scienze della terra L’ingrediente mancante della Terra in sintesi ■ A pressioni elevate, il minerale più comune nel mantello inferiore subisce cambiamenti strutturali, diventando più denso. ■ L’esistenza di questa fase più densa implica che il mantello sia più dinamico e più efficiente nel trasferire il calore rispetto a quanto si credesse in precedenza. ■ Un trasferimento di calore più efficiente spiegherebbe la rapida crescita dei continenti avvenuta nel passato del pianeta, e addirittura come il campo magnetico terrestre è evoluto in modo da permettere alla vita di spostarsi dagli oceani alle terre emerse. 88 LE SCIENZE I l buco più profondo mai scavato dall’uomo si trova in Russia, nella penisola di Kola, e arriva a 12 chilometri di profondità. Siamo riusciti a lanciare un veicolo spaziale verso Plutone, che si trova a circa sei miliardi di chilometri dal Sole, ma non siamo ancora in grado di inviare una sonda nelle profondità del nostro pianeta. Da un punto di vista pratico, dunque, il centro della Terra, che si trova a soli 6380 chilometri sotto i nostri piedi, è più lontano dei confini del sistema solare. Non a caso Plutone è stato scoperto nel 1930, mentre l’esistenza di un nucleo interno della Terra è stata provata solo sei anni dopo, usando dati sismologici. Nel frattempo però la scienza ha fatto passi da gigante nella conoscenza del nostro pianeta. Oggi sappiamo che la struttura della Terra somiglia a quella di una cipolla, con un nucleo, un mantello e una crosta disposti in maniera concentrica. Il mantello costituisce circa l’85 per cento del volume totale, e i suoi lenti rimescolamenti interni determinano i cataclismi geologici che avvengono sulla crosta. Questo strato intermedio è composto prevalentemente da silicio, ferro, ossigeno e magnesio (ciascuno con una concentrazione più o meno omogenea in tutto il mantello), oltre a piccole quantità di altri elementi. Tuttavia questi elementi si uniscono a formare minerali di tipo diverso in funzione della profondità, quindi anche il mantello è suddiviso in strati concentrici, all’interno dei quali predominano minerali diversi. Natura e composizione di quasi tutti questi strati sono note da decenni, mentre lo strato più basso è rimasto un mistero fino al 2002, quando il mio laboratorio è riuscito a sintetizzare un nuovo minerale di altissima densità che si forma solo a temperature e pressioni degli ultimi 300 chilometri del mantello. Da allora vari studi hanno mostrato che questo minerale, la post-perovskite, ha un effetto importantissimo sulle dinamiche del pianeta. La sua presenza implica che le correnti convettive del mantello (a causa delle quali le rocce più fredde affondano e quelle più calde emergono, trasportando parte del calore interno della Terra) sono più rapide e più efficienti nel trasportare calore rispetto a quanto ipotizzato. Senza la post-perovskite, probabilmente i continenti sarebbero cresciuti più Keith Kasnot di Kei Hirose La scoperta di un nuovo minerale con altissima densità ha rivelato un’insospettata attività del mantello terrestre e ha fornito nuove conoscenze sulla storia del nostro pianeta 504 agosto 2010 www.lescienze.it LE SCIENZE 89 I continenti, che sono parzialmente sommersi dagli oceani, sono composti da vari tipi di rocce relativamente leggere, formatesi diversi miliardi di anni fa. Proprio queste rocce leggere permettono ai continenti di galleggiare sul mantello, che è più denso. La crosta oceanica invece è composta da basalto, che viene eruttato dalle dorsali sottomarine per poi riaffondare nel mantello, in genere nel giro di 100 milioni di anni. E RIOR Nucleo NUCLEO La roccia del mantello è composta principalmente da ossigeno, silicio e magnesio. Pur essendo sostanzialmente solida, su scale temporali geologiche è soggetta a deformazioni, e scorre lentamente grazie alla spinta delle correnti convettive che rimescolano l’intero mantello. È grazie a questo flusso che il calore interno della Terra viene dissipato e i continenti vanno alla deriva. Con