scienze della terra
L’ingrediente
mancante
della Terra
in sintesi
■ A
pressioni elevate, il
minerale più comune nel
mantello inferiore
subisce cambiamenti
strutturali, diventando
più denso.
■ L’esistenza
di questa
fase più densa implica
che il mantello sia più
dinamico e più efficiente
nel trasferire il calore
rispetto a quanto si
credesse in precedenza.
■ Un
trasferimento di
calore più efficiente
spiegherebbe la rapida
crescita dei continenti
avvenuta nel passato del
pianeta, e addirittura
come il campo
magnetico terrestre è
evoluto in modo da
permettere alla vita di
spostarsi dagli oceani
alle terre emerse.
88 LE SCIENZE
I
l buco più profondo mai scavato dall’uomo si trova in Russia, nella penisola di Kola, e
arriva a 12 chilometri di profondità. Siamo riusciti a lanciare un veicolo spaziale verso Plutone, che si trova a circa sei miliardi di chilometri dal Sole, ma non siamo ancora in grado di inviare una sonda nelle profondità del nostro pianeta. Da un punto di vista pratico, dunque, il centro della Terra, che si trova a soli 6380 chilometri sotto i nostri
piedi, è più lontano dei confini del sistema solare. Non a caso Plutone è stato scoperto nel
1930, mentre l’esistenza di un nucleo interno della Terra è stata provata solo sei anni dopo, usando dati sismologici.
Nel frattempo però la scienza ha fatto passi da gigante nella conoscenza del nostro pianeta. Oggi sappiamo che la struttura della Terra somiglia a quella di una cipolla, con un
nucleo, un mantello e una crosta disposti in maniera concentrica. Il mantello costituisce
circa l’85 per cento del volume totale, e i suoi lenti rimescolamenti interni determinano i
cataclismi geologici che avvengono sulla crosta. Questo strato intermedio è composto prevalentemente da silicio, ferro, ossigeno e magnesio (ciascuno con una concentrazione più
o meno omogenea in tutto il mantello), oltre a piccole quantità di altri elementi. Tuttavia
questi elementi si uniscono a formare minerali di tipo diverso in funzione della profondità, quindi anche il mantello è suddiviso in strati concentrici, all’interno dei quali predominano minerali diversi.
Natura e composizione di quasi tutti questi strati sono note da decenni, mentre lo strato più basso è rimasto un mistero fino al 2002, quando il mio laboratorio è riuscito a sintetizzare un nuovo minerale di altissima densità che si forma solo a temperature e pressioni
degli ultimi 300 chilometri del mantello. Da allora vari studi hanno mostrato che questo minerale, la post-perovskite, ha un effetto importantissimo sulle dinamiche del pianeta. La sua presenza implica che le correnti convettive del mantello (a causa delle quali le rocce più fredde affondano e quelle più calde emergono, trasportando parte del calore
interno della Terra) sono più rapide e più efficienti nel trasportare calore rispetto a quanto ipotizzato. Senza la post-perovskite, probabilmente i continenti sarebbero cresciuti più
Keith Kasnot
di Kei Hirose
La scoperta di un nuovo minerale con altissima
densità ha rivelato un’insospettata attività
del mantello terrestre e ha fornito nuove
conoscenze sulla storia del nostro pianeta
504 agosto 2010
www.lescienze.it
LE SCIENZE 89
I continenti, che sono parzialmente sommersi dagli oceani, sono composti da vari tipi
di rocce relativamente leggere, formatesi diversi miliardi di anni fa. Proprio queste
rocce leggere permettono ai continenti di galleggiare sul mantello, che è più denso.
La crosta oceanica invece è composta da basalto, che viene eruttato dalle dorsali
sottomarine per poi riaffondare nel mantello, in genere nel giro di 100 milioni di anni.
E
RIOR
Nucleo
NUCLEO
La roccia del mantello è composta principalmente da ossigeno, silicio e magnesio. Pur
essendo sostanzialmente solida, su scale temporali geologiche è soggetta a
deformazioni, e scorre lentamente grazie alla spinta delle correnti convettive che
rimescolano l’intero mantello. È grazie a questo flusso che il calore interno della Terra
viene dissipato e i continenti vanno alla deriva.
