Visualizza anteprima

annuncio pubblicitario
D
O
EM
D
O
R
IP
R
N
O
ZI
U
E
ET
AT
A
VI
Sintesi
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
VI
ET
AT
A
Il contributo nasce da una riflessione sull’istituto della confusione, peculiare
modo di estinzione del rapporto obbligatorio ma suscettibile di essere studiato sia
in prospettiva estintiva della situazione giuridica, che acquisitiva, oltre che in quella patrimoniale. La “confusione” è, infatti, lemma che – informando semanticamente di sé profili e situazioni di diritto connotate in termini anche profondamente diversi tra loro – presenta indubbia complessità sin dal momento ricognitivo
rivelandosi, pertanto, meritevole di una rinnovata considerazione. Sotto il profilo
metodologico ed ancor più in una prospettiva attenta a riannodare le fila di un’analisi di sistema, il fenomeno è indagato nella chiave di lettura della categoria concettuale del rapporto giuridico, ripensato criticamente anche alla luce dell’evoluzione
interpretativa, in primis dottrinaria, che ha segnato la sua qualificazione in termini
di relazione tra situazioni giuridiche soggettive. Lungi dall’essere confinata nelle
maglie ristrette di una spiegazione puntinistica e per ciò solo fuorviante, l’analisi
dell’istituto confusivo si colloca in una prospettiva sistemica che attinge, quindi, il
cuore della nozione di rapporto giuridico e dei suoi corollari. Esaminando le molteplici sfaccettature del fenomeno e gli istituti ad esso connessi, l’indagine intende
dimostrare i termini della compatibilità tra unisoggettività e rapporto giuridico. La
tematica sarà affrontata anche attraverso una ricognizione delle opinioni già sostenute dai commentatori, con particolare attenzione alle problematiche sottoposte
al vaglio degli organi decidenti ed alle riflessioni che hanno fondato l’iter logico
motivazionale delle diverse pronunce.
Autore
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
VI
ET
AT
A
Francesca Mite Dottore di ricerca in Diritto civile e Procedura civile presso l’Università degli Studi del Molise. Titolo del Dottorato: “L’obbligazione e il rapporto
giuridico e la loro tutela processuale”. Docente a contratto di Diritto dei mezzi
di comunicazione presso l’Università Telematica Pegaso. Autrice della Monografia “Prestazione sportiva ed obblighi contrattuali dell’atleta”, Giuffrè, 2013; ha
contributo al “Codice delle locazioni annotato con la giurisprudenza, I codici
superiori diretti da Guido Alpa e Roberto Garofoli”, Nel Diritto Editore, 2012,
I Edizione e alla I, II, III e IV Edizione del “Codice di procedura civile annotato
con la giurisprudenza, I codici superiori diretti da Guido Alpa e Roberto Garofoli“, Nel Diritto Editore, u.e. 2012. Altre pubblicazioni: “La riforma del Coni e
delle Federazioni Sportive nazionali. I nuovi principi fondamentali degli Statuti
e delle discipline sportive associate”, in Quaderni degli Annali della Facoltà di
Giurisprudenza, Università degli Studi del Molise (Dipartimento di Scienze giuridico-sociali e dell’amministrazione) 2005, ESI; “La natura giuridica degli enti
pubblici economici”, in Rivista Giuridica del Molise e del Sannio, 2003, ESI.
VI
La confusione
ET
AT
A
FRANCESCA MITE
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
nel rapporto obbligatorio
Giapeto editore
ET
AT
A
E
VI
Giapeto editore
collana Diritto e economia
O
N
prima edizione: dicembre 2013
ISBN 978-88-98752-12-6
D
EM
R
IP
O
R
stampato in italia
© copyright 2013
giapeto editore
www.giapeto.it
tutti i diritti riservati
O
D
U
ZI
prima edizione Ebook marzo 2015
ISBN 978-88-98752-39-3
INDICE
ET
AT
A
Premessa
Capitolo I
VI
Inquadramento sistematico.
I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento
O
D
U
ZI
O
N
E
1. Una ricognizione generale delle vicende afferenti ai rapporti obbligatori.
Cenni ai modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento
1.1.
Segue: I modi satisfattori. La compensazione. La confusione: rinvio
1.2.
