Quando l’economia è al servizio dell’uomo “Abbiamo bisogno di qualità civile”, ha detto un giorno il Capo dello Stato Napolitano, frase dall’effetto tonificante e a sostegno delle difficoltà dei nostri giorni. Ho pensato a queste parole leggendo l’esperienza dell’azienda di Omegna che invece di mettere in cassa integrazione i dipendenti per il calo di produzione, fisiologico da giugno a novembre, li impiegherà per lavori socialmente utili al Comune. I dipendenti dell’azienda hanno reagito alla proposta con una adesione bulgara pari all’85% e ognuno di loro, dirigenti compresi, risponderanno alle esigenze della comunità mettendo a disposizione capacità, esperienza ma soprattutto rispetto del lavoro e responsabilità personale. E’ il recupero di una buona pratica in uso nell’immediato dopo guerra e abbandonata nell’era del benessere: in accordo azienda‐operai‐sindacati si dedicava alla comunità una giornata di lavoro per sostenere l’opera di ricostruzione e aiutare le amministrazioni comunali a riavviare il paese. L’iniziativa, considerata quasi scontata, è stata capace di innescare un circolo virtuoso intorno ad un progetto comune “la ricostruzione” che richiedeva partecipazione, sentimento di appartenenza e responsabilità sociale. I tempi sono cambiati ma in un certo senso questa crisi comporta una “ricostruzione” che contiene la grande opportunità di riflettere su come dare un maggior senso al valore economico, che non può essere riferito esclusivamente al PIL ma deve prevedere la ricomposizione del senso di una storia comune, a cui tutti siamo chiamati a partecipare. C’è la necessità di una riflessione antropologica sull’idea della ricchezza e dei suoi usi che nell’era odierna definita del “godimento” alimenta la cultura del consumo e accentua l’egoismo individuale. Il congelamento della dinamica espansiva può essere letto come la faticosa ricerca di una rinnovata edificazione del rapporto tra tecnica economica, politica e responsabilità individuale. Ciò comporta il superamento delle posizioni di mantenimento per seguire i flussi , comprendere i cambiamenti, cogliere le opportunità, condividendo scopi/progetti comuni, socialmente accettabili, ristabilendo la positiva relazione tra crescita economica, sviluppo sociale e partecipazione personale. Il Presidente di AIB di Brescia, Marco Bonometti, pochi giorni fa ha affermato: “Il lavoro, in tutte le espressioni in cui si manifesta, è una ricchezza e non va sprecata” a conferma che il lavoro non ha un significato esclusivamente strumentale ma che un rinnovato dialogo fra la sfera economica‐sociale e partecipazione personale può scaturire in esperienze di straordinaria efficacia per tutti. Abbiamo bisogno di inserire parole nuove nel dizionario della crisi! Emanuela Gastaldi