MATEMATICHE COMPLEMENTARI
FONDAMENTI, STORIA E DIDATTICA DELLA MATEMATICA

Direttore
Luigi M
Università della Calabria
Comitato scientifico
Aldo B
Università degli Studi di Palermo
Luca D’A
Università della Calabria
Massimo G
Università degli Studi di Milano
Emilia F
Università della Calabria
MATEMATICHE COMPLEMENTARI
FONDAMENTI, STORIA E DIDATTICA DELLA MATEMATICA
La matematica altri non è che il lato esatto del nostro pensiero.
Luitzen Egbertus Jan B
La collana accoglie studi e ricerche che riguardano i fondamenti, la
storia e la didattica della matematica. Essa è rivolta a coloro che vogliono approfondire un aspetto culturale o l’altro dello sviluppo della
matematica nel corso dei secoli, la sua trasmissione da una generazione all’altra, la sua struttura scientifica, la sua proposta didattica
(senza trascurare lo sviluppo di metodi e di tecnologie innovative),
coniugando insieme aspetti elementari e superiori.
Emilia Florio
Massimo Galuzzi
Luigi Maierù
Nadia Santoro
La “nuova algebra”
da François Viète a Leonhard Euler
Copyright © MMXV
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 
A Leonardo Florio,
papà di Emilia,
venuto a mancare
mentre la redazione
di questo volume
si stava chiudendo
Indice
Introduzione
15
Capitolo I
François Viète e il sorgere della “nuova algebra”
Introduzione
19
L’Introduzione all’arte analitica
23
Le prime note alla logistica speciosa
27
Gli Zetetici
31
Il primo libro degli Zetetici
32
Il secondo libro degli Zetetici
39
Il terzo libro degli Zetetici
40
Il quarto libro degli Zetetici
43
Il quinto libro degli Zetetici
49
I Due trattati sulla ricognizione e sulla correzione
delle equazioni
51
Il primo trattato sulle equazioni
51
Il secondo trattato sulle equazioni
62
La risoluzione numerica delle potenze pure
71
Conclusioni
72
Anthoine Vasset traduttore di Viète
73
9
10
10
Indice
Indice
Jean-Louis de Vaulezard traduttore e interprete di Viète
73
Marino Ghetaldi interprete della tradizione e di Viète
76
Capitolo II
I primi lettori di Viète: Antonio Cataldi, Albert Girard,
Thomas Harriot, William Oughtred
Introduzione
89
Pietro Antonio Cataldi e la Nuova algebra
proporzionale (1619)
90
Albert Girard e la Nouvelle algèbre (1629)
99
L’Artis analyticae Praxis di Thomas Harriot (1631)
110
William Oughtred interprete di Viète
121
Conclusioni
134
Capitolo III
L’Algebra negli scritti di Réné Descartes
e di Pierre de Fermat
Introduzione
135
L’algebra nelle elaborazioni matematiche di Réné Descartes
137
Le “questioni algebriche” nell’Epistolario e nelle
Regole per lo sviluppo dell’ingegno
138
La Geometria, la “scienza nuova” di Descartes
142
La riflessione di Pierre de Fermat su questioni di algebra
L’algebra linguaggio della geometria
170
172
Dall’algebra verso la teoria dei numeri:
Fermat lettore e interprete di Diofanto
Conclusioni
187
197
Indice
Indice
1111
Capitolo IV
La scuola olandese di Franz van Schooten
e lo studio dell’Algebra
Introduzione
201
Franz van Schooten e la Scuola Olandese
201
Gli scritti di Franz van Schooten tra geometria e algebra
203
Il trattato sulle coniche
203
Il Commento alla geometria di René Descartes
217
Il Trattato attorno alle dimostrazioni geometriche
ottenute per mezzo del calcolo algebrico
225
I primi studi attorno alla Geometria di Descartes:
gli scritti di Florimond Debeaune
228
Le Note brevi alla geometria di René Descartes
229
I due trattati sulle equazioni
235
Gli scritti di Jan van Hudde sulle equazioni
243
La lettera prima sulla riduzione delle equazioni
243