Con l’aumentare della profondità aumentano anche temperatura e pressione, e gli
elementi del mantello si dispongono in diverse strutture cristalline (minerali),
formando più strati. Tre minerali (olivina, spinello modificato e spinello) danno ai tre
strati del mantello superiore i rispettivi nomi.
5100
Nucle
o in
te
rn
Per decenni si è ritenuto che il mantello inferiore avesse una struttura relativamente
uniforme. I dati sismologici hanno però indotto gli scienziati a sospettare l’esistenza
di rocce diverse.
o
• Strato di perovskite
Il minerale più abbondante in questo
strato (70 per cento in peso) è un
silicato di magnesio (MgSiO3)
appartenente alla famiglia di cristalli
nota come perovskiti. Nella sua struttura
ultracompatta, gli ioni magnesio (in
giallo) sono circondati gruppi ottaedrici
di silicio-ossigeno (doppie piramidi in
blu). Fino a poco tempo fa gli scienziati
non pensavano che questi elementi
potessero formare una struttura
cristallina ancora più densa.
6400
• Strato di post-perovskite
Alle pressioni e temperature degli ultimi
300 chilometri del mantello, la
perovskite assume una nuova struttura:
gli ioni magnesio e i gruppi silicioossigeno si dispongono in strati
separati. La transizione riduce il volume
dell’1,5 per cento circa e causa il
rilascio di calore. Si tratta di una
differenza minima, ma i suoi effetti sul
pianeta sono notevoli (si vedano le
illustrazioni alle pp. 94 e 95).
NUCLEO (2900-6400 CHILOMETRI)
La parte più profonda della Terra è composta principalmente da ferro, che è liquido nel
nucleo esterno e solido nel nucleo interno. Come il mantello, anche il nucleo esterno è
rimescolato da movimenti convettivi, ma dato che il nucleo è molto più denso, lo
scambio di materiale tra nucleo e mantello è minimo. Si ritiene che il campo magnetico
terrestre sia generato proprio dalla convezione che avviene nel nucleo.
90 LE SCIENZE
ov s
Pos
t-pe
r ov
este
ski
r no
te
MANTELLO SUPERIORE (35-660 CHILOMETRI)
MANTELLO INFERIORE (660-2900 CHILOMETRI)
Per
2600
2900
MANTELLO
Olivin
a
Spin
Spin ello m
ello odif
ic
INFE
LLO
MANTE
CROSTA (FINO A 35 CHILOMETRI DI PROFONDITÀ)
tri)
504 agosto 2010
kite
ato
Keith Kasnot (spaccato della Terra); Ken Eward (minerali)
MANTE
SUPER LLO
IORE
LLO
La struttura della Terra è simile a una cipolla, con strati concentrici composti
da diversi materiali. La scoperta di un nuovo materiale con densità
elevata, chiamato post-perovskite, implica l’esistenza di un nuovo
strato della cipolla, e spiega il comportamento anomalo delle
onde sismiche che attraversano il pianeta.
PROFONDITÀ (chilometri)
410
520
660
MANTE
Un pianeta più complesso
CROSTA (6-35 chilome
lentamente, e l’attività vulcanica sarebbe stata meno intensa. La formazione di post-perovskite potrebbe anche avere accelerato la formazione del
campo magnetico terrestre più intenso che, schermando il pianeta da raggi cosmici e vento solare,
ha reso possibile la vita sulla terraferma. Insomma,
la post-perovskite è l’ingrediente che mancava per
capire l’evoluzione della Terra.
Profondità rocciose
I geofisici mappano la struttura della Terra misurando le onde sismiche. Quando si verifica un
terremoto, le onde attraversano il pianeta ed è possibile misurarle sul lato opposto del globo. Nell’attraversare il confine tra materiali diversi, le onde
possono subire una rifrazione o una riflessione.
Misurazioni di questo comportamento hanno
mostrato che il mantello è composto da cinque
strati, ciascuno caratterizzato da una variazione nella velocità delle onde. I ricercatori
hanno collegato queste variazioni a cambiamenti della struttura delle rocce (cambiamenti che dipendono dalle temperature e pressioni che si incontrano via
via che aumenta la profondità).
