CAPITOLO XV Le imposte dirette e indirette patrimoniali 1.Le varie specie di imposte patrimoniali: sul possesso e sul reddito dei patrimoni, sui trasferimenti di ricchezza, sulle successioni, sugli aumenti di valore. La tassazione patrimoniale può essere diretta o indiretta. La prima — in linea di principio — si attua mediante la sottoposizione ad imposta ordinaria o straordinaria del possesso di un cespite o di un compendio patrimoniale o del suo reddito1. La seconda — sempre in linea di principio — mediante la sottoposizione ad imposte del trasferimento di singoli beni capitali (case, terreni, ecc.) o valori mobiliari (obbligazioni, pacchetti di azioni, quote di aziende). Vi sono, per altro, due ipotesi di dubbia classificazione: —le imposte di successione (che includono, di solito, sia i lasciti per causa di morte, sia le donazioni di patrimoni fra vivi, che vengono tenute in conto, in sede di successione mortis causa, per stabilire le aliquote, oltreché per verificare se sono stati rispettati gli obblighi di legge di un quota di riserva a favore del coniuge e dei parenti stretti); —le imposte sugli incrementi di valore che, normalmente, si applicano in occasione dei trasferimenti. Le imposte successorie, in molti paesi europei, strutturalmente parlando fanno parte delle imposte indirette sui trasferimenti di ricchezza, nel senso che sono accertate dagli uffici del registro (nome con cui ci si riferisce ai registri ove sono segnati i beni immobili, nonché ai registri delle imprese), in relazione alla trascrizione degli atti riguardanti i passaggi di proprietà dei beni lasciati. Ma se dal punto di vista della tecnica fiscale, così, le imposte di successione appaiono sicuramente imposte indirette, dal punto di vista economico tale classificazione risulta molto discutibile, in quanto il tributo successorio può anche dirsi una imposta che colpisce in via straordinaria il patrimonio netto del de cuius al momento in cui cessa di vivere, o i lasciti dell'erede o del legatario, quando entrano nel suo patrimonio. 2.I limiti della tassazione patrimoniale. Contro le imposte sui patrimoni vi è una ampia letteratura negativa. Si afferma spesso che esse costituiscono un attentato al diritto di proprietà. In un'economia pubblica conforme all'economia di mercato, in genere, bisognerebbe evitare che le imposte patrimoniali decurtino i capitali produttivi e far sì che esse possano essere pagate con i frutti che questi danno. Ciò comporta di moderarne le aliquote e, nel caso di tributi che colpiscono i capitali non annualmente, ma di tanto in tanto, periodicamente, come le imposte sui trasferimenti di ricchezza e quelle di successione, consentire altresì dilazioni e rateazioni di pagamento. D'altra parte i tributi patrimoniali dovrebbero essere detraibili dal reddito, tassato con l'imposta sul reddito delle persone fisiche e degli enti e società perché, in una economia basata sul mercato, si presume si paghino con il reddito e non intaccando il capitale (ma ciò viene negato nell'ICI, vigente in Italia). 3.Le ragioni razionali della tassazione patrimoniale. Il principio del beneficio globale in relazione alla tutela della proprietà e della iniziativa privata. Anche in una economia che ammette un ruolo vasto, oltreché prevalente per il mercato e la proprietà privata, vi sono valide ragioni per una tassazione patrimoniale, purché moderata, in aggiunta alla tassazione personale del reddito, caratterizzata da progressività moderata. Innanzitutto, la spesa pubblica dà un particolare beneficio ai capitali, sia materiali che immateriali e personali. Ciò può giustificare la tassazione patrimoniale, se si riesce ad argomentare che, per i capitali materiali e per quelli immateriali non personali, il beneficio differenziale delle spese pubbliche è maggiore che per quelli personali. 4.Il beneficio particolare alle proprietà immobiliari nella finanza locale. Le spese degli enti locali, in misura notevole, concorrono alla valorizzazione degli immobili urbani adibiti ad abitazioni, negozi, uffici. Di solito, tali spese, sia negli investimenti che nei servizi correnti tendono ad essere più elevate nelle città che nelle periferie e più elevate in queste che nelle aree esterne. Gli immobili di queste acquistano un valore particolare che certo non potrebbero ottenere se, quale proprio vantaggio, avessero solo la ubicazione favorevole e non anche la rete di trasporti, di strade, di infrastrutture idrosanitarie, di servizi contro il furto, di controllo del traffico, di vigilanza urbana. La tassazione immobiliare proporzionale al valore degli immobili , potenzialmente,si configura come un prezzo fiscale razionale per i numerosi e costosi servizi locali che giovano ai proprietari e agli