Ottica visuale Parte 2 – I mezzi ottici dell’occhio Corso di laurea in Ottica ed Optometria Facoltà di Scienze M.F.N. Università del Salento Vincenzo Martella optometrista Contatti: 0833/541063 392 8388361 [email protected] Brevi note di anatomia, fisiologia e caratteristiche ottiche dei mezzi ottici dell’occhio E’ importante conoscere le caratteristiche anatomiche, istologiche e fisiologiche dei mezzi ottici dell’ occhio. Esse spiegano le modalità con cui l’evoluzione ha realizzato questo sofisticato sensore luminoso ottenendo tessuti trasparentissimi (privi di vascolarizzazione diretta) per sfruttare le leggi della Fisica, ottenendo un processo di focalizzazione in grado di produrre una percezione visiva adeguata ai bisogni della specie. Anatomia oculare Il bulbo La dimensione del bulbo oculare Le dimensioni del bulbo oculare sono molto soggettive. Variano per l’accrescimento corporeo e da individuo ad individuo. Esse, soprattutto la lunghezza assiale e la collocazione dei diottri oculari, sono importanti per la focalizzazione dell’immagine sulla retina. L’importanza della dimensione assiale dell’occhio In fase di sviluppo la lunghezza assiale dell’occhio è regolata dai processi d’accrescimento (emmetropizzazione), indotti anche dagli stimoli luminosi, che tendono a creare il giusto rapporto geometrico tra il comportamento ottico e la focalizzazione delle immagini sulla retina. Emmetropizzazione Il raggiungimento di un efficace rapporto tra lunghezza assiale e facilità di focalizzazione avviene attraverso complessi meccanismi che coinvolgono fattori ereditari, congeniti, endogeni, sociali ed ambientali. Molto si può fare dal punto di vista preventivo, per condizionare un corretto sviluppo oculare e ridurre alcune delle principali cause delle ametropie assiali. “Divulgate la cultura optometrica!” Dimensioni del bulbo oculare: Volume: tra 6500 e 7500 mm cubici. Peso: tra 7 ed 8 grammi. Lunghezza assiale: nel neonato circa 18 mm (circa il diametro di una monetina da 2 cent), nell’adulto 24 mm (circa il diametro di una monetina da 1 euro). I mezzi ottici dell’occhio Liquido lacrimale Cornea Umor acqueo Cristallino Vitreo Il liquido lacrimale Esso rappresenta il primo diottro che la luce incontra; una qualità otticamente scadente per composizione può produrre effetti negativi sulla visione. L’indice di rifrazione dipende dalla composizione. Oscilla tra 1.30 e 1.34. La cornea determina il raggio di curvatura del suo diottro (circa 7.70 mm, 43 dt) Spessore 9 µm (micron, millesimi di millimetro) dopo l’ammiccamento; 4 µm appena prima di ammiccare. Composizione del liquido lacrimale Il film lacrimale presenta una struttura complessa che però possiamo considerare come costituita da tre strati principali: Strato muco-proteico: le muco-proteine, secrete dalle ghiandole di Henle e Manz, si legano agli pseudo-microvilli dell’epitelio formando una superficie più o meno omogenea ed idrofila (altrimenti l’epitelio è idrofobo). Strato acquoso: la parte acquosa, secreta dalle ghiandole lacrimali e da quelle accessorie di WolfingCiaccio, si dispone sopra lo strato muco-proteico. Strato lipidico: secreto dalle ghiandole di Meibomio, Zeis e Moll, galleggia sopra lo strato acquoso limitandone l’evaporazione. Funzioni del liquido lacrimale Detergente. Idratante. Rende l’epitelio idrofilo. Ottica. Nutrizionale. Di ossigenazione. Antibiotica (grazie al lisozima) Importanza del liquido lacrimale in contattologia La buona qualità e quantità di liquido lacrimale è condizione indispensabile per un uso confortevole delle L.A.C. Cornea Organo la cui trasparenza è legata alla perfetta disposizione geometrica del tessuto lamellare di cui è costituita e dall’assenza di vasi sanguigni. Distinguiamo: L’epitelio. La membrana di Bowman. Lo Stroma. La membrana di Descemet. L’Endotelio. La zona di transizione sclera cornea è detta Limbus. Metabolismo corneale