REGATT 12-2010.qxd 21/06/2010 16.22 Pagina PORTOGALLO i E 374 Dopo il viaggio del papa l segreto è la fede Intervista al patriarca di Lisbona c a r d . Jo s é d a C r u z Po l i c a r p o Lisbona, maggio 2010. minenza, da pochi giorni si è conclusa la visita di Benedetto XVI a Lisbona, Fatima, Oporto (cf. Regnodoc. 11,2010,321ss). In particolare, l’appuntamento di Fatima era molto atteso. Come giudica il viaggio? «La visita del papa era stata annunziata fin dall’inizio come un pellegrinaggio del tutto personale al santuario di Fatima. Parecchie volte egli aveva manifestato il desiderio di farsi pellegrino il 13 maggio. Poi è passata l’idea di sostare anche a Lisbona. Ma Fatima ha dato il tono alla visita ed è diventata il punto di riferimento nazionale. Ci hanno pensato i mass media, soprattutto le emittenti televisive, a incentrare l’attenzione e le attese su Fatima. Al papa avevamo suggerito un tema specifico: “santità e missione”, ponendo l’accento sulla radicalità evangelica; in una parola, sull’autenticità della vita cristiana. Chiesa santa e peccatrice Nell’insieme penso che la visita sia riuscita molto bene. È stato un grande avvenimento ecclesiale, di fede. Purtroppo i mass media, nei giorni precedenti la visita, avevano posto l’accento su ben altri temi: la pedofilia, gli scandali nella Chiesa, le accuse al papa. E poi si diceva: “Questo è un pa- 374 IL REGNO - AT T UA L I T À 12/2010 pa diverso da Giovanni Paolo II. Non ha gli stessi tratti di simpatia nella comunicazione. Non sa incontrare spontaneamente la gente…”. E invece no. Papa Benedetto è apparso a suo agio, disinvolto, attirandosi la simpatia delle persone, che sono accorse in massa, oltre ogni aspettativa. Devo confessare che io stesso ero preoccupato per il livello di partecipazione. Si è trattato, ad esempio a Lisbona, di un vero bagno di folla, che ha commosso tutti, compresi i non credenti. Il papa ci ha lasciato un messaggio, che ora va inserito nei nostri piani pastorali, nel contesto delle grandi opzioni che le diocesi hanno fatto. È senza dubbio un messaggio che si integra molto bene». – È vero che le attese dei mass media riguardavano temi caldi, come la pedofilia e la rilettura delle parti del famoso «segreto», e questo ha fatto perdere di vista il motivo del pellegrinaggio a Fatima. Quale risposta del papa l’ha impressionata? «Per certi media non si può immaginare Fatima senza un segreto. Mi viene da sorridere: ci sarà un quarto segreto, poi un quinto, un sesto… E pensare che nell’insieme degli scritti di Lucia riguardanti le apparizioni, il segreto è quasi un dettaglio. La segretezza, che per anni l’ha avvolto, in parecchie parti del mondo ha fatto esplodere correnti fondamentaliste, che recano danno all’originalità del messaggio di Fatima e manipolano la sua storicità. La Chiesa soffre e si purifica. Si trova di fronte a una grande sfida, che deve affrontare mossa dalla speranza e dalla volontà di rinnovarsi. Mi viene in mente un episodio dei miei anni universitari alla Gregoriana. Uno studente, molto esuberante, chiese al professore: “Ma lei crede che con tutti i suoi peccati la Chiesa sia sacramento di salvezza?”. Il professore gli rispose: “Credo nel- REGATT 12-2010.qxd 21/06/2010 15.54 Pagina la santa Chiesa dei peccatori”. Non ho mai più dimenticato la sua risposta. Certo, i suoi peccati non vanno minimizzati. Penso che anche la Chiesa sia responsabile degli attacchi che le vengono mossi, volti spesso a indebolirne l’autorità morale, a infangarne l’immagine. Ma sono del parere che questo periodo vada vissuto nel silenzio, nella certezza che essa saprà riprendersi e ritrovare nuova linfa per la sua spiritualità». Annunciamo speranza – Negli anni Settanta, alla Gregoriana lei discusse la tesi di dottorato sui «segni dei tempi», di cui aveva parlato il Vaticano II. I «segni dei tempi» di allora e i «segni dei tempi» di adesso: quale il nesso? «Mi era stato detto di “scrutare” i “segni dei tempi”. Impresa non certo facile su cui ho faticato non poco, perché per temi simili bisogna avere le antenne della fede, della sensibilità cristiana, dell’amore. La lettura dei “segni dei tempi” suppone una condizione fondamentale: l’atteggiamento amoroso, fiducioso, rispettoso nei riguardi del mondo, ma non ingenuo. È un atteggiamento difficile, perché si è portati più alla critica, alla condanna, al giudizio. Le persone cercano segni di speranza, che non sempre trovano nella Chiesa, preoccupata soprattutto della propria istituzione, struttura, organizzazione. Ci si dimentica troppo spesso della parabola della pecora smarrita». – Nelle conversazioni che ho avuto con lei in questi anni (cf. Regno-att. 6,2003,151) ho avuto l’impressione che non sia una sua caratteristica quella di attaccare direttamente, ma che preferisce piuttosto ascoltare le ragioni dell’altro. «È forse questione