utenti degli immobili. Ciò a parte gli specifici vantaggi a certi immobili di date opere pubbliche, che danno loro benefici particolari, per i quali sono appropriati dei canoni urbanizzativi e dei contributi di miglioria (es. quando si apre una stazione della metropolitana in una data piazza) Tuttavia nella tassazione patrimoniale sugli immobili il criterio del beneficio è sullo sfondo , a differenza che nei contributi di miglioria, che tassano in modo specifico i benefici ottenuti dai contribuenti tramite particolari opere pubbliche . Alla base della imposta immobiliare comunale come tributo particolare su quelli siti nel comune , non c è un beneficio specifico effettivo , collegato al tributo versato, in modo che questo aumenti solo nei limiti di quello , lasciandone ancora una parte del beneficio della spesa pubblica al contribuente , ma un beneficio generico. E dato che il legame con il beneficio per i singoli contribuenti e per il loro complesso non si può stabilire in modo diretto, oggettivo , esso non può servire a configurare tributo pere i vari soggetti e a dosarne l’ammontare per ciascun gruppo.. Bisogna , invece, fare riferimento a ordinari criteri di capacità contributiva , riguardanti la situazione dei contribuenti e la natura degli imponibili , fermo restando che , in base al principio del beneficio generico , ogni comune potrà tassare solo gli immobili che sono nel suo territorio, Dato ciò, sino a che punto si può ammettere un potere discrezionale dei comuni , nei riguardi di questo tributo? Se non vi sono parametri incisivi che limitano tale discrezionalità verticalmente (in relazione al valore dell’immobile o/ alla capacità contributiva del soggetto che lo possiede ) e orizzontalmente (in relazione alle varie tipologie e destinazioni di uso degli immobili) vi è il rischio che l’amministrazione comunale abusi della tassazione della proprietà immobiliare come fonte di gettito fiscale comoda, perché facilmente individuabile e appartenente a contribuenti non dotati della facoltà , che hanno quelli titolari di altre basi imponibili di spostarsi altrove, per sfuggire a un tributo troppo pesante rispetto ai vantaggi della spesa del comune . La tassazione immobiliare comunale discrezionale può diventare vessatoria , soprattutto se non riguarda immobili di uso strumentale ad imprese, che possono scegliere dove ubicarsi , senza elevati costi di spostamento D’altra parte nel caso di proprietari che risiedono nel comune , essi possono avere una influenza sulla politica comunale , mediante il proprio voto , E se il comune ha un ampio potere discrezionale , nella determinazione delle basi imponibili e delle aliquote dei diversi immobili , gli elettori più influenti possono ottenere sconti sul tributo che li riguarda scaricando il peso dell’imposta sui contribuenti meno influenti e privi di mobilità , per i loro imponibili. Da ciò consegue , che i criteri e i parametri per la determinazione delle basi imponibili e delle aliquote , ove di competenza dell’ente locale non dovrebbero essere troppo discrezionali e che aliquote massime dovrebbero avere un tetto moderato. . . 5.La particolare capacità contributiva dei redditi patrimoniali come redditi duraturi in confronto ai redditi di lavoro. Un argomento che si trova frequentemente nella letteratura finanziaria, per giustificare la tassazione dei patrimoni è in termini di equità nei rapporti con i loro redditi: si argomenta che questi sono più duraturi dei redditi di lavoro. Se è vero che, scontato al presente, il flusso dei redditi di un patrimonio bene investito appare maggiore, a parità di importo del singolo anno, che il flusso dei redditi da lavoro, comune o specializzato, dipendente o autonomo, è anche vero che, tassandoli con la stessa aliquota, il primo genera un flusso di imposte scontato al presente, che è proporzionalmente maggiore del secondo2. Questo argomento è perciò errato. 6.La particolare capacità contributiva dei redditi di capitale, come redditi ottenuti senza sforzo, rispetto ai redditi di lavoro. Un altro argomento di equità orizzontale, rivolto a chiedere una tassazione dei redditi di capitale generalmente maggiore di quelli di lavoro appare più fondato: è quello per cui chi consegue un reddito di capitale non deve detrarre dallo stesso se non un modestissimo onere, in rapporto alla rinuncia al tempo libero, richiesta dal curare l'amministrazione del patrimonio. Non vi è dubbio che chi rinuncia al tempo libero per lavorare perde un campo di scelta, che è a disposizione, invece, di chi riceve un reddito di capitale senza bisogno di lavorare. Oggettivamente, dunque, in termini di benessere come campo di scelta, il reddito di capitale ha più capacità contributiva di quello di lavoro. 