l’aumentare della profondità aumentano anche temperatura e pressione, e gli elementi del mantello si dispongono in diverse strutture cristalline (minerali), formando più strati. Tre minerali (olivina, spinello modificato e spinello) danno ai tre strati del mantello superiore i rispettivi nomi. 5100 Nucle o in te rn Per decenni si è ritenuto che il mantello inferiore avesse una struttura relativamente uniforme. I dati sismologici hanno però indotto gli scienziati a sospettare l’esistenza di rocce diverse. o • Strato di perovskite Il minerale più abbondante in questo strato (70 per cento in peso) è un silicato di magnesio (MgSiO3) appartenente alla famiglia di cristalli nota come perovskiti. Nella sua struttura ultracompatta, gli ioni magnesio (in giallo) sono circondati gruppi ottaedrici di silicio-ossigeno (doppie piramidi in blu). Fino a poco tempo fa gli scienziati non pensavano che questi elementi potessero formare una struttura cristallina ancora più densa. 6400 • Strato di post-perovskite Alle pressioni e temperature degli ultimi 300 chilometri del mantello, la perovskite assume una nuova struttura: gli ioni magnesio e i gruppi silicioossigeno si dispongono in strati separati. La transizione riduce il volume dell’1,5 per cento circa e causa il rilascio di calore. Si tratta di una differenza minima, ma i suoi effetti sul pianeta sono notevoli (si vedano le illustrazioni alle pp. 94 e 95). NUCLEO (2900-6400 CHILOMETRI) La parte più profonda della Terra è composta principalmente da ferro, che è liquido nel nucleo esterno e solido nel nucleo interno. Come il mantello, anche il nucleo esterno è rimescolato da movimenti convettivi, ma dato che il nucleo è molto più denso, lo scambio di materiale tra nucleo e mantello è minimo. Si ritiene che il campo magnetico terrestre sia generato proprio dalla convezione che avviene nel nucleo. 90 LE SCIENZE ov s Pos t-pe r ov este ski r no te MANTELLO SUPERIORE (35-660 CHILOMETRI) MANTELLO INFERIORE (660-2900 CHILOMETRI) Per 2600 2900 MANTELLO Olivin a Spin Spin ello m ello odif ic INFE LLO MANTE CROSTA (FINO A 35 CHILOMETRI DI PROFONDITÀ) tri) 504 agosto 2010 kite ato Keith Kasnot (spaccato della Terra); Ken Eward (minerali) MANTE SUPER LLO IORE LLO La struttura della Terra è simile a una cipolla, con strati concentrici composti da diversi materiali. La scoperta di un nuovo materiale con densità elevata, chiamato post-perovskite, implica l’esistenza di un nuovo strato della cipolla, e spiega il comportamento anomalo delle onde sismiche che attraversano il pianeta. PROFONDITÀ (chilometri) 410 520 660 MANTE Un pianeta più complesso CROSTA (6-35 chilome lentamente, e l’attività vulcanica sarebbe stata meno intensa. La formazione di post-perovskite potrebbe anche avere accelerato la formazione del campo magnetico terrestre più intenso che, schermando il pianeta da raggi cosmici e vento solare, ha reso possibile la vita sulla terraferma. Insomma, la post-perovskite è l’ingrediente che mancava per capire l’evoluzione della Terra. Profondità rocciose I geofisici mappano la struttura della Terra misurando le onde sismiche. Quando si verifica un terremoto, le onde attraversano il pianeta ed è possibile misurarle sul lato opposto del globo. Nell’attraversare il confine tra materiali diversi, le onde possono subire una rifrazione o una riflessione. Misurazioni di questo comportamento hanno mostrato che il mantello è composto da cinque strati, ciascuno caratterizzato da una variazione nella velocità delle onde. I ricercatori hanno collegato queste variazioni a cambiamenti della struttura delle rocce (cambiamenti che dipendono dalle temperature e pressioni che si incontrano via via che aumenta la profondità). Una roccia è composta da diversi minerali. Un minerale è un insieme di atomi disposti secondo una particolare struttura geometrica, o cristallo, da cui dipendono la sua composizione, le sue proprietà fisiche e addirittura il colore (si pensi alle sfumature di un bancone di granito). Al di sotto di certe profondità, le