I modi non satisfattori. La novazione oggettiva
1.2.1. Segue: La remissione del debito
1.2.2. Segue: L’impossibilità sopravvenuta della prestazione
2. La confusione: cenni storici e origine dell’istituto
Capitolo II
IP
R
L’estinzione per confusione del rapporto giuridico:
problematiche e riflessioni dottrinarie
D
EM
O
R
1. L’estinzione per confusione del rapporto giuridico ed il ruolo dei soggetti
2. Confusione di cose e confusione di rapporti
2.1. Segue: La confusione nei rapporti giuridici reali.
La riunione del diritto di proprietà e di un diritto reale limitato
2.2.Segue: La confusione nei rapporti obbligatori. La riunione di debito e di credito
2.3. La riunione del rapporto obbligatorio principale e di quello accessorio di garanzia
3.Ipotesi di confusione impeditiva: la confusione nelle obbligazioni sospensivamente
condizionate e a termine iniziale
3.1. Segue: La confusione nelle obbligazioni naturali
4. La contestazione della regola logica e riflessioni dottrinarie
5. La confusione come fattispecie direttamente estintiva del rapporto o come fattispecie
modificativa del regolamento contrattuale di cui consta il rapporto. Rilievi critici
6. La natura satisfattoria o non satisfattoria dell’estinzione per confusione
7. Confusione e tipologie di rapporto obbligatorio
7.1. Segue: La confusione nell’obbligazione ad esecuzione continuata e periodica
7.2. Segue: La confusione nell’obbligazione solidale
7.3. Segue: La confusione nell’obbligazione indivisibile
Capitolo III
Fattispecie legali nelle quali l’estinzione dell’obbligazione non si verifica,
nonostante la riunione delle opposte qualità di debitore e creditore
E
Capitolo IV
VI
ET
AT
A
1.Premessa
2. L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario
3. La separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede
4. La determinazione della porzione disponibile. Collazione e imputazione.
La vendita dell’eredità
5. Circolazione dei titoli di credito. La “girata di ritorno”
6. Altre ipotesi
6.1. Segue: gli effetti della confusione sul trust
O
N
La confusione rispetto ai terzi
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
1. La ratio dell’art. 1254 c.c. e la relativa nozione di “terzi”. La natura della norma
2. Effetti della conservazione del rapporto: inopponibilità o inefficacia
3. L’efficacia della confusione sulle garanzie: fideiussione, pegno, ipoteca
Bibliografia
PREMESSA
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
VI
ET
AT
A
Il presente contributo nasce dall’esigenza di compiere una riflessione sull’istituto della confusione, peculiare figura di estinzione del rapporto obbligatorio e
meritevole di una rinnovata considerazione.
Nel linguaggio tecnico-giuridico si può discorrere di confusione sotto diversi
profili: per indicare la riunione, nella stessa persona, delle qualità di debitore e
creditore, di debitore e garante personale e, infine, di proprietario e di titolare di
un diritto reale minore.
L’istituto, pertanto, può essere studiato sia in prospettiva estintiva della situazione giuridica, che acquisitiva, oltre che in quella patrimoniale. La “confusione”
è quindi lemma che informando semanticamente di sé profili e situazioni di diritto connotate in termini anche profondamente diversi tra loro, presenta indubbia
complessità sin dal momento ricognitivo.
Sotto il profilo metodologico ed ancor più in una prospettiva attenta a riannodare le fila di un’analisi di sistema, il fenomeno confusivo – quale modo generale
di estinzione dei rapporti giuridici – sarà indagato nella chiave di lettura della
categoria concettuale del rapporto giuridico, ripensato criticamente anche alla luce
dell’evoluzione interpretativa, in primis dottrinaria, che ha segnato la sua qualificazione in termini di relazione tra situazioni giuridiche soggettive.
Come è noto, la tradizionale nozione di rapporto giuridico enfatizza il profilo relazionale soggettivo, presupponendo quali acquisiti ed inconfutabili dogmi
sia la dualità delle posizioni giuridiche e sia la centralità concettuale dei soggetti.
Tale linea argomentativa, postulando l’assunto per cui l’ordinamento richiede la
necessaria partecipazione di due distinti soggetti giuridici alla vicenda estintiva,
conduce alla considerazione – peraltro ricorrente nella nostra letteratura giuridica – dell’asserita ma indimostrata assurdità che uno stesso soggetto sia titolare di
opposte qualità.
