© copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf “Foto-musica con foto-suoni”® Idee e fatti in evoluzione di Riccardo Piacentini (Oslo, 26 ottobre 1999 e mesi successivi) Ideas and facts in progress by Riccardo Piacentini (Oslo, October 26th 1999 and following months) 1. Una equazione introduttiva 2. Morfologia 3. Strumenti 4. Sintassi 5. Preistoria 6. Storia 7. Testi originali 8. Scritti 9. CD 10. Archivio dei “foto-suoni” 11. Sito WEB 1. An equation just to introduce 2. Morphology 3. Tools 4. Syntax 5. Prehistory 6. History 7. Original texts 8. Writings 9. CDs 10. Archives of “photo-sounds” 11. WEB site 1. Una equazione introduttiva 1. An equation just to introduce “Foto-musica” : arti musicali = fotografia : arti visive. Questa equazione riflette la stretta analogia tra “foto-musica” e fotografia, ognuna nel rispettivo settore. Solo la data di nascita, oltre alla tecnica specifica, è/sono differente/i secondo il particolare tipo di storia e di natura. E’ noto che, almeno nella nostra cultura occidentale, le arti musicali conseguono per lo più alle arti visive, non viceversa. Così la fotografia è nata nel XIX secolo, ma la “foto-musica” nasce soltanto adesso. La “foto-musica” ha una madre e un padre – la musica “concreta” e la musica elettronica – e ha anche un padrino: la fotografia. Ciononostante, o proprio per questo, si tratta di un soggetto chiaramente distinto rispetto ai suoi parenti più prossimi. Certo la “foto-musica” utilizza suoni “concreti” così come manipolazioni di tipo elettronico; eppure è fisionomicamente caratterizzata, in altri termini vive di vita propria, e – soprattutto – esige una sintassi musicale efficiente, o quanto meno la persegue impegnando tutta la testa (orecchie comprese) di cui il compositore-artigiano dispone. E’ questo l’aspetto realmente nuovo della “foto-musica”. In fondo, la “foto-musica” è una delle possibili vie metodologicamente organizzate per ottenere esiti di rilievo musicale compiuto, dunque non solo o principalmente artefatti di tipo sperimentale, attraverso la registrazione e un editing articolato dei diversi “foto-suoni” scelti. Che cosa sono i “foto-suoni”? Metaforicamente potrebbero essere definiti come “fotografie dei suoni d’ambiente quotidiani”, o anche “fotografie dei suoni trasmessi dall’aria che respiriamo e che ascoltiamo”. Potremmo andare in un mercato popolare o in altro ambiente vivo (live) e prelevare con il DAT un materiale articolato di suoni da elaborare successivamente via software e/o tramite apparecchiature elettroniche. Allo stesso modo si potrebbe prelevare qualunque suono si voglia da qualunque luogo si voglia (e si possa), e non solo da ambienti popolati da uomini ma anche da altre presenze sonore. Perfino il silenzio è sempre popolato di suoni. (Per una più tecnica definizione di “foto-suoni”, consultare il punto seguente.) Questo vale solo in quanto punto di partenza. La musica deve ancora venire. Stiamo infatti ancora parlando di un semplice materiale utile per “Photo-music” : musical arts = photography : visual arts. This equation reflects the strict analogy between “photo-music” and photography, each one in its own field. Only its birthday, beyond to the specific technique, is (are) different, according to the particular kind of history and nature. It’s known that the musical arts normally come later than the visual arts. So the photography was born in 19th century, but the “photo-music” is born only now. The “photo-music” has a mother and a father – the “concrete” music and the electronic music – and it has also an old godfather: the photography. Nevertheless, or just for this reason, the “photo-music” is another subject in respect to its close relatives. Yes, it uses “concrete” sounds as well as electronic manipulations, but it has its own life and – firstly – it claims an effective musical syntax and, anyway, it absolutely looks for it totally engaging mind (and ears) of the smith-composer. This is the real new aspect of the “photo-music”. Finally the “photo-music” can be seen as a possible method to obtain musical results, and not only or pre-eminently pure experiments, with recording and editing different “photo-sounds”. What’s the meaning of “photo-sounds”? Metaphorically they are “the photos of the daily environmental sounds” or of the sounds transmitted through the listened and breathed air. You could go in a popular market or in another living environment and pick up in your DAT an articulated material of sounds to elaborate successively by software and/or electronic machines. Equally you can pick up every sound you want from any place you want (and can), not only environments with human people but with many other possible subjects. Even the silence has always a sound. (For a more technical definition of “photo-sounds” go to the next point.) This is just to begin. This is not absolutely music. This is simply a material for starting to work with your professional sound editor (on one, two or more tracks), and/or a sheet of paper and – not or! – all your musical aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf cominciare a lavorare con un editor di suoni professionale (su una, due o più tracce), e/o con un foglio di carta e – non o! – con tutto il bagaglio di conoscenze tecniche, di intelligenza e di sensibilità musicale che si posseggano. Si potrebbe anche partire da uno strumento acustico (perché no?), scrivendo tradizionalmente su un pentagramma note e valori da eseguire; si potrebbe combinare insieme suoni di natura diversa, inventare una mistura timbrica, l’ensemble o l’orchestra desiderati, il contrappunto e il sound finali. Ciò che importa è che, anche utilizzando un approccio tradizionale alla musica, nel contempo si usino, se non esclusivamente, “foto-suoni” da contrappuntare l’uno all’altro ed eventualmente suoni ulteriori. technique, knowledge, intelligence and sensibility. You can also start from an acoustic musical instrument (why not?) traditionally writing on the pentagram the notes and values you want the performed; you can put together sound of different type, invent your ensemble, your orchestra, your counterpoint, your final sound. What is important is that, also using the traditional approach to the music, you might use – also and always – “photo-sounds” to counterpoint each other and with any other sounds you want, if you want. 2. Morphology 2. Morfologia The objects necessarily used in the “photo-music” are the “photosounds”. Oggetti necessari alla “foto-musica” sono in ogni caso i “foto-suoni”. Tecnicamente per “foto-suoni” si intende qualunque materiale sonoro registrato e colto in una situazione sonora reale. (Per una definizione metaforica di “foto-suoni” vedere la sezione introduttiva.) I “foto-suoni” potrebbero essere sia “foto-altezze” (con suoni più o meno precisamente intonati) sia “foto-rumori” (con suoni non intonati) e sia ancora qualunque combinazione di suoni singoli o articolati: occorre non dimenticare che il confine esatto tra altezze intonate e rumori non intonati non esiste. I rumori contengono molte altezze esatte (i rumori SONO molte altezze esatte combinate tra loro) e, d’altro canto, le stesse altezze esatte contengono sempre delle componenti rumoristiche. Quest’ultima affermazione significa semplicemente che, in ogni situazione “viva”, le altezze non sono mai pure, contenendo senza eccezione suoni di natura contestuale. Suoni constestuali: due sono i punti interessanti da evidenziare. 1) Ogni emissione di suoni ottenuta attraverso uno strumento acustico è una mescolanza di altezze e di rumori (si può in certo modo affermare che i rumori costituiscano la componente espressiva delle altezze...). Questo aspetto riguarda i suoni contestuali intesi come rumori che accompagnano l’emissione del suono. 2) Suoni contestuali come suoni ambientali... E’ praticamente impossibile anestetizzare gli ALTRI suoni di un ambiente nel quale IL suono si manifesta, tranne che in un’apposita stanza insonorizzata (ma anche qui si possono sentire molte specie di rumori!). E’ possibile sottrarre elettronicamente alcune componenti rumoristiche da una registrazione: fruscii, clic, colpi, voci indesiderate, suoni... Suoni! Infine è davvero impossibile separare gli ALTRI suoni da IL suono, i suoni cattivi da quelli buoni, il contesto dall’oggetto-inserito-nel-contesto. Immaginiamo di immergerci nell’acqua e di riemergere successivamente senza essere bagnati. I suoni buoni sono sempre bagnati. La morfologia, così come accade in ogni linguaggio e in ogni grammatica, richiede obbligatoriamente una sintassi in grado di codificare le relazioni e i ruoli svolti dai diversi mateiali morfologici. Technically “photo-sounds” are every recorded audio material which you can – and want – caught from every real audio situation. (For a metaphoric definition of “photo-sounds” go to the introductory section.) The “photo-sounds” could be photo-pitches as well as photo-noises as well every possible combination of single and articulated sounds: never forget that the frontier between exact pitches and exact noises doesn’t exist. Noises contain many exact pitches (noises ARE many exact pitches together) so as, on the other side, pitches contain always noises. Pitches contain always noises and this means that, in every “live” situation, the pitches are never pure and contain without exception contextual sounds. Contextual sounds: two points are interesting. 1) Every emission of sounds through an acoustic instrument is a mix of pitches and noises (we can say that the noises are the expressive components of the pitches). This aspect regards the contextual sounds intended like noises accompanying the emission of the sound. 2) Contextual sounds like environmental sounds... It is impossible to anaesthetize the OTHER sounds of an environment in which THE sound happens, except than in an apposite room of an apposite recording studio (but, also there, you can hear many kind of noises). It is possible to subtract electronically some noisy components of a recording: rustles, clicks and clips, strokes, bad voices, sounds... Sounds! Finally it is really impossible to separate the OTHER sounds from THE sound, the bad sounds from the good sounds, the context from the object-in-the-context. Imagine to plunge into the water and then re-emerge completely dry. The good sounds are always wetted. The morphology, like in every language and in every grammar, requires obligatorily a syntax which establishes the rules in putting together the orphologic materials. 3. Tools 3. Strumenti Tools for “photo-music” are: Gli strumenti richiesti nella “foto-musica” sono: • il registratore digitale con microfono, • il software audio atto ad elaborare in mono/stereo/multitraccia i materiali registrati (come Cakewalk Pro Audio, Cakewalk Sonar, Pro Tools, Sony Sound Forge etc.), • il sequencer MIDI (come Cakewalk Pro Audio, Cakewalk Sonar, Coda Music Finale etc.), • l’apparecchiatura elettronica o software per editare campioni sonori (come Yamaha GigaSampler, Native Instruments Kontakt etc.), • l’editor di notazione musicale (come Coda Music Finale, Ouverture, Sibelius etc.), • carta per schizzi, matite e gomma, testa... non dimenticare la testa! • digital tape recorder with microphone, • audio software for elaborating recorded materials in mono/stereo/ multi-tracking (like Cakewalk Pro Audio, Cakewalk Sonar, Pro Tools, Sony Sound Forge etc.), • professional MIDI sequencer (like Cakewalk Pro Audio, Cakewalk Sonar, Coda Music Finale etc.), • electronic machine or software (like Yamaha GigaSampler, Native Instruments Kontakt etc.) for building samplers, • musical editor (like Coda Music Finale, Ouverture, Sibelius etc.), • paper for sketches, pencils and rubber, mind... don’t forget your mind! aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf Con questi strumenti di base si può cominciare a pensare e scrivere “foto-musica”, tenendo sempre ben presente che i mezzi consentono sì i fini, ma che questi necessitano da un lato dei termini morfologici (vedi Morfologia) e dall’altro di quelli sintattici (vedi Sintassi). Gli strumenti sono utili in quanto servono, vale a dire: essi sono al servizio di una grammatica che rende possibile l’articolazione di significanti intesi a formalizzare un significato. 4. Sintassi La sintassi è il punto centrale e più importante della “foto-musica”. C’è una enorme differenza tra il materiale originario di suoni e il prodotto finale della “foto-musica”. In altri termini, la morfologia non può garantire nulla circa l’uso sintattico degli oggetti sonori scelti: la morfologia non può dire alcunché su come essi debbano essere organizzati. Almeno cinque sono i diversi livelli in cui può prendere forma la sintassi della “foto-musica”. Li chiameremo semplicemente: primo livello sintattico, secondo livello sintattico, terzo livello sintattico, quarto livello sintattico, quinto (trasversale) livello sintattico. Primo livello sintattico. Uno degli usi più intuitivi dei “foto-suoni” – e anche concettualmente uno dei più semplici – è quello di collocarli come testura, o sfondo, di suoni acustici preesistenti. Ciò accade, ad esempio, se si ha una linea melodica di oboe e si vuole calarla in un contesto piuttosto che un altro (una stanza, una strada, una piazza, un campo, un bosco, ogni luogo che si ritenga musicale per quanto assurdo...), oppure – come in un frammento delle mie Musiche dell’aurora scritte e incise nel 1999 per l’VIII Biennale Internazionale di Fotografia di Torino – si possono avere trilli, tremoli e diversi tipi di effetti su un flauto basso e contemporaneamente si può generare un contesto aggiungendo “foto-suoni” captati dal foyer di un aeroporto, cosicché il suono del flauto sembri fluttuare come una magica e ossessiva presenza per gli spazi dell’aeroporto. Questi sono solo due esempi sommari che possono rimandare, da un lato, alle operazioni che spettano normalmente a un tecnico del suono nell’intento di ricreare situazioni acustiche più o meno naturalistiche e, dall’altro, a certi cliché tipici dell’esperienza “neoclassica” in cui l’accompagnamento è fondato su un continuum figurale privo di strette relazioni armoniche con il resto della composizione. Il processo è dunque di tipo additivo e non influenza sostanzialmente (quindi in realtà non cambia) la prima originaria linea melodica che, con ogni probabilità, rimarrà perfettamente autonoma rispetto alla cornice di “foto-suoni”. A questo primo livello la sintassi è povera; è lo stadio dei rimandi associativi, utili per iniziare a considerare possibili latenti situazioni sintattiche. Tuttavia si tratta di un punto di partenza che non esclude risultati già di per sé interessanti e, in ogni caso, è basilare per poter procedere nell’organizzazione di livelli sintattici più profondi e complessi. Secondo livello sintattico. Una volta scelta la texture, ci si può chiedere in che modo questa influirà sulla linea melodica di origine modificandola efficacemente. D’altro canto, ci si può anche chiedere come la linea melodica influenzerà e modificherà la texture. Si possono inventare regole e procedimenti per costruire (comporre) una terza situazione musicale: non una semplice addizione di due materiali diversi, ma un prodotto nuovo, una reazione chimica che generi un nuovo timbro organico – il boscoboe o l’aereoflauto! – e una nuova coerente ed efficiente sintassi – il contrappunto del boscoboe o il contrappunto dell’aeroflauto! Così ci potrebbero essere differenti livelli di eventi statistici, a seconda dell’obiettivo che ci si pone. La sintassi potrebbe richiedere regole del tipo: il continuum attacca e finisce laddove attacca e finisce l’oboe oppure il flauto; ogni volta che l’oboe o il flauto toccano una particolare altezza, il continuum aumenta la sua intensità per due secondi oltre la durata dell’altezza; viceversa, non appena il continuum lancia un preciso segnale, l’oboe aumenta la sua intensità per due secondi oltre la durata del segnale stesso; e così via... Le regole possono essere tantissime – o anche pochissime – nella misura in cui l’obiettivo perseguito lo richieda e così le caratteristiche del materiale acustico su cui si lavora. These are the basic tools to start in thinking and composing “photomusic”. But be carefull! The tools are always connected to the aims and the aims need always morphologic objects (see Morphology) and syntactical law too (see Syntax). The tools are useful since they are used to articulate forms by a grammar and obtain particular meanings. 4. Syntax The syntax is the central and most important point of the “photo-music”. There is an enormous difference between the original material of sounds and the final product of the “photo-music”. In other terms, the morphology cannot assure anything about the syntactic use of the single objects; it cannot say how they must put together. We believe there are at least five different levels of “photo-music”’s syntax that we will call 1st syntactic level, 2nd syntactic level, 3rd syntactic level, 4th syntactic level, 5th (transversal) syntactic level. 1st syntactic level. One of the most intuitive – and conceptually simple too – use of “photo-sounds” is to put them as texture or background of pre-existing acoustic sounds. For example you have a melodic line of hautbois and you want to place it in a particular context (a room, a street, a square, a field, a wood, every absurd but musical situation...), or – what happens in a fragment of my Musiche dell’aurora (Dawn musics), written and recorded in 1999 for the 8th Biennial International of Photography in Turin – you could have trills, tremols and several kind of effects on a bass-flute and you could create a context adding “photo-sounds” captured from a waiting hall of an aeroport, so that the sound of the flute seems to go through the spaces of the aeroport like a magic obsessive presence. These are only two banal examples that can superficially remember 1) what the recording engineers just do for recreating natural situations, 2) some neoclassic musical acconpainments based on a continuum without strict harmonic relations with the rest of the composition. The process is an addition-process and it doesn’t really influence (and change) the first melodic line that, very probably, doesn’t need any photo-sound. At this first level there is only a poor syntax or – better! – just an association to start to consider a possible syntax. Neverthless this initial coise could get some good result and, anyway, it is important for organizing a deeper and more complex syntax. 2nd syntactic level. So, when you have chosen a texture, you can ask to yourself how this texture will really influence and change your first melodic line. On the other side you can ask too how the melodic line could influence and change the texture. You can invent rules and processes to construct (compose) a third musical situation: not only a simple addition of two different materials, but a new product, a chemical mix for a new organic colour – the hatbwood or the flutaeroport! – and for a coherent and efficient syntax – the hatbwoodcounterpoint or the flutaeroport-conterpoint! So there could be different levels of statistic events, according to your aim. The syntax could require rules like these: the continuum starts and stops in the same time of the hautbois or the flute; every time the hautbois or the flute touches one particular pitch, the continuum increases its intensity for two seconds beyond the duration of the pitch; vice versa, as soon as the continuum gives a signal, the hautbois increases its own intensity for two seconds beyond the duration of the signal; and so on... The rules can be many and many – or also few – according to your aim and the characteristics of your sounding material. 3rd syntactic level. The sounding material could include more than one texture, so that the continuum could flexiblely change from one type to another and could superimpose the two textures together. This last level can create conflictual contexts and fickle situations. Your hautbois can be in a wood and, at the same time or alternatively, aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf Terzo livello sintattico. Il materiale acustico potrebbe inclu- dere più di una sola texture, cosicché il continuum potrebbe cambiare con flessibilità da un tipo all’altro e potrebbe anche sovrapporre insieme due texture. Quest’ultimo livello può creare dei contesti conflittuali e delle situazioni in volubile divenire. L’oboe potrebbe suonare in un bosco e, nello stesso tempo o alternatamente, nel mezzo di una carreggiata autostradale, oppure ora qui e ora là. Le possibilità sono infinite e si possono definire tempi e modi con la precisione desiderata. Ma attenzione. L’idea dei “foto-suoni” utilizzati come texture(s) di tipo contestuale-ambientale (primo livello, secondo livello, terzo livello) è sì una delle soluzioni tecniche possibili, ma probabilmente non è la più interessante. Infatti i “foto-suoni” possono essere considerati secondo un’altra prospettiva: come tessere di un mosaico che solo successivamente verrà composto (quarto livello e quinto [trasversale] livello sintattico). Quarto livello sintattico. Dapprima si possono mettere a fuoco alcuni “foto-suoni”: questi funzionerebbero non come sfondo bensì come primo piano, in altri termini non sarebbero più un continuum ma elementi con un alto grado di definizione, chiari e precisi come bande misurate di altezze-durate-intensità-timbri. Ci si può a questo punto interrogare su che cosa sia più opportuno fare con e su un materiale così definito. Si tratta di tessere da ritagliare e rifinire – in modo più o meno sfumato e dissolvente – e da com-porre insieme in ordine nuovo, o anche nello stesso ordine, ma manipolando alcuni parametri (durata e/o intensità e/o...). Le singole tessere vengono relazionate le une alle altre e trattate come elementi separati di una sequenza organica. Si potrebbe pensare ai fotogrammi di una pellicola cinematografica, o a differenti accordi combinati sintatticamente insieme, oppure alle tessere di un puzzle. In questo quarto livello si può creare una storia di “foto-suoni” che, ad esempio, vi trasportino da un contesto all’altro, come in sogno cullante o in un incubo; si può manipolare elettronicamente i “foto-suoni” e i loro movimenti progressivi, le intersezioni, le superimposizioni etc. Ciascun “foto-suono” può suggerire un particolare “profumo musicale” e questo profumo può trasformarsi, velocemente o lentamente, in un altro profumo. La catena di “foto-suoni” (che è catena di “profumi sonori”) si fa tramite di una ricerca di relazioni sintattiche riferite alle durate, all’ordine delle ripetizioni, alle specifiche manipolazioni elettroniche etc. Un esempio: si potrebbe partire dal continuum di una texture, poi si potrebbe selezionare qualche frammento di essa – poniamo il caso cinque, che chiameremo 1, 2, 3, 4, 5 –, poi li si potrebbe organizzare secondo diversi anagrammi seguendo un preciso procedimento che prende le mosse da un ordine “errato” per costruire progressivamente un ordine “giusto”, un procedimento che porta da 5, 4, 3, 2, 1 a 1, 2, 3, 4, 5 (come meglio si preferisce!); nello stesso tempo si potrebbero scegliere diverse manipolazioni elettroniche da una profondamente deformante a una lieve; oppure si potrebbe avere una interazione tra uno strumento acustico e dei suoni elettronici (vedi il secondo livello) e via dicendo. Quinto (trasversale) livello sintattico. Infine, e non solo infine, si può utilizzare un contrappunto di elementi campionati (suoni MIDI e qualunque materiale campionato piaccia). E questo è molto interessante: ci si può costruire i propri campionamenti oppure usare dei campionamenti già esistenti. In altri termini è possibile lavorare lungo due direzioni: 1) utilizzando suoni di strumenti acustici, 2) utilizzando “foto-suoni” registrati. Generalmente si hanno per questo uso “foto-suoni” di breve durata (come altezze di durata variabile, da mettere eventualmente su un pentagramma), ma si possono anche avere “foto-suoni” lunghi quanto si vuole (4, 10, 15... secondi) secondo la sintassi scelta per le durate. Questo quinto livello è trasversale perché va integrato con uno dei livelli precedenti, magari il primo o il secondo o... il quarto. Dipende da ciò che si vuole. Da ricordare: il contrappunto è un processo idealmente infinito; è il compositore a decidere quando il processo dovrà aver fine, quanti elementi dovranno essere messi in gioco e mantenuti o soppressi. Così come nella concezione rinascimentale il tenor (cantus firmus) è uno, ma le voci contrappuntistiche possono essere 2, 3, 4, ... 7, ... 20, ... 50! Tutte su un unico tenor. Il compositore ne decide il numero e decide se, all’interno del numero scelto, le sue intenzioni musicali possano venire soddisfatte. Anche i procedimenti sintattici possono essere più o meno numerosi e, presi a uno a uno, possono rivelare una diversa complessità, sicché la in the middle of an American turnpike, or now here and now there. The possibilities are infinite and you can define times and manners so precisely as you want. But attention! The idea of “photo-sounds” like texture(s) (1st, 2nd, 3rd level) is maybe one of the less interesting about using this technique. So change little your view and start to think the “photo-sounds” like tesseras of a future puzzle (4th level and 5th [transversal] syntactic level). 