introduzion alla relatività speciale

Dalla meccanica classica alla relatività speciale
1. La covarianza della meccanica classica
In un approccio un po’ schematico, e a grandi linee, si può dire che uno dei motivi che hanno
portato alla relatività speciale è la asimmetria fra meccanica classica ed elettromagnetismo classico
Mentre le equazioni della meccanica classica sono covarianti per trasformazioni di Galileo, quelle
dell’elettromagnetismo non lo sono.
Analizziamo brevemente il problema.
1.1 Sistemi di riferimento inerziali e trasformazioni di Galileo.
Che cosa si intende per sistema inerziale o galileiano?
Sono state proposte diverse definizioni. Consideriamone due.
1 Supponiamo che nell’universo ci siano corpi su cui non agiscono forze; essi sono in quiete oppure
in moto rettilineo uniforme. I sistemi di riferimento solidali con questi corpi sono inerziali.
2. Per sistema inerziale si intende un sistema solidale con un corpo in quiete o in moto rettilineo
uniforme.
Si intuisce che queste definizioni sono problematiche e pongono più questioni di quante ne
risolvano. E’ utile per affrontare il nodo della difficoltà di definire un sistema inerziale riportare un
brano molto chiaro e significativo di Einstein:
“ - Che cos’è un sistema inerziale?
- E’ un sistema nel quale le leggi della meccanica sono valevoli. In un tale sistema un corpo sul
quale non agisce nessuna forza esterna si muove uniformemente.(…)
- Che cosa deve intendersi allorché dite che nessuna forza agisce?
-Ciò vuol dire semplicemente che il corpo si muove uniformemente in un sistema inerziale.
Qui potremmo ripetere la domanda :
-Che cos’è un sistema inerziale?………..” 1
Consapevoli della complessità dell’argomento, affrontiamo un’altra domanda:
dato un corpo che si muove con una certa velocità v rispetto ad un sistema di coordinate cartesiane
S, se un sistema cartesiano S’ si muove rispetto a S con velocità V, come possiamo descrivere il
moto del corpo rispetto a S’?
Supponiamo per semplicità che la velocità del sistema S’ rispetto a S sia diretta lungo l’asse x. Due
osservatori, che misurano le lunghezze e gli intervalli di tempo dai due sistemi S e S’ che risultati
ottengono? Come si effettuano le misure di tempo sui due si sistemi? Si può suggerire che un
osservatore , dotato di orologi identici, li distribuisca lungo l’asse x a distanza L l’uno dall’altro e
li sincronizzi. Un osservatore solidale con S’, che abbia degli orologi identici ai precedenti, li
distribuisce , anche questi a distanza L lungo l’asse x’ e li sincronizza con quelli che solidali con S.
Come avviene la sincronizzazione? Si può pensare che, al passaggio di un orologio di S’ accanto
ad uno di S questo gli invii un segnale che lo regoli; il segnale può essere ad es. un raggio di luce. In
modo analogo si possono sincronizzare tutti glia altri. Si richiama l’attenzione sul fatto che questo
modo di procedere non comporterebbe nessun problema, e non darebbe adito a equivoci, se
disponessimo di un sistema di trasmissione dei messaggi dotato di velocità infinita. Possiamo però
assumere ,nel campo dell’esperienza quotidiana, quando cioè Vc, che le informazioni si
1
Einstein Infeld “L’evoluzione della fisica” Boringhieri
1
propaghino effettivamente con velocità infinita; si sottolinea il fatto che su questa ipotesi si regge
tutta la coerenza della nostra costruzione.
L’esperienza dice che gli osservatori leggeranno la stessa ora indicata su tutti gli orologi, sia quelli
solidali con il sistema S, sia quelli solidali con il sistema S’.
Avremo così t = t’.
Per misurare la lunghezza di un regolo rigido fermo rispetto a S’, un osservatore solidale con S
come può procedere? Può registrare le posizioni che entrambi gli estremi dell’asta in movimento
occupano simultaneamente, cioè quando gli orologi di S, che si trovano a coincidere con gli estremi,
segnano lo stesso orario.
Agendo in questo modo otterrà: L=L’, sempre nell’ipotesi che sia V c.
