Avvertenze. Parti ancora da scrivere. 1 Stati legati e condizione di

Avvertenze.
Queste note sono molto incomplete. Si presuppone che lo studente
abbia familiarità con il contenuto, ad esempio, del cap.7 del testo di
Landau-Lifchitz.
Parti ancora da scrivere.
• Introduzione
• Formule di connessione.
Per la connessione tramite prolungamento nel piano complesso lo studente
può consultare il testo di Landau-Lifchitz, per la connessione tramite
funzioni di Airy lo studente può consultare il paragrafo sullo sviluppo
asintotico.
Le formule usate nel testo seguente sono
1
π
cos |w| −
↔ exp(−|w|)
4
2
π
↔ exp(+|w|)
sin |w| −
Z x4
1
w=
p(x)dx
~ a
(1a)
(1b)
(1c)
• Teoria elementare del coefficiente di trasmissione
• Calcolo semiclassico di Γ. Discussione sul decadimento α. Dati sperimentali sul decadimento α.
• Dipendenza temporale dei pacchetti d’onda.
• Monodromia e sviluppo asintotico.
1
Stati legati e condizione di Bohr-Sommerfeld.
In questo paragrafo presentiamo una trattazione elementare dell’analisi semiclassica degli stati legati, in un paragrafo successivo esporremo alcuni risultati
complementari.
Consideriamo un potenziale unidimensionale con un solo minimo, del tipo
indicato in figura.
Ci aspettiamo che l’equazione di Schrödinger fornisca una serie di autovalori
En e di autofunzioni ψn corrispondenti a stati legati, cioè con ψn ∈ L2 .
La trattazione semiclassica del problema parte dalla individuazione dei punti
di inversione, soluzioni dell’equazione
p(x) = 0
E = U (x)
1
1.4
1.2
U(x)
1
0.8
E
0.6
0.4
0.2
a
0
-1
-0.8
b
-0.6
-0.4
-0.2
0
0.2
0.4
0.6
0.8
1
siano a, e b, questi punti. Nelle regioni classicamente inaccessibili x < a, x > b
lo sviluppo asintotico della soluzione dell’equazione di Schrödinger deve essere
Z
1
ψ ∼ exp(±
|p(x)|dx)
~
il requisito ψ ∈ L2 impone che solo la soluzione decrescente all’infinito sia
presente.
Questo permette di fissare il comportamento della funzione d’onda da una
delle due parti del punto di inversione e determina in modo univoco il raccordo
fra la funzione d’onda nella regione classicamente permessa e quella nella regione
E < U (x).
Possiamo applicare le formule di connessione (1) per i due punti separatamente, ottenendo
Z x
Z
C
π
1 a
1
C 1
p exp −
|p(x)|dx → p cos
p(x)dx −
(2a)
2 |p|
~ x
~ a
4
|p|
!
Z
Z
C1 1
C1
π
1 x
1 b
p exp −
|p(x)|dx → p cos
p(x)dx −
(2b)
2
~ b
~ x
4
|p|
|p|
Le due determinazioni (2) devono coincidere per qualunque punto all’interno
dell’intervallo quindi deve essere |C| = |C1 , e prendendo funzioni d’onda reali
C = ±C1 . I due coseni coincidono a meno di un segno se la somma delle fasi è
un multiplo di π, cioè
Z
1
1 b
p(x)dx = (n + )π
(3)
~ a
2
In corrispondenza del valore di n, C1 = (−1)n C.
2
Notiamo ora che il percorso a, b è metà dell’oscillazione classica della particella nel potenziale U , se consideriamo un’oscillazione completa, a → b → a,
possiamo riscrivere la (3) nella forma
I
1
1
pdq = ~ n +
(4)
2π
2
in cui si riconosce la generalizzazione semiclassica della regola di quantizzazione
di Bohr-Sommerfeld, la novità rispetto a quest’ultima è il fattore aggiuntivo
1/2.
La (4) è un’equazione per E, risolvendola al variare di n si hanno le stime
semiclassiche dei livelli energetici.
Al crescere di x da a a b la fase del coseno nella funzione d’onda semiclassica
Z x
C
1
π
(5)
p(x)dx −
√ cos
p
~ a
4
varia fra −π/4 e nπ − π/4, cioè cambia di nπ, quindi il coseno ha n zeri. La
funzione d’onda ψn ha quindi n nodi e corrisponde all’n-esimo stato eccitato,
cioè la sequenza n = 0, 1, 2, 3 . . . corrisponde a E0 ≤ E1 . . .. E0 è l’energia dello
stato fondamentale, E1 quella del primo eccitato e via di seguito.
Come detto in un paragrafo precedente l’approssimazione semiclassica corrisponde al limite dell’ottica geometrica in ottica, cioè al limite di piccole lunghezze
d’onda rispetto alle lunghezze caratteristiche del problema. Nel nostro caso la
lunghezza tipica è la grandezza della zona classicamente accessibile: L = b − a,
quindi ci aspettiamo che l’approssimazione semiclassica sia tanto migliore quanto più λ L, dove λ = h/p è la lunghezza d’onda di de Broglie. Nello stato
n-esimo la funzione d’onda compie n/2 oscillazioni, avendo n nodi, quindi come
ordine di grandezza λ ∼ L/n, ci aspettiamo allora che l’approssimazione semiclassica sia tanto più precisa tanto più n è grande. in qualche modo ci si aspetta
di recuperare il limite classico nel limite n → ∞.
Per la determinazione della funzione d’onda semiclassica occorre fissare la
costante C. Normalmente la funzione d’onda di uno stato legato viene fissata
dalla condizione che la norma L2 sia 1. La funzione d’onda è esponenzialmente
depressa nella zona esterna all’intervallo [a, b] quindi con buona approssimazione
si può scrivere
!
Z ∞
Z b
Z b
Z
dx
π
1 b
2
2
2
2
1=
|ψ| dx '
|ψ| dx = C
p(x)dx −
(6)
cos
~ x
4
−∞
a
a p
Quando l’approssimazione semiclassica è buona il coseno compie molte oscillazioni quindi in prima approssimazione possiamo sostituire cos2 (ϕ) col suo
valor medio, 1/2, ottenendo
C2
2
Z
b
a
dx
'1
p
3
(7)
Il periodo di oscillazione classico del sistema è definito da
Z b
Z b
dx
dx
T =2
= 2m
a v
a p
quindi
C2 T
=1
2 2m
C=2
r
m
=
T
r
2mω
π
Riassumiamo il tutto per referenza:
s
!
Z
2mω
1 b
π
ψ(x) '
cos
p(x)dx −
πp(x)
~ x
4
Z a
r
1
mω
ψ(x) '
exp −
2πp(x)
~ x
Z r
1 x
mω
exp −
ψ(x) '
2πp(x)
~ b
ω=
2π
T
(8)
a<x<b
(9a)
x<a
(9b)
x>b
(9c)
Abbiamo ottenuto la stima (7) per C 2 supponendo n 1, in realtà spesso questa
formula viene usata anche per piccoli n, in particolare per lo stato fondamentale.
Faremo vedere alla fine di questo paragrafo che in effetti questa stima si può
ottenere in altro modo, senza usare la condizione n 1.
1.1
Numero di stati.
La condizione di quantizzazione (4)
I
1
1
pdq = ~ n +
2π
2
(10)
ha un chiaro significato geometrico: se consideriamo un moto periodico la traiettoria nello spazio delle fasi percorrerà una linea chiusa, l’integrale a sinistra
della (10) è l’area racchiusa da questa curva. La relazione (10) asserisce che ad
ogni grado di libertà è associata un’area 2π~ nello spazio delle fasi. Equivalentemente se consideriamo una porzione “macroscopica’ dello spazio delle fasi, di
area ∆p∆q, il numero di stati quantistici associati è
n=
∆p∆q
2π~
(11)
Come è noto l’applicazione forse più importante di relazioni come la (11) è in
fisica statistica, per contare appunto gli stati possibili. Per il caso di una particella in una scatola la relazione (11) si riduce al classico conteggio dei modi di
vibrazione di una cavità: p/~ = k = 2π/λ è il numero d’onda e la condizione
di quantizzazione si riduce a dire che la larghezza della scatola deve essere un
multiplo della semilunghezza d’onda, quindi in questo caso non c’è bisogno di
scomodare l’approssimazione semiclassica per stabilire la (11). Tuttavia la formulazione presente ha il vantaggio di non dipendere dai dettagli del potenziale:
4
mettere una scatola non significa altro che introdurre un campo esterno capace
di confinare il sistema. Normalmente nel limite termodinamico le grandezze
fisiche non devono dipendere dal tipo di contenitore usato quindi è opportuno
che il conteggio degli stati sia fatto, nel limite di grandi n che è quello che ci interessa, indipendentemente dal potenziale, questo è appunto quello che assicura
la derivazione semiclassica della (11).
Notiamo per completezza che la generalizzazione della (10) o meglio ancora
della analoga regola di Bohr-Sommerfeld, a sistemi con più gradi di libertà non
è ovvia. Nel caso di sistemi separabili ovviamente si ha la relazione (10) per
ogni grado di libertà. Una analoga relazione è scrivibile in generale per sistemi
integrabili,
I
1
ω = ni
2π~ γi
Pn
dove ω = k=1 pk dqk è la 1-forma di Poincarè-Cartan e γi sono cicli invarianti.
Per sistemi non integrabili la questione è molto più complicata e questa è una
delle ragioni per cui il controllo del limite fra descrizione classica e quantistica
è problematico.
La (10) fornisce un’altra relazione interessante che aiuta a capire la connessione fra l’evoluzione temporale quantistica e quella classica.
Se consideriamo un sistema con n 1 possiamo valutare qual’è la differenza in energia fra un livello e l’altro.
Posto ∆E = En+1 − En si ha
p
approssimativamente. sfruttando p = 2m(E − U ):
I
I
1
1
∂
1
m dx
∆n = 1 =
pdx =
∆E
∆E
=
∆E T
2π~
∂E
2π~
p
2π~
dove T è il periodo classico del sistema, quindi, indicando con ω = 2π/T la
frequenza propria di oscillazione
∆E ' ~ω
(12)
Questo significa che per grandi valori di n i livelli sono equispaziati e la differenza di energia, corrispondente alla frequenza di transizione fra livelli diversi, è un multiplo della frequenza fondamentale di oscillazione classica. In
approssimazione semiclassica l’evoluzione di uno stato è perciò del tipo
X
ψ(x, t) ∼
ψk (x)e−ikωt
(13)
k
che è proprio la forma aspettata per una funzione periodica di periodo T , in
pratica lo sviluppo in serie di Fourier.
Ci si aspetta che la descrizione classica di un sistema corrisponda ad una
localizzazione precisa nello spazio delle fasi, in altre parole i numeri quantici
caratteristici, n, devono essere grandi per avere il limite classico, ma la distribuzione dei valori deve essere abbastanza stretta in modo che il “volume”
∆p∆q sia ben definito classicamente ma grande rispetto alla “granularità quantistica”, cioè il volume elementare 2π~. In altre parole uno stato classico deve
5
corrispondere alla situazione
1 ∆n n
Se sviluppiamo uno stato di questo tipo in termini di autofunzioni semiclassiche
dobbiamo avere
X
Ψ=
c n ψn
n
dove i coefficienti cn sono diversi da 0 solo in un piccolo intervallo attorno ad
un certo n̄ 1.
