FILOSOFIA DI HEGEL Scritti giovanili (1794 al 1800): Scritti teologici giovanili Religione popolare e cristianesimo (1794) Vita di Gesù (1795) Lo spirito del cristianesimo e il suo destino (1799) religione popolare=religione soggettiva (impegna la fantasia e il cuore della singola persona) e pubblica (s'identifica con i costumi e le istituzioni di un popolo) Biografia di Gesù senza riferimenti all'incarnazione, ai miracoli, alla sua divinità e alla resurrezione - e l'insegnamento, considerato equivalente alla legge morale kantiana Hegel afferma la superiorità della legge morale di Gesù sulla legge kantiana del dovere. L'amore è superiore al dovere perché "nell'amore viene meno ogni pensiero di dovere", il comportamento che ha per base l'amore non è più uniformato all'ubbidienza a una legge. Il Cristianesimo è invece una religione privata e soggettiva, vissuta cioè, in quanto privata, in un rapporto personale tra l'individuo e Dio, ma è anche oggettiva, ossia fondata sugli scritti testamentari e su dogmi ed è tutelata e prescritta da un ceto particolare, separato dal resto dei cittadini, il clero. Come l'incarnazione di Cristo è il congiungimento di umano e divino, di naturale e soprannaturale, così l'amore è la conciliazione di ciò che è separato, è l'unità degli uomini ottenuta non naturalmente ma dopo l'esperienza della separazione. FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO Critica agli illuministi Critica a Kant Hegel crede nell'identità fra ragione e realtà-gli illuministi assumono la ragione come unico giudice della realtà, ragione finita e parziale Critica il dualismo fra fenomeno e noumeno:Kant dimostra di non avere la concezione dell'Assoluto che implica il superamento tra finito ed infinito nell'Assoluto. Hegel critica la ragion pratica di Kant in quanto si pone una meta infinita, mai raggiungibile. Per Hegel la ragione è una costante della Storia ed ogni periodo storico va ben valutato- per gli illuministi la ragione è presente solo in determinate epoche storiche, contrapponendo le età illuminate alle epoche buie. critica Kant: per la sua pretesa di giudicare la conoscenza dall'esterno (mentre "non si impara a nuotare stando fuori dall'acqua"): la ragione non può dubitare della sua validità in generale, dato che è pur sempre lei a dubitare (impossibile essere giudice e PREFAZIONE Critica ai Romantici Nei Romantici è il sentimento, la fede, l'intuizione, («romantiche fantasticherie»), a primeggiare su qualunque altra facoltà umana. È invece la Ragione il principio primo del pensiero e della realtà. Inoltre Hegel critica l'atteggiamento individualistico dei romantici, che chiudendosi narcisisticamente in sé stessi, perdono ogni contatto con il mondo. Critica a Fichte Critica a Schelling Fichte, pur tentando, non risolve affatto il dualismo finitoinfinito: egli assume l'oggetto come semplice ostacolo, comunque separato, come finzione voluta dall'Io, per esercitare la sua assoluta libertà. L'assoluto è visto semplicemente come un ideale da raggiungere, una meta che però non si realizza mai. In Fichte c'è la concezione dell'Assoluto come opposizione di finito ed infinito ma manca l'unione, perché questo corre lungo la retta non raggiungendo mai il non-Io che sempre gli si ripropone davanti. L'assoluto di Fichte è un "cattivo infinito" l'Assoluto è correttamente indicato come unione di finito ed infinito che vive nell'arte ma manca la caratteristica dell'opposizione poiché per questa occorre che i due elementi dell'opposizione siano distinti mentre in Schelling costituiscono un'unità indifferenziata. Schelling pone l'assoluto in modo a-dialettico, come un'unità astratta priva di concretezza, perciò Hegel afferma che il suo concetto dell'Assoluto è paragonabile ad una notte in cui tutte le vacche sono nere. Invece esso è l'Intero, in cui le differenze non sono annientate, e che non è Sostanza (statica), ma Soggetto (dinamico). Si sviluppa realizzandosi progressivamente, imputata ad un tempo). Si può perciò mettere in discussione una sapere parziale a