enormi pressioni e temperature spingono gli elementi del mantello a cambiare disposizione, formando nuove strutture cristalline. In termini fisici, si dice che i materiali sono soggetti a una transizione di fase. Non potendo sondare le profondità della Terra, i primi geologi hanno dovuto cercare rocce del mantello trasportate in superficie da magmi generati in profondità. Spesso queste rocce ospitano diamanti e, visto che i diamanti si formano a pressioni e temperature che esistono solo a partire da 150 chilometri di profondità, si presume che le rocce che li ospitano siano state prodotte a profondità simili, e quindi contengano informazioni sullo strato più esterno del mantello. Raramente, invece, rocce e minerali che si formano a più di 200 chilometri arrivano in superficie. www.lescienze.it In seguito i ricercatori hanno scoperto come generare altissime pressioni e temperature in laboratorio, sintetizzando i minerali che pensavano componessero gli strati più profondi del mantello. Ogni strato prende il nome dal tipo di roccia più abbondante: nel mantello superiore abbiamo quindi gli strati di olivina, di spinello modificato e di spinello. Successivamente, a partire da 660 chilometri di profondità, prevale una forma densa di silicato di magnesio (MgSiO3), appartenente a una grande famiglia di cristalli detti perovskiti. Le perovskiti sono composte da ioni ossigeno negativi e da due tipi di ioni positivi (in questo caso magnesio e silicio) tenuti insieme da forze elettrostatiche. Le perovskiti hanno una grande varietà di composizioni chimiche, e includono sia superconduttori sia materiali di uso comune nei componenti elettronici, come attuatori piezoelettrici e condensatori. La perovskite di silicato di magnesio è stata sintetizzata per la prima volta nel 1974 a una pressione di 30 gigapascal. (Un gigapascal, cioè un miliardo di pascal, equivale a circa 10.000 volte la pressione atmosferica a livello del mare.) E per i successivi trent’anni gli scienziati sono stati convinti che questo minerale si trovava in tutto il mantello inferiore, fino alla profondità di 2890 chilometri, senza subire altre transizioni di fase. Negli anni sessanta, però, è stato individuato un nuovo limite sismico a circa 2600 chilometri. Il mantello inferiore, precedentemente denominato strato D, in realtà era composto da due strati: D´ e D˝, con lo strato D˝ situato nei 300 chilometri più bassi. Nel 1983 la discontinuità è stata attribuita a una variazione nell’abbondanza relativa degli elementi, e non a una transizione di fase tra strati. Questa conclusione era stata motivata anche dal fatto che la perovskite ha una struttura cristallina «ideale», in cui gli atomi sono disposti secondo una geometria ultracompatta che in teoria massimizza la massa per unità di volume. Gli scienziati dubitavano che la perovskite potesse essere ulteriormente compressa e formare una struttura ancora più compatta. Ma la spiegazione basata sulla variazione delle abbondanze relative degli elementi era difficile da sostenere, perché i moti convettivi nel mantello inferiore avrebbero causato il rimescolamento dei vari strati, uniformando la tipologia e l’abbondanza relativa degli elementi. Per chiarire la situazione era necessario raggiungere in laboratorio pressioni superiori a 120 gigapascal e temperature superiori a 2500 kelvin. Ho iniziato a interessarmi all’argomento a metà degli anni novanta, e poco più tardi ho cominciato a condurre esperimenti con una cella a incudine di diamante, in cui campioni di materiale simiLE SCIENZE 91 Ricreare le profondità della Terra in laboratorio ne Pressione (gigapascal) Fascio laser Immagine prodotta dalla diffrazione dei raggi X L’autore le a quello presente nel mantello sono compressi a pressioni elevatissime tra due diamanti naturali di qualità gemmologica (del peso di circa due decimi di carato) e poi riscaldati con un laser. Sopra gli 80 gigapascal anche il diamante (il materiale più duro conosciuto) si deforma in modo considerevole. Per aumentare