Una roccia è composta da diversi minerali. Un minerale è un insieme di atomi disposti secondo una
particolare struttura geometrica,
o cristallo, da cui dipendono la
sua composizione, le sue proprietà fisiche e addirittura il colore (si
pensi alle sfumature di un bancone di granito). Al di sotto di certe
profondità, le enormi pressioni e
temperature spingono gli elementi del mantello a cambiare disposizione, formando nuove strutture
cristalline. In termini fisici, si dice
che i materiali sono soggetti a una
transizione di fase.
Non potendo sondare le profondità della Terra, i primi geologi hanno dovuto cercare rocce del mantello trasportate in superficie da magmi
generati in profondità. Spesso queste rocce ospitano diamanti e, visto che
i diamanti si formano a pressioni e temperature che esistono solo a partire da 150
chilometri di profondità, si presume che le
rocce che li ospitano siano state prodotte a
profondità simili, e quindi contengano informazioni sullo strato più esterno del mantello. Raramente, invece, rocce e minerali che si formano a
più di 200 chilometri arrivano in superficie.
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In seguito i ricercatori hanno scoperto come generare altissime pressioni e temperature in laboratorio, sintetizzando i minerali che pensavano componessero gli strati più profondi del mantello. Ogni
strato prende il nome dal tipo di roccia più abbondante: nel mantello superiore abbiamo quindi gli
strati di olivina, di spinello modificato e di spinello. Successivamente, a partire da 660 chilometri di
profondità, prevale una forma densa di silicato di
magnesio (MgSiO3), appartenente a una grande famiglia di cristalli detti perovskiti. Le perovskiti sono composte da ioni ossigeno negativi e da due
tipi di ioni positivi (in questo caso magnesio e silicio) tenuti insieme da forze elettrostatiche. Le perovskiti hanno una grande varietà di composizioni
chimiche, e includono sia superconduttori sia materiali di uso comune nei componenti elettronici,
come attuatori piezoelettrici e condensatori.
La perovskite di silicato di magnesio è stata sintetizzata per la prima volta nel 1974 a una pressione di 30 gigapascal. (Un gigapascal, cioè un
miliardo di pascal, equivale a circa 10.000 volte la pressione atmosferica a livello del mare.) E
per i successivi trent’anni gli scienziati sono stati convinti che questo minerale si trovava in tutto
il mantello inferiore, fino alla profondità di 2890
chilometri, senza subire altre transizioni di fase.
Negli anni sessanta, però, è stato individuato
un nuovo limite sismico a circa 2600 chilometri.
Il mantello inferiore, precedentemente denominato strato D, in realtà era composto da due strati: D´
e D˝, con lo strato D˝ situato nei 300 chilometri più
bassi. Nel 1983 la discontinuità è stata attribuita a
una variazione nell’abbondanza relativa degli elementi, e non a una transizione di fase tra strati.
Questa conclusione era stata motivata anche dal
fatto che la perovskite ha una struttura cristallina
«ideale», in cui gli atomi sono disposti secondo una
geometria ultracompatta che in teoria massimizza la massa per unità di volume. Gli scienziati dubitavano che la perovskite potesse essere ulteriormente compressa e formare una struttura ancora
più compatta. Ma la spiegazione basata sulla variazione delle abbondanze relative degli elementi
era difficile da sostenere, perché i moti convettivi
nel mantello inferiore avrebbero causato il rimescolamento dei vari strati, uniformando la tipologia e l’abbondanza relativa degli elementi.
Per chiarire la situazione era necessario raggiungere in laboratorio pressioni superiori a 120
gigapascal e temperature superiori a 2500 kelvin.
Ho iniziato a interessarmi all’argomento a metà
degli anni novanta, e poco più tardi ho cominciato a condurre esperimenti con una cella a incudine di diamante, in cui campioni di materiale simiLE SCIENZE 91
Ricreare le profondità della Terra in laboratorio
ne
Pressione (gigapascal)
Fascio laser
Immagine prodotta dalla
diffrazione dei raggi X
L’autore
le a quello presente nel mantello sono compressi a
pressioni elevatissime tra due diamanti naturali di
qualità gemmologica (del peso di circa due decimi
di carato) e poi riscaldati con un laser. Sopra gli 80
gigapascal anche il diamante (il materiale più duro
conosciuto) si deforma in modo considerevole. Per
aumentare ulteriormente la pressione è necessario
ottimizzare la forma delle punte dei due diamanti
per evitarne la rottura. Durante primi esperimenti,
purtroppo, le rotture sono state numerose, con
conseguenti costi economici e perdita di entusiasmo. Alla fine nel 2001 abbiamo superato i 120 gigapascal usando due incudini con i lati smussati. Il
mio laboratorio è stato tra i primi a ottenere questo risultato, e il primo a studiare gli effetti di pressioni del genere sulla perovskite.
