Dolore cronico. Allarme europeo: tra terapie e costi indiretti "bruciati

Dolore cronico. Allarme europeo: tra terapie e costi indiretti "bruciati" 300 miliardi l'anno
13 FEB - Lo rileva un'indagine internazionale svolta in collaborazione tra diverse associazioni. Gli
oneri indiretti pesano per il 90%. Più di un europeo su tre ha difficoltà a svolgere le normali attività
per colpa del dolore. E in Italia la situazione è simile nonostante la legge: crescono le assenze dal
lavoro e cala anche il reddito.
Milioni di pazienti in tutta Europa continuano a soffrire di colore cronico, anche se le terapie ci
sono e vengono usate. A lanciare l’allarme è un’indagine nata dalla collaborazione tra
organizzazioni internazionali impegnate nella lotta al dolore come Action on Pain UK, la Spanish
Pain Association (EFHRE Sine Dolore) e la German Pain League (Deutsche Schmerzliga),
supportata da Boston Scientific. Il sondaggio, condotto su più di 1.000 pazienti europei affetti da
dolore cronico, ha infatti rivelato che più di un terzo di queste persone riscontra difficoltà a svolgere
le normali attività quotidiane, anche a seguito di diversi tipi di trattamento.
In Europa, il dolore cronico è una delle patologie più comuni per le quali gli individui si rivolgono a
un medico. Circa un terzo dei soggetti che ne soffrono indica che il dolore cronico ha portato a una
riduzione del proprio reddito familiare pari a circa il 31% (in media €5.000 l'anno) mentre si stima
che la patologia costi ai Sistemi Sanitari europei intorno ai 300 miliardi di Euro l'anno. Circa il 90%
di questa cifra può essere attribuito a costi indiretti, ovvero perdita di produttività e pagamenti
correlati alla Previdenza Sociale e all'assistenza.
In più, le difficoltà nelle attività quotidiane compromettono seriamente la vita personale e
professionale, le relazioni e la possibilità di prendersi cura dei figli. Per questo, le organizzazioni
coinvolte nella Painful Truth Survey, questo il nome dato all’indagine, hanno chiesto a tutti i Paesi
europei di sviluppare piani nazionali per la gestione del dolore cronico che vadano al di là dei
consueti percorsi di diagnosi e trattamento.
Infine, i soggetti affetti da dolore cronico e gli operatori sanitari spesso non hanno le informazioni
necessarie e la conoscenza adeguata delle opzioni terapeutiche disponibili. I risultati evidenziano
che un quinto delle persone interpellate presenta una diagnosi di dolore cronico che potrebbe essere
trattato o gestito con opzioni terapeutiche innovative come, per esempio, la stimolazione del
midollo spinale (SCS) mediante dispositivo ricaricabile. Tuttavia, malgrado questi dispositivi siano
già disponibili nei Paesi europei, due terzi dei pazienti affetti da dolore cronico non hanno mai
sentito parlare di questi trattamenti innovativi. “Molti pazienti vedono il loro medico di famiglia più
volte prima di essere inviati ad uno specialista e questo è molto frustrante per chi convive con un
dolore costante, ogni giorno", ha affermato Harry Kletzko della German Pain League. “Il dolore
influisce molto sulla conduzione della propria esistenza e anche attività semplici, quali alzarsi dal
letto, possono diventare estremamente problematiche. Il dolore cronico è molto difficile da
descrivere e, soprattutto per coloro che non ne sono affetti, è difficile comprenderne natura, entità e
impatto nella vita quotidiana”.
La situazione italiana
E anche quando si guarda alla sola Italia, lo scenario non cambia molto, sebbene il nostro Paese sia
tra i pochi ad avere una legislazione specifica in materia di gestione del dolore. “L’Italia è uno dei
pochissimi paesi al mondo ad aver promulgato una legge (Legge n°38 del marzo 2010) nella quale
il dolore cronico viene equiparato ad una vera e propria malattia, per cui si fa obbligo a tutto il
personale sanitario la rilevazione del dolore ed il suo trattamento”, ha spiegato Paolo Poli, Direttore
della U.O. Terapia del Dolore dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana presso l’ospedale di
Santa Chiara di Pisa. “L’applicazione della legge si scontra però con la scarsa informazione alla
popolazione e con l’insufficiente conoscenza dei medici di famiglia delle metodiche di trattamento
del dolore cronico. Al fine di superare questo ostacolo, in Italia è stata fondata l’associazione
NeMo (www.nemoitalia.it) di pazienti portatori di neurostimolatori e pompe totalmente impiantate
che ha come mandato istituzionale la diffusione della conoscenza della neuromodulazione. Una
segnalazione particolare per i sistemi di neurostimolazione ricaricabili che consentono un rapporto
costo beneficio sicuramente vantaggioso per il paziente ed anche in termini di economia sanitaria”.