ulteriormente la pressione è necessario ottimizzare la forma delle punte dei due diamanti per evitarne la rottura. Durante primi esperimenti, purtroppo, le rotture sono state numerose, con conseguenti costi economici e perdita di entusiasmo. Alla fine nel 2001 abbiamo superato i 120 gigapascal usando due incudini con i lati smussati. Il mio laboratorio è stato tra i primi a ottenere questo risultato, e il primo a studiare gli effetti di pressioni del genere sulla perovskite. Un cristallo molto prezioso Kei Hirose è professore di scienze della Terra al Politecnico di Tokyo. Le sue ricerche riguardano la produzione in laboratorio di pressioni e temperature ultraelevate, con un interesse particolare per i materiali delle profondità della Terra e di altri pianeti. 92 LE SCIENZE Per capire che cosa accade nei campioni di roccia abbiamo usato SPring-8, il sincrotrone per la produzione di raggi X più grande del mondo, situato tra le montagne del Giappone occidentale. Per quasi un secolo gli scienziati hanno ricostrui­ to la struttura dei cristalli osservando la diffrazione prodotta dai raggi X che li attraversano (la lunghezza d’onda dei raggi X si trova nell’intervallo di grandezza delle distanze interatomiche). I fasci sottilissimi e intensi generati da SPring-8 hanno prodotto immagini di alta qualità a intervalli di un secondo, riuscendo a monitorare i cambiamenti della struttura cristallina in condizioni così estreme. Nel 2002 il mio studente Motohiko Murakami Più alta Incudine di diamante mi aveva segnalato che le figure di diffrazione della perovskite di silicato di magnesio cambiavano drasticamente a 125 gigapascal. Questo fenomeno si poteva spiegare con un cambiamento della struttura cristallina, proprio quello che stavamo cercando. Se questa intuizione si fosse rivelata corretta, si sarebbe trattato della più importante scoperta nel campo della mineralogia delle alte pressioni (e probabilmente di tutte le scienze che studiano l’interno del pianeta) dal 1974, quando la per la prima volta è stata sintetizzata la perovskite silicatica. All’inizio però non avevo preso molto sul serio quei dati, perché le figure di diffrazione possono cambiare per diverse ragioni. Per esempio i campioni possono reagire chimicamente con il materiale che li trattiene nell’incudine (in genere argilla), producendo variazioni consistenti nei dati registrati. Anche la reazione iniziale dei miei colleghi era stata piuttosto negativa. «Sicuramente stai sbagliando qualcosa», mi aveva detto un cristallografo: la perovskite ha una struttura ideale, altamente compatta – aveva notato – e non è mai stata osservata alcuna transizione di fase che la possa trasformare in un materiale ancora più denso. Abbiamo ripetuto l’esperimento molte volte, ottenendo sempre la stessa figura di diffrazione, e abbiamo anche scoperto che, riscaldando nuovamente il campione a bassa pressione, la nuova figura spariva e ricompariva quella della perovskite. Quindi la trasformazione era reversibile, e questo dato ci permetteva di escludere qualsiasi variazione nella composizione chimica del campione. A 504 agosto 2010 Temperatura (kelvin) 3000 Più calda 4000 2000 PEROVSKITE (zona arancione) 110 120 Jen Christiansen Raggi X Campione di minerale bloccato da una guarnizione tra due punte di diamante Alfred T. Kamajian (illustrazione); cortesia Kei Hirose (Hirose) Specchio 2000 Sog lia La Terra primordiale era troppo calda per la formazione di post-perovskite Il profilo termico attuale della Terra permette l’esistenza di postperovskite a profondità maggiori di 2600 chilometri POST-PEROVSKITE (zona blu) quel punto mi sono convinto del fatto che avevamo trasformato la perovskite di silicato di magnesio in una nuova struttura. In seguito abbiamo scoperto che a una temperatura di 2500 kelvin la transizione avviene a 120 gigapascal, invece che a 125: esattamente la pressione registrata a 2600 chilometri di profondità, dove era stata rilevata la misteriosa discontinuità nella velocità delle onde sismiche. Finalmente