Un cristallo molto prezioso
Kei Hirose è professore di scienze
della Terra al Politecnico di Tokyo. Le
sue ricerche riguardano la
produzione in laboratorio di
pressioni e temperature ultraelevate,
con un interesse particolare
per i materiali delle profondità
della Terra e di altri pianeti.
92 LE SCIENZE
Per capire che cosa accade nei campioni di roccia abbiamo usato SPring-8, il sincrotrone per la
produzione di raggi X più grande del mondo, situato tra le montagne del Giappone occidentale.
Per quasi un secolo gli scienziati hanno ricostrui­
to la struttura dei cristalli osservando la diffrazione prodotta dai raggi X che li attraversano (la lunghezza d’onda dei raggi X si trova nell’intervallo di
grandezza delle distanze interatomiche). I fasci sottilissimi e intensi generati da SPring-8 hanno prodotto immagini di alta qualità a intervalli di un secondo, riuscendo a monitorare i cambiamenti della
struttura cristallina in condizioni così estreme.
Nel 2002 il mio studente Motohiko Murakami
Più alta
Incudine di diamante
mi aveva segnalato che le figure di diffrazione della perovskite di silicato di magnesio cambiavano
drasticamente a 125 gigapascal. Questo fenomeno
si poteva spiegare con un cambiamento della struttura cristallina, proprio quello che stavamo cercando. Se questa intuizione si fosse rivelata corretta, si
sarebbe trattato della più importante scoperta nel
campo della mineralogia delle alte pressioni (e probabilmente di tutte le scienze che studiano l’interno del pianeta) dal 1974, quando la per la prima
volta è stata sintetizzata la perovskite silicatica.
All’inizio però non avevo preso molto sul serio
quei dati, perché le figure di diffrazione possono
cambiare per diverse ragioni. Per esempio i campioni possono reagire chimicamente con il materiale che li trattiene nell’incudine (in genere argilla), producendo variazioni consistenti nei dati
registrati. Anche la reazione iniziale dei miei colleghi era stata piuttosto negativa. «Sicuramente stai
sbagliando qualcosa», mi aveva detto un cristallografo: la perovskite ha una struttura ideale, altamente compatta – aveva notato – e non è mai stata osservata alcuna transizione di fase che la possa
trasformare in un materiale ancora più denso.
Abbiamo ripetuto l’esperimento molte volte, ottenendo sempre la stessa figura di diffrazione, e
abbiamo anche scoperto che, riscaldando nuovamente il campione a bassa pressione, la nuova figura spariva e ricompariva quella della perovskite.
Quindi la trasformazione era reversibile, e questo
dato ci permetteva di escludere qualsiasi variazione nella composizione chimica del campione. A
504 agosto 2010
Temperatura (kelvin)
3000
Più calda
4000
2000
PEROVSKITE
(zona arancione)
110
120
Jen Christiansen
Raggi X
Campione di minerale bloccato da una
guarnizione tra due punte di diamante
Alfred T. Kamajian (illustrazione); cortesia Kei Hirose (Hirose)
Specchio
2000
Sog
lia
La Terra primordiale
era troppo calda
per la formazione
di post-perovskite
Il profilo termico attuale
della Terra permette
l’esistenza di postperovskite a profondità
maggiori di 2600
chilometri
POST-PEROVSKITE
(zona blu)
quel punto mi sono convinto del fatto che avevamo trasformato la perovskite di silicato di magnesio in una nuova struttura.
In seguito abbiamo scoperto che a una temperatura di 2500 kelvin la transizione avviene a 120
gigapascal, invece che a 125: esattamente la pressione registrata a 2600 chilometri di profondità,
dove era stata rilevata la misteriosa discontinuità nella velocità delle onde sismiche. Finalmente
l’enigma era stato risolto: avevamo scoperto una
nuova transizione di fase e un nuovo materiale che
doveva essere il componente principale del strato
D˝. Inoltre, secondo i miei calcoli le proprietà della
nuova fase potevano anche aiutare a capire alcune
anomalie sismiche del mantello inferiore.
