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PRIMO PIANO
Mercoledì 8 Febbraio 2017
Ricostruita l’incredibile vita di Uber Pulga, traditore sia per i resistenti che per i fascisti
Il partigiano in camicia nera
Decorato da Mussolini, fu fucilato dai repubblichini
DI
I
CARLO VALENTINI
n Friuli, nella malga Porzus, avvenne uno scontro
tra partigiani, o meglio
l’imboscata di un gruppo di partigiani comunisti
nei confronti di un gruppo di
partigiani cattolici e laici non
comunisti. Questi ultimi formavano la brigata Osoppo e si
erano particolarmente distinti
nella resistenza al fascismo. In
17 pagarono con la vita il fatto
di non essere comunisti. Per la
prima volta alla commemorazione dell’altroieri ha partecipato una delegazione dell’Anpi,
l’associazione dei partigiani da
sempre di orientamento di sinistra fino allo strappo recente
con Matteo Renzi e quindi col
Pd. Una svolta che ha calamitato l’attenzione di giornali e tv
poiché è ritenuta significativa,
nel senso che la Resistenza può
entrare nella fase di studio e
valutazione e non essere più
un’icona intoccabile.
Finora ciò non è stato
possibile per le ferite lasciate nella società dai vent’anni
del fascismo e anche perché
spesso dietro la richiesta di
approfondimenti si nascondeva l’intenzione di appannare,
per contingente lotta politica, i
sacrifici e gli eroismi di tanti,
pagati a volte con la morte.
Ora forse è consentito voltare
pagina, si può andare orgogliosi
di quella ribellione alla dittatura ma allo stesso tempo si possono affrontare i drammi che
inevitabilmente la guerra e la
violenza provocano.
Non è un caso che insieme
alla tenda finalmente strappata che copriva l’eccidio della
malga di Porzus esca un libro in
cui il giornalista Alessandro
Carlini parte dalla testimo- nei Balcani, l’8 settembre del e lui, ricoperto di sangue, con
nianza del nonno e ricostruisce ‘43 è fra gli ‘ammutinati’ della un filo di voce dice: «Non rinnela storia di Uber Pulga, una Nembo, che dopo aver ucciso il go nulla di tutto quello che ho
vicenda umana che ha dell’in- loro comandante, il pluridecora- fatto». Viene giustiziato all’alba
credibile se non incastonata to tenente colonnello Alberto del 24 febbraio 1945. Aveva 26
in quegli anni terribili. Il suo Bechi Luserna, decidono di anni. Nelle ultime ore è al suo
nome è infatti negli elenchi dei restare a fianco dei tedeschi. fianco il cappellano militare che
caduti partigiani ma anche di In Germania viene addestrato lo accompagna sino al muro del
quelli della Rsi. Su una lapide al controspionaggio e spedito a cimitero di Gaiano (Parma),
del suo comune di Felonica Po, Reggio Emilia per la sua mis- dove lo fucileranno sei soldati
in provincia di
italiani e
Mantova, è cesei tedeRiceve l’incarico dai partigiani di rubare una mitraglialebrato come un
schi. Forse
patriota. Nei liattraverso
trice, ci riesce ma quando sta per mettere in moto il furbri della pubblila tragedia
gone viene catturato dai repubblichini e dai tedeschi. Lo
cistica fascista
di chi come
torturano brutalmente, vogliono sapere nomi e indirizzi.
è considerato
lui ha comUna
notte
di
tormento
ma
non
parla.
Gli
comunicano
la
un martire rebattuto per
condanna
a
morte
e
lui,
ricoperto
di
sangue,
con
un
fi
lo
pubblichino. A
entrambe le
di voce dice: «Non rinnego nulla di tutto quello che ho
Reggio Emilia
parti, si può
l’associazione
incominciafatto». Viene giustiziato all’alba del 24 febbraio 1945.
dei partigiani
re a percorAveva 26 anni. Lo fucileranno sei soldati italiani e sei
lo ricorda come
rere la via
tedeschi.