Consideriamo ora l’evoluzione temporale di una osservabile f , si avrà1
X
i
c∗n cm fmn e ~ (Em −En )
f¯(t) = hΨ(t)|f |Ψ(t)i =
m,n
per tutti i livelli che compaiono nella somma possiamo applicare la (12) e quindi
Em − En ' (m − n)~ω. Quindi cambiando variabili e scrivendo m = n + k
XX
f¯(t) =
(14)
c∗n+k cn fn+k,n eikω
n
k
Le funzioni semiclassiche sono funzioni rapidamente oscillanti per grandi numeri
quantici, quindi gli elementi di matrice fra fn1 ,n2 sono, trascurando la funzione
d’onda nella zona classicamente inaccessibile, quantità del tipo
fmn ∼
Z
b
f (x)
a
1
cos(ϕn ) cos(ϕm )
p(x)
avendo indicato con ϕn i fattori di fase semiclassici. Le due fasi ϕn , ϕm hanno rispettivamente n, m oscillazioni, quindi l’elemento di matrice fnm tende a
zero rapidamente col crescere di n − m, è lo stesso motivo per cui nell’usuale
trasformata di Fourier di una funzione F (x) poco variabile le sue componenti di
Fourier Fk vanno a zero rapidamente con k. in prima approssiamzione possiamo
perciò trascurare nella (14) i termini con k 6= 0 nei prodotti c∗n+k cn . D’altronde
il numero n, sempre negli elementi di matrice, è centrato attorno a n̄, il numero
“tipico”
dello stato, quindi gli elementi fn+k,n dipendono solo da k. Usando
P
2
|c
|
= 1 si ha allora, approssimativamente
n n
X
X
X
¯ '
f(t)
|cn |2
fk eikωt =
fk eikωt
n
k
k
quindi l’evoluzione temporale è esattamente quella aspettata: una evoluzione
in termini di armoniche di un sistema con periodicità T = 2π/ω. In questo
modo vediamo che le componenti di Fourier delle osservabili classiche sono in
corrispondenza con gli elementi di matrice delle osservabili quantistiche.
1 Seguiamo
in questa esposizione il classico testo di Landau-Lifchitz.
6
Notiamo che quanto qui tratteggiato è esattamente l’opposto di quanto è
avvenuto storicamente: la costruzione della meccanica delle matrici di Heisenberg si basa appunto sulla considerazione che nel limite classico le componenti di
Fourier di una osservabile si devono riferire a “salti quantici”, cioè ci deve essere
una corrispondenza fra fkcl e F (n + k, n) dove F , per Heisenberg, rappresentava
l’oggetto da studiare. L’analogia con le regole di ricombinazione degli spettri
ha portato alla formulazione di “regole di moltiplicazione” per questi oggetti
F (n + k, n) che infine sono state riconosciute come le regole di moltiplicazione
per matrici.
1.2
1.2.1
Esempi.
Oscillatore armonico.
L’equazione di Schrödinger è
−
~2 d 2 ψ
1
+ mω 2 ψ = Eψ
2m dx2
2
1
p2 = 2m(E − mω 2 x2 )
2
(15)
I punti di inversione classici sono perciò
x = ±a = ±
r
2E
mω 2
La condizione di quantizzazione semiclassica si scrive
s
Z a
x2
1
1
dx 2mE 1 − 2 = ~ n +
2π −a
a
2
ovvero
1
~ n+
2
1 2E
2
a
2π ω
Z
1
0
p
1 − z 2 dz =
(16)
E
2E π
a =
ωπ 2
ω
Quindi i livelli energetici in approssimazione semiclassica sono esatti.
Non cosı̀ la funzione d’onda. La funzione p(x) corrispondente all’n-esimo
livello eccitato è
s
r
p
x2
2En
pn (x) = 2mEn 1 − 2
an =
an
mω 2
ed il corrispondente periodo di oscillazione classico è dato da
r
Z
Z an
m
2 1
2π
dz
dx
q
√
Tn = 2
=2
=
2
2En −an 1 − x2
ω 0
ω
1−z
a2n
uguale per tutti i livelli, è il corrispetivo dell’isocronismo classico delle oscillazioni.
7
Una misura quantitativa dell’approssimazione della funzione d’onda si ha, ad
esempio, confrontando il valore della funzione d’onda nellorigine con la soluzione
esatta, per gli stati pari ovviamente. In approssimazione semiclassica
Z 0
r
2mω
1
1
π
cos
=
|ψ2n (0)| = C p
p(x)dx −
4
π (2m~ω(2n + 21 ))1/4
p(0)
−a
mω 1/4 2 1/4
1
(2n + )−1/4
=
~π
π
2
Per la soluzione esatta
mω 1/4
mω 1/4
1
1
(2n)!
p
p
|ψ2n (0)| =
|H2n (0)| =
2n
2n
~π
~π
2 (2n)!
2 (2n)! n!
(17)
Per grandi n usando la formula di Stirling
√
k! ' k k e−k 2πk
si ha
1
(2n)!
p
=
2n
2 (2n)! n!
p
(2n)!
→ (πn)−1/4
2n n!
Sostituendo nella (17) si verifica la consistenza con il risultato semiclassico. Per
lo stato fondamentale
mω 1/4
mω 1/4 √
ψ0 (0) =
2 · π −1/4 = ψ0 (0) · 1.0623
ψ0sc (0) =
~π
~π
quindi l’approssimazione è buona anche per il fondamentale.
1.2.2
Potenziale quartico.
Come esercizio non banale proviamo il potenziale U = g/2x4 :
−
~2 d 2 ψ 1
+ mω 2 ψ = Eψ
2m dx2
2
(18)
Operando la trasformazione x = λz, con λ = (mg/~2 )1/6 la (18) si trasforma in
−
1 d2 ψ 1 4
+ z ψ= ψ
2
2 dz
2
2
m 4/3
=E 2
g 1/3
2
~
(19)
Gli autovalori della (19) chiaramente non dipendono da nessun parametro, quindi basta studiare questa equazione, se si vogliono ottenere le energie nelle unità
solite basterà porre
2 4/3
~
g −1/3
En =
m
2
A questo punto ricominciamo a chiamare x, E etc. le nostre variabili e studiamo
l’equazione
ψ 00 + (E − x4 )ψ = 0
(20)
8
I punti di inversione sono x = ±a = ±E 1/4 e la condizione di quantizzazione si
scrive
Z ap
1
1 √
2 √
E2
1 − (x/a)4 dx = a EJ
J = 0.8740191847640399368
n+ =
2
2π
π
−a
da cui
1
π
En =
(n + )
2J
2
4/3
(21)
Possiamo ricavare gli autovalori con il metodo variazionale illustrato nel capitolo
precedente, i raffronti sono:
n
0
1
2
3
4
5
En
1.06036
3.79967
7.45570
11.64475
16.26183
21.23837
EnW KB
0.86715
3.75192
7.41399
11.61153
16.23361
21.21365
δE/E
0.18222
0.01257
0.00559
0.00285
0.00173
0.00116
Come si vede l’approssimazione migliora al crescere di n ma è ragionevole anche
per lo stato fondamentale.
1.3
Normalizzazione della funzione d’onda.
Mostriamo come la condizione di normalizzazione (8) possa essere ricavata senza
far uso dell’ipotesi n 1.
Scegliamo le coordinate in modo che x = 0 sia il minimo del potenziale V ,
in questo modo a < 0 < b è la zona classicamente accessibile, dove a, b sono i
punti di inversione.
Sia ψ la funzione d’onda semiclassica normalizzata ad 1.
Consideriamo per x > 0 una funzione u che soddisfa l’equazione di Schrödinger
in questo semispazio
~2 00
u + U (x)u = Eu
−
2m
ma con E 6= E0 . Evidentemente per x → −∞ la soluzione non sarà integrabile.
Scegliamo la soluzione in modo che per E → E0 , u(E, x) → ψ(x). Date due di
queste soluzioni si ricava immediatamente
−
~2
(u1 u002 − u2 u001 ) = (E2 − E1 )u2 u1
2m
Il membro a sinistra di questa equazione è una derivata totale:
−
~2 d
(u1 u02 − u2 u01 )
2m dx
9
quindi integrando da 0 a ∞
~2
[u1 u02 − u2 u01 ]x=0 = (E2 − E1 )
2m
Z
∞
dx u2 u1
(22)
0
poniamo ora E2 = E1 + δE. Uguagliando i termini al primo ordine in δE
otteniamo
Z ∞
~2
∂u 0
∂u0
=
dx u2
(23)
−
u
u
2m
∂E
∂E
0
x=0
La stessa cosa può essere fatta nell’intervallo −∞, 0 e indicando con v le funzioni
corrispondenti:
Z 0
∂v 0
~2
∂v 0
dx v 2
(24)
−
v
=
−
v
2m ∂E
∂E
−∞
x=0
Se
facciamo il limite E → E0 la somma dei membri destri delle (23), (24) è
R ora
ψ 2 dx = 1. Valutiamo ora i termini in parentesi quadra. Ricordiamo che 0 è
il minimo di V , quindi p0 (0) ∝ V 0 (0) = 0 perciò tutti i termini proporzionali a
p0 (0) possono essere trascurati nel fare le derivate.
Posto p(0) = p0 si ha, con la solita notazione
C
1
v(0) = √ cos(
p0
~
C
1
u(0) = √ cos(
p0
~
Z
Z
0
a
1
v (0) = −C p0 sin(
~
π
)
4
1 √
1
C p0 sin(
~
~
b
0
√
π
pdx − )
4
pdx −
0
u0 (0) =
Z
0
a
Z
pdx −
π
)
4
pdx −
π
)
4
0
a
il segno dell’ultimo termine deriva dal fatto che l’integrale nel fattore di fase
va da x a b. Effettuando le derivate si noti che l’eventuale derivata di C(E) si
cancella. Il risultato è
Z 0
Z 0
∂v 0
∂v 0
1 C 2 ∂p0
1
∂
v
−
v
=− 2
sin(2
p(x)dx) − 2 C 2
p
∂E
∂E
~ 2p0 ∂E
~
a
a ∂E
x=0
Z b
Z b
∂
1
∂u0
∂u 0
1 C 2 ∂p0
u
−
u
= 2
sin(2
p(x)dx) + 2 C 2
p
∂E
∂E
~
2p
∂E
~
∂E
0
0
0
x=0
Quindi dalle (23), (24), nel limite E → E0
2m
1 C 2 ∂p0
=
sin(2
~2
~2 2p0 ∂E
Z
b
a
1
p(x)dx) + 2 C 2
~
Z
b
a
∂
pdx
∂E
(25)
Il primo termine nella (25) si annulla perchè l’integrale è una fase (n + 1/2)π,
per la condizione di quantizzazione, quindi resta, usando ∂p/∂E = m/p = v
2m = C 2
che coincide con la (7).