Possiamo riassumere questi risultati con una trasformazione che metta in relazione le coordinate e il
tempo nei due sistemi
Trasformazioni di Galileo
Le equazioni del moto della meccanica classica sono covarianti per trasformazioni di Galileo: se
una legge della meccanica ha una particolare forma in un certo sistema di riferimento inerziale S,
avrà la stessa forma in uno qualunque degli altri infiniti sistemi di riferimento inerziali.
1.2 Equazioni di Maxwell
Le equazioni di Maxwell compendiano, insieme con l’equazione di Lorentz, l’elettromagnetismo
classico.
1)  ( ) = q/  0
3)
2)
=
4)
=
( ) =0
1) La prima esprime la connessione fra il campo elettrico e la distribuzione di carica che lo
genera, cioè sintetizza il fatto che la sorgente del campo elettrico è la carica q
2) La seconda esprime la legge dell’induzione elettromagnetica di Faraday secondo un campo
magnetico variabile genera un campo elettrico
3) La terza esprime la legge di Gauss per il campo magnetico, dice cioè che non esistono cariche
magnetiche elementari, cioè non esiste il monopolo magnetico ( il campo magnetico è solenoidale)
4) La quarta, detta legge di Ampere – Maxwell esprime il fatto che il campo magnetico è generato
sia dalle correnti sia dalle variazioni del campo elettrico
2
1.3 Legge di Lorentz
Esprime la forza subita da una carica in moto con velocità v in un campo magnetico:
Si dimostra che le equazioni dell’elettromagnetismo non sono covarianti per trasformazioni di
Galileo, cioè che se vengono scritte rispetto ad un sistema di riferimento S’ inerziale in moto con
velocità V rispetto a S non mantengono inalterata la loro forma
Questa asimmetria fra meccanica classica ed elettromagnetismo classico suggerisce l’esigenza di
trovare trasformazioni che consentano di generalizzare il principio di invarianza galileiana a tutte
le leggi della fisica. L’affronto di questo problema a portato Einstein a rivoluzionare la
concezione di spazio e di tempo.
2.La relatività speciale
Da una riflessione sui problemi dell’elettromagnetismo nasce quindi una nuova teoria elaborata da
Einstein, enunciata pubblicamente per la prima volta nel famosissimo articolo “
Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento” pubblicato dalla rivista Der Physic nel 1905
La nuova teoria si fonda su due postulati:
1. Le leggi della fisica sono le stesse in tutti i riferimenti inerziali.
2. La velocità della luce è una costante universale, indipendente non solo dal moto della sorgente,
ma anche da quello dell'osservatore
Partendo da questo secondo postulato è possibile ricavare un nuovo insieme di trasformazioni che
elimina la asimmetria vista precedentemente fra meccanica ed elettromagnetismo.
2.1 Le trasformazioni di Lorentz
Si consideri, vedi figura a lato, una
sorgente luminosa, posta nell'origine di
un sistema di riferimento S. All'istante
iniziale i due riferimenti coincidano. S
ed S' siano muniti di due orologi,
preventivamente sincronizzati, per
esempio ponendo t'= 0 quando t=0. In
questo istante la sorgente posta in O
emette un'onda luminosa. Dopo un certo
tempo t il fronte d'onda, visto da S, sarà
una superficie sferica di centro O e
raggio ct, essendo c la velocità
dell'onda. Questa superficie avrà
dunque equazione
Per il principio di relatività questo
fronte d'onda deve essere visto come
una sfera anche da S', il quale,
altrimenti, potrebbe accorgersi dalla
diversa forma del fronte d'onda di
essere in movimento rispetto ad S.
3
(In questo discorso é fondamentale l'assenza del mezzo di propagazione: un ragionamento analogo
non vale per le onde acustiche e in generale per le onde meccaniche). Naturalmente le coordinate
saranno ora x',y',z' e il tempo sarà, probabilmente, diverso: t'. La velocità deve però essere la stessa
(2° postulato di relatività). Il fronte d'onda visto da S' deve dunque avere equazione
. Se sostituiamo in quest'ultima equazione le trasformazioni di Galileo otteniamo x 22xVt+V2t2+y2+z2=c2t2, che non é in accordo con l'equazione vista da S. Cerchiamo una
trasformazione che elimini i termini indesiderati. Poiché i termini in y e z vanno bene dobbiamo
modificare quelli in x e in t. Proviamo con una trasformazione del tipo x'=x-Vt, y'=y, z'=z, t'=t+x,
con  da determinare. (Questa scelta é dettata dal fatto che la trasformazione che cerchiamo non
deve essere "troppo diversa" da quella di Galileo, e inoltre deve essere "semplice"). Sostituendo
troviamo x2- 2xVt + V2t2 + y2 + z2 = c2t 2+ 2c2tx + c22x2.