La lettera seconda sui massimi e sui minimi
252
Conclusioni
255
Capitolo V
L’Algebra nella seconda metà del Seicento
e nel primo Settecento
Introduzione
259
“Algebrizziamo” la matematica assieme a John Wallis
264
Il decennio 1660-1670 e il fiorire di studi algebrici
281
L’Esercitazione geometrica di Michelangelo Ricci (1666)
281
René François de Sluse tra curve ed equazioni
291
12
12
Indice
Indice
James Gregory e alcune problematiche
geometrico-algebriche
302
John Pell e nuove espressioni algebriche
311
Carlo Renaldini e una nuova visione della geometria
321
L’attenzione di Isaac Newton all’algebra,
prima e oltre il calcolo infinitesimale
331
Le Osservazioni sull’algebra di Kinckhuysen
332
Problemi sulla costruzione delle equazioni
338
L’Aritmetica universale
344
Osservazioni
363
L’algebra premessa al calcolo infinitesimale:
Gottfried Wilhelm Leibnitz
364
Cenni all’algebra negli ultimi decenni del Seicento
e nei primi decenni del Settecento
380
Ehrenfried Walther von Tschirnhaus
e la sua trasformata (1683)
381
L’Algebra di John Wallis (1683, 1685)
386
Napoli e le idee “nuove”: Antonio Monforte,
Giacinto de Cristoforo e Niccolò de Martino
Conclusioni
417
428
Capitolo VI
L’Algebra nel Settecento tra ricerca e didattica
Introduzione
429
I trattati di algebra nel Settecento
437
Il Trattato di algebra di Thomas Simpson
437
Gli Elementi di algebra di Alexis Claude Clairaut
458
Indice
Indice
1313
Il Trattato di algebra di Colin Maclaurin
465
I trattati algebrici di Edward Waring
483
Gli Elementi di algebra di Leonhard Euler
495
La Teoria generale delle equazioni algebriche
di Étienne Bezout
516
Gli Elementi di algebra e il Complemento d’algebra
di Sylvester François Lacroix
Alcune proposte strettamente didattiche
523
538
Le Istituzioni analitiche e il loro uso nella geometria
di Paolino Chelucci
.538
Le Lezioni elementari di matematica
dell’Abbé De la Caille curate dall’Abbé Marie
Conclusioni
Bibliografia
543
551
553
Introduzione
Il percorso che va da al-Khwārizmī e dai matematici arabi1 alla costituzione e allo sviluppo della tradizione latina2 è sostanziato da una profonda riflessione e da una significativa elaborazione matematica ed è accompagnato dal recupero di una parte della tradizione matematica classica all’interno dell’algebra, presentandosi ricco di suggestioni e di risultati. Essendo rimasti aperti al suo interno alcuni problemi, continuiamo
la storia, da una parte, cercando gli strumenti idonei per affrontarli,
dall’altra, seguendo la trasmissione dei risultati conseguiti all’interno e
sul fronte dell’algebra.
In questo volume vogliamo dare spazio all’individuazione,
all’affermazione e alla trasmissione delle prime novità che si registrano
all’interno dell’algebra e che riguardano essenzialmente il significato e
l’espressione della “dimostrazione/soluzione” algebrica nel “metodo
analitico”.
Nell’arco del Seicento la riflessione attorno a queste problematiche
porta a creare una più solida tradizione algebrica, che offre possibilità di
sviluppo alla geometria analitica e crea le premesse al sorgere del calcolo infinitesimale. Si individuano diverse situazioni problematiche che
non vengono risolte totalmente nel Seicento poiché la loro soluzione richiede tempi più lunghi. Affrontare queste situazioni porta a prendere
coscienza di nuove problematiche che postulano visioni e prospettive fino a quel momento non conosciute e portano a leggere tutta l’algebra,
più antica e più recente, in un contesto rinnovato, avviando verso
l’algebra delle strutture.
