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Applicazione dei principi dell’EBM (Evidence Based Medicine) alla valutazione dell’epidemiologia dell’alcolismo
Giuseppe Filippone*
Riassunto
L’Autore illustra le strategie per l’interpretazione dei dati provenienti dai più comuni tests diagnostici indicanti un abuso alcolico cronico e la modalità per giungere a una quantificazione probabilistica della diagnosi di etilismo cronico tramite
l’utilizzo di alcuni strumenti di epidemiologia clinica e i principi della Evidence Based Medicine (E.B.M.).
Parole chiave: Etilismo, Tests diagnostici, Sensibilità, Specificità, Likelihood ratio, Probabilità pre-test, Probabilità post test.
Abstract
The diagnosis of chronic alcohol abuse and the Evidence Based Medicine
The author describes the strategies used to evaluate the common markers of chronic alcohol abuse, and the means for
identifying the probable presence of a chronic disease using clinical epidemiology tools and the principles of Evidence
Based Medicine.
Keywords: Alcoholism, Diagnostic tests, Sensitivity, Specificity, Likelihood ratio, Pre-test odds, Post-test odds
Premessa
Porre la diagnosi di abuso alcolico cronico è, per il medico, un atto apparentemente molto semplice; essa, infatti,
potrebbe scaturire direttamente dai dati anamnestici riferiti
alla quantità e al tipo di bevande alcoliche ingerite, alla frequenza con cui avviene l’assunzione e al suo perdurare nel
tempo.
Nella realtà le informazioni ottenute dal paziente sono
quasi sempre deficitarie, se non addirittura fuorvianti, a
causa della connotazione negativa sul piano morale, o dei
risvolti svantaggiosi sul piano legale, che una diagnosi di
etilismo cronico comporta.
Nella quasi totalità dei casi in cui è presente una forte
valenza medico-legale (rilascio di patenti di guida, porto
d’armi, divorzi, affidamento dei figli, etc...), il medico si
trova nella difficile condizione non solo di dovere fare a
meno delle informazioni anamnestiche in quanto inattendibili, ma anche di dovere quantificare l’assunzione di alcol
per stabilire il cronico superamento di una soglia di assunzione altrimenti definita normale; per fare ciò egli dispone
di alcuni tests in grado di indicare l’abuso alcolico perdurante nel tempo.
Le domande che, in genere, ci si pone sono: è possibile
fare una diagnosi di etilismo cronico basata su dati obiettivi? Qual è la probabilità che il paziente che ho davanti sia
etilista se un test di laboratorio è positivo? E se sono due i
tests positivi? Qual è il margine di errore esistente?
Il presente articolo intende dare risposta a queste domande verificando l’accuratezza diagnostica di tali tests,
sia presi singolarmente che associati, utilizzando le tecniche messe a disposizione dalla epidemiologia clinica e dalla Evidence Based Medicine (E.B.M.) per giungere a quantificare con il maggiore grado di accuratezza la probabilità
di presenza o assenza della condizione patologica massimizzando l’utilità delle informazioni cliniche disponibili.
Non sempre il medico è in grado di valutare correttamente i dati in suo possesso.
A dimostrazione della scarsa familiarità che i medici
hanno con i problemi connessi alla valutazione dei tests
diagnostici, siano essi di laboratorio, di imaging o semplicemente derivanti dall’esame obiettivo o dall’anamnesi,
viene riportato (Casscells et al. 1978) il seguente quesito
proposto a 20 studenti di Medicina del 4° anno, 20 medici
strutturati che operavano in reparti medici e 20 medici non
strutturati incontrati casualmente in Ospedale: “Se un test
diagnostico ha una sensibilità ed una specificità del 95%
per una patologia, quale è la probabilità di un paziente di
* Medico responsabile Ser.T Distr.7 A.U.S.L. 6 di Palermo - piazza della Vittoria 14, Montelepre, tel/fax 0918984659. E-mail: [email protected]
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soffrire di quella malattia nel caso l’esame risulti positivo
e la prevalenza della malattia sia dell’1/1000?”.
Nello studio citato solo 11 su 60 (18%) partecipanti al
sondaggio indicavano la risposta corretta, e precisamente:
4 su 20 studenti; 3 su 20 degli strutturati e 4 su 20 degli altri medici.
Vedremo come conoscendo la sensibilità e la specificità di un test diagnostico e conoscendo la prevalenza della
malattia, è possibile risalire con relativa facilità alla probabilità di malattia.