4th syntactic level. At the beginning try to get some “photosounds” into focus: they are not back but in front, they are not a continuum but defined elements, they are not on a written page but on a tape and, neverthless, they are so clear and precise, like bands of piches-durations-intensities-tymbres. So concenter yourself on what you can do with these defined material. They are tesseras to cut – maybe netly, maybe softly – and to put together in other order, or in the same order, but manupulating some parameter (duration and/or intensity and/or...). The single tesseras can be made to work together and you can put each other in several relations – with specific rules – like separated elements of a whole organic sequence. Think to the film photograms, or to different accords syntacticly put togheter, or to the tesseras in a puzzle. At this 4th level you can create an history of “photo-sounds” that, for example, carry you from a context to another, like in a sweet dream or in a nightmare; you can electronically manipulate the photo-sounds and their progressive movements, intersections, superimpositions etc. Every photo-sound can suggest a particular musical perfume, and this perfume can change, quickly or slowly, in another one. The chain of photo-sounds (that is chain of sounding perfumes) looks for syntactic relations: in the relative durations, in the order of the repetitions, in the type of elecronic manipulations etc. An example: you can start from the continuum of a texture, then you can select some different frame – for example five, calling them 1, 2, 3, 4, 5 –, then you can organize them according to different anagrams following a precise process that starts from a wrong order and goes to a right order, a process that goes from 5, 4, 3, 2, 1 to 1, 2, 3, 4, 5 (choose the process you prefer!); simultaneously you can select several electronic manipulations from a strong and deep manipulation to a very soft and light manipulations; you can have also an acoustic instrument in interaction with the electronic sounds (see the 2nd level) and so on. 5th (transversal) syntactic level. Finally, and not only finally, you can use a counterpoint of sampled elements (MIDI sounds and every sampled sound). This is interesting: you can build your own samplers, as well as use pre-existing samplers. In other term you can work in two possible directions: 1) utilizing sounds of acoustic instruments, 2) utilizing photo-sounds which you have recorded. Generally you can have brief photo-sounds (like pitches with variable durations, eventually to put on a pentagram!), but you can have long photo-sounds too (5, 10, 15... seconds) to break according to the syntax of the durations. This 5th level is transversal because it must be integrated with one of the precedent levels, mayne with the first one or the second or... the forth. It depends from what you want. Remember: the counterpoint is and infinite process; only you must decide when it finishes, how many elements you want to put and keep, or loose, in your musical game. Like in the Rinascimental conception, the tenor (cantus firmus) is one, but the voices of counterpoint could be 2, 3, 4, ... 7, ... 20, ... 50! You choose when and how they are enough and when and how this is functionally good for the result of your musical intentions. And also the syntactic processes can be more or less numerous and, each one, more or less complex. So the quantity of the morphologic materials can change and, or the other side, the quality of the syntax can change too so as the quantity of the intersecting types (numbers) of the active syntaxes. aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf quantità dei materiali morfologici può cambiare e così pure la qualità della sintassi e la quantità, cioè il numero, delle sintassi attive. 5. Prehistory 5. Preistoria The prehistory of the “photo-music” is the concrete music and, generally, the first experiences in the electronic music. La preistoria della “foto-musica” è la musica “concreta” e, più in genere, le prime esperienze della musica elettroacustica. Anche l’etnomusicologia ha gran parte nel processo di formazione di una nuova sensibilità verso i materiali fonici desunti da situazioni “viventi”. Infatti non fu soltanto la ricostruzione delle melodie popolari a influenzare le ricerche etnomusicologiche, ma anche i suoni ambientali tra i quali gli etnomusicologi cercavano e cercano di estrarre i canti di loro interesse. Quanto risulta povera una registrazione PERFETTA – senza fruscii, rumori d’ambiente etc. – di una IMPERFETTA canzone popolare! Certo si può proficuamente analizzare la struttura di ogni musica, ma insieme non bisogna mai dimenticare che le finalità di una struttura sono strettamente correlate al suo contesto (o ai suoi contesti). Forse il senso di una struttura è il contesto stesso, o, in ogni caso, sta dentro un contesto. Un altro aspetto interessante sta nei gesti teatrali che spesso sono connessi alla “foto-musica”. Nella nostra Storia della Musica si può pensare, a questo riguardo, al Futurismo italiano e alla musica “gestuale” degli anni ‘60. Accade così che, nello specifico campo della Storia della Musica, si può infine considerare almeno quattro aree intersecanti per percorrere la preistoria della “foto-musica”: in ordine cronologico, 1) la musica etnica e il mondo di suoni attorno ad essa, 2) la musica “concreta”, 3) la musica elettroacustica in genere, 4) la musica “gestuale” dal Futurismo all’Alea degli anni ‘60. We can also say that the ethnomusicology has a great part in the origins of a new feeling in listening to audio materials caught in live experiences. In fact not only the reconstruction of the recorded popular melodies influenced the ethnomusicologist studies but also the contextual sounds, the environmental sounds which come together with THE sounds you want (would!) record. How poor is a PERFECT recording – without rustles, environmental noises etc. – of an IMPERFECT ethnic song! Surely you can usefully analyse the structure of any music, but you must never forget that the aim of a structure is strictly connected to its context(s). Maybe the sense of a structure is the context, or, in any case, IN the context. Another interesting aspect is the theatrical gestures often connected to the “photo-music”. In our History of Music, at this regard we can look at the Italian Futurism and at the Sixty Years gestual music. So, in the specific field of the History of Music, finally you can consider at least four intersecting areas to go through the prehistory of the “photomusic”: in order to time, 1) the ethnic music and the world of sounds around it, 2) the concrete music, 3) generally the electronic music, 4) the gestual music from Futurism to the Sixty Years Alea. 6. History 6. Storia 1991 Lyriche [Lyrics] 1991 Lyriche ~ ( 43’). Nel 1991 cominciai – inconsciamente – a scrivere pezzi con “foto-suoni”. In quell’anno lavorai alle Lyriche, un pezzo di consistente durata per voci, clarinetti e suoni concreti (due esecutori live e nastro magnetico) su testi medioevali. Fu in quella circostanza che registrai “foto-suoni” da una televisione mal sintonizzata, da un carillon di Natale, da un vestito che frusciava, da bisbiglii, da applausi etc. Altri suoni li registrai da voci recitanti e cantanti e da una svariata gamma di clarinetti. Inoltre trassi da un CD-ROM dei suoni campionati di vento, unico intervento “dall’esterno”. Il lavoro è divisibile in cinque parti autonome più un Pre-ludio, un Inter-ludio e un Pos-ludio: Lyrica 1, Lyrica 2, Lyrica 3, Lyrica 4, Lyrica 5. 1992 La tragica storia del dottor Faust (~ 15’). Alcune parti delle Lyriche furono applicate nel 1992 ad un’opera teatrale di Alfonso Cipolla, dando origine a un nastro analogico dal titolo La tragica storia del dottor Faust. (~ 43’). In 1991 I began – unconsciously – to write pieces with photo-sounds. In that year I worked on my Lyriche (Lyrics), a rather long piece (43’) for voices, clarinets and concrete sounds, for two live performers and tape on Medieval texts. In that occasion I recorded “photo-sounds” from a bad synthonized television, from a Christmas carillon, from clothes in movement, from people speaking in a loud voice, from applauses etc. Other sounds were recorded from acoustic voices and several kind of clarinets. I used also one little frame from a CD-ROM with sounds of wind, the only one “external” intervent. The work is divisible in five autonomous parts plus one Pre-ludio, one Inter-ludio and one Pos-ludio: Lyric 1, Lyric 2, Lyric 3, Lyric 4, Lyric 5. 1992 La tragica storia del dottor Faust [The tragic history of Doctor Faustus] (~ 15’). Some parts of Lyriche (Lyrics) were applicated in 1992 in a theatrical piece by Alfonso Cipolla and they began an isolated analogic tape titled La tragica storia del dottor Faust. 1994/96 Il viaggio finisce qui ~ 1994/96 Il viaggio finisce qui [The trip stops here] 1999 Musiche dell’aurora 1999 Musiche dell’aurora [Dawn music] In ( 11’), scritto tra il 1994 e il ‘96 per le celebrazioni montaliane al Teatro Carlo Felice di Genova, utilizzai alcuni frammenti con registrazioni live della voce del poeta Eugenio Montale. Interessante è il fatto che in questo caso è la voce stessa del poeta, incisa su nastro, a pilotare tutti gli interventi degli strumenti (corno di bassetto e arpa). In tal modo la voce del poeta si fa segno e segnale, fungendo da suono contestuale che ingloba e delimita le azioni strumentali. (~ 60’), composto nel 1999 per l’VIII Biennale Internazionale di Fotografia (Torino, Palazzo Bricherasio) su commissione della Fondazione Italiana per la Fotografia e dedicato all’amica Aurora Blardone, è invece un pezzo molto articolato, di oltre un’ora, ormai in tutto aderente alla concezione della “foto-musica”. I In (~ 11’), written in 1994/96 for Montale’s celebrations at the Carlo Felice Theater in Genua, I used some recorded fragment with the real voice of the poet Eugenio Montale. What is interesting on this use is that the principal function of the voice is just to direct all the intervents of the musical instruments (basset horn and harp). So the voice of the poet begins sign and signal, like a contextual noise which absorbs and leads the instrumental actions. (~ 60’), written in 1999 on commission of the Italian Foundation for the Photography for the 8th International Biennial of Photography (Turin, Bricherasio Palace), is a long piece (about 60’) very near to the conception of the “photo-music”. The contextual sounds are perfectly integrated to the aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf suoni contestuali sono qui perfettamente integrati con gli strumenti acustici della tradizione – la voce del soprano Tiziana Scandaletti e il flauto basso di Anna Maria Morini – ed è possibile ascoltare un mondo di suoni eteogenei organicamente mescolati, da quelli registrati al Chorsu Bazar di Tashkent all’aeroporto di Francoforte al mercato popolare di Porta Palazzo a Torino. Il lavoro consta di due parti eseguibili separatamente: Musica prima (Shahar) (~ 18’) per soprano, flauto basso e “foto-suoni”; Musica seconda (Chorsu bimbo) (~ 42’) per “foto-suoni” con azioni di bimbo. 2000 Macchina II per il Quarto Stato (~ 6’). Nei primi mesi del 2000 ho lavorato su alcune possibili relazioni tra i suoni audio e quelli MIDI. Partendo dalla partitura di Macchina per il Quarto Stato per voce femminile, clarinetto piccolo in mi bemolle e quartetto d’archi, ho concepito un pezzo per solo nastro-CD che ho chiamato Macchina II per il Quarto Stato in cui ho convertito altezze, durate e intensità in suoni MIDI desunti dalla voce di mio figlio Leonardo che, all’età di sei anni e mezzo, bisbiglia frammenti del testo originale di Giuseppe Pellizza da Volpedo (ogni altezza corrisponde a una specifica parola o a uno specifico gruppo di parole). MIDI laus (~ 5’) è il successivo breve e intenso lavoro per flauto, clarinetto in la, violoncello e “foto-suoni”, dedicato a Franco Donatoni, ho invece cercato un suono sinusoidale frammisto a una sorta di rumore grave e impuro cui vengono associate varie intensità in crescendo e decrescendo, un po’ come nel soffio dei mantici di un vecchio organo meccanico. L’intenzione era quella di evocare un suono aereo-lontanomagico-rituale che accompagnasse l’anima di Franco attraverso gli spazi infiniti del cielo e infatti nella partitura richiedo che gli altoparlanti siano collocati fuori campo. MIDI laus è stato rielaborato in altre due versioni: MIDI laus II per flauto, clarinetto in si bemolle, contrabbasso e “foto-suoni” e MIDI laus III per flauto, corno inglese, clarinetto in si bemolle e “foto-suoni”. 2001 Arie condizionate (~ 56’). Ma è nel 2001, con le Arie condizionate – il cui sottotitolo recita “Foto-musica con foto-suoni”® –, che si compie un ulteriore passo avanti. I testi originali sono di Sandro Cappelletto, la commissione è ancora una volta della Fondazione Italiana per la Fotografia per la IX Biennale. Il lavoro è diviso in tre parti autonome: Mano mobile clic (~ 12’), Aria di paragone (~ 11’), Raep on (~ 33’). L’esperienza è qui decisiva, confortata dal fatto che, proprio da quest’anno, l’espressione “foto-musica con foto-suoni” diviene un marchio registrato di mia proprietà. E’ la fase dell’autoironia, in cui i suoni contestuali vengono scelti e carpiti dall’ambiente circostante allo scopo di generare un gioco di illusioni percettive, alcune divertenti, all’interno degli spazi della mostra. Il pubblico non saprà facilmente distinguere ciò che è reale, ovvero suono appartenente all’ambiente hic et nunc, e ciò che ne è virtuale mistificazione. Alla voce «proteica», com’ebbe a definirla un critico riferendosi alle Arie condizionate, di Tiziana Scandaletti si unisce il trombone estroverso di Michele Lomuto. Tips & fingers (~ 6’), Da un frammento interno alle Arie deriva il piccolo Tips & fingers per marimba e “foto-suoni”, dove questi ultimi riproducono il suono che esonda dalle cuffie di un “rappettaro” walkman a passeggio. 2002 Sine nomine (~ 11’). Tra la fine del 2001 e l’inizio del 2002, ancora in collaborazione con Sandro Cappelletto, nasce Sine nomine per soprano, voce recitante, 13 archi e “foto-suoni”. Ho registrato questi “foto-suoni” nell’ex campo di concentramento di San Sabba, a Trieste. Sine nomine capovolge l’ironia delle Arie condizionate e il “foto-suono” si fa portatore di un messaggio di forte pregnanza drammatica. Il lavoro è dedicato alle vittime di San Sabba. Jazz motetus VI (Cricket play) (~ 8’). E’ poi la volta di Jazz motetus VI (Cricket play) per pianoforte e “foto-suoni”, sesto di una serie di Jazz motetus e primo con intervento di “foto-suoni”. Qui i grilli parlanti del Maryland, da me registrati a Baltimora in una magnifica notte di stelle, contrappuntano sul supporto audio-digitale un pianoforte che traduce un “cripto-blues”. Ci sono anche elementi audio registrati a Pechino: durante uno spettacolo nel più antico teatro d’opera e dall’alto di un cortile brulicante di bambini. traditional acoustic instruments – in this case the voice of soprano Tiziana Scandaletti and the bass-flute of Anna Maria Morini – and you can listened to a world of heterogeneous sounds organically mixed, from those ones recorded at Chorsu Bazar in Tashkent (Uzbekistan) to the aeroport of Frankfurt to Porta Palazzo popular market in Turin. The work is formed by two parts, separately performable: Musica prima (Shahar) [First Music (Shahar)] (~ 18’) for soprano, bassflute and “photo-sounds”; Musica seconda (Chorsu bimbo) [Second Music (Chorsu bimbo) (~ 42’) for “photo-sounds” with actions of a child. 2000 Macchina II per il Quarto Stato [Machine for the Fourth State] (~ 6’). In the first months of 2000 I worked on some possible relations between audio and MIDI sounds. So in the score of Macchina II per il Quarto Stato for female voice, E clarinet and string quartet I translated pithces, durations and intensities into a very particular MIDI sounds: the voice of my son Leonardo – six years and half – which whispers fragments of the original text of the piece (every pitches has a specific word or group of words). Just a curious experiment, at this moment. MIDI laus (~ 5’). In my brief and intense following piece for flute, A clarinet, cello and digital tape, dedicated to Franco Donatoni, I asked for a sinusoid sound mixed to a low noise with various intensities in crescendo and decrescendo like in the blowing bellows of an ancient organ. The intention was to evocate an aerial-far-magic-ritual sound, accompanying the soul of Franco across the infinite sky and, in fact, I ask in the score that the speakers have to be out of the stage. MIDI laus is also in other two versions: MIDI laus II for flute, B clarinet, contrabass and “photo-sounds” and MIDI laus III for flute, English horn, B clarinet and “photo-sounds”. 2001 Arie condizionate [Air conditioning] (~ 56’). It is just in 2001 that Arie condizionate – with subtitle “Foto-musica con foto-suoni”® (Photo-music with photo-sounds) – allows an important new step. The original texts are by Sandro Cappelletto, the commission is, second time, by the Italian Foundation of Photography for the 9th Biennial. The work is in three autonomous parts: Mano mobile clic [Mobile hand clic] (~ 12’), Aria di paragone [Comparison air] (~ 11’), Raep on (~ 33’). Here the experience is really decisive and the Italian expression “foto-musica con foto-suoni” becomes a trade mark in my property. This is an autoironic moment, where the contextual sounds are selected and caught all around the environment to generate a joke of perceptive illusions – sometimes amusing – inside the spaces of the exhibition. People will not be easily able in distinguishing what is actual, that is really part of the environment, here and now, and what is a virtual mistification. Together there are the «proteic» voice of Tiziana Scandaletti (in this manner a critic defined it referring to Arie condizionate) and the extroverted trombon of Michele Lomuto. Tips & fingers (~ 6’). The little Tips & fingers for marimba and “photo-sounds” derives from an internal fragment of Arie condizionate. Here the “photo-sounds” reproduces what comes out the headphones of a rapper walking walkman. 2002 Sine nomine (~ 11’). Between the end of 2001 and the start of 2002, always in collaboration with Sandro Cappelletto, Sine nomine for soprano, reciting voice, 13 strings and “photo-sounds” born. I recorded these “photo-sounds” in Trieste at San Sabba concentration camp. Sine nomine reverses the ironical attitude of Arie condizionate and “photosounds” carry on a message full of tragic drama. The work is dedicated to the victims of San Sabba. Jazz motetus VI (Cricket play) (~ 10’). Jazz motetus VI (Cricket play) for piano and “photo-sounds” is the next “photo-piece”, sixth one in a serie of Jazz motetus and first one with intervents of “photo-sounds”. Here talking crickets of Maryland, which I recorded in Baltimore during a wonderful starry night, make a counterpoint on CD to the piano that transaltes a “crypto-blues”. There are also many audio elements recorded in Peking (China): in an ancient opera-theatre as well as in a courtyard crammed with crying children. 2003 Treni persi [Lost trains] aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 (~ 63’). 2003 is the year of an © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf 2003 Treni persi (~ 63’). Nel 2003 nasce il progetto articolato di sonorizzazione per il Museo Ferroviario Feralp di Bussoleno, progetto che vede la commissione da parte della Provincia di Torino di un CD che prende il nome dalla sua prima composizione: Treni persi (~ 26’), cantata per voce viaggiante, voce che ha viaggiato, archi, percussioni e “foto-suoni”. Ancora una volta i testi sono di Sandro Cappelletto. Il lavoro, nella sua versione live, dura ventotto minuti, divisi in Treno I, Treno II e Treno III. Del CD di sonorizzazione fa anche parte una rielaborazione per voce recitante, orchestra d’archi e “foto-suoni” di Un petit train de plaisir (~ 15’) (dall’omonimo brano per pianoforte di Gioachino Rossini) e, primo esempio di lavoro sistematico sui “fotosuoni” campionati, i Gioco-treni (~ 22’), nei quali sbuffi, fischi e e sferragliamenti vengono utilizzati per ottenere uno strumento virtuale dal singolare potere evocativo. 2004 XXIV (~ 7’). Il 2004 inizia con XXIV per flauto, violino e “fotosuoni”, dedicato a Anna Maria Morini e Enzo Porta nel quindicesimo anno del loro sodalizio artistico. Il titolo trae spunto dal ventiquattresimo canto dell’Inferno dantesco ed è commissionato dal Conservatorio di Rovigo. Sul nastro-CD, sei minuti di “foto-suoni” delle cascate del Niagara unite alla voce di Leonardo – dieci anni, mio figlio – che recita il poema dantesco. Mina miniera mia (~ 31’). A soli quattro mesi dal CD Treni persi, ancora su commissione della Provincia di Torino esce un nuovo CD di “foto-musica”, questa volta per la sonorizzazione del Museo “Il Ferro e la Diorite” di Traversella. Titolo: Mina miniera mia. Il lavoro è realizzato su un’idea drammaturgica di Sandro Cappelletto, che ha ordinato i materiali da me registrati in due giorni campali di escursioni tra miniere, officine, campi e strade di Traversella. Fil rouge di tutto il lavoro, che si compone di Musica per le gallerie (~ 20’) e Musica per l’opificio (~ 11’), sono le voci narranti di cinque ex-minatori cui si contrappuntano i vocalizzi di Tiziana che ripercorrono in codice due splendidi canti popolari valchiusellesi. Jeux d’eaux et d’oiseaux (~ 7’). Commissionato da Antidogma Musica, questo pezzo per solo nastro (CD) è basato su “fotosuoni” registrati a Singapore (acquazzoni tropicali e grida di uccelli e animali vari) e sulle Alpi italiane (acqua di torrenti e ruscelli montani, fontane, sorgenti etc.). Le grida di uccelli sono qui organizzati come altezze campionate e applicate a un materiale melodico, analogamente ad alcune parti di Gioco-treni e di Musica per l’opificio. La durata è di circa sette minuti. Musiche della Reggia di Venaria Reale (~ 60’) è il titolo del nuovo CD nato su commissione della Regione Piemonte quale testimonianza artistica del più grande cantiere culturale operante nei primi anni 2000 in Europa. Il CD si configura come “visita sonora guidata” attraverso le sontuose stanze della Reggia, utilizzando un fitto parco di “foto-suoni” desunti dall’“orchestra” degli operai del cantiere unitamente a musiche barocche e contemporanee eseguite con strumenti e prassi esecutive d’epoca. L’operazione è particolarmente complessa e comprende, anche eseguibili separatamente, una rielaborazione con “fotosuoni” dell’antica Sonata da camera op. 2 n. 8 di Giovanni Lorenzo Somis (La Cappella di Sant’Uberto: “Sonata in trio”) seguita da due brani per soli “foto-suoni” (La Torre dell’Orologio e la Corte d’onore, La Reggia di Diana e la Stanza dei Telamòni), quindi l’«azione tragicomica» parodia sui nuovi mecenati della cultura e sull’odierna crisi delle committenze La Galleria di Diana: “Picander 2004” (~ 21’) e, infine, altri due brani per soli “foto-suoni” (I Giardini reali, Il Belvedere Alfieri). I musici dell’Academia Montis Regalis, così come le voci cantanti di Tiziana e del bass-baryton Mario Tento cui si unisce la voce narrante di Sandro Cappelletto, galleggiano nel mare grandangolare dei “foto-suoni”, definendone il senso e ricevendolo a loro volta. 2005 Mano mobile clic (vers. 2005) (~ 12’). Si tratta di una rivisitazione della prima parte delle Arie condizionate (2001), sempre per voce femminile, mani e “foto-suoni”. Questa versione, nata per una incisione dell’etichetta Stradivarius, sbalza in primo piano i “foto-suoni”, in parte alterando le dinamiche della versione originale. Così i “fotosuoni” dialogano più vivacemente con la voce generosa di Tiziana, in un mix di humour sottile e ulteriormente stratificato. articulated project of enviromental sounds for Feralp Train Museum in Bussoleno. The project is committed from Turin Province for a realization of one CD the tile of which is the same of the first piece: Treni persi [Lost trains] (~ 26’) , cantata for travelling voice, voice which travelled, strings, percussion and “photo-sounds”. Again the texts are by Sandro Cappelletto. The work, in the live version, is long twentyeight minutes, divided in 1st train, 2nd train and 3rd train. In the CD with the enviromental sounds there is also one elaboration for reciting voice, string orchestra and “photo-sounds” of Un petit train de plaisir [A little train of pleasure] (~ 15’) (from Rossini’s work with the same title) and, first example of systematic work on sampled “photo-sounds”, Gioco-treni [Joke-trains] (~ 22’), in which puffing, wistling and rattling are used to get a virtual instrument with strong evocative power. 2004 XXIV (~ 7’). 