del mio temperamento. Non credo agli attacchi frontali, come non credo alle grandi manifestazioni di protesta, con tanto di cardinali e vescovi alla testa dei cortei. Qual è il risultato? Nullo! Credo di più al dialogo, al guardarsi negli occhi, allo scambio a tu per tu, al dirsi le ragioni. Manifestazioni o quant’altro creano resistenze quasi automatiche e non portano a nulla». – In questi giorni i giornali portoghesi commentano l’atteggiamento del presidente del Portogallo, Aníbal Cavaco Silva, che ha firmato la legge sul ma- 375 trimonio omosessuale. Può destare una certa perplessità che i vescovi non siano usciti con dichiarazioni belligeranti. Ho qui la dichiarazione del presidente della Conferenza episcopale, l’arcivescovo di Braga Jorge Ferreira da Costa Ortiga: poche righe per manifestare la contrarietà e il disappunto e riaffermare il pensiero della Chiesa, ma niente di più. «Personalmente avrei preferito che il nostro presidente non firmasse. Ma l’ha fatto, tenendo conto, come si è espresso, del particolare momento del paese». – In effetti, alcuni mass media gli rimproverano un certo pragmatismo in vista delle elezioni presidenziali. «Non entro in queste valutazioni: dico soltanto che avrei preferito che non firmasse la legge. Io mi pongo su un altro versante: per me si tratta di una questione antropologica, cioè si ha a che fare oggi con un’antropologia di moda, che è molto debole. Quando non si vede l’uomo nel suo mistero e nella sua complessità non si va molto lontano. E questa legge appartiene a un certo progressismo di stampo occidentale, che fa a pugni con la vera antropologia. L’ho detto anche al primo ministro Socrates, con il quale mi sono visto a quattr’occhi. Mi ha dato un “contentino”, riferendomi che in Spagna in cinque anni dall’entrata in vigore della legge si sono verificati solo 31 casi. Allora vale la pena fare grandi manifestazioni? Credo di no: meglio affrontare il problema partendo da altre considerazioni. Penso soprattutto ai giovani. Sto valutando l’ipotesi di inviare un messaggio ai giovani e alle coppie perché scoprano le potenzialità dell’uomo e della donna, che paiono al giorno d’oggi offuscate, se non proprio dimenticate. Si pensi al dono della maternità. È qualcosa di meraviglioso, che va riscoperto». I segni dei nuovi tempi – Eminenza, lei si avvicina ai 75 anni. È stato professore, rettore dell’Università cattolica di Lisbona, coadiutore del grande patriarca António Ribeiro e dal 1998 patriarca. A che cosa ha dato priorità? «Ritorno alla mia tesi dottorale sui “segni dei tempi”. Il relatore mi diceva: “Troverai delle difficoltà nel tuo lavoro. Primo, perché non c’è a disposizione la documentazione sufficiente; secondo, perché la trattazione di questo tema influenzerà tutta la tua vita”. Aveva ragione. Andavo progressivamente capendo che in ogni luogo, in ogni circostanza, in ogni tempo c’è qualcosa di positivo. Mi dicono un ottimista incorreggibile. In un certo senso è vero, e non me ne dispiace. Credo molto nelle persone; credo molto al dialogo diretto; credo molto allo scambio culturale. Qui, secondo me, sta la vera sfida della Chiesa: entrare nella “battaglia” culturale. È una sfida che va affrontata subito. Non crediamo che dare il sacerdozio alle donne, concedere il ministero agli uomini sposati, vestirsi da preti, indossare abiti liturgici appropriati… siano punti fondamentali. Le grandi questioni dell’umanità sono altre. Mi si dice che ci vorrebbe un nuovo concilio per affrontare questi problemi. Io sono invece persuaso che un nuovo concilio, stando così le cose, sarebbe un rischio. Ci vuole un altro atteggiamento culturale. Ricordo una domanda, che mi rivolse anni fa una giornalista: “A quando il sacerdozio alle donne?”. Risposi candidamente: “Se Dio lo vuole, avverrà. Solo il ritmo dello Spirito suggerirà il da farsi. Intanto, se lei ci tiene molto, preghi lo Spirito Santo e io farò altrettanto”. E così pure riguardo al conferimento del sacerdozio agli uomini sposati. Non mi pare che i tempi, qui in Occidente, siano ancora maturi. Dico, come a quella signora: preghiamo! Io prego con voi! È vero che c’è un punto fondamentale: il diritto dei fedeli all’eucaristia. La Chiesa deve garantire che la comunità cristiana celebri l’eucaristia». – Si avvicina il momento di presentare le dimissioni, a norma delle leggi vigenti. Alcune vengono accettate immediatamente, in molti altri casi si chiede al vescovo di rimanere in carica per un ulteriore periodo di due anni, soprattutto se egli è cardinale. Che dirà al papa? «Spetterà certamente al papa decidere. Ricordo il grande patriarca di Lisbona, Manuel Gonçalves Cerejeira, figura storica della Chiesa lusitana. Mi disse un giorno: “Noi sposiamo la Chiesa e adesso ho la sensazione di lasciarla vedova”». a cura di Francesco Strazzari IL REGNO - AT T UA L I T À 12/2010 375