Il processo diagnostico si basa sull’associazione di due
componenti fondamentali (Sackett et al. 1997):
1) la competenza clinica personale del medico;
2) la migliore evidenza clinica disponibile proveniente
da ricerche sistematiche.
La prima consiste nella capacità diagnostica del medico
basata sui dati anamnestici, l’esame clinico e la conoscenza
della prevalenza della malattia sospettata, che nel complesso formeranno la cosidetta “probabilità a priori o probabilità pre-test” della presenza della malattia.
La seconda rappresenta la capacità di una corretta valutazione da parte del medico della effettiva utilità clinica di
un test diagnostico, sia esso di laboratorio che di imaging,
nel distinguere i pazienti affetti da una determinata malattia da quelli che ne sono esenti.
Dalla combinazione di questi due fattori si giunge alla
“probabilità a posteriori o post-test della presenza di malattia” e quindi alla diagnosi probabilistica.
Probabilità pre-test
Indica la probabilità che il paziente sia affetto dalla
condizione patologica, prima di disporre del risultato del
test diagnostico; essa si basa su:
1) l’anamnesi: contribuisce, in genere, in maniera determinante ad aumentare la probabilità pre-test; ma nel caso specifico, come già sottolineato, può essere di scarso
aiuto;
2) i reperti desunti dall’esame obiettivo possono essere
considerati alla stessa stregua degli altri tests diagnostici.
Sfortunatamente nell’alcolismo si dispone solo di segni clinici non patognomonici di malattia, di cui non è determinato il valore di sensibilità e specificità; pertanto, fino ad oggi, vengono valutati nel loro insieme, in base alla esperienza del medico, nell’incrementare il valore della diagnosi
pre-test in maniera arbitraria. Da alcuni anni è in stato di
avanzata validazione uno strumento diagnostico denominato “Alcohol Clinical Index” (A.C.I.) (Skinner et al. 1987)
in cui i 17 item riferiti all’esame clinico del paziente (presenza di andatura alterata, bruciature di sigaretta, eritema
palmare, rinofima, circolo venoso collaterale addominale,
epatomegalia, etc.), pur presentando una bassa specificità
sono dotati di una elevata sensibilità, e forniscono una accuratezza diagnostica complessiva del 70% (Alterman et
al. 1992) o, addirittura, del 85-91%, secondo il suo ideatore, quando sono presenti almeno 4 su 17 segni clinici
(Skinner et al. 1986);
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3) la prevalenza della malattia nella sottopopolazione
di appartenenza del paziente (in rapporto a residenza, sesso, età, attività lavorativa, etc.) è l’unica fonte in grado di
fornirci un valore minimo, ma oggettivo, di probabilità
pre-test di malattia. Per prevalenza di una malattia si intende, infatti, la percentuale di popolazione che ha la malattia rispetto alla totalità della popolazione; in altri termini essa è la “probabilità di malattia” presente in una data
popolazione; essa è data dal rapporto ammalati / (ammalati + sani).
Nella comune attività clinica tutte le tre componenti
concorrono nel calcolo della probabilità pre-test, compresa
la quota variabile di probabilità legata alla abilità del medico nella rilevazione delle notizie anamnestiche e dei reperti
dell’esame obiettivo che però in questa sede non verrà presa in considerazione in quanto gravata da una componente
di soggettività che non desideriamo includere nella determinazione della diagnosi.
Se consideriamo il caso ipotetico di trovarci davanti a
un paziente appartenente allo studio più sotto riportato
(Bush B. et al. 1987), avremo che tra la popolazione presa
in considerazione dallo studio la prevalenza di alcolismo è
(Tab. 2):
prevalenza = (a + c) / (a + b + c + d) = 117 / 518 = 0,22 = 22%
Questo valore di prevalenza verrà assunto come probabilità pre-test che il nostro paziente sia affetto da alcolismo.
A questo punto è necessario operare una conversione
del valore della probabilità pre-test nel corrispondente valore di odds pre-test di malattia che sarà di 0,28.
Il termine odds appartiene al linguaggio comune inglese con significato di probabilità, ma non intesa, con il significato di percentuale; il calcolo dell’odds è un modo alternativo di intendere il concetto di probabilità.
I termini “odds” e “probabilità” pur essendo molto
simili tra loro si esprimono con differenti valori numerici. Se consideriamo un gruppo di dieci soggetti di cui
tre affetti da una determinata malattia e 7 sani, questo
concetto si può esprimere dicendo che la probabilità di
malattia nel campione è di 3/10, ossia di 0,3 o del 30%.