partire da un altro sapere, più perfetto. mediante tappe o "figure" e così la filosofia lo raggiunge mediante uno sviluppo, la "fatica del concetto", che ripercorre tali figure. I capisaldi del sistema hegeliano Per comprendere al meglio il pensiero di Hegel, è necessario chiarire innanzitutto i punti fondamentali della sua dottrina che sono tre: La realtà come Spirito Infinito (o Finito per Infinito), Identità di Razionalità (o Ragione) e Realtà e infine Il Compito della Filosofia (o funzione giustificatrice della Filosofia). LA REALTÀ COME SPIRITO INFINITO Per Hegel è fondamentale superare le opposizioni e le scissioni della mente (ad esempio fenomeno/noumeno kantiano oppure Essere immutabile di Parmenide/Essere in divenire di Eraclito). Il fine di Hegel (e di conseguenza della sua filosofia) è quello di costruire una totalità unificata, che chiamerà Assoluto, superando questa armonia scissa e, pertanto, il compito della filosofia sarà quello di costruire questo Assoluto al fine di superare le opposizioni e le scissioni. Lo stesso Hegel dice: "l'interesse della Ragione è raggiungere una sintesi unificata", cioè l'unione tra Tesi e Antitesi. La conflittualità che per prima cosa Hegel deve risolvere è la dualità Finito/Infinito. Egli non vuole né ridurre l'infinito ad una molteplicità di finito né considerare il finito come molteplicità dell'infinito. Hegel, dunque, deve mettere sullo stesso piano Finito e Infinito insieme, sostenendo che il mondo non è altro che la manifestazione e realizzazione dell'infinito. Il finito, costituito dalle sue parti finite, esiste solo e unicamente in funzione dell'Infinito. Ciò significa che una parte di finito presa singolarmente per Hegel non esiste. Per comprendere a fondo questo concetto hegeliano, è necessario rifarsi alla concezione romantica (di impronta fichtiana) della Natura, intesa come Organismo vitale. Essa, infatti, è costituita da parti, le quali singolarmente non esistono, ma insieme formano il Tutto (Il Tutto al di sopra della Parte). Così facendo il sistema filosofico hegeliano viene detto Monismo Panteistico Dinamico. In questo senso Hegel si avvicina al concetto di Sostanza già presente in Spinoza, salvo che l'Assoluto è Soggetto in divenire, Pensiero di Pensiero (Aristotele). La realtà, dunque, non è sostanza ma Soggetto, Spirito. Il soggetto inteso come attività, processo, automovimento, rappresenta un'acquisizione moderna resa possibile ad Hegel dalla scoperta Kantiana dell' "io penso" (l'appercezione trascendentale). La realtà dunque è Spirito infinito e non è più rappresentata dalla sostanza staticamente al di sotto delle cose ricoperte dalla loro apparenza fenomenica. La realtà è soggetto, attività, automovimento. Non sono le cose che procedono dall'Assoluto ma l'Assoluto è questo stesso procedere. Cosicché le vicende del mondo non sono estranee alla storia dello Spirito. La storia del mondo è la storia stessa di Dio, è la storia dell'avvento dello Spirito, del realizzarsi della ragione. IDENTITÀ FRA RAGIONE E REALTÀ Ciò che è razionale, è reale; ciò che è reale, è razionale. La ragione, a differenza di quanto affermava Kant, non è semplicemente uno strumento della mente umana, bensì un principio metafisico, che diviene e si sviluppa nel mondo. La razionalità dunque non è pura astrazione, è presente nel mondo come insieme delle leggi che lo regolano (infatti il mondo non è una realtà caotica, un susseguirsi disordinato di eventi, bensì è dominato da un ordine razionale). La realtà ha una sua struttura razionale ("inconsapevole o alienata" nella Natura e "consapevole" nell'uomo). Se un'azione avviene, ci dev'essere un'altra azione che l'ha causata, dunque esiste un'affinità, o meglio un'identità fra essere e dover essere, dunque un evento che non è necessario non si realizza. Con la prima parte della formula ("ciò che è razionale è reale"), Hegel vuole dire che ciò che è ragionevole diventa realtà, si attua in forme concrete. Un ideale razionale prima o poi si realizza. E se non si realizza, vuol dire che non è razionale. Quindi, secondo Hegel, gli ideali e i programmi politici che non si sono mai tradotti in atto, si sono dimostrati, proprio per questo, irrazionali e senza alcun valore, delle vane fantasie di esaltati. Per sapere se un programma o un'ideologia è giusta, è razionale, bisogna vedere se si attua concretamente nella storia.