10
Z
b
a
dx
v
(26)
1.4
Correzioni all’approssimazione semiclassica.
Lo scopo di questo paragrafo è di fornire degli strumenti per il calcolo delle
correzioni alle espressioni delle funzioni d’onda e dei livelli energetici ottenute
precedentemente. Allo stesso tempo viene fornita una interpretazione più “geometrica” del tipo di approssimazione usata nel fare lo sviluppo in ~, questo
fornisce una visione interessante del metodo. Il contenuto di questo paragrafo
non è strettamente necessario per l’uso dell’approssimazione semiclassica che si
farà nelle applicazioni e può essere omesso in prima lettura.
Consideriamo l’equazione di Schrödinger
~2 d 2 ψ
+ V (x)ψ = Eψ
2m dx2
~2 ψ 00 + p2 (x)ψ = 0
p2 = 2m(E − V (x))
(27a)
−
(27b)
L’approssimazione semiclassica consiste nel cercare una soluzione di tipo ψ ∼
exp(isigma/~) e nello sviluppare σ in potenze di ~. Sostituendo
1
ψ = exp(i σ)
~
(28)
(σ 0 )2 − i ~σ 00 = p2
(29)
nella (27) si ottiene
e la soluzione si cerca nella forma
σ=
∞ k
X
~
k=0
i
σk
(30)
Sostituendo nella (29) si ottiene, all’ordine 0
(σ00 )2 = p2
σ0 = ±
Z
p(x)dx
(31)
mentre per n > 0, uguagliando a 0 i vari coefficienti di ~n si ha
n
X
0
00
+ σn−1
=0
σk0 σn−k
(32)
k=0
La (32) fornisce un’espressione ricorsiva per σn , infatti σn0 compare solo in due
addendi, quelli che moltiplicano σ00 e si ha esplicitamente
σ10 = −
1 00
σ
2σ00 0
σn0 = −
1
2σ00
⇒
n−1
X
k=1
Ad esempio
σ20 = −
1
σ1 = − log(p)
2
!
0
00
σk0 σn−k
+ σn−1
i 1 p00
1 h 02
3 p0 2
σ1 + σ100 =
−
2p
4 p2
8 p3
11
(33a)
n≥2
(33b)
(34)
Nell’integrare questa equazione e quelle analoghe per σn conviene introdurre la
quantità f = pp0 , perchè in questo modo viene eliminata la radice quadrata
che c’è nella definizione di p. Conviene poi integrare per parti per eliminare il
termine con la derivata seconda. Per σ2 si ha
Z
Z
Z x
2
3 x f2
1 f
1
3 x f2
1 p00
p0
dx
−
=
+
2
−
dx
dx 5 =
dx
4 p2
8
p5
4 p3
4
p3
8
p
Z x
2
1 f
1
f
=
+
dx 5
4 p3
8
p
σ2 (x) =
Z
x
A parte la difficoltà di fare gli integrali non ci sono ostacoli a portare avantli lo
schema.
Un pò meno ovvio è come si debba procedere per la determinazione delle
correzioni agli autovalori.
Una possibilità sarebbe quella di rifare il calcolo delle condizioni di connessione tenendo conto dei termini correttivi in ~, ma le condizioni di raccordo per
la fase non sono facilmente implementabili per termini come σ2 , se come succede
sempre, p(x) ha uno zero nel punto di inversione classico, σ2 diverge, indicando apputo che l’approssimazione semiclassica cessa di valere in prossimità del
punto di inversione, sarebbe quindi complicato o impossibile implementare una
ricetta tipo σ(b) − σ(a) = nπ fra i due punti di inversione a, b.
L’idea per risolvere elegantemente il problema è la seguente. Se estendiamo
al campo complesso l’equazione di Schrödinger la condizione di quantizzazione
non è altro che la condizione di monodromia della funzione ψ. L’equazione di
Schrödinger non fornisce σ, cioè la fase della funzione d’onda, ma piuttosto la
sua derivata, da cui σ si ottiene per integrazione, cioè
Z x
σ=
σ 0 dx
(35)
σ 0 è una espressione ottenuta algebricamene a partire da E e dal potenziale V .
Se interpretiamo x come una variabile complessa la (35) definisce σ come un
integrale lungo un cammino nel piano complesso x. Se σ 0 non avesse sigolarità
l’integrale sarebbe sempre indipendente dal cammino, in particolare per ogni
valore di E. Ma in presenza di punti di inversione sicuramente ci sono delle
singolarità come si vede dall’espressione, ad esempio, di σ1 .
Supponiamo di avere due punti di inversione, a, b e che questi siani zeri
semplici di E − V (x). In questo caso la funzione p(x) ha un comportamento del
tipo
p
p(x) = (x − a)(b − x)R(x)
dove R è regolare, siamo in presenza di un taglio nel piano complesso
cheR va
R
da a a b. Questo taglio è il motivo per cui la fase cambia da i p a − |p|
passando dalla zona classicamente permessa a quella proibita, ma al di fuori di
questo taglio la funzione deve essere ben definita, e in particolare al di fuori
del taglio deve esseremonodroma, basta pensare di fare il limite per x tendente
a valori reali, quindi se si percorre un percorso chiuso che circonda il taglio si
12
deve ritornare alla stessa determinazione di ψ. In termini espliciti deve vale la
regola di quantizzazione
I
1
σ 0 (z)dz = 2nπ
(36)
~ γ
dove γ è un cammino nel piano complesso che racchiude il taglio, e quindi i due
punti di inversione. La (36), intesa come sviluppo in serie di ~ è un’equazione per
E, è questa la condizione di quantizzazione. Il lettore riconosce sicuamente nella
procedura lo stesso ragionamento che, ad esempio, porta alla quantizzazione di
Lz .
Vediamo ora come funziona in pratica la cosa. Se ci si limita all’ordine più
basso in ~ si ha, usando σ00 = p
I
pdz = 2nπ~
(37)
γ
Possiamo pensare γ come fatto dal percorso a →p
b sotto il taglio e b → a sopra.
Passando da sotto a sopra il taglio la funzione (z − a)(b − z) cambia segno:
immaginiamo di prendere un punto z fra a e b e seguiamo la fase di z − a, b − z
quando si aggira ad esempio il punto b in senso antiorario. La fase di z − a resta
sempre attorno a zero, quella di z − b passa da −π a +π, quindi estraendo la
radice quadrata si ha un fattore eiπ = −1 in altre parole
p|γ+ = − p|γ−
Il cammino a questo punto si può “schiacciare” sul segmento a, b e resta
I
pdz =
γ
Z
b
a
pγ− dz +
Z
a
p γ+ = 2
b
Z
b
pdx
a
Quindi a quest’ordine la condizione (36) diventa
2
Z
b
p(x)dx = 2nπ~
(38)
a
Che è la condizione di quantizzazione di Bohr-Sommerfeld, senza il fattore
aggiuntivo 1/2.
p
Consideriamo ora il contributo di σ1 . Poichè p = (x − a)(b − x)R(x) si ha
1 d
1
1
R0
1
0
σ1 = −
log(p) = −
+
+
2 dz
4 z−a z−b
R
R0 /R è una funzione olomorfa attorno al taglio, perchè R non ha zeri, e
quindi il suo integrale è nullo per il teorema di Cauchy, gli altri due termini
danno il residuo di due poli e quindi:
1
σ10 → − 2πi · 2 = −iπ
4
13
mettendo assieme i due contributi:
Z b
~
p(x)dx + (−iπ) = 2πn~
2
i
a
cioè
2
Z
a
b
1
p(x)dx = 2π~ n +
2
(39)
che è esattamente la condizione di quantizzazione semiclassica. In questo contesto il fattore 1/2 aggiuntivo si chiama indice di Maslov.
Consideriamo ora la prima a questo risultato, σ20 è dato dall (34). I calcoli
seguenti si semplificano se usiamo come variabile Q = p2 , in modo da esplicitare
le radici quadrate. Si ha
p0 =
Q0
2Q1/2
p00 =
1
Q02
00
)
(Q
−
2Q
2Q1/2
e la (34) si può riscrivere nella forma
σ20 =
5 Q02
1 Q00
−
8 Q3/2
32 Q5/2
Questa relazione si può ulteriormente semplificare usando
d Q0
Q00
3 Q02
= 3/2 −
3/2
dx Q
2 Q5/2
Q
eliminando Q02 si arriva a
σ20 =
1 Q00
5 d Q02
+
48 Q3/2
48 dx Q3/2
(40)
Il secondo termine è una derivata totale di una funzione monodroma nel piano
complesso con taglio a, b, quindi non contribuisce all’integrale lungo il cammino
chiuso che dobbiamo calcolare. Notiamo che questo agionamento non si poteva
fare per σ10 = d/dx log(p) perchè il logaritmo non è monodromo sulla superficie
di Riemann che stiamo considerando.
Scrivendo
Q−3/2 ≡ (2m(E − V ))−3/2 = −2
1 ∂ −1/2
Q
2m ∂E
possiamo scrivere
I
I
I
1 Q00
1 ∂
V 00
0
dz
=
dz
σ2 dz =
48 Q3/2
24 ∂E
(2m(E − V ))1/2
e quindi a quest’ordine la condizione di quantizzazione diventa, tenendo conto
dei contributi di σ0 , σ1 :
Z b
I
V 00
1
2 1 ∂
2
p(x)dx − ~
dz
(41)
= 2π~ n +
24 ∂E
2
(2m(E − V ))1/2
a
14
Il primo risultato non √
banale si ha proprio per l’oscillatore armonico. Se V (x) =
1/2kx2 ponendo x = Eξ l’integrale per σ2 diventa
I
∂
k
dξ
=0
∂E
(2m(1 − 21 kξ 2 ))1/2
Cioè la correzione in σ2 si annulla.
Una dimostrazione a tutti gli ordini può essere la seguente. Consideriamo un generico potenziale
xN . Si verifica facilmente che la relazione di ricorrenza (32) è verificata da
0
σn
= x−n Pn (xN )Q−3/2n+1/2
Q = p2
(42)
dove Pn è un polinomio di grado n. Innanzitutto si vede che per n > 1 dispari non si hanno
contributi a E: la funzione (42) non ha tagli e non ha poli semplici nei punti di inversione, quindi
l’inegrale lungo il cammino chiuso è nullo. Questo è corretto perchè i termini dispari darebbero
un contributo immaginario ad E. Il contributo di σ1 era non nullo perchè la funzione aveva poli
semplici ed il teorema di Cauchy aveva fornito il fattore i necessario.
Per n pari, cambiando variabili a xN = z conduce, per le funzioni (42) a integrali del tipo
Z
1
3
z −n/N z 1/N −1 z sN (1 − z)− 2 (n−1)−1 =
0
3
Γ( 1−n
N + s)Γ( 2 (1 − n))
Γ( 1−n
N +s+
3
2 (1
− n))
Per n pari il numeratore non ha mai poli. Per N = 2 l’argomento della funzione Γ a denominatore
diventa
2 − 2n + s ≤ 2 − n
perchè s ≤ n
quindi per n ≥ 2 la funzione ha un polo ed il corrispondente integrale è nullo. Quindi tutte le
correzioni a E per un oscillatore armonico si annullano: questo è il motivo per cui la quantizzazione
delle energie per l’oscillatore armonico è esatta, anche se le correzioni alla funzione d’onda, le σ i
sono non nulle.