Lo stesso concetto si può esprimere dicendo che i malati
nel gruppo sono 3 contro 7 sani, ossia l’odds di malattia è di 3 contro 7 che si esprime come 3:7 pari a 0,42.
Il rapporto matematico esistente tra probabilità e odds
è il seguente:
- per un odds di a:b, la probabilità = a/(a+b). Es.: per
un odds di 3:7 la probabilità = 3/3+7=0,3=30%;
- per una probabilità di x%, l’odds è x: (100 - x). Es.:
se probabilità= 30% l’odds = 30/100-30=3/7=0,42.
Il motivo per cui preferiamo esprimerci in termini di
odds e non di probabilità deriva dal fatto che:
odds pre-test di malattia x Likelihood Ratio =
odds post-test di malattia
Pertanto, una volta ottenuto l’odds post-test della ma-
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lattia sarà sufficiente attuare la conversione da odds in
probabilità tramite la seguente formula:
odds
probabilità = ––––––––––
1 + odds
per avere la probabilità post-test di malattia.
Nell’esempio sopra riportato, essendo la probabilità
pre-test coincidente con il valore della prevalenza della
malattia pari al 22%, possiamo ottenere l’odds pre-test di
malattia utilizzando la formula:
odds pre-test = prevalenza / (100-prevalenza)
L’odds pre-test calcolata su una prevalenza del 22%
sarà di 22 /100 - 22 = 22/78 = 0,28
Strumenti diagnostici e probabilità post-test
Numerosi sono gli stumenti diagnostici che possono
aiutare il medico nella diagnosi di alcolismo; scopo di questo articolo è quello di passarne in rassegna i principali e di
valutarne l’affidabilità o meglio la loro capacità di incrementare la probabilità di porre una diagnosi.
Prima di passare alla descrizione e valutazione dei singoli tests diciamo che classicamente, le due proprietà che
caratterizzano un test diagnostico sono la sensibilità e la
specificità.
La specificità di un test è data dal numero di soggetti
non ammalati che risultano negativi al test (veri negativi)
rispetto al totale dei soggetti non ammalati che sono stati
sottoposti al test (veri negativi + falsi positivi).
veri negativi
specificità = –––––––––––––––––––––––––
(veri negativi + falsi positivi)
Quanto più un test è specifico tanto minore sarà il numero di falsi positivi e quindi tale rapporto tende a 1 (ossia
100%). Un test molto specifico, in caso di risultato positivo, è utile a confermare la malattia.
La sensibilità di un test è data dal numero di pazienti
con la malattia che presentano una positività al test (veri
positivi), rispetto al numero totale dei soggetti ammalati
(veri positivi + falsi negativi).
veri positivi
sensibilità = –––––––––––––––––––––––––
(veri positivi + falsi negativi)
Un test molto sensibile, quando è negativo, riduce al
minimo il numero di falsi negativi e quindi il rapporto tende a 1 (ossia al 100%); il test allora è utile ad escludere la
malattia se è negativo.
Sono pochi i casi in cui la sensibilità o la specificità di
un test sono talmente elevati da confermare o escludere, da
soli, una diagnosi; in questi casi si parla di test SnNout o di
test SpPin.
SnNout è un acronimo inglese che deriva da “When a test
has a very high Sensitivity, a Negative result rules out the
diagnosis “(Quando un esame ha una sensibilità molto elevata un risultato negativo esclude la diagnosi); SpPin deriva invece da “When a test has a very high Specificity, a
Positive result rules in the diagnosis “(Quando un esame
ha una specificità molto elevata un risultato positivo conferma la diagnosi).
Al di fuori di questi casi particolari, quello che interessa il clinico non è tanto avere informazioni sulla maggiore
o minore affidabilità del test, in termini di specificità e di
sensibilità, ma conoscere la probabilità che il proprio paziente abbia o no la malattia; in altre parole è interessato al
valore predittivo del test diagnostico che risponde alla domanda: qual è la probabilità che il paziente abbia la malattia in caso di risultato del test positivo? o che esso ne sia
esente in caso di risultato del test negativo?
valore predittivo positivo = VP / (VP+ FP)
valore predittivo negativo = VN / (VN + FN)
In altri termini esso indaga sulla probabilità che il test ha
di dare risultati falsamente positivi o falsamente negativi.