Il percorso, dagli scritti di al-Khwārizmī a quelli prodotti tra la fine
del Cinquecento e le prime decadi del Seicento, consente di rendersi
conto, ancora una volta, in generale di come si sviluppa il pensiero ma1
2
Abbiamo presentato questa tematica in [Galuzzi-Maierù-Santoro 2010].
Questa problematica è affrontata in [Galuzzi-Maierù-Santoro 2012].
15
16
16
Introduzione
Introduzione
tematico, in particolare di come si sviluppa quella riflessione che esprime quanto sia grande la familiarità con metodologie e strategie algebriche soprattutto nella ricerca della soluzione di problemi.
Ricevere dalla tradizione problematiche e strategie di soluzioni, contenuti ben strutturati e istanze di novità porta a rivedere in un contesto
nuovo (il proprio) ciò che altri hanno elaborato in tempi più o meno lontani e, nello stesso tempo, a non essere passivi e a impegnarsi in prima
persona, assumendosi direttamente la responsabilità di portare avanti il
lavoro. Ciò esprime cosa significa e in cosa consiste l’essere “matematici”
nel senso più vero e più pieno, cioè l’essere “matematici creativi”, in ogni
periodo storico. Questa premessa, da non trascurare ogni volta che tentiamo di leggere i documenti del passato, è quanto mai presente nel percorso che vogliamo sottoporre a noi stessi prima e ai nostri lettori (se ve
ne saranno) successivamente.
Il percorso comincia con la riflessione attorno agli scritti di François
Viète e prosegue con la lettura e la riproposizione delle principali elaborazioni algebriche registrate nel Seicento per, quindi, individuare l’iter
che l’algebra compie nel Settecento fino a Euler. Non prendiamo in considerazione gli scritti di natura algebrica di J. L. Lagrange, nei quali e con
i quali la riflessione attorno all’algebra condiziona e segna il percorso
successivo.
Come avremo modo di constatare, con gli scritti di Viète avviene una
rilettura e una traduzione dell’algebra fino a quel momento elaborata in
un contesto più generale, passando dall’algebra “numerosa”, dove i coefficienti delle equazioni sono numeri, all’algebra indicata prima come
“speciosa” e successivamente come “simbolica”, in cui i coefficienti delle
equazioni sono prima “species” e poi “simboli”, espressi dalle lettere
dell’alfabeto latino. In un primo momento le consonanti indicano i coefficienti e le vocali indicano le incognite; solo più tardi, con Descartes, con
le prime lettere dell’alfabeto si indicheranno i coefficienti, mentre con le
ultime lettere le incognite. Questo fatto comporta un formidabile ampliamento delle equazioni, ponendo il problema del loro significato nei
casi particolari, ottenuti sostituendo le lettere con numeri, e della loro
applicabilità all’interno di problemi di differente natura. Nello stesso
tempo, questo stesso fatto consente di tradurre il “metodo dell’analisi”
degli Antichi, fino ad allora espresso solo in ambito geometrico, nel linguaggio e all’interno dell’algebra, preparando la risposta al problema
della consistenza e del senso della “dimostrazione/soluzione” algebrica.
Introduzione
Introduzione
1717
Ci rendiamo conto di essere arrivati alla soglia del “metodo analitico”,
che trova in Réné Descartes e in Pierre de Fermat i matematici che per
primi lo esprimono, avviando una storia, segnata dalla presenza di tanti
attori (da Franz van Schooten e dalla sua scuola a John Wallis, René François de Sluse, James Gregory, John Pell, Michelangelo Ricci, Carlo Renaldini, Isaac Newton, Wilhelm Leibnitz, Walter von Tschirnhaus) che, in
un modo o nell’altro, approfondiscono il discorso algebrico e, nello stesso tempo, direttamente o indirettamente, danno consistenza al metodo
analitico.
