Verona, 8 giugno 2010 CONGRESSO NEUROSCIENZE TECNICHE DI NEUROIMMAGINE: IL CERVELLO MOSTRA IL FENOMENO DELLA DIPENDENZA Cosa accade nella testa di una persona con problemi di dipendenza da sostanze nel momento in cui, apparentemente contro ad ogni logica, decide di assumerne ancora? In molti lo hanno sempre ritenuto un mistero. Eppure oggi, la scienza è in grado di mostrare e studiare le immagini di questo meccanismo. Lo strumento che permette ai ricercatori di studiare le immagini del cervello è la Risonanza Magnetica (RM) encefalica ad alto campo magnetico (3.0 Tesla), utilizzata per descrivere le alterazioni cerebrali in soggetti che hanno diversi profili tossicologici rispetto all’uso di sostanze. E si tratta di una vera e propria alleata nello studio degli effetti funzionali, metabolici e strutturali della dipendenza. “L'RM è il gold standard degli studi funzionali sulle dipendenze sia per l'ottima risoluzione spaziale e temporale, sia per la non invasività sul soggetto”, ha spiegato il professor Franco Alessandrini, del Dipartimento di Neurologia dell'Ospedale Civile Maggiore di Borgo Trento, dove questa tecnica è usata per studi e ricerche in collaborazione con l'Unità di Neuroscienze del Dipartimento Dipendenze dell'Ulss 20, durante la prima giornata del 2° Congresso Nazionale “Neuroscience of addiction. Neurobiologia, neuroimaging e aspetti educativi nelle dipendenze”, organizzato dal Dipartimento delle Dipendenze dell’Ulss 20 di Verona in collaborazione con il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Lo studio portato avanti dall'equipe veronese del professore si propone di: individuare i meccanismi neuro-biologici alla base del comportamento assuntivo, dimostrare quali alterazioni cerebrali conseguono all’uso di droghe, definire adeguati progetti di cura e prevenzione orientati da obiettivi scientifici (neuro-educazione), ed infine, seguire per la prima volta in Italia un approccio scientificamente orientato alla lotta contro la dipendenza. A Verona, inoltre, con la supervisione scientifica del professor Arthur Toga del Laboratory of Neuroimaging dell'University of California Los Angeles è in corso una sperimentazione che coinvolge il team di esperti del Dipartimento delle Dipendenze e impiega tecniche di neuroradiologia per indagare quali aree cerebrali si attivano durante la fase del desiderio della sostanza (craving), nei tossicodipendenti che fanno uso di cocaina. “L'uso di cocaina è ad oggi un problema rilevante sia tra gli adulti che tra i giovani e non esistono farmaci sostitutivi o antagonisti specifici. È dunque importante investire nella ricerca integrando la competenza clinica maturata nei dipartimenti delle dipendenze con l'expertise dei neuroradiologi”, ha sottolineato Alessandrini . Nello specifico, questi studi effettuati grazie all'RM permettono di identificare le aree cerebrali che sostengono la ricerca compulsiva della droga e il suo desiderio e di rendere visibili e comprensibili i danni che il cervello subisce. L'RM rappresenta quindi un potenziale diagnostico di estrema importanza nell'ambito delle Neuroscienze. “L’obiettivo primario è quello di dimostrare in maniera analitica come l’uso di droghe possa alterare il corretto funzionamento cerebrale e portare ad alterazioni cerebrali simili a vere e proprie malattie degenerative. Conoscere anticipatamente i rischi a cui si va incontro utilizzando droghe, con prove evidenti date dalle immagini elaborate in RM, può “educare” i ragazzi a non avvicinarsi alle sostanze d’abuso e aiutare chi già ne fa uso a smettere”, afferma Alessandrini. ALCOL E NEUROSCIENZE: quando alcol e spritz mandano in pappa il cervello Difficoltà motorie, tempi di reazione rallentati, compromissione della memoria: questi sono solo alcuni degli effetti dell’alcol sul cervello. Le conseguenze dell'alcol a livello cerebrale sono molte. Alcune sono già rilevabili dopo uno o due bicchieri, e si risolvono rapidamente non appena si interrompe l’assunzione di bevande alcoliche. Altre, invece, comuni alle persone che bevono molto persistono nel tempo, anche una volta raggiunta la sobrietà, si cronicizzano e possono portare a gravi danni cerebrali permanenti. Anche per gli alcolisti, oltre che per i tossicodipendenti, le neuroscienze si dimostrano un valido alleato per la diagnosi e la cura dei meccanismi della dipendenza. Infatti, esattamente in che modo l’alcol agisca sul cervello e se sia possibile annullare gli effetti derivanti dall’uso, sono argomenti sui quali si sta concentrando anche la ricerca dell'Unità di Neuroscienze del Dipartimento delle Dipendenze dell'Ulss 20 di Verona. “Ciò che sappiamo oggi con certezza è che l'uso di alcol può avere effetti di ampia portata sul cervello, che vanno dal semplice vuoto di memoria a una condizione permanente di debilitazione, che richiede un trattamento di custodia permanente, come dimostrano i numerosi studi sull’impatto dell’alcol sulla guida”, ha spiegato Francesco Bricolo dell'Unità di Neuroscienze, durante il congresso. L'alcol può determinare deficit di memoria rilevabili solo dopo pochi bicchieri ma i problemi aumentano in modo direttamente proporzionale all'alcol assunto. Grandi quantità, soprattutto se consumate rapidamente e a stomaco vuoto, possono provocare perdita di coscienza o incapacità di ricordare dettagli di eventi, o addirittura eventi interi, intercorsi in un determinato lasso di tempo