Un approccio più moderno al processo diagnostico è
quello basato sul likelihood ratio o rapporto di verosimiglianza o di probabilità; esso risponde alla domanda: di
quante volte aumenta (diminuisce) la probabilità che il paziente abbia la malattia (non abbia la malattia) se il test è
positivo (negativo)?
Poichè il calcolo del likelihood ratio si esegue secondo
la formula:
Likelihood ratio di un test positivo (LR+) =
sensibilità / (1 - specificità)
Likelihood ratio di un test negativo (LR-) =
(1 - sensibilità) / specificità
ecco che i classici concetti di sensibilità e specificità vengono ora considerati solo come mezzo per calcolare il rapporto di verosimiglianza (o Likelihood Ratio, LR), lo strumento cruciale che consente di calcolare la probabilità post-test a partire dalla probabilità pre-test.
Una volta noti i valori della probabilità pre-test e quello
del likelihood ratio, sarà immediato il calcolo della probabilità post-test di malattia:
Dopo avere calcolato l’odds pre-test a partire dalla probabilità pre-test
odds pre-test = probabilità pre-test /
(100-probabilità pre-test)
si calcola l’odds post-test:
odds post-test = odds pre-test x likelihood ratio
infine si converte il valore dell’odds post-test in probabilità
post-test
odds post-test
probabilità post-test = –––––––––––––––– x 100
1 + odds post-test
Applicazione della EBM alla valutazione dell’epidemiologia dell’alcolismo
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Dal punto di vista pratico questi strumenti possono consentire di valutare quanto un esame diagnostico sia utile
ovvero quale esame è da preferire quando ve ne siano numerosi disponibili per risolvere un quesito diagnostico.
Tests soggettivi per la diagnosi di alcolismo
Questi tests richiedono la piena collaborazione del paziente e sono pertanto utili solo in poche circostanze cliniche mentre hanno un notevole valore nell’esecuzione di
screening o nell’auto-diagnosi: i più utilizzati sono il CAGE (acronimo di Cut down - Annoyed - Guilty - Eye opener) costituito da 4 items, e l’AUDIT (Alcohol Use Disorders Identification Test) composto da10 items; meno agevole è l’uso di altri tests come il MALT (Munich Alcoholism Test) e il MAST (Michigan Alcoholism Screening Test) in quanto prevedono troppe domande (rispettivamente
24 e 25 items) e quindi piuttosto scomodi da utilizzare in
uno screening sebbene si siano allestite versioni più ridotte
(SMAST; b-MAST).
La gran parte degli Autori considera un test CAGE positivo con due o più risposte positive, negativo con meno
di due risposte positive.Come riferimento per il calcolo
della probabilità post-test abbiamo preso il lavoro di Bush
(1987). La scelta è caduta su questo lavoro in quanto soddisfa in parte i criteri che la EBM considera fondamentali
nel giudicare l’affidabilità di un trial (Jaeschke R. et al.
1998), ossia: è un lavoro prospettico, con un campione
sufficientemente ampio (518 pazienti), randomizzato, possiede uno standard di riferimento (test MALT) sebbene
manchi un confronto in cieco con lo standard di riferimento, in quanto esso è stato utilizzato solo nei pazienti con
almeno una risposta positiva al test CAGE, per cui la valutazione dei risultati del test influenza la decisione di applicare lo standard di riferimento (errore sistematico di verifica).
I risultati dello studio sono indicati in Tabella 2.
Su 103 (88 + 15) pazienti con test CAGE positivo 88
risultavano alcolisti quando testati con lo standard ciò
vuol dire che il valore predittivo positivo (VPP) del test è
(Tab. 3):
VPP = 88 / (88 + 15) = 0,85 ovvero 85%
Di contro la probabilità che un soggetto con un test di
CAGE negativo non sia alcolista (valore predittivo negativo del test o VPN) è:
VPN = 386 / (386 + 29) = 0,93 ovvero 93%
In altri termini ciò significa che solo il 15% dei soggetti
con test positivo non sono alcolisti e il 7% dei soggetti con
test negativo sono alcolisti.Lo studio ci dice anche che solo
il 63% dei soggetti risultati al test abusatori di alcol o francamente alcolisti erano stati già individuati come tali dai
medici curanti (diagnosi pre-test).