Se scriviamo
V
1
e  
otteniamo dopo alcuni passaggi:

c
V2
1 2
c
x’ = ( x –Vt)
y’ = y
z’ = z
t’ = ( t – Vx / c 2)
Trasformazioni di Lorentz
Se utilizziamo queste trasformazioni al posto di quelle di Galileo non solo l’equazione del fronte
d’onda rimane la stessa vista in entrambi i sistemi di riferimento ma anche le equazioni di Maxwell
e la legge di Lorentz risultano covarianti
Queste equazioni si chiamano di “Lorentz” perché il primo a scriverle, nel 1904, è stato Lorentz in
seguito alla pubblicazione dei risultati di Michelson.
2.2 Alcune conseguenze del principio di relatività speciale
Per la fisica classica gli intervalli di tempo sono gli stessi per osservatori in moto inerziale, il che
significa che l’intervallo temporale è invariante per trasformazioni galileiane e che se due eventi
sono simultanei in un sistema di riferimento, lo sono in tutti i sistemi. Avevamo anche osservato
che nel passare da un sistema all’altro la distanza spaziale è un invariante. Vediamo ora che cosa
accade nel caso relativistico, applicando alle coordinate spaziali e temporali le trasformazioni di
Lorentz.
Innanzitutto definiamo la lunghezza propria di un regolo come la sua lunghezza misurata nel
sistema di riferimento rispetto a cui il regolo è in quiete, ossia rispetto al sistema di riferimento a
esso solidale. Analogamente il tempo proprio è il tempo misurato da un orologio nel sistema di
riferimento rispetto a cui è in quiete , ossia rispetto al sistema di riferimento a esso solidale.
Supponiamo che in S’ un regolo in quiete misuri
cioè sia la sua lunghezza propria. Sia l la sua lunghezza misurata in S, detta lunghezza coordinata.
quale sarà la relazione fra l e l’? La lunghezza sarà ancora invariante?
Applicando le trasformazioni di Lorentz troviamo che
4
dove si è tenuto conto del fatto che t 1 = t2 perché i due estremi devono essere misurati
simultaneamente.
Poiché  < 1 (infatti v < c) l < l’, cioè il regolo misurato nel sistema in moto risulta contratto di un
fattore . Così si perde quell’invarianza della lunghezza che aveva in meccanica classica. Si può
però facilmente provare che rimane invariata la dimensione del regolo perpendicolare alla velocità
relativa fra i due sistemi.
Passiamo ora ai tempi. supponiamo che in S’ due eventi abbiano fra di loro un intervallo temporale
pari a t’ = t’2 – t’1, ossia che t’ sia il tempo proprio misurato da un orologio solidale a S’. Lo
stesso intervallo in S misurerà t = t2 –t1 dove i tempi sono misurati con orologi solidali con S.
Quale sarà la relazione fra t et’?
Grazie alle trasformazioni di Lorentz troviamo
t’ = t’2 – t’ 1 =
Tenendo conto che l’orologio in S ‘ rimane fisso in una data posizione spaziale, ossia che al passare
del tempo x ‘ 1 = x’ 2 , allora, eguagliando le trasformazioni spaziali relative, si trova che
x 2 – x 1 = V ( t 2 – t 1 ).
Per cui, sostituendo, si ha
Da ciò segue che t >t’, cioè l’intervallo misurato dagli orologi in moto è più grande di un fattore
 dell’intervallo misurato dagli orologi in quiete.
2.3 L’intervallo spazio-temporale
Nella deduzione delle trasformazioni di Lorentz, avevamo assunto che la forma del fronte d’onda
luminoso
x2+y2+z2–c2t2=0
fosse invariante per qualunque osservatore inerziale. Avevamo anche parlato delle trasformazioni
delle coordinate spaziali e della trasformazione della coordinata temporale, trattandole in modo
distinto. D’ora in poi, considereremo lo spazio-tempo come un’unica struttura i cui punti, detti
eventi, sono caratterizzarti da una quaterna di coordinate ( x,y,z,ct), in cui la quarta coordinata ct
corrisponde a quella temporale.