La cornea, essendo avascolarizzata, trae nutrimento da processi osmotici che si svolgono tra il liquido lacrimale e l’umore acqueo dall’interno verso l’esterno, dalla azione attiva di pompaggio svolto dall’endotelio e dal circolo dei vasi peri-limbari. L’ossigeno necessario per i processi metabolici deriva prevalentemente da quello disciolto nel liquido lacrimale. L’attività di rigenerazione delle cellule epiteliali è altissima. L’epitelio infatti si rigenera continuamente e rapidamente. Le cellule morte, costituite per lo più di cheratina, si sfaldano continuamente dallo strato vivo sottostante. Ferite o abrasioni a carico dell’ epitelio possono guarire nell’arco di poche ore. Caratteristiche geometriche e ottiche della cornea La sezione della cornea è quella di un menisco negativo. Spessore al centro di circa 0,5/0,6 mm, al bordo di circa 1 mm. Diametro superficie anteriore: verticale circa 9/13 mm, orizzontale 10/13 mm. Diametro superficie interna circa 12 mm. Raggio di curvatura anteriore circa 7.70/7.80 mm, posteriore circa 6.80 mm. Indice di rifrazione 1.376. La sua potenza in aria è circa -6.50 dt. La continuità ottica prodotta dall’umore acqueo, che ha un indice di rifrazione quasi uguale, fa sì che essa si comporti come un diottro positivo di circa 43 dt. Essa quindi è la prima superficie che determina la rifrazione della luce nell’occhio (il menisco lacrimale ne è conseguenza). Andamento fisiologico delle curve della superficie della cornea La superficie della cornea non ha un andamento perfettamente sferico, ma presenta una forma complessa e molto variabile individualmente. Potremmo definirla concoidale. Le alterazioni ottiche della cornea Le cause delle alterazioni ottiche della cornea, che interferiscono sul corretto percorso della luce nell’occhio, possono essere di natura geometrica (più frequenti quelle a carico della superficie esterna), o di perdita della trasparenza. Varie sono la cause che possono alterare la geometria o trasparenza della cornea: congenite, traumatiche, patologiche, metaboliche. Alcune forme di alterazioni geometriche della cornea Astigmatismo. Cheratocono. Esiti post cicatriziali superficiali traumatici o infettivi. Pterigio: accrescimento a volte progressivo mono o bilaterale della congiuntiva del lato mediale del limbus che se molto estesa può arrivare ad invadere la cornea. Pterigio Alterazione della trasparenza corneale Se una lesione interessa più in profondità la cornea l’esito cicatriziale è un’opacità più o meno estesa in base all’entità del danno. Esse sono dette leucocorie. La nubecola è un’opacità non densissima più o meno traslucida non molto estesa. Il leucoma è un’opacizzazione più marcata che ha interessato lo stroma corneale in profondità. Essa è più o meno estesa in base al danno subito. Queste opacità, se situate in zone paracentrali, producono alterazioni sulla rifrazione corneale con compromissione della visione. Il cheratocono Una definizione del cheratocono è: un’ectasia non infiammatoria della cornea. La cornea si deforma producendo una protuberanza e lo spessore corneale si riduce in prossimità del’apice del cono. Merita una nota a parte perché nell’area salentina questa patologia acquista connotazioni endemiche. L’eziologia non è ancora ben nota. L’ectasia evolve e viene definita in cinque stadi. Nei primi stadi la deformazione corneale è tale da consentire ancora la correzione dell’astigmatismo irregolare indotto dal cheratocono con lenti da occhiale. Negli stadi più avanzati occorre ricorrere all’applicazione di L.A.C. rigide (ormai dette semi rigide gas permeabili) che ridanno, durante il loro utilizzo, omogeneità ottica al sistema ottico deformato. Il processo di deformazione a cono della cornea può arrestarsi in ognuno dei cinque stadi e comunque solitamente si arresta intorno ai 35/40 anni. Nei casi molto avanzati per scongiurare la perforazione corneale