35 - Anafi

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COLLABORAZIONI
SACRI BOVINI
ORIGINI MAGICHE
[2a parte]
DELLA CULTURA
ALLEVATORIA
SEGUENDO la narrazione di Robert
Graves:1 «Quando Ermete nacque
sul monte Cillene, sua madre Maia
lo avvolse nelle fasce e lo depose in
un canestro ma, con sorprendente
rapidità, egli si trasformò in un ragazzino e non appena la dea gli
voltò le spalle, balzò fuori dalla culla
e andò in cerca di avventure. Giunto
nella Pieria, dove Apollo custodiva
una magnifica mandria di vacche,
decise di rubarle. E affinché Apollo
non lo acciuffasse seguendo le tracce degli animali, fabbricò alla svelta
grandi babbucce con la corteccia di
una quercia e le legò agli zoccoli
delle vacche con fili d’erba intrecciati; poi si allontanò nottetempo guidando la mandria lungo un sentiero.
Apollo il mattino dopo si accorse del
furto, ma il trucco di Ermete funzionò a meraviglia...». Tuttavia Apollo non si diede per vinto e, in seguito a perlustrazioni di indizi, degne di
Sherlock Holmes, tra i quali l’attenta
osservazione del comportamento di
un uccello dalle lunghe ali, ritrovò la
mandria, ma perdonò Ermete, e gliela restituì, in cambio della sua magica lira che lo aveva deliziato e incantato.
Secondo Robert Graves questo
mito spiega come i barbari Elleni
sfruttarono, in nome del loro dio
Apollo, la civiltà pre-ellenica che
trovarono nella Grecia meridionale
(il pugilato, la ginnastica, i pesi e le
misure, la musica, l’astronomia e la
coltivazione dell’olivo...) e a poco a
poco impararono le buone maniere.
I miti aventi per protagoniste delle vacche, potrebbero essere tra i
Tra i miti riguardanti l’antropologia
culturale dell’allevamento bovino,
viene preso in considerazione quello
dell’infanzia di Ermete che adombra il passaggio dalla caccia alla semidomesticazione. Ne emerge l’ipotesi che inizialmente il manto pezzato sia comparso per primo nelle
vacche, come dimostrano i miti sulle
vacche celesti
più antichi, in quanto la domesticazione iniziò probabilmente con la
cattura di vacche preferibilmente
gravide, sottoposte a regime di semilibertà al fine di consentirne le fecondazioni da parte dei possenti tori
selvaggi, ben più temibili. In quel
lontano periodo si scoprì che se le
femmine non si accoppiavano con i
maschi, non risultavano incinte, e le
osservazioni sugli animali furono
trasferite alla sessualità umana col risultato rivoluzionario che l’assetto
matriarcale venne ribaltato in patriarcale.
La mappa etnostorica di questo
processo è ancora in fase di monitoraggio, ma possiamo constatare come numerosi elementi ci riportino
all’antico Egitto come punto di convergenza di linee di ricerca che conducono a continue retrodatazioni
(Bernal M. 1994).
L’ascendenza Egizia del mito è segnalata dalla presenza del misterioso
uccello che conduce Apollo sulle
tracce di Ermete: un uccello dalle
lunghe ali che Robert Graves identifica con la gru di Ermete, nella quale
un etologo non stenterebbe a rico-
di Antonia Bertocchi
etnoantropologa
noscere l’airone guardabuoi, un piccolo airone bianco «che volteggia a
stormi sui campi e sulle acque e che
razzola sui grossi dorsi dei bufali e
delle vacche (Posener et al. 1961 p.
210). Tra loro e i bovidi esiste una
associazione mutualistica in quanto
danno la caccia agli insetti, tra cui i
tafani (si ricordi il mito di Io), che gli
animali fanno alzare quando si muovono, mentre le bufaghe ripuliscono
meticolosamente i loro ospiti da zecche e parassiti.2 Questi ed altri trampolieri erano strettamente associati
alle mandrie selvagge, ricavandone
notevoli vantaggi: la protezione dai
predatori, il nutrimento, per le bufaHator ritratto con sembianze bovine, dalla
tomba di Ramesse III nella Valle dei Re.
XX dinastia
BIANCO NERO . MAGGIO ’99
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ghe, e il lasciarsi nobilmente trasportare per gli aironi. La loro presenza
doveva risultare gradita all’uomo
nelle fasi di transazione alla domesticazione. Seguire ibis ed aironi,
che mantenevano il collegamento
con le mandrie, grazie a prospezioni
dall’alto, conduceva agli animali, si
trovassero essi in condizioni di libertà o cattività. La tecnica seguita
per «rubare» animali alla natura, fu
trasferita al furto e/o al recupero di
capi allevati.