Nell’ordinario spazio euclideo a tre dimensioni la distanza d 12 fra due punti P 1 = ( x 1, y1, z1) e P 2
( x 2, y 2 , z 2) è data dal teorema di Pitagora:
d 12 2 = ( x 1 – x 2 ) 2 + ( y 1 – y2 ) 2 + ( z 1 – z 2 ) 2
Per analogia chiamiamo intervallo spazio-temporale fra due eventi E 1 = ( x 1, y1, z1, c t 1) ed E 2 (x
2, y 2 , z 2, c t 2) la radice quadrata della relazione
s 12 2 = - c 2 ( t 1-t 2) 2 +( x 1 – x 2 ) 2 + ( y 1 – y2 ) 2 + ( z 1 – z 2 ) 2
Rispetto al caso euclideo, si noti che, oltre alla presenza del tempo e di c, vi è anche un segno
meno. Il che indica che si sta lavorando in una geometria non più euclidea, ma , come viene
chiamata, pseudo-euclidea o minkowskiana ( da Hermann Minkowski).
Ponendo a zero il secondo membro dell’equazione appena scritta si ottiene l’equazione descrivente
il fronte d’onda sferico di un segnale di luce che si propaga, dall’origine di un sistema di coordinate
5
euclideo ( xyz), nel tempo t con velocità c. Questa osservazione ci porta a dire che l’intervallo
spazio temporale percorso da un raggio di luce è nullo. Naturalmente questo intervallo, data
l’invarianza di c., è invariante rispetto a sistemi di riferimento in moto inerziale. Viene allora
spontaneo chiedersi se vi siano casi in cui l’intervallo spazio-temporale sia maggiore e altri in cui
sia minore di zero. Inoltre ci si può chiedere se in questi casi l’intervallo spazio-temporale sia
ancora invariante. Applicando le trasformazioni di Lorentz, con semplici passaggi, si dimostra che
s 12 = s’ 12, cioè che l’intervallo spazio-temporale è invariante.
Prima di affrontare la prima domanda che ci eravamo posti, se cioè esistano intervalli spaziotemporali maggiori o minori di zero, consideriamo un’altra conseguenza importantissima dei
postulati della relatività speciale, la critica al concetto di simultaneità, concetto che per la fisica
newtoniana ( e anche per il nostro senso comune, largamente legato alle concezioni newtoniane) è
assolutamente ovvio.
Nel suo libro “ Relatività: esposizione divulgativa” Einstein spiega con un esempio chiaro come
tale concetto venga messo in discussione.
Immaginiamo che un fulmine colpisca due punti A e B , molto lontani fra loro, che si trovano sulle
rotaie di una linea ferroviaria. Aggiungiamo l’affermazione che i due colpi di fulmine sono avvenuti
“simultaneamente”. Che cosa significa “simultaneamente”? Einstein dice che tale affermazione
non ha senso fino a che non ne abbiamo “una definizione capace di fornirci il metodo per mezzo del
quale decidere sperimentalmente, nel caso attuale, se i colpi di fulmine sono avvenuti
simultaneamente o no”2.
(Notiamo che su questo metodo di attribuire significato alle parole e ai concetti, comune a tutti i
fisici, si potrebbe aprire una discussione che coinvolga i nodi epistemologici e la concezione di
conoscibilità,)
Con una misura lungo le rotaie viene calcolato l’intervallo spaziale che collega i punti A e B e viene
messo, nel punto medio M dell’intervallo AB, un osservatore fornito di un dispositivo, ad esempio
due specchi inclinati di 90°, che gli consenta di tenere sotto controllo i punti A e B. I due eventi
saranno allora simultanei se l’osservatore percepisce i due bagliori nel medesimo istante.
