Rassegna Stampa - Ordine dei Farmacisti di Salerno

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FEDERAZIONE ORDINI DEI
FARMACISTI
Rassegna Stampa del 31/05/2015
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INDICE
IN PRIMO PIANO
Il capitolo non contiene articoli
SANITÀ NAZIONALE
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
La polemica sull'appoggio al «re» della Sanità campana
7
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
L'Oms dà torto alla Novartis Sì al farmaco oculistico meno caro
8
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Diuretici, anabolizzanti e ormoni Come (e quanto) si dopano gli atleti
10
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Ci conviene curare le apnee notturne
11
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Dalla direttiva Ue sulla patente obblighi certi, non volontà punitiva
14
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Soluzioni per dormire respirando bene
16
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Più attenzione alla tiroide nei ragazzi
18
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Che cos'è la pitiriasi versicolor ?
20
31/05/2015 Corriere della Sera - Nazionale
Sclerosi multipla , i malati chiedono uniformità delle cure
22
31/05/2015 Il Sole 24 Ore
I Big data nella salute
23
31/05/2015 Il Sole 24 Ore
I mille volti della follia
25
31/05/2015 La Repubblica - Nazionale
Salute da record solo i giapponesi battono gli italiani per longevità
26
31/05/2015 La Stampa - Nazionale
Ma in Italia i ragazzi continuano a fumare
28
31/05/2015 La Stampa - Nazionale
"La mia guerra sul fronte del cancro"*
29
31/05/2015 La Stampa - Nazionale
Quel primo reportage dal "tunnel della malattia"
32
31/05/2015 Il Messaggero - Nazionale
«Sanità convenzionata in pericolo se il governo non fermerà i tagli»
33
31/05/2015 Avvenire - Nazionale
Si donano più organi (ma quanti dubbi)
35
31/05/2015 Il Mattino - Nazionale
Pistola di camorra per uccidere il legale
36
31/05/2015 Libero - Nazionale
Il fondo sanitario rischia di non coprire gli anti-tumorali
38
31/05/2015 Libero - Nazionale
Apixaban ora è rimborsabile
39
31/05/2015 Libero - Nazionale
Un regime senza interferone per curare l'Epatite C cronica
40
31/05/2015 Il Secolo XIX - Nazionale
La banda delle ricette rubate spacciava "eroina dei montanari "
41
31/05/2015 Il Tempo - Nazionale
Decuplicato il prezzo dei farmaci anti-tumorali
42
VITA IN FARMACIA
31/05/2015 Corriere della Sera - Milano
La buona sanità senza stress
44
31/05/2015 Corriere della Sera - Milano
Ospedali, il dossier degli sprechi In un anno spesi 4 miliardi di euro
45
31/05/2015 Corriere della Sera - Brescia
La sensibilità dei farmacisti e la passione degli storici
47
31/05/2015 La Repubblica - Roma
Madre e figlio suicide insieme giù dal ponte di Ariccia
48
31/05/2015 La Repubblica - Bologna
I "migranti" emiliani in cerca di cure un affare da 140 milioni di euro
49
31/05/2015 La Repubblica - Bologna
"Sì,ci siamo adagiati, ma voglio recuperare chi fa esami altrove"
51
31/05/2015 La Repubblica - Torino
Lunga attesa per curare l'epatite C
52
31/05/2015 La Repubblica - Genova
Rubato e rivenduto il"farmaco-droga"
53
31/05/2015 La Stampa - Asti
Belveglio festeggia la sua prima farmacia
55
31/05/2015 La Stampa - Savona
Venticinque nuove farmacie sono bloccate dai ricorsi al Tar
56
31/05/2015 Il Messaggero - Ancona
Dalla crisi alla Sanità le nuove emergenze
57
31/05/2015 Il Giornale - Milano
«Ecco i pazienti in fuga da Liguria e Piemonte»
58
31/05/2015 QN - Il Resto del Carlino - Modena
Rapina a mano armata in farmaciaAncora un colpo alla Santa Caterina
59
31/05/2015 Il Gazzettino - Belluno
Scarico referti: rinnovate le convenzioni
60
31/05/2015 Il Gazzettino - Pordenone
Ciclista salvato dal defibrillatore
61
31/05/2015 QN - Il Giorno - Milano
Il museo dei farmaci
62
31/05/2015 Il Secolo XIX - Savona
Nuova farmacia Oddone, la sede ai Piani apre a settembre
63
31/05/2015 QN - La Nazione - Firenze
i consigli della natura
64
31/05/2015 QN - La Nazione - Viareggio
Rapinò la farmacia comunaleOra è agli arresti domiciliari
65
31/05/2015 Il Garantista - Catanzaro
"DIMAGRIRE Equilibrio giusto tra integratori e... sapore"
66
PROFESSIONI
31/05/2015 Il Manifesto - Nazionale
Ankara blocca gli aiuti ai kurdi
68
31/05/2015 Libero - Nazionale
MerckSerono apre a Modugno
70
PERSONAGGI
Il capitolo non contiene articoli
SANITÀ NAZIONALE
23 articoli
31/05/2015
Pag. 5
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tiratura:779916
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La polemica sull'appoggio al «re» della Sanità campana
De Luca le rinfaccia i rapporti con Montemarano, assessore con Bassolino (gradito anche a Caldoro)
Fulvio Bufi
NAPOLI Il dibattito tra Vincenzo De Luca e Rosy Bindi in cui il candidato del Pd alla Regione avrebbe voluto
«illustrare opere e virtù» di Angelo Montemarano, che negli equilibri dem ha rappresentato la Bindi in
Campania, non c'è stato e mai ci sarà. Ma nella polemica seguita alla sua inclusione nella lista degli
impresentabili stilata dalla commissione antimafia, De Luca, citando l'assessore regionale alla Sanità dei
tempi di Bassolino, è riuscito comunque a riaccendere un faro sulla sanità in Campania, che, al di là delle
cifre relative al rientro dal disavanzo di cui il governatore Caldoro è orgoglioso, resta, insieme all'occupazione,
il problema numero 1 della regione.
E Angelo Montemarano è decisamente l'uomo che in assoluto ha più a lungo governato quel mondo di
ospedali e Asl ridotto nel migliore dei casi a fanalino di coda dei livelli assistenziali, e nel peggiore a intreccio
di comitati d'affari, come dimostrano molte inchieste giudiziarie.
Irpino di Torella dei Lombardi e quindi da sempre demitiano, 64 anni fra tredici giorni, laurea in Medicina e
specializzazione in Igiene e medicina preventiva, Montemarano oggi è presidente dell'Arsan, l'Agenzia
regionale della sanità. Ed è singolare che a sceglierlo sia stato proprio Caldoro, che sul riequilibrio di spesa in
materia ha puntato molta della sua attività di governo. Ma se aveva ereditato un disastro, viene da chiedersi
perché affidare un incarico centrale come il vertice dell'Agenzia, a chi quel disastro lo aveva provocato
governando la Sanità fino a portarla al commissariamento da cui non è ancora uscita, prestando estrema
attenzione alla lottizzazione dei manager - all'epoca tutti pd, demitiani o Udeur - e totale disinteresse per i
conti, fallendo in pieno il patto stipulato con il governo Prodi per raggiungere il pareggio di bilancio nel triennio
2007-2009.
Del resto lui con i bilanci disastrati e disastrosi aveva una certa confidenza, essendo riuscito, tra il 1999 e il
2005, da manager dell'Asl Napoli 1, la più grande della Campania, a farla diventare anche la più indebitata
d'Italia: 3 miliardi di euro.
Bassolino lo scaricò quando ormai i danni erano irreparabili, mentre lui si stava costruendo un futuro da
europarlamentare. Era il 2009, e Rosy Bindi corse in suo soccorso accompagnandolo ripetutamente in
campagna elettorale. Non bastò. Montemarano raccolse 83 mila preferenze, non poche ma insufficienti per
arrivare a Strasburgo.
Era destino, quindi, che restasse nel mondo della sanità campana. E a rimetterlo in sella ci ha pensato
Caldoro. Che poi Montemarano sia diventato anche un grande elettore del centrodestra, lo si può sospettare
ma non risultano suoi endorsement in tal senso. Certo con Rosy Bindi non ha rotto: in Rete circola una foto
che li ritrae sorridenti, insieme a un gruppo di esponenti pd locali, in un ristorante di Portici, il paese dove
Montemarano vive.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I numeri
Tra il 1999
e il 2005, quando Angelo Montemarano era manager dell'Asl Napoli 1, la più grande della Campania,
l'azienda sanitaria divenne
anche la più indebitata del Paese, con un rosso da 3 miliardi di euro
Chi è
Angelo Montemarano, 64 anni a giugno, demi-tiano, asses-sore alla Sanità campana dal 2005 al 2009. Dirige
l'Agenzia Regionale Sanitaria
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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L'Oms dà torto alla Novartis Sì al farmaco oculistico meno caro
Ma il servizio sanitario continua a rimborsare quello che costa 40 volte di più
Sabrina Giannini
La vicenda dei due farmaci equivalenti che curano la terza causa di cecità al mondo, la degenerazione
maculare senile, è a una svolta. L'Organizzazione mondiale della sanità ha respinto la richiesta di Novartis di
inserire Lucentis tra i farmaci essenziali per l'oculistica, in quanto nella nuova lista è già presente Avastin,
«altrettanto efficace e sicuro, e più economico». Per la precisione, 40 volte più economico (80 fino a pochi
mesi fa, in Italia). La notizia dovrebbe mettere la parola fine alla vicenda dei due farmaci gemelli e diversi nel
prezzo. Ma potrebbe essere l'ennesima occasione persa dal ministro Lorenzin. Non fu lei infatti a
«denunciare» all'Antitrust l'intesa sottobanco tra Novartis e Roche per avere fatto cartello e causato un danno
alle casse della Sanità di 1,2 miliardi in 3 anni. Novartis detiene un terzo delle azioni di Roche mentre
quest'ultima ha le royalties sul farmaco più caro, il Lucentis. Un incesto che è sotto gli occhi di tutti da anni,
ma a denunciare l'anomalia (anche a corriere.it ) è l'oculista milanese Domenico De Felice già nel 2011 (ai
tempi del ministro Balduzzi). A presentare l'esposto all'Agcom è invece l'avvocato bolognese Giorgio Muccio
(a nome di un'associazione di day surgery). L'Antitrust nel 2014 sanziona le due aziende a pagare 180 milioni
di euro (ora in attesa della sentenza sul ricorso al Consiglio di Stato). Il prezzo del Lucentis passa subito da
1.600 a 900 euro a fiala, contro i 90 euro dell'Avastin. Perché l'Agenzia del farmaco non ha abbassato prima
il prezzo? Domanda che il ministro Lorenzin non si fa quando riconferma il presidente Pani a capo
dell'Agenzia del farmaco che, a seguito della sentenza, suggerisce un provvedimento che consente a
Novartis e Roche si rifarsi dei 180 milioni di euro: il provvedimento proibisce alle strutture private di usare il
farmaco economico. Novartis ringrazia, perché le cliniche convenzionate che prima utilizzavano Avastin sono
costrette da un giorno all'altro a usare il farmaco che... costa un occhio. Avrebbe avuto un senso se il
provvedimento dell'Aifa avesse obbligato le strutture pubbliche a utilizzare solo il farmaco economico, ma non
è così.
A gennaio di quest'anno interviene ancora l'Antitrust estendendo alle case di cura convenzionate (non agli
ambulatori privati) la possibilità di usare il farmaco economico. È opzionale, per tutti (colpevoli anche le
Regioni che trovano più semplice l'uso del prodotto già in fiale 40 volte più costoso). Tanto paga Pantalone. Il
ministro avrebbe dovuto scrivere una norma o chiedere all'Aifa un regolamento che obbligasse all'uso del
farmaco economico. Invece Lorenzin nel 2014 replica così a un'interpellanza di una collega di partito: «Vista
l'incertezza circa sicurezza ed efficacia di Avastin e Lucentis e il differente prezzo, è stato richiesto un parere
al Consiglio Superiore di Sanità». Quale insicurezza, se l'Ente regolatore del farmaco europeo, l'anno prima,
aveva inserito nel foglio illustrativo di Lucentis le stesse reazioni avverse di Avastin? Infatti di lì a poco il
Consiglio Superiore di Sanità spiega che i due medicinali «non presentano differenze statisticamente
significative dal punto di vista dell'efficacia e della sicurezza nella terapia della degenerazione maculare
senile».
Passano tre mesi e il ministro decide di mandare a casa quasi tutti i membri del Consiglio, sebbene non
fossero in scadenza di mandato. Tinge di rosa la rivoluzione: «Mai tante donne in un Consiglio Superiore di
Sanità». Tra le donne fa la comparsa un nuovo membro che Lorenzin non pubblicizza: Napoleone Ferrara,
uomo di ricerca dall'indiscutibile valore, biologo molecolare e docente all'Università di San Diego, eppure
Lorenzin non gli dedica una riga di comunicato. Però è l'inventore-scopritore dell' Avastin (Roche) e Lucentis
(Novartis). A notare Ferrara tra i membri è Domenico de Felice che oggi chiede se «Ferrara avrà suggerito al
ministro l'impiego del farmaco 40 volte meno caro e se non trova imbarazzante che sia stato chiamato come
consigliere, visto che fino a due anni fa lavorava per la Genentech, controllata di Roche?».
Ferrara non ha risposto a quattro richieste di intervista. Avrebbe potuto aiutare a dirimere alcune questioni, a
partire dal suo presunto conflitto di interessi (ha ancora legami con Genentech?). Chi meglio di lui potrebbe
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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dire se è giustificabile una differenza di 900 euro, ieri 1.600, tra Avastin e Lucentis, che è una variazione
ingegneristica attuata in laboratorio della molecola madre? Oggi sappiamo che il farmaco povero resta
nell'elenco perché efficace, sicuro e più economico. La Corte dei conti ha una corposa documentazione in
caso volesse verificare se c'è stato danno erariale. Novartis continua a vederci molto bene quando bussa alla
porta, ogni mese, per riscuotere i 50 milioni di euro dalle casse delle Regioni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Confronto
Lucentis
È un farmaco contro la degenerazione maculare senile
ed è prodotto dal colosso farmaceutico Novartis
Avastin
Ha lo stesso scopo
del Lucentis.
Prodotto
dalla Roche
è 40 volte
più economico del «rivale» della Novartis
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Diuretici, anabolizzanti e ormoni Come (e quanto) si dopano gli atleti
È in risalita la percentuale di atleti risultati positivi ai test antidoping, effettuati ogni anno dalla Commissione
per la Vigilanza ed il controllo sul doping e per la tutela della salute nelle attività sportive, istituita presso il
Ministero della Salute. Si è passati infatti dal 2,8% del 2013, al 4,1% dell'anno scorso. Nelle 297
manifestazioni controllate nel 2014, sono risultati positivi 58 atleti su un totale di 1.247 esaminati. La
percentuale di positività è pari
al 5,1% tra gli uomini (età media, 43,7 anni) e
all' 1,8% tra le donne (età media 39,1 ). Per quanto riguarda la tipologia di sostanze, gli atleti fanno meno uso
di cannabinoidi, mentre diuretici, anabolizzanti e ormoni sono, nell'ordine,
le prime tre classi di sostanze più diffuse. I controlli hanno riguardato sia le manifestazioni delle Federazioni
Sportive Nazionali e delle Discipline Sportive Associate, che quelle degli Enti di Promozione Sportiva. 4,1% È
la quota
di atleti trovati positivi ai test antidoping
nel 2013
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Il numero
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Ci conviene curare le apnee notturne
I rischi Un problema che, se trascurato, può aumentare il pericolo di infarto, ictus, diabete e disfunzione
erettile Il meccanismo Il russamento produce pause respiratorie che durano anche oltre un minuto e si
ripetono più volte all'ora con conseguenti microrisvegli
Daniela Natali
Alcuni titoli e alcuni annunci sono sembrati minacciosi: "patenti a rischio per migliaia di autisti che hanno
disturbi del sonno", " patente negata a chi soffre di apnee nel sonno". L'ispirazione? Le nuove regole per chi
soffre di OSAS (acronimo di Obstructive Sleep Apnea Syndrome ,cioè Sindrome da apnee notturne) previste
da una direttiva dell'Unione Europea del luglio 2014, che spetterà allo Stato italiano tradurre in legge entro
gennaio 2016.
La direttiva prevede che, a seconda della gravità del caso, chi soffre di apnee notturne si sopponga all'esame
medico per il rinnovo del patente ogni anno oppure ogni tre, e che per ottenerlo dimostri di curarsi e di essere
migliorato (si v eda l'articolo sotto) .
«Tutto corretto, - puntualizza Sergio Garbarino, neurologo dell'Università di Genova, rappresentante per
l'Italia alla commissione europea di esperti che hanno approfondito il tema "apnee -patenti" - ma non bisogna
ridurre una malattia a un problema di patenti di guida. L'OSAS è una patologia ancora poco nota, ma di cui
preoccuparsi anche se non si guida, perché mina in modo lento e subdolo la salute. L'OSAS causa disturbi
notturni e quindi difficilmente ci si rende conto di soffrirne. Per di più, poiché il primo effetto evidente è un
forte, insistente, russamento, viene sottovalutata.
«Ma il russamento - continua Garbarino - potrebbe divenire nel tempo causa di ripetute pause respiratorie che possono durare anche oltre un minuto, e ripetersi più volte all'ora, - dovute all'ostruzione delle prime vie
aeree. Questo comporta una riduzione dell'ossigeno nel sangue, responsabile di frequentissimi micro risvegli
che rendono il sonno frammentato e non riposante. Con conseguente sonnolenza durante il giorno».
«Se trascurata, l'OSAS - prosegue Garbarino - oltre alla continua sensazione di affaticamento e a un
rallentamento dei riflessi, diventa un fattore di infiammazione cronica del sistema cardiovascolare che
concorrere a causare aterosclerosi, ipertensione, infarto, ictus, diabete, ipercolesterolemia, obesità e
impotenza».
«Nel nostro Paese si stima che circa 2 milioni di italiani siano affetti da apnee nel sonno, ma i casi
diagnosticati sono fermi a circa 100 mila l'anno - aggiunge Loreta Di Michele, pneumologa al San Camillo
Forlanini di Roma ed esperta di disturbi del sonno -. Le motivazioni sono molte, non solo la mancata
conoscenza della malattia da parte del paziente, che sottovaluta sintomi, ma anche il fatto che si tratta di una
patologia che può giungere all'osservazione di numerosi specialisti. Anche se a scoprirla è stato un neurologo
italiano, Elio Lugaresi, negli anni 70, per curarla correttamente occorre il lavoro, in équipe, di molti altri
specialisti oltre al neurologo: lo pneumologo, l'otorino, l'odontoiatra, il cardiologo, l'esperto di ipertensione,
l'endocrinologo e il dietologo, visto che molto spesso l'OSAS si accompagna a obesità e sovrappeso».
«La sonnolenza diurna, - continua Di Michele - che nella grande maggioranza dei casi è dovuta all'OSAS, è
causa o concausa del 22 per cento degli incidenti stradali in Italia, cioè 40 mila incidenti all'anno (dati Istat), di
cui molti con esiti fatali.
«Chi soffre di apnee nel sonno - precisa Di Michele - ha un rischio di incidente stradale da due a sette volte
superiore a quello dei soggetti sani. Un rischio più che doppio rispetto a quello imputabile all'abuso di alcol o
al consumo di droghe o di farmaci pericolosi per la guida».
«Diagnosticare e curare rapidamente la sindrome da apnee nel sonno, dalla quale sottolineo che si può
guarire, e, meglio ancora, prevenirla - facendo attenzione ai fattori di rischio, come l'obesità ma anche la
cattiva igiene del sonno e la pretesa di vivere "connessi" 24 ore su 24 , comporterebbe un risparmio
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Dal 2016 chi soffre della sindrome di «mancanza di respiro» nel sonno dovrà sottoporsi a controlli medici più
stringenti per ottenere la licenza di guida. Un provvedimento che garantirà maggiore sicurezza sulle strade e
più consapevolezza su una malattia spesso sottovalutata
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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economico notevole non solo perché si eviterebbero incidenti e infortuni, - aggiunge Garbarino - ma perché la
patologia in sé costa. Si calcola all'incirca un miliardo di euro l'anno tra spese dirette e indirette (per esempio,
giornate di lavoro perse, incidenti sul lavoro e non soltanto alla guida)».
Ma come fare prevenzione e arrivare a cure rapide ed efficaci? «Bisogna puntare sull'attenzione alla
sindrome da parte dei medici di medicina generale, e sensibilizzare il cittadino sui primi sintomi della
patologia,- risponde Sergio Garbarino - poi, una volta posto il sospetto diagnostico, il soggetto deve essere
indirizzato in tempi brevi a strutture in grado di confermare la diagnosi e di fornire un corretto approccio
multidisciplinare alla patologia e un adeguato trattamento».
«L'approccio multidisciplinare - conclude il neurologo - è l'unica via per risolvere i problemi di questi pazienti;
finalmente oggi ne siamo tutti consapevoli e ci stiamo impegnando su più livelli, compreso quello tra società
di diverse specializzazioni mediche, affinché si realizzi questo processo a favore del paziente».
