Stefano Solinas 58 Dal vento della curia al soffio dello Spirito Santo di Papa Francesco. Il punto di vista di un cattolico praticante DIALOGO TRA FEDE E RAGIONE Stefano Solinas Sono ormai passati alcuni anni dalla salita al Padre di Papa Giovanni Paolo II ma è ancora vivo il ricordo di una gremita piazza S. Pietro raccolta attorno a quella semplice bara di legno con un Vangelo appoggiato sopra ed incredibilmente sfogliato dal forte vento di quel giorno, come se l’impetuoso soffio dello Spirito Santo volesse manifestarsi per rendere l’estremo omaggio ad un grande Papa della Chiesa. Oggi sono evocati altri venti, ma più di ispirazione umana, come quello citato dal teologo tedesco Hans Kung autore dell’articolo “Il vento della Curia” pubblicato nei giorni scorsi su “La Repubblica” nel quale, in buona sostanza, sono mossi rilievi e riserve sull’operato della Chiesa cattolica ed in particolare di Papa Francesco, il Prefetto della congregazione per la dottrina della fede ed in generale della Curia romana traendo spunto da argomentazioni finalizzate ad apparenti nobili fini che però alla fine risultano un pesante attacco alla gerarchia cattolica che paradossalmente si vorrebbe in qualche modo preservare. Come diceva G. K. Chesterton, difensor fidei in terra di Inghilterra, gli uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell’umanità, finiscono per combattere anche la libertà e l’umanità per combattere la Chiesa. La missione della Chiesa è sempre la stessa da duemila anni e lo scopo consiste nella salvezza delle anime. Questo è il filo conduttore che nel tempo dà continuità alla Chiesa ed a tutti i suoi esponenti che, a cominciare dal Papa, hanno ricevuto questa chiamata del Signore per vivere la missione sacerdotale. Certo tra mille difficoltà ed ostacoli che rendono arduo questo mandato e con i limiti tipici della fragilità umana, ma è già scritto nelle Sacre Scritture che la strada giusta è stretta ed impervia, comunque sempre insidiata dalle tentazioni. Ed infatti, proprio nel corso della missione, possono determinarsi accanimenti nei confronti di chi desidera diffondere la buona novella del Vangelo, ossia l’amore di Cristo per l’uomo, per tutti gli uomini, nessuno escluso. Viene sparso il seme del dubbio, si pongono questioni la cui caratteristica è una conflittualità esasperata, si creano ed accentuano divisioni che provocano il risultato, più o meno nascosto, di disperdere e vanificare gli sforzi di chi opera per il bene comune. Ecco che si distingue il Vangelo dal diritto canonico che invece non può essere costituendo questo diritto la diretta propagazione del Vangelo stesso, comprimere la Chiesa alle dinamiche del mondo tentando di configurare la sua collocazione secondo interessi di parte, trovare a tutti i costi la parola fuori posto o il gesto anomalo per tessere trame contro le persone consacrate. La contemporanea presenza di due Papi, il Papa emerito e Papa Francesco, Dialogo tra Fede e Ragione 59 che certamente rappresenta un unicum nella storia contemporanea suscita in taluni sospetti di “Papa-ombra” e misteriose manovre. Dunque neanche il Papa è esente da critiche, anzi, proprio il suo ruolo di Vicario di Cristo in terra lo può esporre alle accuse più brutali, ma il provvidenziale Spirito Santo non cessa di soffiare per sostenere il disegno di Dio. Un esempio eclatante c’è stato con Papa Pio XII accusato per anni dalla falsità di una propaganda di parte di sapere che gli ebrei erano perseguitati ma di tacere mentre un suo intervento avrebbe potuto salvarli. Invece l’intervento del Papa non solo ci fu ed era generoso anche se non ostentato e già nel febbraio 1944 il Rabbino Capo di Israele inviava un messaggio: ”Il popolo di Israele non dimenticherà mai ciò che fa Sua Santità ed i Suoi illustri delegati per i nostri infelici fratelli e sorelle nell’ora più tragica della loro storia”. Nel 1955 l’Unione delle Comunità ebraiche di Italia proclama il 17 aprile giornata di gratitudine per l’assistenza del Papa durante la guerra. Il suo successore Giovanni XXIII suscitò fin da subito critiche in quanto eletto a 77 anni e considerato quindi un Papa di passaggio, definito il Papa buono