Tra le diverse specie di Ibis, il Dio
Thot (Ermete Trismegisto degli Egizi) si incarnava nello stupendo «Ibis
sacro», dal corpo bianco con la testa
e la coda nere, che ormai si trova solo negli stagni dell’alto Sudan o come mummia al Museo del Cairo o ad
Hermopolis, città di Thot (Posener
cit. ivi ib.).
Mentre per gli egittologi l’origine
di Thot, signore della luna, dio della
scrittura e del calendario è ignota,
ad una osservazione etologica dell’Ibis sacro, l’origine appare chiara:
egli infatti si ciba di animaletti acquatici e terrestri tra cui insetti, lucertole, serpenti e roditori. Quando
il livello delle acque si abbassava «lasciando allo scoperto grandi estensioni fangose propizie all’incubazione delle uova di serpente, gli Ibis sacri si riunivano in gruppi molto numerosi per saccheggiare i nidi o divorare i piccoli».3 Non è difficile immaginare come questo comportamento dovesse venir considerato
provvidenziale e spiegare l’adozione
Ibis sacro
(Threskiornis aethiopica)
Abile cacciatore di piccoli rettili e anfibi,
l’uccello martello ha attirato l’attenzione
degli ornitologi per l’enorme e complicato
nido, provvisto di vari ambienti e il cui solido tetto può sopportare il peso di un uomo
Hator con volto femminile e orecchie bovine, dal tempio di Sethi a Menfi. XIX dinastia
di strategie di allevamento estensivo
che «veniva praticato nelle praterie
in riva all’acqua e fin nelle paludi di
papiri ove spesso le vacche correvano in libertà... il re spingeva cerimoniosamente verso un’aia quattro vitelli, uno rosso, uno bianco, uno nero e uno pezzato, compiendo frattanto sortilegi destinati a proteggere
il bestiame dai serpenti».4 L’accanirsi
di riti esorcistici contro il terribile
serpente Apophis si afferma infatti
allorquando, con lo sviluppo dell’allevamento intensivo in contesti più
urbanizzati, la protezione naturale
fornita da aironi, buffaghe e Ibis,
vien meno.
Molte sono le divinità bovine presenti nei diversi Pantheon egizi. I tori Mnevis, Apis, Buchis, e la dea Hator, spesso rappresentata con corpo
di donna e testa di vacca, che in
epoca tarda assunse sembianze antropomorfe, conservando solo nelle
corna e nelle orecchie la primordiale
impronta totemica. Inizialmente «era
adorata con l’aspetto di una vacca
celeste coperta da una gualdrappa
cremisi, color del sangue vitale, che
portava tra le corna il disco d’oro del
sole. Il pelame della vacca sacra era
«stellato» e, sotto il nome di Vacca
d’oro, era l’alleata di Horus. Viveva
negli stagni pieni d’uccelli, come il
toro della Camargue, ed era protettrice della musica: il suo attributo era
il sistro. Veniva invocata all’inizio dei
banchetti» (Clébert J.P.).5
Su questo frammento d’un testo funerario
del XIII secolo a.C., scritto su papiro, vediamo il dio Thoth, patrono degli scribi, che
porta la tavoletta per l’inchiostro, il vasetto per l’acqua e i pennelli. Risulta evidente
la tessitura del materiale, fatto di sottili sezioni longitudinali, in due strati sovrapposti
ad angolo retto che venivano pressati e
macinati con una pietra finché formavano
un corpo unico, per cui alla fine il foglio risultava a trama incrociata
Anche Nutj, antica dea del cielo e
Sirio, stella i cui cicli preannunciavano la piena del Nilo, erano raffigurate come vacche celesti.
Come si vede ponendo in collegamento cicli culturali, socio-economici e tecnologici con le produzioni
mitopoietiche ad essi riferibili, è
possibile tracciare le coordinate di
una antropologia della cultura ambientale capace di risalire alle origini
della domesticazione e dell’allevamento dei bovini selvatici.
Stiamo passando in rassegna alcuni di questi processi etnostorici e altri verranno proposti all'attenzione
di quei lettori che dimostreranno interesse per questi argomenti.
Note al testo
1. Graves Robert (1995): I miti greci, p.
53 e seg.
2. Enciclopedia: Gli animali e la loro vita, De Agostini, Novara 1971, vol. II, p.
189.
3. Enciclopedia: Gli animali..., cit., vol.
III, pp. 79-80.
4. Posener et al., cit., ivi, ibidem, p. 52.
5. Clébert Jean Paul (1990): Animali
fantastici. Armenia, Milano. Voce: vacca.
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