www.gliamicidellamusica.net Pubblicato il 07 Febbraio 2016 Il nuovo allestimento dell'opera buffa rossiniana accolto favorevolmente dal pubblico ma... L'Italiana sottotono servizio di Athos Tromboni FERRARA - Il Teatro Comunale Claudio Abbado ha presentato il 5 febbraio 2016 la seconda opera del corrente cartellone lirico, L'italiana in Algeri di Gioachino Rossini. Lo stesso titolo era andato in scena, con altri interpeti e regista, nel maggio del 2007. Allora fu un successo di pubblico e di critica. Molto buona anche stavolta l'accoglienza del pubblico ferrarese, sia per la recita del 5, che per la replica del 7 febbraio. Il teatro era gremito e gli applausi a scena aperta, così come a fine spettacolo, hanno decretato il gradimento dei melomani locali. Il regista Giuseppe Emiliani aveva promesso nelle note sul programma di sala «... uno spettacolo spumeggiante, ricco di trovate sceniche e visive, di misurata comicità... ricco di teatralità carnevalesca» ma alla luce della comparazione critica con lo stesso titolo andato in scena nel 2007 per la regia di Dario Fo, bisogna dire che le promesse di Emiliani non si sono realizzate. Oltretutto, in questa Italiana in Algeri, siamo anche lontani dalla misurata comicità e prossimi, invece, alla comicità cabarettistica, dove imperano le gag estemporanee più dell'effetto d'assieme. C'è una cosa che neanche Rossini e i suoi librettisti Anelli e Rossi avevano previsto, emersa dalla frequentazione del titolo da parte di grandi direttori e registi: questa cosa è l'imprescindibile tinta unitaria di un contenuto "buffo" che tanto più si esalta quanto più sono l'ironia e la finezza del paradosso a permeare la recita e non la gag crassa fatta di pali giganteschi che dovrebbero impalare Taddeo o quanti si oppongono al volere del Bey Mustafà, né le spinte caratterizzazioni macchiettistiche dello stesso Taddeo, apparso qui più un buffone che un buffo. Va lodato, per contro, tutto l'apparato scenografico, dai costumi alle luci, alle proiezioni tratte dai disegni di Lele Luzzati, che hanno reso colorato, giocoso e suggestivo l'intero spettacolo (Federico Cautero, Marco Godeas e Roberto Gritti i responsabili della realizzazione visiva dell'allestimento). In buca suonava l'Orchestra Città di Ferrara, sul podio Francesco Ommassini, da noi già apprezzato direttore di un Rigoletto (2012) , e di un Turco in Italia e una Sonnamb ula (2015) nel massimo teatro della città; e ci dispiace dire che dal confronto co n L'italiana in Algeri il direttore è uscito meno felicemente che nel passato: i famosi "crescendo" non esaltavano il contrappunto, sbiadito anche nei concertati (meramente scolastica l'esecuzione della stretta finale del primo atto Nella testa ho un campanello... alcuni tagli che hanno accorciato lo spettacolo, e ci fermiamo qui). L'orchestra sembrava greve, il suono veniva affidato a un'esaltazione della melodia anche un po' chiassosa, le leggerezze rossiniane nel canto accompagnato erano prosciugate di ogni colore. Insomma la nostra aspettativa è andata delusa. Il cast ha puntato soprattutto su Nicola Ulivieri (Mustafà ) e Lorenzo Regazzo (Taddeo) che fin da giovanissimi hanno calcato le scene del Teatro Comunale di Ferrara: e questi due bass-baritoni hanno fatto la differenza rispetto al resto del cast. Ulivieri non è un caratterista d'indole, ma se la cava bene anche nei ruoli buffi; e a valorizzare il giudizio concorre in ogni caso la sua vocalità, morbida, intonata, potente all'occorrenza, da grande baritono belcantista. Regazzo, per contro, è un caratterista strepitoso, se non lo si contiene, se lo si lascia fare, va coi propri mezzi dentro un'esuberanza della gag e della mimica che lo rendono simpatico ma non sempre confacente a quella citata tinta unitaria che - in Rossini - è fondamentale per non sostituire l'ironia con la spacconata tout-court; affidabile, comunque, come sempre, la sua prestazione vocale. Non esaltante né il tenore Francisco Brito (Lindoro), né la protagonista Alisa Kolosova (Isab ella); il primo ha indubbiamente un colore di voce e uno squillo da tenore acuto, ma è sembrato affaticato e impreciso nell'aria di sortita Languir per una b ella, rinfrancandosi nel corso della recita e riuscendo a essere convincente nell'aria del secondo tempo Concedi amor pietoso opportunamente eseguita al posto della consuetudinaria Ah come il cor di giub ilo : la prima è di Rossini, composta appositamente per la recita milanese dell'Italiana in Algeri successiva alla recita primigenia di Venezia, dove era comparsa l'aria Ah come il cor di giub ilo , scritta da mano apocrifa. La consuetudine è che quasi sempre, oggi, si sacrifica l'originale rossiniana a favore dell'apocrifa, il che è impoverimento non solo musicologico, ma soprattutto musicale. La Kolosova, mezzosoprano d'agilità, si è fatta apprezzare dal pubblico, tanti gli applausi per lei, ma noi giudichiamo un po' povere e approssimate le sue agilità mostrate a Ferrara, carenti nel legato; anche il rondò dell'aria Pensa alla patria si è risolto senza spettacolari virtuosismi o variazioni. Meritevoli d'applausi Giulio Mastrototaro (Haly), Daniela Cappiello (Elvira: ha cantato oppressa da un manifesto raffreddore che le rendeva nasale il suono), Valeria Girardello (Zulma) e il Coro Iris Ensemble diretto da Marina Malavasi. Crediti fotografici: Foto Piccinni Treviso per il Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara Nella miniatura in alto: Francisco Brito (Lindoro) e Nicola Ulivieri (Mustafà ) Al centro: ancora Ulivieri con Giulio Mastrototaro (Haly); e Lorenzo Regazzo (Taddeo) con Alisa Kolosova (Isabella) In basso: panoramica sull'allestimento