Applichiamo ora le formule ottenute al caso dell’esercizio analizzato nel paragrafo precedente
ψ 00 + (E − x4 )ψ = 0
nelle notazioni di questo paragrafo, m = 1/2, ~ = 1, Q = E − x4 .
Si ha per la condizione di quantizzazione, facendo il cambiamento di variabili
x = E 1/4 z
I p
I
dx 12x2
1 ∂
1
E − x4 dx −
=
2π(n + ) =
2
24 ∂E
(E − x4 )1/2
I
I
dzz 2
1 ∂ 1/4
E
= E 3/4 (1 − z 4 )1/2 −
=
2 ∂E
(1 − z 4 )1/2
Z 1
Z 1
1
dzz 2
= 4E 3/4
dz(1 − z 4 )1/2 − E −3/4 4
4 1/2
8
0
0 (1 − z )
I due integrali, J, J1 si possono esprimere in termini di funzioni B di Eulero,
comunque ora ci interessa il loro valore numerico
J = 0.87401918476404
15
J1 = 0.599070117
quindi
1
1
π
(n + ) = E 3/4 J − J1 E −3/4
2
2
8
La soluzione E è espressa come serie in ~, E = E0 + E1 + . . . e usando
3/4
E 3/4 ' E0
si ricava
1
π
(n + )
E0 =
2J
2
4/3
+
3 E1
4 E 1/4
0
E1 =
1 J1 −1/2
E
6 J 0
(43)
Inserendo i valori numerici si ottiene un netto miglioramento rispetto all’ordine
0.
n
En
W KB(0) W KB(0 + 1)
0 1.060362090484547 0.86715
0.98982
1 3.799673029801470 3.75192
3.81090
2 7.455697937987020 7.41399
7.45594
3 11.644745511378039 11.61153 11.64505
4 16.261826018850243 16.23361 16.26197
5 21.238372918236099 21.21365 21.23846
Proseguendo su questa strada ci si accorgerebbe che lo sviluppo in ~ è comunque
uno sviluppo asintotico, non convergente, quindi, come nel caso della serie perturbativa, occorre far uso di metodi di risommazione della serie per estrapolare
il risultato.
2
Doppia buca
Uno dei problemi più interessanti ed istruttivi fra quelli “elementari” in Meccanica Quantistica è la determinazione dei livelli energetici, in particolare dello
stato fondamentale, in un sistema con un potenziale a due minimi, come quello
indicato in figura.
Dallo studio dell’analogo problema con buche di potenziale unidimensionali
abbiamo imparato che lo stato fondamentale è uno stato simmetrico e la funzione d’onda associata è “distribuita” fra le due buche di potenziale. Vogliamo
studiare lo stesso meccanismo in un potenziale generico ed in particolare in un
potenziale descritto da un polinomio di grado 4. Questo potenziale si ottiene da
quello di un oscilatore anarmonico invertendo il segno del termine quadratico.
Vedremo in seguito alcune applicazioni fisiche, in particolare alla molecola di
ammoniaca, ora vogliamo concentrarci sulla soluzione semiclassica del problema.
Daremo tre metodi di soluzione leggermente diversi fra loro per mettere in
evidenza aspetti diversi del problema. Lo studente troverà più avanti nel suo
studio metodi ancora diversi, basati sul path-integral, questo a testimoniare
l’importanza metodologica della questione.
16
0.4
0.3
0.2
0.1
0
-0.1
-0.2
-b
-a
E
-0.3
-0.4
-1.5
2.1
-1
-0.5
0
0.5
1
1.5
Discussione
L’approccio semiclassico è interessante perchè focalizza in maniera emblematica
il modo diverso in cui le simmetrie agiscono in meccanica quantistica rispetto
alla meccanica classica. In meccanica classica il sistema ammette due stati di
minima energia, corrispondenti ai minimi x± del potenziale. Questi minimi
sono equivalenti ma, una volta scelto un minimo, la descrizione fisica non è più
invariante sotto l’operazione di parità. Se ad esempio consideriamo delle piccole
oscillazioni possiamo distinguere oscillazioni attorno a x+ da oscillazioni attorno
a x− . Se la particella che stiamo studiando è carica, la posizione stazionaria
corrisponde ad un dipolo elettrico ±ex± che cambia segno a seconda di scegliere
un minimo o l’altro, etc.
In Meccanica Quantistica la situazione è completamente diversa. L’Hamiltoniana del sistema
p2
H=
+ U (x)
(44)
2m
commuta con l’operazione di parità P : x → −x, quindi possiamo classificare
gli stati con gli autostati di P , che in rappresentazione di Schródinger sono le
funzioni pari, con autovalore +1, e dispari, con autovalore −1. L’equazione
agli autovalori corrispondente alla Hamiltoniana (44) è un problema di SturmLiouville e sappiamo che l’autovalore più basso corrisponde ad una funzione
senza nodi, quindi lo stato fondamentale del sistema deve corrispondere ad
una autofunzione pari. In altre parole per lo stato fondamentale del sistema
quantistico le due posizioni x± sono completamente equivalenti.
D’altre parte se immaginiamo di fare il limite classico ~ → 0 vorremmo recuperare la situazione “asimmetrica”: si tratta perciò di capire qual’è il meccanismo fisico che rende equivalenti i due minimi classici e in che senso si recupera
il limite classico.
17
Una localizzazione della particella in una valle, ad esempio attorno a x+
corrisponde ad una funzione d’onda concentrata in questa zona. Classicamente
se l’energia è minore del del massimo locale del potenziale, U (0) la particella
resta confinata in questa zona, quantisticamente sappiamo invece che per effetto
tunnel la particella può passare nell’altra valle, questo è dunque il meccanismo
in gioco. La probabilità di questa transizione deve essere quindi proporzionale
al fattore di penetrazione della barriera, e−A dove A è proporzionale all’area del
grafico U (x) compreso fra l’energia E del sistema ed il massimo del potenziale,
U (0). Nel limite in cui il fattore di penetrazione è trascurabile il sistema presenta quindi deve presentare due stati quasi stazionari equivalenti, corrispondenti
alla due localizzazioni possibili della particella, cioè l’Hamiltoniana deve essere
approssimativamente degenere. La possibilità di effettuare il tunneling risolve la
degenrazione e, con un meccanismo già visto, provoca una separazione dei livelli:
è il classico meccanismo di un sistema a due stati. Se ϕ+ , ϕ− sono i due stati
quasistazionari corrispondenti alle due localizzazioni della particella, lo stato
fondamentale ed ilprimo stato eccitato saranno della forma approssimativa
1
ψ2 = √ (ϕ+ − ϕ− )
2
1
ψ1 = √ (ϕ+ + ϕ− )
2
(45)
La separazione dei livelli ∆E = E2 − E1 sarà proporzionale al fattore di penetrazione della barriera. L’energia ∆E corrisponde alla fraquenza caratteristica
di transizione fra le due buche, infatti partendo da uno stato ϕ − + ad esempio,
si avrà:
1 (46)
ϕ+ (t) = √ ψ1 (0)e−E1 t/~ + ψ2 (0)e−E2 t/~
2
da cui
∆Et
(47)
2~
quindi dopo un tempo T ∼ π~/∆E la particella si trova dall’altra parte della
barriera.
Questo semplice calcolo chiarisce che il sistema, per tempi t T può considerarsi “localizzato” mentre per tempi maggiori l’effetto tunnel non è più trascurabile. Uno stato stazionario è necessariamente considerato tale per tempi infinitamente lunghi, quindi gli stati stazionari sono simmetrici. sappiamo però che
il fattore di penetrazione è proporzionale a exp(−S/~)
dove S ha le dimensioni
p
di un’azione classica, dell’ordine di p∆x dove p = 2m|E − V | e ∆x dell’ordine
della distanza dei punti di inversione a, b in figura. Quindi se ~ S i tempi di
“tunneling” possono essere astronomicamicamente lunghi
|hϕ− |ϕ+ (t)i|2 = sin2
T ∝ ~eS/~
Veniamo ora alla stima semiclassica dei livelli energetici.
2.2
Metodo 1.
Questo metodo è sostanzialmente quello riportato nel testo [?].
18
Siano ψ1 , ψ2 due autostati dell’Hamiltoniana
H=
~2 d 2
p2
+ U (x) = −
+ U (x)
2m
2m dx2
(48)
dove U (x) èunpotenziale simmetrico, U (x) = U (−x):
~2 d 2
ψ1 + U (x)ψ1 = E1 ψ1
2m dx2
2
2
~ d
−
ψ2 + U (x)ψ1 = E1 ψ2
2m dx2
−
(49a)
(49b)
Possiamo trovare un’espressione per la differenza dei livelli ∆E = E2 − E1 utilizzando una tecnica simile a quella che si usa per dimostrare che le autofunzioni
ψ1 , ψ2 sono ortogonali. Consideriamo la combinazione
A(ψ1 , ψ2 ) = ψ1 ψ200 − ψ2 ψ100
Integriamo questa quantità nell’intervallo 0, ∞. Usando ψ1 , ψ2 → 0 per x → ∞
si ha
Z ∞
Z ∞
d
dx (ψ1 ψ20 − ψ2 ψ10 ) = ψ2 (0)ψ10 (0) − ψ1 (0)ψ20 (0)
(ψ1 ψ200 − ψ2 ψ100 )dx =
dx
0
0
D’altra parte usando le (49) si ha
Z ∞
Z ∞
2m
dx ψ1 (x)ψ2 (x)
(ψ1 ψ200 − ψ2 ψ100 )dx = − 2 (E2 − E1 )
~
0
0
Quindi
~2 1
~2 1
(ψ1 (0)ψ20 (0) − ψ2 (0)ψ10 (0)) =
ψ1 (0)ψ20 (0)
2m S12
2m S12
Z ∞
=
dx ψ1 ψ2
E2 − E 1 =
S12
(50a)
(50b)
0
Si è usato il fatto che ψ2 (0) = 0, essendo ψ2 una funzione dispari. Applichiamo
la (50) al caso che ci interessa. ψ1 è la funziona d’onda, simmetrica, dello stato
fondamentale e ψ2 la funzione d’onda, antisimetrica, del primo livello eccitato.
Come accenato nella discussione nel limite in cui si trascura l’effetto tunnel
l’Hamiltoniana deve presentare due configurazioni degeneri, ϕ(x), ϕ(−x) che
corrispondono a particelle localizzate nelle due valli. Se pensiamo alla presenza dell’effetto tunnel come una piccolaperturbazione rispetto a questa situazione i due stati ψ1 e ψ2 saranno descritti dalle combinazioni simmetrica e
antisimmetrica
1
ψ1 = √ (ϕ(x) + ϕ(−x))
2
1
ψ2 = √ (ϕ(x) − ϕ(−x))
2
19
(51a)
(51b)
Viceversa, partendo dalle funzioni d’onda ψ1 e ψ2 e scegliendo le fasi in modo
che, ad esempio, ψ1 > 0 e ψ2 > 0 per x > 0, le funzioni d’onda
1
ϕ+ (x) = ϕ(x) = √ (ψ1 (x) + ψ2 (x))
2
1
ϕ− (x) = ϕ(−x) = √ (ψ1 (x) − ψ2 (x))
2
(52a)
(52b)
corrisponderanno a stati localizzati nella buca di destra e di sinistra rispettivamente. Notiamo che con questa definizione di ϕ le (51) sono delle identità.
