Ottica visuale Parte 6 – Movimenti oculari e capacità fusionale Corso di laurea in Ottica ed Optometria Facoltà di Scienze M.F.N. Università del Salento Vincenzo Martella optometrista Contatti: 0833/541063 392 8388361 [email protected] L’esplorazione dello spazio visivo Gli occhi, come servomeccanismi attivi del cervello, sono dotati di una grande motilità grazie ad un accurato e precisissimo processo neurologico di controllo sulla muscolatura oculomotrice. Ben sei muscoli per occhio sono adibiti a questo scopo. Le masse muscolari coinvolte sono, rispetto alle proporzioni con altri distretti anatomici, incredibilmente surdimensionate rispetto alla massa che esse devono muovere. Ciò è dovuto alla necessità d’accuratezza a cui sono sottoposti questi muscoli. Le inefficienze o scompensi della muscolatura oculomotrice possono influenzare negativamente la performance visiva o produrre alterazioni nell’equilibrio della binocularità (integrazione visiva di due occhi finalizzata a percepire un’unica immagine). I muscoli oculomotori Retto mediale Retto laterale Retto superiore Retto inferiore Obliquo superiore Obliquo inferiore Azione dei muscoli oculomotori Ogni muscolo ha azioni sulla motilità del bulbo legata alla sua inserzione ed orientamento del suo percorso nell’orbita. Conoscere le inserzioni dei muscoli Esse giustificano la direzione dei movimenti che ogni muscolo fa compiere all’occhio e la loro conoscenza facilita da parte vostra la memorizzazione dei movimenti compiuti sul bulbo. Eccetto l’obliquo inferiore che origina dalla cresta lacrimale, tutti gli altri originano dall’anello tendineo comune di Zinn. I retti laterale e mediale hanno inserzione sulla linea orizzontale dell’occhio. Il retto superiore (che corre posteriormente per un tratto con l’elevatore palpebrale) ed inferiore corrono nell’orbita con un angolo di circa 25/27° con l’asse visivo. L’obliquo superiore dopo la porzione diretta passa nella troclea e la sua porzione riflessa si inserisce nel quadrante postero laterale del bulbo, passando sotto il retto superiore. L’obliquo inferiore (che non origina dall’anello di Zinn) si dirige all’indietro e lateralmente scavalcando il retto inferiore. La spirale di Tillaux L’inserzione dei retti sul bulbo descrive una spirale rispetto al limbus. Il più vicino è il mediale, segue l’inferiore poi il laterale ed infine più lontano il superiore. Occhio destro Inserzione dei muscoli oculomotori Notare l’inserzione degli obliqui e del retto superiore. Il retto inferiore corre quasi parallelo al superiore. Il centro ed assi di rotazione di Fick, piano di Listing I movimenti avvengono tutti attorno a un punto virtuale interno detto centro di rotazione posto a circa 13.5 mm dal polo anteriore. I movimenti destra-sinistra avvengono su un asse verticale, quelli alto-basso su un asse orizzontale, quelli di torsione lungo l’asse perpendicolare a questi, corrispondente all’asse visivo. Questi tre assi sono detti di Fick. I primi due assi giacciono sul piano di Listing (piano frontale che passa per l’equatore dell’occhio ed il centro di rotazione), il terzo è perpendicolare al piano di Listing. Centro ed assi di rotazione di Fick, piano di Listing Definizione dei movimenti oculari Si definiscono: Duzioni i movimenti oculari in tutte le direzioni che compie un occhio occludendo l’altro (in visione monoculare). Versioni i movimenti congiunti che compiono gli occhi in tutte le direzioni di sguardo in visione binoculare (es. entrambi a destra, entrambi in basso ed a destra, entrambi… ecc.). Vergenze i movimenti disgiunti che compiono gli occhi quando gli assi visivi si incontrano sui soggetti posti a varie distanze finite. Le vergenze si dividono in convergenza (dell’esterno verso il naso) e divergenza (dal naso verso l’esterno). I movimenti di rotazione intorno all’asse visivo si definiscono con i prefissi inciclo ed exciclo seguiti dal nome duzione i movimenti di torsione monoculari, o seguiti dal nome vergenza i movimenti di torsione disgiunti; destrociclo, sinistrociclo seguito dal nome versione i movimenti di