La chioma rinasce con la microchirurgia

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Sabato 11 Dicembre 2004
nn Benessere Basta un piccolo intervento in anestesia locale per rinfoltire la chioma senza ricorrere a trapianti. In modo definitivo
La chioma rinasce con la microchirurgia
I microinnesti di capelli, prelevati dalla regione
occipitale, hanno dato risultati eccellenti
Virtualmente invisibili i segni dell’operazione
di Annika Abbateianni
I
microinnesti di capelli, detti
anche autoinnesti, rappresentano l’ultima evoluzione per risolvere l’imbarazzante problema
delle calvizie. «L’efficace intervento chirurgico, che viene eseguito
con estrema precisione grazie all’ausilio di un particolare microscopio, è molto semplice e consiste nel prelievo, in anestesia locale, di un certo numero di capelli
del paziente dalla sua stessa regione occipitale», spiega il dottor
Riccardo Lucchesi, specialista in
chirurgia plastica e ricostruttiva a
Milano, che prosegue: «Oltre al
vantaggio di inserire nei follicoli
capelli propri, l’operazione fa sì
che, successivamente, non vi sia
alcun tipo di cicatrice visibile».
Questo genere di intervento innovativo si è rivelato essere il più
efficace, poiché, dopo un periodo
di adattamento della durata di tre
o cinque mesi, la crescita, di circa
un centimetro ogni 30 giorni, prosegue normalmente e definitivamente, mantenendo tutte le caratteristiche dell’area donatrice. I capelli «nuovi», quindi, potranno essere trattati esattamente come
quelli «normali». Inoltre, nei sei-dodici mesi che seguono l’intervento, la chioma trapiantata non cresce solo in lunghezza ma anche in
diametro, con un risultato considerato come ottimale tra i nove e
i dodici mesi. Per quanto concerne il periodo post-operatorio non
sono richieste cure particolari, in
quanto non sono necessarie medicazioni esterne. «Di fatto, il trattamento è completamente indolore, tanto che il 90% dei pazienti
non ha la necessità di assumere
alcun tipo di analgesico», precisa
lo specialista. Altro valore aggiunto di una simile tipologia di
operazione è la
sua estrema precisione, che non
permette di individuare neppure il punto esatto
in cui è stato effettuato il prelievo
cutaneo.
Va detto, però, che, prima di sottoporsi all’intervento, devono essere valutati attentamente alcuni
fattori, tra i quali «il grado e il tipo di alopecia o di diradamento,
le condizioni generali di salute, le
motivazioni psicologiche e la capacità dell’area donatrice», precisa Lucchesi, che spiega come,
orientativamente, le piccole alopecie necessitano di un singolo
trattamento della durata di due o
tre ore, mentre quelle più grandi
hanno bisogno di tre o quattro sedute. Questa soluzione definitiva
ha riscosso un notevole successo,
non solo per il fattore estetico ma
anche per quello psicologico, poi-
ché la perdita dei capelli, soprattutto in alcune persone, può essere vissuta come un impoverimento della propria immagine e
personalità. E non si tratta di un
problema raro. Basti pensare che
la forma di calvizie più comune,
detta alopecia androgenetica o ippocratica, colpisce il 65% degli
uomini e il 15-25% delle donne. Va
da sé che la perdita dei capelli è
imputata per il 90% alle alopecie
e per il 10% a cause di differente
natura quali ustioni, stress, tumori e altre patologie. L’alopecia androgenetica dipende sia da una
predisposizione genetica (genitori
o nonni portatori di calvizie), sia
da fattori ormonali. «In realtà, quel-
lo che si eredita è una sensibilizzazione dei capelli appartenenti
ad alcune aree tipiche, fatto che
non accade ai capelli della regione temporale e occipitale che, essendone totalmente immuni, sono
praticamente programmati geneticamente per durare tutta la vita;
ed è questa la ragione per la quale, anche se trapiantati in un’area
differente, continuano per sempre
il loro normale ciclo vitale», conclude Lucchesi. (riproduzione riservata)
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