[7] La seconda parte della formula ("ciò che è reale è razionale") dice che in tutto ciò che è reale (nella natura e nella storia) si può rintracciare un'intrinseca razionalità. La realtà, cioè l'insieme dei fenomeni naturali e degli eventi storici, non è una materia caotica, caratterizzata dal caso, ma ha un suo sviluppo logico, poiché è il manifestarsi di una struttura razionale (l'Idea, o Ragione), che è inconsapevole nella natura e consapevole nell'uomo. Tutto ciò che esiste deve poter essere compreso. Non esiste veramente nulla che la nostra ragione non sia in grado di capire. Pertanto, il manifestarsi di un'azione reale è rintracciabile nella sola Ragione, origine e procedimento del reale stesso. REALE ED ESISTENTE Hegel distingue fra reale ed esistente. Solo gli aspetti più profondi e universali dell'esistenza sono reali e quindi razionali. Invece, le manifestazioni particolari dell'esistenza (ciò che è contingente e inessenziale) non sono veramente reali. Ad esempio, sul piano politico, veramente reali non sono i sentimenti e le passioni degli individui, ma sono reali e razionali le istituzioni e soprattutto lo Stato. Analogamente, sul piano naturale, veramente reale non è il singolo fenomeno, come, per esempio, l'iridescenza dell'arcobaleno, ma lo sono ben più le leggi fisiche che lo determinano. Reale non è, dunque, per Hegel, il particolare, l'individuo, ma l'universale. FUNZIONE GIUSTIFICATRICE DELLA FILOSOFIA La filosofia, essendo la più alta e compiuta manifestazione dell'Assoluto, non può essere presente in ogni stadio del pensiero umano, ma solo alla fine del percorso, quando la realtà è già compiuta e non vi è più nulla da trasformare. Ecco dunque che la filosofia altro non deve se non giustificare. Se il reale è razionale, per Hegel la filosofia deve sostanzialmente accettare la realtà presente, senza contrapporre ad essa degli ideali alternativi (poiché la realtà, sostanzialmente, è già come deve essere). Compito della filosofia è prendere atto della realtà storica e giustificarla con la ragione. In particolare, la filosofia del diritto deve mostrare la razionalità, e cioè la positività, dell'epoca attuale e delle sue istituzioni politiche, per esempio dello Stato. Hegel afferma che «la filosofia è il proprio tempo appreso con il pensiero». La filosofia non può superare la propria età, non può prevedere il futuro; non dev'essere promotrice di progresso, non deve annunciare nuove epoche. La filosofia cerca, invece, di comprendere il presente, e di dimostrarne, con la riflessione, l'intrinseca necessità. La filosofia non ha il compito di trasformare la società, di determinarla o guidarla, ma di spiegarla. La filosofia, però, può spiegare la realtà solo al termine del suo processo di realizzazione. Infatti, un periodo storico può essere pienamente compreso solo al termine del suo sviluppo, quando ha espresso tutte le sue potenzialità. LA DIALETTICA L'Assoluto, per Hegel, è fondamentalmente il divenire. La legge che regola tale divenire - e cioè la legge dell'Assoluto - è la dialettica. La dialettica è in primo luogo la legge della razionalità, cioè il principio universale che fissa i rapporti fra i concetti opposti del pensiero. Ma la dialettica è anche la legge della realtà, cioè chiave stessa dell'universo, dato che la realtà (la natura e il mondo umano della storia) è una manifestazione della razionalità. La dialettica è una proprietà dei pensieri e una proprietà delle cose. Anche il mondo, in ogni sua parte, nella natura e nella storia, porta le tracce di questa legge. Il concetto di dialettica, nella tradizione filosofica, ha ricevuto significati diversi. Per Kant, dialettica è l'attività della ragione che si dibatte in