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INTRODUZIONE AL PARADISO
Come s’è avuto modo di dire, nel Paradiso non c’è un canto preciso
in cui si diano i principi morali o teologici della distribuzione delle anime
dei beati secondo una certa ragione, un certo criterio. Ci sono invece più
luoghi, in canti diversi, in cui Dante spiega alcuni problemi teorici
(teologici o morali o dottrinali) relativi alla collocazione diversa delle
anime beate.
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Nel canto III (vv.45-57), che, per antonomasia, è dominato dalla
figura della sorella di Forese e di Corso Donati (il primo amico ed il
secondo nemico del poeta), Piccarda dice a Dante di essere nel cielo più
lento (quello della luna) che è anche il più piccolo fra quelli che ruotano
intorno alla terra, dove si trovano gli spiriti di coloro che abbandonarono i
voti. Si tratta delle anime nate sotto l’influenza della Luna, cielo mosso
dalle intelligenze degli Angeli. Tale influenza si caratterizza attraverso la
mancanza della perseveranza: questi spiriti, in terra, sono stati alquanto
discontinui nell’amare di Dio.
Ancora in Pd. III, 58-69, Dante chiede se le anime del terzo Regno
hanno desiderio di maggiore beatitudine; il problema sembra subito mal
posto dal momento che la beatitudine non ha gradazioni o uno è beato o
non lo è; perciò, sorridendo, Piccarda risponde:
(70-87) Fratello, la nostra volontà è pacificata dalla virtù della
carità che ci fa desiderare solo ciò che abbiamo e non ci fa desiderare
altro. Se desiderassimo di essere più in alto [più vicini a Dio] i nostri
desideri sarebbero discordanti dalla volontà di colui che ci ha scelto per il
Paradiso; il che [la quale discordanza] vedrai che non entra in questi cieli
dal momento che qui è necessario esistere nella carità, se tu comprendi
esattamente la natura della carità. È consustanziale, essenziale, all’essere
beato stare dentro [corrispondere] alla volontà di Dio, cosicché tutti i
nostri desideri sono uno solo; perciò il fatto che noi siamo distribuiti di
gradino in gradino, per questo [terzo] regno, piace a tutti i beati come
piace al re che ci fa volere quanto egli vuole. La nostra pace sta nella sua
volontà e questa è quel mare verso il quale tutto si muove, sia ciò che essa
volontà stessa crea, sia ciò che è creato dalla natura.
Chiaro mi fu allor come ogni dove
In cielo è paradiso etsi la grazia
Del sommo ben d’un modo non vi piove (88-90):
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anche se la grazia non vi piove in maniera omogenea, ma a seconda dei
meriti di ciascuno, a nessuno manca nulla per essere uno spirito beato.
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Nel Canto IV,10-27, sempre nel primo cielo della Luna, Dante, con
lo sguardo, chiede a Beatrice di sapere qualcosa di più rispetto al discorso
che ha fatto Piccarda, in particolare pone due questioni:
1. perché l’altrui violenza diminuisce la misura del merito, se la buona
volontà [l’intenzione] del voto rimane inalterata?
2. a Dante sembra che le anime tornino alle stelle (in questo caso al cielo
della luna) dalle quali si sono allontanante quando si sono incarnate,
secondo la teoria del Timeo platonico che presupponeva una vita delle
anime antecedente alla vita nel corpo; teoria, questa, condannata dalla
Chiesa.
Siccome questa seconda questione contiene un errore più grave,
Beatrice comincia da qui la sua risposta, spiegando quale sia e dove sia la
vera sede dei beati: essi sono tutti nell’Empireo, nella Mente di Dio, anche
se, per consentire all’uomo Dante di comprendere ciò che non è
umanamente e razionalmente comprensibile attraverso i sensi ma solo
attraverso un atto mistico, essi appaiono al pellegrino poeta nei diversi
cieli, sotto la cui influenza ciascuno è nato.
Dice Beatrice:
28-33 Anche il Serafino che è più vicino a Dio come gli spiriti del primo
cielo hanno i loro scanni nel medesimo cielo e non stanno al loro posto un
tempo proporzionato al loro merito (contro l’opinione di Platone).
34-36 ma tutti [i beati] fanno bello il primo giro [l’Empireo] ed hanno
una vita differentemente dolce [una diversa beatitudine] a seconda che
sentano più o meno lo spirito eterno cioè a seconda della loro capacità
[potenzialità] di percepire l’amore di Dio.