7.La capacità contributiva dei capitali che non producono un reddito monetizzabile. Alcuni cespiti patrimoniali, come le tenute di caccia private, le aree fabbricabili, l'oro e i preziosi, gli appartamenti sfitti, i quadri di autori non producono un reddito, ma costituiscono — per chi li possiede — un vantaggio, in termini di prestigio, reddito «psichico», aumento di valore. La tassazione patrimoniale, dunque, può raggiungere valori che sfuggono alla tassazione del reddito e che, in base all'equità orizzontale, sarebbe corretto tassare purché nel resto dei cespiti vi sia «spendibilità» sufficiente. In parte, questo argomento viene, però, annullato quando si adottino forme di tassazione del reddito patrimoniale che fanno riferimento a quello ordinario e non a quello effettivo, quale la tassazione con riguardo a un catasto e, comunque, a indici di redditività. 8.La tassazione dei patrimoni allo scopo di correggere la distribuzione creata dal mercato. Una correzione patrimoniale, non contraddittoria al mercato — più che con imposte patrimoniali e alte imposte progressive sul reddito, che danno luogo alle reazioni su cui ci siamo soffermati — potrà essere attuata con una politica economica generale favorevole alla diffusione del risparmio e allo sviluppo dei mercati finanziari e con una economia pubblica che, favorendo l'istruzione e la differenzazione dei compensi in base alla professionalità e alla produttività, agevoli l'affermarsi di nuovi proprietari e imprenditori in concorrenza con quelli che già vi sono. Ma il tema più classico della tassazione degli arricchimenti, «non meritati» riguarda i guadagni ottenuti grazie all'aumento di valore del suolo. Dormendo, — scrivevano i teorici della tassazione di tali aumenti di valore, — il proprietario si arricchisce, senza aver fatto alcun sacrificio, in termini di risparmio, di iniziative imprenditoriali, di lavoro3. 9.La tassazione diretta dei patrimoni in confronto a quella dei redditi patrimoniali. Quando ci si trova di fronte ad argomenti, quali quelli in termini di beneficio generale delle spese pubbliche per la proprietà o di equità orizzontale, che riguardano sia il punto di vista del patrimonio che quello del reddito da patrimonio, saranno considerazioni ulteriori a far scegliere l'una o l'altra forma di imposizione: come per esempio quelle relative al miglior coordinamento con le altre imposte dirette o quelle relative alla semplicità del sistema fiscale o quelle di ottimalità allocativa. Dal punto di vista delle illusioni finanziarie, comunque, l'imposta sui redditi patrimoniali ha maggior pregi di quella sul patrimonio in quanto: a)più facilmente si può asserire che essa mira a incidere il reddito, anziché il capitale — sebbene anche una mite imposta commisurata al valore dei patrimoni si presti a esser pagata sul reddito; b)si può evitare di far comparire uno strumento fiscale psicologicamente inviso ai proprietari, grandi e piccoli, quale l'imposta sulle proprietà. Dal punto di vista delle tecniche di accertamento, un'imposta sui patrimoni è incomparabilmente più semplice ed equa di una imposta sui redditi dei patrimoni, che miri a colpirne l'elemento patrimoniale. La prima si potrà basare su una sola aliquota, fondata o sul valore di mercato di essi o sulla capitalizzazione del loro reddito ordinario, stimato mediante un catasto (come l'Imu), ovvero su indici di redditività. La seconda dovrà avere aliquote diverse in relazione al contenuto patrimoniale presunto del reddito considerato. Ecco allora iniquità senza risposta come quella se l'ILOR dovesse o meno colpire il reddito degli artigiani e dei professionisti. Ancor più arbitrario il fatto che le società di capitali pagassero l'ILOR tutte con la stessa aliquota del 16,2%, indipendentemente dalla importanza che ha il loro capitale, nella produzione del reddito. L'imposta sul patrimonio, anziché sul reddito del patrimonio, tende a stimolare l'uso dei patrimoni perché il suo onere diminuisce in percentuale sul reddito, quanto più è la percentuale del reddito rispetto al patrimonio. Per quel che concerne le società di capitali, il tributo sull'attivo lordo reale (= cespiti ammortizzabili + magazzino, cioè scorte di materie prime, semilavorati e prodotti finiti), a differenza di quella sul profitto, non discrimina fra patrimoni acquisiti con indebitamento (presso banche, con emissioni obbligazionarie, ecc.) o con l'emissione di azioni e l'autofinanziamento. 