Ebbene, la presente indagine sul fenomeno confusivo e le sue molteplici sfaccettature, nonché l’esame degli istituti connessi, intendono dimostrare i termini della compatibilità tra unisoggettività e rapporto giuridico, anche attraverso
l’analisi delle varie fattispecie legali in cui, in virtù di una sostanziale e concreta
ponderazione degli interessi in gioco (sia dei terzi qualificati, sia dei titolari delle
situazioni soggettive facenti capo al rapporto originario), l’effetto estintivo non si
compie, potendo sussistere una relazione tra situazioni giuridiche soggettive anche
in assenza del soggetto titolare di una di esse.
Si tratta di fattispecie che, per numero e importanza, inducono l’osservatore a
riflettere sulla reale sussistenza nel nostro ordinamento giuridico del principio di
cui all’art. 1253 c.c. e sulla sua pretesa validità assoluta, a fronte dell’ormai indi7
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
VI
ET
AT
A
scussa vigenza del “principio utilitaristico” posto a fondamento giustificativo della
sopravvivenza del rapporto giuridico, nonostante la riunione delle opposte qualità
in uno stesso soggetto.
La tematica sarà affrontata anche attraverso una ricognizione ed una disamina
delle opinioni già sostenute dai commentatori, con particolare attenzione alle problematiche sottoposte al vaglio degli organi decidenti ed alle riflessioni che hanno
fondato l’iter logico motivazionale delle diverse pronunce. È di intuitiva evidenza,
quindi, che l’analisi dell’istituto confusivo, lungi dall’essere confinata nelle maglie
ristrette di una spiegazione puntinistica e, per ciò solo fuorviante, si colloca in una
prospettiva necessariamente sistemica che attinge quindi il cuore della nozione di
rapporto giuridico e dei suoi corollari. Absit iniura verbis, il giurista non è un mero
glossatore che si limita ad inferire significati normativi dagli enunciati dispositivi,
ma è un esegeta capace di servirsi di efficaci lenti prospettiche capaci di mettere a
fuoco la complessa e mai granitica trama del sistema del diritto civile.
8
Capitolo I
Inquadramento sistematico.
I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento.
VI
ET
AT
A
Sommario: 1. Una ricognizione generale delle vicende afferenti ai rapporti obbligatori. Cenni ai modi di
estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento. - 1.1. Segue: I modi satisfattori. La compensazione.
La confusione: rinvio. 1.2. I modi non satisfattori. La novazione oggettiva. - 1.2.1. Segue: La remissione del
debito. - 1.2.2. Segue: L’impossibilità sopravvenuta della prestazione. 2. La confusione: cenni storici e origine
dell’istituto.
O
N
E
1. Una ricognizione generale delle vicende afferenti ai rapporti obbligatori.
Cenni ai modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento.
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
Procedendo con ordine, l’indagine che si intende compiere con questo modesto
lavoro, è tesa a evidenziare il peculiare rilievo del rapporto giuridico e il suo atteggiarsi nella fattispecie estintiva della confusione; da tale visuale s’impongono alcune considerazioni generali sul più ampio concetto di obbligazione e sulle vicende
connesse alla sua estinzione. L’obbligazione, infatti, rappresenta il paradigma sul
quale è stata costruita la nozione stessa di rapporto giuridico1.
Come noto, il legislatore del codice civile rifugge da una definizione compiuta
di obbligazione2; ed invero, definizione dei concetti giuridici ed interpretazione
delle regulae iuris spettano esclusivamente, ossia più propriamente, all’interprete,
il quale si trova a dover estrapolare la norma dalle varie disposizione fornite dalla
legge3.
Ricorrendo a siffatto metodo induttivo, la dottrina è giunta ad elaborare una
D
1
Il concetto di rapporto giuridico sarà trattato in maniera approfondita nel corso del secondo capitolo
con riferimento specifico all’istituto della confusione.
2
In verità, nei lavori preparatori al codice civile, inizialmente si era proposto di abbozzarne una nozione
che potesse descriverla come un vincolo in virtù del quale il debitore è tenuto verso il creditore ad una prestazione positiva o negativa; tale determinazione, tuttavia, è stata superata dalla convinzione che il compito
precipuo della legge non fosse quello di precisare i concetti, se non a costo di esorbitare «dal campo normativo
entro cui essa deve strettamente attenersi». Relazione al codice civile (n. 557).
3
Sulla distinzione tra norma e disposizione, si rinvia a P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, Napoli,
pp. 8 ss. e a M. Giorgianni, L’obbligazione, La parte generale delle obbligazioni, Milano, 1951, p. 15, per il
quale «la definizione di un istituto dovrebbe essere in ogni caso il risultato, esposto in sintesi, di tutta l’indagine intesa alla ricerca degli elementi fisionomici dell’istituto [...], quali risultano dall’esame delle norme che
lo regolano».
