Anno 19 - nr. 8 - aprile 2013
Editoriale
La nuova giovinezza
della Chiesa
U
n fatto sta segnando questi primi mesi del
2013: la Chiesa è tornata al centro delle
conversazioni, dei dibattiti, dell’attenzione
dei media. Con il rispetto che le è consono.
Dall’11 febbraio, quando papa Benedetto
XVI annunciò la sua abdicazione, l’opinione
pubblica si è molto concentrata sugli sviluppi della situa­
zione ecclesiale. Lo studio del gesto storico di Joseph
Ratzinger, le dispute sulle sfide della Chiesa colpita da cri­
si e scandali; la curiosità per un Papa inatteso come Jorge
Mario Bergoglio; il rinvigorito entusiasmo dopo il primo
mese del pontefice argentino. Il mondo si sta interrogan­
do, e ogni considerazione sottintende una rinnovata sete
di verità, forse un po’ sopita nel tempo del relativismo do­
minante, ma inestinguibile nell’animo di ogni uomo.
Si torna a parlare di fede nei luoghi della quotidianità. Al
bar o sui mezzi pubblici, i gesti e le parole di Papa France­
sco diventano argomento di conversazione immediata.
La spontaneità del nuovo Papa viene accolta con simpatia
praticamente unanime. Anche la Chiesa come istituzione
viene rivalutata, perché «in fondo questo Papa lo hanno
eletto i cardinali», e «senza la rinuncia di Benedetto, oggi
non avremmo Francesco». In università capita spesso di
confrontarsi su questi temi, anche con compagni che si
dichiarano non credenti. Scriveva profeticamente Enzo
Bianchi, poco prima del conclave: «Occorre un Papa ca­
pace di continuare il dialogo con la modernità e di com­
prendere l’indifferenza della società secolarizzata alla reli­
gione istituzionale e a un’immagine di Dio, un’indifferenza
che però non è tale nei confronti di Gesù Cristo e del Van­
gelo». L’elezione di Francesco sembra aver toccato pro­
prio questa corda nel cuore di molti giovani: pare aver ri­
svegliato un interesse per il messaggio di Gesù, che va
oltre le critiche generiche nei confronti della Chiesa.
Anche giornali, radio e tv continuano a commentare i pri­
mi passi di Papa Francesco, spesso con toni entusiastici.
La voce dei media è forse quella più celebrativa: la nostra
“civiltà delle immagini” sguazza nelle foto toccanti di
Francesco che bacia il piede della ragazza musulmana, o
che prega commosso sulla tomba d Pietro. Le belle parole
fioriscono, mentre si attendono le nomine delle nuove ca­
riche per il rinnovo curia. Lì, si dice, si capirà veramente
quale piega prenderà il pontificato di Francesco.
Insomma, che la Chiesa sia tornata al centro dell’attenzio­
ne è un dato di fatto. E questo porta tutto il popolo di Dio
a interrogarsi. Quel che è certo è che tanto l’umiltà di Be­
nedetto, quanto la testimonianza energica di Francesco
mettono il cristiano davanti alle proprie responsabilità. I
segni comunicativi così forti che questi tempi ci stanno
regalando sono il riflesso di una fede vissuta dai due papi
nella sua pienezza, senza vergogne o tatticismi. Le figure
di Benedetto e di Francesco ci colpiscono perché le loro
scelte traducono senza mediazioni i valori del messaggio
cristiano: umiltà, servizio, semplicità.
Ecco quindi che questo momento della Chiesa mette in
gioco ogni credente. I segni di testimonianza che arrivano
da Roma invitano a misurarsi con la propria vita, a portare
anche nella nostra quotidianità la stessa forza, gentile e
dirompente, del Vangelo. C’ è un verbo, che papa France­
sco ripete spesso: “uscire”. Uscire da sé, per condividere
con i propri vicini l’entusiasmo del messaggio cristiano.
Uscire e andare incontro a una domanda di fede che ri­
chiede segni di testimonianza, dai palazzi e dalle piazze
di Roma ma anche, e forse di più, dalle azioni concrete
delle nostre giornate.
Gioele Anni
Benvenuto Francesco!
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p
p
il untas illi
Dare risposte alla disperazione
L
a gente che grida “assassini” e “omicidio di Stato” fuori dalla chiesa
in cui si stanno svolgendo i funerali. Il Codacons che presenta un
esposto per istigazione al suicidio contro lo Stato, per far accertare
alla procura di Macerata se ci siano delle responsabilità da parte delle
istituzioni nella tragedia. La tragedia di Civitanova Marche, dove
un’intera famiglia si è tolta la vita per difficoltà economiche, ha susci­
tato rabbia e indignazione oltre che angoscia e cordoglio. Impossibile non rima­
nere scossi per il dramma di Romeo, Anna Maria e Giuseppe, oppressi dai debiti
e dall’impossibilità di tirare avanti in tre con i pochi soldi di due pensioni. Dovero­
so esprimere vicinanza con la preghiera. Ma bisogna fare un passo in più. Quello
che hanno suggerito i sacerdoti che nei giorni scorsi hanno celebrato Messe a
suffragio di queste vittime della crisi economica e non solo, sollecitando «una
maggiore attenzione verso i vicini di casa, verso famiglie amiche che, pur trovan­
dosi in difficoltà, cercano di nascondere le loro esigenze più immediate». Quello
che ha fatto anche l’amministrazione comunale di Civitanova che ha incaricato
i servizi sociali (cui i tre anziani non si erano mai rivolti) di effettuare un monito­
raggio più capillare di tutte le nuove povertà. Ma non è solo questione di istituzio­
ni. Ognuno di noi è chiamato personalmente ad avere uno sguardo attento verso
chi è in difficoltà, la disperazione può nascondersi nel cuore del vicino di casa.
Che ha bisogno innanzitutto di attenzione e considerazione, oltre che magari di
un aiuto economico. Un po’ la filosofica che anima anche il progetto “La Dimora”
lanciato dall’Ac per creare una rete di sostegno per le famiglie in difficoltà.
Ac, la missione della condivisione
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Iscrizione aperte ai campi estivi
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