MATEMATICA E DIALETTICA IN MARX UNA RISPOSTA A RUSSELL DALE G.Carchedi York University I. In una lettera del febbraio del 2009, Russel Dale mi comunicava alcuni pertinenti e importanti commenti riguardanti il mio articolo Dialettica e temporalità nei Manoscritti matematici di Marx pubblicato in questa rivista nel 2008.1 A quel tempo non potei rispondere come avrei voluto perché stavo scrivendo il mio più recente libro Behind the Crisis (Brill, Leiden, 2011). Nel frattempo, i commenti di Russell Dale sono stati pubblicati nel numero di Ottobre del 2011 di questa rivista. Quanto segue è la mia tardiva risposta, con le mie scuse per il ritardo. II. Il mio simpatetico critico mi rivolge due ordini di questioni. Il primo si riferisce agli aspetti più propriamente tecnici del metodo di differenziazione di Marx. Non mi soffermerò su questi aspetti perché, come ho già menzionato nel mio articolo e come ha ben ricordato Russell Dale, io esamino il metodo di differenziazione di Marx non come lo farebbe un matematico ma perché tale metodo rivela quella che secondo me è la visione dialettica della realtà sociale di Marx. Piuttosto, mi concentrerò sul secondo ordine di questioni perché sono queste che sono centrali nel mio articolo. Esse sono: cos’è la logica dialettica? Qual è la sua relazione con la logica formale? Può la matematica, una branca della logica formale, essere applicata alla logica dialettica e più specificamente si può applicare il concetto di equilibrio ad una analisi dialettica della realtà sociale? Una esamina dettagliata di questi argomenti si può trovare nel mio libro Behind the Crisis, a cui rimando il lettore. Qui, per ragioni di spazio, posso fornire solo alcuni elementi di una esposizione più completa. III. Logica dialettica. E’ mia opinione che in Marx la dialettica come un strumento di analisi sociale si basi su quattro principi. (a) I fenomeni sociali sono sempre sia realizzati che potenziali, cioè la realtà ha sempre una doppia dimensione, ciò che si è realizzato e ciò che esiste potenzialmente in ciò che si è realizzato. (b) I fenomeni sociali sono sia determinanti che determinati, cioè un fenomeno sociale realizzato è determinante se causa la realizzazione delle proprie potenzialità attraverso il suo interagire con altri fenomeni sociali. Questi sono i fenomeni realizzati sono i fenomeni determinati. Una volta realizzati, essi diventano le condizioni per il superamento o la riproduzione del loro fenomeno determinante così come di altri fenomeni sociali. Conseguentemente, (c) i fenomeni sociali sono soggetti ad un continuo movimento e cambiamento. (d) il movimento dei fenomeni sociali è tendenziale, cioè a ciascun livello di astrazione (cioè data una certa sezione della realtà sotto scrutinio) un certo fenomeno sociale è la tendenza e altri sono le controtendenze. Questi quattro principi sono estratti dagli scritti di Marx e quindi da una analisi di classe della realtà sociale. Essi sono applicabili solo a quella realtà e non alla natura. E’ vero che vi sono similarità con i fenomeni naturali. Per esempio, l’acqua è potenzialmente ghiaccio. Similmente, il denaro è potenzialmente capitale. Ma l’acqua può diventare ghiaccio senza la volontà e la coscienza umana. Ciò non può essere detto del denaro quando diventa capitale. Questi quattro principi sono simili ai tre principi della dialettica della 1 Il testo che segue è stato sottoposto alla rivista Science and Society per possibile pubblicazione. Esso si riferisce al mio articolo in inglese in quella rivista. Il lettore può però consultate la traduzione italiana dello stesso articolo in Critica Marxista. Si veda la bibliografia. natura di Engels. Ma la differenza essenziale sono la coscienza e la volontà umane. Una teoria al cui centro si trova l’intervento umano non può essere applicata a fenomeni, come per esempio le maree, che sono indifferenti a quell’intervento. Sarebbe quindi un errore includere la dialettica della natura nella dialettica della società o vice versa. I due mondi sono radicalmente differenti. Gli esseri umani possono cambiare i fenomeni naturali ma ciò non influisce sulla differenza ontologica tra società e natura. E’ per questo motivo che la dialettica della natura di Engels non può essere applicata alla società. Ovviamente né io né altri possiamo affermare che questo è (o non è) ciò a cui pensava Marx. Ma ho dimostrato in vari scritti che questa visuale si colloca perfettamente nella sua teoria. Essa non solo risolve alcuni problemi (sia reali che immaginari) della teoria di Marx ma rende possibile svilupparla conformemente al suo contenuto di classe. E’ in questo senso che questo approccio può essere considerato quello di Marx. IV. La relazione della dialettica logica con la logica formale. La differenza tra logica dialettica e logica formale può essere illustrata paragonando il primo principio della logica dialettica (i fenomeni sociali sono sempre sia realizzati che potenzialmente esistenti) con il primo principio della logica formale, la legge dell’identità. Secondo questa legge, qualcosa è sempre uguale a se stessa, cioè A = A. Quindi A non può essere diversa da A, non è possibile che A ≠ A. Per la logica dialettica, al contrario, A = A e allo stesso tempo A ≠ A perché A come fenomeno realizzato è sempre uguale a se stesso ma come un potenziale inerente all’A realizzato è differente da quest’ultimo. Chiamiamo