l’enigma era stato risolto: avevamo scoperto una nuova transizione di fase e un nuovo materiale che doveva essere il componente principale del strato D˝. Inoltre, secondo i miei calcoli le proprietà della nuova fase potevano anche aiutare a capire alcune anomalie sismiche del mantello inferiore. Prima di continuare il nostro lavoro, però, dovevamo determinare la struttura cristallina della nuova fase. Era un compito difficile, perché all’epoca non si conoscevano altri cristalli della famiglia delle perovskiti capaci di trasformarsi sotto pressione. Per quasi un anno abbiamo rovistato nei cataloghi cristallografici alla ricerca di figure di diffrazione che concordassero con quelle che avevamo ottenuto (come cercare un ago in un pagliaio, visto che esistono decine di migliaia di strutture cristalline). Poi, alla fine del 2003, il mio collega Katsuyuki Kawamura, un chimico, ha simulato al computer il comportamento di atomi di magnesio, silicio e ossigeno a pressioni elevate. Kawamura ha distribuito gli atomi in maniera casuale a una temperatura molto elevata e ha ridotto in modo graduale la temperatura del campione www.lescienze.it 2200 2400 2600 2800 Profondità corrispondente approssimata (chilometri) Pressio Più fredda Più bassa Il gruppo di ricerca dell’autore ha ricreato le condizioni del mantello inferiore usando una cella a incudine di diamante. Si tratta di una cella cilindrica di acciaio in cui, stringendo le viti (in genere manualmente), è possibile concentrare la pressione tra le punte di due diamanti su una superficie di pochi micrometri. Il gruppo ha collocato alcuni campioni tra le punte e li ha scaldati con un laser. Allo stesso tempo un fascio di raggi X ha rilevato eventuali cambiamenti nella struttura del cristallo. I dati sperimentali che mostrano le temperature e le pressioni a cui la perovskite si trasforma in post-perovskite (linea dei valori di soglia) indicano anche che l’intervallo di temperature attuale del nostro pianeta (curva in nero) permette l’esistenza della postperovskite negli strati più profondi del mantello, vale a dire tra 2600 e 2900 chilometri di profondità. La Terra dei primordi era invece troppo calda (curva in bianco) per la formazione di post-perovskite. Gli esperti dubitavano del fatto che un minerale del mantello si potesse comprimere in una struttura cristallina ancora più compatta virtuale, osservando la formazione di un cristallo. Alla fine del processo di cristallizzazione ha calcolato le figure di diffrazione della struttura virtuale, scoprendo che coincidevano con quelle che avevamo ottenuto sperimentalmente. Abbiamo deciso di chiamare la nuova fase «post-perovskite» (formalmente non può essere definita un minerale, visto che non è stata ancora stata trovata in natura). La sua struttura è sostanzialmente uguale a quella di altri due cristalli noti, il solfato ferroso di uranio (UFeS3) e l’iridiato di calcio (CaIrO3), che in condizioni ambientali sono stabili. Inoltre le nostre misurazioni dirette avevano mostrato che la post-perovskite è più densa dell’1-1,5 per cento rispetto alla perovskite. Trasporto di calore Grazie ai nostri risultati, annunciati nel 2004, altri ricercatori hanno formulato nuove ipotesi sui diversi processi che avvengono all’interno della Terra. La nostra scoperta ha consentito anzitutto di calcolare la quantità di calore che fluisce dal nucleo al mantello. Il nucleo è composto in gran parte da ferro, e ha una densità doppia rispetto al mantello. Di conseguenza, all’interfaccia tra le due regioni non avviene praticamente alcun rimescolamento e il calore è scambiato soprattutto per conduzione. Mentre il mantello è ricco di uranio, torio e potassio radioattivi, il nucleo è probabilmente povero di isotopi radioattivi, quindi la sua temperatura, forse compresa tra 4000 e 5000 kelvin, è dovuta principalmente al calore accumulato nella formazione del pianeta. Da allora il calore è fluito attraverso l’interfaccia nucleo-mantello, provocando il progressivo raffreddamento