si ricorre al trapianto di cornea. Il cross linking, quando possibile è un trattamento precoce del cheratocono (I II stadio). Si espone la cornea depitelizzata e cosparsa con un gel di vitamina B2 e destrano a raggi UVA per ridare struttura all’impalcatura corneale. Cheratocono cheratocono Topografia corneale di cheratocono Importanza della rilevazione dell’andamento delle curve della superficie corneale E’ importante rilevare la presenza di astigmatismo o di alterazioni della superficie corneale, in quanto questi fattori possono impedire una corretta rifrazione dell’occhio. La stessa importanza riveste la rilevazione dei raggi di curvatura corneali ai fini contattologici. Metodi di misurazione delle curvature corneali più usati Quello più utilizzato nella pratica optometrica è l’oftalmometria. Utilissima in contattologia, specie quella customizzata gas permeabile, ed indispensabile in chirurgia refrattiva, è la topografia. Molti autorefrattometri sono anche cheratometri. Umore acqueo e sue funzioni Liquido trasparente che viene costantemente secreto dai processi ciliari ed immesso in camera posteriore. Passa in camera anteriore ed è poi drenato attraverso il tessuto trabecolato ed il canale di Sclemm. Il perfetto equilibrio tra immissione e deflusso (funzione di regolazione pressoria) garantisce la normale pressione endo-oculare 14/20 mmHg. L’alterazione di questo equilibrio genera l’aumento di detta pressione (glaucoma). Indice di rifrazione 1.333 Ha contiguità ottica con la cornea (funzione ottica). Svolge altresì funzione di nutrimento per cornea e cristallino (funzione di nutrimento). L’iride Possiamo definirlo il diaframma dell’occhio e come tale entra in gioco in tutti i processi che interessano un sistema ottico diaframmato (riduzione delle aberrazioni periferiche, aumento della profondità di campo e di conseguenza di fuoco dell’occhio). Essa delimita la camera anteriore da quella posteriore. Il suo sfintere, aumentando (midiriasi) e riducendo (miosi) il diametro della pupilla in funzione della illuminazione dell’ambiente, regola l’entrata della luce all’interno dell’occhio. La sua pigmentazione limita l’ingresso della luce nella sua periferia e da il colore agli occhi. Essa partecipa alla triade funzionale che lega accomodazione-convergenza-miosi e disaccomodazione-divergenza-midriasi. L’iride e le strutture anteriori dell’occhio Dimensioni della pupilla La dimensione della pupilla è molto variabile da individuo ad individuo. Tende a ridursi con l’età Media a 10 anni 7,6mm al buio 4,8mm alla luce Media a 45 anni 6,2mm “ 4,0mm “ Media a 80 anni 5,2mm “ 3,4mm “ Tende ad essere più dilatata nei miopi e e più ristretta negli ipermetropi, a causa della risposta accomodativa a cui è legata funzionalmente. L’attività della pupilla L’attività dello sfintere pupillare, che in condizioni normali modifica il diametro del foro riducendolo in condizioni fotopiche cioè di forte illuminazione (miosi) o aumentandolo in condizioni scotopiche cioè di scarsa illuminazione (midriasi), può essere compromessa da alterazioni neurologiche. È importante quindi indagare su di essa. Riflessi pupillari Diretto. Test: abbagliare un occhio e notare se c’è miosi. Consensuale. Test: abbagliare un occhio e notare se c’è miosi anche nell’altro Accomodativo. Test: far fissare una mira da lontano e rapidamente una non luminosa da vicino e notare se c’è miosi. Abbagliamento alternato (swinging flash-light) È un test che può evidenziare disfunzioni afferenti dello stimolo miotico. Con una bassa illuminazione dell’ambiente, spostando la penlight al tempo di un secondo da un occhio all’altro, in condizioni normali le due pupille mantengono più o meno lo stesso diametro. Quando si illumina un occhio danneggiato, lo stimolo afferente indotto dalla luce non produce la risposta miotica adeguata. In questa condizione, prevarrà la condizione midriatica anche