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8-14 % Diffusione della sindrome delle apnee nel sonno negli individui normopeso tra i 30 e i 65 anni 25-30
% Diffusione della sindrome delle apnee nel sonno in categorie a rischio come gli autotrasportatori 22 %
Percentuale italiana degli incidenti stradali che si stima siano dovuti a sonnolenza diurna 3,5-8 volte È
l'aumento del rischio di incidenti stradali, professionali e domestici in chi soffre di apnee nel sonno Se si
sospetta la presenza di apnee nel sonno, l'unica indagine in grado di confermare questa ipotesi è la
polisonnografia La polisonnografia consiste nella registrazione, durante il sonno, di parametri funzionali,
respiratori, cardiologici, elettroencefalografici ed elettromiografici. In particolare si registrano la frequenza del
respiro, la presenza di crisi di apnea e la saturazione di ossigeno La registrazione polisonnografica dura tra le
6 e le 7 ore (l'esame oggi viene quasi sempre svolto a casa)I CONSIGLI Esistono regole igienico-dietetiche
che aiutano a ridurre il russamento e le apnee Perdere peso qualora si sia in sovrappeso Non bere alcolici
Non fumare Non assumere sonniferiSovrappeso e obesità Sesso maschile (rispetto alle donne gli uomini
hanno una percentuale doppia o tripla di apnee nel sonno) Infiammazioni e ipertrofie delle tonsille, delle
adenoidi, dell'ugola, del palato, dei turbinati, malformazioni mandibolari o dell'osso ioide Disposizione del
grasso nel collo («collo taurino») I FATTORI DI RISCHIO La sindrome delle apnee notturne nel sonno
(OSAS) è caratterizzata da frequenti episodi di completa o parziale ostruzione delle vie respiratorie Lingua
Osso ioide Naso Faringe Ostruzione Palato molle Russamento-Russi rumorosamente o abbastanza da
essere udito attraverso una porta chiusa? Circonferenza del collo-Hai una circonferenza del collo maggiore di
40 cm? Genere-Sei maschio? Stanchezza-Ritieni di essere stanco o affaticato oppure sonnolento durante il
giorno? Osservazione del sonno-Qualcuno ha osservato un arresto del respiro (pausa respiratoria) durante il
tuo sonno? Pressione arteriosa-Stai assumendo una terapia per tenere sotto controllo l'ipertensione
arteriosa? Indice di massa corporea (B.M.I.)-Il tuo indice è superiore a 35? Body Mass Index = peso/altezza
(Es. Kg. 80/m. 1.80 = 80/3.24 = 24,69 B.M.I.) 2 2 Età-Hai più di 50 anni? IL TEST Il test è destinato a persone
maggiori di 16 anni Corriere della Sera / Mirco Tangherlini L'apnea si verifica quando i tessuti molli a livello
della faringe, come la lingua e il palato molle, si rilassano temporaneamente restringendo o chiudendo le vie
aeree Queste domande vengono utilizzate per valutare il rischio di apnee notturne. Ovviamente più il
punteggio è alto, più la situazione è seria ed è opportuno consultare al più presto il proprio medico Se
rispondi SÌ a 3 o più domande = Alto rischio di OSAS Se rispondi SÌ a meno di 3 domande = Basso rischio di
OSAS Questionario Stop-Bang per OSAS I SINTOMI CHE COS'È DI GIORNO Russamento Pause
respiratorie nel sonno (in genere riferite dal partner) Risvegli con sensazione di soffocamento Sonno agitato
Necessità di alzarsi spesso dal letto durante la notte per andare ad urinare In alcuni casi sudorazione
eccessiva Sensazione di sonno notturno non ristoratore Facile stancabilità Sonnolenza Impotenza sessuale
Cefalea al risveglio Disturbi di memoria, concentrazione e attenzione A volte sintomi di depressione DI
NOTTE 1 2 3 4 5 6 7 8 SÌ NO SÌ NO SÌ NO SÌ NO SÌ NO SÌ NO SÌ NO SÌ NO
Benefici
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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«In chi soffre di OSAS - spiega Lino Nobili, del Centro di medicina del sonno dell'ospedale Niguarda, di
Milano - viene perso il fisiologico calo notturno della pressione arteriosa, ma se ci si cura il problema
scompare. E poiché l'OSAS rende anche l'ipertensione resistente ai farmaci, curandola si ripristina la
sensibilità alle terapie. Anche per questo eliminare le apnee riduce il rischio di infarti e ictus.
31/05/2015
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diffusione:619980
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D. N.
C
he cosa accadrà di preciso quando l'Italia, a inizio 2016, dovrà recepire la Direttiva europea n°85 del 1 luglio
2014, se non vorrà incorrere nella procedura per infrazione?
Nei casi in cui durante una visita per l'idoneità alla guida, si riscontreranno elementi che fanno pensare a una
sindrome da apnee nel sonno (OSAS) sarà necessario approfondire la diagnosi per accertare l'entità del
problema: se risulterà inquadrabile come OSAS di grado moderato o grave (nel primo caso le apnee sono tra
le 15 e le 29 ogni ora, nel secondo più di 30, e in entrambi i casi c'è sonnolenza diurna) alla persona secondo la Direttiva - verrà consigliato di non guidare, in attesa della conferma della diagnosi.
La patente di guida potrà essere rilasciata a chi, soffrendo di OSAS, dimostrerà (con certificazioni
specialistiche) di seguire il trattamento e di aver ottenuto un miglioramento in particolare della sonnolenza.
Chi soffre di apnee del sonno "moderata o grave" - specifica la direttiva - dovrà essere poi seguito con
verifiche dell'idoneità che al massimo potranno essere triennali (per le patenti di auto o moto) o annuali (per
chi guida automezzi pesanti).
I medici in generale e quelli di famiglia in particolare avranno l'obbligo di segnalare alle Commissioni patenti o
alla Motorizzazione i nomi dei pazienti che soffrono di apnee del sonno? «Nulla di così specifico e stringente
è previsto - dice Paolo Pelizza, direttore della Struttura complessa di medicina legale e presidente della
Commissione medica per le patenti della Asl di Bergamo -. E, a parer mio, non è neppure auspicabile:
porterebbe molti a "nascondersi" e a negare una patologia che ha un impatto pesante sulla salute. Bisogna,
piuttosto, sensibilizzare i pazienti perché si sottopongano a test ed esami appropriati e, quando è necessario,
si curino. Solo se è presente una condotta pericolosa (come OSAS non trattata o persistenza di sonnolenza)
allora tra "segreto professionale" e "obbligo di segnalare" viene a prevalere, a mio avviso, quello della
segnalazione alla Motorizzazione, finalizzata alla tutela della sicurezza della collettività oltre che a quella
dell'interessato. E in caso di richiesta di riconoscimento di invalidità o di fornitura da parte della Asl (su
prescrizione dello specialista e con riconoscimento di invalidità) del ventilatore CPAP ( vedi articolo in altro a
destra ), si potrebbe prospettare un obbligo di segnalazione, come già avviene per altre situazioni, ad
esempio per l'epilessia. Ma, quello che più dovrebbe indurre le persone a seguire le cure e a sottoporsi alle
valutazioni di idoneità saranno i possibili problemi di tipo assicurativo».
«Per ultimo - conclude Pelizza - vorrei ricordare come ci si è regolati in altri Paesi, per far capire che queste
nuove norme non nascono con un intento punitivo. Per esempio, chi soffre di OSAS ed è un' autista di
professione in diversi Paesi del Nord Europa continua tranquillamente a fare il suo lavoro a patto che dimostri
di curarsi, e abbia sempre sul veicolo il ventilatore CPAP (funzionante e dotato di scheda di memoria) da
utilizzare durante le soste obbligatorie di riposo».
«Tutti i ventilatori erogati dalle Asl - concorda EnricoBrunello, presidente dell'Associazione italiana pazienti
con apnee del sonno - dovrebbero avere una scheda di memoria per la registrazione dei dati della terapia,
per ottimizzarla attraverso un follow up costante. Cure più appropriate si tradurrebbero anche in un risparmio
per il Servizio sanitario».
L'Associazione sottolinea come questa sindrome sia rilevante anche per tutti i lavoratori che fanno turni o che
svolgono mansioni che richiedono particolare attenzione e concentrazione. Come nel caso degli autisti di
professione, dicono all'Associazione: «bisognerà trovare il modo di conciliare la sicurezza di tutti e il diritto dei
lavoratori con apnee a non essere penalizzati». Perché, se è vero che il ventilatore migliora il sonno già dalla
prima notte, può non essere rapido il tempo di assegnazione e quello dei successivi controlli per confermare il
miglioramento.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Dalla direttiva Ue sulla patente obblighi certi, non volontà punitiva
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Soluzioni per dormire respirando bene
Franco Marchetti
L
e apnee del sonno (e le relative conseguenze) possono essere evitate. Le strategie sono molte. Quella più
utilizzata interviene sul fenomeno responsabile del problema. Quando i polmoni si espandono per inspirare,
producono una depressione all'interno delle vie aree e in chi soffre di apnee nel sonno le pareti della faringe
(fatte di muscoli) che sono poco "toniche" si chiudono. La soluzione è semplice: creare una pressione positiva
dentro le vie aeree che ne impedisca la chiusura.
«È ciò che fa il dispositivo CPAP ( Continuous Positive Airway Pressure) che eroga aria alla pressione
prescritta, permettendo un respiro normale, senza più risvegli, senza cali di ossigeno e picchi ipertensivi. Già
dopo la prima notte di uso il paziente si sveglia riposato» spiega Giuseppe Insalaco, Ambulatorio di Medicina
del sonno del CNR di Palermo e autore con Luigi Ferini Strambi del San Raffaele di Milano, del primo Libro
Bianco sull'Apnea Ostruttiva del Sonno
Il successo della CPAP è quasi intorno al 100% a patto che la pressione sia giusta e la maschera adeguata
alla conformazione del paziente. Nonostante i risultati, col tempo, una parte dei pazienti tende ad
abbandonare la CPAP, e dopo cinque anni di terapia circa la metà dei pazienti smette di usarla.
Ma la CPAP non è l'unica opzione terapeutica. Se la chiusura delle vie respiratorie dipende dalla caduta
indietro della lingua la situazione può essere risolta con un bite che spinge avanti la mascella( si veda anche
oltre ). Poi c'è la chirurgia. Fino a pochi anni fa gli interventi comportavano la demolizione di alcuni dei
muscoli della faringe, con conseguenze funzionali negative. Ma via via si è passati a interventi che
consentono di modellare i muscoli della faringe secondo le indicazioni ricavate dalla sleep endoscopy ,
un'endoscopia eseguita mentre il paziente dorme sotto anestesia. «In questo modo si riesce a capire se
l'ostruzione della faringe si verifica dietro al palato molle o dietro la base della lingua - chiarisce Fabrizio
Salamanca, della Casa di Cura S. Pio X di Milano - e si vede come avviene la chiusura delle vie aeree, per
esempio se è la parete anteriore che si appoggia a quella posteriore della faringe o se la chiusura dipende
dal contatto delle pareti laterali».
Oggi nei casi in cui l'ostruzione della faringe è a livello del palato (i più frequenti), esiste un nuovo intervento
messo a punto in Italia. «Si inseriscono nel contesto delle pareti della faringe alcuni fili in grado di renderle più
rigide senza sacrificarne l'integrità - spiega Mario Mantovani, dell'IRCCS Ca' Granda Ospedale Maggiore
Policlinico di Milano, ideatore della tecnica -. I fili permettono anche di "agganciare" la faringe (che in pratica è
un "tubo che può chiudersi), a punti rigidi ( per esempio, alle ossa del palato, ndr ). L'intervento ha successo
nell'80 - l'85% dei casi e dopo circa 350 interventi non abbiamo avuto nessun effetto disfunzionale
invalidante».
Talvolta per ottenere un risultato completo può essere necessario associare un'altra tecnica. «Nelle OSAS
gravi è difficile che il problema sia solo a livello del palato - spiega Salamanca, che ha contribuito allo
sviluppo della tecnica -. Spesso è coinvolta anche la lingua, ma in questo caso il problema si risolve in genere
con un bite ». Se l'ostruzione della faringe è provocata dalla caduta indietro della lingua si può ricorrere
anche a un altro intervento che prevede l'utilizzo di un robot per asportare l'eccesso di tessuto responsabile
dell'ostruzione. «Il robot, introdotto dalla bocca senza incisione cutanea, - spiega Claudio Vicini,
dell'Ospedale di Forlì, inventore della tecnica - permettere una visione angolata, tridimensionale, ingrandita e
offre con i suoi bracci miniaturizzati una precisione di taglio straordinaria».
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Possibilità
A cinque anni dall'inizio della cura circa
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Le terapie
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la metà
dei pazienti smette di usare il «ventilatore», che però non rappresenta l'unica opzione terapeutica.
Si può ricorrere anche a particolari bite o a interventi chirurgici
L'esperto risponde
alle domande dei lettori sui problemi del sonno su http://forum.corriere.it/
il-sonno-e-i-suoi-disturbi
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Le patologie di questa ghiandola sono in aumento sotto i 20 anni di età Ai primi segnali di problemi a livello
del collo è bene consultare il medico Tumori infantili L'incremento di queste neoplasie è anche dovuto a
diagnosi più accurate e tempestive Chirurgia È essenziale rivolgersi a centri di provata esperienza che
operino almeno 30 casi l'anno
Elena Meli
S ono in aumento i bambini e soprattutto gli adolescenti che si ammalano di un tumore alla tiroide: per ora
rappresentano meno del 2% di tutti i malati di cancro sotto i 20 anni, ma preoccupa la tendenza al rialzo di
questo fenomeno.
Inoltre, fra i giovanissimi gli eventuali noduli sono maligni in circa il 25% dei casi, contro il 5-10% di quelli che
si trovano negli adulti. Proprio per questo in occasione della Settimana Mondiale della Tiroide sono state
pubblicate le prime linee guida internazionali sulla gestione delle malattie tiroidee in bambini e ragazzi.
Mohamad Maghnie, presidente della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (Siedp),
spiega: «I tumori tiroidei infantili sono in crescita perché tutte le neoplasie sono in aumento in questa fascia
d'età e grazie a una diagnostica migliore e più tempestiva oggi si scopre con maggior facilità un più ampio
numero di casi. Il "picco" di diagnosi è fra gli 8 e i 12 anni». L'adolescenza è un momento a rischio soprattutto
per le ragazzine, fra le quali il tumore alla tiroide è il secondo per frequenza; nelle femmine, quindi, è
necessaria molta attenzione ai campanelli d'allarme di un problema alla ghiandola.
«Il segnale che deve far insospettire è un'asimmetria del collo: in questo caso è opportuno andare dal
pediatra perché possa palpare l'eventuale nodulo e consigliare a chi rivolgersi per gli accertamenti necessari spiega Maghnie -. Anche i ragazzini con familiarità per le malattie tiroidee devono essere monitorati
attentamente, perché possono essere più predisposti a sviluppare un nodulo».
Va detto che nonostante tutto siamo ancora nel campo delle malattie rare: per quanto i noduli tiroidei nei
giovanissimi siano in crescita e più spesso "cattivi", il numero di casi di tumore è ancora contenuto.
Se però compare un nodulo prima dei 18 anni l'essenziale è rivolgersi a una struttura di provata esperienza:
«Si tratta del messaggio fondamentale delle linee guida appena divulgate: occorre farsi curare da centri che
operano non meno di 30 tiroidi all'anno nei giovanissimi - sottolinea Maghnie -. In Italia gli ospedali con
esperienza ci sono, ma non sono in rete e per i genitori non è facile orientarsi: spesso arrivano in centri
d'eccellenza, come per esempio il Gaslini di Genova, il Meyer di Firenze o il Bambin Gesù di Roma, solo in
seconda o terza battuta. Per aiutare le famiglie, la Siedp sta inserendo sul suo sito web (www.siedp.it)
l'elenco delle strutture a cui rivolgersi per un parere degli esperti».
La buona notizia è che i tumori tiroidei infantili si possono prevenire evitando di esporre i bimbi a radiazioni
quando non è strettamente necessario, ovvero limitando al minimo TAC e radiografie, e soprattutto
scongiurando la carenza di iodio per consentire alla ghiandola di funzionare al meglio. «L'uso del sale iodato
è un caposaldo della prevenzione, anche per contrastare l'ipotiroidismo (ovvero una tiroide "pigra" che
funziona poco, ndr) , tuttora il problema più comune fra i bimbi nonostante sia molto diminuito - dice l'esperto
-. Negli ultimi anni, proprio grazie al sale iodato, i bambini ipotiroidei sono passati dal 20 al 10% del totale, ora
l'obiettivo è arrivare al 5%. Finché un bimbo è allattato al seno non ci sono rischi di deficit, ma con lo
svezzamento è possibile non introdurre iodio a sufficienza, a maggior ragione se il piccolo ha allergie al latte,
alle uova, al pesce, o se viene sottoposto a un'alimentazione vegana. Non è raro sviluppare una carenza
quasi senza accorgersene, per cui ben vengano tutti i metodi di integrazione iodica, come gli ortaggi
arricchiti».
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Fonte: Management Guidelines for Children with Thyroid Nodules and Differentiated Thyroid Cancer, Thyroid
2015 Quota di noduli tiroidei che sono maligni 22-26% nei giovani 5-10% La quota di persone adulte con
almeno un nodulo tiroideo 30% Il tasso aumenta nelle donne e con l'avanzare dell'età 1,8% La percentuale di
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Più attenzione alla tiroide nei ragazzi
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tumori alla tiroide fra tutti tumori che colpiscono i giovani sotto i 20 anni negli adulti CdS
L'esperto risponde
Foto: Alle domande sui problemi della tiroide all'indirizzo http://forum.
corriere.it/
tiroide
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Che cos'è la pitiriasi versicolor ?
Un'infezione della pelle causata da un fungo che prolifera con il clima caldo-umido
Antonella Sparvoli
Se alle soglie dell'estate vi ritrovate la pelle con piccole chiazze, chiare o scure, sparse soprattutto sulla parte
alta del corpo, potrebbe trattarsi di Pitiriasi versicolor . È una micosi, detta anche "fungo di mare", perché
spesso si scopre di esserne colpiti quando si va al mare: mentre la pelle sana si abbronza, le chiazze
mantengono infatti il loro colore, risultando così più evidenti.
A che cosa è dovuta?
«Questa micosi è causata da un particolare fungo, il lievito Malassezia globosa o furfur che "soggiorna"
normalmente sulla nostra pelle senza dare problemi. A volte, però, complici il clima caldo-umido e
l'abbondante sudorazione, comincia a proliferare, provocando la malattia. Alcuni studi suggeriscono che ciò
accada perché i lipidi (grassi) presenti sulla membrana di questi lieviti sopprimono la risposta immunitaria
dell'organismo, dando il via libera alla loro moltiplicazione. Nulla di preoccupante, ma se si vuole evitare che
le macchie si estendano, meglio intervenire alle prime avvisaglie» spiega Enzo Berardesca, direttore del
Dipartimento di dermatologia clinica dell'Istituto dermatologico San Gallicano di Roma.
Come si riconosce?
«Il primo segnale è la comparsa sulla pelle di macchioline di diverse tonalità: biancastre, rosa, salmone,
rossastre, marrone chiaro o scuro. La cute in corrispondenza delle macchie può essere secca e
desquamarsi. Quando ci si abbronza le chiazze diventano più evidenti perché il lievito interferisce con la
produzione di melanina (il pigmento che rende scura la pelle). Man mano che il lievito si moltiplica, le macchie
si possono unire e formare chiazze. Le persone più soggette alla pitiriasi versicolor sono i giovani, perché
hanno una pelle più grassa; le aree predilette sono volto (specie la fronte), collo e parte alta del tronco. La
Malassezia furfur in particolare è molto presente sul cuoio capelluto, dove può causare dermatite seborroica:
le scagliette di forfora finiscono sulla parte alta
del corpo e possono dare origine alla pitiriasi versicolor. Non a caso, chi soffre di dermatite seborroica ha
spesso anche il "fungo di mare"».
Come si fa diagnosi?
«Un occhio attento la riconosce subito. In caso di dubbi si può utilizzare la luce di Wood , una speciale
lampada che fa risaltare le macchie, evidenzia la fine desquamazione e aiuta anche a differenziarla dalla
vitiligine, altra malattia cutanea caratterizzata da aree non pigmentate (in questo caso, però, le macchie
tendono a essere più stabili, non hanno microsquamette e possono interessare qualunque area del corpo,
spesso mani e piedi). La diagnosi certa, però, si ha solo analizzando al microscopio un piccolo campione di
squame».
Questa micosi è contagiosa?
«Non pare, anche se sono state riportate piccole epidemie familiari. Consigliate comunque alcune
precauzioni: per esempio, evitare di condividere accappatoi e asciugamani. In genere la crescita delle colonie
avviene in soggetti "predisposti" e/o in particolari condizioni (sistema immunitario indebolito, caldo- umido)».
Come si può rimediare?
«Non esiste un prodotto che elimini le chiazze rapidamente. Un trattamento con antimicotici (in genere locale
e, nelle forme più estese, per bocca) blocca la proliferazione del lievito e quindi l'estendersi delle macchie
che, però, possono permanere sulla cute anche per due
o tre mesi. Perciò, non bisogna associare il concetto di guarigione con la completa scomparsa delle chiazze.
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La pitiriasi versicolor (nota anche come «fungo di mare») è una micosi cutanea, caratterizzata dalla
comparsa di macchie chiare o scure, a seconda della carnagione, soprattutto sulla parte alta del corpo La
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Lo specialista
31/05/2015
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pitiriasi versicolor è causata dal lievito Malassezia, più spesso del genere globosa, talvolta del genere furfur.
Questi lieviti fanno parte della naturale flora microbica della pelle In alcune persone predisposte questi
microrganismi prendono il sopravvento sul sistema immunitario e cominciano a proliferare più della norma,
dando luogo alla micosi I meccanismi non sono ancora chiari, ma si è visto che il rischio di sviluppare la
pitiriasi versicolor è più comune in determinate circostanze clima caldo e umido (è più frequente in estate)
sudorazione eccessiva pelle grassa (più comune in adolescenti e giovani ) sistema immunitario indebolito
LIEVITO MALASSEZIA LE CAUSE Non è appurato se sia contagiosa o meno, anche se sono state riportate
piccole epidemie familiari Per non correre rischi, si consiglia qualche accorgimento igienico come evitare di
condividere asciugamani, accappatoi e altri oggetti per la cura della persona I SEGNI E I SINTOMI In chi ha
la carnagione scura le macchie sono in genere di colore chiaro (biancastro-rosa), mentre in chi ha la
carnagione chiara appaiono più scure (marroncine) Macchie cutanee ovali o di forma irregolare, che all'inizio
hanno in genere un diametro di pochi millimetri, ma che crescono con il tempo e tendono a confluire Talvolta
si avverte prurito Le aree più colpite sono viso e tronco superiore, più di rado braccia e gambe Quando ci si
abbronza, le macchie diventano più evidenti Talvolta chi ha la pitiriasi versicolor soffre anche di dermatite
seborroica (in entrambe le malattie è coinvolto il lievito Malassezia In corrispondenza furfur) delle macchie
può esserci una fine desquamazione In genere è sufficiente l'attenta osservazione della cute. Non va confusa
con la vitiligine, che presenta macchie ipopigmentate più stabili, per dimensioni e zona colpita, e non è
caratterizzata dalla presenza di microsquame Per evidenziare le chiazze si può usare la lampada di Wood
che emette una luce ultravioletta e fa risaltare il contrasto tra la cute normale e la macchia La diagnosi di
certezza si può avere solo analizzando al microscopio un campione di squame, per evidenziare il lievito
Malassezia LE CURE LA DIAGNOSI Se la micosi è localizzata si usano in genere farmaci antimicotici da
applicare sulla pelle sotto forma di creme o spray Per le forme diffuse può rendersi necessario il ricorso ad
antimicotici per uso orale, che però possono avere una certa tossicità per cui bisogna valutarne bene
l'impiego con il medico In genere nell'arco di 15-20 giorni si guarisce, ma le macchie possono impiegare
anche due o tre mesi per scomparire del tutto, soprattutto se sono chiare (bisogna dare alla pelle il tempo di
ripigmentarsi) LA PREVENZIONE DELLE RECIDIVE Nonostante l'efficacia della terapia, nelle persone che
hanno avuto la pitiriasi versicolor sono frequenti ricadute, proprio perché si tratta di lieviti che vivono
normalmente sulla cute. Spesso le macchie sono assenti in inverno quando la temperatura cala, per poi
tornare con i primi caldi In chi è predisposto si consiglia una terapia preventiva con shampoo o detergenti
antiseborroici (per esempio a base di antimicotici) da usare sul cuoio capelluto e sulla pelle del corpo per
bonificarla (con gli antimicotici non si corre il rischio di «resistenze» come invece accade con gli antibiotici)
Corriere della Sera / Mirco Tangherlini
L'esperto risponde
Foto: alle domande dei lettori sui problemi della pelle su http://forum.
corriere.it/
dermatologia
Foto: Direttore Dipartimento di dermatologia clinica, Istituto dermatologico San Gallicano, Roma
31/05/2015
Pag. 50
diffusione:619980
tiratura:779916
Marco Piazza
D iritto alla cura, intesa come assistenza, ricerca scientifica, farmaci a prezzi equi, agevolazioni sul posto di
lavoro.
