L`eccidio negato di Porzus

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anticipazioni
retroscena di una «faida interna»
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retroscena di una «faida interna»
PORZÛS
I COMUNISTI AMMAZZANO
GLI ANTIFASCISTI
Febbraio 1945, Friuli Orientale. Un centinaio di partigiani comunisti
irrompe di sorpresa nel comando della Osoppo, formazione partigiana
«bianca». L’azione è rapida, brutale. In pochi minuti gli attaccanti sono
padroni del campo: hanno una stella rossa sul berretto e tanta fretta. Gli
ordini del partito sono chiari: il plotone d’esecuzione è pronto. Qualcuno
intona «Bandiera rossa». Bilancio: 20 partigiani uccisi da altri partigiani.
Sul perché di quella strage ci si è interrogati per decenni, fino a quando,
a fatica la verità si è fatta avanti. Come racconta, un capitolo del volume
«Confini & Conflitti» che «Storia in Rete» anticipa
di Marco Valle
S
ette febbraio 1945.
Nei boschi della Carnia i sicari dei gruppi
d’azione partigiana
assassinano il comandante Francesco
De Gregori – lo zio dell’artista romano – i suoi luogotenenti – tra
cui Guido Pasolini, il fratello di
Pier Paolo – e i loro commilitoni. Un massacro. Venti partigiani
italiani, venti antifascisti cadono falciati da raffiche di mitra.
Raffiche corte, raffiche lunghe.
Raffiche assassine. Tutte sputate dai mitra impugnati da altri
partigiani. Anche loro italiani.
Anche loro antifascisti. Perché?
Una domanda che rimbalza da
decenni tra i monti del Friuli,
le memorie dei protagonisti e le
paure dei testimoni; un interrogativo silenziato per più di mezzo
secolo nei tribunali dello Stato o
sepolto negli archivi del defunto
PCI e dell’ex Jugoslavia comunista. È «l’affare Porzûs», uno sporco affare. A tutt’oggi – persino in
questo primo scorcio del terzo
millennio – quei venti morti rimangono un ricordo intollerabile
per gli sfiatati cantori del manie-
21 giugno 1945: i funerali dei partigiani osovani
trucidati dai comunisti alla malga di Porzûs
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STORIA IN RETE 60
Novembre-Dicembre 2014
Novembre-Dicembre 2014
rismo resistenziale, un problema
terribilmente fastidioso per larghi segmenti della società politica italiana, una questione aperta
che dopo sessant’anni imbarazza
giornalisti e gran parte degli storici. Di quella strage lontana – la
prima delle troppe mattanze che,
da Portella delle Ginestre a Bologna e oltre, hanno punteggiato,
scandito il nostro interminabile
dopoguerra – meglio era (è) non
parlarne. Meglio dimenticare,
scordare. E – se proprio necessario – basta(va) un accenno confuso e deviante. Ancora una volta, perché?
Le risposte – complesse, atroci,
definitive – le ritroviamo, finalmente, in «Porzûs. Violenza e Resistenza sul confine orientale». Un
libro importante. Coraggioso. Il
lavoro, curato da Tommaso Piffer
e pubblicato – con il contributo
dell’Associazione Partigiani Osop-
Documento della prefettura repubblicana
di Udine che informa la questura
di contatti fra la Osoppo, le SS e la Xa MAS
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61 STORIA IN RETE
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