nell’occhio sano non abbagliato e le pupille si dilateranno invece che restringersi. Illuminando l’occhio sano entrambe le pupille si restringeranno (il danno e’ afferente e non efferente). Cause di anomalie nei riflessi pupillari La maggior parte dei problemi a carico della attività delle pupille è di natura neurologica a vari livelli del percorso afferente o efferente, a partire da gravi danni a carico della retina, uso di farmaci o stupefacenti. Alterazione dell’iride e del foro pupillare La deformazione del foro o il suo dissassamento, per cause traumatiche o congenite, può creare alterazioni sulla rifrazione con conseguente distorsione dell’immagine. Altre anomalie sono: Il coloboma: mancanza dell’iride nel quadrante inferiore. L’aniridia: mancanza congenita dell’iride. Può essere totale o parziale. La visione è compromessa. Policoria: orifizi che si trovano sull’iride (è come se ci fossero più pupille). I residui della membrana pupillare embrionale (membrana presente sulla pupilla nel feto che normalmente scompare). Albinismo: le persone albine devono usare lenti colorate molto protettive per sopperire alla mancanza di pigmento anche nell’iride. Coloboma Aniridia Albinismo Policoria Il cristallino Esso è il protagonista del meraviglioso processo di focalizzazione dinamica detta accomodazione di cui dispone l’occhio. Dietro a questo meccanismo, da tutti così poco considerato nella nostra quotidianità, si celano raffinati e straordinari processi neurologici affinatisi nell’arco di milioni anni e che hanno come fine quello di espletare una delle capacità percettive più importanti per l’essere umano: la possibilità (in condizioni normali) di vedere nitidamente a tutte le distanze. Caratteristiche del cristallino Lente biologica di tipo biconvesso. Struttura elastica in grado di ridurre i suoi raggi di curvatura ed aumentare così il suo potere rifrangente. Questa capacità è data dal muscolo ciliare tramite i legamenti tendinei della Zonula di Zin che lo sospendono in posizione coassiale all’asse ottico. Ad agire su di esso sono le fibre radiali e meridionali (muscolo di Bruke) e le fibre circolari dello sfintere poste nella regione infero interna del ciliare (sfintere di Muller). Struttura del cristallino È contenuto tra due capsule: cristalloide anteriore e posteriore costituite da tessuti molto elastici. Il tessuto lenticolare è formato da cellule epiteliali allungate nastriformi trasparentissime a sezione pressoché esagonale con spessori variabili tra 5µm e 13µm lunghe circa 9mm e tenute insieme da una sostanza cementante. Sono disposte a strati concentrici come quelli di una cipolla. Esse si condensano in periferia formando un guscio membranoso. Le inserzioni delle fibre si allineano nello spessore lungo delle linee che assumono la forma di una Y diritta nello spessore posteriore e rovesciata in quello anteriore. Il nucleo è formato da cellule anucleate. È privo di vascolarizzazione e assume nutrimento dall’umore acqueo. Cristallino sezionato Accomodazione-disaccomodazione Il cristallino in aria, non trattenuto dai legamenti zonulari, è rigonfio. In sede, nella visione da lontano viene “stirato” dai legamenti radiali per l’azione del muscolo di Bruke, mentre in questa fase lo sfintere di Muller è attivamente rilassato, riducendone così il suo potere diottrico. Da vicino, il corrugamento del ciliare riduce la tensione equatoriale del muscolo di Brucke esercitata sui legamenti radiali e contestualmente avviene la contrazione dello sfintere di Muller. Grazie a questi meccanismi il cristallino si arrotonda aumentando adeguatamente il suo potere diottrico in funzione della distanza a cui deve focalizzare. Gli stimoli alla modificazione del potere diottrico del cristallino sono: la sfocatura dell’immagine retinica, l’aberrazione cromatica, e la consapevolezza della vicinanza del soggetto (accomodazione prossimale). Quantità