Per funzioni localizzate la sovrapposizione è trascurabile:
Z
dxϕ+ (x)ϕ− (x) ' 0
(53)
quindi possiamo scrivere
Z
Z
Z ∞
1 ∞
1 ∞ 2
ϕ+ − 2ϕ+ ϕ− + ϕ2− '
S12 =
dxϕ2+
dx ψ1 ψ2 =
2 0
2 0
0
dove abbiamo usato il fatto che la funzione ϕ− è localizzata nel semispazio di
sinistra, quindi è trascurabile per x > 0.
Dal fatto che ψ1 è pari e ψ2 è dispari discende poi
1
ϕ+ (0) = ϕ− (0) = √ ψ1 (0)
2
1
ϕ0+ (0) = −ϕ0− (0) = √ ψ20 (0)
2
quindi
ψ1 (0)ψ20 (0) = 2ϕ+ (0)ϕ0+ (0)
ed infine, dalla (50)
1
2~2
∆E = E2 − E1 ' R ∞
ϕ+ (0)ϕ0+ (0)
2 m
0 dxϕ+
(54)
Come si vede l’espressione non dipende dalla normalizzazione assoluta di ϕ+ e
possiamo convenientemente normalizzare la funzione in modo che l’integrale che
compare nella (54) sia 1:
∆E = E2 − E1 '
2~2
ϕ+ (0)ϕ0+ (0)
m
(55)
La forma della funzione ϕ+ , senza nodi e esponenzialmente crescente nella zona
(0, a) assicura che ϕ+ (0)ϕ0+ (0) > 0, quindi lo stato simmetrico è effettivamente
il fondamentale.
In approssimazione semiclassica dobbiamo stimare la funzione ϕ+ per ~ → 0.
In questa approssimazione ϕ+ deve soddisfare l’equazione di Schrödinger nella
20
parte destra del potenziale, il problema si riduce quindi al calcolo effettuato
precedentemente. In particolare ricordiamo che:
Hϕ+ = E0 ϕ+
Z b
1
1
p(x)dx =
π~ a
2
r
Z x
1
2ω
π
cos
ϕ(x) '
p(x)dx −
πv
~ a
4
Z b
Z b
dx
dx
2π
T =2
= 2m
ω=
T
v
p(x)
a
a
r
ω − 1 R a dx |p(x)|
ϕ(x) =
e ~ x
2πv
da cui
ϕ+ (0)ϕ0+ (0) =
x>0
(56a)
Equazione per E0
(56b)
a≤x≤b
(56c)
(56d)
0<x<a
(56e)
a
mω − ~1 R−a
mω − 2 R a dx |p(x)|
dx |p(x)|
=
e ~ 0
e
2π~
2π~
e quindi
Z
~ω
~ω
1 a
∆E =
dx |p(x)| ≡
exp −
K
π
~ −a
π
2.3
(57)
Metodo 2.
È naturale interpretare le (51) come le equazioni che diagonalizzano una matrice
2, facciamo vedere che è effettivamente cosı̀.
Sappiamo che nel limite in cui il fattore di penetrazione K è piccolo dobbiamo avere una hamiltoniana quasi degenere 2 × 2. Individuato il sottospazio in
esame basta scrivere gli elementi di matrice di H e diagonalizzare l’Hamiltoniana. Notiamo che il problema agli autovalori che stiamo onendo non dipende
dalla base scelta nel sottospazio in esame, basta prendere due qualsiasi vettori linearmente indipendenti ϕ+ , ϕ− che appartengono a questo sottospazio e
scrivere gli autostati cercati come
ψ = c 1 ϕ+ + c 2 ϕ−
Visto il problema, e vista la soluzione precedente, è naturale prendere come
sottospazio bidimensionale quello generato dalle funzioni ϕ+ , ϕ− soluzioni semiclassiche nei due semispazi x > 0, x < 0 rispettivamente:
√
per x < 0
ϕ+ (x) = ϕc (x)
soluz. semiclassica x ≥ 0
ϕ+ (x) = o( K)
√
ϕ− (x) = ϕc (−x) soluz. semiclassica x ≤ 0
ϕ− (x) = o( K)
per x > 0
In altre parole consideriamo una funzione che per x < 0 è prolungata con
continuità dalla soluzione semiclassica in maniera tale che sia “piccola” nella
21
√
regione x < 0. Poichè ϕ(0) ∼ K, possiamo pensare ad esempio di prolungare ϕ con un esponenziale a partire da questo valore. Indichiamo la soluzione
semiclassica del paragrafo precedente con ϕc (x), si ha allora
Notiamo alcune cose
1) la funzione ϕ+ (x) = ϕc (x) soddisfa, nell’approssimazione semiclassica,
l’equazione di Schrödinger
(H − E0 )ϕ+ (x) = 0
per x > 0 ma non soddisfa questa equazione per x < 0.
2) Le due funzioni ϕ+ , ϕ− non sono esattamente ortogonali, c’è una sovrapposizione descritta dalla matrice
Z
Nij = dxϕi (x)ϕj (x)
i, j = +, −
il problema agli autovalori nel sottospazio considerato si riduce perciò alla
soluzione dell’equazione secolare
det(Hij − ENij ) = 0
(58)
Consideriamo ora i vari elementi di matrice. Normalizzando per semplicità le
funzione ϕc nel solito modo
Z
abbiamo
b
a
dx ϕ2c (x) = 1
√
N12 = N21 = o( K)
√
N11 = N22 = 1 + o( K)
(59)
Consideriamo ora gli elementi di matrice di H.
H++ =
=
Z
∞
dx ϕ+ Hϕ+ =
−∞
Z 0
Z
0
dx ϕ+ Hϕ+ +
−∞
dx ϕ+ Hϕ+ + E0
−∞
= N11 E0 + o(K)
Z
∞
Z
∞
dx ϕ+ Hϕ+ =
0
dx ϕ+ ϕ+ = N11 E0 +
0
Z
0
dx ϕ+ (H − E0 )ϕ+
−∞
L’ultima uguaglianza specifica in che senso scegliamo una estrapolazione “piccola” dello stato ϕc (x). Notiamo per inciso che la funzione ϕ+ non ha nessuno vincolo di normalizzazione assoluta nel sottospazio x < 0, quindi la forma
quadratica H − E0 può assumere, in modulo, valori piccoli a piacere.
L’elemento di matrice H−− è identico a H++ . Passiamo ora a H−+ .
H−+ =
Z
∞
dx ϕ− Hϕ+ =
−∞
Z
0
dx ϕ− Hϕ+ +
−∞
22
Z
∞
dx ϕ− Hϕ+
0
(60)
Come già detto ϕ+ soddisfa, approssimativamente, l’equazione di Schrödinger
solo nella zona x > 0. Per valutare il primo termine della (60) integriamo per
parti:
0
Z 0
d
dϕ− dϕ+
d2
0
−
ϕ( x)ϕ+ (x)
dx
dx ϕ− 2 ϕ+ =
dx
dx
dx dx
−∞
−∞
−∞
Z 0
0
00
= ϕ− (0)ϕ0+ (0) − ϕ0− (x)ϕ+ (x)−∞ +
dx ϕ− ϕ+ =
Z
0
−∞
ϕ− (0)ϕ0+ (0)
−
ϕ0− (0)ϕ+ (0)
+
Z
0
00
dx ϕ− ϕ+ =
−∞
2ϕc (0)ϕ0c (0)
+
Z
0
00
dx ϕ− ϕ+
−∞
Quindi
H+−
~2
= − ϕc (0)ϕ0c (0) +
m
=−
Z
0
dx (Hϕ− )ϕ+ +
−∞
~2
ϕc (0)ϕ0c (0) + E0
m
Z
0
Z
∞
dx ϕ− Hϕ+ =
0
dx ϕ− ϕ+ + E0
−∞
Z
∞
0
dx ϕ− ϕ+ = −
~2
ϕc (0)ϕ0c (0) + N21 E0
m
Quindi, trascurando i termini o(K) si ha per gli elementi di matrice dell’Hamiltoniana:
!
√ 2
1
O(
K)
0
− ~m ϕc (0)ϕ0c (0)
√
N=
H = E0 N +
2
O( K)
1
0
− ~m ϕc (0)ϕ0c (0)
riscrivendo l’equazione agli autovalori come
det(N −1 H − E) = 0
si ha, trascurando termini o(K)
N
−1
H=
E0
2
− ~m ϕc (0)ϕ0c (0)
2
− ~m ϕc (0)ϕ0c (0)
E0
!
(61)
Osserviamo innanzitutto che effettivamente per K → 0 l’Hamiltoniana è degenere, quindi abbiamo scelto correttamente il sottospazio in cui diagonalizzare
H. Gli autovalori e gli autostati della (61) sono
~2
ϕc (0)ϕ0c (0)
m
~2
E2 = E0 + ϕc (0)ϕ0c (0)
m
1
ψ1 = √ (ϕc (x) + ϕc (−x)
2
1
ψ2 = √ (ϕc (x) − ϕc (−x)
2
E 1 = E0 −
(62a)
(62b)
Notiamo che, come già osservato ϕc (0)ϕ0c (0) > 0, quindi effettivamente lo stato
simmetrico è lo stato fondamentale. Il risultato (62) coincide con quello ottenuto
in precedenza.
23
2.4
Metodo 3.
Ricaviamo ora di nuovo lo stesso risultato utilizzando solamente le formule di
connessione. Poniamo per brevità
Z
1 x2
|p(x)|dx
w(x1 , x2 ) =
~ x1
Per x > b la funzione d’onda semiclassica deve essere un esponenziale decrescente, quindi
1
ψ = p e−w(b,x)
|p|
Applichiamo ora in successione le formule di transizione, l’unica accortezza
consiste nel variare di volta in volta il punto di inversione.
1
1
1
π
π
p e−w(b,x) → p 2 sin w(x, b) +
= p 2 sin w(a, b) − w(a, x) +
=
4
4
|p|
|p|
|p|
π
π o
2 n
p
sin(w(a, b)) cos(w(a, x) − ) − cos(w(a, b)) sin(w(a, x) − ) =
4
4
|p|
n
π o
2
π
p
sin(w(a, b)) cos(w(a, x) − ) + cos(w(a, b)) cos(w(a, x) + ) =
4
4
|p|
o
n
1
p
sin(w(a, b))e−w(x,a) + 2 cos(w(a, b))ew(x,a) =
|p|
o
1 n
p
sin(w(a, b))e−w(0,a)+w(0,x) + 2 cos(w(a, b))ew(0,a)−w(0,x)
|p|
Questa deve essere una funzione pari per lo stato fondamentale e dispari per
il primo eccitato, in pratica devono comparire cosh(w(0, x)) e sinh(w(0, x)) nei
due casi.