quasi per accentuare la differenza con una Curia non altrettanto buona ed invece cambiò per sempre la storia della Chiesa mediante il Concilio Vaticano II; ebbe la sapienza del discernimento per leggere i segni dei tempi ed adeguare il cristianesimo ai tempi moderni. Con l’enciclica "Pacem in Terris", in un pesante clima di guerra fredda, esortò tutti gli uomini a lavorare unicamente per la pace. Papa Paolo VI, ritenuto freddo e troppo intellettuale, concluse il Concilio, interrotto dalla morte di Giovanni XXIII, e lo attuò con entusiasmo. Papa Luciani scelse il doppio nome Giovanni Paolo I, per marcare la sua continuità con i Papi del Concilio, governò la Chiesa per soli trentatrè giorni, e la sua morte prematura scatenò congetture a dir poco infami sul mondo ecclesistico. Papa Giovanni Paolo II, primo Papa non italiano dopo 455 anni, presentato da certi osservatori come la migliore scelta in quanto non italiano, uno dei Papi più carismatici ed amati della storia, anche perchè effettuò oltre cento viaggi all'estero, inventò la GMG, giornata mondiali dei giovani, consolidò la Chiesa nel corso del lungo pontificato con encicliche illuminate e contribuì in maniera determinante alla caduta del comunismo in Europa e del muro di Berlino. Papa Benedetto XVI, primo Papa tedesco dopo 950 anni, dispregiativamente chiamato pastore tedesco, per 24 anni custode dell'ortodossia e Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, scelto da Papa Woytyla; due gli obiettivi del "Papa Teologo" perseguiti con abnegazione: la difesa della vita in ogni sua forma e il dialogo ecumenico. Il 28 febbraio 2013, con un gesto di umiltà che è tipico delle grandi personalità rinunciò al pontificato e questo atto fu strumentalizzato come un cedimento ad un presunto strapotere della Curia romana e di poteri occulti nel solito clima di sospetti alimentato ad arte in occasione della elezione del nuovo Pontefice. Oggi abbiamo Papa Francesco, primo Papa del sud America, gesuita, ma primo a chiamarsi Francesco. Fratellanza, povertà e preghiera sono state le 60 Stefano Solinas sue prime parole, che preannunciano già il programma del suo rivoluzionario pontificato, fatto di gesti dirompenti, come la decisione di lavare i piedi il Giovedì Santo a dodici giovanissimi reclusi in un carcere minorile romano. Ecco la continuità della Chiesa e della sua missione nella storia: uomini diversi ma accomunati nella diversità dei tempi dalla vocazione di aiutare l’umanità a spalancare le porte a Cristo. Ma, a volte, gesti e dichiarazioni prorompenti possono non bastare per fermare la critica a tutti i costi, voler vedere la famosa pagliuzza nell’occhio ed ecco che le singole frasi o taluni episodi vengono estratti dai contesti per sminuirne il significato e smorzarne l’efficacia, in ultima analisi fare perdere la speranza. Per esempio quando il Direttore Eugenio Scalfari commenta la risposta di Papa Francesco alla sua nota lettera con la quale poneva “le domande di un non credente al Papa gesuita chiamato Francesco” e scrive che “non saremo mai angeli perché non è nostra la natura angelica, ove mai esista” ignora che la chiamata alla santità è rivolta a tutti gli uomini non solo ai grandi santi, qui sulla terra e nella vita di tutti i giorni. Come ribadisce il Papa, ma da sempre annunciato dalla Chiesa, Dio è un incontro personale, lo si riconosce nel quotidiano camminare, ecco perché il senso profondo della Chiesa è un popolo in cammino guidato dai suoi pastori e la speranza cristiana non è un inganno, un “speriamo che me la cavo”, ma la certezza che si realizzi la parola del Signore nella vita di ciascun uomo, una certezza di luce sul buio della disperazione di voler ritenere l’uomo solo nella sua corporalità, privo di una dimensione spirituale, insomma protagonista unico della propria storia. Ecco il soccorso della prima Esortazione apostolica recentemente scritta da Papa Francesco che esprime l’incoraggiamento rivolto a tutti gli uomini di buona volontà a vivere con la forza della gioia del Vangelo la condizione di cristiano come uno status permanente di missione la cui essenza è già racchiusa nel suo incipit: La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. Quella gioia che caratterizza il cristiano già dal sorriso sul volto come diceva Madre Teresa di Calcutta. Un documento che sprigiona freschezza e profumo e che L’Osservatore Romano ha definito la Magna Charta per la Chiesa di oggi. A ben vedere è la continuità di quell’indimenticato invito di Papa Woityla che chiedeva con forza di non avere paura di varcare la soglia della speranza lasciando l’uomo vecchio che guarda solo stesso e diventare l’uomo nuovo che si apre al prossimo con amore e fiducia. Una Chiesa dunque in cammino nella storia con gioie e dolori protesa a guidare l’umanità dalla schiavitù del male del peccato alla libertà della salvezza in nome di Gesù Cristo. Per Papa Francesco ciò di cui ha bisogno l’azione della Chiesa oggi è la capacità di curare le ferite e riscaldare i cuori dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Con una immagine suggestiva la Chiesa deve essere come un ospedale da campo dopo la battaglia dove è inutile chiedere ad un ferito grave se ha problemi di cole- Dialogo tra Fede e Ragione 61 sterolo. Prima si curano le sue ferite e poi si parla del resto perché la prima riforma è quella dell’atteggiamento ovvero dell’amore che sgorga dal cuore e salva e non dai calcoli dei ragionamenti per ottenere sorte di vantaggi. Solo così si annuncia la gioia del Vangelo ed il popolo di Dio vuole pastori buoni, non funzionari burocratici. Non a caso Papa Benedetto XVI ha scritto “Deus Caritas est” un testo sempre attuale nel solco tracciato dall’amore predicato da Cristo e diffuso dalla Chiesa. Ecco la Chiesa dell’accoglienza che va incontro, capace di trovare nuove strade, uscire da se stessa e riavvicinare i delusi, i lontani, coloro che si sono allontanati piuttosto che appesantita dalle proprie sicurezze. La Chiesa missionaria ad immagine di Gesù misericordioso che mai si stanca di perdonare, che ha a cuore la pecorella smarrita e la va cercare perché le conosce una ad una, che riceve con gioia il figliol prodigo. Naturalmente la misericordia di Dio non ha limiti se ci si rivolge a lui con cuore sincero e contrito. Si pone una questione per chi non crede in Dio e si rivolge alla propria coscienza. Secondo il Papa il peccato per chi non ha fede c’è quando si va contro la propria coscienza: ascoltare e obbedire ad essa significa decidersi di fronte a ciò che viene percepito come bene o come male. E su questa decisione che si gioca la bontà o la malvagità del nostro agire. Come diceva lo scrittore Solženicyn la libertà di coscienza è la linea di demarcazione del bene e del male, ma ciò può essere vero se questa coscienza è ad immagine di Dio. Non tutti, però, riescono a vedere la bellezza luminosa di questi richiami vibranti di offerta di dialogo sincero, rigoroso e fecondo bollati spesso come buio della superstizione che si oppone alla luce della ragione e così può avvenire una incomprensione tra la Chiesa e la cultura di ispirazione cristiana da una parte e la cultura moderna di impronta illuminista dall’altra e così, nell’era della comunicazione, regna l’incomunicabilità. Al riguardo, desta sorpresa leggere commenti come quelli del citato Direttore Scalfari non perché non credente ma per alcune citazioni bibliche che, estrapolate dal loro contesto fanno risultare che l’autore degli articoli faccia eisegesi e non esegesi, ossia estrarre da un testo il significato di una frase, una commento per dar modo al commentatore di imporre il suo significato e quando si commentano le Sacre Scritture ed in generale documenti rilevanti bisogna sfuggire alla tentazione di fare eisegesi. Il rischio è anche lasciarsi andare a giudizi ingenerosi e definire sbrigativamente il Papa “furbo come una volpe” come leggiamo nella citata lettera perché compie dichiarazioni forti che non sono affermazioni propagandistiche alla ricerca di un facile consenso ma per bisogno di verità. Mostrano i limiti di una disamina angusta, non priva di giudizi azzardati sull’operato del Papa, della Chiesa cattolica in generale ed in particolare del “discusso e malvisto” Mons. Gerhard Ludwig Muller, presentato come un quasi “Papa-ombra” “nonostante la discutibile posizione teologica