Dallo stesso studio ricaviamo la specificità e la sensibilità del test CAGE:
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sensibilità = 88 / (88+29)= 0,75 ovvero =75%
specificità = 386 / (15 + 386) = 0,96 ovvero =96%
Se consideriamo l’ipotesi iniziale del nostro ipotetico
paziente con una probabilità pre-test del 22% (basata
esclusivamente sul dato di prevalenza) abbia dato due o più
risposte positive al CAGE possiamo calcolare il likelihood
ratio +, o rapporto di verosimiglianza positiva; e il likelihood -, o rapporto di verosimiglianza negativa, nel caso
abbia dato meno di due risposte positive.
LR+ = sens. / (1-spec) = 75% / 4% = 18,75
LR- = (1- sens.) / spec. = 25% / 96% = 0,26
Una volta calcolato il Likelihood ratio si può procedere
al calcolo della probabilità post-test che il nostro paziente
sia alcolista nel caso in cui abbia dato almeno due risposte
positive al test.
I metodi utilizzabili sono essenzialmente due:
1) procedere al calcolo dell’odds post-test come già descritto:
Odds post-test = Odds pre-test X LR+ = 0,28 x 18,75 = 5,25
da cui si ricava la probabilità post-test
Probabilità post-test = Odds post-test / (Odds post-test + 1)
= 5,25/6,25= 0,84= 84%
2) in alternativa a questi calcoli si può, molto più semplicemente, utilizzare il nomogramma di Fagan (Fig. 1)
(Fagan 1975): esso consente di semplificare molto la conversione della probabilità pre-test in quella post-test senza
coinvolgere gli odds nel calcolo. Il nomogramma si usa ancorando una linea retta in corrispondenza della probabilità
pre-test (indicata sull’asse di sinistra) e ruotandola finché
raggiunge il valore del LR relativo all’esame che si sta
considerando (indicato nell’asse al centro). È sufficiente
proseguire la retta e si troverà sull’asse di destra la probabilità post-test.
Trasferendo i dati ottenuti dal lavoro di Bush al nomogramma (Fig. 1) avremo che si passa da una probabilità
pre-test del 22%, con un valore di likelihood ratio + di
18,75, ad una probabilità post-test del 84%, ovvero ad una
diagnosi di quasi certezza.
Di contro se il nostro paziente ha risposto positivamente (e sinceramente) solo ad una o a nessuna delle domande
del CAGE da una probabilità pre-test del 22% si passa ad
una probabilità post-test del 6%, ovvero ad una diagnosi
molto improbabile.
Questi dati ci permettono di enunciare le linee generali
di interpretazione del Likelihood ratio (Rapporto di verosimiglianza) (Tab. 4).
Tests oggettivi
Passiamo ora in rassegna i tests di laboratorio comunemente usati per la diagnosi di alcolismo: la transferrina de-
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sialata (CDT), la Gamma-glutamil transferasi (GGT) e il
volume corpuscolare medio dei globuli rossi (VCM) e andiamo a valutare il valore diagnostico del singolo test o di
più tests in associazione.
Tra la ricca letteratura disponibile abbiamo preso in
considerazione il lavoro pubblicato da Yersin B e Coll.
1995; la scelta è caduta su tale lavoro in quanto: a) recente,
b) il campione è vasto (1202 pazienti) c) randomizzato d)
prevede il confronto con uno standard di riferimento (il test
CAGE) e prende in considerazione il sesso, l’età e l’abitudine al fumo di tabacco. I risultati di questo lavoro, inoltre,
appaiono, in linea di massima, in accordo con quanto concluso da Salaspuro (1999) in una recente revisione sistematica sull’argomento che prende in considerazione ben 54
trials.
In base a tale lavoro abbiamo i risultati sintetizzati in
Tabella 5.
Per quanto riguarda la CDT avremo che i rapporti di
verosimiglianza in caso di risultato del test positivo o negativo (likelihood ratio) sono rispettivamente:
LR+ = sens. / (1-spec) = 0,58 / 0,18 = 3,2
LR- = (1- sens.) / spec. = 0,42 / 0,82 = 0,51
ovvero modesto incremento della probabilità di diagnosi di malattia nel primo caso e minimo decremento della
possibilità di malattia nel secondo (Tab. 4.).