Quindi per lo stato fondamentale deve essere
cos(w(a, b))
1
1
= e−2w(0,a) ≡ K
sin(w(a, b))
2
2
(63)
Per K → 0 deve essere quindi w(a, b) → π/2. Scrivendo w(a, b) = π/2 − µ
otteniamo
1
(64)
sin µ ' µ = K
2
Abbiamo quindi la condizione di quantizzazione
Z
1 bp
1
π
w(a, b) =
2m(E − U )dx = − K
~ a
2
2
Per K = 0 abbiamo l’equazione per la determinazione dell’energia semiclassica
E0 , ponendo E = E0 + δE si ha
Z
1
1
1 b
T
1
p
2mδE
dx = δE
=− K
2
~ a
2~
2
2m(E − U )
24
dove T è il periodo classico di oscillazione. Quindi
δE = −
~ω
K
2π
E1 = E 0 −
~ω
K
2π
(65)
allo stesso modo
~ω
K
2π
riottenendo cosı̀ il risultato noto per ∆E = E2 − E1 .
E2 = E 0 +
3
(66)
Funzioni di Airy
Le funzioni di Airy, Ai, Bi, sono due soluzioni particolari linearmente indipendenti dell’equazione
u00 − xu = 0
(67)
Una discussione abbastanza dettagliata delle loro proprietà può essere trovata nel testo di Abramowitz-Stegun citato in bibliografia. Per una consultazione
rapida può essere utile il link; http://mathworld.wolfram.com/AiryFunctions.html.
Riportiamo qui sinteticamente le principali proproetà di queste funzioni
Rappresentazione integrale
Z
1
1 ∞
dt cos( t3 + xt)
Ai(x) =
π 0
3
Z
1 ∞
1 3
− 13 t3 +xt
Bi(x) =
+ sin( t + xt)
dt e
π 0
3
(68a)
(68b)
Wronskiano Ricordiamo che il Wronskiano di due funzioni è definito da
W (f, g) = f g 0 − f 0 g
Per due soluzioni linearmente indipendenti di un’equazione lineare del secondo
ordine si dimostra immediatamente che W è costante. per le soluzioni Ai, Bi si
ha
1
(69)
W (Ai, Bi) =
π
Comportamento nell’origine.
Ai(x) ' c1 − c2 x
1
c1 = 2/3 2
3 Γ( 3 )
Bi(x) =
√
3(c1 + c2 x)
1
c2 = 1/3 1
3 Γ( 3 )
25
(70a)
(70b)
Sviluppi asintotici.
Gli sviluppi asintotici qui riportati si possono ottenere applicando il metodo del
punto sella alle rappresentazioni integrali (68). Nelle formule seguenti va inteso
come fattore moltiplicativo
(1 + O(|x|−3/2 ))
cioè l’errore relativo va a zero, asintoticamente, come |x|−3/2 .
3/2
1
(71a)
Ai(|x|) ∼ √ |x|−1/4 e−2/3|x|
2 π
π
1
π
2
1
2
Ai(−|x|) ∼ √ |x|−1/4 sin( |x|3/2 + ) = √ |x|−1/4 cos( |x|3/2 − )
3
4
3
4
π
π
3/2
1
Bi(|x|) ∼ √ |x|−1/4 e2/3|x|
(71b)
π
1
2
π
1
π
2
Bi(−|x|) ∼ √ |x|−1/4 cos( |x|3/2 + ) = − √ |x|−1/4 sin( |x|3/2 − )
π
3
4
π
3
4
4
4.1
Effetto Tunnel: calcolo esatto
Caso lineare.
In questo e nel prossimo paragrafo presenteremo due esempi espliciti di calcolo esatto del coefficiente di trasmissione attraverso una barriera. Non ci sarà
niente di particolarmente nuovo rispetto alla fisica già studiata, presentiamo i
calcoli allo scopo di illustrare esplicitamente dove e come intervengono alcune
approssimazioni usate nel testo.
Il primo caso che studiamo è quello di una barriera a cuneo linare. Normalizziamo lo zero dell’energia in modo che
U (x) = −F |x|
(72)
Energie E < 0 corrispondono a urti contro la barriera, energie E > 0 a diffusioni
sopra la barriera. Per ora consideriamo il caso E < 0 e poniamo E = −.
L’equazione di Schrödinger si scrive
2m
d2
ψ + 2 (F |x| − )ψ = 0
dx2
~
(73)
I punti di inversione sono
F
l’equazione (73) si può riscrivere
x = ±a = ±
Posto λ = (2mF/~2 )1/3
1
λ2
1
λ2
d2
ψ − λ(−x + a)ψ = 0
dx2
2
d
ψ − λ(x − a)ψ = 0
dx2
26
(74)
x>0
(75a)
x>0
(75b)
In termini della notazione usuale:
|p|2
= λ3 |x − a|
~2
Quindi nelle zone classicamente permesse il comportamento asintotico aspettato
è
1
2 3/2
3/2
exp ±i λ |x − a|
3
|x − a|1/4
La direzione dell’onda d̀eterminata dalla direzione di crescita della fase, quindi
3/2
e+ic|x| rappresenta un’onda divergente, cioè progressiva per x > 0, regressiva
3/2
verso sinistra per x < 0, al contrario e−i|x| è un’onda convergente.
Il problema fisico è il seguente: un’onda incidente da −∞ urta contro la barriera, in regime stazionario avremo un’onda progressiva dopo la barriera, metre
prima della barriera la soluzione sarà una sovrapposizione fra l’onda incidente
e l’onda riflessa. Quindi per x → −∞ la soluzione cercata è della forma
A
3/2
3/2
2 3/2
2 3/2
1
1
e−i 3 λ |x−a| + B
e+i 3 λ |x−a|
|x − a|1/4
|x − a|1/4
3/2
2 3/2
1
e+i 3 λ |x−a|
C
1/4
|x − a|
x → −∞ (76a)
x → +∞ (76b)
La normalizzazione assoluta della ψ dipende dall’intensità dell’onda incidente,
i coefficienti di trasmissionee riflessione sono
T =
|C|2
|A|2
R=
|B|2
|A|2
(77)
La soluzione generale della (75) è
b1 Ai(−(x − a)λ) + b2 Bi(−(x − a)λ)
c1 Ai((x + a)λ) + c2 Bi((x + a)λ)
x>0
(78a)
x<0
(78b)
Visto il comportamento asintotico cercato conviene introdurre le due combinazioni
E± (x) = Bi(x) ± Ai(x)
(79)
Dalle (71) si ha immediatamente
1
2
π
E± (−|x|) ' √ |x|−1/4 exp ±i ( |x|3/2 + )
π
3
4
|x| → ∞
(80)
Confrontando con la (78b) abbiamo che la soluzione generale del tipo (78),
soddisfacente alla condizione di avere solo un’onda progressiva per x → ∞ è
E+ (−λ(x − a))
AE− (λ(x + a)) + BE+ (λ(x + a))
27
x>0
(81a)
x<0
(81b)
Abbiamo, arbitrariamente, scelto la normalizzazione globale ponendo a 1 il
coefficiente della (81a).
I coefficienti A, B si determinano imponendo la continuità di ψ, ψ 0 per x = 0
AE− (λa) + BE+ (λa) = E+ (λa)
0
0
0
(λa) = −E+
(λa)
AE−
(λa) + BE+
(82a)
(82b)
il sistema si risolve con la regola di Cramer. Notiamo che il determinante dei
coefficienti è proprio il Wronskiano, il cui valore si ricava dalla (69)
W (E− , E+ ) = −2iW (Ai, Bi) = −
2i
π
(83)
Si ha
π
0
2E+ E+
x=λa
2
π
0
0
B = −i
E− E+
+ E + E−
x=λa
2
(84a)
A=i
(84b)
∗
Usando il fatto che E+ = E−
si ha
π2
4
2
π
|B|2 =
4
|A|2 =
e ricordando la (83)
|B|2 − |A|2 =
cioè
0
0
4E+ E+
E− E−
(85a)
x=λa
0
0
2
0 2
2
0 2
2E− E+ E+
E−
+ E−
(E+
) + E+
(E−
)
x=λa
(85b)
π2 2
π2
2
0 2
2
0 2
0
0
=
E−
(E+
) + E+
(E−
) − 2E− E+ E+
E−
W = −1
4
4
1
|B|2
+
=1
|A|2
|A|2
che è l’attesa relazione fra i coefficienti di trasmissione e riflessione.
In approssimazione WKB il coefficiente di trasmissione è dato da
Z a
Z
3/2
8
2 a
1/2
3/2
|x − a|
dx|p(x)| = exp −4λ
= e− 3 (λa)
T = exp −
~ −a
0
(86)
(87)
Dalla (85a) segue
|A|2 =
π2
0 2
|2E+ E+
| = π 2 (Bi2 + Ai2 )((Bi0 )2 + (Ai0 )2 x=λa
4
Se i punti diinversione sono abbastanza distanti, cioè se il parametro adimensionale λa 1 possiamo usare lo sviluppo asintotico delle funzioni di Airy,
28
ottenendo
3/2
1 √
λae−4/3(λa)
4π
3/2
1√
(Bi0 )2 ∼
λae4/3(λa)
π
1 1 −4/3(λa)3/2
√ e
4π λa
3/2
1 1
Bi2 ∼ √ e4/3(λa)
π λa
(Ai0 )2 ∼
Ai2 ∼
da cui, tenendo conto delle approssimazioni dello sviluppo asintotico
1 −8/3(λa)3/2
1
2
8/3(λa)3/2
(1 + O((λa)−3/2 ))
|A| ' e
+2 + e
4 16
(88)
È chiaro che solo l’ordine principale è significativo, viste le correzioni.
Vediamo per confronto cosa avremmo ottenuto applicando “ciecamente” le
formule di connessione. Usiamo la solita notazione
Z
1 x
w(a, x) =
|p(x)|dx
~ a
e ricaviamo la funzione d’onda da destra a sinistra, sottintendiamo il fattore
comune 1/sqrt|p| che compare sempre:
π
i
π
) + i sin(w(a, x) + ) → ew(x,a) + e−w(x,a) =
4
4
2
i
ew(−a,a)−w(−a,x) + e−w(a,a)+w(−a,x) →
2
i
π
π
ew(−a,a) 2 sin(w(x, −a) + ) + e−w(−a,a) cos(w(x, −a) + )
4
2
4
cos(w(a, x) +
Posto K = e−2w(−a,a) per il fattore di penetrazione in approssimazione WKB
ed indicando con φ = w(x, −a) + π4 la fase, l’espressione precedente si scrive
"
"
√ #
√ #
K
K
1
1
ie−iφ √ +
− ie−iφ √ −
4
4
K
K
eiφ è l’onda divergente. Identifichiamo allora
"
√ #2 1
1
K
K
1
2
=
|A| = √ +
+
+
4
K
16 2
K
Dal confronto con la (88) è chiaro che applicare tutta la formula di connessione,
compresi i termini esponenzialmente depressi, significa seguire la continuazione
analitica separatamente delle funzioni Ai, Bi. In questo caso le correzioni al risultato sono correzioni a potenza per i singoli termini proprio perchè la soluzione
esatta del problema è ottenuta tramite funzioni di Airy, che sono le stesse usate per ricavare le formule di conessione. Nel caso generale anche i coefficienti
dei fattori esponenziali sono sbagliati, un esempio sarà fornito nel prossimo
paragrafo.