Il Settecento, erede di tanta riflessione e di tante elaborazioni, è segnato da due linee che preferiamo considerate non scindibili: la prima è
impegnata a fare avanzare il discorso algebrico; la seconda si esprime
nel tentativo di coniugare i contenuti e i risultati della ricerca con forti e
pressanti istanze di natura didattica, ampliando di fatto i programmi
dell’insegnamento della matematica.
Di fronte alla produzione algebrica nel Settecento, molto ricca e variegata, le nostre forze e il nostro tempo sono inadeguati. Limitiamo,
perciò, la nostra scelta solo ad alcuni autori, escludendone di fatto altri
di grande rilievo, e segnaliamo al lettore un minimo di bibliografia recente3.
Considerare sotto lo stesso orizzonte le elaborazioni di Thomas
Simpson, Alexis Claude Clairaut, Colin Maclaurin, Edward Waring, Leonhard Euler, Étienne Bezout, Sylvester François Lacroix, come di Paolino
Chelucci, dell’Abbé de la Caille e dell’Abbé Marie, fa comprendere come
l’elaborazione matematica, anche la più elevata, abbia la sua naturale e
conseguenziale ricaduta sulla didattica. Ciò è di grande rilievo soprattutto oggi, quando assistiamo a tentativi di creare steccati tra la ricerca e la
didattica. Tali tentativi generano la convinzione che ci debba essere una
netta separazione tra eccellenti ricercatori ed esperti in didattica, non
considerando la possibilità di essere, nello stesso tempo, l’uno e l’altro
insieme (con le dovute e documentate eccezioni), svuotando la ricerca
della sua forza propulsiva e considerando la didattica senza radici e fondamenti.
Come proporre questo percorso, pur così suggestivo, ai lettori?
È nostra scelta privilegiare la lettura diretta degli scritti originali,
presentando la traduzione in lingua italiana (curata da noi oppure presa
dalle più accreditate edizioni nazionali) del pensiero di qualche autore.
3
Vedi in particolare [Katz – Parshall 2014], [Kleinert 2007], [Pycior 1997] e [Stedall 2011].
18
18
Introduzione
Introduzione
Siamo consapevoli che questa scelta porta inevitabilmente a considerare
in secondo ordine sia le letture e le interpretazioni date in epoche successive rispetto a quelle di composizione sia gli studi che nell’arco degli
anni sono stati pubblicati. Siamo anche consapevoli che la fedeltà “formale” al testo antico, scritto in lingua latina o in altre lingue, porterebbe
a creare in alcuni lettori la convinzione dell’impossibilità di accedere alle elaborazioni del passato, molte delle quali sono espresse in un linguaggio “retorico”, di difficile comprensione per i moderni, avendo ormai perso ogni elemento che ne faccia cogliere il senso. D’altra parte,
non possiamo ignorare la storia di cui ogni lingua è portatrice.
Abbiamo scelto di tentare di esprimere le pagine che parlano di fatti
ed eventi molto lontani nel tempo, espressi in un linguaggio a noi sconosciuto e tante volte incomprensibile, poco formalizzato rispetto alle
espressioni matematiche odierne, nel linguaggio matematico più consueto per noi e per gli eventuali lettori. Ciò non deve essere ritenuto un
“tradimento” del pensiero e delle espressioni dei matematici considerati, poiché vogliamo garantire una fedeltà assoluta (nei limiti della nostra
capacità di comprensione) a ciò che abbiamo ricevuto, ritenendolo un
tesoro prezioso da non sciupare.
Per raggiungere il nostro scopo ci vediamo “costretti” a leggere i testi,
soprattutto quelli antichi, in modo che possano essere compresi dai lettori moderni, adoperando una sorta di “formalismo di base”, senza entrare nel merito di come, attraverso i tempi, si sia sviluppato il simbolismo algebrico. Questa scelta minimale dovrebbe consentire e garantire
la fedeltà “filologica” al testo.