Prima di continuare il nostro lavoro, però, dovevamo determinare la struttura cristallina della nuova fase. Era un compito difficile, perché
all’epoca non si conoscevano altri cristalli della famiglia delle perovskiti capaci di trasformarsi sotto pressione. Per quasi un anno abbiamo rovistato nei cataloghi cristallografici alla ricerca di
figure di diffrazione che concordassero con quelle che avevamo ottenuto (come cercare un ago in
un pagliaio, visto che esistono decine di migliaia di strutture cristalline). Poi, alla fine del 2003, il
mio collega Katsuyuki Kawamura, un chimico, ha
simulato al computer il comportamento di atomi
di magnesio, silicio e ossigeno a pressioni elevate.
Kawamura ha distribuito gli atomi in maniera casuale a una temperatura molto elevata e ha ridotto in modo graduale la temperatura del campione
www.lescienze.it
2200
2400
2600
2800
Profondità corrispondente approssimata (chilometri)
Pressio
Più fredda
Più bassa
Il gruppo di ricerca dell’autore ha ricreato le condizioni del mantello
inferiore usando una cella a incudine di diamante. Si tratta di una cella
cilindrica di acciaio in cui, stringendo le viti (in genere manualmente), è
possibile concentrare la pressione tra le punte di due diamanti su una
superficie di pochi micrometri. Il gruppo ha collocato alcuni campioni tra
le punte e li ha scaldati con un laser. Allo stesso tempo un fascio di raggi
X ha rilevato eventuali cambiamenti nella struttura del cristallo.
I dati sperimentali che mostrano le temperature e le pressioni a cui la perovskite
si trasforma in post-perovskite (linea dei valori di soglia) indicano anche che l’intervallo
di temperature attuale del nostro pianeta (curva in nero) permette l’esistenza della postperovskite negli strati più profondi del mantello, vale a dire tra 2600 e 2900 chilometri
di profondità. La Terra dei primordi era invece troppo calda (curva in bianco) per la
formazione di post-perovskite.
Gli esperti
dubitavano
del fatto che
un minerale
del mantello
si potesse
comprimere in
una struttura
cristallina ancora
più compatta
virtuale, osservando la formazione di un cristallo.
Alla fine del processo di cristallizzazione ha calcolato le figure di diffrazione della struttura virtuale,
scoprendo che coincidevano con quelle che avevamo ottenuto sperimentalmente.
Abbiamo deciso di chiamare la nuova fase
«post-perovskite» (formalmente non può essere
definita un minerale, visto che non è stata ancora
stata trovata in natura). La sua struttura è sostanzialmente uguale a quella di altri due cristalli noti, il solfato ferroso di uranio (UFeS3) e l’iridiato
di calcio (CaIrO3), che in condizioni ambientali sono stabili. Inoltre le nostre misurazioni dirette avevano mostrato che la post-perovskite è più densa
dell’1-1,5 per cento rispetto alla perovskite.
Trasporto di calore
Grazie ai nostri risultati, annunciati nel 2004,
altri ricercatori hanno formulato nuove ipotesi
sui diversi processi che avvengono all’interno della Terra. La nostra scoperta ha consentito anzitutto di calcolare la quantità di calore che fluisce dal
nucleo al mantello. Il nucleo è composto in gran
parte da ferro, e ha una densità doppia rispetto al
mantello. Di conseguenza, all’interfaccia tra le due
regioni non avviene praticamente alcun rimescolamento e il calore è scambiato soprattutto per conduzione. Mentre il mantello è ricco di uranio, torio e potassio radioattivi, il nucleo è probabilmente
povero di isotopi radioattivi, quindi la sua temperatura, forse compresa tra 4000 e 5000 kelvin, è
dovuta principalmente al calore accumulato nella formazione del pianeta. Da allora il calore è fluito attraverso l’interfaccia nucleo-mantello, provocando il progressivo raffreddamento del nucleo.
