38 Personal 4 n SALUTE n Sabato 11 Dicembre 2004 nn Benessere Basta un piccolo intervento in anestesia locale per rinfoltire la chioma senza ricorrere a trapianti. In modo definitivo La chioma rinasce con la microchirurgia I microinnesti di capelli, prelevati dalla regione occipitale, hanno dato risultati eccellenti Virtualmente invisibili i segni dell’operazione di Annika Abbateianni I microinnesti di capelli, detti anche autoinnesti, rappresentano l’ultima evoluzione per risolvere l’imbarazzante problema delle calvizie. «L’efficace intervento chirurgico, che viene eseguito con estrema precisione grazie all’ausilio di un particolare microscopio, è molto semplice e consiste nel prelievo, in anestesia locale, di un certo numero di capelli del paziente dalla sua stessa regione occipitale», spiega il dottor Riccardo Lucchesi, specialista in chirurgia plastica e ricostruttiva a Milano, che prosegue: «Oltre al vantaggio di inserire nei follicoli capelli propri, l’operazione fa sì che, successivamente, non vi sia alcun tipo di cicatrice visibile». Questo genere di intervento innovativo si è rivelato essere il più efficace, poiché, dopo un periodo di adattamento della durata di tre o cinque mesi, la crescita, di circa un centimetro ogni 30 giorni, prosegue normalmente e definitivamente, mantenendo tutte le caratteristiche dell’area donatrice. I capelli «nuovi», quindi, potranno essere trattati esattamente come quelli «normali». Inoltre, nei sei-dodici mesi che seguono l’intervento, la chioma trapiantata non cresce solo in lunghezza ma anche in diametro, con un risultato considerato come ottimale tra i nove e i dodici mesi. Per quanto concerne il periodo post-operatorio non sono richieste cure particolari, in quanto non sono necessarie medicazioni esterne. «Di fatto, il trattamento è completamente indolore, tanto che il 90% dei pazienti non ha la necessità di assumere alcun tipo di analgesico», precisa lo specialista. Altro valore aggiunto di una simile tipologia di operazione è la sua estrema precisione, che non permette di individuare neppure il punto esatto in cui è stato effettuato il prelievo cutaneo. Va detto, però, che, prima di sottoporsi all’intervento, devono essere valutati attentamente alcuni fattori, tra i quali «il grado e il tipo di alopecia o di diradamento, le condizioni generali di salute, le motivazioni psicologiche e la capacità dell’area donatrice», precisa Lucchesi, che spiega come, orientativamente, le piccole alopecie necessitano di un singolo trattamento della durata di due o tre ore, mentre quelle più grandi hanno bisogno di tre o quattro sedute. Questa soluzione definitiva ha riscosso un notevole successo, non solo per il fattore estetico ma anche per quello psicologico, poi- ché la perdita dei capelli, soprattutto in alcune persone, può essere vissuta come un impoverimento della propria immagine e personalità. E non si tratta di un problema raro. Basti pensare che la forma di calvizie più comune, detta alopecia androgenetica o ippocratica, colpisce il 65% degli uomini e il 15-25% delle donne. Va da sé che la perdita dei capelli è imputata per il 90% alle alopecie e per il 10% a cause di differente natura quali ustioni, stress, tumori e altre patologie. L’alopecia androgenetica dipende sia da una predisposizione genetica (genitori o nonni portatori di calvizie), sia da fattori ormonali. «In realtà, quel- lo che si eredita è una sensibilizzazione dei capelli appartenenti ad alcune aree tipiche, fatto che non accade ai capelli della regione temporale e occipitale che, essendone totalmente immuni, sono praticamente programmati geneticamente per durare tutta la vita; ed è questa la ragione per la quale, anche se trapiantati in un’area differente, continuano per sempre il loro normale ciclo vitale», conclude Lucchesi. (riproduzione riservata)