Il nostro operato non deve essere visto come il tentativo di leggere le
elaborazioni precedenti nel contesto dello sviluppo del pensiero matematico odierno. Ciò non è nelle nostre finalità. La nostra formazione di
storici non deve portarci a questo punto!
Ciò non esclude, però, che, di tanto in tanto, anche noi ci lasciamo
suggestionare da ciò che leggiamo e tentiamo di darne una “nostra” lettura in termini più attuali.
Infine, in qualche parte del percorso, forse diamo l’impressione di essere ripetitivi. Siamo convinti che, attraverso una lettura puntuale del
testo antico che procede per gradi, possiamo renderci conto di come il
matematico ha “creato” la “sua” opera, certi che non è uscita dalla sua
testa come dalla testa di un “dio”.
Capitolo I
François Viète e
il sorgere della “nuova algebra”
Introduzione
François Viète (1540-1603) è giudicato un “uomo di ingegnosa e profonda meditazione”, che affronta ciò che esiste di più difficile nelle
scienze più astruse (tra le quali vi è la matematica) e a cui niente può essere precluso in forza del suo acume di spirito. Ricopre diverse cariche
(consigliere al Parlamento della Bretagna in Rennes, “maître de requête”
al Parlamento di Parigi, decodificatore di scritti durante la guerra di
Spagna al servizio di Enrico IV, ecc.), durante le quali il suo “spirito ampio e infaticabile” rimane costantemente impegnato nello studio della
matematica.
Non ci dilunghiamo sulle notizie che riguardano la sua vita in quanto
facilmente reperibili da ogni lettore1.
Gli scritti matematici sono quanto di più prezioso Viète abbia lasciato
ai posteri. In essi si colgono molti elementi nuovi rispetto alla matematica del tempo e con essi comincia una nuova “era” sul fronte dell’algebra,
come attesta J. Wallis, il primo a occuparsi della storia del primo secolo
della “nuova algebra”2. Wallis fornisce il criterio per distinguere la “nuo1 Alcuni di questi riferimenti sono tratti dalla Francisci Vietae Vita [Viète 1646, p. VII]. Per documentarsi sugli scritti matematici e sulle idee di Viète vedi [Viète 1646, pp. VII-XI]. Queste pagine
sono tradotte in lingua francese e si trovano in [Viète 1991, pp. 9-11]. In generale, per documentarsi
sulla vita, suoi diversi scritti e sul loro contenuto vedi [Viète 1646], [Viète 1991], [Viète 1992]. Della
letteratura più recente su Viète vedi [Bachmakova-Slavutin 1976/77], [Bashmakova-Smirnova
2000], [Freguglia 1988a], [Freguglia 1988b], [Freguglia 1989], [Giusti 1992], [Parshall 1988],
[Rashed 1974], [Waerden 1985].
2 John Wallis tenta di scrivere la storia dell’algebra “nuova” che comincia con gli scritti di Fr.
Viète nel suo trattato di algebra. Questo scritto è pubblicato in lingua inglese nel 1685 [Wallis 1685]
e in lingua latina nel 1693 [Wallis 1693]. In questo scritto sono innumerevoli i riferimenti a Viéte e
alla sua opera matematica.
19
20
20
La “nuova
Capitolo
I algebra” da François Viète a Leonhard Euler
va” algebra dalla “vecchia”: esso consiste nel conoscere, seguire e interpretare i Libri aritmetici di Diofanto, i quali nella “vecchia” algebra sono
studiati solo occasionalmente, anche se da tanti algebristi del Cinquecento (Bombelli non è l’unico) sono giudicati un libro eminentemente
algebrico.
Per la nuova impostazione dell’algebra sono ritenuti fondamentali
questi primi due scritti di Viète:
In artem analitycam isagoge, pubblicato nel 15913,
Zeteticorum libri quinque, pubblicato nel 15934,
con i quali l’autore presenta le proprie idee sull’algebra, dove deve essere essere collocata e come deve essere espressa.