9
VI
ET
AT
A
definizione di obbligazione4: tradizionalmente l’obbligazione si presenta caratterizzata dall’obbligo del debitore di adempiere ad una determinata prestazione e dal
correlativo diritto, sussistente in capo al creditore, di ricevere detta prestazione.
Pertanto, secondo la definizione ancora oggi diffusa e incontrovertibile, si tratta
di un vincolo giuridico in forza del quale una parte, detta debitrice, è obbligata ad
adempiere una determinata prestazione per soddisfare l’interesse di altra parte, detta creditrice5. L’obbligazione è, dunque, la forma giuridica delle relazioni di collaborazione; rappresenta, in altri termini, la categoria attraverso la quale si esprime
la doverosità dell’attività in cui di volta in volta si sostanzia detta collaborazione.
Orbene, ricordando a noi stessi, se i diritti reali sono tendenzialmente perpetui,
l’obbligazione è, invece, destinata all’estinzione; ciò, non solo in considerazione
del fatto che il diritto di credito6 è sottoposto alle regole generali della prescrizione
estintiva, non solo perché esso è strettamente connesso alla persona del debitore,
ma soprattutto perché l’obbligazione tende normalmente ad esaurirsi con l’esat-
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
4
Obligatio est iuris vinculum, quo necessitate adstringimur alicuius solvendae rei secundum nostrae civitatis
iura: è questa la tradizionale definizione romana del rapporto obbligatorio che trova la sua ragion d’essere
nella necessità giuridica di obbligare un soggetto ad eseguire una prestazione a favore di un altro. Il tema
dell’obbligazione nelle fonti romanistiche è stato indagato, tra gli altri, dai seguenti autori: B. Bonfante,
Corso di diritto romano, Le obbligazioni, a cura di Bonfante e Crifò, Milano, 1979, passim; M. Talamanca,
Obbligazioni (diritto romano), in Enc. dir., Milano, 1979, p. 1; G. Pugliese, Istituzioni di diritto romano, Padova, 1985, passim; V. Scialoja - E. Carusi, Diritto romano, Teoria delle obbligazioni, Commento al manuale
di Pandette, Roma, 1905-1906, passim; R. De Ruggiero, Le obbligazioni. Corso di lezioni di diritto romano,
Napoli, 1921-1926, passim.
5
In tal senso, ex multis, C.M. Bianca, Diritto civile, IV, L’obbligazione, Milano, 2005, p. 1; F. Gazzoni,
Manuale di diritto privato, Napoli, 2000, passim. In tema di rapporto obbligatorio, per la dottrina anteriore
all’attuale codice civile, ex multis, si rinvia a: M. Allara, Delle obbligazioni, in Lezioni raccolte da Deiana,
Torino, 1939, passim; G. Pacchioni, Trattato delle obbligazioni secondo il diritto civile italiano, Torino, 1927,
passim; F. Filomusi-Guelfi, Obbligazioni, (Parte generale), Lezioni redatte da Pulvirenti, Roma, 1908, passim;
F. Maroi, voce Obbligazione, in Dizionario pratico del diritto privato, Milano; V. Polacco, Le obbligazioni
nel diritto civile italiano, Corso di lezioni, Padova, 1898, passim; De Crescienzio-Ferrini, Obbligazioni, in
Enc. giur. it., Milano, 1900, p. 1. Per la letteratura giuridica in tema di rapporto obbligatorio successiva al
codice civile, ex multis, si rinvia a: C. Scuto, Teoria generale delle obbligazioni, Napoli, 1953; R. Luzzatto, Le
obbligazioni nel diritto italiano, Torino, 1950, passim; G. Longo, Diritto delle obbligazioni, Torino, 1950; E.
Betti, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1953-1955, passim; P. Rescigno, voce Obbligazioni (nozioni
generali), in Enc. dir., Milano, 1979, p. 133; A. Di Majo, Delle obbligazioni in generale, in Comm. del cod. civ.
Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1989, passim; M. Giorgianni, L’obbligazione, cit., passim; L. Barassi, La
teoria generale delle obbligazioni, III. La struttura. Le fonti. L’attuazione, Milano, 1948, passim.