Siamo così arrivati ad una definizione di simultaneità, che ci conduce anche ad una definizione di
tempo: supponiamo che tre orologi di identica costruzione vengano posti in tre punti diversi A, B e
C della linea ferroviaria e vengano regolati in modo che le loro lancette abbiano “simultaneamente”,
nel senso appena definito, la stessa posizione. Si definisce allora “tempo di un evento la lettura
(posizione delle lancette) di quello fra gli orologi che si trova nell’immediata vicinanza spaziale
dell’evento in esame”3. In questo modo abbiamo associato ad un evento un valore del tempo che è
suscettibile di osservazione.
treno
banchina
ferroviaria
A
M‘
B
A’
M
B’
v
Immaginiamo ora che sui binari transiti un treno molto lungo che viaggia a velocità costante v.
Per i passeggeri il sistema di riferimento è il treno: diciamo allora che i passeggeri sono osservatori
“solidali con il treno”. La definizione data prima di simultaneità può essere di nuovo data riferita al
treno. I due colpi di fulmine simultanei rispetto alla banchina lo sono anche rispetto al treno?
2
3
Einstein, Relatività: esposizione divulgativa. Boringhieri
Einstein, Op.cit.
6
Sia M’ il punto medio dell’intervallo A’B’ sul treno; quando si verificano i bagliori del fulmine il
punto M’ coincide con il punto M. Se l’osservatore seduto sul treno nel punto M’ non possedesse
velocità v rispetto alla banchina i bagliori del fulmine lo raggiungerebbero contemporaneamente ed
egli direbbe che i due fulmini sono simultanei. Poiché però tale osservatore si muove con velocità v
verso B vede il raggio proveniente da B prima di quello proveniente da A: quindi afferma che i due
fulmini non sono simultanei.
La conclusione a cui arriva Einstein è che due eventi simultanei per un osservatore non lo sono per
un altro: ogni sistema di riferimento ha un suo proprio tempo particolare.
Questa rivoluzione nella concezione dello spazio-tempo, che mette in discussione l’idea di tempo e
di distanza come concetti assoluti, elimina necessariamente la possibilità di un riferimento
oggettivo? Se gli intervalli temporali sono valutabili soggettivamente è ancora possibile pensare di
stabilire delle relazioni causali fra gli eventi?
Senza entrare nel merito dei risvolti metafisici che la questione pone, vediamo come la concezione
di spazio e tempo propria della relatività speciale “salva” la possibilità di stabilire nessi causali
2.4 Passato, presente e futuro: lo spazio quadridimensionale di Minkowski
Consideriamo una particella la cui posizione è individuata dalle coordinate x, y z.
La storia di tale particella è rappresentata dall’insieme dei punti evento : questo insieme costituisce
la “ linea di universo “ del corpo.
L’intervallo tra due eventi E 1 ed E2 è l’intervallo spazio-temporale
s2 = ct2- x2 -y2 - z2
che sappiamo essere invariante.
Per semplicità di rappresentazione sopprimiamo le coordinate spaziali y e z e definiamo
l’intervallo spazio-temporale come
s2 = c 2 t2 - x2
dove t = ( t2 – t1) e x = ( x2 – x1)
In questo modo possiamo rappresentare lo spazio di Minkowski in un piano ( O,x, ct)
Si vogliono ora analizzare le diverse situazioni che si presentano in corrispondenza di diversi valori
di s2
1) s2 = 0
c 2 t2 = x2
L’intervallo spazio-temporale è nullo quando rappresenta la distanza tra due eventi E1 ed E2
collegati da un raggio di luce. In questo caso si chiama intervallo di tipo luce.
Vediamo di seguito che cosa accade se s2  0 oppure se s2  0.( Per l’invarianza dell’intervallo
spazio temporale se una delle due relazioni è vera in un sistema di riferimento inerziale lo sarà in
tutti i sistemi di riferimento inerziali.)
2) s2 = c 2 t2 - x2  0
Questo significa che c 2 t2  x2 cioè i segnali che connettono i due eventi sono più lenti di quelli
luminosi; siamo in presenza di un intervallo di tipo tempo..