Lo hanno chiesto le persone malate di sclerosi multipla - 75 mila in Italia - per voce dell'Aism, l'associazione
che li rappresenta, durante la settimana nazionale dedicata a questa patologia, iniziativa che si conclude
oggi, domenica 31 maggio.
A un anno esatto dalla presentazione della Carta dei diritti delle persone con sclerosi multipla, di cui è stata
prima firmataria il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, i rappresentanti dei malati hanno reso pubblica
un'Agenda per le istituzioni nazionali e locali. Con richieste concrete da realizzare entro il 2020.
«L'intervento deve essere non soltanto integrato - ha spiegato Roberta Amadeo, presidente di Aism e anche
lei colpita dalla malattia - ma anche omogeneo su tutto il tutto il territorio nazionale».
L'Agenda per la sclerosi multipla prevede la creazione di percorsi diagnostico-terapeutici in tutte le regioni,
strumenti fondamentali per garantire ai malati una corretta presa in carico che integri i servizi sanitari e quelli
sociali.
Esempi da seguire già esistono nel Lazio, in Sicilia e in Veneto. Altra richiesta riguarda l'accesso ai farmaci e
alle terapie, che deve essere uniforme e tempestivo, mentre oggi varia molto da regione a regione.
Capitolo importante dell'Agenda è quello della ricerca scientifica. Ad oggi per le forme più gravi non esistono
ancora cure e trattamenti efficaci, per questo si richiede la definizione, entro il 2020, di un disegno unitario
nazionale e internazionale per far fruttare meglio talenti, risorse e progettualità.
La presidente della Commissione Sanità del Senato, Emilia De Biasi, intervenuta alla presentazione
dell'Agenda, ha annunciato una mozione che impegni Governo e Parlamento a tradurre in azioni concrete le
richieste.
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In Italia Fonti: Aism, Censis 2014, Doxa 2013 Corriere della Sera 75 mila Le persone con sclerosi multipla
2,7 il costo sociale annuo della malattia miliardi di euro La quota di malati che ha avuto difficoltà lavorative in
conseguenza malattia 72% La percentuale che ha abbandonato il posto di lavoro 52,9% La quota di italiani
che non conosce correttamente la sclerosi multipla 75%
Foto: Associazione italiana sclerosi multipla www.aism.it
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Sclerosi multipla , i malati chiedono uniformità delle cure
31/05/2015
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NOVA
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I Big data nella salute
Aumentano i budget per la digitalizzazione in ambito sanitario ma l'Italia sui grandi numeri è ancora molto
indietro
Biagio Simonetta
a L'analisi dei Big Data può essere applicata in molti settori. Dallo sport al commercio, dall'istruzione alla
sicurezza. Eppure ce n'è uno in particolare che, per potenzialità e benefici collettivi, sembra essere quello più
importante: la sanità. I grandi dati non strutturati saranno elaborati da algoritmi sempre più sofisticati e
diventeranno preziosi per la salute degli esseri umani. Miglioreranno le diagnosi, le cure, l'approccio medico a
una patologia. Ma saranno anche in grado di tenere sotto controllo i processi di diffusione di nuove epidemie.
La prevenzione sarà l'arma in più, insomma. Ma anche la gestione dei casi clinici migliorerà notevolmente
grazie a datacenter zeppi di analogie dai quali pescare. Prescrivere una terapia efficace contro l'ipertensione,
ad esempio, sarà un gioco da ragazzi quando un medico potrà confrontare il quadro clinico del suo paziente
con milioni di altri casi disponibili su un cloud. Succederà nei prossimi anni, anche se l'applicazione dei Big
Data in ambito sanitario in alcuni contesti è già realtà. A regime, secondo una ricerca condotta da NetApp,
questa tecnologia potrà condurre a un risparmio della spesa sanitaria globale stimabile in 450 miliardi di
dollari annui. Quella attuale, tuttavia, è una fase embrionale. Una fase in cui i metodi di raccolta cominciano a
essere importanti, mentre quelli di analisi sono ancora in ritardo, tanto che durante un recente summit svoltosi
a San Francisco su sanità e tecnologia, il dottor David Kaelber, uno degli esperti di MetroHealth, ha detto che
il sistema sanitario sarà in grado di sfruttare appieno l'analisi dei Big Data solo nel 2040. Intanto sappiamo
che il corpo umano è una macchina in grado di produrre una quantità enorme di dati. Ognuno di noi - se
monitorato da sensori - può generare 150mila miliardi di Gb di informazioni. E con l'evoluzione dei device,
questo processo crescerà ulteriormente. Sempre secondo NetApp, entro il 2020, le organizzazioni sanitarie
useranno 25.000 petabyte di dati, che vuol dire 50 volte i dati disponibili oggi. Ed è curioso scoprire che un
elettrocardiogramma raccoglie circa 1.000 punti di dati al secondo, mentre una comunissima TAC 3D genera
un gigabyte di informazioni. Anche Ibm, qualche settimana fa, si è concentrata sul fenomeno Big data in
ambito sanitario. E il suo studio ci dice che sono già 16mila gli ospedali in tutto il mondo che raccolgono dati
dai loro pazienti, mentre saranno 4,9 milioni le persone che saranno controllate da remoto entro il 2016.
Questa è la teoria. La pratica, soprattutto in Italia, è ancora un'altra cosa. Le cifre dicono che il 2014 è stato
un anno importante per la digitalizzazione in ambito sanitario, e la spesa complessiva ha raggiunto quota
1,37 miliardi di euro. Tutti gli attori del sistema sanitario hanno incrementato i loro budget dedicati
all'innovazione digitale, dice una ricerca curata dall'Osservatorio Innovazione digitale in Sanità del Politecnico
di Milano. Ma di Big Data nemmeno l'ombra. Mariano Corso, responsabile scientifico dell'Osservatorio, non
ha dubbi: «La strada per l'innovazione è ancora lunga». Corso, che reputa il 2014 un anno «comunque
positivo», non nasconde tutti i limiti del sistema «Rispetto all'applicazione dei Big Data - dice - diciamo che da
noi è un settore che attira grande attenzione ma per ora poca concretezza. Ed è un peccato, perché i dati si
prestano moltissimo all'ambito sanitario, e possono generare risparmi di spesa enormi». Il problema,
probabilmente, è a monte. «In Italia - ci dice Corso - gli investimenti digitali in ambito sanitario sono per lo più
decisi a livello di azienda sanitaria. E in questo senso la frammentazione è notevole. E poi, diciamocelo, un
direttore sanitario che ha un ruolo a scadenza, difficilmente sceglie di investire tanto danaro in innovazione a
lungo termine». Si vivacchia, insomma. E intanto i grandi player di tecnologie sanitarie ci girano alla larga
«perché ritengono che il nostro mercato non sia interessante» conferma il responsabile dell'Osservatorio che
punta il dito contro la frammentazione: «Ogni azienda sanitaria decide per sé, e questo è inconcepibile.
Esistono differenze importanti fra regioni diverse. Abbiamo realtà come Lombardia, Emilia Romagna, Trentino
Alto Adige e Veneto che sono al passo con il resto d'Europa. Di contro ci sono Regioni con deficit enormi nel
comparto sanitario che non investono niente in digitalizzazione». Siamo lontani anni luce, insomma, dalla
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Cloud computing Deep learning Analytics
31/05/2015
Pag. 12
NOVA
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tiratura:405061
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Silicon Valley delle startup che lavorano a stretto contatto con il sistema sanitario statunitense fra analisi di
dati e deep learning. «Lì - commenta Corso - le startup che lavorano in ambito sanitario sono tantissime, e
con grandi prospettive di successo. In Italia, purtroppo, il codice degli appalti e le prassi utilizzate dalle
aziende sanitarie tendono a schiacciare le gare verso meccanismi di acquisto al massimo ribasso, dove il
prezzo è l'unica cosa che conta. E per questo non si riesce a fare né qualità, né innovazione». E' necessario
cambiare metodi, abitudini e strutture, insomma. E bisogna farlo presto. Perché potenzialità sono enormi,
mentre la realtà è ancora un'altra cosa.
mln
16 O S P E D A L I Sono gli ospedali nel mondo che raccolgono dati dai pazienti
80% D A T I N O N S T R U T T U R A T I Nell'80% dei casi i dati sulla sanità sono stati raccolti in formati e
modalità diverse
mln
4,9 P A Z I E N T I M O N I T O R A T I Nel mondo sono i pazienti che utilizzano device specializzati per il
monitoraggio
mld
150.000 I D A T I D E L C O R P O l corpo umano produce fino a 150.000 miliardi di GB di informazioni
25.000 I D A T I A N A L I Z Z A T I Entro il 2020, le organizzazioni sanitarie useranno 25.000 petabyte di dati,
1.000 I N F O R M A Z I O N I D A E C G Un dispositivo ECG standard raccoglie circa 1.000 punti di dati al
secondo
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DOMENICA
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I mille volti della follia
Lo psichiatra Elliot Barker rifiutava l'idea di trattare i pazzi con quei farmaci che creano una popolazione di
quasi-zombi che vaga nei vari reparti psichiatrici
Patrick McGrath
Una volta sono stato impiegato in una struttura psichiatrica di massima sicurezza nel Canada settentrionale,
chiamata Oakridge. Avevo ventun'anni, lavoravo con adolescenti seriamente disturbati, il cui comportamento
violento aveva reso necessario che vivessero in un reparto chiuso e sotto stretta sorveglianza. Poco istruiti,
avevano conosciuto esclusivamente la violenza di case caotiche o del tutto assenti. Molti fra loro erano
cresciuti passando da un istituto all'altro. Questi adolescenti arrabbiati, bisognosi e spaventati cercavano
disperatamente attenzioni e con facilità si lasciavano prendere da accessi di furore: spesso insultavano i
sorveglianti e venivano immediatamente sedati e gettati in isolamento. Erano gli esseri umani più tristi che
avessi mai incontrato, non potevo pensare a un luogo peggiore di quello dove si trovavano. Sembrava non
potessero cadere più in basso. Erano pazzi? No. Solo vittime di anni di abusi fisici e psicologici e di
abbandono. La follia era altrove, in questo manicomio a circa cento miglia a nord di Toronto. Era nell'Unità di
Terapia Sociale, o UTS, che ospitava un gruppo di pazienti molto diversi. Giovani uomini intelligenti,
dall'eloquio forbito, ai quali erano state diagnosticate schizofrenia, psicopatia o disturbo della personalità
borderline. Molti avevano commesso omicidi o altri strani crimini violenti ed erano stati assolti per infermità
mentale. Soffrivano di manie e allucinazioni, incapacità di raziocinio e paranoia: per il pubblico erano mostri.
Nella UTS, tuttavia, prevaleva un'altra visione: lo psichiatra Elliot Barker considerava queste persone come
vittime di forze sociali sulle quali avevano ben poco controllo. Rifiutava l'idea della pazzia come una malattia
da trattare con quel tipo di farmaci che crea una popolazione di quasizombie che si trascinano nei reparti dei
tradizionali ospedali psichiatrici. Ben diversamente, egli intravedeva in queste persone la possibilità di
crescere e, cosa ancor più importante, di aiutarsi a vicenda nel percorso di crescita. Quando uno psicotico
veniva ammesso all'Unità di Terapia Sociale, invece di essere sedato veniva legato con manette di tela ad un
altro uomo, uno che conosceva la filosofia di quell'Unità. Il nuovo arrivato iniziava così la sua istruzione con i
metodi della UTS. Venivano impiegate diverse tecniche terapeutiche radicali in quell'Unità. Era abolita la
distinzione fra personale e pazienti, non c'erano uniformi, ciascuno aveva voce in capitolo nelle decisioni che
lo riguardavano. Si insegnava la meditazione zen e si somministravano farmaci psichedelici per consentire
l'interruzione delle precedenti, distruttive strutture di pensiero e di comportamento. Il luogo più impressionante
della UTS era probabilmente la stanza chiamata "Capsula". Elliot Barker era convinto che il problema di
questi uomini fosse non tanto la malattia mentale quanto una profonda distorsione o deformità nello sviluppo
della psiche, responsabile della creazione di un falso sé, dal quale era emersa la "follia". Se fosse stato
possibile distruggerlo, spazzarlo via, forse si sarebbe aperto uno spiraglio per un modo di essere più
autentico. La Capsula era una stanza ampia senza finestre, dove un gruppo di uomini viveva insieme per
giorni o persino settimane: dormivano lì, senza vestiti, il cibo era consegnato attraverso dei portelli. Alcuni dei
partecipanti erano membri del personale, altri pazienti/terapeuti esperti, altri ancora ultimi arrivati nell'Unità.
Senza potenziali distrazioni, dovevano cercare di liberarsi dai ruoli appresi in società e progredire fino a uno
stato di totale onestà emozionale, esprimendo bisogni primari repressi fin dalla prima infanzia. Nella Capsula
era loro consentito di disintegrarsi come esseri sociali e affrontare il dolore alla base delle proprie vite quindi,
con l'aiuto dei compagni,
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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speleologi della psiche
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Dal 1990 a oggi guadagnati sei anni le femmine arrivano a 85, i maschi a 80 "Migliore la sopravvivenza alle
malattie" I dati contenuti nell'ultimo rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità Il 2015 è l'ultimo anno
per raggiungere gli obiettivi del millennio, fissati nel 2000 dall'Onu
SILVIA BENCIVELLI
ITALIANI: sani, longevi, cioè privilegiati. Ce lo dicono i dati sulla salute globale pubblicati dall'Organizzazione
Mondiale della Sanità nella sua World Health Statistics 2015: centosessanta pagine di numeri che
fotografano un'umanità sempre più sana, in cui però c'è qualcuno che è decisamente più sano degli altri.
Cioè noi.
L'Italia conquista quest'anno il secondo posto al mondo per speranza media di vita alla nascita, con un
guadagno di ben sei anni dal 1990 a oggi. Significa che chi nasce oggi in Italia può ragionevolmente sperare
di vivere fino a 83 anni, contro gli 84 di un piccolo giapponese, medaglia d'oro di longevità. E soprattutto
controi 77 di un italiano nato quindici anni prima. Tra i dati interessanti, c'è poi da sottolineare che è diminuita
la differenza tra maschi e femmine, perché mentre oggi una bambina ha una speranza di 85 anni e un
bambino di 80 (e 83è un dato medio), quindici anni fa la forchetta era di un anno più larga, con le femminucce
che potevano sperare negli 80 anni e i maschietti nei 74.
«Nonè solo un buon dato per la sanità italiana- spiega Giuseppe Costa, epidemiologo dell'Università di
Torino - ma per la società tutta. Ed è un buon dato che non giunge inatteso». Noi italiani siamo sempre stati
tra i primi della classe, nelle statistiche su salute e longevità. Soprattutto perché abbiamo un rischio vascolare
mediamente più basso degli altri e abitudini alimentari ancora decenti, più o meno su tutte le fasce della
popolazione. Come noi, questo vale per molti europei, in particolari quelli dell'Europa latina, come Spagna
(con cui dividiamo il posto sul podio) e Francia (medaglia di bronzo). «Poi noi italiani abbiamo una lunga
tradizione di servizio sanitario universalistico. E, come tanti paesi occidentali, abbiamo migliorato la
sopravvivenza alle malattie cardio e cerebrovascolari e ai tumori, e ridotto la mortalità alla nascita.
Per tutti, o quasi, i nostri cittadini». Per di più, «noi abbiamo flussi di immigrati più bassi di altri paesi europei,
e gli immigrati e i rifugiati hanno situazioni di salute peggiori delle nostre che pesano su queste statistiche».
Infine, stiamo vedendo invecchiare fasce di popolazione nate nell'immediato secondo dopoguerra «che
hanno vissuto in condizioni significativamente migliori di quelle dei propri genitori. Per cui si portano dietro un
capitale di salute importante, fatto non solo di stili di vita ma anche di tecnologie (come il frigorifero)e di
miglioramenti di condizioni ambientali, alimentari, di lavoro, che ne migliorano significativamente la
sopravvivenza». E il resto del mondo? Il resto del mondo benino. Anche su scala globale si osserva un
aumento della speranza di vita media di sei anni, ma la distribuzione è tutt'altro che omogenea. Per esempio,
vedendo il dato sulla speranza di vita alla nascita medio per la regione africana si notano ben ventisette anni
di differenza rispetto a noi. Cioè: un bambino africano nato oggi ha ventisette anni in meno di speranza di vita
rispetto al nostro di cui sopra. Però complessivamente le cose migliorano. Il 2015 è l'ultimo anno per
raggiungere gli obiettivi del millennio, quei target globali di salute che ci eravamo prefissati nel 2000 sotto il
governo dell'Onu.E per alcuni di questi si può essere soddisfatti. Ci si aspetta, infatti, che entro la fine
dell'anno si centrino gli obiettivi sul contenimento dell'epidemia da Hiv - Aids, sulla malariae sulla tubercolosi.
E aumenta anche il numero di persone che hanno accesso all'acqua potabile.
Abbiamo fatto meno passi avanti sulla malnutrizione infantile (calata solo del 40% su scala globale) e sulla
mortalità neonatale nei paesi poveri.
Cioè mentre in Italia e in tutti i paesi europei siamo passati da circa 6 del 1990 a 2, o addirittura a 1, nei
paesi meno fortunati si continua a osservare una mortalità importante nei bambini sotto ai cinque anni per
malattie prevenibili, come la polmonite e la diarrea, e un accesso alle terapie antibiotiche ancora limitato a un
bambino su tre. Si è poi dimezzato il numero di donne morte per complicazioni durante gravidanza e parto.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Salute da record solo i giapponesi battono gli italiani per longevità
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Ma è un dato medio, che non racconta di come in alcuni paesi più poveri sia cambiato poco o niente.
L'aspettativa di vita alla nascita (ambo i sessi) L'aspettativa di vita in salute in Italia (anni di vita in buona
salute) Gia pp one Ando rr a Aus tra lia ITA LIA San Mar ino Sing apo re Spa gna Svi zzera Cana da Cipr o
Fra nci a Isla nda Isr ael e Luss emb urgo Mon aco Nuo va Z ela nda Nor veg ia Cor ea del Su d Svezia Asia
Europa America Africa Oceania 84 83 83 83 ITA LIA 73 83 83 Sing apo re 76 83 Spa gna 73 83 82 82 82 82
82 82 82 82 82 82 82 La di!erenza tra i sessi nell'aspettativa di vita alla nascita in Italia nel 1990 oggi UOMINI
80 DONNE 85 74 80 77 anni ambosessi 1° 2° L'indice di mortalità tra gli adulti in Italia L'aspettativa di vita nel
mondo I FUMATORI IN ITALIA GLI OBESI IN ITALIA (probabilità di morte tra 15 e 60 anni, per 1.000 abitanti)
(aspettativa di vita alla nascita) nel 1990 oggi UOMINI 69 DONNE 38 129 60 nel 1990 oggi UOMINI 68
DONNE 73 62 67 LA DIFFERENZA TRA REGIONI DEL MONDO in Europa la media è di 76 anni, in Nord
America di 77, in Africa di 56 (vent'anni di meno) 29,1 19,8 20,4 21,6 [email protected]
ACCESSO AI FARMACI E AI SERVIZI SANITARI Restano ancora grandi disparità tra Paesi ricchi e Paesi
poveri: alcuni Paesi poveri spendono per la salute dei propri cittadini meno del 5% del pil 2‰ Italia e altri
Paesi europei La mortalità neonatale (probabilità di morte appena nati, per 1.000 nati vivi) FONTE OMS 6‰
Nel 1990 era del 6‰ PER SAPERNE DI PIÙ www.who.int www.repubblica.it
31/05/2015
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L'allarme alla Giornata mondiale senza tabacco che si celebra oggi, ecco il primo studio sulla sigaretta
elettronica
RAPHAËL ZANOTTI
«Le politiche di prevenzione contro il fumo degli ultimi dieci anni hanno fallito». Lapidaria, Roberta Pacifici,
direttrice dell'Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell'Istituto Superiore della Sanità, ha spiegato al XVII
Congresso nazionale sul Tabagismo che no, così non va. In Italia l'ultima vittoria contro il fumo risale alla
legge Sirchia. Da allora il numero dei fumatori in Italia è rimasto costante: circa 11 milioni, un quinto della
popolazione con più di 15 anni. Nella Giornata mondiale senza tabacco, l'Italia festeggia un primato effimero:
da noi si fuma meno che nel resto d'Europa (dove la media è del 26% con greci e bulgari pecore nere
rispettivamente al 38 e al 35%), ma è anche vero che per la prima volta in dieci anni aumenta la vendita di
sigarette (+0,5%). Ciò che preoccupa è invece lo stallo: l'età media dei fumatori è 44,7 anni, quella a cui si
inizia 18, quella a cui si smette 42. Significa che ogni anno un certo numero di persone smette di fumare, ma
viene subito sostituito da un ugual numero di giovani che inizia. E allora ecco spiegato l'allarme lanciato dalla
professoressa Pacifici. Perché per capire la portata del problema basterebbe citare alcuni numeri. In questi
giorni si parla di omicidio stradale e l'allarme sociale è altissimo. Secondo gli ultimi dati Aci, però, nel 2013 si
sono contate 3.385 vittime sulle strade italiane. Ogni anno, invece, per patologie legate al tabagismo, i morti
oscillano tra i 73 e gli 80.000. Con relativi costi per il Welfare (ovviamente tacendo il dato più importante,
quello della perdita di vite umane). «Si può migliorare attraverso nuovi interventi legislativi» spinge la
speranza Silvio Garattini, direttore dell'istituto Mario Negri. Ma mentre la Francia annuncia il prossimo divieto
di fumo nei parchi con bambini a partire dalla prossima estate, in Italia ogni proposta di legge che ponesse
dei divieti ha avuto vita travagliata e si è arenata. I centri antifumo zoppicano. Ogni anno trattano 20.000
persone, ma raramente la percentuale di chi smette supera il 50%. Che fare? La scienza medica ha deciso di
provare un'altra strada, quella della riduzione del danno. Se non si riesce a far smettere i fumatori incalliti,
almeno si limiti il rischio. E così è nato il primo studio medicale assistito di uso della sigaretta elettronica come
sostituto delle «bionde» tradizionali. Protagonista di una vera e propria moda qualche anno fa, l'e-cig ha
perso appeal. Nel 2013 la usava il 4,2%, sceso all'1,6% del 2014 e all'1,1% del 2015. I punti vendita sono
crollati da 3000 nel 2013 a 1200 nel 2014. Ora è il campo scientifico a cercare di recuperarla. Lo studio
condotto dal professor Fabio Beatrice dell'Asl To 2 insieme allo stesso Iss è stato condotto su 34 soggetti che
fumavano una media di 22 sigarette al giorno da 22 anni e presentavano un valore di monossido di carbonio
di 2.6. Dopo 8 mesi il 53% dei pazienti ha eliminato le sigarette tradizionali con un valore medio di monossido
di carbonio a 0,27 (come quello di un non fumatore) e valori di nicotina simili a quelli precedenti. Nel 23,5%
dei casi si è passati da 22 a 5 sigarette al giorno con valori di monossido pari a 0,82. Nel restante 23,5% a
sette sigarette e mezzo con valori a 1,89. «Lo studio è tutt'ora in corso spiega il professor Beatrice affronteremo ora la fase di abbassamento della nicotina». Eliminare i prodotti da combustione, si calcola,
eviterebbe ogni anno 42.000 morti.