di accomodazione necessaria per vedere da vicino Un occhio emmetrope quando guarda lontano per mettere a fuoco l’immagine sulla retina deve disaccomodare completamente. Teoricamente, quando guarda vicino, deve aumentare accomodando il suo potere di una quantità di diottrie pari all’inverso della distanza del punto fissato. Es. punto fissato a 0.50 m. Accomodazione necessaria 1/0.50 = 2 dt. Processi che avvengono al cristallino durante l’accomodazione Riduzione del raggio di curvatura della superficie anteriore (la curvatura aumenta di più anteriormente). Modesta riduzione del raggio di curvatura della superficie posteriore. Slittamento in avanti verso l’iride e lievemente verso il basso. Aumento dello spessore centrale. Riduzione del diametro. Il ciliare corrugandosi si sposta in avanti. Sono correlati: un aumento del potere refrattivo, una risposta miotica della pupilla ed una convergenza degli assi visuali. Questa interazione funzionale è detta Sincinesia. Dark focus, accomodazione prossimale, aberrazione cromatica In condizioni di assenza di stimoli, l’accomodazione assume una postura detta tonica in cui la focalizzazione non è, come si credeva, all’infinito ma ad un punto finito posto a circa 1,3m - 50 cm dall’occhio. Questo fenomeno avviene al buio totale o in un campo luminoso omogeneo privo di stimoli visivi, come il cielo, e viene definita accomodazione da campo vuoto o dark focus off accomodation. Pur simulando otticamente una radiazione proveniente dall’infinito, con un sistema ottico posto ad una distanza finita si instaura un’accomodazione data dalla consapevolezza della vicinanza del soggetto detta accomodazione prossimale. L’accomodazione sfrutta l’aberrazione cromatica dell’ occhio per stabilire se contrarsi o rilassarsi. Dimensioni del cristallino Raggi di curvatura: all’infinito 10,2 mm faccia anteriore. 6 mm faccia posteriore. a 25 cm 6 mm faccia anteriore. 5,5 mm faccia posteriore. A variare è soprattutto la faccia anteriore. Durante l’accomodazione c’è anche uno slittamento in avanti verso l’iride. Il diametro è di circa 10 mm (disaccomodato). Caratteristiche ottiche del cristallino Indice di rifrazione: capsula 1,370 Zona corticale 1,375 Nucleo 1,406 In realtà si comporta come una lente avente indice di rifrazione che oscilla tra 1.41 e 1.4085 (maggiore dei singoli indici) disaccomodato. Accomodato l’n sembra ridursi un po’. Disaccomodato ha una potenza di circa 20 dt. A 14 anni in massima accomodazione ha una potenza di circa 34 dt. Fuori sede in aria la potenza è circa 100 dt. Esso ha altresì la capacità di assorbire la radiazione ultravioletta. Modificazioni cronologiche anatomiche del cristallino La dimensione aumenta con l’età. Spessore alla nascita circa 3,3mm Si globulizza nei primi anni e si riduce con l’adolescenza. Successivamente inizia a crescere per l’allungamento delle cellule sottocapsulari che si accumulano inspessendolo. Progressivamente si indurisce e non riesce più ad espellere le cellule morte che vengono compresse verso il nucleo inspessendolo. Lo spessore aumenta ed a 70 anni è di circa 5mm. Contestualmente però l’n (indice di rifrazione) diminuisce compensando così l’incremento refrattivo indotto dalla crescita,dall’aumento delle curve delle superfici, dalle zone di discontinuità e dall’aumento delle superfici rifrangenti. Modificazioni cronologiche funzionali del cristallino La risposta accomodativa alla sfocatura avviene nei giovani in 0,33 secondi. La capacità accomodativa a 10 anni è di circa 14 dt (possibilità di focalizzare sino a 7 cm). A 60 anni di circa 1 dt (possibilità di focalizzare a 1 m). A 70 anni quasi zero dt. Impossibilità a focalizzare al di sotto di 6/7 m. Questi fenomeni si spiegano per le modificazioni anatomiche che avvengono negli anni al cristallino. Alterazioni fisiologiche del cristallino Le modificazioni anatomiche cronologiche producono disfunzioni