e pastorale” solo per avere coerentemente e fedelmente illustrato la posizione della Chiesa in materia di indissolubilità del matrimonio ed avere espresso con prudenza e discernimento le linee guida 62 Stefano Solinas sul dibattito sul tema dei divorziati risposati ed i Sacramenti. Altra “colpa” non secondaria di Muller è di essere stato nominato Prefetto della congregazione per la Dottrina della Fede prima da Papa Benedetto XVI e successivamente confermato da Papa Francesco che Hans Kung non manca di raffigurare come una sorta di “Papa laico” per presunti relativi atteggiamenti in proposito. La missione del Papa è complessa ed i suoi interventi spaziano in molti campi che però risultano coordinati nella loro diversità di articolazione. Se per esempio, sulla necessità di una Chiesa povera che predichi il valore della povertà, il Papa dice che San Pietro non aveva il conto in banca ciò non può voler dire che si debba abolire sic et simpliciter l’Istituto per le Opere di Religione – IOR per essere stato al centro di vicende scandalistiche, ma che occorre, caso mai, “una riforma finanziaria che non ignori l’etica a favore dell’essere umano”. È evidente che il Vaticano abbia bisogno di una banca centrale ed una ipotesi di studio del Consiglio degli otto Cardinali incaricati dal Papa di occuparsi del problema è proporre l’istituzione di un ministero delle finanze che lavori con competenza e trasparenza. Occorre poi l’impegno della Chiesa a contrastare la legge del più forte e che “l’economia dell’esclusione e dell’iniquità uccide” perché la povertà non può attendere. La vicinanza del Papa ai poveri è intensa ed arriva a dire che non c’è autentica conversione se non c’è solidarietà verso i fratelli poveri nella cui sofferenza è presente la sofferenza di Cristo. Dov’è la “furbizia” del Papa in questi struggenti appelli? Qui si raffigura una Chiesa del servizio e non del potere. È il Papa stesso che dice :”Se non servo a che servo?” ed il Papa lo ha detto chiaramente: “Sono qui per servire”, evocando addirittura una conversione del Papato in un passaggio cruciale dell’Evangelii Gaudium, altrimenti si afferma la logica del mondo con denaro, potere, sfruttamento dell’uomo sull’uomo, i nuovi idoli del mercato globale. Dopo la rivoluzione francese si sono sviluppati due sistemi, quello dell’uguaglianza senza libertà e quello della libertà senza uguaglianza. Di fraternità non se ne è parlato molto ed oggi l’umanità ha bisogno invece di fraternità, anzi di fratellanza, che deve diventare un “principio non negoziabile” da difendere sempre. Così come avviene per i principi non negoziabili della vita umana, della famiglia fondata sul sacramento del matrimonio come un bene essenziale dell’uomo e specificamente del cristiano in quanto legame indissolubile che garantisce ai coniugi ed ai loro figli rapporti stabili e duraturi. Non a caso il Papa parte dalla difesa del nascituro come principio dei diritti umani, il fondamento da cui discendono tutti gli altri, in primis il fondamentale diritto di ogni bimbo ad avere un papà ed una mamma e pur, nel rispetto della modernità, sull’aborto non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione La famiglia cristiana ad immagine della famiglia di Nazareth, primaria naturale accoglienza dei figli che mette al mondo, è il luogo dove si impara ad amare e difendere la vita, il centro naturale della vita umana, piccola comunità di persone che si amano, dialogano, si sacrificano per gli altri e difendere la vita soprattutto quella più fragile, più debole. Ecco Dialogo tra Fede e Ragione 63 perché difendere la famiglia come comunità di affetti e di amore scambievole vuol dire affrontare quasi tutti i problemi sociali con buona speranza di risolverli e la famiglia diventa un antidoto ai mali della società. Particolare rilievo il Papa riserva poi al ruolo della donna e parla infatti di genio femminile necessario nei luoghi in cui si prendono decisioni importanti e l’urgenza di ampliare gli spazi di una presenza femminile realmente incisiva pur evitando una soluzione di machismo in gonnella” perché “spesso i discorsi che si fanno sul ruolo delle donne sono ispirati ad una