Fitoussi: "Senza sostenibilità il motore dell`Europa non gira"

20-05-2016
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Fitoussi: "Senza sostenibilità il
motore dell'Europa non gira"
L'economista francese al primo festival dell'economia circolare, nelle
Langhe: "Se per tagliare il debito sacrifichiamo il capitale di cui un
paese dispone facciamo un autogol"
di ANTONIO CIANCIULLO
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20 maggio 2016
Jean-Paul Fitoussi Tutte le sezioni
ROMA - "Se vogliamo che il
motore dell'economia continui a
girare abbiamo un'unica strada: la
sostenibilità". Jean-Paul
Fitoussi, l'economista che
presiede l'Osservatorio francese
sulle congiunture economiche
(Ofce), è nelle Langhe per
partecipare a Circonomia, il
primo festival dell'economia
circolare, organizzato da
Legambiente, Kyoto Club,
Fondazione Symbola e gruppo
Egea.
L'economia circolare è il modello economico che l'Unione europea è
intenzionata a rilanciare con il pacchetto di misure proposto nel dicembre scorso
dalla Commissione. Per il 2030 sono previsti obiettivi importanti: il 65% di rifiuti
urbani dovrà essere riciclato; per l'invio in discarica dei rifiuti domestici è fissato
un limite massimo del 10%; la raccolta separata della frazione organica sarà
organizzata entro il 2025 ovunque sia "tecnicamente, economicamente e
ambientalmente possibile". Servirà a rilanciare l'economia?
Sul ruolo dell'Unione europea Fitoussi è scettico: "L'Europa è malata di
nominalismo: enuncia i target ma dimentica gli strumenti. Così spesso fallisce
l'obiettivo. E' il caso del Trattato di Lisbona e degli impegni sull'occupazione. Se
continuiamo a pensare di essere i primi della classe e a mettere meno cura dei
concorrenti nelle sfide che abbiamo di fronte finiremo all'ultimo posto".
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Per Fitoussi la chiave delle riforme di cui l'Europa ha bisogno sta nella
scommessa sulla sostenibilità, cioè in un sistema produttivo che lasci alle
prossime generazioni un capitale economico, sociale e naturale almeno uguale a
quello di cui abbiamo goduto. Un obiettivo che appare piuttosto lontano visto che
l'inquinamento chimico è sempre più diffuso e la concentrazione crescente di
gas serra rischia di farci precipitare in un clima devastante.
"La ricerca che ho fatto assieme a due economisti come Amartya Sen e
Joseph Stiglitz è stata riassunta in un libro che abbiamo scritto assieme, La
misura sbagliata delle nostre vite, in cui si spiega perché il Pil è un indicatore
che non va", risponde Fitoussi. "Non funziona perché se aumenta l'insicurezza e
occorre spendere di più per difendersi il Pil cresce, se restiamo bloccati nel
traffico e usiamo più benzina il Pil cesce, se c'è un terremoto il Pil cresce.
Bisogna sostituire questo numero che inganna con numeri che restituiscano
l'idea della crescita del benessere: ad esempio l'educazione, la salute,
l'occupazione".
Il dibattitto economico non va in questa direzione: si discute molto di come
tagliare il debito, poco di come ridurre l'inquinamento. "E' perché ci mancano gli
strumenti di misura, non abbiamo il quadro statistico necessario", continua
Fitoussi. "Così si arriva a proporre piani che tagliano l'1% del debito ma magari
sacrificano il 10% del capitale di cui dispone un paese: è un autogol. Una politica
che esaspera la forbice sociale rendendo i ricchi sempre più ricchi e i poveri
sempre più poveri. In questo modo si finisce per concentrare il potere in poche
mani: se non aumentiamo la sostenibilità perdiamo la democrazia".
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