del cristallino. Alla nascita il potere accomodativo è molto alto ma si riduce progressivamente con l’età. Intorno ai 44/48 anni si riduce a circa 2 dt (può variare il suo potere di solo 2 dt), per cui non si riesce più a focalizzare ad una distanza prossimale adeguata (presbiopia). In età senile la sclerosi può produrre una opacizzazione progressiva detta cataratta. L’ampiezza accomodativa Per ampiezza accomodativa si intende di quanto il cristallino di un soggetto riesce ad accomodare al massimo delle sue possibilità. Essa è in relazione all’età del soggetto. Essa può essere influenzata anche da fattori legati allo stress visivo. La rilevazione del’ampiezza accomodativa sarà argomento di studio dei corsi che seguiranno in quanto ad una sua alterazione sono spesso legati molti disturbi visivi funzionali. La pseudomiopia Per pseudomiopia o falsa miopia si intende una condizione di ipertono dell’attività accomodativa indotta della persistenza dello stimolo accomodativo nella visione prolungata da vicino che induce sintomi simili alla miopia (ametropia che sfoca le immagini da lontano). In conseguenza della prolungata attività da vicino i sistemi coinvolti non riescono a svolgere adeguatamente le attività antagoniste necessarie a ripristinare una buona visione da lontano. Il sintomo è una visione sfocata da lontano che a volte si risolve ed altre volte persiste, non imputabile ad una vera miopia ma indotto da una condizione di stress visivo. Questo sintomo che spesso si associa ad affaticamento visivo (astenopia), può essere premonitore di una cronicizzazione di una vera miopia. Se lo stress persiste le strutture oculari adattano una condizione miopica irreversibile. In condizioni non cronicizzate, questo processo può essere risolto riducendo l’affaticamento da vicino con accorgimenti posturali e di ergonomia della visione (si vedrà con l’igiene visiva), con esercizi di visual training e lenti dette di performance (prescritte attraverso sofisticate procedure di indagine optometrica argomento dei corsi successivi) . Lo spasmo accomodativo Esso è uno spasmo a carico dello sfintere del cristallino che, per cause non sempre diagnosticabili (spesso infiammatorie o tossiche), si contrae in modo anomalo. Ciò induce una condizione di miopia (visione sfocata da lontano) indotta. Si può manifestare anche monocularmente. Il recupero della visione abituale da lontano, spesso spontaneo, è legato alla risoluzione del problema che l’ha indotto. La cataratta Una nota a parte merita la cataratta. Essa è una perdita di trasparenza del cristallino. Solitamente è una conseguenza dell’invecchiamento del cristallino ma può avere anche origini congenite o traumatiche, ed è una delle principali cause di cecità nei paesi poveri. L’opacità può originarsi dal nucleo (cataratta nucleare) o sulle cristalloidi (cataratta corticale). In fase iniziale solitamente induce una riduzione di visione da lontano (miopia indotta), correggibile con lenti negative, sino ad un certo stadio d’avanzamento. Successivamente l’opacità è tale da richiedere un intervento chirurgico, ove praticabile. Origini della cataratta Invecchiamento. Un’esposizione eccessiva ad alcune radiazioni, come raggi X o ultravioletti (vedi buco nell’ozonosfera ed incremento U.V.), può favorire la sua insorgenza. Uso massivo di alcuni farmaci come i cortisonici. Traumi anche pregressi. Patologie come il diabete. Forme congenite. In generale turbe del metabolismo del cristallino di varia origine. Chirurgia della cataratta In passato si ricorreva all’afachizzazione, l’estirpazione del cristallino in avanzato stadio di sclerotizzazione, e di conseguenza si induceva una ipermetropia di circa 20 dt. Oggi si effettua la faco-emulsificazione in stadio non eccessivo d’avanzamento, rispettando la cristalloide posteriore per il contenimento del vitreo retrostante, ed inserendo lenti intra-oculari (I.O.L.) e