37-45 I beati del primo cielo si sono mostrati a Dante qui nel cielo della
Luna non perché questo sia toccato loro in sorte, ma per dare un segno
concreto che la loro condizione è la più bassa dell’Empireo (letteralmente:
ha meno da salire). Così è necessario parlare alla vostra intelligenza, dal
momento che conosce solo attraverso i sensi ciò che poi diventa oggetto
della riflessione. Per questo motivo la Scrittura si adegua alle vostre
facoltà e attribuisce a Dio piedi e mani pur volendo dire altro.
Nell’insieme questo passo serve a risolvere la questione di una
inesistente gerarchia fra i beati, affermando, con Tommaso, la identica
condizione di coloro che hanno saputo corrispondere alla volontà di Dio e
hanno scelto di farlo, grazie al libero arbitrio loro concesso.
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Quando il poeta si trova nel sesto cielo di Giove, le anime degli
spiriti giusti prima compongono una scritta luminosa (DILIGITE
IUSTITIAM QUI IUDICATIS TERRAM XVIII, 91-93: amate la giustizia
voi che giudicate la terra) poi assumono la forma dell’Aquila.
Nel canto XIX (v.70 e segg.) l’Aquila affronta il tema della giustizia
divina, esponendo come esempi del dubbio di Dante l’ingiustizia che
subisce un’anima che, pur essendosi comportata secondo tutte le norme
dell’etica cristiana, non si salva essendo nata in una condizione di tempo o
di spazio che gli ha impedito di conoscere la predicazione di Cristo. Qui,
rispetto allo stesso argomento trattato nel De monarchia, la situazione è
aggravata dal riferimento alla mancanza del battesimo (che è principio alla
via di salvazione e porta della fede che tu credi). Dante a lungo ha riflettuto
su questo argomento che è al centro anche di altri ragionamenti quali la
predestinazione, il libero arbitrio, il determinismo astrologico e
psicologico. In questo brano la sua risposta rinvia all’atto di fede e
all’attenta meditazione sulla Bibbia. Sostiene, infatti, l’Aquila. che è
simbolo della giustizia divina, della giustizia umana e della applicazione
della giustizia umana nella storia:
vv.82-85 Colui che si tormenta (con elucubrazioni difficili) [è portato
a fare ragionamenti complessi e raffinati] sul problema della giustizia
divina, se non vi fosse data la Scrittura come guida, avrebbe motivo di
meravigliarsi e di dubitare. [Siccome invece avete la Scrittura, non vi
potete permettere di dubitare].
vv.86-90 La volontà di Dio è buona in sé e non si allontanò mai da
sé che è sommo bene. È giusto soltanto tutto ciò che si conforma a lei;
nessuna cosa creata buona attira il sommo bene a sé ma anzi è il sommo
bene che, irradiandosi, cagiona quel bene.
Dunque il dubbio circa la giustizia divina si risolve con una risposta
di tipo mistico, irrazionale, in presenza della Rivelazione, del Libro, della
Tradizione e dell’autorità magistrale della Chiesa, l’uomo, illuminato dalla
Grazia, non può dubitare che Dio sia insieme Amore e Giustizia
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Nel Canto XXII, 124-154 (139-150), nel cielo di Saturno, dove
Dante incontra gli spiriti contemplativi, avviene che, per esortazione di
Beatrice, egli si giri ad osservare l’insieme del cammino percorso in
Paradiso e vede al centro dell’universo la terra:
Col viso ritornai per tutte quante
Le sette spere, e vidi questo globo
Tal, ch’io sorrisi del suo vil sembiante 133-35.
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Dopo la terzina in cui, commentando la piccolezza della terra, Dante
esorta a volgere gli occhi alle cose eterne perché le altre sono vane e solo
chi sa rivolgersi a cose non terrene è probo, continua la sua visione:
139-54 Vidi la Luna (figlia di Latona) senza le macchie che io,
erroneamente, avevo attribuite al suo essere rarefatta o densa nella
materia; poi vidi tuo figlio il Sole, o Iperione, sostenendo[ne] la vista,
e vidi come circolarmente [circa] e vicino a lui si muova Maia
(Mercurio) e [si muova] Dione (Venere) (si indicano i nomi delle madri al
posto dei nomi del figlio e della figlia).
Di lì mi apparve la stella temperata di Giove posta fra la stella di
Saturno [fredda] e quella di Marte [calda]; di lì mi fu chiaro il variare delle
posizioni dei cieli [rispetto alle stelle fisse]; e tutti e sette mi si mostrarono
nella loro grandezza, nella loro velocità e nelle distanti posizioni
reciproche.
L’aiuola che ci rende tanto feroci, volgendomi io con la
costellazione dei Gemelli, mi apparve tutta dai colli alle pianure, poi
rivolsi gli occhi agli occhi belli.