29
Notiamo che nella derivazione tramite le formule di connessione non abbiamo
mai fatto uso della forma esplicita del potenziale, quindi se applicassimo la
formula di connessione completa il coefficiente di trasmissione sarebbe sempre
dato da
1
1
K
= 1
T =
=
(89)
2
K
1
2
K
|A|
1+ 2 + K
K + 16 + 2
16
L’espressione (88) è valida solo per λa 1. Per a → 0, cioè per energie
→ 0 si ha, usando le espressioni (70)
|A|2 = π 2 (4c21 · 4c22 ) =
4
3
T →
3
4
Per ricavare l’ultima espressione si possono usare delle identità sulla
√ funzione Γ
oppure notare che il Wronskiano calcolato nell’origine vale 2c1 c2 3.
Una situazione interessante si ha per < 0 che nelle nostre notazioni corrisponde a E > 0, cioè a diffusione al di sopra della barriera. nel caso quantistico
sappiamo che ci deve essere una riflessione anche in questo caso, cioè |T | 6= 1.
Lasciamo al lettore lo studio del caso E > 0, come anche una analisi degli
stati legati presenti nel caso U = +F |x|.
4.2
Barriera parabolica.
Consideriamo ora il caso di una barriera del tipo
1
U (x) = − kx2
2
(90)
Ponendo, come nel caso precedente E = −, l’equazione di Schrödinger si scrive
~2 d 2 ψ
1
+ ( kx2 − )ψ = 0
2m dx2
2
I punti di inversione, reali per > 0 sono
r
x=±
(91)
2
k
(92)
È abbastanza semplice ricavare l’approssimazione WKB per il coefficiente di
trasmissione con la barriera (90). Facciamo un cambiamento di variabili per
semplificare il termine in x2
x = λξ
L’equazione diventa
λ=
mk
~2
−1/4
α=
m 2
λ =
~2
~
d2 ψ
+ (ξ 2 − 2α)ψ = 0
dξ 2
30
r
m
k
(93)
Il fattore di fase che determina l’approssimazione semiclassica si calcola facilmente per grandi x
Z
Z
p
1
ξ2
dξ ξ 2 − 2α ∼ dξ(ξ − α ) =
− α log ξ
ξ
2
quindi
1
i
√ exp(
p
~
Z
1 ξ2
pdx) ∼ √ ei 2 ξ −iα
ξ
1
i
√ exp(
p
~
Z
pdx) ∼
1
ξ
e−i
1/2−iα
ξ2
2
Il termine con l’esponenziale positivo come nel paragrafo precedente èun’onda divergente, l’altro un’onda convergente. La soluzione che corrisponde ad un’onda
incidente da sinistra che supera la barriera è perciò, asintoticamente
ψ∼B
ψ∼
1
ξ 1/2+iα
1
|ξ|1/2−iα
ξ2
)
2
1
ξ2
ξ2
exp(−i ) + A 1/2+iα exp(i )
2
2
|ξ|
exp(i
x → +∞
(94a)
x → −∞
(94b)
Vogliamo determinare la relazione fra B ed A. Posto ξ = ρeiϕ abbiamo
exp(iξ 2 ) = exp(iρ2 cos 2ϕ − ρ2 sin 2ϕ)
se effettuiamo una continuazione analitica nel semipiano superiore, per angoli
ϕ ∼ π − δ otteniamo
| exp(iξ 2 )| ∼ exp(+ρ2 sin δ)
mentre se effettuiamo una continuazione analitica nel semipiano inferiore, per
angoli ϕ = −π + δ
| exp(iξ 2 )| ∼ exp(−ρ2 sin δ)
2
i ruoli dei comportamenti limite si scambiano per e−iξ . Questo significa che
se effettuasimo la continuazione analitica nel semipiano inferiore il temrine proporzionale ad A, che è quello che ci interessa sarebbe esponenzialmente piccolo rispetto all’onda incidente, quindi non possiamo determinarlo dalla formula
asintotica. Viceversa, effettuando la continuazione analitica nel semipiano superiore perdiamo il termine di onda incidente, che tanto non ci interessa, ma
determiniamo A. Nella continuazione analitica nel semipiano superiore
ξ → |ξ|eiπ
e quindi dalla (94) segue
1
A = B exp(−iπ( + iα)) = −iBeπα
2
(95)
Avendo “perso per strada” l’onda incidente non abbiamo abbastanza relazioni
per determinare A e B separatamente, in effetti la stessa relazione (95) si sarebbe
2
ottenuta con un qualunque coefficiente davanti al termine e−iξ /2 .
31
Possiamo far rientrare la scelta assoluta della normalizzazione imponendo la
condizione di unitarietà:
|A|2 + |B|2 = 1
(96)
questo equivale ad imporre che il modulo del coefficiente dell’onda incidente è
1. In questo modo, dalle (95), (96) si ottiene
R = |A|2 =
1
1 + e−2πα
T = |B|2 = 1 − |A|2 =
e−2πα
1 + e−2πα
(97)
Notiamo due cose
1) la derivazione non sfrutta in nessunpunto la condizione α > 0, quindi vale
anche per α < 0, cioè fornisce il coefficiente di traslissione e riflessione
anche per energie superiori al massimo della barriera.
2) Per grandi barriere, R → 1 e T ∼ exp(−2πα) che come vedremo subito è
l’atteso comportamento esponenziale del fattore di penetrazione
L’integrale che compare nel calcolo di T è
Z
2 a
T ∼ exp(−
|p(x)|dx)
~ −a
(98)
Si ha
w(−a, a) =
Z
a
−a
1
|p|dx =
~
√
mk 2
2a
~
Z
1
0
p
1−
z 2 dz
√
r
mk 2 π
m
=
a
=π
≡ πα
~
2
k ~
Quindi
T ' e−2πα
come deve essere.
Se ricordiamo la (89), ponendo K = e−2πα per il fattore di penetrazione
T =
1+
K
+
K
2
K2
16
e la confrontiamo con la (97) vediamo che questa formula è sbagliata, anche la
prima correzione O(K 2 ) è sottostimata: come anticipato nel paragrafo precedente l’uso non oculato della formula di connessione completa porta a degli
errori nei termini subdominanti.
Come nel paragrafo precedente vediamo ora brevemente come si scrive la
soluzione esatta del problema di Schrödinger e controlliamo l’esattezza della
(97).
Per uniformarci alle notazioni della referenza[?] effettuiamo il cambiamento
di variabili:
r
−1/4
1
mk
m
√
x = λz
λ=
α=
~2
~ k
2
32
in queste variabili l’equazione di Schrödinger prende la forma
1
d2 ψ
+ ( z 2 − α)ψ = 0
2
dz
4
(99)
Le soluzioni di questa equazione si chiamano Funzioni del Cilindro Parabolico,
perchè intervengono nella separazione di variabili di equazioni tipo Schródinger
in coordinate paraboliche, e sono un caso particolare delle funzioni ipergeometriche confluenti. L’equazione (99) è pari per z → −z, quindise abbiamo
una soluzione non a parit‘a definita, W (α, z), anche W (α, −z) è una soluzione.
Per z reale la funzione W (a, z) è reale. È abbastanza semplice costruire delle
soluzioni per serie in z e dimostrare la loro convergenza, per i dettagli il lettore
consulti la ref.[?]. la cosa che interessa per il problema in esame è che a partire
dalle W (α, x) è possibile formare delle combinazioni complesse che hanno un
“semplice” comportamento asintotico
√
1
E(α, x) = √ W (α, x) + i kW (α, −x)
k
√
1
∗
E (α, x) = √ W (α, x) − i kW (α, −x)
k
dove
k=
p
(100a)
(100b)
1 p
= 1 + e2πα + eπα
k
1 + e2πα − eπα
Il comportamento asintotico della (100) è
r
2
z
1
π
2
exp i( − α log z + φ + ) (1 + O(1/z 2 ))
E(α, z) =
z
4
2
4
z → +∞
(101)
dove φ = argΓ( 12 + iα). Poichè il comportamento asintotico della eq.(99) è
fissato dalla fase
Z
Z r 2
h z α i z2
z
− αdz ∼ dz
−
− α log z
=
4
2
z
4
lo sviluppo (101) dice che la soluzione E(α, z) è proprio la soluzione cercata,
descrive un’onda divergente per z → ∞ corrispondente all’onda trasmessa.
Per trovare il coefficiente di trasmissione e quello di riflessione dobbiamo
scrivere il comportamento asintotico della E(α, z) per z → −∞.
Questo è un caso in cui si vede con estrema chiarezza come il comportamento
asintotico della prolungamento analitico della soluzione non è dato in modo
banale dal prolungamento analitico del comportamento asintotico.
Per essere espliciti: la soluzione E(α, z) è una soluzione analitica in tuto
il piano complesso, non c’è bisogno di fare nessun raccordo come nel caso del
paragrafo precedente, a sinistra della barriera ci deve essere un termine che
2
descrive l’onda convergente, quindi con un comportamento e−iz /4 , ma questo
33
è il comportamento tipico di E ∗ , da dove viene fuori? Se facessimo il prolungamento dell’espressione (101), z → −z non ci sarebbe modo di cambiare il segno
del termine in z 2 .
Quello che dobbiamo fare è ricavare lo sviluppo asintotico di E(α, −|z|) a
partire da quella di E(α, +|z|). Torniamo alla definizione E(α, z). Dalle (100)
possiamo ricavare W (α, ±z):
√
k
W (α, z) =
(E(α, z) + E ∗ (α, z))
2
1
W (α, −z) = √ (E(α, z) − E ∗ (α, z))
2i k
Da cui
√
1
E(α, −z) ≡ √ W (α, −z) + i kW (α, z) =
k
i
1
1
i
+ E ∗ (α, z) k +
=
= E(α, z) k −
2
k
2
k
p
= −ieπα E(α, z) + i 1 + e2πα E ∗ (α, z)
(102)
La (102) ci permette ora di scrivere il limite per valori grandi e negativi dell’argomento z in termini del comportamento per valori grandi e positivi. L’espressione
(102) è esattamente della forma voluta
E(α, −|z|) = AE ∗ (α, |z|) + BE(α, |z|)
a cui possiamo applicare lo sviluppo asintotico noto, (101), che ora fornisce
un’onda convergente, E ∗ ed un’onda divergente, E. Quindi
p
A = i 1 + e2πα
B = −ieπα
(103)
per i coefficienti di trasmissione e riflessione si ha allora
1
1
=
|A|2
1 + e2πα
|B|2
e2πα
R=
=
2
|A|
1 + e2πα
T =
(104a)
(104b)
che soddisfano alla relazione di unitarietà R + T = 1 e coincidono col risultato
precedente (97).