6
Pur trattandosi di un diritto soggettivo, il diritto di credito presenta notevoli differenze rispetto allo
schema dei diritti assoluti; esso, infatti, è riconducibile allo schema dei diritti relativi, di cui costituisce il
paradigma. Nei diritti assoluti, si pensi al diritto di proprietà, il titolare soddisfa da sé l’interesse che l’ordinamento ha inteso riconoscere e tutelare attribuendogli il diritto: l’esercizio delle prerogative che integrano
il contenuto del diritto è, infatti, sufficiente alla realizzazione dell’interesse; il titolare del diritto può colmare
da sé, avvalendosi di tali prerogative, la distanza che separa l’interesse di cui è portatore (inteso come tensione
ad un risultato) dalla sua realizzazione, senza che sia necessaria la collaborazione di un soggetto diverso. Il
proprietario di un bene, ad esempio realizza da sé il proprio interesse a goderne, esercitando le facoltà di cui è
titolare, in quanto proprietario. Nessun profilo di siffatta immediatezza nell’attuazione dell’interesse, tipica dei
diritti assoluti, è riscontrabile nel caso del diritto di credito, ove, infatti, il soddisfacimento dell’interesse di cui
il creditore è portatore è sempre mediato dalla prestazione del debitore.
10
ET
AT
A
ta esecuzione della prestazione che ne forma la sostanza, ossia con l’esecuzione
dell’assetto degli interessi predisposto dalle parti, accompagnata dalla soddisfazione dell’interesse del creditore e dalla conseguente realizzazione del suo diritto di
credito7.
Insomma, per sua natura il vincolo derivante dal rapporto obbligatorio è destinato all’estinzione8 che, di regola, trova la propria causa nell’adempimento9 –
normale strumento di attuazione del contenuto obbligatorio.
Tale ultima affermazione di principio, tuttavia, non sempre si rivela corrispondente alla realtà nel mondo giuridico10. La legge, infatti, in ossequio alla tutela,
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
VI
7
Ogni vicenda giuridica e, dunque, anche quella estintiva, trova la propria causa nella fattispecie. L’assunto è pacifico per P. Perlingieri, Manuale, cit., p. 1 e per M . Allara, Le vicende del rapporto giuridico e
loro cause, Torino, 1939, p. 100. Sulla natura giuridica dell’adempimento in senso stretto, in dottrina si sono
formati tre diversi orientamenti. Per la teoria del fatto giuridico in senso stretto, si rinvia a G. Oppo, Adempimento e liberalità, Milano, 1947, pp. 325 ss. e a F. Galgano, Le obbligazioni in generale, Padova, 2007, p.
47, per i quali sarebbe sufficiente la corrispondenza oggettiva tra la prestazione materialmente eseguita e la
prestazione dovuta. Per la teoria del negozio giuridico unilaterale, si rinvia a V. Andrioli, Contributo alla
teoria dell’adempimento, Padova, 1937, pp. 22 ss. per il quale nell’adempimento quale negozio giuridico unilaterale, elemento essenziale e costitutivo sarebbe la volontà del debitore di destinare la prestazione all’attuazione
dell’obbligazione; ed infine, per la teoria preferibile ed autorevolmente sostenuta dell’atto giuridico in senso
stretto, si rinvia a S. Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1989, pp. 108 ss.; R. Nicolò, voce
Adempimento, in Enc. dir., I, Milano, 1958, pp. 556 ss., F. Gazzoni, Manuale, cit., pp. 578 ss. In tale prospettiva, gli effetti giuridici dell’adempimento non sono stabiliti dalla volontà privata, come è a dirsi per i negozi,
ma solo ed esclusivamente dalla legge; c’è, cioè, la volontarietà dell’atto ma non degli effetti.
8
La perpetuità del vincolo obbligatorio è, difatti, in linea di massima inconfigurabile. A tal proposito, la
dottrina ha evidenziato lo sfavore del legislatore per le obbligazioni periodiche tese a vincolare il debitore per
lunghi periodi temporali. In tal senso, si esprime M. Giorgianni, L’obbligazione, cit., p. 608.
9
La disciplina dell’adempimento è contenuta nel Codice Civile e precisamente agli artt. 1176 e ss.
