Anno accademico 1999-2000 1) Si mostri che nessun cubo di numero intero è prodotto di due interi consecutivi. Detti π, π + 1 due interi consecutivi qualsiasi, si vuole dimostrare che non esiste alcun intero π, per cui l’equazione diofantea π3 = π(π + 1) , π, π ∈ β€ , ammetta soluzioni. Si comincia ad escludere il caso banale π = 0 → π = 0 , −1 , in cui il problema ammette soluzione. Questa osservazione appare ancora più evidente, se si disegna la parabola π¦ = π₯(π₯ + 1). Inoltre, dato che due interi consecutivi sono sempre coprimi, dato che non hanno alcun divisore comune eccetto 1 e −1, si può dire che l’equazione ammette se esistono due interi π e π, per cui π = π3 , π + 1 = π 3 , π, π ∈ β€ . 2 Ciò comporta l’equazione diventa π = ππ e che i due interi π e π verificano la relazione π 3 − π3 = 1 = (π − π)(π 2 + ππ + π2 ) = 1 . Per avere soluzione, allora, deve essere verificato il sistema { π−π =1, π 2 + ππ + π2 = 1 , che, posto π = 1 − π, risulta equivalente all’unica equazione (1 − π)2 + (1 − π)π + π2 = 1 → 3π3 + 3π = 0 → π = 0, −1 . Le due radici trovate sono relative al caso banale π = 0, già discusso. Si conclude che nessun cubo di numero intero, diverso da zero, è prodotto di due interi consecutivi. 3 2) Siano π1 , π2 , π3 , π4 sfere di raggio 1 a due a due tangenti. Siano π e πΏ rispettivamente la sfera tangente internamente e esternamente a π1 , π2 , π3 , π4 . Calcolare il rapporto dei raggi di π e di πΏ. Dalla figura riportata, che mostra uno spaccato frontale e centrale della immagine tridimensionale, si deduce che i sei centri delle sfere sono complanari e, quindi, { πΏ =2+π , πΏ = √2 + 1 , → { 1 + π = √2 , π = √2 − 1 . Segue che il rapporto dei raggi di π e di πΏ è pari a π √2 − 1 = = 2 + 1 − 2√2 = 3 − 2√2 ≅ 0.1716 . πΏ √2 + 1 4 3) Stefano lancia π + 1 monete e tra queste ne sceglie π in modo da massimizzare il numero di teste. Barbara lancia π monete. Chi ottiene un maggior numero di teste vince e, nel caso di parità, si assegna la vittoria a Barbara. Quale è la probabilità di vittoria di Stefano? Una prima soluzione si può ottenere con il ragionamento che segue. Dopo π=6 lanci a testa possono verificarsi le seguenti situazioni: A. Barbara ha fatto più teste di Stefano; B. Stefano ha fatto più teste di Barbara; C. hanno totalizzato lo stesso numero di teste. La probabilità di π΄ è uguale a quella di π΅ per simmetria e la si chiama π. La probabilità di πΆ sarà allora 1 − 2π. Ora, Maria lancia un’altra moneta. Sia π l’evento “Barbara vince”. Per la definizione del gioco π(π/π΄) = 1 ovvero la probabilità che Barbara vinca sapendo che dopo π = 6 lanci a testa aveva fatto più teste di Stefano è 1. D’altra parte, risulta π(π/π΅) = 0 , π(π/πΆ) = 12 , cioè vincerebbe se e solo se uscisse testa nell’ultimo lancio. In definitiva, si ha π(π) = π(π΄)π(π/π΄) + π(π΅)π(π/π΅) + π(π/πΆ)π(πΆ) = π + 0 + 1 − 2π 1 = . 2 2 Una seconda soluzione, molto più sintetica ed elegante, è descritta in quel che segue. Per simmetria, la probabilità che Barbara faccia più teste è uguale alla 5 probabilità che faccia più croci. Per qualsiasi configurazione di lanci si verifica una ed una sola di queste due situazioni (è impossibile che non faccia né più teste né più croci, ed è impossibile che faccia contemporaneamente più teste e più croci). Quindi, la probabilità cercata vale 1/2. 