2004 starts with XXIV for flute, violin and photo-sound, dedicated to Anna Maria Morini and Enzo Porta in the fifteenth year of their artistic union. The title becomes from the twentyfourth part of Dante’s Inferno (Hell)and is committed from Rovigo Conservatory. On the tape-CD there are six minutes of “photo-sounds” of Niagara Falls mixed to the voice of Leonardo – ten years, my son – which recites Dante’s Poem. Mina miniera mia (Mina my mine) (~ 31’). Just four months later than CD Treni persi (Lost trains), another commission from Turin Province follows with a new CD of “photo-music”, this time for the mine in Traversella and Museum “Iron and Diorit”. Tile of CD: Mina miniera mia. The work is realized on a dramaturgic idea of Sandro Cappelletto, which put in order the materials I recorded in two intense days among mines, workshops, fields and roads in Traversella, near Turin. Fil rouge of the entire work, which is formed by Musica per le gallerie [Music for galleries] (~ 20’) and Musica per l’opificio [Music for workshops] (~ 11’), the telling voices of five old miners to which the vocalizing voice of Tiziana counterpoints, read through hidden codes, two splendid popular songs born in Valchiusella. Jeux d’eau et d’oiseaux (~ 7’). Committed by Antidogma Musica, this piece for solo tape (CD) is based on “photo-sounds” recorded in Singapore (tropical showers and cries of birds and other animals) and on the Italian Alps (water of mountain torrents and streams, fountains, springs etc.). The cries of birds are organized in sample tones applied to a melodic material, similarly to Gioco-treni (Jokes-trains) and Musica per l’opificio (Music for workshops). Duration about seven minutes. Musiche della Reggia di Venaria Reale [Music of the Castle of Venaria Reale] (~ 60’) is the title of the new CD committed by Piedmont Region as artistic document of the biggest cultural yard which is active in Europe at the beginning of 2000s. The CD is like a “sonorous guided visit” through the sumptuous halls of the Castle. I uses a thick mass of “photo-sounds” taken from the “orchestra” of yard-workers together with baroque and contemporary music performed on baroque instruments and with baroque praxis. The global operation is particularly complex and includes, also separately perfromable, an elaboration with “photo-sounds” of the ancient Sonata da camera op. 3 n. 8 by Giovanni Lorenzo Somis (La Cappella di Sant’Umberto: “Sonata in trio” [The St. Uberto Chapel: “Sonata for three instruments”]), two following pieces just for “photo-sounds” (La Torre dell’Orologio e la Corte d’onore [The Clock Tower and Court of honour], La Reggia di Diana e la Stanza dei Telamòni [The Palace of Diana and the Telamòni Hall), the «tragicomic action» parody on new maecenas in our culture and the crisis in committing artistic operas today La Galleria di Diana: “Picander 2004” [The Gallery of Diana: “Picander 2004”] (~ 21’) and, finally, two other pieces for “photo-sounds” (I Giardini reali [The Royal Gardens], Il Belvedere Alfieri [The Alfieri Belvedere]). The musicians of Academia Montis Regalis, as well as the singing voices of Tiziana and bass-baryton Mario Tento plus the reciting voice of Sandro Cappelletto, float on the wide-angle sea of “photo-sounds”, defining its sense and aquiring themselves sense. 2005 Mano mobile clic (vers. 2005) (~ 12’). This is an elaboration of the first part of Arie condizionate [Air conditioning] (2001), aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf Jazz motetus VI (Cricket play in St. Petersburg version) (~ 10’) nasce anch’esso come seconda versione “riveduta e corretta” di un lavoro precedente, il Jazz motetus già scritto nel 2002 per il pianista americano Paul Hoffmann. Anche in questo caso la nuova elaborazione tende a porre in evidenza i “foto-suoni”, non tanto alterando la dinamica di origine quanto attraverso la dilatazione dei tempi metronomici che, da un lato, lasciano al pianista una respirazione più libera e meno congestionata e, dall’altro, protraggono gli spazi concessi ai “foto-suoni” favorendone una percezione più chiara e consapevole. La dicitura «St. Petersburg version» si riferisce al luogo in cui è maturata, e per la prima volta è stata eseguita, questa nuova versione. Et amoris: tango pour Bruno (~ 15’) è il lavoro commissionato dalla Città di Torino in occasione dei giochi olimpici invernali 2005-6. L’organico è voce femminile, orchestra d’archi e “foto-suoni”. I testi, affidati alla voce di Tiziana sia live sia su nastro-CD, sono di Paul Verlaine e non c’entrano direttamente con le olimpiadi ma con chi ne decide le sorti culturali. I “foto-suoni” sono di triplice natura: a) materiali registrati in Argentina e Uruguay nel dicembre 2004, b) materiali “falsificati” dalla Sérénade in tempo di tango delle Tre Liriche di Verlaine di Bruno Maderna, c) materiali MIDI con campionamenti dai materiali a e b ma anche con suoni di sintesi, inclusi quelli di un mandolino virtuale e, anche lui, “falso”. La voce, imitando e confraffando questi suoni (quasi onomatopeicamente), vi si contrappunta con una gestualità forte e nervosa, non di rado caustica quanto il testo di Verlaine richiede. 2006 Foto-suoni per le Universiadi (~ 15’) è una reinvenzione di materiali tratti da Mina miniera mia e Jeux d’eaux et d’oiseaux (2004) ... 2007 The Brown Cage (2006) (~ 6’) nasce per un concerto del Duo Alterno a New York in collaborazione con il Modern Works Ensemble e la violoncellista Madeleine Shapiro... [etc...] always for female voice, hands and “photo-sounds”. It is a version born for a CD recording of the Stradivarius label and throws in evidence the “photo-sounds”, partially changing the dynamics of the original version. So the “photo-sounds” couterpoint more brightly and lively Tiziana’s generous voice, with a mix of subtle and further stratified humour. Jazz motetus VI (Cricket play in St. Petersburg version) (~ 10’) was born, even it, as second revised version of a previous work, the Jazz motetus written in 2002 for the American pianist Paul Hoffmann. Also in this case the new elaboration intends to put more in evidence the “photo-sounds”, not as changing the dynamics but as expanding the metronomic tempo. On one side the pianist can have a large breathing without congestion, on the other side the “photo-sounds” have more time to overrun helping a clear and conscious perception. «St. Petersburg version» means the place where this version grew up and was firstly performed. Et amoris: tango pour Bruno (~ 15’) was committed by the City of Turin in occasion of the Olympic Winter Games 2005-6. The organic is female voice, string orchestra and “photo-sounds”. The texts, entrusted to Tiziana’s voice both live and on tape-CD, are by Paul Verlaine and do not pertain directly the Olympic Games but the persons who decide their cultural chances. The “photo-sounds” have a triple nature: a) materials recorded in Argentina and Uruguay in December 2004, b) “counterfeit” materials from the Sérénade in tango by Bruno Maderna’s Tre Liriche di Verlaine, c) MIDI materials with samplers of the a and b materials but also with synthetic sounds, included a virtual mandolin (“counterfeit” it too). The voice, imitating and simulating these sounds (sometime onomatopoeicly), counterpoints itself to them with a strong and nervous gestuality, often caustic as Verlaine’s text requests. 2006 Foto-suoni per le Universiadi (Foto-suoni for Universitadi) (~ 15’) is a reinvention on materials extracted from Mina miniera mia and Jeux d’eaux et d’oiseaux (2004) ... 2007 The Brown Cage (2006) (~ 6’) is born for a concert of the Duo Alterno in New York in cooperation with the Modern Works Ensemble and the cellist Madeleine Shapiro... [etc...] aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf 7. Testi originali // 7. Original texts Musiche dell’aurora (1999) Testi di Riccardo Piacentini, da Nadar, Quand j’étais photographe, Parigi 1900, liberamente tradotto, citato e frainteso Musica prima (Shahar) dàtemi / uno spago / un gomitolo di spago / in ricordo di Teseo l’uomo del labirinto / ... // labirinto di cunicoli / aggrovigliati / reconditi / bui / ... // l’obiettivo / farà a meno della luce del giorno / si aprirà allo scuro o al debole chiarore di uno spioncino / o alla luce artificiale / o all’aurora / ... // “ s h a h a r ” / ... // ecco / lo spazio si allarga / vedo una porta è tempo di entrare / ... // galleria senza fine / di cemento / e pietra / ... // rapidi / sempre più rapidi / l’atmosfera è fredda gelida / l’umidità arrugginisce la pietra / basterebbe uno squarcio istantaneo per essere inghiottiti senza scampo / ma lontano molto lontano davanti a noi / si accende un punto luminoso / una luce insistente / l’aurora / ... // “ s h a h a r ” Musica seconda (Chorsu bimbo) lontano / molto lontano / una luce insistente / ... // immagini / sensibili / posano / nelle camere / ... // lastre / nere / s’illuminano / di argento / ... // figure / svaniscono / appaiono / colori / ... // solo il tempo dell’esposizione / ha il diaframma / per aprirsi Arie condizionate (2001) Testi di Sandro Cappelletto Mano mobile clic (rap fotografico-digitale per dita soliste) Clic. Il dito grilletto mira Manù, / digita connette preme invia / e la mano è la mia. / E’ la mia? // Il dito si fa verbo, Manù. / Gesù! Quale chiocciola hai tu? / Soffio un message exquis. / A chi? // Seduzione Internét, tabernacolo, / Graal, grado zero realtà, / incontrarti là / vederti perfino com’eri / un istante fa, un tempo, domani. // @ clic csiss fsss connessione / fa bene al cuore l’opposizione / nell’al di là e anche di qua / probabilmente / tu rimarrai / nella cripta dei file. // Mano tempo scatto, ti inseguo Manù! / Era Warhol o era Gluck, / sei post-global anche tu? // Lira d’Orfeo – smile Marilyn / ferma così – carpe il mio clic. / Guardarmi? No, accarezza però, // conosci dico l’idea / de ma main engloutie / dans ton paradis? // La belle main de l’amour. / Switch off @ e desideri tu / dopo l’invio parlare un po’? // Apri il palmo / di naso Manù. / Would you slash della mia nonna / il ragù? Mobile hand click (photographic-digital rap for solo fingers) Click. The finger trigger aims Manù, / type connect key in enter / and the hand is mine. / Is it mine? // The finger is made flesh, Manù. / Jesus! What’s your e-mail address? / I whisper un message exquis. / To whom? // Internet seduction, tabernacle, / Grail, zero degree reality, / meeting you there / seeing you even as you were / an instant ago, once, tomorrow. // @ click csiss fss connection / opposition is good for the heart / beyond and also down here / probably / you will stay / in the crypt of the files. // Hand time release, I’m following you Manù! / Was it Warhol or was it Gluck, / are you post-global too? // Orpheus’ lyre – smile Marilyn / Stop right there – take my click. / Look at me? No, but caress. // I mean, do you know the idea / de ma main engloutie / dans ton paradis? // La belle main de l’amour. / Switch off @ and do you want / to talk a little after the transmission? // Open the nosy / hand Manù / Would you slash like my grandma’s / stew? Sine nomine (2001) Testo di Sandro Cappelletto Canto: Nunc tamen interea haec, prisco quae more parentum / tradita sunt tristi munere ad inferias. Voce: Ricordare. Ricordare serve, non siamo nulla senza memoria. / Ricordare il dolore per impedirlo, per annientarlo. / Così sono stata educata, fratelli. Quante volte, padre mio, hai voluto raccontarmi. / Ci annientavano, dicevi, in nome di un’idea. Ma la tua sarebbe stata l’ultima volta. / Il pozzo dell’odio doveva seccarsi. Noi avremmo ricordato. Impedito. Canto: Multas per gentes et multa per aequora vectus / advenio has miseras, frater, ad inferias... Voce: Ho voluto vedere i luoghi che ti hanno rapito, / il tuo ultimo sguardo che cercava l’eco del mare invisibile, la vita. / Il corridoio dei tuoi ultimi passi, che nessuno ha accompagnato d’amore, / il tuo ultimo pensiero di paura, quando nulla più potevi sperare. / Non riuscivo a immaginare, le pietre sconnesse, l’ultima cella, / l’ultimo istante che ti è stato concesso, le grida spente. / Ma tu, a San Sabba, prigioniero nella Risiera dell’odio, / almeno avevi una fede: la memoria doveva, e per sempre, impedire altri massacri. Canto: In interiore homine timeo perspicere. / In interiore homine habitat – / Odio. Voce: Anche noi, padre, abbiamo imparato a nutrirci di odio. / Ancora, padre, volentieri si uccide. Volentieri in nome di Dio. / Il tuo dio, il mio dio, il loro dio – quale? / Dio vendichi il sangue nostro, il suo, il loro, di tutti. A spada tratta. / Si grida quel nome sui campi di morte, si invocano benedizioni, / si alzano altari, inneggiando. Insegnami un dio che questo non chiede, / mostramelo, desidero scoprirlo. / I nemici - abbiamo sempre molti nemici, ognuno di noi ha molti nemici, / e non era questo che immaginavi nella risiera alta sul mare, / dove i tuoi nemici, in nome di qualcosa, certamente, / certamente in nome e in grazia di qualcosa, facevano, fanno morire. / Tutto per nulla, dunque? Canto: My heart can’t drink the dregs of such despair / Atque in perpetuum, frater, ave atque vale. Voce: La lista è diventata più lunga, la memoria ho paura non serva, / ogni uomo ritorna ad essere il primo. Accadono verità terrificanti, padre. / Gli angeli ne avrebbero orrore, ma accadono. / La loro ala dovrebbe troppo distendersi, per nasconderle. / Io continuo ad amarti. / Kai egàpesan oi àntropoi màllon tò skòton è tò fòs (Ma gli uomini preferirono le tenebre alla luce). / Accipe fraterno multum manantia fletu. Canto: Charis Zeoù invoco. / Osanna – Si requies numquam invenies. Osanna. Treni persi (2003) Testi di Sandro Cappelletto aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf 10 1° treno Voce registrata (annuncio interno al treno) Our Eurostar train is now arriving in the station / of Florence. Next stop Florence. / We are running twentyfive minutes late. / We apologize. Canto You apologize, ma in ritardo siamo noi! / E non mi prende il cell! Non c’è campo, / gallerie, gallerie! Non mi aspetterà, maniaco com’è. / La coincidenza per la montagna / lui non la perde, mai! / Proprio oggi che la macchina è rotta. / Questa mania del week-end! Non dovevo partire. Voce registrata (da interno treno, in assolvenza) … nella carrozza numero cinque è disponibile / un servizio di caffetteria, bevande calde e fredde, / snack e brioches, primi piatti, ananas e dolci… / In the coach number five is now available / a refreshing service… snack, drinks, cakes, cookies, / dessert, paté, brulé à l’orange, flambé, consumé, sbrodegòn à toutalheure… Voce vecchio ferroviere Mio padre faceva il sarto e cuciva anche molte divise per ferrovieri. / La chiamava la stoffa del potere. Ogni bambino sogna / di diventare Capostazione. / Sulla linea Cuneo-Ventimiglia, all’altezza della stazione di Tenda, / in alto a destra, sporgendosi appena / si può vedere un tratto dell’elicoidale di Cagnolina. / I viaggiatori le chiamano le lumache, / la ferrovia fa le lumache, dicono. / Il viadotto ha dodici archi, otto di quindici metri, / uno di venti, tre di dodici. / Il giro elicoidale è di millecinquecentoventidue metri: / un capolavoro. 2° treno Canto (tra desiderio e amarezza) …Sì viaggiare, evitando le buche più dure... / E poi nelle tue braccia cadere, ma tu / vorrai sciare, farà freddo amore, / e poi, fra due ore… / Il tempo di un dessert, / Any snack, madame? Un brulé? / Prendi il treno, che ci vuole, arrivi, cambiamo, / altre due ore e siamo lì... amore. / Amori ferroviari, boicottati dagli orari. Voce vecchio ferroviere Dopo la galleria di Saint Roch, / la linea, non ancora elettrificata, e credo non lo sarà mai, / percorre il viadotto di Saorge. / E’ il punto più stretto della valle, / ridotta ad una gola strettissima, / sessanta metri sotto la ferrovia. / L’unica luce è quella delle acque bianche del torrente, / è come se fossimo sopra un ponte. / Lo dico a tutti, quando prendono servizio: / non è quello il momento più adatto per controllare i biglietti. Voce registrata (da altoparlante stazione) Treno regionale speciale sciistico per Monte Amiata, / tariffa railway-ski-pass-super-G-week-end-and-go, / atteso alle ore 11 e 45, arriverà e partirà dal binario / 9 anziché 12. Più tardi. / We apologize. 3° treno Canto Apologia dell’apologize / sono stufa in extra-size! / No grazie non gradisco un altro / drink piuttosto qui fa un freddo boia. / Mi guarda, scusi, l’air conditioning? / Nemmeno lo snack. Come dice, un guasto sulla linea? / Imprecisato, ritardo imprecisato? / Non ci crederà. Che cretina a partire. / Attenta a non perderlo, mi fa, / ma magari l’avessi perso. / Oddio, il carica-batteria: / dimenticato nel bagno. / Penserà che non voglio rispondere. / Non era un guasto? Ripartiamo? Voce registrata (invitante) Compra la Intercity card e risparmia. / Straordinaria occasione / per i frequent-railway-travellers / più viaggi meno spendi. / E’ il sabato del viaggiatore. / Accumula punti, vincerai chilometri. Canto Ripartiamo davvero? / Ma in avanti o più indietro? / Era un sabato speciale? / L’offerta eccezionale? / Amore non mi voler male, / che fatica viaggiare per te. Voce vecchio ferroviere Passata la vecchia frontiera – ancora si vede il ponte / tirato giù dalle bombe – comincia la discesa verso valle, / ma per un treno scendere non è più facile che salire. I freni, / bisogna controllarli ogni volta; i viaggiatori si preoccupano del riscaldamento, / dei bagni, ai freni non ci pensano. Non ci devono pensare loro, / ci dobbiamo pensare noi, il biglietto da visita dell’azienda. / All’altezza di Precipus, voltandosi indietro, in fretta perché poi inizia la galleria, / una di quelle con imbocco storto per seguire la curva della montagna,/ voltandosi verso monte, dicevo, si possono ancora vedere gli ulivi più alti d’Europa. / A primavera capita che qualcuno sia ancora sotto la neve, / e mezz’ora dopo, guardando in giù, vedi già qualche turista che fa il bagno. / Venti chilometri da Ventimiglia, abbiamo passato la vecchia frontiera / per l’ultima volta. La galleria di Fromentino / è a doppio binario per accogliere l’ex binario di precedenza, / siamo a trecentodue metri sul livello del mare, è lunga / seicentoquarantaquattro, vi transitano undici coppie di treni al giorno... / ben poca cosa rispetto ai milleduecentotrenta treni / che ogni giorno percorrono i millesettecentosessantacinque chilometri / di binari del Piemonte. (sandro cappelletto) 1st train Recorded voice (announcement inside the train) Our Eurostar train is now arriving in the station / of Florence. Next stop Florence. / We are running twenty-five minutes late. / We apologize. Song You apologize, but we are late! / And my mobile’s not working! Can’t find the network. / tunnels, tunnels! He won’t wait for me, he’s so finicky. / And the connecting train for the mountains / he never misses it! / The locomotive had to break down today of all days. / This obsession with weekends! I should never have set off. Recorded voice (announcement inside the train fading out) … nella carrozza numero cinque è disponibile / un servizio di caffetteria, bevande calde e fredde, / snack e brioches, primi piatti, ananas e dolci…… / refreshments are now available / in coach number five, hot and cold drinks / snacks, cakes, cookies, / dessert, paté, brulé à l’orange, flambé, consumé, sbrodegòn à toutalheure… Voice of an old railwayman My father was a tailor and he also made a lot of uniforms for railwaymen. / He called it the fabric of power. Every little boy dreams of beaggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf coming a station master. / On the Cuneo-Ventimiglia line, when you get to the station of Tenda, / up on the right if you lean out a bit / you can just see part of the Cagnolina mountain railway. / Travellers call them snails, / the railway makes snails, they say. / The viaduct has twelve arches, eight of fifteen metres, / one of twenty, three of twelve. / The mountain railway makes a round trip of one thousand five hundred and twenty-two metres: / a work of art. 2nd train Song (mixture of sadness and bitterness) … Yes travelling, avoiding the hardest holes… / And then falling into your arms, but you / will want to go skiing, it’ll be cold, love, / and then a couple of hours later… / Time for a sweet, Any snacks, Madam? A mulled wine? / Get on a train, there’s nothing to it, you arrive, we get changed, / another two hours and we’re there… love. / Railway loves, boycotted by timetables. Voice of an old railwayman After the Saint Roch tunnel, / the line, it hasn’t been electrified yet, and I don’t suppose it ever will be, / crosses the Saorge viaduct. / It’s the narrowest part of the valley, / squeezed into a tight pass, / sixty metres below the level of the tracks. / The only light is the white of the mountain river, / it’s like being on a bridge. / I tell them all, when they come on duty: / it’s not the right moment to check the tickets. Recorded voice (from the station loudspeaker) Special regional ski train for Monte Amiata, / special railway-ski-pass-super-G-weekend-and-go fare, / due at 11.45, will arrive and leave from platform / 9 instead of 12. Later. / We apologize. 3rd train Song Apology to apologize / I’m fed up in extra-size! / No thank you, I do not want another / drink, but it’s freezing here. / Look, excuse me, the air-conditioning? / Not even a snack. What’s that, a problem on the line? / Unspecified, unspecified delay? / You wouldn’t believe it. Stupid of me to even set off. / Mind you don’t miss it, he says, / I wish I had. / Oh Lord, my battery-charger: I’ve left it in the bathroom. / He’ll think I don’t want to answer. / Wasn’t it a breakdown? Are we going? Recorded voice (inviting) Buy the Intercity card and save. / Special offer / for frequent-railway-travellers / the more you travel the less you spend. / It’s traveller’s Saturday. / Collect points and win kilometres. Song Are we going to move? / Forwards or backwards? / Wasn’t it supposed to be a special Saturday? / Extra special offer? / Don’t hold it against me, love, / it isn’t easy to travel for you. Voice of an old railwayman After the old border – you can still see the bridge / destroyed by bombs – you start the long descent towards the valley, / but for a train it’s as difficult to descend as it is to climb. / The brakes / need to be checked every time; / the passengers worry about the heating, / the toilets, but they don’t stop to think about the brakes. It’s not their job, / we’ve got to think about the brakes, the company’s visiting card. / At Precipus, looking back, quickly because then you go into the tunnel, / one of the ones with a bent mouth that follows the curve of the mountain, / looking uphill, as I was saying, you can still see the highest olive trees in Europe. / In spring you can still find some of them covered with snow, / and half an hour later, looking down, you can already see tourists swimming. / Twenty kilometres from Ventimiglia, we have passed the old border for the last time. The Fromentino tunnel / is double-tracked to allow for the old priority track, we’re three hundred and two metres above sea level, and it’s six hundred and forty-four metres long, eleven pairs of trains pass every day... / not much compared to the one thousand two hundred and thirty-three trains / that run on the tracks of Piemonte / every day. (sandro cappelletto, tr. timothy alan shaw) Musiche della Reggia di Venaria Reale (2004) Testi di Riccardo Piacentini • La Cappella di Sant’Uberto: “Sonata a tre” Per volontà magnifica di Sua Altezza Vittorio Amedeo II si decide di ampliare e abbellire la Reggia di Venaria Reale… Per ricchezza e strategia, la Sabauda Maestà intende renderla più comoda, più degna, più regale. Fornirla di saloni dall’acustica meravigliosa, di ambienti luminosi che si vogliono «bene disposti per tutte le stagioni», pronti a ricevere la fonte del sole... Filippo Juvarra corona il desiderio sovrano: la Cappella di Sant’Uberto, grande come una chiesa, oggi sconsacrata, è un autentico gioiello della sua architettura. Ancora oggi vi suonano musici e strumenti di epoche lontane… e vicine. • La Torre dell’Orologio e la Corte d’onore La Torre dell’Orologio è il portale sonoro della Reggia... Oltre quell’arco si entra nella Corte d’onore: un tempo divisa in due cortili, dal Settecento un unico grande scenario, per un teatro da inventare. • La Reggia di Diana e la Stanza dei Telamòni Amedeo, Amedeo, signor architetto Amedeo di Castellamonte, faccia meravigliosa lei codesta corte, progetti dunque un nuovo complesso e grande attorno e oltre il vecchio cuore della Casa, la Reggia di Diana. I suoi spazi risuonano ancora, magnificamente… Progetti, lavori, maestri, operai, arredi, danari, eppure… Vittorio Amedeo II, sovrano in ascesa tra le medio-piccole corti d’Europa, non è contento: Venaria non è abbastanza Reale, priva – la trova ancora priva – di quello che si richiede per la maestà di una residenza degnamente sabauda, grandiosa e altisonante… Michelangelo signor Architetto Garove e lei Maestro Juvarra ricevete dunque l’incarico di ampliare ancora. L’orizzonte del bello e anche del lusso sarà il solo limite del vostro budget. Ecco gli appartamenti settecenteschi, la Stanza dei Telamòni… • La Galleria di