insanabili contraddizioni quando abbandona il terreno dell'esperienza. Per Fichte dialettico è lo sviluppo dell'Io che procede attraverso tre momenti: uno positivo (tesi), uno negativo di opposizione (antitesi), e uno di conciliazione degli opposti tramite limitazione (sintesi). Hegel riprende la concezione triadica fichtiana secondo cui i rapporti fra i concetti si articolano in tre momenti (tesi, antitesi e sintesi). Questi termini, però, Hegel li usa poche volte, preferendo un linguaggio un po' più complesso: il 1º momento è definito intellettivo astratto, o l'idea in sé per sé (studiata dalla logica) il 2º momento è definito razionale negativo o dialettico, o l'idea fuori di sé (studiata dalla filosofia della natura) il 3º momento è definito razionale positivo o speculativo, o l'idea che torna in sé (studiata dalla filosofia dello spirito) LA DEFINIZIONE DELL'ASSOLUTO Se ogni definizione è una relativizzazione, pretendere di definire l'Assoluto comporta necessariamente includere nella sua "definizione" ciò che non può rimanere escluso da lui, poiché esso è una totalità onnicomprensiva che non può avere nulla fuori di sé. Quindi si dovrà definire l'Assoluto come unione di finito e infinito, ma anche come non unione e cioè opposizione di finito ed infinito. Afferma a proposito Hegel, che per essere infinito deve anche essere finito, ossia deve includere la finitezza al suo interno. Ed è proprio l'opposizione, la negazione, l'antitesi, la caratteristica essenziale dello sviluppo dialettico della realtà: l'opposizione è la molla della vita, l'elemento dell'infinito progresso. Questo allora vuol dire che l'Assoluto come opposizione coincide con la realtà-opposizione, l'Assoluto è immanente alla realtà, assomiglia al Deus sive Natura di Spinoza, ma in realtà per Spinoza quella di Dio e Natura era una coincidenza che si dà da sola, senza bisogno di interazioni tra presunte tesi e antitesi. Ecco spiegata la presunta conversione a rovescio: la problematica religiosa ha portato Hegel a scoprire un nuovo concetto filosofico tramite il quale la filosofia potrà raggiungere l'Assoluto. LA FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO La fenomenologia dello Spirito è divisa in sei sezioni: coscienza, autocoscienza, ragione, spirito, religione e filosofia. Di esse la più giustamente famosa è la seconda, l'autocoscienza. Accenniamo anche alla prima. 1) la coscienza Si scandisce nei tre momenti della certezza sensibile (limitata all'hic et nunc), della percezione (coscienza universale e globale ogg) e dell'intelletto (pensa che l'oggetto sia altro). 2)l'autocoscienza Hegel stesso dice che "l'autocoscienza è in sè e per sè per un'altra; ossia è soltanto come un qualcosa di riconosciuto" "per l'autocoscienza c'è un'altra autocoscienza". la dialettica servo/padrone la prima manifestazione della vita è l'appetito, donde lotta per l'autoconservazione vince chi avrebbe accettato di morire pur di non essere schiavo, "soltanto mettendo in gioco la vita si conserva la libertà (..). L'individuo che non ha messo a repentaglio la vita può ben venir riconosciuto come persona, ma non ha raggiunto la verità di questo riconoscimento come riconoscimento di autocoscienza indipendente"; ma al contempo lo schiavo diviene necessario al padrone a) conoscitivamente: ha bisogno di uno che lo riconosca per essere padrone b) praticamente: lo schiavo è colui che plasma le cose, e che le media al padrone, che perciò dipende da lui. stoicismo per Hegel dalla schiavitù si esce col pensiero (cfr. Epitteto, lo schiavofilosofo): il suo principio è "la coscienza è essere pensante" e qualcosa ha valore "solo in quanto la coscienza ivi si comporti come essenza pensante"; "lo stoicismo è la libertà che (...) ritorna nella pura universalità del pensiero" ma "l'essenza di questa autocoscienza è in pari tempo soltanto un'essenza astratta"; "la libertà nel pensiero ha soltanto il pensiero puro per sua verità -verità che è senza il riempimento della vita- ed è quindi soltanto il concetto della libertà, ma non proprio