E’ possibile trovare un sistema di riferimento K’ in cui i due eventi, che in K sono spazialmente
distanti x, coincidono spazialmente, cioè per cui x’2 = 0. Per tale sistema avremo
c 2 t2 - x2 = t ’ 2  0. Non esiste però nessun sistema per cui t = 0, perché questo
comporterebbe che s2 = - x2 0 , in contraddizione con l’ipotesi che s2 sia invariante
3) s2 = c 2 t2 - x2  0
7
Dato che lo spazio percorso in un tempo t è superiore a quello percorso dalla luce, un ipotetico
segnale che connettesse i due eventi dovrebbe avere velocità superluminali. Poiché questo non è
possibile, due eventi separati da un intervallo di questo tipo non possono essere connessi da
segnali. Siamo in presenza di un intervallo di tipo spazio
E’ possibile trovare un sistema di riferimento K’ in cui i due eventi sono simultanei, dove cioè
t’ = 0. In tale sistema K’
s2 = - x’2  0
Consideriamo un evento E relativo, ad esempio ad una particella, coincidente con l’origine degli
assi (x,ct). Ogni successivo posizione della particella è individuata da un punto evento nello spazio
(x,ct).
Diamo una rappresentazione grafica dello spazio di Minkowski. Il piano (0,x,ct) viene diviso in tre
zone: una dove ci possono essere solo intervalli di tipo tempo ( I), una dove ci possono essere solo
intervalli di tipo luce (II), una dove ci possono essere solo intervalli di tipo spazio (III)
Prendiamo in considerazione un evento qualsiasi, relativo ad una particella, coincidente con
l’origine degli assi.
ct
II
Ogni successiva posizione della particella sarà
I
individuata da un punto evento nello spazio
bidimensionale (ct,x)
futuro
a) Consideriamo un intervallo di tipo luce (II)
s2 = 0, cioè c2 t2 = t2
III presente
La tangente a tale traiettoria è proprio la
bisettrice degli assi: la particella si muove
quindi con velocità c.
x
b) Se una particella si evolve lungo una linea di
universo la cui tangente forma con l’asse x un
passato
angolo compreso fra 45° e 135°, allora la
particella ha una velocità minore di quella della
luce e siamo in un
intervallo di tipo tempo ( c2 t2  x2). Siamo
nella zona I dello spazio tempo, quella del
passato e del futuro assoluti . Nel caso di ct positivi ogni evento diverso dall’origine è un evento
successivo. Nel caso di ct negativi, ogni evento è precedente. Questa relazione di successione
temporale deve essere invariante per tutti i sistemi di riferimento. Infatti nella regione I gli intervalli
fra due eventi di cui uno è situato nell’origine possono essere solo di tipo tempo, il che comporta
che se due eventi sono successivi in un sistema di riferimento lo saranno in tutti i sistemi e come
visto in questo caso non è possibile trovare un sistema in cui gli eventi siano simultanei. Questo
comporta che il rapporto causale fra due eventi nella zona I non può essere mutato in alcun sistema
di riferimento, per cui rispetto a un evento p considerato “ qui e ora”, è naturale parlare di cono ( 4dimensionale) del futuro assoluto di p per ct positivi, e di cono del passato assoluto di p per ct
negativi.
c) Invece le connessioni fra l’evento nell’origine e gli altri eventi della zona III sono di tipo spazio,
il che comporta che ci possano essere sistemi in cui i due eventi ( di cui uno è situato nell’origine)
sono simultanei. Ma non solo: possiamo infatti trovare anche sistemi in cui i due eventi sono uno
posteriore all’altro e altri in cui questo ordine temporale è invertito.
Come conseguenza due eventi possono essere connessi da una relazione causale se e solo se
l’intervallo che li separa è di tipo tempo. Infatti, solo in questo caso l’evento causante precede
temporalmente l’evento causato in modo invariante per ogni sistema di riferimento.
Questa zona può essere considerata come la zona del “presente”
Abbiamo così la necessità di ridefinire i concetti di passato, presente e futuro: se ci identifichiamo
con la particella nell’origine del sistema possiamo dire che il nostro passato è costituito da tutti gli
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eventi che possono influenzare causalmente il nostro stato rappresentato dal punto evento
nell’origine; noi possiamo essere raggiunti da un’informazione concernente questi eventi in quanto
la distanza spaziale che ci separa da essi è minore di ct, ( un informazione che abbia velocità v  c
ci può raggiungere)
Il futuro è costituito da tutti gli eventi che noi possiamo influenzare, in quanto un’informazione che
parta dal nostro punto evento li può raggiungere viaggiando ad una velocità v  c. In entrambi i
casi, passato e futuro, ci troviamo nella zona I, quella di tipo tempo
Il presente è costituito dagli eventi che si trovano nella zona di tipo spazio (zona III): come abbiamo
visto prima non ci può essere nessun rapporto causale fra noi e tali eventi: poiché la linea di
universo che congiunge l’origine con un evento E’ che si trovi in questa zona deve essere inclinata
rispetto all’asse x di un angolo minore di 45°, un’informazione che connettesse l’origine con E’
dovrebbe avere una velocità superluminale. Non ci può quindi essere nessuno scambio di
informazioni con eventi che avvengono in questa zona.