rifinendo i residui di disturbi visivi con occhiali di solito di basso potere. Successivamente la cristalloide può opacizzarsi a sua volta formando una cataratta detta secondaria, ma in tal caso con il laser si pratica un foro per consentire alla luce di entrare nuovamente nell’occhio. Cataratte e I.O.L. cataratta corticale cataratta nucleare I.O.L. intra-ocular lens Manifestazioni cliniche della cataratta Miopizzazione (visione sfocata da lontano). In caso di ipermetropia (ametropia opposta alla miopia) c’è una sua riduzione indotta dall’insorgenza della miopia. L’opacità è visibile in oftalmoscopia. L’opacità può essere evidenziata già durante la retinoscopia (detta anche schiascopia). Nella cataratta corticale l’opacità si può iniziare a vedere alle inserzioni delle cristalloidi con la caratteristica forma a Y. Questa solitamente appare diritta se l’opacità investe la superficie posteriore e rovesciata se investe la superficie anteriore. In quella nucleare è il nucleo ad apparire opaco. Progressivo calo del visus (capacità di distinguere i dettagli), visione sfocata a tutte le distanze soprattutto da lontano. Fotofobia (fastidio in condizioni di forte illuminazione dette fotopiche). Interazioni funzionali dell’accomodazione L’accomodazione è regolata dal sistema nervoso autonomo (simpatico, detto anche ortosimpatico, e parasimpatico). I due sistemi agiscono simultaneamente in modo antagonista. Rilassamento accomodativo gestito dal simpatico: esso agisce sulle fibre di Bruke stirando il cristallino. Contrazione accomodativa gestito dal parasimpatico: esso agisce sullo sfintere di Muller aumentando il potere del cristallino. E’ molto importante tenere sempre presente che il fenomeno accomodativo è strettamente legato dal rapporto con la convergenza AC/A e con la costrizione della pupilla (“sincinesia”) Vista del corpo ciliare sfintere e legamenti radiali Muscoli radiali di Bruke innervati dal simpatico e sfintere di Muller innervato dal parasimpatico Ciclopegia Esistono sostanze dette ciclopegici come atropina, tropicamide, ciclopentolato che se instillate sull’occhio generano midriasi e paralisi momentanea dello sfintere del cristallino. Questi farmaci possono essere usati in oculistica per la diagnosi di: Ametropie in età molto infantile Ipermetropia latente Strabismi accomodativi Pseudo miopia al fenomeno si associa fotofobia. Il doppio sistema effettore L’attività visiva è regolata da un doppio sistema effettore di controllo neurologico. L’attività accomodativa involontaria (muscolatura liscia) legata ai processi di identificazione, per rispondere alle domande chi è? che cosa è?. Essa è regolata dal sistema nervoso autonomo (simpatico - Bruke e parasimpatico - Muller). I movimenti oculari volontari (muscoli striati) legati ai movimenti di centraggio dei soggetti che si intende fissare, per rispondere alle domande dov’è? dove sono le cose? Essi sono regolati dal sistema nervoso motorio “volontario” attraverso complesse integrazioni tra varie aree celebrali (vedi diapositive sui movimenti oculari). Interazione tra i due sistemi effettori, sincinesia I due sistemi sono integrati tra loro producendo risposte riflesse di uno sull’altro. La triade accomodativa segue questa regola di integrazione neurologica legata da rapporti funzionali che in alcune persone sono molto rigidi. È facile immaginare come disfunzioni su uno dei due sistemi possano influenzare negativamente anche l’altro. Anomalie funzionali dell’attività accomodativa L’attività accomodativa può essere modificata rispetto a quella normalmente richiesta da: Squilibri fra simpatico e parasimpatico. Presenza di ametropie. Perdita di funzionalità del cristallino. Uso di farmaci o stupefacenti. Patologie. Introduzione di lenti. L’accomodazione è un processo involontario? Apparentemente sì, essendo un processo regolato dal sistema nervoso autonomo, ma questo è in