la libertà vitale" scetticismo il pensiero, staccato dal mondo reale, finisce col negarlo: lo stoicismo trapassa nello scetticismo "polemico contro la molteplice indipendenza delle cose" ; "il pensiero diventa pensare perfetto che annienta l'essere del mondo molteplicemente determinato" , e "indica l'inessenzialità di ciò che ha importanza nel comportamento del dominare e del servire" coscienza infelice la coscienza è infelice, perché "scissa entro sé stessa", tra una coscienza transmutabile (umana) e una instrasmutabile (divina), ponendo l'Assoluto nella trascendenza, nell'Instrasmutabile. Più che pensiero è devozione, subordinazione della coscienza singola a Dio, a cui riconosce di dovere tutto come un dono. Il culmine è l'ascetismo, con cui tende a liberarsi dalla miseria della carne unificandosi con l'Immutabile. Ma proprio in questa unificazione la coscienza riconosce di essere lei stessa la coscienza assoluta (possibile allusione ai mistici fiamminghi, o al panteismo). 3)la ragione È la "certezza di essere ogni realtà", il che le rende accettabile quel mondo che prima le sembrava diverso da sé, antitetico a sé. Questa certezza per divenire verità deve giustificarsi: a)dapprima cercandosi nel mondo della natura, contemplandolo (naturalismo Rinascimentale); attraverso la ricerca delle leggi naturali, la ragione cerca nel mondo oggettivo nient'altro che sé stessa, benché non lo sappia. b) poi si cerca nell'azione: prima nel piacere, che però la travolge come qualcosa di estraneo: allora si dà alla legge del cuore (cfr. i Romantici), che però è ancora troppo individuale e urta contro la legge di tutti: così, per vincere la potenza superiore di tale legge esterna punta sulla virtù, che però è qualcosa di astratto, donchisciottesco: solo nell'eticità, nell'operare nello Stato, la Ragione trova pienamente sé stessa, deponendo ogni scissione, ogni infelicità e raggiungendo pace e sicurezza. 4) lo spirito Nasce dalla ragione diventata eticità, dentro un popolo (sostanza della vita degli individui). Hegel ne segue l'evoluzione in tre momenti essenziali: il mondo greco, quello romano e quello moderno. a) il mondo greco è il mondo della "libertà bella", spontaneo inserimento dell'individuo nello Stato. Già in esso però si manifestano antitesi *tra legge umana (quella della polis) e divina (testimoniata dalla Antigone), e *tra consapevolezza umana e Fato (documentata nell'Edipo Re). b) il mondo romano è poi il momento della antitesi (tra individuo e legge universale) c) il mondo moderno è così chiamato ad essere la sintesi, destinata ad aversi quando avverrà l'alienazione di sè da parte degli individui (come enti naturali) nello Stato e nella società [secondo Hyppolite Hegel pensa qui a Hobbes, Locke e soprattutto Rousseau], costruendo così la civiltà (Bildung). A ciò si oppongono: *la fede, che la giudica vanità; e *la pura "intellezione" (l'illuminismo), che si chiude nel finito. Sia Kant sia la Rivoluzione francese, in tal senso non sanno conciliare, rispettivamente: legge e volontà, stato e individuo. Il romanticismo vi si avvicina (proclamando la sanità degli impulsi immediati), ma resta ancora soggettivista, con la sua idea di "anima bella" (da Hegel in precedenza approvata e ora criticata). 5) la religione Distigue tre tipi di religione: *quella naturale (che pone il divino in realtà materiali, come animali e piante); *la religione artistica (quella greca, che si avvale soprattutto della scultura, degli oracoli, della tragedia) e * quella rivelata, che ha il suo culmine nel Cristianesimo (l'Assoluto come presente). 6) la filosofia Hegel vi traccia un rapido abbozzo della sua storia, da Cartesio a Schelling. in sintesi il suo sistema, com'è noto, si divide in tre parti: la scienza della Logica Idea in sè la filosofia della natura Idea per sè la filosofia dello spirito "Dio" (/ovvero lo spirito umano) com'era prima di creare il mondo la natura, ovvero lo spirito alienatosi, uscito da sè Idea in sè e per sè lo spirito rientrato in sè stesso soggettivo oggettivo assoluto