Tornando al nostro esempio iniziale se il paziente presenta un esame della CDT positivo avremo che la probabilità di una diagnosi di alcolismo sarà:
Odds post-test = Odds pre-test X LR+ = 0,28 x 3,2 = 0,89
trasformando il valore di odds post-test in probabilità posttest avremo:
odds
probabilità = ––––––––– = 0,89 / 1,89 = 0,47 ovvero 47%
1 + odds
mentre una negatività del test fa scendere la probabilità di
diagnosi al 12,5%; troppo poco sia per confermare che per
escludere la diagnosi. Gli stessi risultati si potranno ottenere utilizzando il nomogramma di Fagan (Fig. 2).
Anche la GGT da sola non da risultati molto differenti:
LR+ = 0,69 / 0,35 = 2
LR- = 0,31 / 0,65 = 0,47
con una probabilità di diagnosi che passa al 36% in caso di
test positivo, e al 10% in caso di test negativo.
La stessa cosa vale per il VCM;calcolando i LR del
VCM avremo:
LR+ = 0,27 /0,09 = 3
LR- = 0,73 /0,91 = 0,80
Il VCM risulta del tutto ininfluente nel processo diagnostico in caso di esame negativo a causa della sua bassa
sensibilità (probabilità post test di 18%), mentre appare più
utile nel caso di esame positivo in quanto comporta, da so-
lo, un incremento al 45% della probabilità diagnostica post-test. Alcuni studi (Mundle et al. 2000)(10) indicano che
nel sesso femminile il VCM ha una maggiore sensibilità rispetto al sesso maschile.
Dal momento che nessuno dei tre test, da solo, appare
in grado di confermare o escludere la diagnosi, è utile vedere cosa succede associando due test. L’associazione dei
tests può avvenire in serie o in parallelo (Morabia 1999).
Nel caso di associazione di tests in serie, il secondo test
(B) sarà eseguito solo nei pazienti risultati positivi al primo
test (A) e la diagnosi sarà posta solo nei soggetti con entrambi i tests positivi (test A e test B positivi); così facendo, si riduce la sensibilità del test (maggiore possibilità di
falsi negativi) ma se ne accresce la specificità (si riduce il
numero di falsi positivi).
Utilizzando l’associazione di due tests in parallelo, entrambi i tests (A e B) sono eseguiti contemporaneamente
su tutti i pazienti; nel caso in cui la diagnosi viene posta
nei soggetti con uno solo dei due tests positivi, aumenterà
la sensibilità complessiva (si massimizzano i veri positivi
ma anche i falsi positivi), ma si ridurrà la specificità (si
minimizzano i falsi negativi ma anche i veri negativi)
(Tab. 6).
Se poniamo che il test A = CDT e il test B = GGT avremo che,la sensibilità dell’associazione dei due tests in serie
è pari al 40% mentre la specificità sale al 94%; il loro uso
in parallelo darà una sensibilità pari all’87% con una specificità che scende al 53%.L’associazione GGT + VCM se i
tests sono usati in serie, danno una specificità del 97% e
una sensibilità del 18%; il loro utilizzo in parallelo dà una
sensibilità del 78% con una specificità del 59%.
In conclusione, l’associazione di due tests è utile a patto che: i tests in serie vengano utilizzati per confermare
una diagnosi se entrambi sono positivi(alta specificità
dell’associazione); i tests in parallelo vengono usati per
escludere la diagnosi se entrambi sono negativi (alta sensibilità dell’associazione).
Così intesa, l’associazione di due markers appare in
grado di incrementare notevolmente la capacità diagnostica
rispetto al singolo test.
Tutto ciò è confermato sperimentalmente dal lavoro di
Sillanaukee, condotto sulla capacità diagnostica dell’associazione di GGT con VCM e di GGT con CDT, in cui l’associazione GGT+VCM risulta avere una sensibilità = 80%
con specificità =89% in entrambi i sessi con il miglior rapporto costo/efficacia (Sillanaukee.2000); mentre l’associazione GGT + CDT dà una specificità del 95% e sensibilità
>80% con valori pressochè sovrapponibili a quelli teorici
calcolabili in base ai valori di sensibilità e specificità del
singolo test utilizzando le formule in Tab. 6.
L’utilizzo di due tests associati, secondo i dati riportati
dal lavoro sopra citato, aumenta la nostra capacità diagnostica:
VCM + GGT: LR+ = 7,27
LR- = 0,22
GGT + CDT: LR+ = 16
LR- = 0,21
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In altri termini la contemporanea positività di GGT e di
CDT ci dà quasi la diagnosi di certezza di abuso alcoolico
(la probabilità post-test passa al 82%); VCM + GGT positivi portano la probabilità post- test all’ 68%. Anche la contemporanea negatività di due tests associati (sia VCM
+GGT che CDT + GGT), espressa dal valore di LR comporta un crollo della probabilità post-test a valori di circa il
5%, ossia alla esclusione della diagnosi di alcolismo.