Quanto alla natura giuridica dell’adempimento, la tesi della natura negoziale del pagamento risulta ormai
quasi del tutto superata. Si tratta di un inquadramento che prendeva spunto dalla concezione del pagamento
quale trasferimento della proprietà del denaro in capo al creditore, con conseguente carattere strutturalmente
traslativo del pagamento. In dottrina si veda sul punto, M. Giorgianni, voce Pagamento, in Noviss. Dig. It.,
Milano, 1965, passim; per la giurisprudenza che si attestava su tale ricostruzione dogmatica, si veda Cass. Civ.
08/07/1946, n. 813, in Mass. Giur. it., 1946, p. 35. Per la dottrina che nell’ambito della tesi negoziale costruiva l’adempimento come un negozio contrattuale, tra debitore e creditore, avente come oggetto l’estinzione
dell’obbligazione ovvero come negozio unilaterale del debitore, si rinvia a U. Breccia, Le obbligazioni, in
Tratt. Iudica e Zatti, Milano, 1991, passim. Su diverse basi è costruita la teoria dell’atto dovuto per la quale l’adempimento è atto dovuto, obiettiva realizzazione del rapporto obbligatorio indipendentemente dalla volontà
del debitore e dalla sua non consapevolezza di possedere tale qualifica: il debitore, quindi, si libera a prescindere dalla sua volontà, ma sol perché e nella misura in cui egli attua il contenuto dell’obbligazione. Tuttavia, ad
oggi, tanto la concezione negoziale quanto quella dell’atto dovuto sono inesorabilmente tramontate, alla luce
della definitiva elaborazione dottrinale e giurisprudenziale del concetto della causa solvendi.
10
Un’interpretazione assiologica delle disposizioni relative al rapporto obbligatorio conduce a rinnovata
visione dell’obbligazione, all’abbandono di quella visione monocula del rapporto obbligatorio che, invece, nasce, vive, si modifica e si estingue non solo e non esclusivamente in funzione del soddisfacimento dell’interesse
creditorio. Autorevole dottrina ha aperto il dibattito relativo alla rinnovata visione dell’obbligazione che ha
condotto, in un primo momento, a rintracciare, accanto al rapporto principale che lega il debitore al proprio
creditore rispetto all’attività di prestazione, un vincolo accessorio che, in senso opposto al primo, lega il creditore al debitore rispetto all’attività di cooperazione. Questo sistema di rapporti complementari, si asserisce, viene
predisposto dalla legge al fine di garantire il giusto equilibrio tra gli interessi di cui i contrapposti soggetti sono
titolari, così da soddisfare anche le esigenze del soggetto passivo. In tali termini, si esprime A. Falzea, L’offerta
11
ZI
O
N
E
VI
ET
AT
A
anche costituzionalmente orientata, della libertà economica dei soggetti, agevola
lo scioglimento del vincolo prevedendo molte altre cause di estinzione dell’obbligazione.
Stante la stretta relazione esistente fra credito e debito, le cause di estinzione
dell’obbligazione si riferiscono contemporaneamente all’uno e all’altro; a ben vedere, tuttavia, vi sono ipotesi in cui questa correlazione non si rinviene e si determina, al contrario, una scissione tra estinzione dell’obbligazione e realizzazione del
diritto.
Alcune cause di estinzione, infatti, incidono più direttamente sul diritto del
creditore, nel senso che l’obbligo del debitore si estingue, per così dire, di riflesso,
per il solo fatto che viene a mancare il credito corrispondente. In tali casi il diritto
di credito si realizza pur senza estinzione dell’obbligo: è quanto avviene, ad esempio, con riferimento all’adempimento del terzo ex art. 1180 c.c.; siffatta norma
consente a un terzo estraneo al rapporto obbligatorio di adempiere spontaneamente ed unilateralmente la prestazione debitoria nei confronti del creditore, anche
contro la sua volontà, a meno che questi non abbia un particolare interesse a che
il debitore adempia personalmente11. Fermo restando che il creditore è legittimato a rifiutare l’adempimento del terzo qualora il debitore gli abbia manifestato la
propria opposizione12. Opposizione del debitore e rifiuto del creditore che intanto
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
reale e la liberazione coattiva del debitore, Milano, 1947, pp. 78 ss., il quale ribadisce che il nesso tra i due rapporti, incentrati nella prestazione e nella cooperazione, è finalizzato alla realizzazione di un equilibrio economico di