Forse
attraverso
la
tragedia
di
chi
come
lui
ha
spia fascista
stretta e
combattuto
per
entrambe
le
parti,
si
può
incominciare
a
che travestito
difficile di
percorrere
la
via
stretta
e
diffi
cile
di
una
riconciliazione
da disertore
una riconnazionale non ancora completata.
tedesco causò
ciliazione
la morte di due
nazionale
patrioti. Mentre
non ancora
a Parma, dove è stato fucilato sione ad altissimo rischio di in- completata».
dai fascisti, è considerato una filtrato fra i gruppi partigiani.
Un travaglio umano e pervittima per avere scelto la re- Diventa così un eroe repubbli- sonale che è anche la storia di
sistenza. Non a caso il libro si chino, promosso sul campo da un intero Paese. Uber Pulga è
intitola «Partigiano in camicia Mussolini in persona che lo un uomo senza bandiere se non
nera» (editore Chiarelettere, nomina sottotenente. Ma dopo quella della propria coscienza.
sarà presentato il 14 febbraio). l’incontro col dittatore, diventa- Una coscienza tormentata, mai
Dice Alessandro Carlini, che ha to l’ombra di se stesso, si scate- pacificata, che lo porterà a viveconsultato anche archivi storici na la crisi di coscienza che porta re la delusione e il distacco dal
in Gran Bretagna e Germania Uber a scegliere, questa volta fascismo ma non, come molti,
«Uber Pulga è l’emblema della per davvero, la causa partigiana cambiando casacca a guerra orconfusione che c’era nella men- e a dare la vita per essa. Riceve mai conclusa. Grazie a un’accute di tanti individui che vive- l’incarico dai partigiani di ru- rata ricerca storica il suo «caso»
vano gli avvenimenti convulsi bare una mitragliatrice e altre riemerge dall’oblio ed è destinatra bombe, privazioni, violenze. armi, ci riesce ma quando sta to a far discutere.
Così lui, ma come tanti anche per mettere in moto il furgone
«Mio nonno- dice Carlise non se ne parla, passando da viene catturato dai repubblichi- ni- si commuoveva e mi racuna parte all’altra alla fine de- ni e dai tedeschi. Lo torturano contava di quando la famiglia
cide di morire come un patriota, brutalmente, vogliono sapere aveva recuperato i resti di Uber,
partigiano senza rinnegare di nomi e indirizzi. Una notte di con i fori dei proiettili nel craavere indossato la camicia nera. tormento ma non parla. Gli co- nio. Ma non amava parlarne,
Nel ‘42 combatte i partigiani municano la condanna a morte voleva proteggere il ricordo di
Uber ds tutto, dalla politica, da
chi lo voleva collocare da una
parte o dall’altra, rosso o nero,
vincitore o vinto. Mio nonno
difendeva quelle quattro ossa
da chi non voleva fare riposare in pace quel giovane che
apparteneva a una generazione maledetta dalla guerra e
dall’ideologia. In effetti dopo la
guerra gruppi e associazioni si
sono affrettati a mettere Ubder
da una parte e dall’altra. Alla
fine la storia la fanno sempre
i vivi sui morti. Senza fermarsi
a ricostruire le vite spezzate da
una guerra, le voci che si sono
spente nel passato e che non
possono più dire nulla. Quel
grido «Viva l’Italia» morto in
gola a Uber non è solo retorica,
ma qualcosa di molto di più. E’
l’urlo di un uomo cresciuto e
allevato nell’Italia fascista per
rivendicare un Paese migliore
di quello che lasciava».
Quando il plotone se ne
andò lasciando il cadavere a
terra fu il cappellano, don Augusto Sani, a mettersi il corpo
in spalla e portarlo al cimitero
per la sepoltura. Scrisse alla famiglia: «Di lui posso dirvi che
era un idealista e vide il suo
ideale infranto. Con lo stesso
entusiasmo con cui ha servito
la divisione Italia, tanto da meritarsi due medaglie d’argento e
una d’oro, alla fine aveva deciso
di mettere la sua vita al servizio
della Resistenza, accettando
compiti pericolosi. In fondo
era sempre il sentimento
della sua patria che lo spingeva ad atti di eroismo e coraggio».
Dopo Porzus un altro tassello di un mosaico in parte
da completare.