Foto: Giovani fumatori
Foto: In Italia l'età media dei fumatori è 44,7 anni, quella a cui si inizia 18, quella a cui si smette 42. Significa
che ogni anno un certo numero di persone smette di fumare, ma viene subito sostituito da un ugual numero di
giovani che inizia
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Ma in Italia i ragazzi continuano a fumare
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"La mia guerra sul fronte del cancro"*
MIMMO CÁNDITO
Sto bene. Ma ho un tumore nel polmone. Sì, ho un tumore al polmone destro. Punto. Non credo proprio che
sia una notizia d'interesse (tranne che per me, naturalmente), eppure voglio parlarne, e parlarne
pubblicamente. Ma, questo, per scuotere i tanti che - appena io dico «mi hanno trovato un tumore» - fanno
doverosamente la faccia di circostanza, e abbassano il volume, e il tono, delle loro parole. Come si fa tra
persone sensibili quando si parla a un morto, anche se è un morto che cammina. Parto da lontano, alcuni
anni fa.Erano più omeno questi giorni, e stavo a Miami; seguivo per la «Stampa » la storia dei cubani esiliati e
i loro sentimenti verso l'isola che avevano dovuto abbandonare. Insomma, scrivevo al computer: le interviste,
gli incontri, le facce, le storie, e però, quandomi piegavo verso il pc e la tastiera, provavo subito un forte
dolore, dietro, tra nuca e spalle. Sarà la cervicale, pensavo. Andai in ospedale, da una mia amicamedica di
laggiù. La diagnosi Mi portò da un suo collega, il quale confermò la mia supposizione. «Facciamo comunque
una piccola radiografia, per valutare lo schiacciamento delle vertebre». Quando, dopo, fissò la lastra sullo
schermo, controluce, fece però una brutta faccia. E stette zitto. Per trent'anni, allora, il mio lavoro di
corrispondente di guerra mi aveva portato a camminare con occhi angosciati lungo i passi della morte, dentro
guerre combattute nella verità nuda di chi ammazza o è ammazzato, tra teste squarciate e pance aperte,
gambe mozzate, banchetti di mosche sulle budella ingrigite dal sole, e merda e macerie dovunque. Non
poteva certo impressionarmi una vaga idea della morte sospesa nel lindore della cameretta sterile e ben in
ordine d'un ospedale americano. Per questo ero sereno, quando dissi: «Com'è serio, dottore. C'è qualche
brutta storia?». Mi guardò un attimo, poi indicò un punto della lastra, che inquadrava il collo e la parte alta de l
torace. «Questa macchia biancastra, qui, vede, non dovrebbe esserci. Non lo so davvero, però potrebbe
anche essere un tumore». In America vanno giù diretti; il medico ti spiffera subito tutto, senza reticenze négiri
di parole, per evitare poi vertenze legali e i milioni di dollari che magari gli toccherebbe pagare per danni
(«Eh, se me lo diceva subito...»). Mi guardò molto serio, e scosse la testa. «Potrebbe essere». La
prevenzione (Prima considerazione) Il tumore, spesso, non sai d'averlo. Ci convivi, lui ti lavora dentro, e
quando, alla fine, magari per un qualche accidente che non c'entra nulla, i medici lo scoprono, è ormai troppo
tardi. La prevenzione, oggi lo sappiamo, diventa un atto fondamentale. L'ospedale era il «Mount Sinai», un
ospedale privato. Mi chiesero se avessi la carta di credito. Certo, ce l'ho, e in pochi minuti mi ritrovai su una
barella; veloci, mi portarono per il corridoio a fare una Tac. Poi, mi lasciarono nel lettino d'una cameretta,
improvvisamente da solo, la luce abbagliante della Florida nel cielo della finestra. Ero arrivato all'ospedale per
un banale controllo, le braghe corte, la t-shirt, le espadrillas; e ora dovevo chiedermi se stavo per morire.
(Seconda riflessione) Come ci si comporta? mi chiedevo. Se muori in guerra, non hai domande da fare.Ma se
invece ti vengono a dire che devi morire, e ti lasciano lì che nemmeno sai ancora se però sia vero o no, che
si fa? E alla moglie, come lo si comunica? Imbarazzo serio.Ma anche (Terza riflessione): hanno detto che
«pare» che sia un tumore, e però, per te e per tutti, «tumore» significa che sei morto, che cammini e pensi e ti
agiti e fuori c'è il sole, ma però sei giàmorto. Perché, nella tua testa, nella testa di tutti, il tumore è la
condanna definitiva. Entrò un dottore, il camice bianco, un sorriso appena accennato. Mi diede la mano e si
presentò. Poi, senza quasi una pausa, aggiunse guardandomi negli occhi: «Dear Mr. Cándìto, devo dirle che
il suo è davvero un tumore. Ma questo suo tumore è inasportabile. Lei non ha speranze di vita». Mi diede
nuovamente la mano, questa volta senza nemmeno l'ombra di un sorriso. E andò via. (Quarta riflessione) E'
dunque vero che tumore significa morte, pensai come chiunque, scacciando dalla mia testa la speranza
nascosta che, però, alla fine tutto si aggiusta. L'illusione che tocchi sempre a un altro, ma non a te. Ora,
all'improvviso, non era questione di partire per andare in guerra e avere l'abitudine a pensare in astratto che,
sì la morte ti può anche agguantare, ma dentro di te sei sicuro che mai arriverà; e invece ora no, lamorte era
lì, su quel lettino, morte vera e non pensiero astratto. All'improvviso diventavi uno qualunque al quale hanno
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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LA STORIA
31/05/2015
Pag. 1
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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appena detto che sta per morire, e non c'è muretto dietro il quale proteggersi dai colpi di kalashnikov o dal
razzo che sibila nell'aria e sta per pioverti addosso. Morire, e basta. La sperimentazione (Quinta riflessione,
però di oggi. No, non è affatto così, il tumore non è una condanna a morte; io imparai ad apprenderlo, in quei
giorni, e per questo ora scrivo queste righe). La mia amica medica convinse il suo collega oncologo a fare
«anche l'impossibile». Lui, il dottor Rogerio Lilembaum, uno scienziato di punta, vista l'«impossibilità» del mio
caso, non applicò il protocollo, cioè quelle norme terapeutiche già comprovate per ciascun tipo di tumore e
che sono comuni ovunque, in America come in Italia o in Ucraina. Tentò un «trial», una sperimentazione.
L'esame istologico mostrava che nei vetrini c'erano tracce di metalli pesanti, titanio, uranio, e altro che
comunque non sta nella vita quotidiana ma si trova soltanto in guerra; probabilmente, erano tracce d'una
contaminazione, l'Afghanistan forse, o forse l'Iraq, o la Somalia, come tanti veterani dei marines o anche tanti
soldati italiani in Kosovo. Lavorando con il computer sulla specificità del mio organismo e sull'eziologia del
tumore, e adeguando a questo la terapia, mi dettò 45 sedute di radiazioni, e 6 cicli di chemioterapia mirata
nel dosaggio delle componenti. Furono mesi molto duri. (Sesta considerazione) Chi è malato di cancro vuole
che si rompa la cortina di commiserazione che lo circonda, non accetta l'esorcismo pavido di chi non vuol mai
usare la parola «tumore» e ripiega su «il brutto male»; non chiede pietà, e nemmeno l'insopportabile ipocrisia
di chi dice «coraggio» e di nascosto fa gli scongiuri, vuole soltanto la comprensione d'un sentire comune
perché il tumore viene vissuto - da chi lo ha - come una malattia «sociale», qualcosa che non appartiene
soltanto al malato ma fa parte d'una dimensione psicologica ed emotiva più ampia, che va anche al di là della
cerchia familiare.La solidarietà Mandai perciò un sms a tutti i miei compagni di vita, gli inviati speciali con cui
avevamo raccontato guerre e uomini nelle terre del mondo. Risposero tutti, subito; e poi, per non affaticarmi,
delegarono uno di loro - Vittorio Dell'Uva, del«Mattino» - a seguire per tutti il mio problema, perché, se era
una guerra ad avermi segnato, la guerra era stata un tempo vissuto in comune e il mio problema apparteneva
perciò a tutti. L'oncologo, intanto, mi aveva suggerito che, per quanto possibile, nonmi facessi condizionare
dalla consapevolezza del tumore. Seguivo sì una terapia, ma dovevo fingere a me stesso che tutto fosse
come prima, prima di quella diagnosi imprevista.Io a quel tempo, almattino, tutte le mattine, facevo mezz'ora
di nuoto, 25 vasche in piscina. Dovevo continuare a farlo, anche se la chemio era davvero distruttiva. Mi
costava fatica ma dovevo continuare. E però un giorno che la terapia mi aveva stancato molto, arrivai
all'undicesima vasca e dovetti smettere subito, per non affogare: non riuscivo più a respirare. Risalii
dall'acqua e mi stesi a meditare. Sentivo la mia impotenza, avvertivo il tumore come una sfida perduta. E
dunque c'ero arrivato, dovevo proprio morire.La svolta Ma invece no, mi dissi di no, scesi di nuovo in piscina,
ripartii a nuotare e a contare: una vasca, due vasche, tre vasche. Arrivai alla numero 25, e dissi a me stesso:
ora fagli vedere tu, al tumore, chi è più forte. Nuotai ininterrottamente per 55 vasche, un'ora e passa. E
quando uscii dall'acqua, sapevo dentro di me che io avrei vinto, non il tumore. E vinsi io. Il «trial» di
Lilenbaum ebbe incredibilmente successo, diventò subito un «protocollo» comunicato nei congressi
internazionali, all'interno di un 5 per cento dei successi a livello mondiale. E il tumore «inasportabile» mi fu
asportato con un intervento molto rischioso. (Settima considerazione) Nella battaglia individuale contro il
tumore, la componente psicologica è fondamentale. Il lavoro di Lilenbaum è stato preziosissimo, però ho
imparato che la forza, l'energia, che scateni dal cervello, la tua volontà di non cedere al dominio del cancro, è
una componente essenziale della terapia medica. L'altro ieri però, dopo i controlli periodici di tutti questi anni,
controlli sempre «negativi», l'ultima Pet ha scoperto che ho di nuovo un tumore, nell'altro polmone, il solo che
mi è rimasto. Inizierò presto la terapia, e non ho alcuna paura. Quando mi chiedono come sto, rispondo: «Sto
bene, ho un tumore ma sto bene». Lo chiamo con il suo nome, tumore, e so che posso batterlo. Voglio però
che lo sappiano anche quelli che hanno un tumore, e i loro familiari, e i loro amici. Perché devono imparare
che si possono nuotare 55 vasche, e alla fine anche si vince.
Foto: Toglietemi tutto ma non il sorriso Il blog di Anna Lisa Russo (diventato poi un libro di Mondadori) in cui
racconta con ironia e coraggio la sua battaglia contro il cancro Stazione di sosta Cronaca di un cancro Il libro
di Marco Neirotti, inviato de «La Stampa», è una cronaca autobiografica di un cancro, un viaggio della mente
31/05/2015
Pag. 1
diffusione:309253
tiratura:418328
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più che un resoconto oggettivo Inviato di guerra Mimmo Cándito scrive per «La Stampa» dal 1970
Foto: CORBIS Fusti di uranio impoverito in Iraq: probabilmente sono all'origine del tumore di Cándito
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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31/05/2015
Pag. 13
diffusione:309253
tiratura:418328
Così Gigi Ghirotti raccontò l'arroganza degli ospedali, i pazienti tenuti all'oscuro, la sofferenza gratuita
MARCO NEIROTTI TORINO
Otto parole colmarono di stupore e sgomento l'Italia: «Ho un cancro e lo so. Parliamone insieme». E ra i l 1 9
72 , i l t u m o re e ra spettro dell'irreparabile e non si osava chiamarlo per nome, meglio «male del secolo».
La gente se ne andava come senza una ragione, giacché pochi conoscevano diagnosi e prognosi. E se ne
andava dopo calvari in strutture non al passo, pazienti tra i pazienti, i camici chini sul corpo e non sulla
persona. «Ho un cancro e lo so. Parliamone insieme», scrisse su La Stampa Gigi Ghirotti, inviato di cronaca
e d'inchiesta, aprendo un reportage, «Lungo viaggio nel tunnel della malattia», che proseguì anche in
televisione e divenne libro. Vicentino, uomo ironico, dolce e roccioso, meticoloso e poetico, Ghirotti a 52 anni
seppe subito la verità: linfoma di Hodgkin, che non si aggrediva come oggi, si «inseguiva» nel suo cammino.
Quella sera accompagnò a casa l'amico e collega Vittorio G orresio (che a sua volta fisserà analoga
esperienza negli articoli e nel libro «Costellazione Cancro») e nella passeggiata in piazza Navona anziché
conforto gli chiese di caldeggiare un reportage dagli ospedali pubblici del suo imminente peregrinare. Dal
tunnel di tanti voleva fare quello che aveva fatto sempre sulla cronaca, la politica, il costume. Voleva farlo
essendo uno di loro, con il geometra Elio, il ragazzo di borgata Equilio, il tranviere Rocco, «tutti in palandrana
e pianelle, il viso color tra il grigio e il giallognolo». In pigiama e vestaglia si accucciava in un angolo di
corridoio per non disturbare picchiando sui tasti, un fattorino veniva a ritirare i fogli oppure lui li dettava dal
telefono a gettoni come quando scriveva del «delitto del bitter» o del successo di Mike Bongiorno. E al
giovane amico redattore Alberto Sinigaglia, che quelle testimonianze avrebbe «passato» e titolato, scandiva:
«Ragazzo, al lavoro. Perché ho ancora le mie forze. Il signor Hodgkin la troverà dura». Narrava quanto buio
fosse per pazienti ignari giacché si riteneva che la diagnosi potesse indurre suicidi, quanta sofferenza perché
si centellinava la morfina, quanta tristezza tra locali squallidi e cibo freddo. Cronista delle grandi e piccole
cose, perché quello era il suo mestiere: «Se gli capita di correre un'avventura tra vita e morte in prima
persona e poi non la racconta, direi che quel giornalista è uno che non ha capito nulla. Né del proprio
mestiere, né dei propri doveri di cittadino». Annotava: «E' sconvolgente pensare che negli ospedali, dove più
sarebbe indispensabile la tutela della personalità umana dagli sgarbi, dalle negligenze, dall'arroganza degli
interessi in conflitto, proprio negli ospedali questa tutela non esiste. Basta che l'uomo s'ammali, che sia
disteso su un lettino, e subito gli " i m m o r t a l i p r i n c i p i " d e l l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla
malattia e alle armi per debellarla, se ne vanno in briciole». Gigi Ghirotti è morto il 17 luglio 1974, a 53 anni,
dopo aver sbriciolato la parete di paura e orrore che custodiva «il male del secolo». Da cronista ha illuminato
una palude di inadeguatezza e solitudine e ha sprigionato consapevolezza, l'ha infusa nelle vene sociali
come una chemioterapia delicata, mostrando che una lotta stremante e dall'esito incerto, se non lasciata a se
stessa, è comunque ancora vita.
Foto: Simbolo
Foto: Oggi è la «Giornata nazionale del sollievo» promossa da 14 anni proprio dalla fondazione nazionale
Gigi Ghirotti (in foto sopra) insieme al Ministero della Salute e alla Conferenza delle Regioni per promuovere
il rispetto della dignità della persona malata
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Quel primo reportage dal "tunnel della malattia"
31/05/2015
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tiratura:295190
« Sanità convenzionata in pericolo se il governo non fermerà i tagli»
Umberto Mancini
Pochi lo sanno, ma la sanità convenzionata, quella d'eccellenza s'intende, corre seri rischi se non verranno
stoppati i tagli lineari che dal 2011 incidono sui suoi bilanci per almeno l'1% dei rimborsi. Questo perché offre
servizi di qualità al costo della «tariffa» ministeriale mentre subisce la concorrenza della sanità pubblica che
però non riesce ad essere efficiente. Paolo Rotelli, 26 anni, laureato in management interculturale presso
l'ateneo Sciences Po Aix-en-Provence, che dal 17 giugno assumerà la presidenza del gruppo di famiglia, il
San Donato, primo in Italia nella sanità privata e tra i primi tre in Europa, è categorico: «Se lo Stato si
affidasse agli ospedali convenzionati, ai migliori ovviamente, risparmierebbe in media il 30% e sparirebbero le
odiose liste d'attesa. I privati hanno infatti tutto l'interesse a fare bene, riducendo i tempi e tenendo i bilanci in
ordine». Dopo la scomparsa del padre Giuseppe nel 2013, Paolo è stato catapultato al vertice di un colosso
con 18 ospedali e un fatturato che supera 1,5 miliardi. Rotelli, contro i pronostici dopo soli due anni siete
riusciti mettere in sicurezza il San Raffaele. Dialogare con il governo, soprattutto in materia di tagli alla sanità
, sembra però più complicato. Non si sente un po' Don Chisciotte nel chiedere lo stop a quello che è diventato
un mantra di molti esecutivi? «Andiamo con ordine. Il gruppo San Donato ha 18 ospedali, di cui 17 in
Lombardia. Abbiamo preso il San Raffaele con un passivo di circa 70 milioni, ora ridotto a circa 500 mila
euro. Abbiamo razionalizzato, risparmiando sugli acquisti e sugli appalti mantenendo tutti i dipendenti con
una momentanea riduzione degli stipendi reintegrata una volta risolta la crisi. Ciò, nel mentre la regione
Lombardia riduceva fortemente il suo contributo». Una ricetta di spending che andrebbe applicata a molte
situazioni pubbliche. «Non sta a me dirlo. In ogni caso, il servizio sanitario nazionale è una eccellenza che va
difesa. Un modello unico. Ma se si taglierà ancora temo il disastro, con conseguenze per tutti a cominciare
dai pazienti. Del resto, oggi l'Italia ha una spesa sanitaria contenuta: il 7,2% del Pil contro l'11% di Francia e
Germania». Insomma, spendere meno secondo lei è impossibile? «E' così. Spendere di meno mantenendo
un sistema di assistenza universale è impossibile. E' forte il rischio di diminuire il numero di prestazioni
erogate. L'Italia, come ci ricorda l'ultimo rapporto Oms, è seconda al mondo per la qualità del sistema
sanitario nazionale e per la sua accessibilità. Dovremmo rinunciarvi?». Ma abbiamo letto che nella sanità gli
utili sono alti..... In realtà no, perché gli utili, che nel nostro gruppo da trenta anni reinvestiamo totalmente,
devono coprire, a differenza di quanto succede nel pubblico, tutti gli investimenti necessari ad acquistare le
ultime tecnologie e ristrutturare gli ospedali. Nei prossimi 3 anni noi investiremo oltre 200 milioni per il
Galeazzi, il San Donato e il San Raffaele. Consideri che nel pubblico tutto questo è' finanziato dallo Stato».
Lei però afferma anche i tagli non colpiscono tutti... «Ogni ospedale, pubblico o privato, ha un tetto di
produzione fissato con il servizio sanitario. E deve assicurare la continuità del servizio per dodici mesi. Se un
ospedale privato supera il budget non è pagato per quello che fa in più. Se un ospedale pubblico va in
passivo, il suo sbilancio viene automaticamente ripianato a fine anno. A livello nazionale questo pesa per
circa il 30% della spesa. Quindi se si tagliano 100 euro di spesa, al pubblico non interessa perché i suoi
bilanci vengono comunque ripianati; per il settore privato, se si tagliano 100 euro saranno 100 euro di
prestazioni in meno». Ma tagliare la spesa pubblica è una scelta senza vere alternative. Che cosa dovrebbe
fare la sanità pubblica per fermare le forbici del governo? «Se il settore pubblico ci prendesse come pietra di
paragone quanto a costi ed efficienza, si potrebbero avere notevoli miglioramenti sia nel servizio al cittadino
che nei conti dello Stato». Torniamo al San Raffaele, il gruppo fondato da Don Verzè e travolto dai debiti.
Poco prima di morire suo padre offrì 405 milioni per rilevarlo. Una scelta che allora per molti fu un azzardo.