10.Differenze nelle imposte patrimoniali in relazione al metodo di valutazione. La valutazione del patrimonio può essere configurata secondo quattro momenti fondamentali: il costo storico, il valore di mercato, il valore nominale, la capitalizzazione del valore del reddito. Esiste un quinto modello di valutazione dei cespiti, cioè il riferimento al valore che il singolo attribuisce ad essi e che, per ragioni di vario genere (da quelle affettive a considerazione pratiche), può essere molto superiore al valore di mercato. Ma esso non è rilevante per la tassazione, appunto per la sua soggettività che lo renderebbe inafferrabile. Il costo storico, naturalmente, può essere il costo di acquisto oppure, per i beni che lo abbiano, il costo di produzione. Nell'imposta sul capitale reale il riferimento al costo di produzione è spesso possibile. Non così in quella sulla ricchezza finanziaria. Il valore nominale si ha solo per alcuni cespiti facenti parte della ricchezza finanziaria, cioè per i titoli a reddito fisso, i crediti, le somme di denaro. Esso è uguale al valore di mercato per le somme di denaro, perché questo è il carattere della moneta cartacea. Non lo è, se non parzialmente, per i crediti, perché alcuni hanno un grado di rischio che li riduce, rispetto al loro importo; inoltre perché i crediti a scadenza differita che non danno frutto o che danno un frutto minore di quello correntemente ottenibile sul mercato, valgono di meno delle corrispondenti somme liquide. Nei titoli a reddito fisso, il valore nominale solo casualmente corrisponde al valore di mercato. Infatti, questo si collega a vari fattori, fra cui principalmente la capitalizzazione del reddito e solo verso la scadenza del titolo il valore nominale acquista importanza preponderante nel determinare anche quello di mercato, per il semplice fatto che il rimborso viene effettuato al valore nominale. I titoli a reddito fisso a brevissima scadenza, per questa ragione, generalmente hanno un valore nominale che tende ad essere più vicino a quello di mercato, che non quelli a più lunga scadenza. Il valore di mercato e il valore di capitalizzazione del reddito hanno fra di loro un legame, perché la gente desidera comperare i cespiti in relazione al reddito che ne può ricavare. Ma va osservato che vi sono dei cespiti che danno vantaggi che non si esprimono in un reddito, almeno nel senso proprio del termine, e che hanno un valore di mercato da cui non si può ricavare un reddito: così certe ville che non si saprebbe a chi affittare o la cui manutenzione supera comunque l'eventuale fitto e certi terreni (riserve di caccia, parchi, ecc.). Poi ci sono i cespiti che non danno ancora un reddito, ma che si pensa lo potranno dare in futuro, soprattutto le aree fabbricabili. Il valore di capitalizzazione del reddito si stabilisce mediante riferimento a due valori: quello del flusso del reddito che si ricava dal bene e il tasso di rendimento che si potrebbe normalmente ottenere destinando gli stessi mezzi patrimoniali (punto di vista finanziario) o le stesse risorse (punto di vista reale) ad altri impieghi. Se il tasso di rendimento è il 5% e il flusso annuale del reddito netto di un dato cespite è 5, il suo valore capitale sarà 100. Il flusso di reddito può essere temporaneo o permanente e, nel primo caso, di minore o maggiore durata. Per far diventare permanente il flusso temporaneo, bisogna calcolare l'ammortamento annuo, cioè la somma da accantonare ogni anno per ricostruire il capitale, quando il suo reddito sia cessato. Inoltre il flusso di reddito può essere futuro, anziché presente: allora, per calcolarne il valore attuale, bisognerà detrarre un importo corrispondente a quello in più che avrebbe fruttato la stessa somma, se la si fosse ottenuta subito anziché in seguito. Infine il flusso del reddito (o lo stesso cespite) può essere soggetto a rischio e incertezza; allora bisognerà detrarre dalle somme sperate, una quota corrispondente alla probabilità o al timore di non ottenerlo (o di perdere lo stesso cespite). Vi è da notare che il modello di capitalizzazione del reddito può fondarsi su due distinte nozioni di reddito: quello che in effetti viene ricavato da colui che usa presentemente il cespite e quello che, invece, potrebbe essere ricavato da un soggetto che lo usasse con media diligenza nella medesima destinazione o anche nella destinazione più vantaggiosa possibile, che non è necessariamente quella attuale. Ossia il reddito effettivo ed il reddito potenziale, rispettivamente. Questo secondo concetto di reddito è anche quello che si impiega, quando si applichi un accertamento basato sul reddito «di catasto», che è un reddito medio, ordinario, continuativo. Il riferimento della tassazione al reddito potenziale anziché a quello effettivo, genera uno stimolo alla produttività, perché il reddito in più non è sottoposto a tributo ed è pertanto ritenuto, da economisti come L. Einaudi, come un requisito fondamentale dell'imposta ottima4. Per i fabbricati, il catasto è meno opinabile che per