La contemporanea positività dei tre test porta la probabilità post- test al 97%; la loro contemporanea negatività
portano la probabilità post-test a 1%.
Oltre all’utilizzo della formula riportata in tab 6, altre
modalità di calcolo di due tests usati in serie sono:
1) calcolare la probabilità post-test complessiva semplicemente iterando il procedimento prima descritto un numero di volte pari al numero di esami eseguito. Gli odds
post test ottenuti dopo l’esecuzione del primo esame rappresentano gli odds pre-test del secondo esame eseguito e
così via. Non dobbiamo fare altro che continuare a moltiplicare il prodotto ottenuto per l’LR generato dall’esame
successivo.
2) utilizzando il nomogramma di Fagan: dovremo assumere il valore di probabilità post-test del primo esame
come valore pre-test del secondo esame, e così via.
Conclusione
I calcoli appena fatti sottostimano la reale probabilità di
diagnosi perchè non hanno preso in considerazione, nel
calcolo della probabilità pre-test, alcun dato anamnestico
nè eventuali segni rilevati all’esame obbiettivo ma solo il
valore di prevalenza della malattia nella popolazione di appartenenza del paziente; ciò è stato fatto appositamente per
non includere alcuna componente soggettiva nella valutazione diagnostica ipotizzata, almeno fino a quando non si
disporrà dei valori di sensibilità e specificità riferibili ai
singoli segni desunti dall’esame obbiettivo come prospettato dall’utilizzo dell’ Alcohol Clinical Index.
È ovvio che nell’attività clinica quotidiana i dati desunti
dall’esame clinico-anamnestico rappresentano una notevole
fonte di informazioni utili alla definizione diagnostica per
quanto possano essere gravati da una componente di sog-
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gettività; nel caso di una diagnosi di alcolismo a fini medico-legali, in cui viene richiesto il massimo rigore nella definizione diagnostica, risulta utile la quantificazione della
probabilità diagnostica come eseguita nel presente lavoro.
Bibliografia
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9) Salaspuro M.: Carbohydrate-deficient transferrin as comparated to other markers of alcoholism: a systematic review. Alcohol 1999 Nov; 19(3):261-71.
10) Sillanaukee P. e coll.: Enhanced clinical utility of gammaCDT in a general population. Alcohol Clin. Exp. Res. 2000
aug; 24(8):1202-6.
11) Skinner H.A. e coll.: The alcohol clinical index: strategies for
identifying patients with alcohol problems. Toronto, ON: Alcoholism and drug addiction research foundation, 1987; 31.
12) Skinner H.A. e coll.: Clinical versus laboratory detection of
alcohol abuse: the alcohol Clinical Index. Br Med J. (Clin
Res Ed) 1986; 292(6537): 1703-8
13) Yersin B., Nicolet J.F., Dercrey H., Burnier M., Van Melle
G., Pecoud A.: Screening for excessive alcohol drinking.
Comparative value of Carboidrate-deficient transferrin, gamma-glutamyltransferase, and mean corpuscolar volume” Arch. Intern. Med. 1995 Sep 25; 155(17):1907-11.
Applicazione della EBM alla valutazione dell’epidemiologia dell’alcolismo
Articoli
Tabella 1. Caratteristiche di un test diagnostico calcolabili dal confronto con un gold standard in uno studio di validazione.
Caratteristica del test
Nome alternativo
Domanda a cui la
caratteristica dà risposta
Formula per il suo
calcolo (vedi Tab. 2)
Sensibilità
percentuale di veri positivi
(pazienti con la malattia)
qual è la capacità del test
nell’individuare i soggetti
che hanno la malattia?
a/a+c
Specificità
percentuale di veri negativi
(pazienti senza malattia)
qual è la capacità del test di
escludere tutti i pazienti
senza malattia?
d/b+d
Valore predittivo
positivo
probabilità di malattia
se un paziente risulta positivo al
test, qual è la probabilità che egli
abbia la malattia?
a/a+b
Valore predittivo
negativo
probabilità di assenza
di malattia
se un paziente risulta negativo al
test, qual è la probabilità che egli
non abbia la malattia?
d/c+d
Accuratezza
diagnostica
in quale percentuale il test ha dato
un risultato corretto (qual è la
percentuale di veri positivi e veri
negativi rispetto alla totalità
dei risultati)?