torsione congiunti. Nomenclatura dei movimenti oculari in base al movimento Duzioni, movimenti monoculari: adduzione, abduzione, sopraduzione, infraduzione, incicloduzione, excicloduzione (i movimenti di torsione si valutano dalla parte sopraccigliare). Vergenze, movimenti disgiunti (verso l’interno e verso l’esterno): convergenza, divergenza, sopravergenza, infravergenza, inciclovergenza, exciclovergenza. Versioni, movimenti congiunti: destroversione, sinistroversione, sopraversione, infraversione, destrocicloversione, sinistrocicloversione. Movimenti primari e secondari Eccetto i retti mediali e laterali, gli altri muscoli hanno delle azioni prevalenti ed altre secondarie. Retto mediale (o interno): adduzione Retto laterale (o esterno): abduzione Retto superiore: sopraduzione 75%, incicloduzione 16%, adduzione 9%. Retto inferiore: infraduzione 73%, exocicloduzione 17%, adduzione 10%. Obliquo superiore: incicloduzione 65%, infraduzione 32%, abduzione 3%. Obliquo inferiore: exocicloduzione 59% sopraduzione 40%, abduzione 3%. Movimenti primari e secondari E’ utile anche vedere questi collegamenti in senso inverso, elencando i muscoli coinvolti nelle singole azioni, in ordine decrescente di contributo all’azione: Adduzione: retto mediale (o interno), retto superiore, retto inferiore Abduzione: retto laterale (o esterno), obliquo superiore, obliquo inferiore Sopraduzione: retto superiore, obliquo inferiore Infraduzione: retto inferiore, obliquo superiore Incicloduzione: obliquo superiore, retto superiore Exocicloduzione: obliquo inferiore, retto inferiore Le vergenze Si distinguono diversi tipi di vergenza: Tonica, fisiologica (cessa sotto anestesia o morte, gli occhi deviano verso le tempie) Prossimale, risposta psichica indotta dalla vicinanza del soggetto. Accomodativa, indotta dal rapporto che lega la vergenza all’accomodazione (triade accomodazione-convergenza-miosi, disaccomodazione-divergenza-midriasi. Sincinesia) Fusionale, indotta come vedremo dal processo fusionale, fenomeno che elimina errori di puntamento per mantenere la visione binoculare. Definizione di altri tipi di movimenti oculari Esistono altri tipi di movimenti oculari che è importante conoscere: Vestibolo oculare Nistagmo optocinetico Pursuit Saccadi … ed altri ancora. Il movimento vestibolo oculare Consente di mantenere l’immagine sulle fovee durante una rotazione della testa facendo muovere gli occhi in direzione opposta. L’integrazione neurologica esistente tra l’VIII nervo cranico (vestibolococleare) nella sua branca vestibolare ed i centri di controllo degli oculomotori assicura una pronta risposta di contro rotazione degli occhi rispetto alla testa al segnale che giunge dai nuclei vestibolari. Il riflesso optocinetico (nistagmo) Fortemente legato al riflesso oculo-vestibolare (di cui perfeziona i movimenti) è il movimento optocinetico. Se un soggetto si muove, la sua immagine si sposta sulla retina in base alla sua velocità. Questo fenomeno si definisce scivolamento retinico. Lo scivolamento retinico è il rapporto tra la velocità dell’oggetto e quello dell’occhio in movimento. Il riflesso optocinetico è indotto dallo scivolamento retinico ed integra il movimento oculo-vestibolare. Le cellule ganglionari sensibili al movimento inviano informazioni ai centri sottocorticali, corticali e nel tronco encefalico. L’elaborazione di questo movimento è quindi complesso e produce un ritardo di risposta di circa 100 ms. Esso è fortemente legato alla percezione periferica e quindi ambientale dello spazio visivo. Questo è uno dei motivi per cui l’introduzione delle lenti può creare disagi iniziali. Esse alterano i pattern abituali di scivolamento retinico, ma la plasticità del cervello il più delle volte ripristina delle risposte corrette. Ancora sul nistagmo optocinetico Se osserviamo un soggetto al limite della capacità di abdurre l’occhio o fissiamo delle immagini del paesaggio che scorre mentre viaggiamo, gli occhi compiono delle oscillazioni in cui con una fase tengono l’immagine sulla fovea e quando la lasciano, ritornano rapidamente