i terreni perché il loro sfruttamento si presta di meno alla improvvisa variazione e perché — comunque — la variazione di destinazione di uso, deve risultare ufficialmente per ragioni urbanistiche5. Entrambi i catasti, per quanto apparentemente comodi per accertare l'imposta su basi certe, si prestano ad iniquità. Infatti, non potendo tenere conto della dinamica agricola e di quella dei prezzi, i catasti dei terreni sono rivalutati da un anno all'altro e, magari, da decenni con coefficienti riferiti a situazioni standard prive di riscontro specifico nella realtà concreta. Per evitare oneri insopportabili per i terreni che ora rendono poco a differenza di un tempo, questi coefficienti sono tenuti molto bassi. Per il catasto dei fabbricati, il problema grosso è dato dalla asimmetria che si determina, sistematicamente, fra fabbricati vecchi in esso accuratamente segnati e fabbricati nuovi, che in esso non sono ancora indicati e per i quali il contribuente può ricorrere a stime che lo favoriscono ampiamente, relative a cosiddetti fabbricati simili, già dotati di valore catastale6. Si possono, invece del catasto, escogitare parametri oggettivi che, per larghe medie, danno il valore di una data unità immobiliare, con riguardo alla sua ubicazione, alla sua dimensione, alla sua destinazione e a qualche altra circostanza7. 11.La tassazione proporzionale e quella progressiva dei patrimoni e dei redditi patrimoniali. Esista una relazione statistica fra redditi e patrimoni, per cui l'imposta proporzionale sui patrimoni equivale a un'imposta progressiva sui redditi globali delle persone fisiche. Non vi è, dunque, una ragione per tassare progressivamente i patrimoni, qualora, per ragioni di equità o altro, già si intendono tassare progressivamente i redditi. In ogni caso, le basi razionali fondamentali della tassazione dei patrimoni stanno nel principio del beneficio e nell'equità orizzontale, in rapporto alla differenza di opportunità di scelta di chi consegue un reddito di capitale rispetto a chi ne ha uno di lavoro. Ciò porta alla proporzionalità sui patrimoni, non alla progressività. Ciò non toglie che vi sia un problema di «minimi esenti» e di riduzione eventuale dell'aliquota per i piccoli patrimoni in relazione a due ordini di considerazioni: innanzitutto, quella di equità verticale del lasciare a tutti un minimo; inoltre quella economica consistente nel voler promuovere una perequazione anziché una concentrazione nella distribuzione della proprietà. 12.Il coordinamento e l'alternativa fra tassazione diretta patrimoniale delle persone fisiche e delle società e banche. Se si tassano, fra i patrimoni, le azioni delle società, costituisce in larga misura un doppione il tassare, oltreché coloro che ne sono portatori, anche le società emittenti, per il patrimonio netto, segnato nel passivo del bilancio. È vero che non sempre il valore delle azioni riflette la consistenza di tale valore netto, perché non sempre le riserve d'autofinanziamento si riflettono nel valore dell'azione, ma non mancano casi in cui si verifica il contrario. Anche la tassazione delle obbligazioni della società ed enti, presso chi li ha emessi o presso chi li possiede, realizza una duplicazione di imposta rispetto alla tassazione dell'attivo lordo reale e finanziario delle società, con la precisazione che a controbilanciare questo concorrono anche i debiti con le banche ed i clienti. Il problema si semplifica se si adotta il punto di vista della tassazione della ricchezza reale: allora verranno tassati i cespiti reali delle imprese e quelli delle famiglie e degli enti senza fine di lucro, mentre tutti i titoli, che rappresentano debiti degli uni e crediti degli altri o quote di società, andranno esclusi dal tributo. Va però notato che, in questo modo, non si realizza pienamente l'equità orizzontale, in quanto vi sono residenti che: a) posseggono titoli e valori sull'estero, b) posseggono debito pubblico, c) posseggono denaro non portato in banca. 13.La tassazione diretta patrimoniale in Italia In Italia la tassazione diretta dei patrimoni ha luogo solo con la tassazione degli immobili, in linea di principio, assegnata agli enti locali , l’IMU , introdotta nel 2012 in sostituzione dell’ICI , che aveva una analoga base imponibile, ma differiva dall’ICI perché mentre tassava , come l’IMU,. anche gli immobili goduti direttamente dai proprietari, non assorbiva la tassazione dei redditi di questi immobili e ciò comportava che le aliquote,. su tali immobili,fossero più moderate. , dato che ne veniva tassato anche il reddito presunto . Con l’IMU ciò non accade più,ma il reddito figurativo degli immobili goduti direttamente dal proprietario, determinato sulla base dei valori catastali, entra a far