L’impostazione data da Viète al discorso algebrico trova riflesso e sviluppo, in forma esplicita o implicita, in altri suoi scritti, quali:
Effectionum geometricarum canonica recensio5;
Supplementum geometriae6;
Variorum de rebus mathematicis responsorum lib. VIII 7, pubblicati
nel 1593;
Ad problema quod… proposuit Adrianus Romanus responsum del
15958;
Apollonius gallus cum duo appendicula9;
De numerosa potestatum ad esegesin resolutione10, curati da M.
Ghetaldi e pubblicati nel 1600;
De aequationum recognitione et emendatione11;
Analysis angularium sectionum12, curati da A. Anderson e pubblicati nel 1615;
Ad logisticen speciosam notae priores13, curato da J. Beaugrand e
pubblicato nel 1631.
3 Le date indicate sono quelle della prima edizione di questi scritti. Per comodità nostra e del
lettore i riferimenti agli scritti di Viète sono tratti da [Viète 1646] e [Viète 1991-1992]. Nello specifico vedi [Viète 1646, pp. 1-12], [Viète 1991, pp. 17-33] e [Viete 1868].
4 [Viète 1646, pp. 42-81] e [Viète 1991, pp. 42-141].
5 [Viète 1646, pp. 229-239] e [Viète 1991, pp. 335-349].
6 [Viète 1646, pp. 240-257] e [Viète 1991, pp. 350-374].
7 [Viète 1646, pp. 347-435] e [Viète 1992, pp. 129-247].
8 [Viète 1646, pp. 205-324] e [Viète 1992, pp. 68-95].
9 [Viète 1646, pp. 225-346] e [Viète 1992, pp. 96-128].
10 [Viète 1646, pp. 162-228] e [Viète 1991, pp. 244-334].
11 [Viète 1646, pp. 82-161] e [Viète 1991, pp. 143-242].
12 [Viète 1646, pp. 286-304] e [Viète 1992, pp. 41-67].
13 [Viète 1646, pp. 13-41] e [Viète 1991, pp. 35-77].
I.
François
VièteViète
e il esorgere
della
“nuova
François
il sorgere
della
“nuovaalgebra”
algebra”
21
Questi scritti e altri (come quelli attorno alla riforma gregoriana del
calendario14) confluiscono nell’edizione elzeviriana delle Opera matematica curata da Franz van Schooten e pubblicata nel 1646.
Franz van Schooten raggruppa gli scritti di algebra di Viète seguendo
un ordine logico e di concatenamento tra i diversi argomenti, mettendo
da parte l’ordine cronologico.
Noi abbiamo deciso di concentrarci soprattutto su questi scritti, tra i
16 contenuti nell’edizione di van Schooten:
In artem analitycam isagoge,
Ad logisticen speciosam notae priores,
Zeteticorum libri quinque,
De aequationum recognitione et emendatione,
De numerosa potestatum ad esegesin resolutione.
È opportuno passarli in rassegna per renderci conto direttamente
delle novità introdotte da Viète.
L’opera matematica di Viète è molto significativa anche se consideriamo i termini e le notazioni adottate, come osserviamo già dai titoli
degli scritti appena presentati, dai quali emerge, in particolare, il tentativo di riprendere i termini o la fraseologia del mondo greco ellenistico
(arte analitica, isagoge, zetetico, logistica, poristica, ecc.).
Queste notazioni, come è ovvio, non possono essere separate dai contenuti matematici.
D’altra parte la comprensione dei suoi scritti è indispensabile ed essenziale per chi vuole rendersi conto dell’affermarsi del linguaggio “specioso” o “simbolico” con cui l’algebra comincia a esprimersi. Questo linguaggio opera una netta demarcazione fra l’algebra fino a quel momento
espressa e “questa” altra.
Così, con Viète la forza espressiva del linguaggio simbolico comincia a
diventare parte indispensabile e vitale dell’operare matematico.