A come fenomeno realizzato Ar e Ap il potenziale di fenomeni inerenti in a Ar. Allora, {Ar = Ar e Ar ≠ Ap} è la famosa unità in contraddizione. Per la logica formale esiste solo A senza superscritti cosicché Ar = Ar è vero mentre Ar ≠ Ap è un errore. Per la logica dialettica Ar = Ar è vero se analizziamo la realtà realizzata ma Ar ≠ Ap è ugualmente vero se se consideriamo entrambi gli aspetti della realtà, quello realizzato e quello potenziale. Una contraddizione dialettica è la contraddizione tra ciò che si è realizzato e ciò che può realizzarsi come contradditorio a ciò che si è realizzato. Nella realtà sociale è il contradditorio contenuto di classe che rende i fenomeni sociali diversi da se stessi e che quindi può causare sia il proprio superamento che quello di altri fenomeni. Ar può causare il superamento di Br solo perché Bp rende possibile tale superamento. Senza Bp, Ar non sarebbe in grado di causare il superamento di Br. Senza le loro inerenti contraddittorie potenzialità i fenomeni sociali non potrebbero cambiare a causa delle forze esterne. Qual’è allora la relazione tra i due tipi di logica? La logica formale esclude l’ambito delle potenzialità e quindi il cambiamento. Essa è statica. Ne consegue che essa è funzionale al mantenimento dello status quo. Invece la logica dialettica è una visione dinamica della realtà. Tuttavia, se il contenuto di classe della logica formale è l’opposto di quello della logica dialettica e lo esclude, i principi della logica formale possono e devono essere applicati nell’ambito della logica dialettica perché le regole della logica formale, e solo quelle regole, sono applicabili nell’ambito della realtà realizzata. Ignorare temporaneamente Ap al fine di analizzare separatamente Ar e poi Ar ≠ Ap è una procedura non solo valida ma utile. Si può analizzare uno stato di cose facendone una foto. Ma non si dovrebbe considerare questa visione statica come il movimento reale. V. Lo stato teorico dell’equilibrio. E’ da questa prospettiva che bisogna considerare gli schemi di riproduzione di Marx. Essi non teorizzano una società che tende verso l’equilibrio. Essi quantificano il valore e la quantità dei mezzi di produzione che devono essere scambiati per il valore e la quantità dei mezzi consumo affinché l’economia possa riprodursi sulla stessa scala oppure su scala allargata. Essi dimostrano che teoricamente un scambio in questi termini è possibile. Ma questa è una fotografia. Da un punto di vista dinamico, questa è un’occorrenza casuale e non il centro di gravità attorno a cui quelle quantità fluttuano. Anche se quelle quantità occorressero, l’equilibrio nello scambio non potrebbe fermare la caduta del tasso di profitto e quindi la marcia dell’economia verso la crisi e il proprio superamento. Più generalmente, non sono contrario all’uso dell’equilibrio nell’analisi economica. Un esame della realtà sociale da un punto di vista statico, attraverso l’analisi formale o matematica, può migliorare la nostra conoscenza di quella realtà. Ma sono contrario ad un teorizzazione dell’economia o della società come se fossero in uno stato di equilibrio o tendenti verso di esso, come se una casualità fosse l’essenza della realtà. La realtà sociale e la sua riproduzione (o superamento) non possono essere teorizzate come se fossero in equilibrio o come se tendessero verso di esso, neanche come un primo passo nell’indagine. Facciamo un paragone. Posso teorizzare il Lavoro come tutti coloro che non hanno la proprietà dei mezzi di produzione per poi procedere a disaggregarlo come produttivo e improduttivo, o come oggettivo e mentale, ecc. Queste differenze non cancellano la caratteristica comune di non essere proprietari dei mezzi di produzione. Ciascun passo nella disaggregazione si basa su quello precedente e sui risultati precedenti e arricchisce la nostra comprensione dell’oggetto dell’analisi. Non è così se l’economia è teorizzata come in equilibrio o tendente verso di esso. Il motivo è che l’equilibrio presuppone l’assenza del tempo. Il tempo o esiste o no. Se supponiamo che non esista, i risultati raggiunti presupponendo l’assenza del tempo sono negati quando susseguentemente si introduce il tempo. Per esempio, per il simultaneismo gli input di un processo produttivo sono anche gli output dello stesso processo. In una visione temporale ciò è impossibile. La scelta è tra due teorizzazioni che si escludono a vicenda, una che presuppone il tempo e l’altra che lo nega. In teoria, si è liberi di scegliere o l’uno o l’altro approccio. Ma dal punto di vista della lotta di classe, se si sceglie l’equilibrio, si nega implicitamente o esplicitamente il tempo. Se non vi è tempo, non vi è cambiamento. Se non vi è cambiamento, la lotta del Lavoro è ridotta al silenzio. Non è un caso che questo sia l’approccio dell’economia borghese. Ma è una sfortuna che sia diventato anche quello di alcuni marxisti. Bibliografia. Carchedi Guglielmo ,2008, Dialectics and Temporality in Marx’s Mathematical Manuscripts, Science and Society, Vol. 72, No. 4. Tradotto come Dialettica e temporalità nei manoscritti economici di Marx, Critica Marxista, 2008, No.1, Gennaio-Febbraio, pp.31-39, scaricabile presso www.marx2010.weebly.com Carchedi, Guglielmo (2011), Behind the Crisis, Brill, Leiden Russel Dale (2011), Guglielmo Carchedi on Marx, Calculus, Time and dialectics, Science and Society, Vol. 75, No.4, pp. 555-567