parte del reddito complessivo ai fini del calcolo delle aliquote dell’IRPEF . . TAV. 1 IMPOSTA MUNICIPALE (Situazione al 10--5-2013) Soggetto SUGLI IMMOBILI (IMU) I proprietari terreni agricoli, aree fabbricabili o fabbricati, o loro usufruttuari (i titolari di nuda proprietà non sono contribuenti), per la quota della loro proprietà dell'immobile, per il periodo dell'anno in cui ne sono stati proprietari. Sono equiparati agli usufruttuari i titolari del diritto reale di abitazione, quello del coniuge superstite o separato e quello del socio di cooperativa edilizia a proprietà divisa e dell'assegnatario di alloggio di edilizia residenziale pubblica in locazione con patto di riscatto. Oggetto Tutti gli immobili siti in un determinato comune; per quelli siti in più comuni, se non è possibile scinderli perché non dotati di reddito catastale distinto, l'MU è dovuta nel comune su cui l'immobile è situato in prevalenza. Determinazione dell'imponibile Accertamento in base alla rendita catastale. Per i fabbricati vi sono 5 “categorie.” di rendite catastali ,A, B, C, ,D, E A loro volta esse sono articolate in “classi” .La categoria A (abitazioni) è distinta in 11 classi: A/1 alloggi signorili, A/2 civili, A/3 economici, A/4 popolari, A/5 ultra-popolari, A/6 rurali, A/7 villini, A/8 ville, A/9 edifici di pregio artistico e storico, A/10 uffici e studi privati, A/11 alloggi tipici dei luoghi La categoria B (edifici civili di servizio pubblico ) è distinta in 8 classi: B/1 collegi e simili, B/2 ospedali, B/3 prigioni, B/4 uffici pubblici, B/5 scuole e simili, B/6 musei e biblioteche, B/7 cappelle private, B/8 magazzini sotterranei. La categoria C (immobili per uso commerciale e per servizi vari) è divisa in 7 classi: C/1 negozi; C/2 magazzini, C/3 laboratori, C/4 immobili sportivi, C/5 edifici balneari e termali, C/6 stalle e autorimesse, C/7 tettoie chiuse o aperte. La categoria D, divisa in 9 classi, riguarda gli opifici e i fabbricati per attività industriali e commerciali non destinabili ad altra attività senza radicale trasformazione. La categoria E, divisa in 9 classi, riguarda gli immobili a destinazione particolare, la cui valutazione è priva di rendita catastale , ma risulta dai bilanci in particolare banche , alberghi, capannoni industriali ci sono coefficienti sui valori di bilanci, ma il contribuente può chieder la attribuzione di una rendita catastale . Gli immobili vengono distinti per la categoria A in base al numero di vani; per la B per i metri cubi; per la C per i metri quadrati. Per gli immobili della categoria A, B e C esclusi C/1 e A/10 la rendita catastale va moltiplicata per 100. Per la categoria D e per A/10, va moltiplicata per 50 e per quelli della categoria C/1 va moltiplicata per 34. A ciò si applicano coefficienti di aggiornamento variabili .La prima rivalutazione , per tutti eguale, è del 5%. Nel 2012 , in occasione dell’introduzione dell’IMU le rendite catastali delle abitazioni sono aumentate del 60%, quelle degli uffici dell’80% , quelle dei negozi del 55%, , quelle dei laboratori artigiani del 40%. Segue: TAV. 1 Per i terreni agricoli l'imponibile è pari al reddito dominicale moltiplicato per 75. Per le aree fabbricabili ci si riferisce al valore venale di commercio. Aliquota Aliquota generale è dello 0,76% con possibilità, pere i comuni ,di un aumento o diminuzione di 0,3 %. Per l'abitazione principale e sue pertinenze l’aliquota è lo 0,46 con possibilità di aumento o riduzione dello 0,2. E’ previsto un abbattimento di 200 euro per ogni proprietario. Agevolazioni Per gli immobili di interesse storico ed artistico si applica un abbattimento del 50% della base imponibile .. . Dichiarazione La dichiarazione va presentata dai contribuenti, che hanno acquistato nell'anno di riferimento un immobile soggetto a IMU o hanno avuto variazioni di proprietà sulla base di un modulo elaborato dal comune, dal 1 maggio al 30 giugno di ciascun anno Per le società di capitali va fatta entro il termine della loro dichiarazione dei redditi. Pagamento Versamento in 2 rate, la prima il 30 giugno-La seconda, che riguarda il saldo va fatta entro il 20 dicembre. In linea di principio ogni comune con l’IMU tassa tutti gli immobili nel suo territorio a carico di chi ne è proprietario e usufruttuario e di chi ne è usufruttuario (o dotato di analogo diritto) anche se non proprietario sulla base di un metodo di accertamento oggettivo, ossia i valori catastali , che sono attualmente determinati in sede nazionale. Ciò limita la loro discrezionalità nell’accertamento, Ma le stime di tali valori catastali sono generalmente molto vecchie e non aggiornate e i coefficienti di rivalutazione automatici che vengono adottati , pertanto, molto spesso non riflettono i singoli