Diana: “Picander 2004” I Padiglioni di Garove e, in mezzo, il «teatro di luce» della Galleria di Diana... Feste regali davvero si terranno nella Galleria di Diana, divina di cacce amorose. Anche le danze, i musici, si paghino – mai abbastanza, signori – i migliori da Torino, si chiamino i melodici virtuosi da Venezia, gli armonici da Lipsia, i danzanti elegantissimi dalla Reggia, ideale cugina nostra, di Versailles. • I Giardini reali aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 11 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf I Giardini reali… Oasi di incantate geometrie… Come l’Adagio di una sonata. • Il Belvedere Alfieri Se questa Reggia intende rappresentare il mondo, questo e quell’altro, bisognerà allora congiungere l’immagine terrena di Diana con quella di gioia eterna evocata da Sant’Uberto… I Belvedere Alfieri: da quassù si ascoltano, si dominano tutte le voci della Reggia: i suonatori gagliardi della Corte d’onore... i flauti, i cembali, gli archi, le danze della Galleria di Diana… i suoni celesti della Cappella di Sant’Uberto… Ora sì, ora Sua Altezza pensa di poter essere contento. Attraversa la Reggia e, dietro a lui, i suoi architetti dicono: guardatelo, sembra in Paradiso, un po’. Picander 2004 Personaggi: La Putta, Picander, I Musici, I Foto-suoni • SIGLA La Putta: Dov’è? dov’è? I Musici: Dov’è chi? La Putta: Picander! La festa sta per cominciare e lui non ha scritto una riga. I Musici: Oooooh! Andiamolo a cercare! • RECITATIVO I La Putta: Qua non si capisce niente. Dovevo restare a Venezia in orfanotrofio, a cantare; sì, a cantare con quel prete di Vivaldi, e invece no: mi mandano a cantare qua.Aaaaa... La musica c’e’ (è questa qua!) ma le parole... le parole dove sono? Dov’è Picander? I Musici: Eccolo, eccolo! Eccolo qua! Picander: Eccomi, eccomi! Eccomi qua! • RECITATIVO II La Putta: Picander mio bello, ci sono o non ci sono queste parole? Picander: Parole... parole... E che ci vuole? Le scriviamo subito, le parole. Chi dobbiamo festeggiare? ... Chi? Lui!? La Putta: Di più, di più... Più in alto. Picander: Per tutti i Kaiser! L’eccellentissimagnificarcititolatosignore!! Sua committenza delle committenze! ... Tu canta, io scrivo. • DUETTO DELLE VOCALI La Putta: A... e... i... o... u... Picander: A... a... a Te... A... a... a... arcititolato Signore! E... e a tutti i tuoi parenti: mogli, amanti, figli e nipoti. I... i... i... inneggiamo a Te, nostro Arcititolato Signore! I... Inneggiamo! O... o... oggi è un giorno straordinario, memorabile... Un giorno che la birra o il vino non faranno dimenticare. Forza flauti e archi... Suonate! E voi, cimbali, tintinnate! Tin... tin... tin... La Putta: E bravo Picander! • INTERMEZZO I Picander: Ho finito le parole. Sentite... • ARIA DI BACCO, O BACCANALE I La Putta: Arcititolato signore, committenza delle committenze... ascolta questo incauto baccanale! «Grande genio è il nostro Bacco, / dio o musico chi sa? / E geniale è il suo prodotto: / vino o musica sarà! / Tu, signore generoso, / non deludere le attese, / altrimenti noi piantiamo / un immondo gran baccano; / baccanale! – vorrai dire; / no – io dico – gran baccano!» • INTERMEZZO II • DUETTO “SWINGATO” DI BACCO, O BACCANALE II La Putta e Picander: Arcititolato signore, committenza delle committenze... ascolta questo piccolo “dolcesinuoso” baccanale! «Ïo scrivo e tu canti... / ïo canto e tu scrivi... / Bacco: che musico d’incanto! / Committenze noi vogliamo, / no no no nessun baccano; / solo amici e tanti auspici.» Picander: E tu, arcititolato signore delle committenze, ascolta quest’altro brano, che in canone fu scritto affinché più volte lo ascolti, a diritto e rovescio, avanti e indietro. • INTERMEZZO III • RECITATIVO III La Putta: Qua comincia a capirsi... voi che dite? Qua comincia il grande baccanale, il baccanale dei baccanali. E’ ora di festeggiare: brindiamo! Cìn cin cin pròsit evvìva! E voi, Musici, suonate! Cimbali, ritintinnate!! Tin... tin... tin... • CONCERTATO FINALE DI BACCO, O BACCANALE III Tutti: Cìn cin cin pròsit evvìva! La Putta e Picander: «Suonare... cantare... scrivere... / Ognuno qui bene vede / che, se non c’è chi lo chiede, / il nostro Bacco divino / non fa musica né vino! // Suonare... cantare... scrivere... / Per ché Bacco lo farà? / Committenza, civiltà, / civiltà del bel sentire, / committenza... progredire! // Estetica malandrina, / tu vuoi insegnare che l’arte / è solo un gioco di parte; / che l’artista non ha scopo / ed è in crisi prima e dopo!» • The St Uberto Chapel: “sonata for three instruments” aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 12 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf At the request of His Highness Vittorio Amedeo II it has been decided that the Palace of Venaria Reale shall be extended and embellished… For richness and strategy, his Savoy Majesty intends to render the palace more comfortable, worthy and regal. To provide it with halls with magnificent acoustics, and spaces filled with light “well disposed for every season”, ready to receive the source of sunlight… Filippo Juvarra crowns this sovereign desire: the St Uberto Chapel, as big as a church, now deconsecrated, is a true jewel of his architecture. Still today it hosts musicians and instruments of times past and … present. • The Clock Tower and Court of Honour The Clock Tower is the sound portal of the Palace… Through the arch we enter the Court of Honour: once divided into two courtyards, since the eighteenth century a single grand set, for a yetto-be-invented theatre. • The Palace of Diana and the Telamòni Hall Amedeo, Amedeo, good sir architect Amedeo of Castellamonte, make this court a marvel, plan a grand, new complex around the old heart of the House, the Palace of Diana. Let its halls ring out once again, magnificently… Projects, work, masters, workers, furnishings, money, yet… Vittorio Amedeo II, a rising figure amid the medium-small courts of Europe, is not satisfied: Venaria is not sufficiently Royal, lacking – he still deems it lacking – in what is required for the majesty of a worthy Savoy residence, grand and pompous… Good sir architect Michelangelo Garove and you Master Juvarra are thus charged with the task of extending it further. The horizon of beauty and luxury shall be the only limit to your budget. Here are the eighteenth-century apartments, the Telamòni Hall… • The Gallery of Diana: “Picander 2004” Garove’s Pavillions and, in the middle, the “theatre of light” of the Gallery of Diana… Truly royal celebrations will be held in the Gallery of Diana, divine goddess of amorous hunts. Dances, musicians shall be paid – never highly enough, gentlemen – the finest from Turin, let us summon the virtuoso melodists of Venice, the harmonists of Leipzig, the elegant dancers of the Palace, our ideal cousin of Versailles. • The Royal Gardens The Royal Gardens… Oases of enchanted geometry… Like the Adagio of a sonata. • The Alfieri Belvedere If this Palace is to represent the world, this world and the world beyond, then the earthly image of Diana must be linked to that image of eternal joy evoked by St Uberto… The Alfieri Belvedere: from its heights we command all the voices of the Palace: the bold players of the Court of Honour… the flutes, the harpsichords, the strings, the dances in the Gallery of Diana… the celestial sounds of the Chapel of St Uberto… Now at last, now His Highness believes that he is satisfied. He crosses the Palace and, behind his back, his architects say: look at him, he seems to be in Paradise, a bit. Picander 2004 Characters: The Girl, Picander, The Musicians, The Sound-photos • SIGNATURE THEME The Girl: Where is he? Where is he? The Musicians: Where is who? The Girl: Picander! The celebration is about to start and he hasn’t written a line. The Musicians: Oooooh! Let’s go and look for him! • RECITATIVE I The Girl: I can’t make any sense of it all here. I should have stayed in the orphanage in Venice, and sung; yes, sung with that priest Vivaldi, and now look: they’ve sent me here to sing. Aaaaah... We’ve got the music (this is it!) but where are the words... where are they? Where is Picander? The Musicians: Here he is, here he is! Look! Picander: Here I am, here I am! Look, I’m here! • RECITATIVE II The Girl: Dear Master Picander, have you or haven’t you got the words? Picander: Words... words... Is that all? We’ll write them straightaway, the words. Who are we to celebrate? ... Who? Him!? The Girl: More, more... More important. Picander: By all the Kaisers! His admirabletmagnifcentmosthonourablordship!! His commissionship of commissions! … You sing, I’ll write. • DUET OF THE VOWELS The Girl: A... e... i... o... u... Picander: And this for you ... A... a... a... admirable Lord! Extended ... to all your relatives: wives, lovers, children and grandchildren. I... I... I... sing in praise of you, our admirable Lord! I... In praise! O... oh... oh, what an extraordinary, unforgettable day this is... Unforgettable, unswept away by beer or wine. Come now pipes and strings... Play! And you, cymbals, peal! Tin... tin... tin... The Girl: Well done, Picander! • INTERMEZZO I aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 13 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf 14 Picander: I’ve finished the words. Listen... • BACCHUS’ ARIA, OR BACCHANAL I The Girl: Admirable Lord, commissionship of commissions ... listen to this reckless bacchanal! “Our Bacchus is a great spirit, / god or musician, who knows? / And spirit is in his product: / be it wine or music! / You, munificent lord, / do not disappoint our expectations, / for if you do we shall / truly make an unholy din; / holy! – you mean; / no – what I say- an unholy din!!» • INTERMEZZO II • BACCHUS’ “SWING” DUET, OR BACCHANAL II The Girl and Picander: Admirable Lord, commissionship of commissions... listen to this “sinuous-sweet” little bacchanal! “I write and you sing... / I sing and you write... / Bacchus: what enchanting music! / We want commissions, / no no no no fuss; / just friends and best wishes.” Picander: And you, admirable Lord of Commissions, listen to another piece, written in canon, so that you will hear it over again, to and from, backwards and forwards. • INTERMEZZO III • RECITATIVE III The Girl: Now you start to understand... don’t you? This is where the grand bacchanal starts, the bacchanal of bacchanals. It’s time to celebrate: let’s raise our glasses! Cìn cin cheers pròsit hurrah!! And you, musicians, play! Cymbals, peal! Tin... tin... tin... • BACCHUS’ CONCERTATO FINALE, OR BACCHANAL III All: Cin, cin, cheers, pròsit hurrah!! The Girl and Picander: «Play...sing… write... / You see quite clearly all of you/ that if nobody asks him to, / our godly Bacchus divine/ makes neither music nor wine!! // Play… sing…write... / Why should Bacchus do so? / Commission, culture, / the culture of good listening, / commission... progressing! // Rogue aesthetics, / you would teach us that art / is but a chance to play our part; / no purpose has the artist for / he’s in a crisis now as before!» 8. Scritti // 8. Writings Musiche dell'aurora di Riccardo Piacentini (dal booklet del CD Musiche dell’aurora, FIF e Rive-Gauche Concerti, RG 00005, Torino 1999) Il cunicolo come metafora del sospetto, della simulazione che schiaccia e incanala. Cultura del sospetto o sospetto della cultura, la psicanalisi matura insieme alle prime fotografie del sottosuolo, quelle di Nadar, e insieme ai suoi scritti, alle sue preziose narratizzazioni. Il cunicolo sta sotto, è buio, ci vuole uno spioncino per vederci dentro, oppure la luce artificiale. Il cunicolo non riguarda soltanto la storia delle fogne, tanto cara alla letteratura francese prima e durante gli anni di Nadar, ma è un luogo di incontro in cui riconoscersi senza frapposte ipocrisie, in cui scoprire l’umanità becera così come quella sublime del nostro amato/odiato Occidente. E’ il luogo scoperchiato dell’imperfezione che non si vergogna di se stessa, dell’indecenza che si svela e si autoproclama. E’ il buio che si illumina, la notte che si accende di luce fievole e stupita, come l’aurora (shahar) di un paesaggio irreale… Le Musiche dell’aurora sono state scritte per sonorizzare l’VIII Biennale Internazionale di Fotografia. Benché finalizzate a questo specifico obiettivo, possono essere ascoltate autonomamente. (Ciò di fatto accade alla maggior parte delle musiche occidentali, la cui sorte è di nascere contestualizzate, per poi vivere, semmai vivano, decontestualizzate.) Musica prima (Shahar) e Musica seconda (Chorsu bimbo) hanno coinvolto l’autore in un appassionante lavoro di ricerca, nel quale sono stati registrati e filtrati elettronicamente materiali sonori derivati dalle più diverse quotidianità. In Musica prima (Shahar) si è trattato di suoni carpiti clandestinamente ad alcuni mercati popolari di tradizione, da quello di Porta Palazzo a Torino al Chorsu Bazar di Tashkent, dal quale Piacentini con il suo DAT ha estratto i profumi sonori. Sono stati carpiti anche suoni aeroportuali, precisamente dall’aeroporto di Frankfurt in Germania, o ancora suoni di banale tran tran cittadino, nella fattispecie per le vie di Napoli, per dimostrare che il caos reale così come quello apparente, e non di rado l’emarginazione, possono celare in sé una sorprendente armonia. In Musica seconda (Chorsu bimbo) ai suoni del Chorsu Bazar si aggiungono i gesti di un bambino, con la sua voce bella ed espressiva, nonché le sue azioni sonore opportunamente missate con il precampionamento di timbri la cui origine acustica viene parzialmente stravolta e virtualizzata, come il file rouge di un discorso che vuole essere prima di tutto rigorosamente sintattico e musicale, nell’utopica (ma forse non tanto) pretesa di coniugare la dimensione schematica della scrittura con la vita reale del suono. Il titolo dell’VIII Biennale Internazionale di Fotografia, L’Occidente imperfetto, ha suggerito all’autore la retrogradazione del suo più immediato significato. L’imperfezione non è un limite; è l’unica possibilità di redenzione. Solo l’imperfezione può consentire al nostro Occidente di attingere a nuova vita, di scoprire una volta di più la sua aurora. Questo è il prodigio dei nostri giorni: che il sole, malgrado tutto, sorge ancora. Tunnel: metaphor of suspicion, of simulation which crushes and channels off. Culture of the suspicion or suspicion of the culture, the psychoanalysis matures with the first photographs of the subsoil, the photographs by Nadar, and with his precious writing. The tunnel is low, is dark, you need a peep-hole to look inside, or rather an artificial light. The tunnel regards not only the history of the sewers, so well-liked in the French literature before and during the Nadar’s years, but is a place to meet and recognize oneself without interposed hypocrisies, where we can discover the lout humanity as the sublime one of our loved/hated West. The tunnel is the uncovered place of the imperfection without shyness, the place of our indecency that proclaims itself. The tunnel is the darkness which lightens, the night that lights up by a dim and astonished light, like the dawn (shahar) of an imaginary landscape... Dawn Musics were written like enviromental sounds for the 8th International Biennial Photographic Exhibition (Turin, September-October 1999). Although this is their first aim, the Dawn Musics can autonomously be listened to. (In effect this is happening to the most part of the Western Music, which is born in a particular context and then, if it continues to live, its future is out of the original context.) Music 1 (Shahar) and Music 2 (Chorsu Baby) have involved the composer in a passionate research work, consisting in several recordings and electronic filters on acoustic materials coming from different daily experiences. In Music 1 (Shahar) the sounds are clandestinely caught by traditional popular market-places, from Porta Palazzo in Turin to Chorsu Bazar in Tashkent (Uzbekistan), where Piacentini and his DAT took away the fragrance of the sounds. Besides this, also airport sounds were caught (at the Frankfurt airport) and routine city noises (in aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf Naples) to prove that the real chaos, so as the apparent one and often every form of human exclusion too, can hide inside a surprising harmony. In Music 2 (Chorsu Baby) to the sounds of the Chorsu Bazar are added the gestures of a baby, with his beautiful and expressive voice and with his acoustic actions mixed with sampled sounds the origin of which is partially twisted, like a file rouge in a rigorously syntactical and musical speech hoping to join the schematic dimension of the written music and the real life of the sound. The title of the 8th International Biennial Photographic Exhibition, The Faulty West, has suggested to the composer a complete inversion of the immediate meaning. Our imperfection is not a limit; it is the unic possibility of redemption. Only the imperfection permits to our West to get new life, to discouver once again its dawn. This is the wonder of our times: the sun, in spite of all, rises again. Shahar di Riccardo Piacentini (dal booklet del CD Shahar, Edizioni Curci, E.11351C., Milano 1999) Shahar – nella duplice veste per flauto basso solo (versione 1996) e per flauto basso con soprano e supporto audio-digitale (versione 1999) – costituisce la prima parte delle Musiche dell’aurora, scritte per la sonorizzazione dell’VIII Biennale Internazionale di Fotografia (L’Occidente imperfetto, Torino, Palazzo Bricherasio, settembre-ottobre 1999). Dunque “musica d’ambiente” o, meglio “musica applicata a un ambiente”, volta cioè a funzionare per (e in) uno specifico contesto. Sarebbe tuttavia riduttivo pensare a un lavoro di semplice circostanza. L’applicazione è qui più intensa e profonda. D’altro canto a Shahar accade ciò che accade alla maggior parte delle musiche occidentali: di nascere con un chiaro scopo (leggi: ruolo), in più casi decisamente alterno rispetto ad altri, per poi vivere, semmai vivano, di vita propria e autonoma. Ricordiamo, su tutte, le musiche di Bach, spesso citate come esempio di “musica astratta” o “totale”, ma in realtà scritte per fini notoriamente contingenti. Shahar è fruibile separatamente sia rispetto al contesto ambientale per cui è nato sia rispetto all’articolazione complessiva delle Musiche dell’aurora e sia anche rispetto alle due diverse tipologie esecutive. Nella veste per solo flauto basso, la prima delle riportate nel disco, emerge la volontà di trasmettere una respirazione di carattere ampio e “sinfonico”, non propriamente solistico, e ciò secondo una distribuzione temporale degli eventi piuttosto lenta, in costante e lieve ondeggiamento, evidenziato dall’insistenza sui microtoni. Particolarmente nella veste con soprano e supporto digitale, il lavoro ha coinvolto l’autore in un’appassionante ricerca, nella quale egli stesso ha registrato e “filtrato” elettronicamente materiali sonori derivati dalle più diverse quotidianità. E infatti sono stati carpiti clandestinamente i suoni alcuni mercati popolari di tradizione, dal Chorsu Bazar di Tashkent in Uzbekistan al mercato di Porta Palazzo a Torino, dai quali un DAT furtivo ha estratto le “fragranze sonore”. Sono anche stati registrati suoni aeroportuali, nella fattispecie all’aeroporto di Frankfurt in Germania, o ancora suoni di banale tran tran cittadino, per dimostrare che il caos reale così come quello apparente, e non di rado l’emarginazione, possono celare in sé una sorprendente armonia. Il percorso delle registrazioni, così come presentato nella seconda versione di Shahar, si sposta da est a ovest, dal Chorsu Bazar all’aeroporto di Frankfurt al mercato di Porta Palazzo, nel quale viene collocato virtualmente (ma forse per pochi anni ancora...) e con valenza simbolica un fascinoso aedo uzbeco. Quanto ai pre-testi di Nadar, letti e cantati, le righe che seguono possono chiarire alcuni degli stimoli che ne sono stati attinti. Il cunicolo come metafora del sospetto, della simulazione che schiaccia e incanala. Cultura del sospetto o sospetto della cultura, la psicanalisi matura insieme alle prime fotografie del sottosuolo, quelle di Nadar, e insieme ai suoi scritti, alle sue preziose narratizzazioni. Il cunicolo sta sotto, è buio, ci vuole uno spioncino per vederci dentro, oppure la luce artificiale. Il cunicolo non riguarda soltanto la storia delle fogne, tanto cara alla letteratura francese prima e durante gli anni di Nadar, ma è un luogo di incontro in cui riconoscersi senza frapposte ipocrisie, in cui scoprire l’umanità becera così come quella sublime del nostro amato/odiato Occidente. E’ il luogo scoperchiato dell’imperfezione che non si vergogna di se stessa, dell’indecenza che si svela e si autoproclama. E’ il buio che si illumina, la notte che si accende di luce fievole e stupita, come l’aurora (shahar) di un paesaggio irreale. Il titolo dell’VIII Biennale Internazionale di Fotografia, L’Occidente imperfetto, ha suggerito all’autore la retrogradazione del suo più immediato significato. L’imperfezione non è un limite; è l’unica possibilità di redenzione. Solo l’imperfezione può consentire al nostro Occidente di attingere a nuova vita, di scoprire una volta di più la sua aurora. Questo è il prodigio dei nostri giorni: che il sole, malgrado tutto, sorge ancora. Shahar è dedicato alla cara Aurora, perché guarisca e non ci lasci. Arie condizionate di Riccardo Piacentini (dal booklet del CD Arie condizionate, FIF e Rive-Gauche Concerti, RG 00009, Torino 2001) Le Arie condizionate – “foto-musica con foto-suoni”® per la IX Biennale Internazionale di Fotografia su testi originali di Sandro Cappelletto – seguono di due anni le Musiche dell’aurora, composte dallo stesso Piacentini nel 1999 per la prima sonorizzazione della Biennale. I titoli delle due ultime edizioni (L’Occidente imperfetto e Border Stories) rimandano entrambi a concetti di forte attualità e impegno civile come «gobalizzazione e senso di appartenenza, tolleranza e razzismo, futuro e società dei valori», cui si affianca quest’anno una consistente presenza di fotografie al femminile e di soggetti variamente inquietanti come mani, armi, «universi artificiali [...] tra realtà e finzione» etc. Le musiche, e i testi su cui sono cucite, confermano ancora una volta la più totale compenetrazione rispetto agli argomenti e alle immagini fotografiche, suggerendo “fragranze sonore” che aleggino per gli spazi espositivi tra subliminalità e percezione cosciente dei “visitascoltatori”. Tuttavia, la nuova sintesi artistica che deriva, così come insegna la migliore tradizione del Contrappunto, implica che le singole parti siano tra loro dipendenti ma anche pienamente autonome e in sé funzionanti. La musica, anzi la foto-musica, si pone in una posizione liminare, di “confine” (border), senza per altro smettere di rivendicare la propria autonomia: le Arie condizionate possono essere fruite senza necessariamente accompagnare una mostra. La foto-musica è per le arti musicali ciò che la fotografia è per le arti visive. I foto-suoni sono le fotografie dei suoni che ci circondano o, se più piace, sono le fotografie sonore dell’aria che respiriamo e ascoltiamo. Dell’obiettivo si fa metafora il microfono, dell’occhio l’orecchio. Come l’occhio per le immagini, così l’orecchio cattura i suoni; e, come l’obiettivo, il microfono “punta”, impressiona con un clic la sua pellicola, irretisce i suoni, funge da propaggine tecnologica – e da memoria – per l’orecchio; l’orecchio-microfono, analogamente all’occhio-obiettivo, coglie, afferra, archivia... seleziona sul piano paratattico quanto sarà poi articolato sul piano della sintassi o, meglio, di una sintassi di quello che Edgar Varèse chiamava «il suono organizzato», la musica. Le potenzialità della foto-musica sono enormi. Nata all’insegna di un’ecologia sonora per l’ambiente, si propone di riciclare i materiali acustici desunti dalle più varie quotidianità (i foto-suoni) e di integrarli in una grammatica che si riveli senza imbarazzo debitrice, in senso non solo evocativo ma rigorosamente tecnico, delle attitudini proprie della fotografia. Le Arie condizionate carpiscono suoni di condizionatori d’aria “fotografati” a Palazzo Bricherasio, iperfrequenze di walkman a passeggio, rap ammicanti e talvolta insolenti, suoni-musiche della strada che da periferici vorrebbero diventare cittadini (della musica), voci di speaker registrate da telegiornali satellitari... accanto alla voce sinuo-estrosa di aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 15 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf Tiziana Scandaletti e al trombone ironico e sfrontato di Michele Lomuto. E’ la civiltà della musica che “viene da” e “va per” la strada, è la periferia del suono che acquista dignità per farsi cittadina. I testi di Sandro Cappelletto, policentrici e spiazzanti ma al tempo stesso “centrati”, tossici e maliziosi con una punta di agréable, parlano di clic, dita, grilletti, armi... chiocciole e sfriggimenti cibernetici, scatti, ansie post-global tra Warhol e Gluck, sguardi, carezze, mains englouties... Ce n’è quanto basta per condizionare arie, suoni e foto-suoni e per