Esemplifichiamo quanto detto: come è noto, una tempesta magnetica che si sviluppa sul sole può
influire sulle trasmissioni terrestri. Poiché però la radiazione elettromagnetica emessa dal sole
impiega circa 8 minuti a raggiungere la terra, sono nel nostro attuale passato tutte le tempeste solari
che sono avvenute prima di 8 minuti fa. Una tempesta magnetica avvenuta 5 minuti fa non può
avere alcuna influenza attuale sulla terra e perciò non è nel nostro attuale passato, tanto meno è nel
nostro futuro e quindi diremo che è nel nostro presente.
In termini più generali, ogni evento che è accaduto sul Sole 8 minuti prima dell’ora segnata in
questo momento dal nostro orologio terrestre è nel nostro passato; ogni evento che accade sul sole
in un istante compreso fra l’istante t -8 minuti del nostro orologio e l’istante t + 8 minuti non può
essere nel nostro futuro; gli eventi inclusi in questo intervallo di tempo appartengono a ciò che
chiamiamo il nostro presente. Fra questi eventi e il punto O non può esserci alcun rapporto causale.
Sempre riferendoci alla tempesta magnetica avvenuta 5 minuti prima di un evento terrestre, la
relatività prevede che possa esistere un osservatore per il quale l’evento sulla terra accade prima
della tempesta , ma anche per questo osservatore non sarà possibile instaurare alcun rapporto causaeffetto tra i due eventi.
2.5 L’effetto Doppler
La differenza fondamentale che si osserva fra l’effetto Doppler che riguarda le onde elettromagnetiche e
quello che riguarda le altre onde è che le onde elettromagnetiche si propagano anche nel vuoto e l’unico
moto che si tiene in considerazione è quello relativo fra sorgente e osservatore (nel caso del suono la
situazione è differente a seconda che l’osservatore si muova o la sorgente si muova perché il sistema di
riferimento è il mezzo in cui il suono si propaga)
Si consideri e un osservatore O una sorgente S che gli si avvicina con velocità . La sorgente emette
un’onda luminosa sferica; chiamiamo
il periodo proprio dell’onda e
la sua lunghezza d’onda ( e
sono quindi il periodo e la lunghezza d’onda che sarebbero percepiti da un osservatore in quiete rispetto alla
sorgente) Chiamiamo T e il periodo e la lunghezza d’onda percepiti dall’osservatore O.
Valgono le relazioni:
e
La lunghezza d’onda percepita da O è:
Dove :
è la distanza percorsa dal fronte d’onda in un periodo
è la distanza percorsa dalla sorgente in un periodo
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Se T’ è l’intervallo di tempo fra due emissioni di fronti d’onda percepito dall’osservatore O la relazione fra
e T’ è:
perché
è il tempo proprio
quindi
Se prendiamo in considerazione le frequenze:
Queste sono le relazioni fra frequenza e lunghezza d’onda propria di una sorgente e frequenza e lunghezza
d’onda percepiti da un osservatore in avvicinamento :
Sorgente e
osservatore che si
avvicinano
Se sorgente e osservatore si allontanano fra loro:
Sorgente e
osservatore che si
allontanano
Da queste relazioni si vede che se sorgente e osservatore si avvicinano la frequenza percepita è più
alta di quella propria, se si allontanano la frequenza percepita è più bassa di quella propria
Bibliografia
G. Boniolo, M. Dorato, “ Dalla relatività galileiana alla relatività generale”, da A.A.V.V.”Filosofia
della fisica”, Bruno Mondadori
Einstein, “ Relatività: esposizione divulgativa” Boringhieri
Einstein, Infeld “L’evoluzione della fisica” Boringhieri
Bergamaschini, Marazzini, Mazzoni, “Fisica” vol.3 Signorelli
A.A. V.V “ La fisica di Berkeley- Meccanica “ Zanichelli
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