6 4) Sia π un triangolo rettangolo avente lati di lunghezza π e π e si costruisca l’esagono avente vertici sui quadrati costruiti sui 3 lati di π (vedi figura). Si calcoli l’area dell’esagono in funzione di π e π. Osservando la figura, si ricavano immediatamente due relazioni: in forza del teorema di Pitagora, l’ipotenusa del triangolo π vale π = √π2 + π 2 ; l’area del triangolo π è pari a ππ = ππ/2. Conviene ridisegnare la figura, riportando i simboli adoperati nella soluzione e le eventuali congruenze. Da essa si deduce, per ispezione grafica, che la somma delle aree dei tre quadrati vale π = π1 + π2 + π3 = π2 + π 2 + π 2 = 2(π2 + π 2 ) . Si verifica poi che le aree dei due triangoli π1 e π2 sono uguali, essendo 7 π1 = ππ ππ ππ ππ ππ ππ sin(π − π½) = sin π½ = , π2 = sin(π − πΌ) = sin πΌ = . 2 2 2 2 2 2 Riassumendo, si può scrivere che la superficie dell’esagono è π = 2ππ + π1 + π2 + π = ππ + ππ ππ + + 2(π2 + π 2 ) = 2(π2 + π 2 + ππ) . 2 2 8 5) Si mostri che, dati comunque 5 punti nel piano a 3 a 3 non allineati, 4 di essi sono i vertici di un quadrilatero convesso (si ricorda che un insieme π è detto convesso se, dati comunque π₯, π¦ ∈ π, tutto il segmento congiungente π₯ a π¦ è contenuto in π). Preliminarmente, è importante ricordare alcuni essenziali definizioni e proprietà. Un poligono è la figura formata da una poligonale chiusa e dalla parte di piano che essa delimita. I segmenti che compongono la spezzata chiusa si dicono lati del poligono e i punti in comune a due lati consecutivi si dicono vertici del poligono. In quel che segue si escluderà il caso di poligonale intrecciata e, quindi, due lati non consecutivi non si intersecano mai. Un poligono si dice convesso se ogni coppia di punti, presi all’interno del poligono, il segmento che li congiunge non esce dalla figura. Ad esempio, un rettangolo è un poligono convesso. Un poligono si dice concavo se esiste una coppia di punti tali che il segmento che li unisce esce dalla figura. Una conseguenza di queste definizioni è che un poligono è concavo se e solo se almeno un angolo interno è maggiore di 180°. Se tutti gli angoli interni sono minori di 180° il poligono è convesso. Da ciò si capisce che un triangolo non può essere concavo. In particolare, un quadrilatero concavo ha un solo angolo maggiore dell’angolo piatto. Ciò premesso, la non collinearità dei punti assegnati e presi a tre a tre garantisce la possibilità di costruire il quadrilatero. Ebbene, se esso è convesso la dimostrazione è conclusa; se esso è concavo bisogna costruirne uno convesso con il quinto punto rimasto escluso dalla costruzione. In forza di quanto richiamato in precedenza, se il quadrilatero è concavo, allora vi è un solo angolo maggiore dell’angolo piatto. Senza perdita di generalità, sia πΆ il vertice di questo angolo e siano π΅ e π· i vertici del quadrilatero giacenti sui suoi lati. Sia π΄ il quarto vertice. 