Sandro Bardelli, artista in viaggio Pare davvero che l`arte di Sandro

Sandro Bardelli, artista in viaggio
Pare davvero che l’arte di Sandro Bardelli tragga la linfa vitale dal momento forse più ricco e contradditorio,
successivo all’Impressionismo, quel torno di anni che, nella ricchezza e nella sperimentazione di sentieri e di
alternative, segnerà la vicenda artistica contemporanea.
È il Post-Impressionismo: fucina, serbatoio e matrice di molte espressioni creative dei nostri giorni: da Seurat, a
Cézanne, da Van Gogh a Gauguin e Maurice Denis, fino ad imboccare la strada di Derain, Sérusier e di
Matisse.
Difficilmente definibile, ed ancor di più sintetizzabile, il crogiolo successivo alla stagione degli Impressionisti
vede il perseguimento di un obiettivo: la riflessione e l’esperienza sui fondamenti stessi della visione. Come a
dire che, abbandonata la sola e unica ricerca sull’istantanea impressione della luce, l’artista si concentra sulla
sostanza, sulla “carne” del paesaggio, delle cose, delle figure.
Anche per Sandro Bardelli, così come per gli “storici colleghi di generazioni precedenti”, il viaggio è esperienza
favorita e privilegiata per cercare e scoprire le radici che nutrono l’esperienza creativa: il colore e la luce.
E se nella Grecia di Paraportiani e di Mykonos trova i gialli dorati del rito ortodosso, in Bretagna, Bardelli si
mette in contemplazione di paesaggi rocciosi, aspri e a picco sul mare, burrascosi e sui quali il tempo cambia
con un soffio di vento.
La luce accecante e i colori delle spezie di Tunisia fanno da controcanto alle costruzioni di Hammamet.
“L’atmosfera misteriosa e magica della Medina mi assorbe ed ecco i primi lavori scaturire quasi d’incanto nel
volgere di poche ore. Mi rendo conto che i miei dubbi erano infondati e che il fascino dell’ambiente vince il
proposito di lavorare principalmente sulla figura umana e sui costumi che comunque mi stimolano
enormemente”. Così scrive l’autore nei suoi appunti di viaggio del 1989. Seguirà il viaggio in Senegal, ma molte
sono già le strade percorse: Toscana, Venezia, Andalusia, Tunisia, Polinesia, Grecia, Bali.
Il tema paesaggistico non ha mai abbandonato la fantasia di Bardelli in un rapportarsi personale con la realtà,
al di là di ogni possibile riconoscibilità del luogo.
Sempre costante in lui la ricerca non solo e non tanto dei valori atmosferico-coloristici, quanto della resa
coloristica, cercando di vedere le forme in termini di massa e di dare un impianto saldo alla forma, una via
moderna alla monumentalità.
La stessa monumentalità si ritrova nelle figure di nudo: l’attrazione per il volume raggiunge talora il diapason,
un progressivo attenuarsi della fisionomia è funzionale all’equilibrio compositivo e alla rinnovata saldezza. Ciò
che interessa a Bardelli sono le torsioni e le complessità delle pose, il rapporto tra il corpo e lo spazi o, tra le
zone d’ombra e i lembi bagnati di luce.
“Disegno e colore non sono affatto separati, dal momento che dipingi, disegni”, sosteneva Cézanne. E ancora:
“Quando il colore è al più elevato grado di ricchezza, la forma è alla sua pienezza”.
Bardelli, da sempre, si esprime attraverso un colore luminoso, denso di vitalità.
Pose inattese e vitali si ritrovano anche nelle opere eseguite a coda di pennello, dove la scia nera si assottiglia,
si interrompe e si frantuma. Torna l’artista a darle alimento di colore, per riprendere il contorno della figura nuda
e distesa sulla velina, su letraset o sulla carta da pacco.
Sempre su queste carte – ma anche su fogli di carta di riso e su cartoncino – si sono formate le costellazioni e
pianeti di Sandro Bardelli. A partire da una ricerca insistita sulla grafia semplice, geometrica, riletta a distanza
per intravvedervi, solo in un secondo momento, un titolo, un’immagine e magari una storia, nasce il cosmo
stellare dell’artista. Le composizioni di figure sono improvvisazioni jazz; le carte ruvide e porose che bevono i
colori naturali del succo di mirtillo, del caffè e di bacche varie, si trasformano in fondali e scenografie teatrali; le
nubi di stelle primordiali e le galassie si ramificano nel colore acquoso, guidato dal pittore.
Questa è l’ultima frontiera di Sandro Bardelli, un traguardo fatto di colori più veri del vero, di schegge di legno e
di frammenti di pietre esotiche, di pianeti e di satelliti che si formano dal colore sul fondo bianco. Qui l’opera si
spoglia delle caratteristiche descrittive e oggettive, divenendo un’equazione di linee e superfici; il colore si fa
spaziale, concreto, libero dai criteri di verosimiglianza, per divenire finalmente saturo.
Tutto viene raggiunto ed eseguito grazie ad un lungo processo di semplificazione delle forme reali e di un uso
sempre più massiccio di segni e colori, talvolta scelti per il loro potenziale simbolico. Sandro Bardelli sembra
voler dipingere l’indipingibile, in un salto verso la scrittura automatica, la pittura non-figurativa. E invece,
racconta la più antica e naturale delle volte celesti, il sogno delle forme circolari della luna, la corsa di Mercurio
davanti al sole, l’esplosione di una stella. La natura lirica e astratta, musicale e poetica diventa pura
comunicazione. E così l’arte finisce con il rimandare, ancora una volta, allo spirito, al gesto concettuale
compiuto dall’artista.
Clara Castaldo