Soltanto a partire da Viète possediamo il concetto di “equazione generale”, ove indeterminate non sono solo le incognite, indicate da lui con
le vocali (A, E, I, ecc.), ma anche i coefficienti, indicati, a loro volta, con le
consonanti (B, C, D, ecc.).
Un “ipotetico lettore”, che abbia familiarità con la migliore algebra
14 Un ruolo storico particolare hanno gli scritti che riguardano, direttamente o indirettamente,
la riforma del calendario, quali: Ratio Kalendarij vere Gregoriani, Kalendarium Gregorianum perpetuum e Adversus Christophorum Clavium Expostulatio ([Viète 1646, pp. 449-544] e [Viète 1992, pp.
263-390].
22
22
La “nuova
Capitolo
I algebra” da François Viète a Leonhard Euler
del Cinquecento e che passi a leggere gli scritti di Viète, dovrebbe provare stupore e ammirazione per la forza espressiva “nuova” che gli viene
offerta. Spesso, però, il lettore “moderno”, abituato sin dai primi anni di
scuola alle notazioni e alle procedure ancora più evolute di quelle di Descartes e dei matematici posteriori, si trova in difficoltà di fronte a un
linguaggio che certamente gli sembra meno intuitivo.
Per questa ragione, poiché non possiamo pretendere dal nostro lettore una ipotetica e irreale “immersione culturale” che lo porti a leggere
gli scritti di Viète con gli occhi dei suoi contemporanei, abbiamo deciso
di prenderci alcune libertà, come già specificato nell’introduzione.
Utilizziamo anche noi le lettere ‫ܣ‬ǡ ‫ܧ‬ǡ ‫ܫ‬ǡ ǥ ǡ ‫ܤ‬ǡ ‫ܥ‬ǡ ‫ܦ‬ǡ ǥ con il significato
dato da Viète, usando, però, al posto di ‫ݏݑܾݑܿܣ‬ǡ ‫݉ݑݐܽݎ݀ܽݑݍܤ‬ǡ ǥ, le notazioni abituali ‫ܣ‬ଷ ǡ ‫ܤ‬ଶ ǡ ǥ Ciò non deve essere ritenuto una forzatura,
poiché lo stesso Viète dà delle regole che equivalgono a15:
‫ܣ‬௡ ‫ܣ‬௠ ൌ ‫ܣ‬௠ା௡
Inoltre, usiamo il simbolo ൌ invece di “aequetur” e ‫ ܤܣ‬oppure ‫ ܣ‬ή ‫ܤ‬
per indicare il prodotto di due quantità ‫ ܣ‬e ‫ܤ‬, che Viète indica con
“‫”ܤ݊݅ܣ‬.
Ad esempio, l’equazione che Viète scrive nella forma
‫ ݏݑܾݑܿܣ‬െ ‫݀ܽݑݍܣ݊݅ܤ‬Ǥ ܽ݁‫݀ܽݑݍܼ݊݅ܤݎݑݐ݁ݑݍ‬Ǥ
viene da noi scritta nella forma
‫ܣ‬ଷ െ ‫ܣܤ‬ଶ ൌ ‫ ܼܤ‬ଶ
Altre particolarità del testo di Viète verranno progressivamente evidenziate durante la lettura dei suoi scritti algebrici.
Infine, per rendere più agevole la comprensione dei testi, talvolta introduciamo delle variabili ausiliarie, indicate con ‫ݔ‬ǡ ‫ݕ‬ǡ ‫ݖ‬ǡ ǥǡ per “tradurre” alcune sue espressioni. Ad esempio, quando Viète considera quattro
grandezze in proporzione continua ed esprime “in parole” (in linguaggio
retorico) le semplici relazioni che ne conseguono, visualizziamo queste
௫
௬
௭
relazioni partendo da ൌ ൌ e operiamo in modo conseguente.
௬
௭
௧
15 In [Weil 1978], accanto a una vis polemica forse eccessiva, anche se ben giustificata, si trovano osservazioni importanti sul significato di queste notazioni.