ideologia machista”. In definitiva il Papa non può non intervenire su tutte le questioni inerenti all’uomo nella sua dimensione spirituale e corporale e tutti i suoi richiami, appelli, esortazioni pur nella diversità degli argomenti risultano un grande mosaico costituito da tantissimi tasselli armoniosamente collegati tra di loro ed è nel loro insieme che vanno analizzati e valutati per non commettere errori di “strattonamenti” interessati estrapolando qua e là. Tale metodologia induce fatalmente in errore e la lettura attenta degli articoli di Hans Kung e del Direttore Eugenio Scalfari sottolineano la differenza tra il giudizio e la misericordia di Dio privilegiando quest’ultima va da sé che la misericordia non può configurarsi come una dispensa dai comandamenti e dalle istruzioni della Chiesa anzi essa concede la forza della grazia per la loro piena realizzazione per il rialzarsi dopo la caduta per una vita ad imitazione del modello di Gesù che incontra la donna adultera con grande compassione sì ma le dice anche “Va’ e non peccare più!”. Anche sul doloroso problema dei divorziati risposati il Papa mostra la misericordia cristiana - che non può essere il relativismo etico generalizzato - sul tema del loro accostamento all’Eucarestia precisando che, sebbene costituisca la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti ma un generoso rimedio ed alimento per i deboli. La Chiesa allarga poi il discorso dell’Eucarestia ad altri aspetti della vita di questi fedeli che, pur convivendo gli insegnamenti della Chiesa sulla famiglia, sono segnati da esperienze dolorose di fallimento e separazione ed è lo stesso Papa a mantenere viva la speranza di queste persone sofferenti quando manifesta tutta la sua vicinanza e sostegno nella loro amarezza ed auspica che le diocesi e le comunità cattoliche realizzino adeguate iniziative di accoglienza, cammini di conversione e riconciliazione perché il bene tende a comunicarsi e questo avviene attraverso la linfa del Vangelo che ha il potere di ri-vitalizzare in fatti concreti le azioni dell’uomo anche se apparentemente bloccate. Anche sulla questione della omosessualità ci sono state interpretazioni parziali sul noto commento del Papa “Chi sono io per giudicare?” Durante il volo di ritorno da Rio de Janeiro ove era andato per la GMG il Papa non ha affatto mostrato apertura alle coppie omosessuali ma si è limitato a dire che “se una persona omosessuale di buona volontà è alla ricerca di Dio lui non è nessuno per giudicarlo” pur nella consapevolezza che Dio nella creazione ci ha resi liberi. Il Papa riferisce, inoltre, che molti omosessuali si rivolgono a lui sentendosi feriti sociali, ma la sua replica è inequivo- 64 Stefano Solinas cabile “La Chiesa non vuole che si sentano giudicati e condannati per sempre”. È interessante notare che dicendo questo il Papa ha semplicemente riferito ciò che afferma il catechismo della Chiesa che, Madre e Maestra, ha diritto di esprimere le proprie opinioni a servizio della gente. Certamente non si può insistere esclusivamente sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e metodi contraccettivi perché il parere della Chiesa in materia si conosce e lui ricorda di essere lui stesso figlio fedele di questa Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione. È infine opportuno riflettere su quel che scriveva S. Francesco d’Assisi a proposito dell’autorità ecclesiastica e di eventuali errori commessi nella funzione pastorale: “Noi (francescani) siamo stati inviati in aiuto al clero per la salvezza delle anime e se loro hanno lacune tocca a noi supplirvi perché la cosa più gradita a Dio è la conquista delle anime e noi possiamo più agevolmente conseguire questo fine vivendo in pace col clero anzichè in discordia altrimenti spetta a Dio agire e dirimere secondo la sua volontà”. Insomma diamo a Dio quel che è di Dio ed a Cesare ciò che è di Cesare ed al Direttore Eugenio Scalfari la migliore penna del giornalismo italiano, maestro per i giovani giornalisti, ed al quale preghiamo per la sua conversione che lo porti, naturalmente il più tardi possibile, in stato di grazia davanti a Dio quando sarà chiamato a rendergli l’anima.!