interessi. Ciò deriva dal fatto che, anche per il diritto, vige quel criterio a norma del quale si tende a perseguire
il massimo del risultato con il minimo dello sforzo. Il debitore, infatti, non può essere completamente assoggettato alle pretese creditorie e costretto a subire le ingerenze del creditore. Il singolo rapporto, infatti, fa emergere
una serie di interessi debitori che rischiano di essere compromessi dal perdurare del vincolo causato dal rifiuto
del creditore di cooperare all’adempimento. È in considerazione di ciò che l’ordinamento predispone strumenti
che assicurano anche la realizzazione degli interessi debitori considerati meritevoli di tutela. Basti pensare alle
norme in tema di mora credendi (art. 1206-1209 c.c.) che impongono al creditore l’obbligo di risarcire i danni
causati al debitore e sostenere le spese affrontate, qualora, senza motivo legittimo, rifiuti il pagamento offertogli
o non compia quanto necessario a permettere al debitore di adempiere l’obbligazione. Non solo, la mora pone
a carico del creditore il rischio dell’impossibilità sopravvenuta della prestazione. Per la dottrina che individua il
fondamento giuridico dell’istituto nel principio «che esenta il debitore dal pregiudizio del fatto del creditore», si
rinvia a C.M. Bianca, Diritto civile, cit., p. 394. Il creditore, infatti, sarebbe legittimato a rifiutare la prestazione
nelle sole ipotesi di inesattezza della stessa ovvero a causa della mancanza sia di legittimazione a ricevere, sia di
titolarità del diritto. Alla norma che prevede l’istituto della mora accipiendi va riconosciuto l’indubbio merito
di aver aperto il dibattito relativo all’esistenza di un dovere del creditore di cooperare all’adempimento e di aver
contribuito alla rimeditazione organica della disciplina obbligatoria. Tra i primi fautori di tale convincimento,
A. Falzea, L’offerta reale, cit., pp. 78 ss.
11
In giurisprudenza sul punto, si veda Cass. civ. Sez. II, 09/11/2011, n. 23354, in CED Cassazione, 2011.
12
Si assiste, in tal caso ad una scissione tra l’estinzione dell’obbligo e la realizzazione del diritto. Secondo
il disposto dell’art. 1180 c.c. infatti, «l’obbligazione può essere adempiuta anche da un terzo, anche contro la
volontà del creditore – se questi non ha interesse a che il debitore esegua personalmente la prestazione. Tuttavia
il creditore può rifiutare l’adempimento offertogli dal terzo, se il debitore gli ha manifestato la sua opposizione».
Occorre, peraltro, precisare che sebbene il codice utilizzi l’espressione adempimento, in realtà non vi é identità
di natura e di struttura tra adempimento del terzo e adempimento del debitore, ma solo identità funzionale.
Quanto alla ricostruzione giuridica dell’adempimento del terzo, la dottrina è tutt’altro che unanime. Per la
12
D
EM
O
R
IP
R
O
D
U
ZI
O
N
E
VI
ET
AT
A
tesi che, ritenendo la volontarietà di tale atto, attribuisce alla figura in esame natura negoziale si rinvia, ex
multis, a R. Nicolò, L’adempimento dell’obbligo altrui, Napoli, 1936, p. 156, il quale propende, addirittura,
per la tesi della contrattualità, sul presupposto della indispensabile concorde volontà sia del terzo di effettuare la prestazione al posto del debitore, sia del creditore di accettarla: lungi dall’integrare una mera adesione
passiva all’attività del terzo, l’intervento del creditore rappresenterebbe un intervento attivo che sottintende
un preciso atteggiamento volitivo volto alla realizzazione integrale del suo diritto. Per la tesi che attribuisce
all’adempimento del terzo natura composita, si rinvia a C.M. Bianca, Diritto civile, cit., p. 287 e a C. Turco, L’adempimento del terzo, in Cod. civ. Commentario, Milano, 2002, pp. 160 ss., secondo tale ricostruzione
dottrinaria l’adempimento del terzo si porrebbe come un atto dalla duplice natura, esecutiva e negoziale: atto
esecutivo, da un lato, perché costituisce attuazione di un precedente rapporto i cui effetti non dipendono dalla
decisione dell’adempiente ma dall’ordinamento; negozio unilaterale, dall’altro, perché il terzo, eseguendo una
prestazione a proprio carico, dispone della propria sfera giuridica. Tale prospettazione trova in parte riscontro
anche in giurisprudenza, si veda Cass., 7 luglio 1980, n. 4349, in Giust. Civ., 1981, p. 113. In posizione diametralmente opposta si colloca l’opinione di A. Di Majo, Dell’adempimento in generale, in Comm. del cod. civ.
Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1988, p. 50, ad opinione del quale l’adempimento del terzo, al pari di quello
del debitore, sarebbe un atto esecutivo di un preesistente rapporto tra debitore originario e creditore ed avrebbe
in comune con l’adempimento del debitore la natura di atto giuridico in senso stretto. Fortemente discusso è
anche il problema relativo alla causa dell’attribuzione patrimoniale effettuata dal terzo; in argomento si rinvia a
R. Nicolò, L’adempimento dell’obbligo altrui, cit., pp. 184 ss., il quale rifiutando l’idea che la causa dell’adempimento possa concretizzarsi soltanto nella realizzazione delle ragioni creditorie grazie all’intento manifestato
dal solvens, ritiene che l’istituto di cui all’art 1180 c.c. sia «l’unica figura di negozio astratto con efficacia reale».
Ad opinione dell’A. la ragione giustificativa dello spostamento patrimoniale effettuato dal tradens non può
essere ricercata all’interno del negozio dal momento che esso prescinde completamente da qualsiasi rapporto
preesistente con il creditore e risulta qualificato soltanto sulla base dell’elemento esterno che è, per l’appunto, l’adempimento. Sulla scia di tale assunto, altra parte della dottrina, U. Natoli, L’attuazione del rapporto
obbligatorio, II, Il comportamento del debitore, in Tratt. Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1984, passim, afferma
che il pagamento dell’obbligo altrui non possa che appartenere alla categoria dei negozi astratti o, per meglio
dire, a quei negozi privi di una causa propria nei quali l’attribuzione patrimoniale trova la sua ragion d’essere
in un rapporto obbligatorio preesistente. Tuttavia, contro tale prospettazione dottrinaria è stato osservato che
in realtà la categoria dei negozi astratti non è concepibile in un ordinamento che abbraccia il principio della
necessaria causalità delle attribuzioni patrimoniali scegliendo di considerare la causa quale requisito essenziale
del negozio (art. 1325 c.c.) e sanzionando con la nullità dello stesso la sua mancanza e la sua illiceità (art. 1418
c.c.). Piuttosto che di astrattezza, allora, sarebbe più corretto parlare di neutralità tutte le volte in cui la giustificazione causale di una determinata attribuzione non è desumibile dal contesto dell’atto ma risulta da elementi
esterni, come assume F. Gazzoni, Manuale, cit., p. 806. Se, dunque, è vero che la ragione dell’attribuzione
patrimoniale effettuata dal terzo non vive all’interno del concreto negozio, è altrettanto vero che essa richiama
necessariamente un altro rapporto esterno del tutto avulso da quello che intercorre tra il tradens e l’accipiens
e che si dimostra capace di imprimere all’adempimento una destinazione particolare: esso è sicuramente rappresentato dal rapporto di valuta (tra debitore originario e creditore). E così, ha osservato M. Giorgianni,
voce Causa, in Enc. dir., Milano, 1960, pp. 565 ss., in tutte le ipotesi appartenenti a tale categoria «è possibile
rinvenire nel negozio solo la indicazione dello “scopo” avuto di mira dal soggetto, mentre la giustificazione ed
il “fondamento” della prestazione vanno ricercati al di fuori del negozio stesso»; per l’A., cioè, siffatta mancanza
non è un indice di astrattezza ma rappresenta solo un diverso modo di concepire l’esistenza del requisito causale che può benissimo gravitare all’esterno del negozio. In questi casi la prestazione, che di per sé è priva di
autonoma funzione, viene in rilievo esclusivamente grazie alla dichiarazione dello scopo da parte di chi pone in
essere l’attribuzione patrimoniale; ciò che rileva nell’ambito delle prestazioni isolate è dato dall’esistenza dei due
aspetti – oggettivo e soggettivo – che assume l’elemento causale. L’elemento soggettivo, e cioè la dichiarazione
dello scopo per il quale si effettua la prestazione, è di per sé sufficiente per la validità del negozio, mentre quello
oggettivo è indispensabile per la conservazione degli effetti. Tale assunto trova conferma nelle norme in tema
di ripetizione dell’indebito ove viene disposta la ripetibilità della prestazione e non la sua nullità nell’ipotesi di
oggettiva inesistenza dell’obbligo che il solvens intende adempiere. A tal proposito, è stato di poi osservato da
altra parte delle dottrina che l’interesse manifestato da chi effettua una determinata prestazione, non è di per sé
13
Scarica