Notiamo che esprimendo α in funzione dell’energia
r
E m
α=−
~
k
l’espressione di T , (104) presenta dei poli in
1
α = (n + )i
2
E = −i~
34
r
k
1
(n + )
m
2
Con la continuazione analitica k → eiπ k che corrisponde a passare da una
barriera ad un potenziale attrattivo, i poli di T vanno a finire nelle energie
degli stati legati, in caso di un potenziale parabolico negli stati dell’oscillatore
armonico.
5
Teorema del confronto.
In Meccanica Quantistica, ed in altri campi, è spesso utile avere una stima del
comportamento delle soluzioni di un’equazione differenziale del tipo
y 00 + λ2 F (x)y = 0
(105)
per grandi valori del parametro λ. È ad esempio il caso del limite semiclassico
in cui λ = 1/~.
Come visto nel caso dell’equazioni di Schrödinger è opportuno avere un’approssimazione della soluzione uniforme in x, cioè se Y è un’approssimazione si
vorrebbe che Y ∼ y+O(1/λ) in tutto un intervallo, comprendente possibilmente
eventuali punti di inversione, in cui F (x) = 0.
L’idea semplice è la seguente: sostituire all’equazione (105) un’equazione
più semplice, di cui l’approssimazione Y è soluzione, e trattare il resto come
perturbazione.
I risultati fondamentali al riguardo risalgono ai lavori di Liouville e Steckloff,
appunto sulla stima asintotica delle autofunzioni e degli autovalori di un’equazione lineare del secondo ordine. Il metodo è stato perfezionato da R.E.
Langer negli anni attorno al 1930 ed importanti contributi sono dovuti alla
scuola italiana, in particolare a G. Fubini e F. Tricomi. Nel libro di Tricomi
citato in bibliografia si trova un’ampia discussione del metodo generale. Noi
esporremo solo un risultato, che è quello che serve per lo studio dell’equazione
di Schrödinger. Il metodo seguito è quello sviluppato da A. Erdelyi. Lo stesso
metodo è succintamente riportato nelle tavole di M. Abramowitz, I.A. Stegun.
Una chiara e profonda discussione di tutta la materia si può trovare nell’articolo
di M.V. Berry e K.E.Mount.
Il teorema fondamentale che serve per analizzare lo sviluppo asintotico è il
seguente, v. Erdelyi, cap.4.
Consideriamo un’equazione differenziale della forma
y 00 + (λ2 P (x) + Q(x, λ))y = 0
(106)
supponiamo che P abbia uno zero in un punto x = a e che Q sia analitica in un
intervallo b1 ≤ a ≤ b2 . Supponiamo di saper risolvere il problema con Q = 0,
cioè di conoscere le due soluzioni linearmente indipendenti Y1 e Y2 dell’equazione
y 00 + λ2 P (x)y = 0
(107)
allora la soluzione asintotica della (106) è data dalla soluzione dell’equazione
“semplificata” (107) e l’approssimazione è uniforme in x, cioè per ogni x nell’intervallo considerato
y = Y + o(1/λ)
Y = C 1 Y1 + C 2 Y2
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le costanti C1 , C2 dipendono logicamente dalle condizioni al contorno o dalle
condizioni iniziali del problema (106).
Diamo un idea della dimostrazione, che è molto simile alla usuale procedura perturbativa.
Costruiamo una soluzione K(x, t) della (107) che soddisfi alle condizioni iniziali:
K(x, x) = 0
∂
= −1
K(x, t)
∂x
x=t
(108)
è quello che in fisica (e in matematica) si chiama una funzione di Green. ricordiamo che date
due soluzioni linearmente indipendenti di un’equazione del secondo ordine del tipo (107) il loro
wronskiano è costante:
0
0
W (x) = Y1 (x)Y2 (x) − Y1 (x)Y2 (x)
come si verifica immediatamente effettuando le derivate. Scegliamo allora la normalizzazione delle
funzioni in modo che W = −1. La funzione di Green è semplicemente
K(x, t) = Y1 (x)Y2 (t) − Y1 (t)Y2 (x)
∂x2 K + λ2 P (x)K = 0
(109)
Tramite la funzione di Green K(x, t) si può trasformare l’equazione differenziale (106) in
un’equazione integrale:
Z
y(x) = Y +
dxK(x, t)Q(t)y(t)
(110)
Usando la (108) ed effettuando le derivate si verifica che in effetti y soddisfa formalmente all’equazione (106).
L’equazione integrale di Volterra (110) può essere risolta per iterazione e, sotto le proprietà
di analiticità suddette, si può vedere che il kernel di questa equazione, K(x, t)Q(t) è limitato e
l’iterazione fornisce una correzione uniformemente limitata a Y , e tendente a zero, per λ → ∞.
Si tratta ora di trovare una “funzione di confronto” per l’equazione differenziale
ψ 00 + F (x)ψ = 0
(111)
abbiamo incluso il parametro λ nella definizione di F . Se F ha uno zero, come
stiamo supponendo, è naturale provare a ridurci ad una equazione del tipo
d2
φ(σ) − σφ(σ) = 0
dσ 2
cioè all’equazione che definisce le funzioni di Airy. Questa fra l’altro è la forma
limite della (111) se si sviluppa attorno allo zero di F .
In generale supponiamo di volerci ridurre a
d2
φ(σ) + Γ(σ)φ(σ) = 0
dσ 2
(112)
La (112) sarebbe equivalente alla (111) se si potesse ottenere da quest’ultima
per un puro cambiamento di variabili:
ψ(x) = f (x)φ(σ(x))
(113)
proviamo quindi a vedere se effettivamente è possibile, cambiando variabili, a
connettere le due equazioni. Sostituendo la (113) nella (111) e usando la (112)
si ottiene
2
df dσ
d2 f
dφ
d2 σ
dσ
2
(114)
φ + F fφ − f
Γφ +
+f 2 =0
dx2
dx
dσ
dx dx
dx
36
Possiamo fissare f (x) ponendo
f (x) =
dσ
dx
−1/2
(115)
col che la trasformazione di variabili cercata σ(x) deve soddisfare a
F (x) =
dσ
dx
2
Γ−
dσ
dx
1/2
d2
dx2
dσ
dx
−1/2
(116)
Se risolvessimo esattamente questa equazione le due equazioni (111) e (112)
sarebbero equivalenti. Se in questa equazione trascuriamo il secondo termine
avremo una approssimazione dell’equazione di partenza ed il termine trascurato
induce una correzione alla (111) che è equivalente al termine in Q nel teorema del
confronto. Il grado di approssimazione è misurato perciò dalla disuguaglianza
=
dσ
dx
1/2
d2
dx2
dσ
dx
−1/2
1
(117)
Tenendo solo il primo termine della (116) si ha, per la (115)
ψ(x) '
dσ
dx
2
=
Γ(σ(x))
F (x)
F
Γ
1/4
(118)
φ(σ(x))
(119)
Tutto ciò che abbiamo fatto finora è indipendente dalla scelta della funzione di
confronto Γ, a seconda della sua scelta l’approssimazione sarà buona o meno e in
particolare in caso di violazione della disuguaglianza (117) possono presentarsi
delle singolarità per il termine Q(x) nella (106) che rendono poco efficace il
teorema del confronto. Facciamo un paio di casi.
Γ=1
Consideriamo l’equazione di Schrödinger
ψ 00 +
p2
ψ=0
~2
(120)
sia a uno zero di p2 e consideriamo la zona in cui p2 > 0, ad esmepio supponiamo
questa corrisponda a x > a. Dalle equazioni precedenti si ricava
φ(σ) = e±iσ
0
σ = p(x)
Rx
1
ψ ' √ e±i a p(ξ)dξ
p
37
[ dalla (112)]
(121)
[ dalla (118)]
(122)
[ dalla (119)]
(123)
questo è esattamente il modo in cui sono approssimate asintoticamente le soluzioni
col metodo WKB, quindi abbiamo riottenuto il risultato noto. Supponiamo ora
che p2 (x) abbia uno zero semplice, e per semplificare le formule supponiamo sia
in 0, cioè:
p2 (x) = αx + βx2 + . . .
Si ha σ 0 ∼ x1/2 da cui, per la (117),
∼ x−2
vediamo quindi la presenza di una non analiticità attorno al punto di inversione,
questo èil motivo per cui il teorema del confronto vale lontano dal punto di transizione ma viene a cadere attorno allo zero di p(x). La zona in cui p2 < 0 può
essere trattata con la funzione Γ = −1, ma si hanno, appunto, due approssimazioni distinte dalle due parti dello zero, l’approssimazione non è uniforme
in x e da questo fatto derivano i problemi sul raccordo degli sviluppi asintotici
dalle due parti dello zero.
Γ lineare.
in presenza di unozero semplice, come già detto, è naturale riferirsi ad un’equazione tipo
d2
φ(σ) − σφ(σ) = 0
Γ(σ) = −σ
(124)
dσ 2
Si trova, sempre usando le equazioni precedenti:
φ(σ) = C1 Ai(σ) + C2 Bi(σ)
(σ 0 )2 = −
2
p
~2 σ
σ(x)
ψ(x) ' 2
p (x)
⇒
1/4
2 3/2
σ
=
3
Z
x
a
dalla (112) e dalla def. di Ai,Bi (125a)
p
1
−p2 ≡ w
dalla (118) (125b)
~
(αAi(σ) + βBi(σ))
(125c)
Il punto cruciale ora è che se p2 ha uno zero semplice, si ha, dalle (125),
σ ∼ (x − a) = O((x − a)2 ) , e, sostituendo nella (117), → const., quindi
l’approssimazione è uniforme.
L’errore dato dalla (117) chiaramente diverge in presenza di un secondo
zero x = b. Quindi la zona in cui l’approssimazione (125) è valida è limitata
dagli zeri diversi da x = a e dagli eventuali punti singolari di p(x). Se ad esempio
abbiamo due zeri, a, b, e sono abbastanza distanti fra loro è chiaro che basterà
usare due approssimazione lineari distinte, una attorno a x = a e l’altra attorno
a x = b e connettere le due espressioni, quindi non ci sono particolari problemi.
Se i due zeri sono vicini l’approssimazione sarà cattiva, in effetti nel caso di zeri
coincidenti, ad esempio p2 (x) ∼ x2 si ha σ ∼ x4/3 e ritroviamo ∼ x−2 . In
queto caso, o per zeri molto vicini, converrà prendere logicamente come funzione
di confronto una funzione quadratica, del tipo Γ = k − σ 2 . Rimandiamo alla
letteratura per la trattazione di questo caso.
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Ricordando ora l’espressione asintotica delle funzioni di Airy è immediato
confrontare lo sviluppo asintotico a sinistra e a destra di uno zero. Confrontando
le (??) con le (125) è facile ricavare
cos(|w| − π4 + µ)
1 cos µe−|w| sin µe+|w|
← cos µAi(σ)+sin µBi(σ) →
+
(126)
1/2
2 |p(x)|1/2
|p(x)|
|p(x)|1/2
che è la formula fondamentale per la connessione degli sviluppi asintotici. Per
µ = 0 si riottiene quanto già noto, cioè che una fase di −π/4 nella zona oscillante
corrisponde ad un esponenziale decrescente nella zona classicamente proibita.
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