valori reali. Né alla parità di valore consegue necessariamente la parità di reddito medio , in quanto una parte del valore dell’immobile è data dal terreno su cui è edificato .La sperequazione che ne deriva, sia in rapporto ai valori patrimoniali che ai rendimenti medi è sopportabile per aliquote contenute , non con aliquote importanti Da ciò consegue che aliquote discrezionali massime dovrebbero essere molto moderate . Il che non e nel caso dell’IMU, la cui aliquota ordinaria massima arriva al 1,06 per cento . Essa con un rendimento dell’immobile del 5% , molto difficile da ottenere, implica un onere sul reddito del 21,2% , che per una persona fisica che ha un reddito tassato con aliquota marginale del 45%% sul reddito dell’immobile comporta un carico fiscale del 76,2%.. Per altro i valori catastali sono generalmente inferiori,m ma in misura diversa , a quelli reali. Un altro problema è dato dalla eccessiva discrezionalità delle aliquote che possono variare di +0,3 o -0,3 per l’aliquota normale dello 0,76% sicché quella minima può esser lo 0,46 % , vale a dire il di quella massima dello 1,06 , con una variazione del 56,66% .L’aliquota che si applica all’abitazione principale in uso al proprietario (la cosidetta “prima casa”) è il 0, 46% con una variazione in + o in – dello 0,2 . L’aliquota minima è , dunque, lo 0,26% e la massima lo 0,66 % con una differenza di 0,4 pari al 60,6%. I comuni possono diversificare le aliquote per le diverse classi catastali e poiché per quelli storico –artistici vincolati la base imponibile è ridotta del 50% e ci ne sono 44 classi catastali ,teoricamente i comuni possono arrivare sino 88 diverse graduazioni delle aliquote effettive. .Inoltre per quanto riguarda le abitazioni in uso proprio l’imposta non tiene conto del fatto che molti hanno comprato il bene immobile con un mutuo su cui ogni anno pagano una quota di interessi ed una di ammortamenti. Il valore della oro proprietà andrebbe calcolato al netto di tali debiti non ancora ammortizzati. E’ vero che il mutuo è ammesso in deduzione dall’imponibile dell’imposta personale sul reddito, Ma ciò solo per una aliquota del 19 % . Comunque essa è commisurata al redito ,ai fini del’IRPF progressiva , non al patrimonio , ai fini dell’IMU . Per altro la tassazione dell’abitazione principale con l’IMU è oggetto di discussione e potrebbe essere abolita dal 2014 . Infine, ed è questo che solleva le maggiori perplessità sugli effetti del tributo i n termini di efficienza allocativa e di equità ,l’IMU , sa parità di aliquota ordinaria dello 0,76% ha una incidenza diversa perle “seconde case”, per gli immobili ad uso abitazione dati in affitto, per quelli locali con altre destinazioni d’uso, per quelli strumentali delle imprese. Infatti mentre per gli immobili locati per abitazione il contribuente persona fisica locatore , per la tassazione del loro reddito ,può optare per una tassazione proporzionale sul canone ricevuto del 21% ridotta del 35% non altrettanto può fare per quelli locati per altri usi . Per quanto riguarda le abitazioni per uso proprio o a disposizione del proprietario diverse dalla sua “prima casa”, il reddito presunto è quello risultante dal valore catastale . Ciò può creare un onere globale maggiore che per gli immobili d’abitazione locati con imposta proporzionale , ma minore di quelli locati diversi dall’uso di abitazione . Infine vi è una discriminazione a danno di questi anche con riguardo agli immobili delle imprese il cui reddito è tassato nel reddito globale della impresa, con separazione fra quelli strumentali all’impresa e quelli affittati. In entrambi i casi , infatti, è possibile detrarre dalla base imponibile gli ammortamenti , i costi di gestione e i costi di manutenzione ordinaria , mentre per gli immobili locati da persone fisiche per usi non abitativi le spese possono sono dedotte dall’imponibile nella misura forfettaria dl 5% , indipendentemente dal loro effettivo ammontare. 14.Le imposte indirette sui trasferimenti patrimoniali fra vivi. Questi tributi sono fra i più antichi e si collegano al bisogno di certezze del cittadino e dell'operatore economico, che lo porta a chiedere registrazioni pubbliche: per i trasferimenti di proprietà degli immobili (case e terreni) e dei beni mobili registrati (imbarcazioni, aerei ed automobili) e per agli atti relativi alle società (come conferimenti di capitale, aumenti di capitale, passaggio di riserve a capitale, fusioni, incorporazioni, scorpori e simili) e alle operazioni finanziarie di un certo rilievo, come l'accensione e l'estinzione di mutui, le garanzie ipotecarie e di pegno sui mutui e su altri prestiti, i contratti di assicurazione, il trasferimento di obbligazioni ed azioni, l'accensione di