(a+d)/(a+b+c+d)
Likelihood ratio di
un test positivo
quanto più probabile è che un
risultato positivo sia trovato in un
soggetto con la malattia, rispetto a
chi non ha la malattia?
sensibilità/(1-specificità)
Likelihood ratio di
un test negativo
quanto più probabile è che un
risultato negativo sia trovato in un
soggetto senza la malattia, rispetto
a chi ha la malattia?
(1-sensibilità)/specificità
Tabella 2. Risultati ottenuti dal lavoro di Bush B., Shaw S, Cleary P, Delbanco
TL, Aronson MD “screening for alcohol abuse using the CAGE questionnaire”
Am. J.Med Feb;82(2):231-5.; a=veri positivi, b=falsi positivi, c=falsi negativi, d=veri negativi.
n. risp. positive
alcolista
non alcolista
totali
CAGE ≥ 2
a: 88
b: 15
a + b: 103
CAGE < 2
c: 29
d: 386
c + d: 415
a + c: 117
b + d: 401
a +b + c +d: 518
totali
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47
Boll. Farmacodip. e Alcoolis., XXIV (1) 2001
Tabella 3. Formule per il calcolo dei parametri di maggiore importanza per la valutazione del CAGE come test diagnostico per l’alcolismo
Sensibilità = a / (a + c) = 88 / (88+29)= 0,75
Specificità = d /(b + d) = 386 / (15 + 386) = 0,96
Rapporto di verosimiglianza positivo o likelihood ratio + = sens./ (1- spec.) = 0,75 / 0,04 = 18,75
Rapporto di verosimiglianza negativo o likelihood ratio - = (1 - sens.) /spec. = 0,25 / 0,96 = 0,26
Valore predittivo positivo = a / (a + b) = 88 / (88 + 15) = 0,85
Valore predittivo negativo = d / (c + d) = 386 / (386 + 29) = 0,93
Accuratezza diagnostica = (a + d) / (a + b + c + d)= 91,5%
Prevalenza = (a + c) / (a + b + c + d) = 117 / 518 = 0,22 = 22%
Odds pre-test = preval. / (1- preval.) = 22 /78 = 0,28
Tabella 4. Interpretazione clinica del likelihood ratio o Rapporto di verosimiglianza (RV) [da
Sackett DL (2) modificata]
RV (LR)
Interpretazione
> 10
grande e spesso conclusivo incremento della probabilità di diagnosi di malattia
5 - 10
buon incremento della probabilità di diagnosi di malattia
2-5
modesto incremento della probabilità di diagnosi di malattia
1-2
minimo incremento della probabilità di diagnosi di malattia
1
nessun cambio di probabilità di diagnosi
0,5 - 1,0
minimo decremento della probabilità di diagnosi di malattia
0,2 - 0,5
piccolo decremento della probabilità di diagnosi di malattia
0,1 - 0,2
buon decremento della probabilità di diagnosi di malattia
< 0,1
grande e spesso conclusivo decremento della probabilità di diagnosi di malattia
Tabella 5. Risultati del lavoro di Yersin B. e coll.
“Screening for excessive alcohol drinking. Comparative value of Carboidrate-deficient transferrin,
gamma-glutamyltransferase, and mean corpuscolar volume” (8)
48
Sensibilità
Specificità
CDT
58%
82%
GGT
69%
65%
VCM
27%
91%
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Articoli
Tabella 6. Formule per il calcolo della sensibilità e della specificità di due
tests diagnostici associati (da A.Morabia: L’epidemiologia clinica.Ed. Italiana 1999. Il Pensiero Scientifico Editore.) modificata
Sensibilità di due tests in serie = sens. di A X sens di B
Specificità di due tests in serie = 1 - [(1-Spec. di A) X (1-Spec. di B)]
§
Sensibilità di due tests in parallelo = 1 - [(1-Sens. di A) X (1-Sens. di B)]
Specificità di due tests in parallelo = spec. di A X spec. di B
Figura 1. Nomogramma di Fagan
sui rapporti di verosimiglianza
(likelihood ratio): calcolo della probabilità post-test applicata al test
CAGE
Figura 2. Nomogramma di Fagan
sui rapporti di verosimiglianza (likelihood ratio):calcolo della probabilità post-test in caso di esito positivo del test CDT
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