Come si vede, il poeta non ha bisogno di darci l’elenco ordinato dei
pianeti, dei cieli che ruotano intorno alla terra (Luna, Mercurio, Venere,
Sole, Marte, Giove, Saturno –manca l’ottavo, il Cielo delle stelle fisse e il
nono, il Cielo cristallino o Primo Mobile) pr di seguito).
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Nel Canto XXVIII, 13-45, salito Dante al Primo Mobile, Beatrice
offre l’immagine dei nove cerchi che ruotano intorno al punto immobile; il
cerchio più vicino è il più veloce perché riceve un amore più intenso.
Nei vv. 46-78 dello stesso Canto, Dante pone il problema della
velocità radiale, cioè della differente velocità di un cerchio minore rispetto
a quella di uno maggiore concentrico che si muova nella stessa unità di
tempo. Beatrice risponde al poeta di non guardare la quantità materiale
della grandezza della velocità ma l’intensità della virtù, dell’amore del bene
che ciascun cielo riceve dal Punto. Il Primo Mobile più ama e più sa, perciò
è il maggiore in ampiezza ed il più veloce perché riceve più virtù dal Punto.
Quindi Beatrice passa ad elencare le gerarchie angeliche (Pd,
XXVIII, 98-139) secondo l’ordine tramandato da Dionigi l’Areopagita.
Così dice:
I primi cerchi ti hanno mostrato i Serafini e i Cherubini. I quali
procedono così veloci seguendo il loro legame [di amore per Dio] perché
somigliano a Dio quanto possono; e possono quanto più sono in posizione
elevatissima [soblimi] nel vederLo.
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Quegli altri amori che vanno intorno [ai Serafini e ai Cherubini] e
che [fin dall’eternità] completano il primo insieme di tre cori celesti si
chiamano Troni [in quanto seggi di Dio] e devi sapere che tutti e tre
godono tanto quanto la loro vista [capacità intellettiva] è in grado di
entrare nella profondità della verità divina in cui ogni intelletto trova la
propria pace.
Di qui si può comprendere come l’essere beato si fonda nell’atto
della visione della verità non nell’amore che deriva dalla visione di Dio, [è
una conseguenza della conoscenza di Dio]; la misura della visione di Dio è
dimostrata dal merito che producono la grazia e la buona volontà: così si
sale, si progredisce di gradino in gradino.
Da qui si può dedurre che il processo di beatificazione passa attraverso i
seguenti gradi:
1.grazia; 2.buona volontà; 3.merito; 4.visione e conoscenza di Dio; 5.amore
per Dio; 6. beatitudine.
L’altro gruppo di tre intelligenze motrici, che germoglia così in
questa eterna primavera che mai l’autunno (l’ariete notturno) spoglia delle
foglie, canta (sberna) perpetuamente ‘Osanna’ con tre melodie che
suonano in tre diversi ordini di angeli lieti per cui [l’Osanna] si fa triplice
[s’interna].
In questa gerarchia ci sono le altre virtù angeliche: primo le
Dominazioni, poi le Virtù, il terzo ordine è quello delle Potestà.
Poi nei due penultimi cori tripudianti girano i Principati e gli
Arcangeli; l’ultimo è tutto di giochi degli Angeli. «Tutti questi ordini
guardano ammirati in alto e verso il basso fanno sentire l’influenza agli
ordini inferiori, cosicché tutti sono attirati verso Dio e tutti attirano [gli
ordini inferiori]» (Bosco,Pd,471).
Dionigi Areopagita si mise a contemplare con tanto ardore questi
ordini che li nominò e li distinse come ho fatto io. Mentre Gregorio da lui
si distaccò; per cui, appena aprì gli occhi in questo cielo, rise di se
medesimo. E io non voglio che tu ti meravigli per il fatto che un mortale
abbia rivelato in terra un così grande segreto; dal momento che uno che lo
aveva visto quassù glielo rivelò insieme ad altre verità relative al
Paradiso.
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SCHEMA DEL PARADISO
Angeli
Arcangeli
Principati
Potestà
Virtù
Dominazioni
Troni
Cherubini
Luna
Mercurio
Venere
Sole
Marte
Giove
Saturno
Stelle fisse
Serafini
Primo mobile
Non adempirono i voti
Attivi per desiderio di gloria
Amanti
Sapienti
Militanti
Giusti
Contemplanti
Trionfo di Cristo, Maria e
Beati Pietro, Giacomo,
Giovanni
Discorso di Beatrice
Cori Angelici
Intelligenze angeliche
Empireo
Condanna
dei
nemici
dell’Impero.
I beati della rosa
Preghiera di San Bernardo.