ri-condizionare, di rimbalzo, il rap fotografico-digitale di cui recita il sottotitolo dei testi. The idea which underpins the project of the Arie condizionate (Air conditioning) – “Photo-music with photo-sounds”® for the IX Biennial International Photography Exhibition – is not to create a simple “carpet” of sounds but genuine ambient music, composed ad hoc to generate “sound fragrances” that will drift in various subliminal ways through the exhibition halls. Our aim is to facilitate the most suitable contextualisation for the works and to create a new artistic product. The public will experience the perfect integration of photographs, settings and sounds, where the music – “photo-music”, indeed – will itself be positioned “on the border” (Border Stories is the title of the IX Biennial). Photo-music is for the musical arts what photography is for the visual arts. Photo-sounds are the photographs of the sounds that surround us, or if you prefer, sound photographs of the air we breathe and “listen to”. The microphone becomes a metaphor of the lens, the ear a metaphor of the eye. Just as the eye captures images, the ear captures sounds; like the lens, the microphone “points”, with a click it impresses its own film, ensnares sounds, acts as a technological offshoot – and as memory – for the ear; just like the eye-lens, the ear-microphone captures, holds, files… selects in a paratactic arrangement so that the syntax can then generate the «organised sound» that is music. Photo-music has immense potential. Born under the banner of ambient sound ecology, it seeks to recycle acoustic material drawn from all sorts of everyday events (photo-sounds) and to integrate them in a grammar which owes more, not only in evocative force but also in strictly technical terms, to the attitudes of photography than to those of music. The pieces in Arie condizionate – photo-music with photo-sounds – aim to seize sounds of air-conditioners, passing walkmans, rap and street music-sounds… alongside Tiziana Scandaletti’s sinuous, bizarre voice and Michele Lomuto’s impudent, ironic trombone. It is the civilisation of the music that “comes from” and “walks along” the street, it is the periphery of sound that acquires the dignity of becoming a citizen (of music). Sandro Cappelletto’s texts throw us yet are perfectly “focused”, toxic but with a dash of the agréable, speak of click, fingers, triggers, arms … @dots and cybernetic frizzling, outbursts, post-global anxieties between Warhol and Gluck (!), gazes and caresses, mains englouties… There is plenty here to “condition” airs, sounds and photo-sounds and to recondition, on the rebound, the «photographic-digital rap» of the text’s subtitle. Foto-musiche di A. M. (in “il Giornale della Musica”, novembre 2001, Torino) «[...] la voce agile di Tiziana Scandaletti [...] insinua nelle maglie dei ben confezionati testi di Sandro Cappelletto un’inaspettata, proteica liricità, pienamente calata nell’oggi della scrittura musicale e ben modulata con quanto di ironico e straniato suggeriscono i testi, nonché [...] un prezioso episodio pianistico disvelante [...] l’autentica direzione linguistica dell’autore [Riccardo Piacentini].» «[...] Tiziana Scandaletti’s agile voice [...] introduces into the tissues of the well made texts by Sandro Cappelletto an unexpected, proteinous lyricism, fully merged in musical writing of today and well modulated with everything ironic and estranged the texts suggest, besides to [...] a precious piano fragment that reveals [...] the authentic linguistics direction of the composer [Riccardo Piacentini].» Musica del Novecento e contemporanea di Michele Gioiosa (in “Musica e Scuola”, dicembre 2001, Bari) «Riccardo Piacentini, Tiziana Scandaletti [...] mostri sacri della musica contemporanea. Non ci credete? Inserite il CD “Arie condizionate” nel lettore, munitevi del libretto di Sandro Cappelletto, sedetevi e ascoltate... non riuscirete ad alzarvi se non alla fine del CD. [...] interpreti e musica capaci di rapirvi. [...] Straordinaria la voce di Tiziana Scandaletti [...] La fantasia e sapienza del compositore Piacentini sono straordianrie. La voce di Tiziana Scandaletti non è solo un canto ma dramma, recitazione, colore [...]» «Riccardo Piacentini, Tiziana Scandaletti [...] sacred monsters in contemporary music. Don't you believe it? Insert the CD “Arie condizionate” [“Conditioning Air”] in the player, provide yourselves with the Sandro Cappelletto’s libretto, sit down and listen to... you will be able to get up only at the end of the CD. [...] performers and music capable to ravish you. [...] Extraordinary the voice of Tiziana Scandaletti [...] The fantasy and cleverness of the composer Piacentini is extraordinary. Tiziana Scandaletti’s voice is not only singing but drama, acting, colour [...]» Musica contestuale di Riccardo Piacentini (in “NC News”, gennaio 2002, Roma) In un saggio da me curato tra la fine del 1997 e l’inizio del ’98 per la Rassegna Musicale Curci concludevo un rapido excursus sui compositori italiani della mia generazione focalizzando tre osservazioni che bene rappresentano la premessa per ogni mia più recente autoanalisi. La prima osservazione è diretta alle scuole di composizione, a quegli insegnanti che hanno saputo costruire intorno a sé un humus particolarmente fertile, anche se condizionato dalle limitazioni che ogni metodo di apprendimento necessariamente impone. Tra questi nomi evidenziavo quelli più spesso citati dai compositori che avevo interpellato: in primo luogo Azio Corghi, Franco Donatoni (l’insegnante con cui io, insieme al ghediniano Carlo Pinelli, avevo trascorso il maggior numero di anni di studio), Giacomo Manzoni, Salvatore Sciarrino... compositori e didatti di area madre milanese ma, come noto, con notevole capacità di irradiazione... e poi, in aree più localizzate, Gilberto Bosco (Piemonte), Wolfango Dalla Vecchia (Veneto), Bruno Mazzotta (Campania), Franco Oppo (Sardegna), Irma Ravinale (Lazio) etc. per segnalare solo alcuni di coloro che hanno formato i compositori trenta-quarantenni di oggi. La loro benefica funzione, benché apparsa in qualche caso eccessivamente coercitiva, non può secondo me essere posta in facile discussione, e le pur legittime critiche vanno sempre confrontate con una seria propositività delle odierne scuole di composizione e dei loro nuovi insegnanti, perché è lì che si forma a mio modo di vedere il buon compositore – sia esso più o meno polemico o condiscendente. L’ormai stucchevole dissacrazione della didattica praticata nei conservatori italiani, non potrà mai neutralizzare la valentìa – l’inglese cleverness – delle singole teste, insegnanti o allievi. Una seconda osservazione riguarda quello che nella mia ormai lontana tesi di laurea sui Concerti per orchestra di Goffredo Petrassi, discussa nel 1984, definivo con titolo apparentemente semplicistico L’uomo e l’artista. In altre parole: chi ha detto che le capacità di sorridere e di comunicare aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 16 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf fatti semplicemente e normalmente umani appartenga ad altri che al dotto e quintessenziato compositore di musica contemporanea? La falsa aura di intellettuale che, dalla Rivoluzione Francese ad oggi, in varia misura gli appartiene, andrebbe finalmente smitizzata e infranta. D’altra parte si può essere snobisticamente intellettuali anche rovesciando i termini del discorso. Ad esempio, alla domanda da che parte ti schieri? qualcuno potrebbe rispondere sarcasticamente dalla parte di mia nonna... Ma è chiaro che quelle che potremmo definire eufemisticamente le simpatie alternative non risolverebbero alcun problema, almeno nel nostro caso. Ciò che auspico personalmente è la franchezza di chi non crede che scrivere musica sia un’attività che esula dalle coordinate più specificamente umane, comprese quelle più prosaiche e quotidiane. Lo stato di grazia di cui spesso mi parlava Donatoni nelle sue lezioni ha a che fare con le cose minime dell’esistenza. Basterebbe rileggere, infrangendo una volta tanto il corso delle mode, i Minima Moralia di Theodor Adorno. Da ultimo, nelle risposte alle mie domande si rivelava fortissima ed uniformemente diffusa l’esigenza di superare il concetto stesso di musica contemporanea e, in fondo, anche quello non meno logoro di nuova musica. Il nuovo e qualunque assunzione presto storicizzata di avanguardia ha finito per non storicizzare più nulla. Al suo posto si ricerca l’obbligo di un significato, con e oltre un vacuo inutile significante. Risulta oggi difficile sopportare una cattiva interpretazione dell’affermazione stravinskijana secondo cui in musica il modo di dire una cosa è la cosa stessa. Chi l’ha detto? Stravinskij o uno dei suoi modi? La boutade ha smesso di far sorridere e, ancor più, di far pensare, a meno di riconsiderare le cose da un altro punto di vista. Alcune posizioni dei compositori miei coetanei, che io ho letto – e sottoscritto – come anelito a una sorta di moto bidirezionale, centrifugo rispetto alla società e centripeto verso noi stessi, mi sembra uno stimolo formidabile per una concezione senza falsi snobismi, una concezione di servizio, applicazione, funzionalità... termini che ingiustamente non ricorrono quasi mai nelle apologie della musica d’oggi, e soprattutto del suo versante colto o di quello la cui discendenza sia ritenuta tale. Le crisi di identità – si sa – coincidono con una perdita di senso, una sorta di smarrimento in cui una cosa è però chiarissima: la percezione di inutilità, dove in qualche modo ci si trova attivi né si sa il perché. Vengo qui alla mia domanda, quella da cui sono certo debba partire ogni mia autoanalisi: perché non applicare sempre, e dico sempre, la poiesi musicale, così come si faceva prima dell’avvento dell’Estetica fino al primo ‘700, alle situazioni ordinarie della vita, non diversamente che a quelle rituali? In altre parole: perché non pensare tutta la musica, e sottolineo tutta, quale musica contestuale, applicata cioè, o applicabile, a precise situazioni, musica che acquisisce senso in quanto rapportata o rapportabile ad esse. Questa capacità di flessibile (e intelligente) adeguamento non sembra una delle doti emergenti della nostra musica. Un esempio tra i molti perfettamente attual(izzabil)i: la sonorizzazione pensata o, se più piace, l’animazione controllata di suoni di un qualunque ambiente frequentato dall’uomo, non solo gallerie o musei, ma anche chiese, strade, stazioni... con la modesta e insieme grandiosa pretesa di risultare utili e funzionali, diciamo pure una sonorizzazione bella semplicemente perché funzionale e segno tangibile e auspicabile di civiltà. A volte i capolavori nascono proprio così e, come un Budda nel tempio o i suoni elettronici di Xenakis nello storico padiglione di Bruxelles, sono (stra)ordinariamente utili. “Foto-musiche” per l’ambiente di Riccardo Piacentini (in “Rassegna Musicale Curci”, settembre 2003, Milano) Questo studio, sebbene in forma sintetica, intende sollecitare alcune delle problematiche cruciali, per lo più taciute o sottintese, che riguardano il repertorio delle musiche nate per “sonorizzare” specifici contesti ambientali. In secondo luogo, il suo obiettivo consiste nell’esplicitare qualche coordinata in merito all’organizzazione sintattica della “foto-musica con foto-suoni”®, locuzione che designa una particolare tipologia di musica per l’ambiente che fa capo a diverse realizzazioni il cui fulcro è Torino. A. Musica d’ambiente o, globalizzando verso nord e più esattamente verso nord-ovest, ambient music: così viene chiamato quello che ormai può considerarsi un vero e proprio genere musicale, dove oggi confluiscono stili e forme nelle quali molti compositori e operatori musicali, binomio che fin dall’Ottocento trova frequenti rispondenze, non esitano a riconoscersi. Di recente un noto quotidiano è uscito con l’attachment rateizzato di sei compact disc il cui titolo suona: Ambient, e il sottotitolo: Colonne sonore di vita quotidiana; tra gli autori Brian Eno, che da qualche decennio si occupa di sonorizzazioni di aeroporti e quant’altro, e Philip Glass, che sin dai primi anni Sessanta si è dimostrato incline a una forma contagiosa di orientalismo metropolitano. Un’altra testata ha scelto per titolo: L’ambient suona da sé, e ha dedicato due pagine centrali in cui si sostiene che l’ambient music, almeno dalle tappezzerie musicali di Eric Satie in avanti, è una realtà già radicata nel primo Novecento (ma se è per questo anche i Trovatori, quasi mille anni prima, tappezzavano di suoni i vicoli e le strade della loro terra doc, per non dire che queste già suonavano di loro). Uno dei tre articoli contenuti nelle due pagine si avventura poi per sentieri ben più accidentati, battuti da quell’enfant terrible che fu John Cage, e un altro approda a un bosco virtualmente incantato, sito nel nord Italia, in cui si annida un cripto-esercito di altoparlanti. Ma se siete navigatori del ciberspazio provate a digitare “ambient music” in uno dei disparati motori di ricerca e scoprirete, come ci conferma uno di questi, che le citazioni sono circa duecentoquarantacinquemila e, dalla new age alla relaxing music alla hiperreal electronic a mille altre designazioni, avrete un campionario davvero fantastico. I due link più stimolanti, tuttavia, o almeno quelli che sembrano mirare dritti al cuore pulsante dell’argomento, li abbiamo trovati, da un lato, in una pubblicità televisiva che per venderti un’automobile sigla la chiusa del suo spazio pubblicitario con la frase ad effetto “la qualità si misura in decibel” (affermazione tutt’altro che superficiale, perché proietta l’oggetto nella sfera sociale e fa leva sulla quotidiana esperienza, della quale ci chiede di prendere coscienza a livello ben più efficace e penetrante di quello puramente estetico) e, d’altro canto, un altro link molto interessante lo abbiamo trovato sulle pagine dello stesso quotidiano che ha avuto l’idea dei sei CD a rate. Quest’ultimo, infatti, pochi mesi prima usciva con un cappello bene evidenziato, in cui si leggeva: “Dopo la mela e i sexy-shop, la Grande Mela ha deciso di debellare un altro nemico: l’inquinamento acustico”. Lo stesso quotidiano proseguiva: “Tolleranza zero contro i rumori. New York multa anche chi canta [!]. Armati di fonometri [...] decine di poliziotti si aggirano [...] multando chi canta in mezzo alla strada [!!], sequestrando le auto dagli allarmi impazziti e vigilando sulla quiete pubblica”. Sì, perché nella New York del Duemila così come nella Parigi dei tempi andati di Satie non è tanto “l’ambient [che] suona da sé” ma – ovvio, troppo ovvio – è qualcuno che lo fa suonare alla maniera di una multiforme cassa di risonanza, mentre qualcun altro decide se e come vada corretto quel suono, rimandandoci a un’accezione primigenia del fenomeno acustico secondo cui i suoni-rumori emessi da un martello pneumatico che perfora la Fifth avenue nel cuore della notte non sono meno suoni-rumori del più angelico suono di archetto, per non parlare degli strepitii di due casse rullanti, che sono strumenti musicali di riconosciuta tradizione eppure non tanto meno “rumorosi” di un trapano. In tal senso, per esprimerci alla vecchia maniera, chi e cosa decida trattarsi di “rumore” o “suono” o “suono-rumore” è con ogni evidenza il vero ago della bilancia, ma soprattutto occorre dribblare antichi dualismi per formularne di nuovi e più calzanti, perché la tradizionale distinzione tra “suoni determinati” e “suoni indeterminati” tanto cara ai vecchi manuali di strumentazione non ha più molto che vedere con la visione panottica del suono contestualizzato – e contestualizzante – delle metropoli in cui viviamo sommersi. Parafrasando Les fleurs du mal: “[O toi qui] pour trouver le repos cours toujours comme un fou [...] ouvre l’oeil [et l’oreille!]”. Aprire gli occhi, ma anche sapere ascoltare, perché i tempi, non foss’altro per necessità di sopravvivenza, lo esigono. Accostare il trapano notturno della Fifth avenue, o qualunque altra espressione del sonoro on the road che includa tanto le grazie trobadoriche quanto aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 17 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf una Cadillac che sgomma, a uno strumento consacrato dall’aureo filone della tradizione sinfonica, con programmazione a sedici o ventiquattro bit in prima serata, può fare sorridere e sembrare paradossale, salvo considerarne l’identica matrice occidentale e, tutto sommato, l’analogo costo in denaro. Ma la dualità che si pone, schematicamente parlando, tra la musica pensata per un ambiente chiuso e ritualmente circoscritto e quella che nasce per tutt’altri contesti, ad esempio l’ambiente aperto della strada, che è poi l’antica agorà dei Greci, è un fatto di fronte al quale chi si occupa di musica e, più specificamente, di ecologia sonora non può più sfuggire se non foderandosi oeil e oreille. L’inquinamento acustico, di pari passo alla necessità di una musica che ne rappresenti la terapia correttiva o una delle terapie, sono divenute questioni che vanno molto al di là di una comune maleducazione dell’orecchio, organo sensoriale che nella nostra società, a quanto pare, è assai meno esigente degli apparati visivo e olfattivo. Non si può dire che naso e occhio dimostrino la stessa indulgenza dimostrata dalle nostre orecchie nel corso di cent’anni di intensificazione e degrado del suono ambientale. Siamo molto più sordi che ciechi ed è un fatto relativamente recente che ci si trovi a lamentare il grave fenomeno dell’inquinamento acustico a cui siamo infine arrivati e, sancta sanctorum, si invochi una rinnovata ecologia del suono, oltre e in barba all’estetica illuministica, che in questo non ne può e non può davvero nulla. La “tragedia dell’ascolto” che sottotitola quell’opera in pianissimo che è il Prometeo firmato da Nono e Cacciari è la tragedia del silenzio mancato, morto e defunto sotto le macerie delle scorie acustiche. D’altra parte va rilevato che il genitivo annesso all’espressione “musica d’ambiente” – lungi dall’essere, come direbbero i grammatici, “oggettivo” – è piuttosto equivoco. Si può ragionevolmente sostenere che gli aeroporti suonano perché gli esseri umani vi hanno messo dentro gli aerei con i loro sibili e i loro tecnologici crescendo e diminuendo, e a questi si somma la babele di voci umane provenienti da diverse sorgenti, che però sono tutte più o meno programmaticamente pilotate (dentro e fuori gli altoparlanti), e ancora a questa babele si sovrappongono – o meglio sottostanno, ma alla fine il risultato non cambia – i più “veri” e archetipici enviromental sounds appannaggio e beffa della natura circostante, qualora ne fosse rimasto un pezzo, e magari, per restare in tema, eventi meteo-acustici come pioggia, vento, tuoni... che sembrerebbero giocare il ruolo di folletti occasionalmente irrequieti che non vogliono saperne di lasciare in pace i loro “colleghi” più giovani e così invadenti. Tuttavia, quando Brian Eno ha la prima idea di sonorizzare un aeroporto, dopo che Yannis Xenakis già nel 1958 aveva progettato e realizzato di concerto con Lecorbusier la storica sonorizzazione del Padiglione Philips di Bruxelles, al quale aveva collaborato pure Edgar Varèse con l’antesignano e mai abbastanza citato Poéme èlectronique, il suo intervento mira essenzialmente a giustapporre a quei suoni che pure ostinatamente permangono nell’ambiente altri suoni che sull’ambient agiscono per semplice sintesi additiva, senza cioè una profonda azione sui suoni già presenti e tanto meno senza instaurare con essi una vera e propria relazione di tipo linguistico-sintattico. Una sorta di contrappunto di circostanza, che procede per nessi preminentemente casuali, o nella migliore delle ipotesi pseudo-casuali, le cui possibilità interattive sono praticamente illimitate, ma dove il “di più”, l’aggiunta, la giustapposizione funziona come elemento chiave che determina, almeno in parte, una nuova volontà di contestualizzazione rispetto al contesto precedente. Ciò va detto senza nulla togliere alla estrema cura e alla più pertinente delle compatibilità, persino al fascino, anche sul piano del convincimento psicologico (i mass-media insegnano), con cui è stata condotta la scelta dei materiali acustici di origine. Complicato? In se stesso, in quanto idea che veicola un messaggio chiaro e intellegibile, no. E’ sul piano realizzativo che di fatto sorgono le complicazioni, anche enormi, soprattutto se l’intenzione è quella di andare oltre lo stadio della musica da tappezzeria, inclusa quella finalizzata a scopi psico-terapeutici e qualche volta psico-coattivi, un po’ come accade negli “inserti subliminali” che sfrecciano tra i fotogrammi di una pellicola. Quando la musica d’ambiente, intesa come musica per l’ambiente, concepita quindi ai fini di una nuova e funzionale ridefinizione acustica di uno specifico contesto ambientale, si propone di agire sulla percezione di ascolto di chi si trova immerso in un luogo (visioni, profumi, suoni...), quasi sempre accade che operi in senso additivo, non facendo altro che aggiungere in buona sostanza suoni a suoni, con il rischio implicito che l’inquinamento acustico, anziché trarne beneficio, finisca in una impasse di sempre più ardua soluzione. Ma la complicazione maggiore nasce quando si tenti la messa in atto (utopica?) di una sintassi linguistica che si prefigge di agire sui fenomeni acustici già presenti nell’ambiente (musica dell’ambiente, in senso univocamente oggettivo) così come accadrebbe in un contrappunto fiammingo, dove ogni voce interferisce con le altre modificandone il tipo di percezione e, insieme, salvandone lo stato originario insieme all’autonomia di comportamento. Essere consapevoli di questa duplice angolatura – giustappositiva e sintattica – costituisce a nostro avviso il nodo centrale di tutta la musica d’ambiente, salvo che, se non ci si formalizza (termine più che mai legittimo) su quella che potrebbe apparire una “ossessione sintattica”, le tappezzerie di Satie come pure quelle di molte musiche che si giustappongono a situazioni ambientali già in sé definite non rivestono alcun grado di problematicità e stanno laddove vengono fatte stare alla maniera appunto di una tappezzeria che copre più o meno puritanamente le crepe del muro che non si vuole spudoratamente nudo: il muro, è chiaro, si reggerebbe lo stesso, ma è pur vero che la tappezzeria, dal canto suo, potrebbe comunicare calore, senso di accoglienza e insomma ammansire e/o benevolmente predisporre, se non ingannare, la nostra percezione, cosa che costituirebbe un importante fattore di senso. Il senso. La funzione. Il ruolo. L’applicazione. La retorica così come la si intendeva una volta (si veda il bellissimo saggio di Ananda Coomaraswamy Figura di parola o figura di pensiero? in “Selected Papers”, Princeton 1977, trad. it. Milano 1987), prima cioè che l’estetica la mettesse in ginocchio riducendola a vuota ginnastica della mente e degli organi da essa comandati. Qui sta la “semplicità” della musica d’ambiente. Il suo senso chiaro e immediato è da un lato la testimonianza che il suono può andare imprevedibilmente oltre i riti tradizionali della musica, che può appartenere a contesti eterogenei e per antica definizione “non musicali”, vivo, attivo, splendidamente “impuro”, capace di caleidoscopiche giustapposizioni... D’altro canto la musica d’ambiente pone dinnanzi a sé un obiettivo, un nobile scopo che, in molti casi, la elegge a paladina del controinquinamento acustico, nel segno di una rinnovata civiltà del suono. Obiettivo di riguardo, vista la male-educazione acustica che connota la nostra società travolta dal debordare di decibel e non solo. B. Sulla scia di questa impegnata forma di “civilizzazione acustica” – prospettiva che si estende ben al di là di una confortante quanto borghesemente estetica tappezzeria di suoni addizionati l’un l’altro con l’intento di neutralizzare una realtà sonora preesistente – si muovono le commissioni di lavori pensati per sonorizzare specifici ambienti museali. Che si tratti di una delle migliori specie di musica d’ambiente, anzi di musica per l’ambiente, non c’è dubbio, in quanto i musei, non diversamente dagli aeroporti, le stazioni ferroviarie e le metropolitane, sono luoghi di pubblica frequentazione che, in più, hanno un loro proprio coefficiente culturale che li configura come crocevia di messaggi continuamente rinnovabili. Nel settore della fotografia un esempio illuminante ci viene da New York, e precisamente dal Whitney Museum, dove il 22 marzo 2001 si è aperta una mostra dal titolo Bistreams in cui quarantanove artisti di fama internazionale hanno esposto le loro opere affiancate da venticinque opere sonore espressamente commissionate ad alcuni compositori. Sottolinea Debra Singer, curatrice della sezione musica: “Grazie a recentissime innovazioni digitali, i compositori hanno scoperto la possibilità di controllare e combinare i suoni in modo diverso e soprattutto si sono resi conto che le fonti sonore a loro disposizione sono cresciute in modo esponenziale”. E, più in genere, così commenta Lawrence Rinder, direttore artistico della mostra: “I computer e le telecamere digitali, i videoregistratori e i proiettori, i sound mixer, i programmi per computer e internet hanno cambiato in modo irreversibile le dimensioni dell’espressione artistica”. Detto così, non sembrerebbe la cosa più ovvia? Eppure, in ambito musicale e più in genere artistico, non sempre l’evidenza risulta per tutti, organizzatori inclusi, abbastanza convincente. Tant’è che in una delle più tipiche sintomatologie italiane, quella di una esterofilia diffusa e anche un po’ kamikaze (noi che crediamo che il suicidio appartenga ad altre culture), può sfuggire il peso e l’importanza di una iniziativa che, senza andare troppo lontani, già nel 1999 a Torino, prima ancora che al Whitney Museum, poneva le basi della “foto-musica con foto-suoni”®, idea e fatto che, se le nostre informazioni sono esatte, aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 18 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf rappresenta a tutt’oggi il primo esempio in Italia di una sonorizzazione museale con musiche d’arte concepite ad hoc per uno specifico ambiente museale e, insieme, per una specifica mostra che in quell’ambiente vuole essere accolta. La commissione è stata della Fondazione Italiana per la Fotografia per l’VIII Biennale Internazionale di Fotografia che ha avuto luogo nel settembre e ottobre 1999 a Palazzo Bricherasio di Torino. Le Edizioni Curci, dal canto loro, hanno pubblicato all’interno della collana Campi sonori la prima parte di queste musiche – Shahar, tratte dall’opera completa Musiche dell’aurora – editando sia la partitura “per flauto basso con soprano e supporto digitale ad libitum” sia il compact disc con la registrazione delle due versioni nell’interpretazione della flautista Anna Maria Morini e del soprano Tiziana Scandaletti. I testi erano di Nadar. Due anni dopo, nel settembre 2001, viene prodotta una nuova opera di sonorizzazione, questa volta per la IX Biennale Internazionale di Fotografia, il cui cd, edito dalla stessa Fondazione Italiana per la Fotografia, ha per titolo Arie condizionate sui testi di Sandro Cappelletto e, nel corso del primo semestre 2003, è in uscita un nuovo cd commissionato dalla Provincia d Torino che sonorizzerà l’Ecomuseo Ferroviario di Bussoleno, sempre su testi di Sandro Cappelletto e con l’edizione di Rive-Gauche Concerti. In tutti e tre i casi l’asse geografico portante è Torino. I sostegni sono arrivati da pubbliche Istituzioni quali la Regione Piemonte e la Provincia di Torino e, due volte, da Istituzioni private come la Fondazione Italiana per la Fotografia, che hanno dimostrato di essere davvero lungimiranti rispetto allo standard vigente. Ma veniamo al punto centrale della “foto-musica”, e cioè alla sua capacità sintattica. I reportage sonori da cui trae origine, vale a dire i reperti fonici registrati su DAT dallo stesso compositore (non quindi desunti da altri supporti preesistenti), ne costituiscono il primo contributo morfologico. Questo viene posto in relazione con altri materiali ottenuti tramite strumenti acustici tradizionali e anche tramite elaborazioni MIDI. Le tre “fonti” possono subire, a livello di pura morfologia, manipolazioni informatiche anche pesanti, tali da stravolgerne la natura, qualora il compositore lo ritenga necessario. Ma gli aspetti morfologici rappresentano solo il dato di partenza, per quanto questo possa essere estremamente vario e stimolante. Come direbbero i semiologi, si tratta di un primo livello paratattico, in cui gli oggetti sono disposti l’uno a fianco dell’altro per poi essere selezionati e trattati sul piano tipico della sintassi. Solo a questo punto si comincia a parlare di elaborazione in senso propriamente musicale. Paradosso esplicativo: non basta avere un violoncello per saper riprodurre una Suite bachiana, né basterebbe la più ampia collezione di triadi e accordi di settima. I mezzi, gli strumenti, sono certo importanti, anzi essenziali, ma non sono il risultato. Paul Feyerabend, parafrasando una sua acuta osservazione a una tesi espressa da Albert Einstein, direbbe: “Essere immersi in un labirinto di sensazioni non genera attivismo, ma paralisi”. In sintesi: il compositore si serve di “oggetti” verso i quali è chiamato a operare con spirito critico e selettivo (Stravinsky, nella sua Poetica, sosteneva che il compositore è tanto più libero quanto più si vincola a scelte precise e quantitativamente limitate), ma è soltanto dopo questa prima selezione, possibilmente non troppo dispersiva, che comincia il suo lavoro più impegnativo, che è quello di porre in sintattica relazione gli oggetti che ha ritenuto di mettere da parte. E se questi oggetti vanno a sommarsi o, meglio, a moltiplicarsi con altri oggetti che già preesistono “sul campo”, così come sempre avviene nella musica d’ambiente, allora i problemi sintattici si moltiplicano in maniera esponenziale. Non parliamo qui di una semplice addizione di elementi, sia pure interessanti e pertinenti, ma di un vero e proprio prodotto, aspetto basilare e irrinunciabile per la foto-musica. Alcuni esempi. In Shahar (partitura Curci E. 11351 C. con CD allegato, Milano 1999), prima parte delle Musiche dell’aurora (CD Fondazione Italiana per la Fotografia e Rive-Gauche Concerti RG 00005, Torino 1999), è il flauto basso di Anna Maria Morini a condurre e a pilotare gli interventi del supporto audio-digitale su cui è stata incisa la voce del soprano Tiziana Scandaletti e inoltre sono stati preventivamente trattati alcuni suoni di mercati popolari (dal Chorsu Bazar di Tashkent in Uzbekistan al mercato di Porta Palazzo a Torino), così come di foyer di aeroporto (nella fattispecie quello di Francoforte), mentre in Chorsu bimbo, seconda parte delle Musiche dell’aurora, ci sono suoni di mare uniti a bisbiglii di bambino che in alcuni punti gioca anche e parlotta facendo tintinnare cucchiai e forchette e stropicciando la parte più sonora di una confezione di uova. I bisbiglii, in particolare, sono stati montati e “panpottati”, ossia trattati stereofonicamente, secondo una griglia cronometrica basata su procedure di tipo strutturalista. In Arie condizionate (CD Fondazione Internazionale per la Fotografia RG 00009, Torino 2001) stralci di telegionali nelle più diverse lingue, mixati a pulsazioni rap private delle frequenze comprese tra zero e seimilacinquecento hertz, cui ancora si integrano suoni di condizionatori d’aria rapiti allo stesso ambiente per cui sono state predisposte le musiche (da cui il titolo) interagiscono più o meno umoristicamente con il testo, da un lato, e con la parte “acustica” delle musiche, dall’altro, tutta giocata sui colori di una voce e un trombone. La voce e il trombone agiscono in stretta relazione sintattica, mentre i foto-suoni, complice una costellazione di suoni MIDI, punteggiano secondo precisi intenti registici potenziati da timbrici rimandi e meticolosi incastri dialettici. In altri termini, nelle Arie condizionate, come in genere nella foto-musica, non si registra una sostanziale differenza nell’utilizzo sintattico delle diverse nature foniche: i foto-suoni sono trattati alla stregua di timbri che, per quanto altamente complessi e “impuri”, hanno potenzialità evocative che si rivelano di gran lunga superiori a quelle degli strumenti “acustici” tradizionali, in più sollecitando questi ultimi a soluzioni “aperte”, meno prescrittive e vivaddio più articolate. Così, nella seconda delle tre parti delle Arie condizionate il trombone di Michele Lomuto rumoreggia e rantola persino, facendo a gara con i condizionatori d’aria di Palazzo Bricherasio, mentre nella prima parte, intitolata Mano mobile clic, la voce di Tiziana Scandaletti gioca con i fonemi del testo di Sandro Cappelletto e si insinua camaleonticamente tra i reportage sonori del CD, ora svettando ora immergendosi, secondo una logica di architettonici pieni e vuoti che tendono alla più intima compenetrazione con i suoni dell’ambiente. Un cenno speciale, data la loro imminente uscita, meritano infine le foto-musiche commissionate dalla Provincia di Torino per la sonorizzazione dell’Ecomuseo Ferroviario di Bussoleno. Qui i materiali fonici sono desunti dall’universo viaggiante delle ferrovie e il compositore, corredato ancora una volta degli splendidi testi di Sandro Cappelletto, ha raccolto un nutrito archivio di suoni, da quelli deliberatamente retrò di una storica locomotiva a vapore colta in flagrante in un pittoresco viaggio turistico popolato da studenti a quelli un po’ più vicini a noi di una locomotiva elettrica di qualche decennio posteriore, con tanto di ticchettii, fischi e trombe... a quelli in cui tutt’oggi incappa regolarmente ogni pendolare delle ferrovie: annunci di ritardi e mancate coincidenze, fornitura consolatoria di snack e bevande calde (a pagamento), informazioni su sconti e abbonamenti... Accade dunque che alla voce stizzita di una viaggiatrice in ritardo perenne, con l’occhio sconsolatamente fisso al quadrante dell’orologio e l’orecchio teso all’altoparlante foriero di annunci non sempre desiderati, venga contrappuntata la voce calda e suadente di un vecchio ferroviere che si abbandona a ricordi di una commossa e mai banale nostalgia, mentre l’apparato dei foto-suoni si attiva non tanto come sfondo quanto come vero e proprio terzo elemento contrappuntistico, (im)portante non meno degli altri, elemento che pulsa e si intromette “a tempo” laddove il testo e la sintassi musicale lo richiedono, in simbiosi con le due voci e gli altri strumenti acustici, qui rappresentati da un’orchestra d’archi e un set di percussioni. Più volte sono proprio i foto-suoni a dare l’imbeccata sotto il profilo ritmico e gestuale, confermando la loro spiccata vocazione a solleticare i vecchi strumenti acustici affinché superino il limite, croce e delizia, dentro il quale li ha confinati una tradizione che ha tutta l’aria di essere quasi irresistibilmente “perfetta”. Treni persi di Riccardo Piacentini (dal booklet del CD Treni persi, Rive-Gauche Concerti e Provincia di Torino, RG 00012, Torino 2003) “Foto-musica con foto-suoni”® è una locuzione che escogitai il 26 ottobre 1999 durante una memorabile passeggiata nel parco di Oslo che si affaccia da un lato sul porto e, dall’altro, sulla piazza del palazzo dei premi Nobel per la pace. Intendevo, e oggi più che mai intendo, designare un aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 19 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf tipo di musica in cui il suono-rumore dell’ambiente costituisse un fenomeno acustico rilevante, dal punto di vista sintattico, non meno dei suonirumori della “nobile” tradizione sinfonica (cassa rullante e schiocchi di frusta inclusi). Dunque musica a trecentosessanta gradi, musica che non anestetizza il contesto né tanto meno lo ignora, ma invece lo sente e lo ascolta (feels and listens to), così come ognuno di noi sente, e qualche volta ascolta, i suoni-rumore di cui è volontariamente o involontariamente partecipe. Fotografare, non con l’occhio-obiettivo di una telecamera o di una macchina fotografica ma con l’orecchio-microfono di un registratore digitale, il suono di diversi contesti – dal mercato popolare Chorsu Bazar di Tashkent alle metropolitane di Helsinki, Seoul, Singapore... al martello pneumatico che trafora la Fifth Avenue nel cuore della notte, ai mille fischi e sospiri dei treni (e dei viaggiatori) di oggi e di ieri... – è stata l’eccitante esperienza da cui sono partito per sonorizzare dapprima l’VIII Biennale Internazionale di Fotografia (Torino, Palazzo Bricherasio, 1999), poi la IX (2001) e ora il Museo Ferroviario Feralp di Bussoleno (2003). In queste due ultime circostanze mi sono avvalso dei testi, decisivi sotto più aspetti, scritti da Sandro Cappelletto che li ha confezionati su misura. L’allestimento di suoni e luci – musiche, proiezioni filmiche e luminose, sorprese sceniche etc. – che il 20 giugno 2003 ha animato gli spazi del Museo Feralp di Bussoleno si affiancava alla realizzazione del presente CD, nel quadro del progetto di sonorizzazione di cui la Provincia di Torino aveva incaricato la Rive-Gauche Concerti nell’ambito dell’ancor più ampio progetto denominato, con espressione quanto mai sintonica alla “fotomusica”, Cultura materiale. Lo spettacolo del 20 giugno, punteggiato da due interludi filmici legati al nome di Jean Renoir e al mondo delle ferrovie, comprendeva musiche incentrate sul tema del viaggio, dal Quartetto op. 160 del giovane Mozart in visita per l’Italia al divertente Un petit train de plaisir di Rossini, proposto in versione orchestrale, fino alla vera novità della serata: i Treni persi per voce viaggiante e voce che ha viaggiato. Diversi materiali fonici della serata, uniti ad altri registrati nelle mie migrazioni di compositore da diversi anni munito dell’inseparabile orecchio-microfono di un DAT, sono stati quindi elaborati e com-posti su questo CD, a cominciare dagli imprescindibili Treni persi, metafora del viaggiatore affranto che perde tutte le coincidenze, mentre un anziano pacato ferroviere rievoca paesaggi e meraviglie dell’architettura ferroviaria, il tutto avvolto in un suggestivo reportage di “foto-suoni” captati da stazioni ferroviarie, treni fermi e in movimento, sbuffi di viaggiatori e di locomotive, voci di chi viaggia e di chi ha viaggiato. Concludo con un triplice ringraziamento: alla Provincia di Torino, e in particolare alla Presidente Mercedes Bresso e all’Assessore Valter Giuliano, a Patrizia Picchi e a Rebecca De Marchi per la sensibilità dimostrata prima, durante e dopo la realizzazione del progetto; ai volontari del Museo Ferroviario Feralp di Bussoleno e soprattutto a Walter Neirotti , Edoardo Gorzegno e Franco Lucia; a Sandro Cappelletto, i cui testi sono stati propulsivi quanto un treno, anzi tre treni. “Photo-music with photo-sounds” (“Foto-musica con foto-suoni”®) is an expression I thought up on 26th October 1999 during a memorable walk in the park in Oslo that on one side looks out onto the port and on the other onto the square with the Nobel Peace Prize building. My idea was then, and is all the more so today, to design a type of music in which the sound-noise of the ambient would represent a significant acoustic phenomenon from a syntactic point of view, no less than the sound-noises of the “noble” symphonic tradition (including drum rolls and whiplash effects). Music in three hundred and sixty degrees, music that does not anaesthetise its context and certainly does not ignore it, music rather that feels and listens to it, just as each of us feels, and sometimes listens to the sound-noises in which we are voluntary and involuntary participants. Photographing, not with the eye-lens of a camera or video-camera but with the ear-microphone of a digital recorder, the sounds of various contexts – from the popular market of Chorsu Bazar in Tashkent to the undergrounds of Helsinki, Seoul, Singapore …. from the pneumatic hammer that drills into Fifth Avenue in the heart of the night, to the thousands of whistles and sighs of trains (and their passengers) of today and yesterday … - this was the exciting experience on which I worked in creating soundtracks first for the VIII International Photography Biennial (Turin, Palazzo Bricherasio, 1999), then the IX (2001) and now the Feralp Railway Museum in Bussoleno (2003). In the latter two instances I have made use of texts – decisive in many ways – custom written by Sandro Cappelletto. The Son et Lumière production – music, projection of films and stills, scenographic surprises etc. – which animated the spaces of the Feralp Museum in Bussoleno on 20th June – accompanied the production of this CD, as part of the project for sound-accompaniment which the Province of Turin commissioned of Rive-Gauche as part of an even more ambitious project denominated, with an expression that so closely adheres to “photo-music”, Material Culture. The event on the 20th June, punctuated by two film episodes linked to the name of Jean Renoir and to the world of the railways, included pieces of music focusing on the theme of the journey, from the Quartet op. 160 by the young Mozart on his visit to Italy to the delightful Un petit train de plaisir by Rossini, proposed in an orchestral version, and on to the novelty of the evening: the Treni persi [Missed Trains] for a travelling voice and a voice that has travelled. Various phonic materials of the evening, combined with others recorded during my migrations as a composer who for years has never travelled without the ear-microphone of a DAT, were then processed and com-posed on this CD, starting with the essential Treni persi, a metaphor of the stricken traveller who misses all her connections while a calm old railwayman recollects the landscapes and the wonders of railway architecture, all enveloped in a suggestive reportage of “photo-sounds” collected in railway stations, trains standing still or in movement, the grunts of travellers and locomotives, the voices of those who are travelling and those who have travelled. I should like to conclude with a double expression of gratitude: to the Province of Turin, especially to Councillor Valter Giuliano, Dr Patrizia Picchi and the architect Rebecca De Marchi, for the sensitivity they have shown before, during and after the realisation of the project, and to Sandro Cappelletto, whose texts provided as much drive as a train, indeed three trains. Duo italiano presenta un sorprendente programma di musiche moderne di Coleen Johnston (da “The Record” di Waterloo-Toronto del 27 settembre 2003) «[...] giovedì alla Maureen Forrester Hall il compositore e pianista italiano Riccardo Piacentini e il soprano Tiziana Scandaletti hanno eseguito un sorprendente programma di musiche di Piacentini e altri notevoli compositori contemporanei italiani. La Scandaletti ha dimostrato una padronanza assoluta e anche un’alta capacità espressiva nell’uso delle tecniche vocali. Con i suoi occhi da star di film muto ha comunicato ora timidezza ora scioccante scherno, insieme ad accenni di finzione e difesa e a momenti di autentica sensualità in una selezione dal titolo Mano mobile clic. Scritto da Piacentini nel 2001 su testi di Sandro Cappelletto, drammatizza una conversazione cibernetica [... ed è] un lavoro di grande humour e al tempo stesso dolce [... che] ha reso possibile l’esperienza di ascoltare la considerevole abilità della Scandaletti nel proiettare nell’aria una nota acutissima, intonata dapprima con violenza e poi smorzata molto morbidamente. La Scandaletti può far sì che la sua voce suoni come uno strumento elettronico, con attacchi immediati e brillanti seguiti da rapidissimi fade-out [...] Piacentini e Scandaletti hanno raggiunto il più intimo contatto con il pubblico aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 20 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf attraverso le realizzazioni cristalline [...] su testi di poeti tedeschi (Goethe, Rilke, Hoelderlin) di Alessandro Solbiati, Giacomo Manzoni e Fabio Vacchi. Raramente accade di ascoltare il gioco di tonalità, colori, ambiti e dinamiche che questa coppia di musicisti ha così finemente sfoggiato. La foto-musica di Piacentini, come quella del canadese R. Murray Schafer, crea nuovi paesaggi aurali [...] le sue Musiche dell’aurora del 1999 [...] sono un lavoro splendido, colmo di pace e di rispetto. Lo stupefacente duo Piacentini-Scandaletti sarà ospite domani [...] del Guelph Youth Music Centre.» «[...] on Thursday at Maureen Forrester Hall the Italian composer and pianist Riccardo Piacentini and soprano Tiziana Scandaletti performed a stunning program of works by Piacentini and other notable contemporary Italian composers. Scandaletti demontrated her totally controlled yet highly expressive vocal techniques. With her silent-film star eyes, she communicated coyness, mock shock, hints of defensive phoniness and moments of genuine sensuality in a selection called Mano mobile clic. Written in 2001 by Piacentini, it dramatizes an Internet conversation [...] a highly witty yet sweet work [...] Factoring in the concept of a woman chatting over the ‘net allowed listeners to experience Scandaletti’s remarkable ability to pull a very high note out of the air, pitch it bang-on, and do it very softly. Scandaletti can also make her voice sound like an electronic instrument, with sharp attacks and quick fade-outs [...] Pianist Piacentini and Scandaletti came into intimate contact with the audience with crystalline, mournful settings of German poets (Goethe, Rilke, Hoelderlin) by Milanese Italians [...] such as Alessandro Solbiati, Giacomo Manzoni and Fabio Vacchi. Rarely does one hear the matching of tone, colour, dynamic and range which this pair has so finely honed. Piacentini’s photo-music, like that of Canadian R. Murray Schafer, creates new aural landscapes [...] his 1999 Musiche dell’aurora (Dawn Music) [...] is a wonderful, peaceful, reverent work. The astonishing duo of Piacentini and Scandaletti will be performing tomorrow [...] at the Guelph Youth Music Centre.» Treni persi di Sandro Cappelletto (dalla presentazione scritta per la conferenza stampa del 6 febbraio 2004 sul CD Treni persi) Ho perso il primo treno della mia vita una mattina d’inverno degli anni Settanta. Dovevo andare a Milano, partendo da Venezia con il ‘rapido’ delle 7.24. C’è nebbia, i vaporetti sono fermi, attraverso Venezia a piedi, di corsa, arrivando a Santa Lucia in tempo per vedere il fanale rosso dell’ultima carrozza del “Settebello”, un treno meraviglioso, perdersi in quel candore fittissimo e immobile. Dovevo dare un esame all’Università Statale; arrivai a metà pomeriggio, il professore era semplicemente allibito del mio ritardo e io non osai raccontare la storia della nebbia. Sembrava una scusa. Poi, ho continuato: dovevo andare a Pisa e finivo a Pistoia, dopo essere salito su un diretto che partiva dallo stesso marciapiede della stazione di Santa Maria Novella, ma dall’altro binario. Mi accomodavo sulla carrozza di coda, senza leggere la scritta: “Queste vetture non partono”; passato l’orario di partenza, mi affacciavo dal finestrino e vedevo il binario sgombro, il mio treno lontano e perso. La realtà si prolungava durante il sonno: per anni, le mie notti sono state attraversate da vagoni, binari, annunci, ritardi, code alla biglietteria, partenze e naturalmente da treni persi, sempre, angosciosamente persi. Ora, la situazione è cambiata: in treno ci vivo, così sono sicuro di non perderlo più. Sono un abbonato della tratta Roma-Firenze: distanza 314 chilometri, 96 minuti di viaggio, almeno guardando l’orario. Viaggio circa sei volte a settimana, senza contare gli straordinari. Mi sento talmente a casa mia, che una sera – era l’ETR delle 22.54, l’ultimo – mi sono addormentato in una poltrona singola della carrozza 3. Teneramente, mi ha svegliato una squadra delle pulizie. Quando Riccardo Piacentini mi ha proposto questa nuova collaborazione, pensata per il Museo Ferroviario di Bussoleno, il titolo si è imposto subito, “Treni persi”. Nel racconto, tre situazioni si sovrappongono: una giovane donna è in viaggio per raggiungere il fidanzato. E’ partita un po’ controvoglia e sembra che tutto congiuri contro quel progetto di week-end amoroso: brutto tempo, ritardi, coincidenze che saltano, gallerie che rendono muto il cellulare, fidanzato probabilmente sempre più nervoso. Implacabile, indifferente alle sue ansie, una voce continua a scandire la serie infinita di annunci, consigli, ingiunzioni che tengono – diciamo così – compagnia alla viaggiatrice triste. Una gragnuola di informazioni via via più inquietanti, scoraggianti, incomprensibili in un inglese d’obbligo. Alla “voce che viaggia” si alterna una “voce che ha viaggiato”; quella di un ferroviere che racconta le bellezze della Cuneo-Ventimiglia, gioiello dell’ingegneria ferroviaria. Evoca gallerie, ‘chiocciole’, ponti con l’affetto di chi queste ‘creature’ le ha viste nascere, le ha attraversate molte volte, dopo aver atteso per anni la ricostruzione della tratta, quasi distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. La ferrovia diventa così luogo di affetti e di memorie. Riccardo Piacentini ha in questi anni sviluppato una personale poetica, che ha battezzato ‘fotosuoni’. Ogni sito ha la sua vita e la sua storia acustica. Lui la raccoglie, la ‘fotografa’, la campiona, la restituisce elaborata quanto basta per riconoscerla, percependo insieme il suo intervento creativo: esemplare la serie di “Gioco-treni” che conclude il disco. Assieme alla propria musica, sempre molto inventiva nelle scelte strumentali, e alla vocalità di Tiziana Scaldaletti, sua preziosa compagna di… viaggio, Riccardo crea così un andare-venire tra il passato e il presente di un luogo collettivo, come in questo caso il treno, e la nostra individualità che percorre e vive quegli stessi spazi. Così, memoria e azione, passato e presente si uniscono. Lavorare con lui è uno stimolo continuo. Ringrazio la Provincia di Torino e il Museo Feralp che ci hanno offerto questa nuova opportunità di collaborazione. Scusandomi per l’assenza – non ci crederete, ma sono in treno – Vi invio un saluto affettuoso. Mina miniera mia di Riccardo Piacentini (dal booklet del CD Mina