con uno scatto nella posizione iniziale. Questo movimento non va confuso con quello del nistagmo patologico che è una oscillazione involontaria, continua e più o meno rapida degli occhi. I pursuit, movimenti d’inseguimento lento Sono movimenti volontari guidati dalla percezione centrale, quindi dalla la fovea. Essi rispondono alla domanda “chi è?, che cosa è?” Probabilmente derivano dalla componente cervicale del riflesso optocinetico e sono ben sviluppati nei primati. Essi hanno lo scopo di mantenere sulla fovea i piccoli dettagli dei soggetti in movimento. Non sono poi tanto lenti, circa 100°/s. Pare che non si possano effettuare senza bersaglio (?). Esiste una componente predittiva dell’inseguimento in grado di innescare il movimento in modo adeguato, la cui origine organizzativa neurologica non è ancora ben chiara. Le sàccadi Sono spostamenti a scatto rapidi degli occhi. Esse controllano la posizione dell’immagine retinica nello spazio e sono guidate dalla percezione periferica. Rispondono alla domanda “dove sono le cose?”. Questi movimenti sono spesso inconsapevoli, ma comunque volontari (posso spostare l’attenzione da un punto all’altro del campo visivo). Lo spostamento è però preprogrammato ed una volta partito non è possibile modificarlo. L’ampiezza del movimento va da 0.1° (micro saccadi), a circa 90°, mediamente comunque è di circa 20/25°. Oltre queste escursioni entra in aiuto il movimento del capo. Sono generate nel tronco encefalico e nel collicolo superiore. Durante la saccade c’è una soppressione visiva centrale. I micro movimenti di fissazione Durante la fissazione di un soggetto gli occhi non sono perfettamente fermi. Se così fosse i recettori retinici interessati si esaurirebbero, e non potremmo continuare a fissare. Gli occhi quindi compiono continuamente dei micro movimenti, impercettibili all’osservazione, tali da interessare gruppi di cellule retiniche differenti consentendo così a quelle esaurite di rigenerarsi per innescare un nuovo stimolo. Tali micromovimenti sono: Tremori di ampiezza piccola quanto un cono. Slow drift movimenti lenti. Microsaccadi. Movimenti oculari e training visivo Tutti i movimenti oculari sono migliorabili dal training visivo. Nei programmi di allenamento visivo si attribuisce grande importanza al miglioramento della consapevolezza, accuratezza e controllo dei movimenti oculari. Il miglioramento di questi già di per sé produce più efficienza nello svolgimento di alcune funzioni come la lettura o gli sport e aiuta a prevenire alcuni deterioramenti funzionali del sistema visivo. Innervazione dei muscoli oculomotori Legge di Sherrington lll nervo cranico Oculomotore Comune: retto mediale, retto superiore, retto inferiore, obliquo inferiore. IV nervo cranico Trocleare: obliquo superiore. VI nervo cranico abducente: retto esterno. Un impulso di contrazione su un muscolo corrisponde ad uno di rilassamento sul suo antagonista (legge di Sherrington o di innervazione reciproca). Innervazione dei muscoli oculomotori. Legge di Hering o della corrispondenza motrice o dei muscoli agonisti contro laterali In ognuno dei due occhi, ad ogni azione di un muscolo, sia in contrazione che in rilassamento, corrisponde l’azione su un altro muscolo dell’altro occhio tale da far compiere ad entrambi un movimento nella stessa direzione. I muscoli legati a questa legge vengono detti aggiogati o sinergisti collaterali. La corrispondenza retinica In condizioni di normalità, ogni soggetto osservato viene puntato simultaneamente dai due occhi. Ogni punto sulla retina di un occhio ha un corrispondente punto sull’altro (legge della corrispondenza retinica). I punti retinici corrispondenti hanno a loro volta i loro corrispondenti a livello celebrale, così, in condizioni normali, le immagini che si formano sulle due retine su punti corrispondenti giungono ai loro corrispondenti celebrali. Questo consente al cervello di poterle fondere e percepirle singole. Se gli occhi non puntano contemporaneamente lo stesso soggetto, i punti retinici interessati non saranno corrispondenti. La conseguenza