Ipotizzando valori plausibili per la conduttività termica dei materiali del mantello inferiore, siamo stati in grado di stimare che il flusso di calore tra nucleo e mantello potrebbe variare da 5 a 10
terawatt, una potenza paragonabile alla capacità
di generazione media di tutte le centrali elettriche
del mondo messe insieme. Si tratta di un flusso di
energia, e dunque di una velocità di raffreddamento del nucleo, più elevato rispetto a quanto si pensasse. Per trovarsi alla temperatura attuale, quindi, la temperatura iniziale del nucleo doveva essere
maggiore di quanto ipotizzato in precedenza.
L’evoluzione del nucleo dopo la formazione della Terra è stata determinata da questo flusso di calore. Nelle sue prime fasi di vita, il nucleo era liquido, ma a un certo punto la parte più interna ha
iniziato a cristallizzare, producendo i due strati attuali: un nucleo interno, solido, e uno esterno, liquido. Il raffreddamento più veloce suggerisce che
il nucleo interno solido dovrebbe avere meno di
LE SCIENZE 93
stante. Recenti misurazioni hanno indicato che la
post-perovskite ha una conduttività elettrica molto maggiore della perovskite, rendendo la parte più
profonda del mantello più conduttiva di diversi ordini di grandezza. Uno strato molto conduttivo di
post-perovskite favorirebbe lo scambio di momento
angolare (dovuto alla forza di Lorentz) tra il nucleo
liquido e il mantello solido ogni volta che si verifica una variazione nei flussi del nucleo. Le simulazioni mostrano che questo scambio potrebbe alterare la velocità di rotazione della Terra in modo da
concordare fortemente con le variazioni osservate
nella lunghezza del giorno, cioè alcuni millesimi di
secondo su scale temporali di decenni. La conduttività elettrica della post-perovskite e l’importante
scambio di momento angolare che ne risulta potrebbero anche spiegare la precessione periodica
dell’asse di rotazione della Terra (nutazione).
Sulla Terra la post-perovskite si trova solo in
uno strato di poche centinaia di chilometri nella
parte inferiore del mantello, ma potrebbe essere più
abbondante su altri pianeti. In teoria, la post-perov­
skite di MgSiO3 dovrebbe rimanere stabile fino a
1000 gigapascal e 10.000 kelvin, per poi dissociarsi
in una miscela di diossido di silicio e ossido di magnesio. La post-perovskite potrebbe quindi essere
uno dei componenti principali dei nuclei rocciosi
di Urano e Nettuno. I nuclei rocciosi di Giove e Saturno sono invece avvolti da uno spesso strato di
idrogeno, che rende temperature e pressioni troppo
elevate per stabilizzare la post-perovskite.
Quanto agli altri sistemi solari, gli esopianeti
osservati fino a oggi sono più grandi della Terra.
Quelli con massa più piccola di dieci masse terrestri sono presumibilmente di tipo roccioso,
come la Terra, e sono chiamati «super-Terre». Gli astronomi hanno dedotto la composizione degli esopianeti osservando le
stelle attorno alle quali ruotano. Analizzando le linee di assorbimento dello
spettro solare si è notato che la composizione chimica della sua atmosfera è
simile a quella degli altri pianeti del nostro sistema planetario. Analizzando gli
spettri delle altre stelle è stato quindi possibile scoprire che molte super-Terre hanno
composizioni molto simili a quella della Terra. Considerando pressioni e temperature interne a
questi pianeti, la post-perovskite potrebbe essere il
componente più abbondante in molti di loro.
Quando un minerale fa la differenza
Le simulazioni hanno mostrato che
in presenza di post-perovskite il
processo di convezione è più
veloce e caotico (a destra) rispetto
a un mantello che contiene solo
perovskite (a sinistra). I pennacchi
risalgono dalle regioni del mantello
a contatto con il nucleo. Durante la
risalita, la post-perovskite nei
pennacchi incontra pressioni più
basse, che la trasformano in
perovskite, meno densa. La
risultante espansione fornisce ai
pennacchi un’ulteriore spinta e
rende la risalita più caotica rispetto
a un mantello con solo perovskite.