Senza conoscere l'esito odierno, lei l'avrebbe fatta? «L'obiettivo di mio padre era di riuscire a risanare il San
Raffaele già nel 2014. Non siamo riusciti a farlo solo perché nel 2013, dopo il nostro acquisto, la Regione
tagliò di netto 30 milioni di contributi. Nondimeno, già nel 2014 siamo riusciti a ridurre il rosso da 70 a meno di
10 milioni. Sarebbe stata una scelta azzardata se avessimo saputo prima dei tagli. Ma adesso che siamo in
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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L'intervista Paolo Rotelli (Presidente gruppo S.Donato)
31/05/2015
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SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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zona equilibrio non possiamo permetterci di subire altre erosioni».
Foto: Paolo Rotelli, presidente in pectore del gruppo ospedaliero San Donato
Foto: IL NOSTRO GRUPPO HA MESSO IN SICUREZZA IL SAN RAFFAELE SOLO CON LE PROPRIE
FORZE MA NUOVE EROSIONI SAREBBERO FATALI
31/05/2015
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tiratura:151233
MASSIMO IONDINI
Non servono super poteri per salvare una vita, basta una firma». È lo slogan dell'odierna Giornata della
donazione e trapianto di organi e tessuti. Una Giornata mondiale, che da noi vedrà in varie piazze campagne
e iniziative di sensibilizzazione, perché sempre più italiani sappiano che è sufficiente un semplice "sì" per
diventare donatori di vita e seminatori di speranza. Tra le iniziative però, a causa del "buio" pre-elettorale
previsto dalla legge, manca lo spot tv pro-donazione che sulle reti Rai era andato in onda due mesi fa. Lo
spot tornerà in estate. Ma per il ministero della Salute, il Centro nazionale trapianti, la Società italiana trapianti
d'organo, l'Aido, le istituzioni e associazioni coinvolte in questa rivoluzione culturale, civile e umanitaria, si
punta a far diventare la "stagione" della donazione perenne. Frattanto l'anno scorso c'è stata ancora una
piccola crescita del 4%. Ma non basta, l'Italia è solo al settimo posto in Europa. Nel 2014 i trapianti effettuati
sono stati 2.985, dei quali 236 da vivente (reni, fegato o polmone), e i donatori sono stati 2.346. Al momento
sono 1.435.547 i cittadini che hanno espresso il proprio consenso alla donazione di organi. A frenare questo
atto di umanità e amore c'è però ancora una certa diffidenza. E in questo l'Italia è spaccata in due: il
Mezzogiorno è in forte ritardo, dovuto anche alla carenza di efficienza ospedaliera e di servizi sanitari, che
generano diffuso pessimismo e sfiducia. Al fattore culturale si aggiunge però anche una insufficiente
organizzazione a livello nazionale delle rianimazioni degli ospedali: troppo spesso c'è una mancata o non
tempestiva segnalazione al Cnt di persone in fin di vita che sarebbero potenziali donatori. Intanto l'elenco di
chi attende è sempre più lungo. A oggi sono 9.244 l le persone in lista d'attesa di trapianto d'organo. Tre
quarti di essi attendono un rene, il 12% il fegato, oltre l'8% il cuore, il 4% i polmoni e il 2,5 il pancreas. Ma
come si fa a vincere la ritrosia di molti verso la donazione? «Intanto è necessario sapere che deve sempre
esserci la certezza della morte del donatore - spiega Elisabetta Masturzo, responsabile del prelievo di organo
all'Ospedale Niguarda di Milano - e in questo senso la giurisprudenza italiana è tra le più restrittive. La morte
si identifica con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni del cervello, deve esserci cioè l'assenza di
attività elettrica cerebrale. E la durata dell'osservazione da parte dei medici di questa condizione deve essere
per legge non inferiore a sei ore. Detto questo, per donare basta un semplice sì. Pensato e manifestato in
precedenza dal donatore stesso o, in extremis, dai suoi cari». E qui sta il nocciolo della campagna
d'informazione della Giornata, la diciottesima in Italia. Per diventare donatori ci sono cinque modalità: dare il
consenso alla Asl, compilare il tesserino blu del ministero della Salute, scrivere una dichiarazione firmata da
conservare con i documenti, compilare l'atto olografo predisposto dall'Aido o recarsi all'anagrafe del proprio
Comune sperando che faccia parte della "rete delle città sane" (retecittasane.it). A oggi i Comuni impegnati in
questo servizio sono circa 450.
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Si donano più organi (ma quanti dubbi)
31/05/2015
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tiratura:108314
Pistola di camorra per uccidere il legale
Gigi Di Fiore INVIATO A FORMIA > Segue a pag. 11 Un uomo combattivo, ma mite. Un rompiscatole, ma
mai sleale. Non c'è una voce discorde su Mario Piccolino, l'avvocato ucciso due giorni fa nel suo studio al
piano terra di via della Conca. Non uno che ne parli male. E si avverte che non è la solita retorica che
santifica subito chi è vittima di una morte violenta. È un sentire diffuso, che ha spinto il Comune a convocare
un Consiglio straordinario per «dare una risposta immediata all'episodio di straordinaria gravità». E poi, la
fiaccolata serale. Gigi Di Fiore Il killer Gli ha sparato un colpo in faccia con una pistola calibro 9x21 L'iniziativa
In alto la fiaccolata di ieri sera a Formia: su uno striscione la scritta «freevillage» il nome del blog con mille
denunce gestito dall'avvocato ucciso A sinistra nel riquadro Mario Piccolino e l'esterno del suo studio
PAGINA Era stata fissata alle otto, ma è slittata di un'ora per consentire al sindaco Sandro Bartolomeo di
incontrare a Latina il prefetto Pierluigi Faloni. È provato, il sindaco. Per lui, Mario era un amico, un paziente,
un saggio da consultare nei momenti difficili. E proprio il sindaco è stato tra i primi ad essere avvisato due
giorni fa, che «l'avvocato», il «fotoreporter rompiscatole» era stato ucciso. Un agguato, di facile esecuzione e
di rapida pianificazione. Ci sono le immagini video fissate dalle telecamere della farmacia vicina, a dare
fisionomia all'assassino: palestrato, bermuda, t-shirt nera. L'uomo si era presentato nello studio dove
l'avvocato era con l'ingegnere inquilino di una stanza adibita a suo ufficio. L'ingegnere è in fondo al corridoio,
la stanza dell'avvocato è vicina all'ingresso. Pochi secondi, Mario ha il tempo di dire: «Ma io non la conosco».
Poi un solo colpo alla fronte con una pistola parabellum 9x21. La pistola della camorra. Probabilmente, il killer
ha avuto il tempo di allontanarsi verso la stazione e salire su un treno, così da evitare eventuali posti di
blocco. Un uomo venuto da fuori, un'esecuzione premeditata, attraverso un appuntamento allo studio fissato
poco prima. Un agguato mafioso e, alla riunione che si è tenuta alla Procura di Cassino, è stato deciso che la
competenza sulle indagini sarà affidata alla Dda di Roma. Il fascicolo è già nelle mani del pm romano Carlo
Lasperanza, che sarà affiancato dal sostituto Alfredo Mattei di Cassino. Sentito l'ingegnere, sentiti i titolari di
attività commerciali nei dintorni, l'inchiesta ora si concentrerà a fare le pulci sull'intensa attività di impegno e
denuncia dell'avvocato. Il sindaco Bartolomeo lo ricorda al suo fianco nell'ultima campagna elettorale, alla
riconquista del Comune dopo la parentesi del sindaco uscente Michele Forte, senatore Udc, catalizzatore di
consensi nella provincia di Latina per il centrodestra. Bartolomeo è neuropsichiatra alla Asl, l'avvocato era
suo paziente per una insidiosa patologia. Ora, proprio il sindaco lancia un appello ai suoi concittadini:
«Chiunque abbia anche un minimo da raccontare lo faccia. È doveroso per rispetto alla memoria di Mario, ma
anche per noi tutti. La sua famiglia eravamo noi cittadini di Formia. Era un carattere difficile, che si attirava
anche antipatie». Romano di nascita, ma cittadino di Formia da anni, iscritto a Libera, instancabile
globetrotter a tutte le ore per le vie della sua cittadina e dintorni armato della sua inseparabile macchina
fotografica, Mario riprendeva, fissava, denunciava. Dormiva poco e girava tanto, specie da quando si era
celebrata la frattura con la sua famiglia, moglie e due figli, che vive ormai da una decina d'anni in Toscana.
Aveva compiuto 71 anni solo undici giorni fa, senza feste. Tutta la sua vita era l'impegno, la partecipazione.
Poliedrica personalità, l'avvocato dipingeva, scriveva. E si era anche trasformato in «Mago», un clown che,
con i volontari dell'Avo, si esibiva per i bambini ricoverati negli ospedali. Soprattutto dopo aver abbandonato
la professione di penalista impegnato in decine di processi a Latina. Una lunga malattia, che aveva
battezzato «il mostro», lo aveva reso più combattivo. Dieci anni fa, comincia a scrivere sul portale «Telefree»,
poi la creazione di una creatura diventata arma temuta: il primo blog del Sud Pontino, che aveva voluto
chiamare «freevillage». Un suo pallino. Nell'hotel devastato a Marina di Castellone, confiscato all'avvocato
Cipriano Chianese, vicino ai Casalesi e imprenditore dell'affare discariche, avrebbe voluto fondare un
villaggio della legalità. Ma mancavano i fondi e molti erano gli ostacoli. Negli ultimi tempi, girava con la
macchina fotografica a denunciare il nuovo affare della criminalità spostata a Formia: le slot machine e i video
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Video sul delitto: in fuga un killer in t-shirt nera. Fiaccolata a Formia
31/05/2015
Pag. 1
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tiratura:108314
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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poker. Dava fastidio e, nei prossimi giorni, avrebbe dovuto partecipare all'udienza del processo dove era
parte civile, per l'aggressione subita a colpi di crick alla testa. Imputato Angelo Bardellino, figlio di Ernesto e
quindi nipote del boss Antonio che fu fondatore, ucciso, dei Casalesi. Sui Bardellino aveva denunciato attività
di riciclaggio, in un'area che, per la sua vicinanza stretta con la provincia di Caserta, è zona di investimenti
illegali. Mario Piccolino era un riferimento per i giovani impegnati ad organizzare campi estivi sui beni
confiscati. Quest'anno si sarebbe dovuto intitolare ad Angelo Vassallo, sindaco di Pollica nel Cilento ucciso
nel settembre 2010. E proprio Libera esprime «preoccupazione e inquietudine per la inaudita ferocia
dell'agguato». Il Comune ha proclamato il lutto cittadino, annullati i festeggiamenti civili per il patrono
Sant'Erasmo. Domani ci sarà l'autopsia sul corpo dell'avvocato ucciso e, probabilmente, i funerali si terranno
mercoledì. Le spese saranno sostenute dall'amministrazione comunale. Si scava, dunque, nelle decine e
decine di denunce concrete, con nomi e cognomi, che l'avvocato lanciava dal suo blog, che aveva potuto
realizzare anche con l'aiuto della sua segretaria Ismar e del webmaster Claudio suo amico. I beni confiscati
inutilizzati, il gioco d'azzardo, i tentativi di infiltrazione della criminalità le battaglie più recenti. Si erano anche
intensificati minacce e avvertimenti, come le teste mozzate e le viscere di pesce lasciati fuori la sua casa, ma
l'avvocato continuava a girare solo. Dopo le dichiarazioni di Carmine Schiavone, pentito dei Casalesi morto di
recente, Mario Piccolino si era interessato alle discariche dell'area Pontina diventate sversamenti illegali.
Nelle ultime ore, ha fatto il giro del web il suo video-denuncia dove, in maniera provocatoria, concludeva:
«Quando morirò, mi raccomando, non seppellitemi agli Archi». Lo hanno ricordato anche alla fiaccolata, dove
c'erano deputati di Sel, il sindaco Bartolomeo, i gonfaloni dei comuni di Cassino e Casal di Principe, che
avevano condiviso con Formia il mese di legalità a marzo. Gli Archi è l'area di una discarica illegale. Proprio
lì, è previsto un cimitero.
31/05/2015
Pag. 8
diffusione:125215
tiratura:224026
Il fondo sanitario rischia di non coprire gli anti-tumorali
Nuovo allarme per la sanità italiana e per i cittadini contribuenti. Negli ultimi dieci anni è raddoppiato in Italia il
prezzo dei farmaci per le terapie anti-cancro: per questo «serve subito un fondo nazionale per l'oncologia». A
lanciare l'allarme è il presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), Carmine Pinto, in
occasione del cinquantunesimo Congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco) in corso in
questi giorni a Chicago. «L'Italia - avverte Pinto in un incontro con i giornalisti - è riuscita a reggere finora
questi costi. Ma la copertura economica sta diminuendo. Chiediamo alle Istituzioni di creare una fonte di
risorse dedicate. E devono essere introdotte tre fasce di costo delle terapie in base all'efficacia». La richiesta,
chiarisce ancora Pinto, «è quella di dare vita a questa fonte specifica di risorse da destinare a un settore
delicato che richiede particolari attenzioni: il tetto della spesa farmaceutica territoriale è stato ulteriormente
ridotto e portato all'11,35% del Fondo Sanitario Nazionale, il tetto di quella ospedaliera è al 3,5%». Ma la
maggior parte dei farmaci anti-cancro rientra fra quelli ospedalieri e «nel 2014 quest'ultima percentuale è
stata superata attestandosi intorno al 4,5%. La copertura economica - conclude - si sta stringendo in maniera
consistente».
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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FARMACI
31/05/2015
Pag. 29
diffusione:125215
tiratura:224026
Apixaban ora è rimborsabile
(P. MON.)
L'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha dato via libera alla rimborsabilità di apixaban, anticoagulante orale
di Bristol-Myers Squibb e Pfizer, nel trattamento della trombosi venosa profonda ( TVP) e dell'embolia
polmonare (EP) e nella prevenzione delle recidive di TVP ed EP negli adulti. La decisione è stata pubblicata il
23 maggio 2015 sulla Gazzetta Ufficiale. Il tromboembolismo venoso ( TEV ) comprende due gravi condizioni:
la Trombosi Venosa Profonda ( TVP) che consiste nella formazione di un trombo in una vena profonda degli
arti inferiori e l'Embolia Polmonare (EP) caratterizzata dall'ostruzione di uno o più vasi del circolo polmonare
da parte di un embolo. Quasi un milione di pazienti nell'Unione Europea sono colpiti ogni anno da TEV. Negli
Stati Uniti il numero di individui con TEV passerà da 0,95 milioni del 2006 a 1,82 milioni nel 2050. A seguito di
un episodio di TEV, l'incidenza cumulativa di recidiva ad 8 anni può raggiungere circa il 30%. Apixaban è un
inibitore orale diretto del Fattore Xa, una proteina chiave del processo di coagulazione del sangue. Inibendo il
Fattore Xa apixaban previene la produzione di fibrina e la formazione di trombi. Il farmaco è già approvato per
la prevenzione dell'ictus cerebrale e dell' embolia sistemica nei pazienti con Fibrillazione Atriale Non
Valvolare e per la prevenzione del tromboembolismo venoso ( TEV ) nei pazienti sottoposti a chirurgia
elettiva protesica dell'anca e del ginocchio.
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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LIBERO SALUTE /Per curare trombosi e dell'embolia
31/05/2015
Pag. 29
diffusione:125215
tiratura:224026
Un regime senza interferone per curare l'Epatite C cronica
LARA LUCIANO
Non è certo un primato di cui andare fieri: l'Italia è il Paese dell'Europa occidentale con il maggior numero di
persone con epatite C, si stima che siano malate circa 1 milione di persone, con una prevalenza di circa il 2%
della popolazione che aumenta da nord a sud e con il crescere dell'età. Patologia silente e progressiva,
l'epatite C cronica può causare danni al fegato, l'insorgenza di cirrosi epatica e carcinoma del fegato e
portare al decesso. Sono circa nove milioni nell'Unione Europea le persone con infezione cronica da HCV; la
cui progressione è causa di cirrosi nel 10-20% dei pazienti. A livello mondiale, il genotipo predominante è il
genotipo 1. Una buona notizia per i pazienti è che finalmente l'Agenzia Italiana del Far maco (AIFA) ha
concesso l'autorizzazione all'immissione in commercio per il regime anti-HCV di AbbVie completamente
orale, privo di inter ferone a base di VIEKIRAX (ombitasvir/paritaprevir/ritonavir compresse) + EXVIERA
(dasabuvir compresse), con o senza r ibavir ina (RBV ), per il trattamento di pazienti con infezione cronica da
virus dell'epatite C (HCV ) di genotipo 1e 4. «Il trattamento dell'epatite C può essere molto complesso a
causa della rapidità del processo di mutazione e replicazione virale che caratterizza la patologia - sottolinea
Antonio Craxì, Ordinario di Gastroenterologia dell'Università di Palermo - In considerazione del vasto numero
di pazienti che soffrono di HCV nel nostro paese, l'approvazione di nuovi trattamenti senza interferone quali
VIEKIRAX+EXVIERA, è un traguardo importante, perché offre opzioni terapeutiche in grado di ottenere tassi
elevati di guarigione associati a percentuali basse di fallimento terapeutico e rende possibile inoltre ritrattare
nuovamente i pazienti in caso di mancata risposta». «Il nostro approccio, improntato alla sostenibilità del
SSN, ha identificato soluzioni capaci di garantire un ampio accesso in tempi brevi al farmaco - ha dichiarato
Fabrizio Greco, Amministratore Delegato di AbbVie Italia - l'accordo negoziale raggiunto con AIFA, che
rappresenta il riferimento esclusivo su tutto il territorio nazionale, intende anche semplificare la pianificazione
dei trattamenti di questa malattia così diffusa in Italia».
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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LIBERO SALUTE / Ha ottenuto la guarigione nel 95-100% dei pazienti
31/05/2015
Pag. 18
diffusione:103223
tiratura:127026
La banda delle ricette rubate spacciava "eroina dei montanari "
Traffico di antidolorifici scoperto dai Nas. Cinque denunciati
GUIDO FILIPPI
RUBAVANO le ricette negli ospedali e negli ambulatori dei medici, acquistano le compresse in farmacia
(pagando solo il ticket) e poi le rivendevano ad almeno 30-40 euro. Il farmaco è l'Oxycontin, un antidolorifico
molto costoso (103 euro a confezione) che può essere utilizzato soltanto se rientra in un piano terapeutico ed
è mutuabile, quindi il paziente paga soltanto il ticket (4 euro per due confezioni) se non è esente. Spesso
viene usato dai tossicodipendenti perchè agisce sul sistema nervoso quasi come l'eroina o l'oppio. Negli Stati
Uniti viene chiamato "l'eroina dei montanari" e ci sono state rapine a mano armata in alcune farmacie, nelle
quali, il rapinatore ha preteso l'Oxycontin. A Genova c'era chi è riuscito a ricavarne fino a 10 mila euro al
mese. Un giro ben organizzato passaggio per passaggio: c'era chi rubava i ricettari, chi si preoccupava di
acquistare le medicine e ovviamente chi cercava e serviva i clienti, spesso tossicodipendenti. Il risultato è che
in meno di un anno ne sono state "spacciate" almeno cento confezioni: per le casse della Asl 3 genovese il
danno è di circa 100 mila euro. È filato tutto liscio fino a quando la direzione della Asl ha girato una
segnalazione ai carabinieri del Nas che hanno aperto un'inchiesta e sono arrivati a stringere il cerchio attorno
a cinque persone, ora indagate per una manciata di reati: furto aggravato, ricettazione e truffa ai danni del
Servizio sanitario nazionale a cui si potrebbero aggiungere anche la vendita di farmaci pericolosi e la
cessione di sostanze stupefacenti. L'indagine, coordinata dal pubblico ministero Biagio Mazzeo, prosegue e
potrebbe coinvolgere altre persone: per ora sono finiti nei guai un ex cuoca, un ex idraulico sulla cinquantina
che gestivano il traffico e tre disoccupati, più giovani di qualche anno: tutti sono residenti nella zona di San
Martino, con clienti a San Fruttuoso, Foce, Albaro e nel levante. In meno di un anno sono state rubate
almeno cinquecento ricette rosse - raramente interi ricettari per evitare la denuncia - al San Martino, al
Galliera e negli ambulatori della Valbisagno. Il traffico è stato smascherato quando alla Asl hanno scoperto
che il nome del timbro sulla ricetta rossa non corrispondeva a quello del ricettario consegnato al medico. I
Nas sono risaliti all'ex idraulico e all'ex cuoca, hanno perquisito le loro abitazioni e trovato decine di ricette
non ancora compilate e alcuni timbri di medici ospedalieri e ambulatoriali. Nelle prossime settimane
potrebbero finire nei pasticci anche altre persone, "collaboratori esterni" dell'organizzazione di spacciatori di
antidolororifici. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA
Foto: Le ricette rubate venivano compilate per compare Oxycontin
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
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I FURTI AL GALLIERA, AL SAN MARTINO E IN AMBULATORI DELLA VALBISAGNO IL CASO
31/05/2015
Pag. 13
diffusione:50651
tiratura:76264
Decuplicato il prezzo dei farmaci anti-tumorali
MILANO In dieci anni il prezzo dei farmaci anti-cancro è duplicato, passando da 4.500 dollari a più di 10mila
al mese. L'Italia finora è riuscita a reggere l'impatto di questa crescita esponenziale, grazie ai sistemi di
rimborso concordati con l'Agenzia del Farmaco. Nel nostro Paese il prezzo medio dei trattamenti antitumorali
è fra i più bassi d'Europa. E l'aumento della sopravvivenza garantito dalle nuove armi, come l'immunoterapia,
garantisce un circolo virtuoso. Che però rischia di spezzarsi, se non si crea quanto prima un Fondo Nazionale
per l'oncologia, che oggi manca. La richiesta alle istituzioni viene dall'Associazione Italiana di Oncologia
Medica . «Chiediamo di dare vita a questa fonte specifica di risorse afferma Carmine Pinto, presidente
nazionale Aiom - Il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera è al 3,5%. La maggior parte dei farmaci anticancro rientra fra quelli ospedalieri. La copertura economica si sta stringendo».