del nucleo. Ipotizzando valori plausibili per la conduttività termica dei materiali del mantello inferiore, siamo stati in grado di stimare che il flusso di calore tra nucleo e mantello potrebbe variare da 5 a 10 terawatt, una potenza paragonabile alla capacità di generazione media di tutte le centrali elettriche del mondo messe insieme. Si tratta di un flusso di energia, e dunque di una velocità di raffreddamento del nucleo, più elevato rispetto a quanto si pensasse. Per trovarsi alla temperatura attuale, quindi, la temperatura iniziale del nucleo doveva essere maggiore di quanto ipotizzato in precedenza. L’evoluzione del nucleo dopo la formazione della Terra è stata determinata da questo flusso di calore. Nelle sue prime fasi di vita, il nucleo era liquido, ma a un certo punto la parte più interna ha iniziato a cristallizzare, producendo i due strati attuali: un nucleo interno, solido, e uno esterno, liquido. Il raffreddamento più veloce suggerisce che il nucleo interno solido dovrebbe avere meno di LE SCIENZE 93 stante. Recenti misurazioni hanno indicato che la post-perovskite ha una conduttività elettrica molto maggiore della perovskite, rendendo la parte più profonda del mantello più conduttiva di diversi ordini di grandezza. Uno strato molto conduttivo di post-perovskite favorirebbe lo scambio di momento angolare (dovuto alla forza di Lorentz) tra il nucleo liquido e il mantello solido ogni volta che si verifica una variazione nei flussi del nucleo. Le simulazioni mostrano che questo scambio potrebbe alterare la velocità di rotazione della Terra in modo da concordare fortemente con le variazioni osservate nella lunghezza del giorno, cioè alcuni millesimi di secondo su scale temporali di decenni. La conduttività elettrica della post-perovskite e l’importante scambio di momento angolare che ne risulta potrebbero anche spiegare la precessione periodica dell’asse di rotazione della Terra (nutazione). Sulla Terra la post-perovskite si trova solo in uno strato di poche centinaia di chilometri nella parte inferiore del mantello, ma potrebbe essere più abbondante su altri pianeti. In teoria, la post-perov­ skite di MgSiO3 dovrebbe rimanere stabile fino a 1000 gigapascal e 10.000 kelvin, per poi dissociarsi in una miscela di diossido di silicio e ossido di magnesio. La post-perovskite potrebbe quindi essere uno dei componenti principali dei nuclei rocciosi di Urano e Nettuno. I nuclei rocciosi di Giove e Saturno sono invece avvolti da uno spesso strato di idrogeno, che rende temperature e pressioni troppo elevate per stabilizzare la post-perovskite. Quanto agli altri sistemi solari, gli esopianeti osservati fino a oggi sono più grandi della Terra. Quelli con massa più piccola di dieci masse terrestri sono presumibilmente di tipo roccioso, come la Terra, e sono chiamati «super-Terre». Gli astronomi hanno dedotto la composizione degli esopianeti osservando le stelle attorno alle quali ruotano. Analizzando le linee di assorbimento dello spettro solare si è notato che la composizione chimica della sua atmosfera è simile a quella degli altri pianeti del nostro sistema planetario. Analizzando gli spettri delle altre stelle è stato quindi possibile scoprire che molte super-Terre hanno composizioni molto simili a quella della Terra. Considerando pressioni e temperature interne a questi pianeti, la post-perovskite potrebbe essere il componente più abbondante in molti di loro. Quando un minerale fa la differenza Le simulazioni hanno mostrato che in presenza di post-perovskite il processo di convezione è più veloce e caotico (a destra) rispetto a un mantello che contiene solo perovskite (a sinistra). I pennacchi risalgono dalle regioni del mantello a contatto con il nucleo. Durante la risalita, la post-perovskite nei pennacchi incontra pressioni più basse, che la trasformano in perovskite, meno densa. La risultante espansione fornisce ai pennacchi un’ulteriore spinta e rende la risalita più caotica rispetto a un mantello con solo perovskite. Pennacchio convettivo