miniera mia, Rive-Gauche Concerti e Provincia di Torino, RG 00014, Torino 2004) «A quattro mesi dall’uscita del CD Treni persi per il Museo Ferroviario di Bussoleno e sull’onda del progetto strategico Cultura materiale voluto dalla Provincia di Torino, esce una nuova produzione di “foto-musica con foto-suoni”® per l’Ecomuseo “Il Ferro e la Diorite” di Traversella ideata dal compositore Riccardo Piacentini con le complicità di Tiziana Scandaletti e di Sandro Cappelletto. La poetica dei foto-suoni si avvale in questo caso delle preziose testimonianze di cinque ex-minatori, degli interventi del Coro Bajolese e di una molteplicità di materiali fonici registrati in loco aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 21 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf dallo stesso Piacentini il 6 e 7 marzo 2004: nelle gallerie delle miniere, nei campi e nelle cascine, per le strade di Traversella e dovunque all’orecchio fosse dato di intuire una memoria significativa […]». «Materiali fonici registrati in loco», «orecchio», «intuizione», «memoria significativa»... La “foto-musica con foto-suoni”® non potrebbe essere maggiormente a proprio agio: nasce sul campo, ascolta, intuisce, non dimentica. E’ operativa nei settori liminari tra arte e vita, tra vita vissuta e stilizzazione dell’artificio, tra canto e disincanto, tra i labirinti del reale e le rarefazioni dell’universo artistico. Ciò che per i semiologi è il procedimento del comporre – dalla paratassi alla sintassi, dalla selezione alla composizione – la foto-musica lo realizza sui piani formale e simbolico. Il segno è il suono stesso, anzi il foto-suono, memoria impressa sulla pellicola di un DAT, che poi viene organizzata e significativamente composta. Mina miniera mia di Sandro Cappelletto (dalla presentazione scritta per la conferenza stampa del 16 maggio 2004 sul CD Mina miniera mia) E’ stato necessario imparare ad ascoltare. Nient’altro; poi i fatti, la storia e le emozioni che quelle voci, quelle immagini sonore – quella memoria – dicevano, si sono imposti. ‘Sentire’ Traversella, questo è stato il nostro obiettivo. Restituire la complessità di una vicenda dura, importante, dolorosa, misteriosa come tutto quello che accade in una dimensione estrema: la miniera lo è. Nella drammaturgia di Mina miniera mia, il racconto dei protagonisti incontra il loro habitat sonoro: la poetica dei foto-suoni del maestro Piacentini, la sua libera rivisitazione di un dato che gli viene consegnato dal tempo, dalla storia, trova in questa occasione un momento alto di verifica, si rivela uno straordinario strumento di conoscenza. Il foto-suono è come la biblioteca universale immaginata da Borges: conserva le tracce acustiche, oggettive e soggettive, di un sito, innerva ciò che è stato nella verità del nostro ricordo di oggi, lo rivive nella voce che evoca e ricrea i materiali musicali consegnati dalla tradizione. Fedelmente, ‘sentitamente’, nella libertà dell’artista. Musica per una Reggia di Attilio Piovano (dal booklet del CD Musiche della Reggia di Venaria Reale, Rive-Gauche Concerti e Regione Piemonte, RG 00015, Torino 2004) Un CD dal contenuto davvero inconsueto, volto alla sonorizzazione della barocca e sabauda Reggia di Venaria attualmente in fase di restauro: oggi il cantiere culturale più vasto d’Europa, come da più parti è stato notato, ed in un futuro prossimo luogo di fruizione artistica a 360 gradi. Due gli autori piemontesi di epoche e stile diametralmente distanti, il barocco Giovanni Lorenzo Somis ed il contemporaneo Riccardo Piacentini cui si deve l’operazione di sonorizzazione della Reggia medesima, ideale percorso sonoro di visita attraverso i vari luoghi cardine del sito sabaudo – dalla Torre dell’Orologio alla Galleria di Diana, dai cortili alla cappella – attraverso una sagace ricostruzione sonora con materiali di diversa matrice abilmente rifusi in un tutt’uno organico. Sono le sonorità d’antan d’una settecentesca Sonata da camera per violino e basso continuo ad aprire il CD. Illustre esponente della famiglia Somis, ancorché meno noto del sommo Giovan Battista, il fratello Giovanni Lorenzo, pittore e musicista, attivo dapprima a Bologna in S. Petronio e quindi, dal 1724, suonatore nella banda militare del re di Sardegna, fu in seguito assunto in qualità di violinista presso la torinese Cappella Regia, incarico che tenne dal 1732 sino al pensionamento nel 1770. A parte il giovanile soggiorno bolognese, raramente si allontanò da Torino; è documentato un unico viaggio a Parigi nel ’53. Agiato ed amante della vita di corte, possedette una “vigna” ovvero una villa sulla collina torinese. Chissà s’ebbe mai occasione di esibirsi tra le mura della Reggia di Venaria o di frequentarne i convivi? Piace immaginarlo, anche se la circostanza – certo verosimile – risulta solo probabile, ma non è suffragata da alcun documento. Ciò nonostante una sua opera espressamente prescelta funziona a meraviglia quale “portale” incoativo alla Reggia stessa. Tagliata in tre movimenti e scritta nell’allora inedita tonalità di mi bemolle maggiore, la Sonata qui inclusa appartiene alla bella silloge dell’op. II. Uno slanciato e bipartito Allegro assai vi figura in prima posizione; pagina dalle vaste escursioni intervallari, nonché impreziosita da festoni di terzine, si presenta ragguardevole per l’esplorazione d’un vasto itinerario tonale. Vi fa seguito un intenso Andante nella brunita tonalità di do minore, intessuto d’inflessioni ricche di pathos ed emozionanti trasalimenti. A chiudere in serenità interviene uno scorrevole Allegro in guisa di giga dalle aitanti figurazioni che paiono suggerire eleganti movimenti di danza, ideali per una cornice in bilico tra opulenza barocca e rococò. Ma il vero piatto forte del CD è Picander 2004 di Piacentini, articolata composizione – ovvero «azione tragicomica» secondo quanto recita il sottotitolo – per soprano, bass-baryton, flauto, archi, cembalo e “foto-suoni” che l’autore stesso definisce «una divertita parodia sui nuovi mecenati della cultura e sull’odierna crisi delle committenze». Il lavoro, che con arguzia e compiaciuto divertissement accosta recitativi, duetti swingati, intermezzi puzzle ricchi di humour (come il primo fitto di riconoscibili stilemi vivaldiani deformati da una lente cubista o il sapido Baccànone, ma forse occorrerebbe ri-scrivere Bach-cànone per rendere ancor più palese il gioco linguistico con riferimento al grande Kantor di cui Picander fu librettista), si conclude da ultimo con un irresistibile Concertato finale dall’insistito cin-cin, secondo la miglior tradizione settecentesca di cui Piacentini realizza una saporosa satira restaurando un filone ch’ebbe eccelsi esempi in Prima la musica poi le parole del Casti posto in musica da Salieri, nel mozartiano Schauspieldirektor o ancora nel celebrato Impresario in angustie di Cimarosa o nelle Cantatrici villane del Fioravanti, giù giù fino alla ottocentesca e divertente Prova di un’opera seria di Francesco Gnecco, maestro di Paganini. La partitura si presenta «corredata da una nutrita schiera di “foto-suoni” – avverte ancora l’autore – registrati sul campo tra l’inverno 2003 e la primavera 2004 durante i lavori dell’imponente cantiere della Reggia di Venaria Reale» ovvero la tramatura sonora, per così dire più tradizionale, appare interpuntata da materiali “captati” con rabdomantica sensibilità tra le pieghe del lavoro quotidiano, per cui c’è spazio per rumorose sonorità di martelli pneumatici e caterpillar, ma anche per più delicati rintocchi di scalpelli o remoti scalpiccii o ancora impercettibile grattare di raschietti e fantomatici cigolii. Sicché il lavoro medesimo «funge da artistico reportage sonoro, in cui strumenti particolarmente significativi della nostra tradizione musicale e “strumenti” altrettanto significativi dell’edilizia contemporanea si contrappuntano, non senza sorprese, in un rinnovato esempio di “foto-musica con foto-suoni”® – orientamento di cui Piacentini è convinto e attivo assertore – parte del più ampio progetto di sonorizzazione ambientale commissionato dalla Regione Piemonte alla Rive-Gauche Concerti». Insomma un modo intelligente e creativo per “contaminare” con lepida arguzia materiali dissimili, armonizzandoli in un linguaggio colto, eppure fruibile con gusto sin dal primo ascolto, lontano da sterili sperimentalismi, eppure scevro altresì di corriva banalità. Un modo per rendere palpabile il senso dello scorrere inesorabile del tempo attraverso le sale della Reggia, in cui piace immaginare con un bonario sorriso crinoline e fruscianti abiti da sera di settecentesca memoria, cui rimanda la Sonata di Somis, poste a reagire con un linguaggio di natura smaccatamente contemporanea, ed ancor più con le “immagini” sonore del cantiere, fotografato nel suo divenire. L’alter ego musicale di un gigantesco work in progress quale si aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 22 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf configura il restauro stesso? Perché no. All’ascoltatore-visitatore il piacere di ri-creare i propri percorsi, musicali, mentali e per così dire topografici, 23 cui la musica, con la sua conclamata ed innegabile asemanticità, non fa che aggiungere quel quid di emozione che solamente i suoni riescono ad evocare. Ben più della parola o delle immagini con la loro assertiva univocità. E scusate se è poco. A CD with truly unusual contents, created to provide an accompanying soundtrack for the baroque “Reggia di Venaria”, built in the 17th century and used as a summer residence for the Savoy royal family. Today, as has so widely been noted, the most extensive cultural workshops in Europe, and in the near future is to become a site with a rich and varied artistic offering. Two Piedmont artists of diametrically opposed periods and styles are responsible for the operation of producing a sound-commentary for the palace: the baroque Giovanni Lorenzo Somis and the contemporary Riccardo Piacentini. The operation consists in an ideal sound itinerary accompanying us through the various key points in the Savoy site, from the Clock Tower to the Gallery of Diana, from the courtyards to the chapel, using an ingenious reconstruction of sound materials of differing patterns skilfully blended into an organic whole. The CD opens with sounds of yesteryear in an eighteenth-century Chamber Sonata for violin and basso continuo. An illustrious member of the Somis family, though less well known than the great Giovan Battista, his brother Giovanni Lorenzo, painter and musician, worked first in Bologna at San Petronio’s then, from 1724, played in the King of Sardinia’s military band, and was later employed as a violinist at the Cappella Regia in Turin, a post which he held until his retirement in 1770. Apart from his stay in Bologna in his youth, he rarely roamed far from Turin – a single trip to Paris is recorded in 1753. A well-to-do lover of court life, he possessed a “vigna”, a residence on the hills above Turin. Did he ever, we wonder, perform at the Reggia di Venaria or take part in its feasts? We should like to think so, though this not improbable circumstance is not supported by any documentary evidence. A specifically chosen work by Somis, nonetheless, works marvellously as an introductory “portal” to the palace. Divided into three movements in the then unused key of E flat major, the Sonata on our disc belongs to the beautiful set of the opus II. A dashing two-part Allegro assai opens the work – a page of vast interval excursions, embellished with festoons of triplets, remarkable in its exploration of a vast tonal itinerary. There follows an intense Andante in the burnished key of C minor, threaded with inflexions of rich pathos and exciting leaps. A serene conclusion comes with a flowing Allegro in the guise of a gigue with robust figures that seem to suggest elegant dance movements, ideal for a setting between baroque opulence and rococo. The real pièce de résistance of the CD, however, is Picander 2004 by Piacentini, a complex composition – or «tragicomic action» as the subtitle says – for soprano, bass-baryton, flute, strings, harpsichord and “foto-suoni”, a work which Piacentini himself defines as «a whimsical parody on the new patrons of culture and today’s lack of commissions». With wit and satisfied divertissement, the composition combines recitative passages, duets in swing-style, humorous jigsaw intermezzi (like the first one crammed with recognisable Vivaldi stylistic features deformed by a cubist lens, or the delightful Baccanòne, perhaps it might be renamed “Bach canon” to make more explicit the play on words which refers to the great Kantor whose librettist Picander was) and closes with an irresistible Concertato finale with its insistent toasting cheers, in the finest eighteenth-century tradition of which Piacentini produces an appetizing satire and restores a model that had outstanding examples in Prima la musica e poi le parole by Casti set to music by Salieri, in Mozart’s Schauspieldirektor or again in the famous Impresario in angustie by Cimarosa and in Fioravanti’s Cantatrici villane, and on down to the amusing nineteenth-century Prove di un’opera seria by Francesco Gnecco, Paganini’s tutor. The score is “fitted with a rich host of “foto-suoni” [sound photos] – the composer informs us – recorded in the field between winter 2003 and spring 2004 during the work on the impressive building site of the Reggia di Venaria Reale”, that is to say what we might call the more traditional sound weave appears punctuated with material “captured” with the fine feeling of the water-diviner amidst the folds of daily work, thus there is room for the noisy “sonorities” of pneumatic hammers and caterpillars, but also for the delicate ringing of chisels or distant shuffling, the imperceptible scraping of metal tools and fantastic creaking. Thus the work itself «serves as an artistic sound reportage, in which particularly significant instruments of our musical tradition and equally significant “instruments” of the modern building trade are set in counterpoint, not without surprises, in a renewed example of “foto-musica con foto-suoni”® [photo-music with photo-sounds] – a direction of which Piacentini is convinced and active advocate – part of the wider-reaching project for providing ambient sound accompaniment which the Province of Turin has commissioned of Rive-Gauche Concerti». All in all an intelligent, creative and delightfully witty way to “contaminate” dissimilar materials, harmonising them in an idiom which is cultured but can still be enjoyed even at a first listening, standing well apart from sterile experimentalism yet no less free from any smug banality. This is a way to render palpable the sense of the inexorable passing of time through the halls of the Reggia, where, with a kindly smile, we should like to imagine the crinoline and rustling evening dresses of the eighteenth century that Somis’ Sonata directs us to, set to react with a decidedly contemporary idiom and all the more so with the sound “images” of the building site, photographed as it moved on. The musical alter ego of a gigantic work in progress just like the restoration itself? Why not. The listener-visitor is offered the pleasure of recreating his own paths, musical, mental and, we might say, topographical, and the music with its boldly proclaimed, undeniable non-semantic nature can but add that dose of emotion that only sounds can conjure up. Much more so than words or pictures with their assertive certainty. No small deal! (tr. Timothy Alan Shaw) Compositori in Canada oggi di Riccardo Piacentini (in “Rassegna Musicale Curci”, gennaio 2005, Milano) Conoscete Murray Schafer? E Harry Freedman o Peter Hatch? L’altra faccia del Nord-America, quella che accoglie la parte più spettacolare delle Cascate del Niagara, sorprende in musica per il suo fascino discreto e, come in altri campi, per la sua non belligeranza. Music is a beautiful disease (la musica è una bellissima malattia) recita il titolo di un lavoro del 1999 del compositore canadese Peter Hatch, docente alla Wilfrid Laurier University dell’Ontario. E Harry Freedman, polacco di nascita ma canadese dall’età di tre anni, chiama Spirit Song un suo lavoro e con esso l’intero CD che lo contiene, affiancandolo a brani i cui titoli suonano: Bright Angels, Trois Poèmes de Jacques Prévert, Epitaph for Igor Stravinsky etc. Murray Schafer, dal canto suo, dà seguito al mitico World Soundscape Project, ideato sul finire degli anni Sessanta registrando, tra i mille suoni della incontaminata natura del Canada, la “voce” delle onde del Pacifico di cui indaga le intime relazioni numeriche. Il fascino, la discrezione, la non belligeranza – in una parola la civiltà, che qui non sembra coincidere con il potere dell’immagine né con l’immagine del potere (perché le Niagara Falls sono belle prima ancora che spettacolari) –, vanno di pari passo con una cultura della “contaminazione”, o per dirla alla americana del cross over, che con britannico humour e dribblando i molteplici rischi del “minestrone” culturale, non rinnega l’identità dei generi e anzi la esalta ponendoli in costante dialettico confronto. Non si può dire che la stessa cosa accada in altre civiltà contemporanee, dove il cross over si dimostra un alibi perfetto per un’ampia campionatura di “minestroni”, dove non solo è assente il sacrosanto distacco che l’umorismo consente, ma anche la più elementare delle preoccupazioni sintattiche, da cui è un vero peccato prescindere vista la problematica eterogeneità dei materiali impiegati. Ma, tant’è, dove vige il principio dello zapping qualunque giustapposizione potrà funzionare purché venduta al mercato giusto. Procediamo ora cronologicamente, evitando noi di fare zapping. Cominciamo con Harry Freedman, nato nel 1922 e partito da esperienze legate al aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf mondo dell’arte figurativa, per approdare al jazz e infine al genere “classico”. All’età di diciotto anni inizia a studiare sistematicamente il clarinetto; poi, dopo una forzata interruzione dovuta al secondo conflitto mondiale, l’oboe e la composizione. Si avvicina a quest’ultima studiando per cinque anni con John Weinzweig, avendo contatti anche con Aaron Copland e Olivier Messiaen (a Tanglewood nel 1949) e con Ernst Krenek (a Toronto nel 1953). Per ventiquattro anni è il corno inglese della Toronto Symphony Orchestra, finché nel 1970 lascia l’incarico e si dedica a tempo pieno a comporre. Dalla sua penna escono sinfonie, lavori teatrali e balletti, musica per la televisione e per il cinema, brani corali, da camera etc. Freedman è uno dei fondatori della Canadian League of Composers, di cui è stato presidente tra il 1975 e il ‘78, e della Guild (corporazione) of Canadian Film Composers. Officer of the Order of Canada dal 1984, i suoi lavori riflettono una straordinaria flessibilità creativa includendo idiomi musicali diversi, eppure sempre nella chiara consapevolezza che esistano confini precisi tra i generi e rifuggendo senza eccezione dal pastiche dei rattoppi. Il critico musicale e compositore Udo Kasemets così scrisse di Freedman in una recensione che abbiamo rintracciato sulla pagina WEB http://users. nobelmed.com/freedman: «[...] Ha tutte le carte in regola per essere una delle figure principali della scena canadese, specialmente perché nella sua musica ha saputo catturare molti aspetti dell’atmosfera spirituale di questo Paese. Se ci chiediamo in che cosa consista la “canadesità” in musica («if we ask what is Canadianism in music»), gran parte della risposta bene si collegherebbe («well lie») ai lavori e alla personalità di Freedman». Il quale, per chi l’abbia conosciuto, pare conservi uno straordinario senso dell’umorismo, tanto che l’AEI Speakers Bureau (si veda http://www. aeispeakers.com/Freedman-Harry.htm) lo definisce the king of comedy, riportando compiaciuto alcune gag pubbliche che hanno fatto il giro del Canada. Tutto ciò può sembrare materia di limitato interesse per chi si occupi seriamente di musica, materia buona per i notiziari rosa assai più che per un articolo con qualche velleità musicologica, ma non è così. Basti considerare un paio di aspetti: il primo è che il personaggio Harry Freedman ama, nella vita di tutti i giorni non meno che nella sua musica, miscelare la formalità accademica del professore con messaggi e contenuti apertamente dissonanti rispetto a tale immagine, che ne esce contestualizzata in modo inatteso quando non ridicolizzata; il secondo punto si può intendere meglio con la diretta esperienza dell’ascolto. Ascoltando infatti la sua musica (mi riferisco in particolare al suo CD Spirit Song, che ho avuto modo di gustare e che contiene un ampio ventaglio di composizioni il cui minimo comune denominatore è la voce, dai Two Vocalises del ‘53 ai Trois Poèmes de Jacques Prévert «liberamente tradotti da Harry Freedman» del ‘62, Anerca del ‘66, Toccata del ‘68, Bright Angels del ‘73, l’Epitaffio per la morte di Stravinsky nel ‘78 e Spirit Song del ‘93), si ha la percezione quasi assillante di una volontà formale che traduca in modo lineare e progressivo l’avvicendarsi delle situazioni musicali, come in una morbida successione cinematografica di assolvenze e dissolvenze, e insieme si apprezza il nitore stilistico delle scelte operate di volta in volta. Il primo approccio, almeno in questo CD, non è di tipo umoristico; eppure, conoscendo il persistente sorriso stampato sul viso di Freedman (lo avete mai visto in fotografia?), si avverte un senso di spazio e di distanza che con l’humour ha molti punti in contatto, una sorta di lontananza che ha dello spirituale, una apparente terrena nonchalance cui fa da contraltare l’estrema cura della forma e una volontà comunicativa di prim’ordine. «Is he serious?» si chiede l’AEI Speakers Bureau citato sopra. «Certo che no!» è la risposta. E ci viene in mente Thomas Mann, quando sostiene (parafrasando) che «il gioco dell’artista è serio, serio fino alle lacrime», dove le lacrime sono quelle di chi ride a crepapelle. «Grazie alla sua abilità di non spezzare mai un sorriso («never crack a smile») – continua l’AEI Speakers – e grazie a ciò che viene descritto come il suo generic executive look, Harry Freedman beffa l’audience tutte le volte [...] E’ difficile immaginare quanto il pubblico esca sempre ingannato da un commediante i cui crediti televisivi vanno da America’s funniest people a Comedy on the road a Caroline’s comedy hour [... ma che nello stesso tempo conta numerosi] profili su The New York Times, The International Herald Tribune [...] Nei circuiti dei club e delle sale da concerto, Harry Freedman ha un rapporto buffo con il pubblico ponendosi come un dottore che recita una parte comica [...] Ci fu una volta che in un talk show televisivo in veste di “dottore sportivo” Harry Freedman disse a un perplesso Keith Hernandez, nota star del baseball: «Potrei aiutarti, Keith. Sicuramente stai diventando vecchio, il tuo corpo si sta deteriorando [...] ma distenditi su un tavolo e dammi uno strumento musicale acuto e io ti riporterò in forma per la prossima primavera». In fondo, è proprio questa valenza tra taumaturgica e rigenerativa che emerge nella musica di Freedman riunendo insieme doti apparentemente inconciliabili di spiritualità e umorismo mass-mediale. Forse in Europa, vuoi per convenienza di matrice accademica vuoi per altra tradizione, è difficile pensare in questi termini, ma nel Nord-America si parla di una prassi comportamentale ordinaria, almeno dai tempi di John Cage in su. Con Murray Schafer, nato nel 1933, l’orizzonte canadese si amplia ulteriormente, poiché il citato World Soundscape Project, che a suo tempo fu sostenuto dai finanziamenti dell’UNESCO e della Donner Canadian Foundation, testimonia di un interesse ancora più vasto e, a nostro avviso, di notevole significatività: quello per i suoni ambientali. Alcuni musicologi ritengono che non sia questo l’aspetto creativo più interessante di Schafer, da individuarsi invece nella cospicua produzione da camera e sinfonica (otto quartetti per archi, una quantità impressionante di lavori strumentali e vocali per medio e grande organico, composizioni per il teatro e per la grande orchestra etc.). Ciononostante, senza nulla togliere al valore di questa parte consistente della sua produzione, è probabilmente il World Soundscape Project il momento più originale e curioso, forse anche il più rappresentativo, della ricerca di questo grande compositore nato a Sarnia in Ontario e poi trasferitosi in British Columbia nella ridente Vancouver. Come Freedman, anche Schafer ha studiato composizione con John Weinzweig, ma la sua pratica strumentale è sul fronte degli strumenti a tastiera, il clavicembalo e il pianoforte, studiati al Royal Conservatory of Music e successivamente all’Università di Toronto, da cui venne «espulso» (così si legge nelle sue biografie) per trasferirsi al Royal College of Music di Londra. In un secondo momento, dal 1956 al ‘61, si avvicinò alle lettere, al giornalismo e alla filosofia, studiando a Vienna e ancora a Londra e ottenendo ben sei dottorati in università sparse per l’Argentina, il