9 Per definizione di concavità, esiste almeno un segmento, congiungente due punti della figura, che non è interamente contenuto nella figura stessa: questo è, per esempio, il segmento π΅π·. Tracciato questo segmento si ottiene un triangolo π΄π΅π·, i cui angoli sono certamente minori dell’angolo piatto. Il punto rimanente πΈ può trovarsi all’esterno (π), all’interno (π) oppure sul contorno (π) del triangolo π΄π΅π·. (π) Si comincia con il caso in cui πΈ è esterno al triangolo π΄π΅π· e si prolunga, da una parte e dall’altra, tutti i lati di questo triangolo, come mostrato nella figura che segue. Se il punto πΈ appartiene ad una delle porzioni di piano indicate, basta unirlo con π΄ e π·, oppure con π΄ e π΅, oppure con π΅ e πΆ, rispettivamente, per ottenere un quadrilatero convesso. 10 Se, invece, il punto πΈ si trova nelle regioni, sempre esterne al triangolo π΄π΅π·, ma complementari a quelle già esaminate, la costruzione grafica che segue suggerisce come procedere per ottenere la soluzione. 11 (π) Si consideri ora il caso in cui πΈ sia interno al triangolo π΄π΅π·. Se πΈ appartiene al triangolo π΅πΆπ·, allora si prolunga π΄πΆ, tagliando π΅πΆπ·. Si ottengono due triangoli, uno che contiene l’angolo π· e uno che contiene l’angolo π΅. Se πΈ appartiene al primo, allora si unisce πΆ con πΈ e quest’ultimo con π·: il quadrilatero cercato è π΄πΆπΈπ·. Analogamente si procede nel secondo caso ottenendo π΄π΅πΈπΆ. (π) Infine, il punto πΈ può appartenere al quadrilatero concavo π΄π΅πΆπ·. In tal caso, tracciato il segmento π΄πΆ e prolungati i segmenti πΆπ· e π΅πΆ, in modo da tagliare il quadrilatero stesso, si consideri il caso in cui πΈ appartenga al triangolo π΄πΆπ΅: il prolungamento di π·πΆ taglia π΄π΅πΆ in due parti, di cui una contenente il vertice π΄ e l’altra il vertice π΅. Se πΈ appartiene alla prima parte allora si unisce πΈ con πΆ e π΅, ottenendo il quadrilatero convesso πΈπΆπ·π΄; se appartiene alla seconda parte, si unisce πΈ con π΅ e con π·, ottenendo il quadrilatero convesso πΈπ΅π·πΆ. Analogamente si procede se πΈ appartiene al triangolo π΄πΆπ·. 12 13 6) Per quali valori di π e di π il polinomio π₯ π − ππ₯ π−1 + ππ₯ − 1 è divisibile per (π₯ − 1)2 ? Nel caso π = 1, il polinomio dato π(π₯) = π₯ − π + ππ₯ − 1 = (π₯ − 1) β (1 − π) , essendo di primo grado può essere divisibile per (π₯ − 1)2 solo se π = 1, nel qual caso esso diventa identicamente nullo. Per ogni altro valore di π, il polinomio è divisibile per π₯ − 1, non per (π₯ − 1)2 . Nel caso π = 2, il polinomio diventa π(π₯) = π₯ 2 − 1 e non è divisibile per (π₯ − 1)2 . Dunque, si assuma che π > 2. In tal caso il polinomio π(π₯) = π₯ π − ππ₯ π−1 + ππ₯ − 1 è sicuramente divisibile per π₯ − 1, dal momento che π(1) = 1 − π + π − 1 = 0 . Affinché sia divisibile per (π₯ − 1)2 , occorre che anche la sua prima derivata sia divisibile per π₯ − 1 e, pertanto, 14 π′(π₯) = ππ₯ π−1 − π(π − 1)π₯ π−2 + π → π′(1) = π − π(π − 1) + π . Si deduce che π − π(π − 1) + π = 0 → π = π π−2 (π > 2) , sicché si conclude che π(π₯) = π₯ π − π π π₯ π−1 + π₯−1. π−2 π−2 In effetti, si può controllare agevolmente che π(1) = 1 − π π + −1=0, π−2 π−2 che la prima derivata è nulla in π₯ = 1 π′(π₯) = ππ₯ π−1 − π π (π − 1)π₯ π−2 + → π′(1) = 0 , π−2 π−2 che la derivata seconda è nulla in π₯ = 1 π′′(π₯) = π(π − 1)π₯ π−2 − π(π − 1)π₯ π−3 π′′(1) = 0 , che la derivata terza è non nulla in π₯ = 1 π′′′(π₯) = π(π − 1)(π − 2)π₯ π−3 − π(π − 1)(π − 3)π₯ π−4 → π′′′(1) = π(π − 1) . In definitiva, si può affermare che π(π₯) = (π₯ − 1)3 π(π₯) , 15 con π(π₯) polinomio di grado π − 3, con π(1) ≠ 0. La figura che segue mostra l’andamento del polinomio nel caso particolare π = 5. 16