conflitto con le esperienze cliniche che dimostrano come questo processo possa essere modificato e controllato attraverso le procedure di visual training (V.T. allenamento visivo). Esistono anche evidenze sulla capacità del sistema accomodativo di indurre direttamente sintomi di affaticamento (astenopia) in caso di disagio funzionale accomodativo. Dubbio! Sono risposte funzionali dirette o indirette? Cioè sono direttamente le strutture dell’accomodazione a produrre la sintomatologia o quelle annesse che ne sono influenzate? Accomodazione e profondità di fuoco dell’occhio Come tutti i sistemi diaframmati anche l’occhio ha una profondità di campo e quindi una profondità di fuoco. Ciò vuol dire che la focalizzazione delle immagini sulla retina non avviene di fatto solo su un punto ma lungo un tratto dell’asse ottico. Questo spiega perché pur non sfruttando perfettamente la quantità d’accomodazione necessaria per focalizzare un soggetto, esso può essere percepito egualmente nitido. La legge del minimo sforzo Molti meccanismi che avvengono nell’ organismo che richiedono attivazione energetica rispondono alla legge del minimo sforzo. Anche l’accomodazione rispetta questa regola fisiologica. In condizioni normali, sfruttando la tolleranza della profondità di fuoco, l’accomodazione sarà esercitata in condizioni che consentano la migliore focalizzazione col minimo dispendio energetico. Accade che questa regola non venga sempre rispettata a causa di alterazioni funzionali e quindi si possono riscontrare situazioni in cui l’accomodazione venga esercitata troppo in difetto o in eccesso rispetto alla focalizzazione ideale per la distanza del soggetto. Lag e lead Quando l’accomodazione viene impiegata al di sotto (si accomoda di meno) della necessità di focalizzazione di un punto per una data distanza, si parla di lag accomodativo. Quando viene impiegata al di sopra delle necessità di focalizzazione di un punto (si accomoda di più) per una data distanza si parla di lead accomodativo. Se queste discrepanze tra accomodazione richiesta e ipo o iper accomodazione esercitata sono eccessive può insorgere stress visivo e sintomi soprattutto nell’ impegno visivo da vicino (visione prossimale).Ciò può predisporre col tempo, all’insorgenza di disturbi refrattivi o funzionali. Importanza di rilevare la presenza di un lag o un lead Da come l’occhio impiega l’accomodazione si possono trarre importanti decisioni sulla prescrizione di lenti dette di performance o sulla necessità di effettuare procedure di V.T. (visual training) atte a ripristinare un miglior equilibrio funzionale. Interventi di questo tipo, quando opportunamente attuati, possono ridurre sintomi di affaticamento visivo e ridurre l’insorgenza di alterazioni refrattive adattive. Il vitreo Massa gelatinosa che riempie posteriormente il globo oculare. Dà continuità ottica all’umor acqueo ed al cristallino. È quindi attraversato dai raggi rifratti dai mezzi ottici antistanti. Ha funzione di contenimento e tiene aderenti le strutture nervose a quelle vascolari. Patologie o traumi possono compromettere la sua trasparenza o l’aderenza tra i tessuti suddetti. A causa di fenomeni tossici, traumatici o da eziologia non sempre nota, si possono formare piccole aree di opacità di natura proteica che fluttuano con i movimenti oculari (corpi mobili o miodesopsie). Un’aderenza eccessiva alle strutture retiniche, delle quali svolge funzione di contenimento, può produrre una trazione che comporta un distacco della retina dalla tunica vascolare su cui essa si adagia con conseguente necrosi del tessuto retinico interessato e perdita di visione in quell’area. Questi episodi possono essere preceduti da lampi di luce (fosfeni) ed occorre un immediato invio all’oculista. È attraversato dal canale ialoideo nel quale, in età fetale, passa l’arteria ialoidea che nutre il cristallino. Indice di rifrazione 1,336.