Pennacchio
convettivo
Mantello
LE SCIENZE
Post-perovskite
Caldo
verso l’alto. Le simulazioni hanno mostrato che in
presenza di post-perovskite i pennacchi si formano più di frequente e il loro percorso è più sinuoso
rispetto a quello che si avrebbe se il mantello inferiore fosse composto solo di perovskite (si veda il
box qui sopra). Le simulazioni hanno mostrato che
la presenza di post-perovskite accelera il flusso di
calore nel mantello del 20 per cento.
Un pianeta in subbuglio
➥ Letture
Le perovskiti. Hazen R.M., in «Le
Scienze» n. 240, agosto 1988.
Una Terra scolpita dall’interno. Gurnis
M., in «Le Scienze» n. 393, maggio
2001.
Post-Perovskite Phase Transition in
MgSiO3. Murakami M., Hirose K.,
Kawamura K., Sata N. e Ohishi Y., in
«Science», Vol. 304, pp. 855-858, 7
maggio 2004.
Deep Earth and Mineral Physics.
Pubblicazione speciale di «Elements»,
Vol. 4, n. 3, giugno 2008.
Deep Mantle Properties. Hirose K., in
«Science», Vol. 327, pp. 151-152, 8
gennaio 2010.
La post-perovskite nel mantello accelera la convezione, aumentando la temperatura del mantello
superiore di centinaia di gradi e rendendo più intensa l’attività vulcanica. Nelle prime fasi di vita
della Terra, quando il nucleo era più caldo, anche
la parte inferiore del mantello era più calda, tanto
da non trovarsi nell’intervallo di temperature a cui
si forma la post-perovskite. Paradossalmente, però, senza l’accelerazione del flusso di calore fornita
dalla post-perovskite il mantello superiore era probabilmente più freddo di oggi. Quando il pianeta
ha iniziato a raffreddarsi, una parte della perovskite ha cominciato a trasformarsi in post-perovskite,
probabilmente 2,3 miliardi di anni fa, accelerando
il trasferimento di calore dal nucleo e provocando un aumento delle temperature nel mantello. Di
conseguenza, secondo alcune stime, i movimenti
delle placche sono diventati più veloci e l’attività vulcanica più intensa, permettendo ai continenti di crescere a velocità doppia negli ultimi 2,3 miliardi di anni rispetto ai periodi precedenti. Questa
conclusione però è oggetto di discussioni.
Le proprietà fisiche dello strato D˝ potrebbero
essere molto diverse da quelle del mantello sopra504 agosto 2010
Questioni da risolvere
Jen Christiansen
due miliardi di anni, un’età modesta se paragonata ai 4,6 miliardi di anni della Terra. Se così non
fosse, il nucleo interno dovrebbe essere molto più
grande di quello che osserviamo oggi.
La formazione del nucleo interno ha avuto conseguenze sul magnetismo del pianeta, che a sua
volta ha avuto conseguenze sulla vita. Gli scienziati ritengono che il campo magnetico terrestre sia
generato, per effetto dinamo, dai moti convettivi
del metallo liquido che si trova nel nucleo esterno.
Un nucleo interno solido rende questa convezione
più regolare e meno caotica, producendo un campo
magnetico più intenso di quello che si avrebbe con
un nucleo tutto liquido. Il campo magnetico protegge la Terra dal vento solare e dai raggi cosmici,
che possono causare mutazioni genetiche e sarebbero particolarmente pericolosi per la vita sulla terraferma. Il cambiamento nell’intensità del campo
magnetico verificatosi un miliardo di anni fa potrebbe quindi avere permesso alla vita di passare
dagli oceani alle terre emerse.