SANITÀ NAZIONALE - Rassegna Stampa 31/05/2015
42
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Sanità
VITA IN FARMACIA
20 articoli
31/05/2015
Pag. 1 Ed. Milano
diffusione:619980
tiratura:779916
La buona sanità senza stress
Pasquale Spinelli
L' articolo di Simona Ravizza sull'impegno di Sergio Costantino, medico del Policlinico di Milano, in difesa del
diritto al riposo, riporta l'attenzione sul tema del lavoro del medico spesso costretto da turnazioni lunghe ed
estenuanti. La sanità italiana, dice il rapporto annuale dell'Oms appena pubblicato, è di alto livello. Siamo
secondi solo al Giappone per aspettativa di vita con 83 anni, ma troppi medici soffrono per lo stress
professionale. Sono preoccupanti i dati di un'inchiesta sui giovani medici ospedalieri dell'Anaao, cui fa eco
Apm (Alleanza per la medicina). A Milano, come in tante grandi città, i pronto soccorso sono allo stremo, con
poco personale, con una medicina del territorio che stenta a organizzarsi, con una riforma del sistema
sanitario lombardo che è più oggetto di discussione che di operatività.
A livello nazionale si promuove il risparmio, ma vi è scarso controllo di sprechi e corruzione. Vi è la generale
tendenza a far valere i numeri delle prestazioni: vale di più chi ne fa di più. Non che questo riduca la qualità,
ma non si può negare che miri a incentivare solo la quantità. Molto e bene raro avviene, si può dire
aggiustando un vecchio adagio. Un'équipe affiatata e bene organizzata che ambisca a grandi risultati, può
coniugare i numeri con la qualità, ma, attenzione, saltare il pasto o il sonno, trascurare i rapporti con gli altri o
con la famiglia, dimenticare interessi culturali, hobby, sport, trascurare la necessità di una «vita personale»
può creare senso di insoddisfazione, può portare al burnout . Il tema del riposo pesa molto per le donne
medico, che crescono per numero e per ruolo nella professione e nella società, ma non sono tutelate a
sufficienza in quello di mamme e di coniugi.
L'indagine dell'Anaao parla di 70% dei giovani medici condizionati nella vita privata e dice che il 40% si
ammala di malattie cardiovascolari e metaboliche, ma lo stress influenza la salute mentale. Quanti di questi
medici cederanno all'invito dell'alcool o all'uso di sostanze con transitori poteri salvifici, ma con devastanti
conseguenze su di loro e sui loro pazienti? Il percorso che parte dallo stress avanza spesso verso il buio e
esce dal controllo del singolo per entrare nel campo della sicurezza del paziente, delle garanzie dell'ospedale
verso il cittadino, della sfera delle assicurazioni. Non si può considerarlo solo un problema sindacale, ma
anche un problema etico, con importanti risvolti sociali.
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VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
44
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Medici e diritto al riposo
31/05/2015
Pag. 3 Ed. Milano
diffusione:619980
tiratura:779916
Ospedali, il dossier degli sprechi In un anno spesi 4 miliardi di euro
Metà della cifra è sfuggita agli approvvigionamenti centralizzati taglia-costi
Simona Ravizza
È una questione di aritmetica. E di sprechi. Gli acquisti degli ospedali sono una delle voci più pesanti nei
bilanci pubblici. Solo nel 2014 per apparecchiature mediche, garze e siringhe, protesi, farmaci, emoderivati e
materiale ospedaliero vario sono stati spesi quasi quattro miliardi di euro. Ma in barba alla spending review ,
spesso ogni ospedale si è mosso ancora per conto proprio, tra rifornimenti con appalti poco trasparenti (a
suon di proroghe e rinnovi che permettono di evitare nuove gare), desiderata dei medici, necessità di
difendere un'autonomia gestionale che può tradursi in ritorno di potere.
Oltre due miliardi di euro - pari alla metà della torta - sono sfuggiti agli approvvigionamenti centralizzati,
necessari per spuntare prezzi migliori e considerati tra gli interventi più incisivi per la riduzione della spesa
pubblica, come sancito anche dalla legge di Stabilità del 2013 varata sotto il governo Monti.
È quanto emerge da un dossier sugli acquisti pubblici in Lombardia, appena presentato in commissione Affari
istituzionali guidata da Stefano Carugo (Ncd). Il problema è che le misure mirate a incentivare la
centralizzazione e razionalizzazione degli acquisti in Sanità continuano a essere snobbate dagli ospedali. Nel
2014 solo il 13% dei rifornimenti è avvenuto tramite la Centrale acquisti (Arca) del Pirellone, in funzione da
ben sette anni. E appena il 4% dei beni è stato preso attraverso la Centrale acquisti del ministero
dell'Economia, che dal Duemila è attiva per realizzare un programma di razionalizzazione degli
approvvigionamenti nella pubblica amministrazione.
In gioco anche la trasparenza degli appalti e la lotta alla corruzione. L'ultima inchiesta della Procura, che ha
fatto finire tra gli indagati anche l'ex governatore Roberto Formigoni, è solo un esempio: all'ospedale di
Cremona è stata utilizzata una «procedura negoziata senza bando di gara e con invito alla sola Hermex Italia
srl» per comprare l'acceleratore lineare diagnostico «Vero» di cui la Hermex degli imprenditori Giuseppe e
Massimiliano Lo Presti era distributrice esclusiva in Italia. La magistratura dovrà stabilire se si tratta di un
caso di corruzione, ma una cosa è già chiara: la Regione «omise una preventiva istruttoria sulla congruità del
costo dell'apparecchiatura», acquistata per 8 milioni e 300 mila euro, ben 2 milioni e 600 mila euro in più del
dovuto.
Eppure gli ospedali finora hanno preferito evitare Arca. Una delle voci più critiche sono i dispositivi medici che
valgono quasi 785 milioni di euro: gli ospedali hanno speso per conto proprio, non curandosi delle economie
di scala, oltre 500 milioni di euro. «Di qui la proposta, in accordo con la direzione generale dell'assessorato
alla Sanità - si legge nella relazione di Arca - di procedere in maniera centralizzata con procedure dedicate ai
dispositivi medici».
Il Pirellone stesso, dunque, ammette il problema. E cerca di correre ai ripari. Già lo scorso gennaio è stato
pubblicato un bando da 5 miliardi di euro per la fornitura di farmaci agli ospedali lombardi nei prossimi 4 anni.
E negli ultimi giorni sono state aperte sempre da Arca - da un anno guidata dal manager Luciano Zanelli gare centralizzate proprio per le forniture ospedaliere. Sul piatto 126 milioni di euro. Se il meccanismo
funzionerà saranno risparmiati - come emerge dalle stime dei funzionari del Pirellone - quasi 13 milioni di
euro. Il 16%. È impressionante, dunque, pensare a quanti milioni di euro vengono sprecati quando vengono
aggirati gli acquisti di scala.
E gli ospedali hanno anche la pessima abitudine di prorogare i contratti d'appalto scaduti. È una criticità,
ribadita durante la seduta della commissione Affari istituzionali, su cui è già intervenuto il Comitato per la
trasparenza degli appalti nella relazione conclusa il 16 gennaio 2015.
In Lombardia il 47% dei contratti delle aziende ospedaliere - per oltre 1,2 miliardi di euro in un anno - è stato
stipulato senza una gara pubblica. «A conclusione dell'analisi - scriveva il Comitato, nato per la prevenzione e
il contrasto della criminalità - si rileva l'ingente peso rappresentato dal ricorso a modalità di acquisizione di
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
L'inchiesta
31/05/2015
Pag. 3 Ed. Milano
diffusione:619980
tiratura:779916
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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lavori, servizi e forniture di minore trasparenza rispetto alle gare pubbliche e che l'ordinamento giuridico
prevede come straordinarie e/o particolari e comunque residuali».
Il nuovo report del Comitato per la trasparenza arriverà per fine giugno. E al Pirellone - dove nel frattempo è
stato rafforzato il ruolo di Arca ed è stato attivato un tavolo tecnico per la pianificazione pluriennale degli
acquisti - sperano in un miglioramento della situazione, con l'adozione di comportamenti più virtuosi. Conti
alla mano ce n'è davvero bisogno.
@SimonaRavizza
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numeri degli appalti Dati in migliaia di euro d'Arco Importo totale a gara Acquisti attraverso la Centrale del
Ministero (Consip) Acquisti attraverso la Centrale della Regione (Arca) Acquisti aggregati da parte degli
ospedali Servizi in concessione Acquisti autonomi 1.000.986 783.467 1.153.717 295.900 195.912 124.815
150.387 104.510 91.022 111.315 111.851 124.910 254.695 474.648 10.332 54.853 3.829 36.343 15.117
18.131 - - 10.805 605 303 20.512 802 - 516.870 135.737 500.279 364.263 246.135 96.539 95.055 90.101
85.730 37.040 11.554 25.391 313.445 1.771 43.731 25.297 4.191 3.985 4.598 1.685 1.635 17.089 770 8.653 - 28.454 7 20.160 35.716 - 67.739 2.043.564 169.609 554.420 1.028.574 168.763 3.968.455 2007
Creazione della Direzione "Centrale regionale acquisti" di Lombardia Informatica 2012 Istituzione di Arca
Agenzia regionale centrale acquisti 2013 Trasformazione di Arca in Spa 2014 Inizio operatività Arca Spa
L'evoluzione I settori Servizi non sanitari Dispositivi medici Manutenzione e riparazione Altro Farmaci
Assistenza integrativa Noleggio e leasing Assistenza protesica Beni non sanitari Emoderivati Totale
La scheda
Nel mirino l'acquisto di apparecchi medici, garze e siringhe, protesi, farmaci, emoderivati e materiale
ospedaliero Arca cerca di correre ai ripari. Aperta a gennaio una gara per i farmaci da 5 miliardi di euro e
nelle ultime settimane ne sono state attivate altre
per 126 milioni
31/05/2015
Pag. 9 Ed. Brescia
diffusione:619980
tiratura:779916
La sensibilità dei farmacisti e la passione degli storici
[email protected]
Maggio ci lascia piacevoli ricordi. Merito di persone degne d'ammirazione. Alla ribalta Clara Mottinelli
riconfermata per un altro triennio alla guida di Federfarma. S' è impegnata a dar battaglia alla malattia su due
fronti: ponendo il malato al centro d'ogni attenzione, e consigliando ai sani, saggi stili di vita per mantenersi in
forma. Ci piace poi ricordare Bernardo Zanola, personaggio della Pro Loco di Serle e Piera Sala, figlia di
Umberto Sala, singolare studioso poeta e scrittore di Breno. Zanola ha fatto ricerche accurate fino a
ricostruire l'odissea di un caccia americano caduto nel 1945 a Serle. Donna Piera ha riproposto il giornalino in
rime che papà confezionava, non vendeva ma affiggeva a un palo di Breno. Piace dare un riconoscimento al
40enne Andrea Massardi, programmatore informatico di Calvagese. Visto che di lavoro ce ne è poco s'è
inventato una beauty farm mobile, per fare toilette ai cani. A rovinare la festa ecco il solito ladro (maldestro) in
azione a Adro.
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8
Bernardo Zanola
Pro Loco Serle Tenace studioso, Bernardo Zanola è riuscito, dopo anni di ricerche, a raccogliere
testimonianze e notizie attorno ad un caccia americano caduto a Serle nel 1945. Così è nato un interessante
libro. Complimenti allo storico.
8
Piera Sala
«Memoria» di Breno Un «brava» davvero sentito alla figlia di Umberto Sala, storico di Breno, autore de «La
Gimbarda» foglio in rima per l'istruzione e la difesa della povera gente (era affisso a un palo della luce). Ha
ora esposto il giornale in versione murale.
9
Clara Mottinelli
Presidente Federfarma Confermata per altri 3 anni a capo della Federfarma, la dottoressa Clara Mottinelli
mira a far sì che la farmacia sia d'aiuto a malati cronici (diabetici, cardiopatici, ipertesi) e si prenda poi cura
dei sani, suggerendo loro un corretto stile di vita. Coinvolti anche gli infermieri per far sì che il malato sia al
centro dell'attenzione.
7
Andrea Massardi
Toelettatore di cani Premio alla bella fantasia di «Mr Wolf», pseudonimo di Andrea Massardi. Ha pensato ad
una beauty farm mobile per cani. Ferma il suo camper sotto casa di chi ha un cane da lavare e pettinare
oppure da tosare.
4
Ladro maldestro
Finito su Facebook È proprio un pasticcione maldestro il ladruncolo che ha cercato di rubare alla fondazione
Bettolini di Adro due gradi vasi di metallo. S' è fatto riprendere dalla Tv (compresa la targa della sua auto) ed
è finito pure su Facebook.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
di Costanzo Gatta Le pagelle della settimana
31/05/2015
Pag. 9 Ed. Roma
diffusione:556325
tiratura:710716
Madre e figlio suicide insieme giù dal ponte di Ariccia
Si sono lanciati nel vuoto da un'altezza di 100 metri Sconosciuti i motivi del gesto Sono partiti in auto dalla
loro casa al Tuscolano per i Castelli: lei aveva 56 anni, lui ne aveva 34
FEDERICA ANGELI EMILIO ORLANDO
SI SONO lanciati nel vuoto da un'altezza di novantacinque metri schiantandosi al suolo. Madre e figlio si sono
tolti la vita venerdì sera alle 21.30, saltando dal ponte monumentale di Ariccia, ai Castelli Romani. Sono
arrivati lì con la macchina, sono partiti da casa loro, nel quartiere Tuscolano, via di Centocelle all'interno
dell'aeroporto militare, pianificando la loro morte da quel ponte maledetto, conosciuto anche come "ponte
della morte" o "ponte dei suicidi". Da lì, negli anni si sono lanciate tantissime persone.
Lungo 312 metri e alto 95, il ponte monumentale di Ariccia è stato negli anni molto spesso teatro di suicidi
tanto che nel 1997 l'Anas, su un progetto dell'amministrazione comunale, ha installato delle reti di protezione
in tensostruttura proprio per evitare gesti simili.
Ma la donna e il figlio, 56 anni lei e 34 lui che avrebbe compiuto proprio ieri, avevano deciso di farla finita
insieme. E una volta saltato il ponte, si sono liberati dalle maglie della rete metallica anti-suicidio e, mano
nella mano, si sono lanciati giù, cadendo poco distante da un parcheggio, in mezzo a una radura delimitata
da una rete.
«Mio figlio ha visto tutto il trambusto da casa sua - ha raccontato Renato Pecchia, un abitante di Ariccia - era
in salotto con la compagna e ha visto lampeggianti, ambulanze, poliziotti tutti sotto nel parcheggio. Mi ha
chiamato subito e mi ha detto: papà, ci risiamo stai a vedere che si è ammazzata un'altra persona dal ponte
maledetto» .
Non una, ma due. Quando gli agenti del commissariato di Albano, diretti dal vicequestore Domenico
Sannino, sono arrivati sul posto i due corpi erano praticamente sfracellati.
Nessuno li conosce in paese, i loro nomi non dicono nulla alla gente del posto, perché madre e figlio non
sono di Ariccia, ma di Roma. «Pochi minuti del suicidio avevano preso un caffè nel mio bar - dichiara un
barista della piazza principale del centro abitati dei Castelli Romani, l'ultimo ad averli visti in vita lei era molto
agitata, il giovane la teneva per mano». Nella borsa della donna è stato ritrovato uno scontrino del bar della
piazza. Al Tuscolano sanno tutto di loro, della depressione in cui era finito il figlio da molti anni, del rapporto
morboso delle due vittime che avevano una vita piuttosto abitudinaria: sempre al bar insieme a fare
colazione, poi dal panettiere e la passeggiata pomeridiana. La donna aveva dedicato la sua vita interamente
al figlio, viveva per lui, dicono i negozianti della zona «da quando era andata in pensione, aveva una
devozione vera e propria, un'adorazione e un senso di protezione davvero incredibile nei confronti del figlio» .
Il marito e il padre delle vittime, un ufficiale dell'aeronautica in pensione, è introvabile. E poiché i due
vivevano quasi di vita propria nell'alloggio di servizio che il minisero della Difesa gli aveva messo a
disposizione, non si è insospettito quando, venerdì sera sono usciti insieme «per andare in farmacia a
prendere alcune medicine».
Nessuna farmacia, nessun medicinale. La donna ha guidato fino al ponte maledetto di Ariccia, ha
parcheggiato la macchina nella piazzola accanto al cavalcavia, quindi il folle gesto. www.roma.repubblica.it
PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: SU VIA APPIA Quello su via Appia, ad Ariccia, è conosciuto come il "ponte dei suicidi"
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
Il caso
31/05/2015
Pag. 2 Ed. Bologna
diffusione:556325
tiratura:710716
I "migranti" emiliani in cerca di cure un affare da 140 milioni di euro
Sono raddoppiate in dieci anni le prestazioni pagate dalla Regione alle cliniche in Veneto e Lombardia
ROSARIO DI RAIMONDO
FUGA dalle liste d'attesa. Nella regione degli ospedali-modello, meta di pazienti da tutta Italia, sembra un
paradosso. Eppure anche gli emiliano-romagnoli sono diventati emigranti della salute. Per ottenere prima una
visita o una tac, macinano chilometri verso il Veneto o la Lombardia, dove le cliniche spalancano le porte a
ogni ora, in qualsiasi giorno. Nel 2013, oltre un milione e mezzo di prestazioni sono state eseguite fuori dai
confini regionali, contro le 850mila di dieci anni fa.
È il turismo sanitario, che oggi costa a viale Aldo Moro 140 milioni di euro. Meno, va detto, di quanto incassa
dai "turisti" che vengono a curarsi lungo la via Emilia (160 milioni di euro). Ma di sicuro, è una fotografia che
non si può tenere nel cassetto.
Lo dicono i dati dell'assessorato alla Sanità: migliaia di persone, con l'impegnativa del medico in tasca,
vanno a fare la risonanza magnetica fuori regione. Nella vicina Monselice, ad esempio, che dista solo un'ora
di macchina dal capoluogo. Ma non è l'unica terra promessa: anche Legnago, e Rovigo, attraggono un
numero sempre maggiore di emiliani. «Può scegliere tra aspettare sei mesi o guidare 100 chilometri e fare la
visita tra due giorni» è la frase che tantissimi bolognesi si sono sentiti ripetere almeno una volta in un
qualsiasi punto Cup. I dati del 2013 sono i più completi (aggiornati fino a pochi giorni fa) e parlano chiaro:
700mila visite sono state fatte in Lombardia, 321mila in Veneto, 126mila in Toscana. I pazienti scappano
soprattutto da Piacenza (310mila visite fuori regione) e Ferrara (262mila), poiché vivono in province di confine
e spesso dall'altra parte l'offerta non si può rifiutare. Ma anche Bologna non scherza: è medaglia di bronzo
con 209mila esami ottenuti lontano dalle Due Torri. Poi Modena, Reggio, Parma, Rimini.
L'emigrazione sanitaria (o "mobilità passiva", come la chiamano i tecnici), ha un costo: se un bolognese va a
fare la visita in Veneto, l'Emilia-Romagna deve rimborsare quella Regione. Nel 2013 questo gioco è costato
140 milioni di euro alle casse pubbliche (soltanto 60 milioni nel 2003). Viceversa, quando i pazienti arrivano
da fuori, viale Aldo Moro incassa. Il saldo è positivo, visto che la via Emilia è meta di eccellenze nazionali:
sono più le persone che arrivano da tutta Italia nei nostri ospedali rispetto a quelle che se ne vanno. Almeno
per ora.
Sempre per quanto riguarda visite ed esami, infatti, la "mobilità attiva" ha fruttato nel 2013 oltre due milioni di
prestazioni e 160 milioni di euro: un saldo positivo dunque, fra entrate e uscite, di 20 milioni. Tuttavia bisogna
sottolineare come anche questo dato sia peggiorato negli anni: soltanto nel 2008, le prestazioni "vendute"
erano ben 3,4 milioni.
Visto il trend, il problema pare destinato ad aggravarsi . Ed è strettamente collegato alla guerra che il
governatore Stefano Bonaccini e l'assessore alla Salute Sergio Venturi hanno dichiarato alle liste d'attesa,
visto che l'oggetto è sempre lo stesso: le lunghe code per ottenere una visita specialistica o un esame. Fabio
Maria Vespa, presidente della Fimmg a Bologna (associazione dei medici di famiglia), ammette: «Sì, anche a
me è capitato di consigliare a un paziente di andare fuori regione per evitare tempi lunghi e burocrazia. Il
problema è che in questi anni i professionisti sono stati penalizzati». Averardo Orta, numero uno provinciale
dell'Aiop (l'associazione degli ospedali privati), è parte in causa, visto che i privati da tempo lavorano col
pubblico e vogliono allargare il loro raggio d'azione: «Una parte di mobilità è determinata dalle attese
lunghissime. Ma le cliniche di Monselice non sono affatto migliori o più moderne delle nostre. Io penso che si
potrebbe tentare un ampliamento del budget a nostra disposizione, quindi più risorse per fare più visite ed
esami. I cittadini andrebbero ancora via se trovassero tempi d'attesa più brevi?».
Sono migliaia le persone con l'impegnativa in tasca per visite e esami clinici che si rivolgono fuori regione
www.saluter.it www.regione.emilia-romagna.it PER SAPERNE DI PIÙ
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
49
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
In primo piano
31/05/2015
Pag. 2 Ed. Bologna
diffusione:556325
tiratura:710716
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
50
La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
40 MILIONI Il costo, per le casse di viale Aldo Moro, delle visite fatte fuori regione.
160 MILIONI Gli introiti grazie a chi viene da tutta Italia. Saldo positivo di 20 milioni.
I NUMERI 1,5 MILIONI È il totale delle visite e degli esami specialistici eseguiti fuori regione nel 2013 a carico
di pazienti "emigrati" dall'Emilia-Romagna
850MILA Nel 2002 le prestazioni fuori regione erano 856mila, quasi la metà rispetto a oggi.
Da allora l'aumento è costante 209MILA Gli esami eseguiti fuori regione da pazienti residenti in provincia di
Bologna, al terzo posto rispetto a Piacenza e Ferrara.
94MILA Gli esami e le visite che i bolognesi facevano lontano dalle Due Torri.
Addirittura meno della metà di oggi. 700MILA Gli esami e le visite "catturate" dalla Lombardia, che è al primo
posto seguita dal Veneto (321mila) e dalla Toscana (126mila).
Foto: L'ATTESA INFINITA Un ambulatorio medico.
A destra, pazienti in coda in sala d'aspetto
31/05/2015
Pag. 2 Ed. Bologna
diffusione:556325
tiratura:710716
"Sì,ci siamo adagiati, ma voglio recuperare chi fa esami altrove"
(r.d.r)
« NEGLIanni ci siamo adagiati, ma adesso vogliamo recuperare le persone che vanno via. È una questione di
diritti e di civiltà» dice Sergio Venturi, assessore regionale alle Politiche per la salute. I dati però parlano
chiaro: in un decennio le visite e gli esami eseguiti fuori regione sono raddoppiati.