Mantello LE SCIENZE Post-perovskite Caldo verso l’alto. Le simulazioni hanno mostrato che in presenza di post-perovskite i pennacchi si formano più di frequente e il loro percorso è più sinuoso rispetto a quello che si avrebbe se il mantello inferiore fosse composto solo di perovskite (si veda il box qui sopra). Le simulazioni hanno mostrato che la presenza di post-perovskite accelera il flusso di calore nel mantello del 20 per cento. Un pianeta in subbuglio ➥ Letture Le perovskiti. Hazen R.M., in «Le Scienze» n. 240, agosto 1988. Una Terra scolpita dall’interno. Gurnis M., in «Le Scienze» n. 393, maggio 2001. Post-Perovskite Phase Transition in MgSiO3. Murakami M., Hirose K., Kawamura K., Sata N. e Ohishi Y., in «Science», Vol. 304, pp. 855-858, 7 maggio 2004. Deep Earth and Mineral Physics. Pubblicazione speciale di «Elements», Vol. 4, n. 3, giugno 2008. Deep Mantle Properties. Hirose K., in «Science», Vol. 327, pp. 151-152, 8 gennaio 2010. La post-perovskite nel mantello accelera la convezione, aumentando la temperatura del mantello superiore di centinaia di gradi e rendendo più intensa l’attività vulcanica. Nelle prime fasi di vita della Terra, quando il nucleo era più caldo, anche la parte inferiore del mantello era più calda, tanto da non trovarsi nell’intervallo di temperature a cui si forma la post-perovskite. Paradossalmente, però, senza l’accelerazione del flusso di calore fornita dalla post-perovskite il mantello superiore era probabilmente più freddo di oggi. Quando il pianeta ha iniziato a raffreddarsi, una parte della perovskite ha cominciato a trasformarsi in post-perovskite, probabilmente 2,3 miliardi di anni fa, accelerando il trasferimento di calore dal nucleo e provocando un aumento delle temperature nel mantello. Di conseguenza, secondo alcune stime, i movimenti delle placche sono diventati più veloci e l’attività vulcanica più intensa, permettendo ai continenti di crescere a velocità doppia negli ultimi 2,3 miliardi di anni rispetto ai periodi precedenti. Questa conclusione però è oggetto di discussioni. Le proprietà fisiche dello strato D˝ potrebbero essere molto diverse da quelle del mantello sopra504 agosto 2010 Questioni da risolvere Jen Christiansen due miliardi di anni, un’età modesta se paragonata ai 4,6 miliardi di anni della Terra. Se così non fosse, il nucleo interno dovrebbe essere molto più grande di quello che osserviamo oggi. La formazione del nucleo interno ha avuto conseguenze sul magnetismo del pianeta, che a sua volta ha avuto conseguenze sulla vita. Gli scienziati ritengono che il campo magnetico terrestre sia generato, per effetto dinamo, dai moti convettivi del metallo liquido che si trova nel nucleo esterno. Un nucleo interno solido rende questa convezione più regolare e meno caotica, producendo un campo magnetico più intenso di quello che si avrebbe con un nucleo tutto liquido. Il campo magnetico protegge la Terra dal vento solare e dai raggi cosmici, che possono causare mutazioni genetiche e sarebbero particolarmente pericolosi per la vita sulla terraferma. Il cambiamento nell’intensità del campo magnetico verificatosi un miliardo di anni fa potrebbe quindi avere permesso alla vita di passare dagli oceani alle terre emerse. La post-perovskite ha effetti sulla diffusione del calore non solo all’interfaccia tra nucleo e mantello, ma anche all’interno del mantello stesso, una scoperta che ha fatto luce su altri aspetti della storia della Terra. I pennacchi si formano al confine tra il mantello e il nucleo. Nella risalita all’interno dello strato di post-perovskite, il pennacchio incontra pressioni sempre più basse fino a un valore soglia a cui la calda post-perovskite si trasforma in perovskite, che aumenta di volume perché meno densa. Essendo meno denso rispetto al materiale circostante più freddo, il pennacchio diventa ancora più leggero, subendo un’ulteriore spinta 94 con post-perovskite Da Effects of a Perovskite-Post Perovskite Phase Change Near Core-Mantle Boundary in Compressible Mantle