E così, anche il 27% dei pazienti italiani conferma gli effetti negativi sull’attività lavorativa, con
una media di 12,5 giorni di assenza dal lavoro nell’ultimo anno; 3 pazienti su 10 ritengono di avere
perso delle opportunità professionali e hanno registrato una diminuzione media del loro reddito
intorno al 24%. Ugualmente problematica la vita quotidiana e le relazioni personali: fare il bagno o
la doccia risulta difficoltoso per il 36% dei pazienti, svolgere lavori domestici per il 58%, guidare
per il 45% ed arriva al 64% la percentuale degli intervistati che attribuiscono al dolore cronico le
difficoltà nei rapporti di coppia. Le cose non sembrano andare meglio neppure quando gli italiani
cercano soluzioni mediche al problema. Quasi due terzi (il 61%) si rivolge al medico di base ma ben
il 31% non ritiene di ottenere adeguato supporto, un terzo dei pazienti conferma di avere provato 3
o più terapie ma ben il 70% continua ad avvertire il dolore cronico per più di 12 ore nonostante i
trattamenti e il 42% ritiene la propria esperienza con i farmaci “nella media” mentre 1 su 10 la
definisce inadeguata e insoddisfacente. Infine, solo 2 pazienti su 5 affermano di avere sentito
parlare di tecnologie innovative quali, per esempio, la stimolazione midollare con dispositivi
(Spinal Cord Stimulation - SCS in inglese) ma il 16% degli intervistati non sa esattamente di che
cosa si tratti e quali funzioni svolga.
Le terapie più innovative
Opzioni terapeutiche come la SCS mediante dispositivo ricaricabile potrebbero aiutare alcuni
pazienti a gestire il loro dolore cronico, riducendo potenzialmente la necessità di una terapia
farmacologica giornaliera e,conseguentemente, la spesa a carico del Sistema Sanitario. “Per molti
pazienti, la medicina tradizionale o l'intervento chirurgico non rappresentano la soluzione e
dobbiamo capire come usare al meglio le tecnologie innovative emergenti che hanno un buon
rapporto costo-efficacia", ha aggiunto Simon Thomson, specialista in medicina del dolore e
neuromodulazione presso il Basildon and Thurrock University Hospitals NHS Foundation Trust,
Regno Unito.“Nel lungo termine, il trattamento attraverso stimolazione del midollo spinale con
dispositivi (SCS) non solo potrebbe migliorare il dolore dei soggetti affetti, ma la possibilità di
somministrarlo in maniera appropriata al paziente candidabile e con tempistiche adeguate potrebbe
tradursi in un risparmio in termini economici per l’intero sistema”. Gli studi hanno infatti indicato
che i costi correlati al trattamento dei pazienti con la SCS vengono recuperati nell'arco di 1-3 anni
rispetto alle terapie convenzionali, grazie a una riduzione dell'uso delle risorse sanitarie quali la
terapia farmacologica e le ospedalizzazioni ripetute.
Oltre a fare pressione sui Governi Europei affinché agiscano e risolvano le problematiche correlate
al dolore, i promotori della Survey chiedono anche un migliore accesso alle opzioni terapeutiche
innovative di cui potrebbero beneficiare non solo i pazienti, ma anche i Sistemi Sanitari, grazie a un
dimostrato buon rapporto costo-efficacia.
“L’indagine – rileva il presidente del Sumai-Assoprof, Giuseppe Nielfi – induce a molte riflessioni.
In primi il dato sull'uso dei farmaci, che vede in Italia un uso dei gli oppiacei (ossicodone e derivati)
assai minore che nel resto dell'Europa, a vantaggio dei FANS (la cui spesa in Italia è di cinque volte
superiore alla media europea) che presentano un minore livello di appropriatezza nel trattamento del
dolore di media e severa intensità”.
“Inoltre – prosegue - si confermano gli elevati costi sociali e sanitari della "latenza" temporale che il
paziente spende in terapie poco appropriate nell'ambito delle cure primarie prima di essere
indirizzato da uno specialista in terapia del dolore o, almeno dallo specialista d'organo che può
provvedere al corretto instradamento”.
“Infine – conclude - la rapida diffusione di innovativi sistemi di neurostimolazione conferma la
necessità di una formazione specialistica ad hoc, che dia allo specialista ambulatoriale gli strumenti
per un corretto triage del paziente, assumendo in carico il paziente con dolore trattabile in ambito
farmacologico, ed indirizzando alle strutture assistenziali idonee il paziente candidato alla neuro
stimolazione”.