«Quello della mobilità è un tema sul quale ci siamo spesso consolati. Del resto, il problema delle liste
d'attesa riguarda tutte le Regioni. Ma ciò non vuol dire che non vada affrontato in fretta. I soldi che spendiamo
per mandare i pazienti altrove devono essere spesi qui».
Come farete a convincere un bolognese, un ferrarese, un piacentino a non andare in Veneto o in Lombardia
per aver prima un esame? «Se dai una risposta localmente, è evidente che la mobilità cala. Nessuno ha
voglia di fare una gita a Monselice. Bisogna dare l'opportunità ai cittadini di stare a casa».
Come? «Gli ospedali pubblici hanno margini molto significativi di miglioramento. Per diversi motivi, tra i quali
la crisi economica e i ticket, negli ultimi anni la produzione di visite ed esami è diminuita. Dobbiamo invertire il
trend. La città di Ferrara, ad esempio, ha già abbassato le liste in modo significativo, ci ha dato degli ottimi
risultati e diventerà la città modello alla quale le altre province dovranno ispirarsi».
I privati dicono di poter fare la propria parte. «Il pubblico, da solo, può già dare un'ottima mano. Con i privati
abbiamo sempre collaborato». Non le fa impressione che nella regione delle eccellenze in sanità esiste un
problema di "emigrazione" verso altri sistemi sanitari? «Per questo motivo il presidente Bonaccini e io ci
abbiamo messo la faccia: sull'abbattimento delle liste ci giochiamo la nostra credibilità. E gli stessi direttori
delle Ausl, dal momento in cui sono stati nominati, hanno indicazioni ben precise in merito». I sindacati dei
medici vi accusano di voler fare tutto questo senza assumere personale.
«Siamo pronti a incontrare i medici. E per quanto mi riguarda, il programma assunzione dei precari va
avanti».
Foto: L'ASSESSORE Sergio Venturi, assessore regionale alla sanità annuncia misure straordinarie per
ridurre le attese
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
51
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L'INTERVISTA/ L' ASSESSORE REGIONALE VENTURI
31/05/2015
Pag. 15 Ed. Torino
diffusione:556325
tiratura:710716
Lunga attesa per curare l'epatite C
VERA SCHIAVAZZI
Buon giorno, ho 66 anni, sono una persona che ha contratto il virus dell'epatite C in tempi non sospetti,
probabilmente quand'ero molto giovane. Dopo la diagnosi della malattia avvenuta nel 1990 e accantonato il
problema temporaneamente per altre priorità più urgenti (un cancro che mi ha privato del compagno della mia
vita) mi sono sottoposta a vari cicli con interferone ed altri farmaci abbinati, senza alcun esito positivo. Ora ho
una cirrosi conclamata sottoposta naturalmente a periodici controlli.
All'ultimo controllo in gastroenterologia mi è stato confermato che avrò accesso alle cure con i nuovi farmaci.
Peccato che l'inizio della terapia sia vincolato ad un esame denominato ecoscan per il quale i tempi di attesa
sono di otto mesi, quindi per l'inizio della terapia se ne parlerà il prossimo anno. A me utente/paziente sembra
che questo sia un metodo per allungare i tempi in virtù dei costi, pensiero sorto dopo aver letto le polemiche
di questi giorni. Giuseppina Rocchi Gentile signora Rocchi, i suoi timori e i suoi dubbi sono ben comprensibili,
anche alla luce di tutta l'attenzione sui farmaci più cari, e dunque non sempre compatibili con il servizio
sanitario pubblico, degli ultimi tempi, anche a causa di un'inchiesta della Procura. Otto mesi di attesa mi
paiono francamente troppi per sapere se si è "autorizzati" oppure no a seguire una certa terapia. Non credo
di tratti di un trucco 'salva-soldi', quanto piuttosto di uno ordinario-straordinario ritardo per una diagnosi
applicata a una malattia della quale non molte persone soffrono, mentre l'esame riguarda molti pazienti, e
dunque la battaglia da condividere sarebbe quella di inserire nella lista d'attesa anche i criteri con i quali far
accedere per primi all'esame i malati più gravi. Quanto ai nuovi farmaci, credo che tutti i medicinali utili, più o
meno cari, siano stati anche di recente accolti dalla Regione Piemonte come adatti a curare l'epatite C, e
condivido le scelte fatte in modo da poter prestare una terapia a tutti quelli che ne hanno bisogno, nonostante
una (poco accettabile) mancanza di fondi per acquisire nel pubblico le ricette più onerose. Nonostante tutto, il
sistema sanitario pubblico della nostra regione continua a dare risposte adeguate sul piano medico. Le
auguro di ottenere al più presto l'esame necessario, e subito dopo le cure migliori suggerite dai suoi medici.
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VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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> LETTERE DA TORINO
31/05/2015
Pag. 1 Ed. Genova
diffusione:556325
tiratura:710716
Rubato e rivenduto il" farmaco -droga"
GIUSEPPE FILETTO
QUEL medicinale costosissimo e ricercato, antidoto utilizzato per la terapia del dolore, per diversi mesi è
diventato introvabile in tutte le farmacie di Genova. Tanto da creare seri problemi ai malati che lo utilizzano
ed ai loro famigliari, che si sono dovuti recare fuori Liguria per trovarne qualche scatola. E la ragione sta nel
fatto che una banda di ladri e truffatori da un paio d'anni rubava ricette, si autoprescriveva il farmaco di non
facile reperibilità, e poi vendeva le pillole a prezzo d'oro ai tossicodipendenti. SEGUE A PAGINA VII> UN
GIRO d'affari di circa 100mila euro all'anno, diventato un "lavoro", unica, vera fonte di reddito per cinque
persone da qualche giorno indagate dalla Procura della Repubblica di furto aggravato, ricettazione e falso.
Venerdì scorso le loro abitazioni sono state perquisite dai Nas, e qui sono state trovate ricette già pronte per
essere portate in farmacia e prelevare il medicinale, altre ancora da compilare, ma anche timbri rubati ad
alcuni medici ospedalieri, della Asl Tre e di famiglia; eppoi, confezioni di pastiglie prese in farmacia da alcuni
giorni, pronte per essere vendute. Il farmaco è l'OxyContin, volgarmente chiamato "l'eroina dei montanari",
poiché il suo abuso ha avuto origine tra le comunità dei Monti Appalachi, tanto che negli Stati Uniti viene
stimato che l'80% della criminalità è causata dalla dipendenza da questo medicinale. Purtroppo, è anche
detto "droga dei malati terminali", un antidolorifico però a base di oppiacei, che crea assuefazione. Una
confezione da 28 compresse, ciascuna da 80 milligrammi, costa ben 103 euro, ed i carabinieri del Ministero
della Salute di Genova calcolano che i cinque indagati abbiano prescritto illecitamente almeno 500 ricette.
L'inchiesta, in mano al pm Biagio Mazzeo e coordinata dal procuratore aggiunto Vincenzo Scolastico, che
hanno firmato due decreti di perquisizione per altrettante abitazioni, sarebbe stata aperta in seguito a
discrepanze emerse nella verifica delle ricette da parte della Asl Tre Genovese. Soprattutto, dopo le ripetute
denunce di furto di ricette rosa, quelle che danno diritto alla prescrizione a carico del Servizio Sanitario
Nazionale. Il paziente paga soltanto il ticket di 2 euro.
Secondo quanto trapela da Palazzo di Giustizia, la banda, composta da 4 uomini ed una donna, agiva con lo
stesso modus operandi. La coppia, che si spacciava per marito e moglie, prenotava una visita medica o un
esame presso gli ambulatori ospedalieri o della mutua, oppure si recava al pronto soccorso nei giorni e nelle
ore di grande affollamento. Sempre per motivi apparentemente validi. L'uomo distraeva il medico, in un colpo
la donna arraffava le ricette (talvolta un intero blocchetto) ed i timbri.
Presi di mira soprattutto il "San Martino" e il "Galliera", anche se alcuni ammanchi sarebbero stati riscontrati
in altri ospedali cittadini e negli ambulatori della Asl. Scattata l'indagine, i carabinieri per otto mesi avrebbero
tenuto sotto controllo soprattutto le tante farmacie del capoluogo.
Fino a quando attraverso appostamenti ed intercettazioni, sono stati individuati gli autori: un sedicente
idraulico, una altrettanto presunta cuoca e tre disoccupati. Tutti di età compresa tra i trenta ed i trentacinque
anni. Acquisivano l'OxyContin, e per non dare sospetti, di volta in volta cambiavano farmacia, passando
anche da un quartiere all'altro. Miscelavano "l'eroina dei montanari" con altre sostanze da taglio. Piccole dosi
venivano utilizzate a scopo personale, ma la maggior parte delle piccolle finiva sul mercato degli stupefacenti.
La vicenda segue di appena una settimana quella che vede indagata una "infermiera generica" (oggi meglio
chiamata operatrice sanitaria) del "San Martino": la donna, che si vede grassa (chi la conosce dice che è un
fuscello), rubava ricette nei reparti ospedalieri e si prescriveva un farmaco dimagrante. Tremila e cinquecento
euro di medicinali in un solo anno, è la stima ai danni della sanità pubblica, fatta sempre dai carabinieri del
Nas .
103 EURO Il costo di una confezione di OxyContin da 28 pastiglie. Prescritto dal Ssn, si paga solo il ticket di
2 euro 100MILA EURO Secondo quanto stimato finora, il danno provocato dai malfattori sarebbe di 100mila
euro all'anno 500 RICETTE Si calcola che a carico della sanità pubblica siano state prescritte 500 ricette in
poco più di due anni I NUMERI
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IL CASO
31/05/2015
Pag. 1 Ed. Genova
diffusione:556325
tiratura:710716
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www.salute.gov.it www.gaslini.org PER SAPERNE DI PIÙ
Foto: I NAS In un'immagine d'archivio un gruppo di carabinieri dei Nas in azione
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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31/05/2015
Pag. 49 Ed. Asti
diffusione:309253
tiratura:418328
Belveglio festeggia la sua prima farmacia
Arriva in paese la farmacia. Trova spazio nel nuovo fabbricato comunale lungo la provinciale che porta a
Cortiglione. La titolare è Rosara Iglio, originaria di Benevento, vincitrice di concorso. L'inaugurazione sarà
domani, alle 16,30, alla presenza degli amministratori comunali, dei sindaci dei comuni vicini e del parroco
don Aldo Rosso. Il servizio che mancava
Un servizio che ancora mancava fortemente voluto dall'amministrazione comunale. «Abbiamo partecipato
qualche anno fa al bando regionale per l'assegnazione di nuove farmacie in aree che ne erano sprovviste ricorda il sindaco Michela Cretaz - abbiamo poi realizzato la struttura su un terreno di proprietà comunale, in
via Garibaldi, vicino alla parrocchia Natività di Maria: una posizione comoda e facilmente raggiungibile dagli
automobilisti». Per la realizzazione dell'opera sono stati stanziati poco più di 139 mila euro,finanziati dal
Comune in parte con fondi propri (avanzo di amministrazione) e in parte (10 mila euro) con un mutuo.
Il progettista del fabbricato è l'architetto Selena Pia di Isola mentre l'impresa costruttrice è la ditta Fratelli
Fiore di Mombercelli. L'allestimento interno della farmacia è opera dello Studio Igea Project, in collaborazione
dell'architetto Amedeo Giordano. Il piccolo centro pochi anni fa aveva già inaugurato un nuovo servizio nel
caratteristico centro della Valtiglione dominato dal castello dell'Ente Concerti dopo che qualche anno fa
avevano riaperto i battenti bar e negozio di alimentari. Proprio vicino l'amministrazione comunale ha poi
realizzato un campetto polivalente per le attività dei bimbi. In progetto c'è anche l'area sosta attrezzata per i
camper. [e. sc.]
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l'inaugurazione domani
31/05/2015
Pag. 45 Ed. Savona
diffusione:309253
tiratura:418328
Venticinque nuove farmacie sono bloccate dai ricorsi al Tar
Cresce la protesta dei farmacisti che hanno vinto il concorso per l'apertura di 85 farmacie, tra sedi vacanti e di
nuova istituzione, in Liguria. Sinora ne sono state accettate 25. In provincia di Savona i paesi interessati dalle
nuove aperture sono otto: Loano, Celle, Albissola Marina, Alassio, Magliolo, Plodio, Zuccarello e Erli, ma un
ricorso al Tar ha bloccato tutto. Il concorso era stato avviato nel novembre 2012 in seguito al decreto Monti.
«La Regione, malgrado i ricorsi dei titolari di molte farmacie private che non accettavano il fatto di avere nuovi
colleghi, ha fatto da apripista ed era arrivata all'assegnazione delle sedi. - dice uno dei vincitori, Franco
Oddone -. Ma ora è tutto bloccato, in seguito a un nuovo ricorso al Tar di una farmacia dell'entroterra
savonese. Molti di noi, secondo la normativa, si sono licenziati e hanno perso il lavoro, altri hanno sottoscritto
contratti commerciali e altri ancora ordinato arredi». [M. BEL.]
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Una vertenza che dura da tre anni
31/05/2015
Pag. 37 Ed. Ancona
diffusione:210842
tiratura:295190
Una regione in bilico tra potenzialità e grandi sfide. Cosa ci si aspetta dalla decima legislatura delle Marche
che uscirà oggi dalle urne? Sanità, infrastrutture, sviluppo, cultura, turismo e politiche europee, questi i
capitoli più pesanti nell'agenda dei prossimi cinque anni.
A pag. 38 ANCONA Una regione in bilico tra potenzialità e grandi sfide. Cosa ci si aspetta dalla decima
legislatura delle Marche che uscirà oggi dalle urne? Sanità, infrastrutture, sviluppo, cultura, turismo e politiche
europee, questi i capitoli più pesanti nell'agenda dei prossimi cinque anni. I NODI Sanità in primis, perché
occupa la gran parte delle risorse della Regione e di fatto è la più grande impresa delle Marche, con 21 mila
dipendenti e tre miliardi di euro di budget. Il vanto sono i conti in ordine che hanno permesso di evitare il
commissariamento toccato ad altre regioni, quando nel 2004 la sanità viaggiava con deficit di 150 milioni
all'anno. Secondo la classifica del Ministero della Salute, i servizi sanitari offerti sono tra i migliori, quarti
dietro a Toscana, Emilia e Piemonte. Eppure non mancano le forti lamentele. Su tutte le liste di attesa, con
tempi che arrivano fino ad un anno per un esame specialistico. Casi che spingono i marchigiani a curarsi fuori
regione o da privati. Quella che è chiamata mobilità passiva è stato un danno calcolato in 29 milioni di euro
nel 2013. Poi ci sono i rebus dell' edilizia sanitaria. Ospedali, quelli che chiudono e quelli che devono essere
costruiti. Marche nord (Pesaro Fano), Marche Sud (Ascoli, San Benedetto), nuovo Inrca Ancona Sud, nuovo
Salesi, ospedale di Fermo, sono tutti al palo. LE INFRASTRUTTURE Avanti, capitolo infrastrutture. La buona
notizia è il recupero di un gap storico: dalla terza corsia A14, dove mancano una quarantina di chilometri
attesi tra 2015 e 2016, fino alla Quadrilatero, dove la Perugia-Ancona è annunciata per il 2017 e entro l'anno
si attende la fine della Foligno-Civitanova, sono tante le opere in corso. A preoccupare però sono il trasporto
pubblico, il più penalizzato d'Italia dai fondi statali, il futuro dell'aeroporto, indebitato e a rischio di
soppressione dei servizi Enav, il ferro con il raddoppio della linea Orte-Falconara che resta un miraggio,
come anche sulla Fano-Grosseto dove bisogna passare dai progetti ai cantieri, stesso discorso per l'Uscita
Ovest, il collegamento tra porto di Ancona e A14. L'ECONOMIA Ma le speranze e le paure sono tutte rivolte
all'economia, allo sviluppo, al lavoro. Impossibile dimenticare le ferite profonde lasciate dalla crisi: tra il 2008
e il 2013 oltre 50 mila posti di lavoro persi, dai 666 mila occupati del 2008 ai 608 mila del 2013, un reddito
pro-capite fanalino di coda tra le regioni del centro-nord. Disoccupazione oggi all'8,9% con oltre 60 mila
marchigiani in cerca di lavoro nel terzo trimestre 2014, in miglioramento dopo l'anno orribile del 2013 quando
ha toccato il record del 12,4%. Da dove ripartire? Dal primato di Regione più imprenditoriale con una impresa
ogni 100 abitanti, da un export di oltre 11 miliardi di euro all'anno, in aumento del 12%, dalle piccole e micro
imprese che fanno squadra, pensano nuovi metodi di produzione, per nuovi prodotti per nuovi mercati. È un
altro modello di sviluppo da sostenere, oltre il manifatturiero degli anni ruggenti, che si sposa con altri due
motori: la cultura e il turismo. L'EUROPA Il turismo. È stato creato un "brand Marche", anche tramite i social
network, le campagne promozionali e i testimonial, si sono pensati i cosiddetti "cluster", pacchetti di offerte
dal mare, alla cultura, al turismo religioso. Eppure il turismo fatica a creare un indotto economico, soprattutto
finita l'estate. Tutte questioni che sono legate tra loro dal filo delle politiche europee. Per il settennato 20142020, la Regione è stata premiata dalla Commissione europea con una pentola d'oro da 1,2 miliardi di euro.
Fondi europei a disposizione, a patto di avere la capacità di presentare progetti in linea con le direttive Ue e
trovare i cofinanziamenti necessari. In tempi di bilanci magri, le politiche comunitarie possono perciò segnare
la svolta e in materia di cooperazione la Regione dovrà giocare un ruolo da protagonista all'interno
Macroregione Adriatico Ionica, la strategia che unisce 13 regioni italiane e 8 paesi internazionali, per fare
squadra e contare di più in Europa. Emanuele Garofalo © RIPRODUZIONE RISERVATA
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Dalla crisi alla Sanità le nuove emergenze
31/05/2015
Pag. 2 Ed. Milano
diffusione:192677
tiratura:292798
«Ecco i pazienti in fuga da Liguria e Piemonte»
Mantovani: nella mobilità sanitaria battiamo anche l'Emilia Romagna
SCot
«La Liguria va veloce» è lo slogan della candidata della sinistra alla presidenza della Regione Liguria,
Raffaella Paita. «La Liguria va veloce a curarsi in Lombardia» è la risposta dell'assessore alla Sanità, Mario
Mantovani, arrivata duranteun convegnoelettoraletenutosi sabato23 maggioaFinaleLigure, persostenere il
candidato di centrodestra, Giovanni Toti. Una disfida in vista del voto che ha offerto lo spunto per mettere a
confronto la sanità della Lombardia con la sanità della Liguria, in base a un criterio particolare: quanti cittadini
lasciano unaregioneper andareacurarsiin un'altra. Gli ultimi numeri, relativi al 2013, parlano di 3060 lombardi
che si curano in Liguria, contro gli 8596 liguri che scelgono strutture sanitarie che si trovano in Lombardia.
Una riflessione che si può estendere anche ad altri casi. La Lombardia è tra le regioni top per quel che
riguarda la mobilitàsanitaria:dal Piemonte,che è unaltro esempio di regione a portata di treno e così di
scambio facile, nel 2013 sono arrivate 23.155 persone in Lombardia, contro le 10.627 che dalla Lombardia
hannosceltostrutturesanitarie piemontesi. Un vero e proprio boom di piemontesi desiderosi di curarsi negli
ospedali lombardi. Molto importante anche il flusso in arrivo in Sicilia, nonostante la distanzanon siaproprio
breve: 13.365siciliani sono arrivati in Lombardia nel 2013 contro i 1812 lombardi che hanno usufruito di
ricoveri in Sicilia. Attivo anche il saldo con una regione all'avanguardia dal punto di vista del welfare come
l'Emilia Romagna: 16.008 tra emiliani e romagnoli hanno scelto ospedali lombardi contro i 14.330 lombardi in
trasferta in Emilia Romagna. Le degenze in Emilia Romagna e in Piemonte sonoperò mediamente
piùdurature: ciò dipende dal fatto che in numerosi casi di "uscite" dalla Lombardia si tratta di persone anziane
che scelgono degenze per lunghi periodi in montagna o al mare, in strutture particolari destinateproprio
aquesti scopi.È quasi pareggiocon ilVeneto:arrivanoin Lombardia 8925 veneti, lasciano la Lombardia per il
Veneto 8003 cittadini lombardi. Tornando al confronto tra Liguria e Lombardia, che è stato al centro
dell'appuntamento di sabato scorso, l'assessorato lombardo alla Sanità fa notare che «il costo sostenuto dalla
Liguria per i pazienti che migrano in Lombardia è pari a 3 volte rispetto al costo dei lombardi che vanno in
Liguria. Questo indica che la complessità dei malati liguri che vengono a curarsi in Lombardia è molto
maggiore». In altre parole, i lombardi che scelgonola Liguria lofanno perché sitrovano in vacanza in Riviera
oppure perché - di età mediamente più avanzata e conmalattiecroniche - scelgono strutture di degenza vicino
al mare e con un clima più favorevole. La decisione dei liguri che preferiscono le strutture lombarde è invece
più legata alla scelta di strutture ad alta intensità, come ad esempio le cure cardiologiche.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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I dati Ricoveri fuori sede
31/05/2015
Pag. 11 Ed. Modena
diffusione:165207
tiratura:206221
Rapina a mano armata in farmaciaAncora un colpo alla Santa Caterina
di VALENTINA REGGIANI PRESA DI mira per la seconda volta e sempre da malviventi armati di pistola.
