? A chi potrebbe parlare Dio se non a chi si fa uditore della sua Parola? La domanda orienta la ricerca: “Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei?” (Mt 2,2). L’Epifania è il riscatto del dubbio, è la rivincita delle domande su Dio. L’Epifania celebra il tormento dell’uomo: dove sei Dio in mezzo a tante guerre e ingiustizie? dove sei Signore nella mia vita disperata? come cercarti in mezzo ai tormenti della mia malattia? come amarti, se tu non difendi gli innocenti? come crederti se non dimostri la tua forza contro i più forti e prepotenti? La risposta è una sola: “Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono” (Mt 2,11). Amici e fratelli carissimi, la nostra presunta fede spesso è un dato acquisito ed ereditato in modo passivo. La struttura cristiana della nostra esistenza dipende in modo scontato dall’educazione familiare ricevuta, e difficilmente si dispone allo studio, alla ricerca, all’indagine. Invece se vuole crescere la nostra fede deve aprirsi al dubbio e alla domanda di senso: perché Dio esiste? perché Gesù mi salva? perché credo? in chi credo? perché prego? perché partecipo all’eucarestia? perché la Chiesa? perché tanta sofferenza? perché la morte? cosa accade dopo la morte? E tante domande ancora! Quale risposta alle molte questioni dell’uomo, se non il Logos da adorare, la Parola da accogliere, la Verità da cui farsi illuminare? Per incontrare la luce bisogna seguire il corso del sole, andando da Oriente a Occidente. Bisogna ripartire da Cristo, sole nuovo che sorge, per camminare nella notte delle nostre questioni, attratti dal bagliore della stella che ci indirizza fuori di noi e ci fa camminare verso Betlemme per uscire dal buio delle origini (cfr. Gen 1,2). + Gerardo Antonazzo