Convection, di T. Nakagawa e P. J. Tackley, in «Geophysical Research Letters», Vol. 31, 2004 Freddo senza Post-perovSKite Rimangono ancora questioni irrisolte riguardo la struttura dello strato D˝, ricco di post-perovskite. A quelle profondità sono già state osservate www.lescienze.it IL MANTELLO E L’EVOLUZIONE DEL NUCLEO Subito dopo la formazione della Terra, nel mantello non esisteva post-perovskite e il nucleo, ricco di ferro, era liquido. Dato che il mantello non consentiva di dissipare il calore in maniera efficiente, all’inizio il raffreddamento dell’interno del pianeta è stato lento («Terra bambina»). Circa 2,3 miliardi di anni fa però, negli strati più bassi del mantello si è formata la postperovskite, che ha accelerato la convezione. Questo cambiamento della dinamica terrestre potrebbe aver aumentato l’attività vulcanica e quindi accelerato la formazione dei continenti («Terra adolescente»). L’aumento del flusso di calore ha anche iniziato a raffreddare il nucleo in modo più efficace, permettendo la formazione di un nucleo interno solido («Terra adulta») un miliardo di anni fa. A quel punto i moti convettivi interni al nucleo liquido sono diventati più regolari e hanno generato un intenso campo magnetico, che oggi protegge la superficie del pianeta dai pericoli del vento solare e dei raggi cosmici. Questo evento potrebbe aver favorito l’arrivo della vita sulle terre emerse. importanti anomalie nella velocità delle onde sismiche, come se lo strato D˝ non fosse uniforme, ma vi fossero due zone con caratteristiche particolari, una situata grosso modo sotto l’Africa e l’altra sotto l’Oceano Pacifico. È possibile che esistano due masse di roccia di densità maggiore ma ancora sufficientemente bassa da galleggiare sul nucleo esterno (come i continenti galleggiano sul mantello)? Questi «continenti nascosti» potrebbero alterare i flussi alla base del mantello e quindi, indirettamente, i flussi convettivi di tutto il mantello, fino ai movimenti tettonici delle placche continentali. Ma come si sono formate queste due masse? E stanno crescendo? Quella sotto l’Oceano Pacifico potrebbe tra l’altro essere collegata al pennacchio da cui si è nato l’arcipelago della Hawaii? Queste e altre domande potrebbero trovare risposta in un futuro non troppo lontano. La parte più profonda del mantello terrestre è sempre stata un mistero, ma oggi molte caratteristiche si spiegano grazie alla scoperta della postperovskite. Rimangono invece ancora molti dubbi sul nucleo metallico ricco di ferro. Il nucleo è sempre stato più difficile da studiare rispetto al mantello perché, fino a poco tempo fa, le incudini di diamante non erano in grado di ricreare pressioni e temperature di quella parte del pianeta. I ricercatori potevano produrre pressioni elevate con altri metodi, come la compressione con onde d’urto, ma le temperature prodotte erano troppo alte. Dal 1952 sappiamo che la densità del nucleo esterno liquido è inferiore del 10 per cento circa rispetto a quella del ferro puro o della lega nichelferro. Devono quindi esserci uno o più elementi leggeri, come zolfo, silicio, ossigeno, carbonio o idrogeno, la cui identificazione rimane però molto controversa. In teoria la temperatura del nucleo sarebbe pari alla temperatura di fusione delle leghe di ferro alla pressione dell’interfaccia solido-liquido nel nucleo. Le varie stime hanno però un’incertezza di oltre 2000 kelvin, dovuta alla mancanza di dati sull’esatta composizione chimica di quella parte del pianeta. Anche la struttura cristallina del ferro alle condizione esistenti nel nucleo interno è ignota, e per questo è difficile interpretare correttamente le osservazioni sismologiche. Di recente però siamo riusciti a produrre incudini di diamante capaci di raggiungere temperature e pressioni del nucleo terrestre. Questi strumenti ci consentiranno di rispondere a tutte le domande sulle parti più profonde del pianeta. Sarà un po’ come viaggiare fino al centro della Terra, anche se solo con l’immaginazione… n LE SCIENZE 95