Twitter: @cavalent
©Riproduzione riservata
UN ESPONENTE VICINO A DELRIO, UNO DELLA MINORANZA E UN RENZIANO IN CORSA PER LA SEGRETERIA
Il Partito democratico fa le prove in Sardegna
Il 19 marzo si terranno le primarie come antipasto del congresso
DI
I
FILIPPO MERLI
l Pd fa le prove. In attesa della
resa dei conti a livello nazionale
tra Matteo Renzi e i governatori di Toscana e Puglia, Enrico
Rossi e Michele Emiliano, pronti a
strappare il partito all’ex presidente del
Consiglio, le varie correnti dei dem si
sfideranno alle primarie in Sardegna.
I candidati sono tre, tutti appartenenti
ad aree diverse: uno vicino al ministro
delle Infrastrutture, Graziano Delrio,
un renziano e un esponente della minoranza.
Nei mesi scorsi, il Nazareno
ha inviato un garante, Gianni Dal
Moro, per guidare il Pd dopo le dimissioni dell’ex segretario regionale,
Renato Soru. Il principale compito di
Dal Moro era quello di promuovere il
Sì al referendum dello scorso 4 dicembre. Dopo il mancato passaggio della
riforma varata da Renzi e da Maria
Elena Boschi, in Sardegna è tempo
di un nuovo congresso.
Il termine per farsi avanti è scaduto lo scorso lunedì. I candidati che si
contenderanno la leadership del partito sono tre: Giuseppe Luigi Cucca,
Francesco Sanna e Yuri Marcialis.
Cucca, 60 anni, è senatore dal 2013.
Prima dell’avventura da parlamentare ha ricoperto la carica di consigliere
regionale. A livello nazionale, è vicino a
un importante esponente del governo
Gentiloni come il ministro Delrio.
Sanna, 52 anni, è deputato. Quello alla Camera è il suo secondo mandato a Roma dopo il primo trascorso
a Palazzo Madama come senatore. In
seguito allo scioglimento della componente legata a Enrico Letta, s’è avvicinato all’area di Renzi, di cui tutt’ora
fa parte.
Marcialis, 44 anni, è al secondo
mandato come assessore allo Sport
della giunta del sindaco di Cagliari,
Massimo Zedda (Sel). È stato a capo
del Pd del capoluogo sardo dal 2011 al
2014 ed è un dipendente regionale in
aspettativa da Argea, l’agenzia sarda
per la gestione e l’erogazione degli aiuti
in agricoltura. Marcialis rappresenta la
minoranza dem e ha guidato il fronte
del No al referendum costituzionale.
Secondo SardiniaPost, l’idea del Pd,
all’inizio, era quella di condividere
un’unica candidatura. Alla fine, però,
come sembra accadere a livello nazionale con Renzi, Rossi ed Emiliano, hanno
prevalso le varie correnti. «Ci abbiamo
provato in tutti i modi, senza riuscirci»,
ha sottolineato l’ex presidente del Consiglio regionale, Giacomo Spissu, che
premeva per una soluzione unitaria.
«Sarà un congresso difficile che, forse,
non appassionerà».
Anche Sanna, indicato dall’ex
segretario Soru, che su di lui voleva
far convergere l’intero partito, ha parlato di «candidatura unica fallita: sarà
il congresso a fare sintesi. La campagna
elettorale esalterà i punti di vista politici e le cose da fare, un congresso di
rimescolamento delle tre aree».
«La nostra è una battaglia politica che parte dal rinnovamento,
dall’unità del partito e dal rafforzamento della coalizione», ha detto invece Marcialis. «In questo senso, Cagliari
rappresenta un laboratorio di classe dirigente nuova». Cucca ha precisato che
anche la sua «era nata come candidatura per unire. Poi, però, non s’è trovato
l’accordo. Resto convinto che, alla fine,
debba vincere il partito».
Le liste, un massimo di tre per
ciascun candidato a segretario, andranno presentate entro il 4 marzo.
Sarà un passaggio fondamentale per
l’istituzione della nuova assemblea regionale da 160 componenti. Poi, il 19
dello stesso mese, il Pd farà le prove del
congresso in Sardegna.
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