Canada e la Francia. Cos’altro aggiungere al suo curriculum di promettente musicista? Ma veniamo al progetto che lo lanciò definitivamente sul finire degli anni ‘60 e che per più aspetti anticipa i progetti di “foto-musica con fotosuoni”® che noi abbiamo descritto in un nostro precedente saggio dedicato alla musica d’ambiente (in “Rassegna Musicale Curci”, anno LVI n. 3, settembre 2003). Nella ragnatela di internet, alla pagina http://www.sfu.ca/~truax/wsp.html, troviamo diverse informazioni che illustrano le finalità del WSP, acronimo con cui viene designato il World Soundscape Project. Nato all’interno del gruppo di ricerca da lui stesso diretto alla Simon Fraser University di Vancouver, si poneva come obiettivo l’approfondimento dei rapporti, non solo musicali, tra l’uomo e i suoni che lo circondano. In questo settore si può affermare che Schafer sia diventato il punto di riferimento (in)discusso per le più recenti generazioni di compositori in Canada. D’altra parte, per meglio coglierne la profondità delle prospettive, va rilevato come Murray Schafer abbia una vasta produzione non solo in campo musicale-compositivo ma anche letterario, essendo autore di pubblicazioni i cui titoli, dichiaratamente connessi al mondo della musica, sono già di per sé illuminanti: The New Soundscape, The Book of Noise, The Tuning of the World, The Music of the Environment, Eszra Pound and Music (di Pound, scrittore da lui particolarmente amato, ha messo in musica Il Testamento, radiotrasmesso nel 1961 dalla BBC), The Complete Criticism, Patria and the Theatre of Confluence etc. In questi testi, e particolarmente nei primi tre, Schafer denuncia senza mezzi termini l’inquinamento acustico, allegando un compendio delle leggi canadesi sulla regolamentazione dei rumori e descrivendo ambienti il cui design dal punto di vista acustico è pessimo. Nel 1973 Schafer invia Bruce Davis e Peter Huse in un tour canadese mirato a raccogliere reperti acustico-ambientali che diverranno il materiale base della trasmissione radiofonica della CBC Soundscapes of Canada. Due anni dopo, Schafer guida un folto gruppo di studiosi in giro per l’Europa per investigare i suoni ambientali di cinque “villaggi”, rispettivamente in Svezia, Germania, Italia, Francia e Scozia. Di qui una dettagliata analisi dal titolo Five Village Soundscapes, che prelude al capolavoro letterario di Schafer, The Tuning of the World del 1977. Fondamentale la complicità con il collega Barry Truax per qaunto riguarda la parte terminologica (Handbook of Acoustic Ecology del 1978) e successivamente, aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 24 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf nel 1984, per l’aggiornamento riguardante l’impatto con le nuove tecnologie (Acoustic Communication), ma anche con il compositore Hildegard Westerkamp, che con le Soundscape Newsletter e il World Forum for Acoustic Ecology (1993) ha fatto circolare in rete le idee di Schafer favorendone ulteriormente la diffusione e inaugurando un forum di discussione. Nel ‘97 l’etichetta discografica Cambridge Street Records ha rimasterizzato le registrazioni degli anni 1973-1996 e ha prodotto un doppio CD con le composizioni che ne hanno fatto uso, cui si è aggiunto un documentario dal titolo Soundscape Vancouver 1996 seguito, nello stesso anno, da Urban Noise di Truax. Come si vede, Schafer non è stato né è soltanto un compositore, ma un grande comunicatore, seppure in senso differente rispetto a Freedman. In una intervista del 2001 (si veda http://www.thewholenote.com/wholenote_sep_01/special.html) il grande “progettista” risponde ad alcune domande di Paul Steenhuisen che, partendo dal grande ciclo in dodici parti intitolato Patria, invita Schafer a parlare del suo modo di concepire il comporre. Ciò che emerge subito è la più totale insoddisfazione per lo status quo consegnato dai generi della tradizione, modalità esecutive incluse. Ad esempio ringrazia il cielo di non avere avuto commissioni di opere liriche ed è in virtù di questo – egli dice – che ha potuto lavorare così come gli pareva in Patria e in altri lavori teatrali («thank God nobody ever commissioned one, so I did what I wanted to do»). Sottolinea che Princess of the Stars deve essere rappresentato alle cinque del mattino, Ra dura undici ore che vanno trascorse di notte, mentre per The Wolf Project ci vogliono otto giorni, e che in tutti e tre i casi si tratta di lavori autonomi ma improntati a temi, contesti e caratteri ricorrenti. Viene in mente Karlheinz Stockhausen e la sua multi-opera sui giorni della settimana. Ciò che può apparire come un eccesso di pretese, forse anche un tantino maniacale, in realtà si sposa perfettamente con i più elementari fondamenti della poetica del World Soundscape Project. Non può infatti essere lasciata al caso, né tanto meno essere assoggettata a convenzioni che Schafer ritiene inadeguate, la progettualità di eventi il cui senso si configura grazie a una loro completa programmazione. Chiunque si occupi di tecniche di comunicazione, in questo caso applicate per di più all’ambiente, sa benissimo quanto sia decisivo non solo il target del messaggio ma il contesto e le modalità di esplicazione in cui il messaggio dovrà realizzarsi. Così Schafer alla domanda se pensi di avere inventato un nuovo genere risponde: «In alcuni miei lavori certamente sì» e tra questi cita i tre lavori di sopra, aggiungendo che egli ama lavorare all’aperto rifuggendo, ove possibile, i teatri tradizionali. Così Princess of the Stars esige imprescindibilmente un laghetto, un vero laghetto, non una sua riproduzione, con azioni sceniche dentro, sopra e fuori dell’acqua... Peter Hatch, di una generazione più giovane di Schafer, si innesta senza esitazioni in quel filone che coniuga sistematicamente generi diversi e nel contempo ne individua, spesso ironicamente, i singoli tratti caratterizzanti. In una intervista apparsa sul numero dell’estate 2003 di “Musicworks”, rivista canadese il cui sottotitolo reca un esplicito «25 years of exploration in sound», Hatch dichiara: «Non avendo avuto alcuna formazione musicale ufficiale, il mio ascolto è stato da sempre apertissimo («pretty wide open»). Ho scoperto Bach, Miles Davis, Anthony Braxton e Charles Ives tutti pressappoco nello stesso tempo [...] Trovo che sedersi ed ascoltare tutta questa quantità di musica in un unico pomeriggio sia incredibile [...]», dove egli chiarisce che l’assenza di una formazione musicale formalmente riconosciuta gli abbia spalancato le porte sin dall’inizio verso un ascolto libero e disincantato dei più disparati generi musicali, senza pregiudizio alcuno. Anche Hatch, come Freedman e Schafer, non è solo compositore. Dopo gli studi alla University of British Columbia e la University of Toronto, dopo avere vinto alcuni concorsi internazionali e avere girato in lungo e in largo soprattutto il Canada con una puntata europea ai Ferienkurse für Neue Musik di Darmstadt, Hatch si è dimostrato da un lato un fervido promotore di importanti manifestazioni dedicate alla musica contemporanea (come i NUMUS Concerts della Wilfrid Laurier University di Waterloo e, più recentemente, il Festival Open Ears) di Kitchner in Ontario) e, dall’altro, un fautore estremo della multimedialità. Le sue collaborazioni vanno da quella con l’architetto Dereck Revington a quelle con Bill James, coreografo, e il direttore David McMurray Smith. Ma anche lui, proprio come Schafer, nutre un interesse straordinario per la letteratura e soprattutto per la scrittrice Gertrude Stein e la sua filosofia della percezione temporale. Su http://members.shaw.ca/steenhuisen/hatch.htm c’è un’intervista datata maggio 2003 in cui Paul Steenhuisen, lo stesso musicologo di cui abbiamo citato l’intervista con Schafer, sollecita Peter Hatch proprio sulla sua concezione del tempo. Hatch risponde (traduzione con qualche licenza): «L’aspetto psicologico del tempo – la nostra esperienza del tempo – è affascinante senza fine («endlessly fascinating») [... specie se] confrontata con il tempo dell’orologio [...] Se poi consideriamo il tempo musicale, non credo che ne sappiamo molto. Ogni volta che si lavora con la durata e il ritmo, tutto ciò che accade è che tu definisci dei ritmi, ti comporti come un automa con il tempo, ma molto presto le cose si complicano. C’è il momento immediato, ma c’è anche la sua anticipazione, che è pure un’esperienza temporale [...] C’è, ma riguarda qualcosa che sta per accadere ma non è ancora accaduto. E c’è anche la memoria [...]». Steenhuisen a questo punto lo interrompe e gli chiede che cosa ne sia della ripetizione. E Hatch: «Non c’è nulla che corrisponda a una esatta ripetizione [...] Tu potresti fare due volte la stessa domanda e due volte nello stesso modo, ma la risposta che provocherebbe la seconda domanda sarebbe diversa dalla prima [...] Gertrude Stein fu maestra nell’intendere queste cose [...] Puoi leggere sue opere in cui la scena 3 precede la scena 2. Questo mette fuori uso il concetto di sequenza lineare e il modo in cui sperimenti le cose attraverso il tempo. Per l’appunto non si tratta di ripetizione. Lei va oltre». L’assonanza con alcune posizioni che abbiamo visto emergere nel WSP di Murray Schafer diventa forte quando Hatch afferma: «Una cosa può suonare come un’altra, eppure può portarci in un mondo di suoni completamente diverso, con significati conseguentemente diversi». In Schafer era il contesto a rappresentare una componente decisiva per il significato, sia nel suo progetto ambientale sia in altri lavori come Patria, dove i dettagli contestuali assumono una rilevanza che rasenta il paradosso; in Peter Hatch l’importanza del contesto fisico-ambientale viene tradotta in termini metafisico-temporali. Ascoltando il suo Gathered Evidence del 2002 per quartetto d’archi amplificato e suoni campionati, ci colpiscono principalmente due cose: l’una è in effetti la distribuzione temporale degli eventi, che scorrono come in senso modulare anziché lineare (nel senso che i diversi moduli appaiono come intercambiabili, a dispetto dell’ordine di successione imposto dal tempo che trascorre “da sinistra a destra”); l’altra è la divertita ironia con cui questo gioco viene attuato, fatto che ci rimanda all’humour di cui dicevamo all’inizio del saggio e che può in qualche modo ricollegarsi al “commediante” Harry Freedman. La voce recitante che interviene, con tanto di fruscio di fondo (intenzionale, immaginiamo), ci ricorda in qualche misura anche il buffo narratore di Einstein on the beach di Philip Glass. E’ pur vero che questo pezzo, nelle parole di chi ha curato il libretto del CD da cui lo abbiamo estratto, «rappresenta una collezione, pervasa di umorismo nero, di pensieri sulla tradizione della musica classica e il suo stato attuale», ma, confrontando altri lavori come ad esempio Il Cimento dell’armonia et dell’inventione per doppio quartetto d’archi (del 2000) e lo spassoso In a vernacular way per solo clavicembalo (del 1990), ci si rende conto che si tratta di una cifra ricorrente in Hatch. Ritorniamo dunque ai primi assunti di questo studio: la civiltà, il cross over, il distacco... Ho conosciuto Peter Hatch di persona, l’anno scorso durante un party alla fine di un concerto del Duo Alterno alla Wilfrid Laurier University dove lui insegna e dove nel 1986 inventò i NUMUS Concerts, ora affidati alla direzione di Jeremy Bell. Venne da me con un sorriso non molto dissimile da quello che riscontro nelle fotografie di Harry Freedman e come prima cosa mi rifilò una fotografia raffigurante uno strano marchingegno. Mi disse che era l’ultimo strumento che aveva indeato, una sorta di bicicletta acustica in cui, pedalando a dovere, il suono si produceva sortendo effetti esilaranti. Sì – dissi io – un po’ come il marchingegno leonardesco che al mattino fa svegliare il protagonista di Ritorno al futuro. Lui annuì e sorrise. aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 25 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf 9. Dischi // 9. CDs Musiche dell'aurora “Foto-musica con foto-suoni”® per la sonorizzazione dell'VIII Biennale Internazionale di Fotografia. Testi di Nadar. Tiziana Scandaletti soprano, Anna Maria Morini flauto. CD Rive-Gauche Concerti e Fondazione Italiana per la Fotografia (RG 00005). Torino 1999. Shahar Estratti di “Foto-musica con foto-suoni”® per la sonorizzazione dell'VIII Biennale Internazionale di Fotografia. Testi di Nadar. Tiziana Scandaletti soprano, Anna Maria Morini flauto. CD e partitura Curci (E. C. 11351). Milano 1999. Arie condizionate “Foto-musica con foto-suoni”® per la sonorizzazione della IX Biennale Internazionale di Fotografia. Testi di Sandro Cappelletto. Tiziana Scandaletti soprano, Michele Lomuto trombone. CD Rive-Gauche Concerti e Fondazione Italiana per la Fotografia (RG 00009). Torino 2001. Treni persi “Foto-musica con foto-suoni”® per la sonorizzazione del Museo Ferroviario Feralp di Bussoleno. Testi di Sandro Cappelletto. Tiziana Scandaletti soprano, Orchestra Milano Classica diretta da Massimiliano Caldi. CD Rive-Gauche Concerti e Provincia di Torino (RG 00012). aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 26 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf 27 Torino 2003. Mina miniera mia “Foto-musica con foto-suoni”® per la sonorizzazione del Museo “Il Ferro e la Diorite” di Traversella. Drammaturgia di Sandro Cappelletto. Tiziana Scandaletti soprano, interventi del Coro Bajolese diretto da Amerigo Vigliermo. CD Rive-Gauche Concerti e Provincia di Torino (RG 00014). Torino 2004. Musiche della Reggia di Venaria Reale “Foto-musica con foto-suoni”® per la sonorizzazione della Reggia di Venaria Reale. Tiziana Scandaletti soprano, Mario Tento bass-baryton, Sandro Cappelletto narratore, Academia Montis Regalis. CD Rive-Gauche Concerti e Regione Piemonte (RG 00015). Torino 2004. La voce contemporanea in Italia (vol. I) Estratti di “Foto-musica con foto-suoni”® per la sonorizzazione della IX Biennale Internazionale di Fotografia. Testi di Sandro Cappelletto. Tiziana Scandaletti soprano. CD Stradivarius (STR 33708). Milano 2005. 11. Archivio dei “foto-suoni” // 11. Archives of “photo-sounds” DATA: 1999.04 SUPPORTO DAT Tashkent 1999 LUOGO: Tashkent - Mercato popolare (Chorsu Bazar) P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Shahar” e “Chorsu bimbo” (“Musiche dell’aurora”) DATA: 1999.04 (2) SUPPORTO DAT Tashkent 1999 LUOGO: Francoforte - Aeroporto P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Shahar” (da “Musiche dell’aurora”) DATA: 1999.05 SUPPORTO DAT Porta Palazzo 1999 LUOGO: Torino - Mercato popolare di Porta Palazzo aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Shahar” (da “Musiche dell’aurora”) DATA: 1999.06 SUPPORTO DAT Porta Palazzo 1999 LUOGO: Napoli - Strade e mare P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Chorsu bimbo” (da “Musiche dell’aurora”) DATA: 1999.06 (2) SUPPORTO DAT Porta Palazzo 1999 LUOGO: Torino - Leonardo (5 anni e 10 mesi) parla e gioca con papà P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Chorsu bimbo” (da “Musiche dell’aurora”) DATA: 1999.10 SUPPORTO DAT lp Stoccolma 1999 LUOGO: Stoccolma - Mercato popolare e strade P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 1999.10 (2) SUPPORTO DAT Oslo 1999 LUOGO: Oslo - Strade e porto P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 1999.10 (3) SUPPORTO DAT Aarhus 1999 LUOGO: Aarhus e Copenaghen - Strade di Aarhus e stazione di Copenaghen P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 1999.11 SUPPORTO DAT Helsinki 1999 LUOGO: Helsinki - Metropolitana P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 1999.11 (2) SUPPORTO DAT Helsinki 1999 LUOGO: Torino - Mercato popolare di corso Spezia P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 1999.12 SUPPORTO DAT S. Antonio 1999 LUOGO: Sant’Antonio di Fleres - Leonardo (6 anni e 5 mesi) legge P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 1999.12 (2) SUPPORTO DAT S. Antonio 1999 LUOGO: Sant’Antonio di Fleres - Foto-suoni nella neve (passi, voci, acque...) P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Jeux d’eau et d’oiseaux”. DATA: 2000.04 SUPPORTO DAT Roma-Bologna-Strasburgo 2001 LUOGO: Roma - Concerto e foto-suoni in Santa Maria sopra Minerva P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2000.04 SUPPORTO DAT Casa 2000 LUOGO: Torino - Leonardo (6 anni e mezzo) gioca con dadi e padelle P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2000.04 (2) SUPPORTO DAT Casa 2000 LUOGO: Torino - Suoni della città dall’alto della mansarda P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2000.04 (3) SUPPORTO DAT Casa 2000 LUOGO: Torino - Leonardo (6 anni e mezzo) fa il maniscalco P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2000.08 SUPPORTO DAT Assisi 2000 LUOGO: Assisi - Siena (via di Città e piazza del Campo), Certaldo (vento) P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2000.09 SUPPORTO DAT USA 2000 LUOGO: Baltimora - Grilli e altro P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Jazz motetus VI (Cricket play)” DATA: 2000.09 (2) SUPPORTO DAT USA 2000-2 LUOGO: New York - Treno per Pennsylvania Station e suoni di Manhattan P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2000.09 (3) SUPPORTO DAT Washington 2000, Londra 2001 LUOGO: Washington - Manifestanti e musei al Mall P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2000.11 SUPPORTO DAT GSMS 2000 e TG 2001 LUOGO: Torino - Foto-suoni dal concerto della Giornata di studi P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.01 SUPPORTO DAT Roma-Bologna-Strasburgo 2001 LUOGO: Roma - Foto-suoni dal Congresso Internazionale di Musica Sacra P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.02 SUPPORTO DAT Roma-Bologna-Strasburgo 2001 LUOGO: Bologna - San Petronio e piazza Maggiore aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 28 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.03 SUPPORTO DAT Roma-Bologna-Strasburgo 2001 LUOGO: Strasburgo - Cattedrale e strade P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.05 SUPPORTO DAT GSMS 2000 e TG 2001 LUOGO: Torino - Foto-suoni dai telegiornali satellitari P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Arie condizionate”. DATA: 2001.06 SUPPORTO DAT GSMS 2000 e TG 2001 LUOGO: Torino - Condizionatori d’aria a Palazzo Bricherasio P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Arie condizionate”. DATA: 2001.06 (2) SUPPORTO DAT GSMS 2000 e TG 2001 LUOGO: Torino - Leonardo (7 anni e 10 mesi) fa i compiti di matematica P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.06 (3) SUPPORTO DAT Roma-Bologna-Strasburgo 2001 LUOGO: Torino - Rap dalla radio e dalla televisione P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Arie condizionate”. DATA: 2001.09 SUPPORTO DAT Almaty 2001 LUOGO: Almati - Foto-suoni dalle strade P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.09 (2) SUPPORTO DAT Almaty 2001 LUOGO: Almati - Concerto privato in Conservatorio con canti popolari P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.10 SUPPORTO DAT Londra e sud-est asiatico 2001 LUOGO: Londra - Strade e magazzini Virgin P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.10 (2) SUPPORTO DAT Londra e sud-est asiatico 2001 LUOGO: Jakarta - Strade e metropolitana P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.10 (3) SUPPORTO DAT Londra e sud-est asiatico 2001 LUOGO: Seoul - Strade e metropolitana P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.10 (4) SUPPORTO DAT Londra e sud-est asiatico 2001 LUOGO: Singapore - Strade e metropolitana P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.10 (5) SUPPORTO DAT Almaty 2001 LUOGO: Singapore - Frammento di concerto e foto-suoni dal Raffles Hotel P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.11 SUPPORTO DAT Washington 2000, Londra 2001 LUOGO: Londra - Strade, metropolitana, magazzini P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.11 (2) SUPPORTO DAT Edimburgo 2001 LUOGO: Edimburgo - Strade P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2001.11 (3) SUPPORTO DAT Bologna 2000, San Sabba 2001 LUOGO: Trieste - Ex-campo di concentramento di San Sabba P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Sine nomine”. DATA: 2002.10 SUPPORTO DAT Pechino 2002 LUOGO: Pechino - Foto-suoni dalla Città proibita, Beijing Opera, vocii di ragazzi... P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Jazz motetus VI (Cricket play”). DATA: 2002.12 SUPPORTO DAT Pechino 2002 LUOGO: Singapore - Foto-suoni dai Tropici P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Jeux d’eau et d’oiseaux”. DATA: 2003.05 SUPPORTO DAT Treno-foto-suoni nn. 1, 2, 3 LUOGO: Torino-Cuneo-Ventimiglia - Foto-suoni ferroviari P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Treni persi”. DATA: 2003.09 SUPPORTO DAT Cascate del Niagara LUOGO: Canada - Cascate del Niagara P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “XXIV”. DATA: 2003.11 SUPPORTO CD Venaria LUOGO: Venaria - Foto-suoni dal cantiere della Reggia (autunno) aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 29 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Musiche della Reggia di Venaria Reale”. DATA: 2004.03 SUPPORTO DAT Traversella LUOGO: Traversella (Torino) - Foto-suoni dalla miniera P_H_M_ Foto-suoni ultilizzati in “Mina miniera mia”. DATA: 2004.05 SUPPORTO DAT Venaria LUOGO: Venaria - Foto-suoni dal cantiere della Reggia (primavera) P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Musiche della Reggia di Venaria Reale”. DATA: 2004.08 SUPPORTO DAT India 2004 LUOGO: Delhi, Chennai, Bangalore - Foto-suoni dall’India P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2004.10 SUPPORTO DAT Indonesia e Australia 2004 + Amsterdam 2005 LUOGO: Jakarta, Melbourne, Sydney, Armidale - Foto-suoni da Indonesia e Australia P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2004.12 SUPPORTO DAT Argentina e Uruguay 2004 + Bruxelles 2005 LUOGO: Buenos Aires e costa atlantica dell’Uruguay P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “Et amoris: tango pour Bruno”. DATA: 2005.01 SUPPORTO DAT Indonesia e Australia 2004 + Amsterdam 2005 LUOGO: Amsterdam - Stazione ferroviaria P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2005.01 (2) SUPPORTO DAT Argentina e Uruguay 2004 + Bruxelles 2005 LUOGO: Bruxelles - Stazione ferroviaria P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2005.02 SUPPORTO DAT Istanbul 2005 LUOGO: Istanbul - Strade e moschee P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2005.03 SUPPORTO DAT New York e San Pietroburgo 2005 LUOGO: New York - Voci di Manhattan P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2005.04 SUPPORTO DAT New York e San Pietroburgo 2005 LUOGO: San Pietroburgo P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2006.02 SUPPORTO DAT Giappone 2006 LUOGO: Kyoto, Toyota, Kyoto - Foto-suoni dal Giappone P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2006.04 SUPPORTO DAT New York 2006 LUOGO: New York - Foto-suoni dal Guggenheim e da Manhattan P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2006.04 (2) SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2006 New York” LUOGO: New York - Penssylvania Station dentro e fuori P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2006.05 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2006 Case studies” LUOGO: Torino - Foto-suoni dai musei Egizio, Risorgimento e GAM P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2006.07 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2006 Padova Mondiali Calcio” LUOGO: Padova - Festeggiamenti per la semifinale di calcio Italia-Germania P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2006.08 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2006 Sicilia” LUOGO: Sicilia - Eolie e traghetto Palermo-Genova P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2006.11 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2006 Parigi” LUOGO: Parigi - Strade e musei P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2007.01 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2007 San Francisco & Portland” LUOGO: San Francisco e Portland P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2007.02 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2007 Monaco” LUOGO: Monaco - Carnevale, Pinakothek der Moderne e Gasteig P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2007.03 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2007 Foto-suoni per The Brown Cage” LUOGO: Frequenze radiofoniche per Cage: onde medie e modulazioni di frequenza aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 30 © copyright 1999 by Riccardo Piacentini http://www.arpnet.it/rgauche/_ric_phm.pdf P_H_M_ Foto-suoni utilizzati in “The Brown Cage”. DATA: 2007.04 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2007 Chicago, Houston, NY, Philadelphia” LUOGO: Chicago, Houston, New York e Philadelphia - Foto-suoni vari P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. DATA: 2007.05 SUPPORTO SOLID RECORDER Cartella “2007 Kyoto” LUOGO: Kyoto - Canti dei monaci zen, strade, parchi P_H_M_ Foto-suoni in attesa di utilizzo. aggiornato il 16 luglio 2005 / / updated on July 16th 2005 31