Vivono nel terrore, ormai, titolari e dipendenti della farmacia Santa Caterina in viale Muratori, all'angolo con
Medaglie d'Oro. Inotorno alle 12.30 di ieri, poco prima della chiusura, due banditi hanno assaltato il negozio,
minacciando i farmacisti presenti con un'arma. La coppia di rapinatori, col volto travisato e probabilmente
italiana, ha agito in modo fulmineo, facendosi consegnare il denaro contenuto in cassa, circa 500 euro. I due
sono poi fuggiti col bottino verso via Medaglie D'oro. Sul posto, nel giro di pochi istanti, si sono portate le
volanti, che stanno ora eseguendo tutti gli accertamenti del caso per risalire ai responsabili. Mentre la
scientifica ha raccolto potenziali tracce, gli agenti hanno passato al setaccio anche i filmati delle telecamere,
raccogliendo infine la testimonianza dei presenti, al fine di stilare un primo identikit dei balordi. E' la seconda
volta che la farmacia finisce nella rete dei delinquenti, che sicuramente hanno atteso l'assenza di clienti e
l'avvicinarsi dell'orario di chiusura per entrare in azione. Nel settembre dello scorso anno, infatti, la titolare
della farmacia fu minacciata sempre con una pistola da un bandito solitario. La donna ebbe la prontezza di
aprire la cassa e consegnargli i contanti, prima che il malvivente, visibilmente agitato, avesse il tempo di
reagire in modo violento. La farmacista non negò però lo choc subito durante la rapina, situazione che ieri,
purtroppo, i dipendenti si sono trovati a rivivere. Tra l'altro proprio lo scorso anno Medaglie D'oro finì al centro
di diversi assalti ad opera di un rapinatore solitario, sicuramente lo stesso che in pochi giorni seminò il panico
nella zona. Pur davanti ad un sostanziale calo di rapine rispetto allo scorso anno dato emerso dal bilancio
dell'attività della questura, con episodi passati da 357 a 258 gli autori adottano via via metodi più violenti per
convincere le vittime a cedere alle loro richieste. Di recente la squadra mobile ha infatti arrestato i presunti
autori dei colpi messi a segno nella tabaccheria di via Vignolese e nella farmacia Violi di Spilamberto.
Durante il primo assalto, i banditi hanno colpito la tabaccaria al volto, sferrandole un violento pugno al naso.
Grazie all'intuito investigativo della mobile, però, i due malviventi sono stati assicurati alla giustizia. Ora gli
agenti sono sulle tracce dell'ennesima coppia di delinquenti.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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CRIMINALITA' E' IL SECONDO ASSALTO IN POCHI MESI NELLA SEDE DI VIA MEDAGLIE D'ORO
31/05/2015
Pag. 40 Ed. Belluno
diffusione:86966
tiratura:114104
Scarico referti: rinnovate le convenzioni
FELTRE - (e.s.) Sono state rinnovate le convenzioni con i Comuni e i Centri di Servizio che hanno aderito alla
rete di aiuto allo scarico dei referti di laboratorio analisi, anatomia e istologia patologica e immunoematologia
e trasfusionale, creata dall'Usl 2 nella primavera dello scorso anno quando erano state avviate le nuove
modalità di consegna dei referti.
Ad un anno di distanza, visto che l'iniziativa ha portato importanti risultati in termini di vicinanza dei servizi ai
cittadini, di soddisfazione dell'utenza e di sostenibilità economica, sociale e ambientale, l'azienda ospedaliera
ha rinnovato le convenzioni con i Comuni e i Centri di Servizio che avevano sperimentato il servizio ai
cittadini. Hanno aderito: Azienda Feltrina per i servizi alla persona con la farmacia all'ospedale di Feltre, la
parafarmacia di Busche e i centri servizio di Cesiomaggiore e Lentiai; Sedico Servizi con i punti di scarico
attivati alla farmacia di Mas e al centro servizi di Sedico; i centri servizio di Mel, Trichiana, Meano, Alano,
Quero, Seren del Grappa, Arsiè, e i comuni di Fonzaso, Lamon e Sovramonte.
Da domani, cambieranno gli orari di disponibilità dello scarico referti della parafarmacia di Busche che sarà
disponibile dal martedì al venerdì dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19 e il sabato dalle 8.30 alle 12.30 e
del centro servizi di Cesiomaggiore che sarà disponibile il mercoledì e il sabato dalle 15 alle 16.
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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USL 2 Comuni e Centri di Servizio più vicini ai cittadini grazie all'iniziativa avviata un anno fa dall'azienda
sanitaria
31/05/2015
Pag. 42 Ed. Pordenone
diffusione:86966
tiratura:114104
Ciclista salvato dal defibrillatore
A salvarlo è stata la farmacista di Piancavallo, Lorenza Liguori. Mentre gli amici gli praticavano il massaggio
cardiaco, lei è arrivata con il defibrillatore che aveva in farmacia. Due scariche e il cuore di M.P., 48 anni,
ciclista amatoriale di San Vito al Tagliamento, ha ripreso a battere. Lo sportivo è stato poi trasportato
dall'équipe dell'elisoccorso all'ospedale di Pordenone, dove il reparto di Rianimazione si stava preparando ad
accoglierlo.
È successo verso le 17 di ieri in via Collalto nell'intersezione con via Napoleone Cozzi. Il ciclista era uscito
con altri quattro corridori, tra cui il fratello. Era rimasto indietro assieme a due compagni, la salita da Aviano
gli era sembrata più dura del solito e il gruppo si era appositamente fermato al Bornass per un ristoro.
Arrivato a Piancavallo lungo l'anello, è stato colto da un malore. È caduto a terra pesantemente, tanto che
manubrio e forcella della bicicletta si sono piegati. I due amici lo hanno soccorso, alcuni residenti hanno
portato coperte per proteggerlo dal freddo (c'erano 14 gradi contro i 28 di sotto). Qualcuno è andato a
chiamare la dottoressa Liguori, che è arrivata con il defibrillatore. Il suo intervento guidato al telefono dal 118
- oltre al massaggio cardiaco praticato dagli amici del quarantottenne - è stato determinante.
Poco dopo è arrivato il personale del 118 e il ciclista è stato portato all'interno dell'ambulanza in attesa
dell'arrivo dell'elicottero. Il soccorso è stato seguito con ansia da turisti e residenti. «Ne vedo di casi del
genere dopo la salita - ha spiegato la farmacista - ma questa volta le condizioni del ciclista era davvero
disperate». M.P., infatti, era andato in arresto cardiaco. Alle 18.30 l'elisoccorso, atterrato vicino alla trattoria
Roncjade, tra i profughi che giocavano a pallone, si è alzato in volo verso Pordenone, giusto in tempo per
evitare il violento nubifragio che si è scaricato pochi secondi dopo su Piancavallo. La preoccupazione degli
amici era di avvertire il fratello di M.P., che avendo cominciato la discesa verso Barcis senza attendere il
resto del gruppo, non sapeva che il congiunto aveva rischiato la vita per un malore.
© riproduzione riservata
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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AVIANO Abitanti e turisti in ansia per i soccorsi a un quarantottenne di San Vito al Tagliamento
31/05/2015
Pag. 15 Ed. Milano
diffusione:69063
tiratura:107480
Il museo dei farmaci
UN MUSEO della farmacia nella sede di Federfarma. Il cui centro studi ora è anche la sede dell'Accademia
italiana di storia della farmacia, fondata nel 1950
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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Il museo dei farmaci
31/05/2015
Pag. 18 Ed. Savona
diffusione:103223
tiratura:127026
Nuova farmacia Oddone, la sede ai Piani apre a settembre
S.SIM.
CELLE. Il nuovo farmacista del paese si presenta e promette ai cittadini di aprire al più presto la seconda
sede locale, ma non prima di settembre. Franco Oddone, professionista genovese, l'aggiudicatario del bando
regionale che porterà una farmacia nella frazione dei Piani, ha finalmente individuato i locali che
accoglieranno la nuova attività. «Abbiamo trovato molta disponibilità di trattativa con la proprietaria dei locali
dell'ex pescheria - interviene il futuro farmacista cellese -. L'affitto ci è sembrato equo e stiamo per chiudere il
contratto». E se è ormai da considerare certo il luogo dove arriverà la seconda sede farmaceutica di Celle, ad
alzare gli interrogativi è ora la data d'apertura. Infatti, a causa di ricorsi contro la graduatoria stilata dalla
Regione, le serrande della farmacia potranno essere alzate solo dopo settembre. «Non siamo ancora riusciti
ad entrare in attività - spiega Oddone - in quanto si sono registrati continui ricorsi al Tar che, di fatto, hanno
bloccato le aperture previste su tutta la Liguria e anche in Piemonte. Arrivate finalmente le assegnazioni, la
Regione ha nuovamente stoppato tutto a seguito di un nuovo ricorso. La speranza è che la situazione si
sblocchi con l'ultima udienza in tribunale, fissata a settembre».
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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CELLE
31/05/2015
Pag. 21 Ed. Firenze
diffusione:136993
tiratura:176177
DIPENDESSE da me l'aglio lo venderei in farmacia; l'ho sempre considerato un potentissimo farmaco
vegetale. I suoi poteri, infatti, sono immensi: antinfettivo, antitrombotico, anticolesterolo, antidiabetico, con un
unico problema però: l'aglio siamo abituati a mangiarlo sempre secco. E quasi tutto il secco viene dai paesi
dell'Est. Venendo da così lontano l'aglio, per non farlo germinare, viene trattato con radiazioni ionizzanti che
non sono certo il massimo della salute. In questo periodo, invece, nei mercati si trova l'aglio fresco che
ovviamente è solo locale. Fresco ha una marcia in più rispetto all'essicato: innanzitutto quasi non crea alitosi
e poi le sue virtù sono decuplicate. Mangiare due insalate al dì ove ci sia aglio fresco triturato vuol dire
abbassare fortemente trigliceridi, colesterolo, acido urico e, soprattutto la pressione arteriosa. Per non parlare
dei benefici dell'aglio sulla pelle soprattutto nei soggetti acneici. Ma è sul versante della coagulazione che
l'aglio fa i miracoli; tutti i soggetti con rischio trombosi (per vene varicose, fibrillazione atriale etc) avranno un
netto miglioramente della loro situazione circolatoria proprio grazie a questo ortaggio. E le trombosi non
vengono solo a persone anziane; sono sempre più le ragazze giovani che, a causa di un uso prolungato e
dissennato della pillola contraccettiva, vanno incontro a problemi di trombosi. E poiché l'aglio ai giovani non
piace degni sostituti sono le altre liliacee; cipolle, scalogni, lampagioni ma soprattuto asparagi. Ciro Vestita
VITA IN FARMACIA - Rassegna Stampa 31/05/2015
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i consigli della natura
31/05/2015
Pag. 17 Ed. Viareggio
diffusione:136993
tiratura:176177
Rapinò la farmacia comunaleOra è agli arresti domiciliari
E' AI domiciliari a Montignoso (era in stato di libertà) l'uomo che la sera del 31 gennaio ha rapinato la
farmacia comunale di Vittoria Apuana. Con una carabina si era fatto consegnare dal farmacista 500 euro in
contanti, per poi fuggire su un'auto che aveva parcheggiato nella strada laterale. Dopo pochi giorni aveva
bissato il colpo alla tabaccheria dei Ronchi.
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VITTORIA APUANA
31/05/2015
Pag. 6 Ed. Catanzaro
Il Garantista
"DIMAGRIRE Equilibrio giusto tra integratori e... sapore"
Per una buona prova costume, ci vuole il giusto consiglio ed il giusto integratore! Come spesso viene
pubblicizzato sia dai mass media che in rete, esistono varie sostanze naturali e non, da considerarsi
coadiuvanti e non terapeutiche, per chi vuole intraprendere una dieta finalizzata alla perdita di peso. Ad
ognuna di queste sostanze è associato un particolare meccanismo di azione, ed in base a quest'ultimo è
possibile dividerle in quattro gruppi principali: Sostanze che riducono l'assorbimento: quest' azione è
espletata dalle fibre, presenti in diversi alimenti di uso comune come cereali misti frutta e verdura, esse non
vengono idrolizzate dall'apparato digerente umano e fungono quindi da schermo meccanico all'assorbimento.
In seguito ad idratazione (motivo per il quale vanno assunte con molta acqua) formano un gel naturale e
voluminoso che lega parte del cibo ingerito impedendone l'assorbimento, ed induce un prolungato senso di
sazietà. E' ovvio che l'assunzione di queste fibre, fungendo esse da barriera meccanica e non selettiva, in
concomitanza con dei farmaci ne riduce l'assorbimento. Le più usate sono: acido alginico, crusca, metil
cellulosa, ispaghul, carruba, glucomannano e guar. Sostanza che attivano il metabolismo basale:
appartengono a questo gruppo i fitocomplessi come sinefrina, caffeina e la alghe marine contenenti iodio. Il
citrus aurantium, comunemente detto arancio amaro contiene sinefrina, un'ammina biogena in grado di
favorire il dimagrimento stimolando la lipolisi Adipocitaria e la termogenesi e quindi il metabolismo basale.
Sostanze drenanti: comprendono tutte le droghe vegetali in grado di stimolare la funzionalità renale ed
epatica e favorire quindi le naturali funzioni organiche di eliminazione. Questi fitocomplessi non possiedono di
per se una vera e propria azione dimagrante, ma rappresentano comunque un valido aiuto nel controllo del
peso se usati in associazione sia ai riduttori dell'assorbimento che agli attivatori metabolici. E' consigliato
infatti bere un infuso di erbe la mattina a digiuno, dal momento che favorisce la naturale depurazione
dell'organismo e contrasta la ritenzione idrica.Ortosifon, equiseto, ortra, verga d'oro, tarassaco e bardana
sono alcune fra le piante officinali più note per la loro attività drenante. Sostanze che contrastano i radicali
liberi: ne sono un esempio il the verde e la Vite rossa ricchi di polifenoli i quali riducono la sintesi di acidi
grassi e favoriscono l'aumento delle HDL: il così detto colesterolo buono! Alcune piante invece, manifestano
più azioni contemporaneamente, ne sono un esempio il Gingko Biloba, le cui foglie contengono sostanze in
grado di migliorare il metabolismo dei grassi e di diminuire il senso di fame; e l' Hypericum perforatum (erba
di San Giovanni), ricco di polifenoli e flavonoidi e di sostanze che, agendo sull'umore, attenuano il senso di
fame legato a situazioni particolarmente stressanti. Dato il crescente interesse della popolazione verso
queste tematiche, è bene tenere a mente alcuni punti fondamentali: 1. È totalmente errato pensare che
aumentare la dose di un qualsiasi fitoterapico abbia come risultato un aumento di efficacia dello stesso. Ogni
sostanza espleta infatti la sua azione a determinate concentrazioni indicate sul foglietto illustrativo, oltre le
quali gli unici effetti manifesti sarebbero quelli tossici. E' necessario pertanto stare molto attenti all'abuso di
qualsiasi sostanza ingerita, anche se naturale e diffidare soprattutto da prodotti venduti senza foglietto
illustrativo ed indicazioni riguardo la posologia. 2. Ogni situazione è da valutare caso per caso, ed andrebbe
accompagnata dal giusto consiglio, sia del medico per quanto riguarda associazioni di integratori per la
perdita di peso con farmaci assunti dal paziente, sia del farmacista per individuare il prodotto corretto da
assumere. 3. Il programma per la perdita di peso funziona solo se accompagnato da una buona attività fisica
ed una diminuzione delle cattive abitudini ed una corretta alimentazione. *Farmacia Europea (Catanzaro) R
OSANNA V ERDIGLIONE
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VERSO L'ESTATE
PROFESSIONI
2 articoli
31/05/2015
Pag. 7
diffusione:24728
tiratura:83923
Ankara blocca gli aiuti ai kurdi
Legambiente Campania aveva risposto a un appello di Suruç, cittadina curda a 16 chilometri da Kobane
Alessandro De Pascale
Da ormai ben due mesi e mezzo 16 scatoloni pieni di farmaci del valore di circa 20mila euro, donati dai
cittadini campani ai campi profughi siriani sono bloccati dal governo turco. Si tratta del primo carico di questo
tipo partito autonomamente dall'Italia e in particolare dal piccolo comune salernitano di Santomenna il 14
marzo scorso, giorno del quarto anniversario dell'inizio della guerra in Siria. A raccoglierli, Legambiente
Campania che aveva risposto a un appello del comune di Suruç, cittadina curda ad appena 16 chilometri da
Kobane, assediata dallo Stato Islamico per 5 mesi e riconquistata lo scorso 26 gennaio dalle forze curde.
Proprio per la sua posizione, nella regione di Suruç sono nati ben sei campi profughi autogestiti che ospitano
circa 60mila persone in fuga dal conflitto. L'appello del «sindaco» A novembre del 2014, Orhan ansal-Zuhal
Ekmez, co-presidente del Comune di Suruç, prende carta e penna per denunciare l'assenza di aiuti sia
internazionali sia da parte del governo turco: «Il sostegno di organizzazioni e istituzioni nazionali e
internazionali è urgentemente necessario per affrontare le necessità impellenti». Riguardo la dimensione del
fenomeno, il «sindaco» di Suruç parla di «centinaia di migliaia di persone ora senza patria, migliaia di donne
e ragazze stuprate e vendute al mercato degli schiavi, decine di persone morte di fame e di sete lungo la
strada della migrazione». L'associazione ambientalista a quel punto si attiva immediatamente, scegliendo di
raccogliere medicinali in quanto «pur sapendo che l'invio di indumenti caldi, coperte, ma anche giocattoli e
tanto altro ancora potrebbe essere più necessario, i costi e le modalità di spedizione ci spingono ad
individuare quello che concretamente possiamo realizzare», spiegherà Legambiente stessa in un comunicato
il mese successivo (dicembre 2014). Gli scatoloni in attesa I 16 scatoloni pieni dei farmaci raccolti arrivano
all'aeroporto turco di Adana, a 300 chilometri da Suruç, con un aereo cargo di un vettore utilizzato anche da
Emergency, quattro giorni dopo essere partiti dalla Campania, lo scorso 18 marzo. Appena sbarcato il carico
umanitario viene però bloccato alla dogana, nonostante la documentazione in regola. «A quel punto ho
immediatamente e personalmente allertato l'ambasciata italiana ad Ankara», spiega il sindaco di
Santomenna (Sa), Massimiliano Voza, presente in quei giorni in Turchia con una delegazione italiana per il
Newroz, il capodanno persiano, nonché firmatario di un'apposita delibera comunale per l'invio dei medicinali
al comune di Suruç. «Il funzionario - ricorda Voza - mi ha risposto che la Turchia, a suo dire per motivi di
sicurezza nazionale, consente l'arrivo di aiuti, gestiti dal loro governo o da enti istituzionali». A interessarsi
della vicenda, anche il senatore Giuseppe De Cristofaro (Sel): «Non appena mi è stata segnalata la cosa mi
sono immediatamente attivato con la Farnesina per tentare di sbloccare questi aiuti. Sto sollecitando la cosa
da diverse settimane e trovo francamente assurdo che non ci sia un intervento incisivo da parte del nostro
governo per sbloccare questi farmaci, vista l'importanza dell'iniziativa». La stessa Legambiente ha chiesto più
volte aiuto sia al nostro ministero degli esteri sia all'ambasciata d'Italia in Turchia, come dimostrano una serie
di email. Ma nulla si è mosso. Nulla si è mosso «Abbiamo provato attraverso diversi canali a sbloccare la
situazione - conferma Leda Minchillo, presidente del circolo Legambiente «Silaris» che ha coordinato
l'iniziativa - la Farnesina dopo una sola telefonata non ci ha più contattato». Effettivamente il 30 marzo 2015
nella sede della rappresentanza diplomatica turca in Italia, Legambiente firma alla presenza del primo
segretario dell'ambasciata, Durmus Bastug, un atto di donazione dei farmaci in questione al Comune di
Suruç. «Siamo ostaggio della burocrazia ma soprattutto della volontà del governo turco», denuncia Yilmaz
Orkan, rappresentante in Italia del Congresso Nazionale Kurdo. «Prima - continua - volevano pagassimo il
dazio doganale sostenendo non fosse chiaro si trattasse di aiuti umanitari, problema risolto con la donazione,
poi che fossero affidati al governo stesso, ora che serve il controllo e l'autorizzazione del ministero della
Sanità poiché la Dogana ha trovato negli scatoloni un paio di confezioni di farmaci speciali, come può ad
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CAROVANE UMANITARIE · Dall'Italia 16 scatoloni di farmaci del valore di circa 20mila euro
31/05/2015
Pag. 7
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esempio essere la morfina, e quindi non ci verranno consegnati in assenza di un via libera governativo. Dal
canto nostro abbiamo fatto tutto il possibile per sbloccare questi farmaci che noi stessi abbiamo chiesto
all'Italia». Dal nostro ministero degli Esteri confermano di essere stati allertati, come del resto fa anche
l'ambasciata d'Italia ad Ankara, per bocca del capo dell'ufficio politico, Marcella Zaccagnino: «Sono stata
nominata da poche settimane nuova responsabile per la Siria della nostra sede diplomatica qui in Turchia. Di
conseguenza, non ho seguito io la vicenda quando è avvenuta. Ne vengo a conoscenza ora ma le assicuro
che mi attiverò immediatamente per capire come risolverla», assicurano dalla nostra sede diplomatica.
Intanto le condizioni di salute di chi vive nei campi profughi sono precarie: servono medici, farmaci generici,
vitamine e latte per donne e bambini. «Nonostante l'immane lavoro fatto dai circoli di Legambiente della
regione che ha portato ad un risultato straordinario denuncia Mariateresa Imparato, che per l'associazione
ambientalista si è occupata di questa campagna - queste medicine sono bloccate e non perché i curdi non ne
abbiano più bisogno, ma a causa di cavilli burocratici imposti dal governo turco che bloccano gli aiuti. Farmaci
e latte potrebbero scadere a giorni, visto che sono ormai fermi da due mesi e mezzo all'aereoporto di
Adana».
31/05/2015
Pag. 29
diffusione:125215
tiratura:224026
MerckSerono apre a Modugno
(A. SER.)
Iniziati i lavori di ampliamento e potenziamento dello stabilimento di produzione Merck Serono S.p.A. di
Modugno-Bari. Alla presenza di numerosi ospiti illustri, tra i quali i vertici nazionali ed internazionali del
Gruppo Merck, le istituzioni nazionali e locali ed il Direttore Generale di Farmindustria Enrica Giorgetti, si è
celebrata nei giorni scorsi la posa della prima pietra. Il sito Merck Serono S.p.A. di Modugno-Bari, che occupa
173 dipendenti, produce infatti un'elevata percentuale dei farmaci biotecnologici del Gruppo che spedisce in
oltre 100 paesi del mondo ed è frutto di un piano di investimenti pari a circa 50 milioni di Euro, per consentire
allo stabilimento pugliese di rispondere con ancora maggior efficienza e tempestività alla crescente domanda
di farmaci biotecnologici. All'interno del network globale di produzione biotech di Merck Serono, il sito di
Modugno-Bari si occupa delle attività di "fill & finish", insieme ad altri due stabilimenti: quello tedesco di
Darmstadt e quello svizzero di Aubonne. La Regione Puglia è inoltre impegnata a sostenere l'intervento
anche con un contributo finanziario di circa 10 milioni di euro attraverso un apposito Contratto di Programma.
Il completamento delle nuove infrastrutture dello stabilimento è previsto in due anni, per il mese di settembre
2017.
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LIBERO SALUTE /Un nuovo stabilimento di produzione
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