LA STICOMITIA ATENIESE
Il dialogo tra la regina e il corifeo è appositamente creato per evidenziare la differenza culturale tra Ateniesi e barbari, o
meglio per esaltare l’idea che gli Ateniesi hanno di sé attraverso il confronto contrastivo con la negatività dei Persiani.
Nota bene: non si parla genericamente di Greci, ma di Ateniesi; si esaltano come determinanti le qualità di Atene come
città democratica, distinguendola quindi molto chiaramente dalle altre città greche governate da regimi aristocratici
(come Sparta).
Anche se il dialogo si finge avvenire tra due Persiani, ne emerge un punto di vista chiaramente ateniese; la prova più
chiara è che la regina e il corifeo, che sono persiani, chiamano i Persiani “barbari”, il termine con cui i Greci designavano
i non Greci (termine onomatopeico che allude alla incomprensibilità del loro linguaggio non greco).
Nel dialogo riconosciamo alcuni concetti chiave della propaganda democratica ateniese di quegli anni: l’eccezionale
valore militare di Atene, vera salvatrice della Grecia nelle guerre persiane; e soprattutto il fatto che quel valore sia
alimentato e frutto della educazione e della libertà, del coinvolgimento e della partecipazione politica che per un
cittadino sono possibili solo all’interno di un regime democratico (che solo Atene può vantare). . Non dimentichiamo che
siamo negli anni in cui si gettano le basi dell’imperialismo di Atene nei confronti delle altre poleis greche: la propaganda
democratica affermava che Atene avesse diritto all’impero, ad essere la superpotenza egemone, e si poneva in implicita
rivalità con Sparta; invece la fazione aristocratica attiva all’interno di Atene era filospartana tendeva a presentare come
vero nemico della Grecia la Persia.
La difesa energica della libertà da parte di Atene: la donna del sogno, che rappresenta la Grecia o meglio Atene, spezza
rabbiosamente il giogo che è simbolo di oppressione e sottomissione.
Il ruolo chiave di Atene come unica città greca in grado di difendere la libertà dei Greci contro i Persiani: la regina chiede
al corifeo perché Serse abbia mirato proprio alla conquista di Atene, e non a quella di altre città greche; lui le risponde
che una volta conquistata Atene Serse avrebbe in mano tutta la Grecia.
Il riferimento allo sfruttamento delle miniere d’argento del monte Laurion, attraverso il quale Temistocle aveva
finanziato l’allestimento della flotta ateniese (e così aveva gettato le fondamenta della supremazia militare di Atene), è
un richiamo e una implicita lode alla politica di potenziamento militare portata avanti da Temistocle e dai democratici:
“REGINA: hanno grandi ricchezze nella loro reggia? CORIFEO: Una vena d’argento hanno: questo è il solo tesoro della
loro terra”.
Il valore militare che contraddistingue gli Ateniesi:
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la stessa tecnica di combattimento oplitica, che richiede cuore fermo e contatto ravvicinato con il nemico
(“Impugnano la spada e combattono a piedi fermi, con scudi pesanti”), in contrapposizione con la tecnica “vile”
dei Persiani che si avvalgono dell’arco
la disciplina che gli opliti si autoimpongono per libera scelta: non hanno bisogno di minacce, di un despota che li
costringa a combattere senza tirarsi indietro: combattono fino alla morte perché sono personalmente motivati a
farlo (“REGINA: chi è alla testa di quell’esercito? Chi è il loro padrone? CORIFEO: si vantano di non essere schiavi
di nessun uomo, sudditi di nessuno” REGINA: e come possono difendersi allora, quando i nemici in armi li
assalgono? CORIFEO: possono! Tanto che hanno distrutto un esercito di Dario, che pure era numeroso e
potente”)