La post-perovskite ha effetti sulla diffusione del
calore non solo all’interfaccia tra nucleo e mantello, ma anche all’interno del mantello stesso, una
scoperta che ha fatto luce su altri aspetti della storia della Terra. I pennacchi si formano al confine
tra il mantello e il nucleo. Nella risalita all’interno
dello strato di post-perovskite, il pennacchio incontra pressioni sempre più basse fino a un valore soglia a cui la calda post-perovskite si trasforma in perovskite, che aumenta di volume perché
meno densa. Essendo meno denso rispetto al materiale circostante più freddo, il pennacchio diventa ancora più leggero, subendo un’ulteriore spinta
94 con post-perovskite
Da Effects of a Perovskite-Post Perovskite Phase Change Near Core-Mantle Boundary in Compressible Mantle Convection,
di T. Nakagawa e P. J. Tackley, in «Geophysical Research Letters», Vol. 31, 2004
Freddo
senza Post-perovSKite
Rimangono ancora questioni irrisolte riguardo la struttura dello strato D˝, ricco di post-perovskite. A quelle profondità sono già state osservate
www.lescienze.it
IL MANTELLO
E L’EVOLUZIONE
DEL NUCLEO
Subito dopo la formazione della
Terra, nel mantello non esisteva
post-perovskite e il nucleo, ricco di
ferro, era liquido. Dato che il
mantello non consentiva di dissipare
il calore in maniera efficiente,
all’inizio il raffreddamento
dell’interno del pianeta è stato lento
(«Terra bambina»). Circa 2,3 miliardi
di anni fa però, negli strati più bassi
del mantello si è formata la postperovskite, che ha accelerato la
convezione. Questo cambiamento
della dinamica terrestre potrebbe
aver aumentato l’attività vulcanica e
quindi accelerato la formazione dei
continenti («Terra adolescente»).
L’aumento del flusso di calore ha
anche iniziato a raffreddare il nucleo
in modo più efficace, permettendo la
formazione di un nucleo interno
solido («Terra adulta») un miliardo di
anni fa. A quel punto i moti convettivi
interni al nucleo liquido sono
diventati più regolari e hanno
generato un intenso campo
magnetico, che oggi protegge la
superficie del pianeta dai pericoli del
vento solare e dei raggi cosmici.
Questo evento potrebbe aver favorito
l’arrivo della vita sulle terre emerse.
importanti anomalie nella velocità delle onde sismiche, come se lo strato D˝ non fosse uniforme,
ma vi fossero due zone con caratteristiche particolari, una situata grosso modo sotto l’Africa e l’altra sotto l’Oceano Pacifico. È possibile che esistano
due masse di roccia di densità maggiore ma ancora sufficientemente bassa da galleggiare sul nucleo
esterno (come i continenti galleggiano sul mantello)? Questi «continenti nascosti» potrebbero alterare i flussi alla base del mantello e quindi, indirettamente, i flussi convettivi di tutto il mantello,
fino ai movimenti tettonici delle placche continentali. Ma come si sono formate queste due masse? E
stanno crescendo? Quella sotto l’Oceano Pacifico
potrebbe tra l’altro essere collegata al pennacchio
da cui si è nato l’arcipelago della Hawaii? Queste
e altre domande potrebbero trovare risposta in un
futuro non troppo lontano.
La parte più profonda del mantello terrestre è
sempre stata un mistero, ma oggi molte caratteristiche si spiegano grazie alla scoperta della postperovskite. Rimangono invece ancora molti dubbi
sul nucleo metallico ricco di ferro. Il nucleo è sempre stato più difficile da studiare rispetto al mantello perché, fino a poco tempo fa, le incudini di
diamante non erano in grado di ricreare pressioni
e temperature di quella parte del pianeta. I ricercatori potevano produrre pressioni elevate con altri
metodi, come la compressione con onde d’urto, ma
le temperature prodotte erano troppo alte.
Dal 1952 sappiamo che la densità del nucleo
esterno liquido è inferiore del 10 per cento circa rispetto a quella del ferro puro o della lega nichelferro. Devono quindi esserci uno o più elementi
leggeri, come zolfo, silicio, ossigeno, carbonio o idrogeno, la cui identificazione rimane però molto controversa. In teoria
la temperatura del nucleo sarebbe pari alla temperatura di fusione delle leghe di ferro alla pressione dell’interfaccia solido-liquido nel nucleo. Le varie
stime hanno però un’incertezza di oltre
2000 kelvin, dovuta alla mancanza di
dati sull’esatta composizione chimica di
quella parte del pianeta. Anche la struttura
cristallina del ferro alle condizione esistenti
nel nucleo interno è ignota, e per questo è difficile interpretare correttamente le osservazioni sismologiche. Di recente però siamo riusciti a produrre incudini di diamante capaci di raggiungere
temperature e pressioni del nucleo terrestre. Questi
strumenti ci consentiranno di rispondere a tutte le
domande sulle parti più profonde del pianeta.
Sarà un po’ come viaggiare fino al centro della
Terra, anche se solo con l’immaginazione…
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LE SCIENZE 95