cambiali. In alcuni casi, anziché come tributi di registro, in relazione alla registrazione di un atto in un registro pubblico da parte di un notaio, questi tributi vengono prelevati come tributi di bollo, in relazione al fatto che il documento, in cui l'atto si incorpora o su cui viene esposto, per la sua validità, deve essere «carta bollata» e non carta qualsiasi. Tipico è il caso delle cambiali, esigibili presso il debitore da parte di chiunque possegga quel «pezzo di carta», anche ricorrendo all'ufficiale giudiziario. L'imposta indiretta patrimoniale, applicata con queste tecniche, non è evadibile, perché essa si confonde con i requisiti di validità dell'operazione. In certi casi — come le cessioni di immobili — la si può ridurre, sottovalutando il valore dichiarato, per altro con certi rischi8. 15.Per esser razionali questi tributi debbono avere basse aliquote e ampia base imponibile. Va notato che la convenienza ad evadere risulta dal confronto fra il ricavo assoluto dell'evasione che dipende non solo dall'aliquota, ma anche dall'entità dell'imponibile, e del suo costo, in termini di lavoro amministrativo, di rinuncia a certe politiche aziendali e certe garanzie con i clienti e fornitori ecc. più il rischio d'esser scoperti, moltiplicato per l'imposta in tal caso dovuta e le eventuali sanzioni extrapecuniarie (cfr. Cap. VIII pg. 15). Ora dato l'elevato valore dei fenomeni economici in gioco, sovente può convenire l'evasione anche a imposte sui trasferimenti di ricchezza con aliquote della metà di quella ordinaria dell'IVA. Se è dotata di una aliquota elevata, l'imposta sui trasferimenti di ricchezza ostacola grandemente la circolazione della ricchezza e, così, genera una inefficiente allocazione delle risorse immobiliari nel sistema economico, mentre il suo gettito può ridursi rispetto a quello apportato da una minore aliquota. Proprio per questo il tributo di registro che, in Italia, con le varie sue voci, epr gli immobili raggiunge il 10% del valore catastale, viene tempestato di esoneri e riduzioni di aliquote (come quella per «prima casa», di cui non ci sarebbe bisogno, se le aliquote ordinarie fossero dimezzate) che lo rendono astruso. 16.Le imposte di successione. I beni che vengono trasferiti per causa di morte non sono singoli cespiti, ma un «compendio globale» di ricchezza di una persona, ivi compresi i denari in banconote o in depositi bancari. Inoltre, i trasferimenti per causa di morte sono stabiliti da fattori esterni (si potrebbe dire «per cause divine») e non da libere scelte, il che implica che le imposte su di essi, a differenza di quelle sui trasferimenti di beni «per contratto», non esercitano effetti di formulazione sulla loro frequenza, se non in rapporto alla possibilità di anticipare le successioni, mediante donazioni fra vivi a favore degli eredi. Le imposte successorie, però, possono disincentivare l'accumulo di capitali. Supponiamo di considerare un soggetto benestante b, che considera le alternative di devolvere ad accumulazione i redditi che eccedono il suo normale tenore di vita o di destinarli a consumi opulenti: le due alternative sono indicate, rispettivamente, sulle ascisse e sulle ordinate della Fig. 1. Le preferenze del nostro soggetto sono dettate dall'interesse di lasciare quei beni ai propri eredi e dal piacere del consumo. Prima del tributo successorio, b destina a consumo opulento compreso quello per i propri eredi e la loro istruzione, OV ed ad accumulazione OQ, poiché si trova sulla retta di bilancio AC tangente alla curva di indifferenza I000I000 in E. Dopo un tributo di successione del 35%, che riduce l'accumulazione che egli può trasferire agli eredi, abbassando e piegando la linea di trasformazione a A0, egli passa dalla curva di indifferenza I000 alla I00 e dal punto di equilibrio E ad E0, in cui realizza meno accumulazione (OQ0<OQ) e molto meno consumo opulento (OV0<OV). Con una aliquota del 66%, che porta la retta di trasformazione da CA a CA00, b passa alla curva di indifferenza I0 e al punto E000, che comporta un aumento del consumo opulento, rispetto alla situazione senza imposte di successione e una drastica riduzione dell'accumulazione a OQ00. Si tratta, ovviamente, di un esempio ipotetico, ma il senso del ragionamento è chiaro. L'imposta di successione (abolita in Italia dalla l. 383/01), quale strumento di una incisiva correzione della distribuzione delle ricchezze, incontra un limite negli effetti allocativi negativi sulla formazione del capitale, i quali tanto più vanno tenuti presenti, quanto più lo stato fa ricorso al capitale, mediante il debito pubblico, sicché è acuto il problema della disponibilità di capitale residuo per l'economia di mercato. FIG. 1 EFFETTI DELL'IMPOSTA DI SUCCESSIONE