di ciò è la diplopia (visione doppia), o la soppressione dell’area retinica che può scatenare la diplopia stessa (vedremo più avanti questo concetto). La corrispondenza retinica anomala In alcuni casi di deviazione precoce degli assi visivi (strabismo infantile), si può organizzare una corrispondenza tra i punti retinici anomala, con la strutturazione di una pseudo fovea. Ovviamente le immagini a fuoco sulla retina nell’occhio strabico non cadono sulla foveola centralis, ma su un altro punto retinico che assume le funzioni della fovea. Il sistema manifesta visione binoculare, ma l’acuità visiva dell’occhio deviato in visione binoculare è scadente. In questi casi però, come nella maggior parte degli strabismi, occludendo l’occhio buono quest’ultimo devierà sotto lo schermo e l’occhio deviato si raddrizzerà e punterà con la sua vera fovea, ma il suo visus solitamente rimane comunque scarso. Fissazione eccentrica A causa di uno strabismo si può strutturare una condizione detta fissazione eccentrica. In questa condizione l’occhio punterà il soggetto d’attenzione con un’area anatomica diversa dalla vera fovea, anche in condizione di monocularità rimanendo storto (strabico) anche occludendo l’occhio buono. Negli strabismi, solo se c’è fissazione eccentrica l’occhio rimane deviato anche se si occlude l’occhio buono (in tutti gli altri casi occludendo l’occhio “buono”, questo devia sotto lo schermo e l’altro che era strabico si raddrizza per fissare con la sua fovea). Si potrebbe dire che nella fissazione eccentrica, è come se l’occhio cancellasse completamente la sua vera fovea. Il visus di quest’occhio è compromesso. Dominanza visiva Nei primi anni di vita si instaura una predilezione per uno dei due occhi detta dominanza. Pare che solo l’uomo possegga questa caratteristica che interessa anche gli arti e l’udito. La dominanza visiva non necessariamente corrisponde alla mano, gamba o orecchio dominante. Se sono dello stesso lato (es. occhio destro mano destra) si chiama omologa. Se è invertita (es. occhio destro mano sinistra) si dice crociata. Alla dominanza crociata occhio mano si sono attribuiti alcuni problemi d’apprendimento. Lo studio e l’esperienza clinica tende ad escludere queste correlazioni. Si notano dominanze crociate in circa il 40% della popolazione. Aree celebrali direttamente coinvolte nei movimenti oculari I muscoli oculomotori e l’equilibrio I muscoli oculomotori e la visione sono degli importantissimi sistemi di controllo dell’equilibrio. Sono neurologicamente legati al vestibolo (principale organo d’equilibrio posto nell’orecchio interno). Turbe della motilità oculare possono creare conflitti nell’elaborazione del controllo dell’equilibrio che è la sintesi di informazioni provenienti da tutto il corpo (dal sistema propriocettivo, dalla pianta dei piedi, dal vestibolo, dalla cervice, dai muscoli oculomotori e dalla visione). La visione binoculare L’attività agonista ed antagonista svolta dai muscoli oculomotori, grazie alla complessa struttura muscolare e d’innervazione che la controlla, consente al nostro sistema visivo un’esplorazione spaziale, che si avvale dell’azione simultanea dei due occhi: la binocularità. Come già detto uno degli effetti ottenuti da questa integrazione neurologica è la stereopsi (la visione stereoscopica, cioè tridimensionale, dello spazio). Il chiasma ottico e l’integrazione neurologica dei due occhi Alla base dei processi per i quali è possibile la binocularità c’è la decussazione parziale dei nervi ottici. L’inversione delle aree nasali delle emiretine dei due occhi a livello del chiasma intreccia parzialmente le informazioni provenienti dagli occhi che viaggiano attraverso i nervi ottici. Ne deriva che alle aree cerebrali destre perverranno impulsi provenienti dai lati destri dei due occhi (emiretina tempiale destra dell’occhio destro e nasale destra dell’ occhio sinistro) e nelle aree sinistre impulsi provenienti dai lati sinistri dei due occhi (emiretine tempiale sinistra dell’occhio sinistro e nasale sinistra dell’occhio destro). Il tutto è schematizzato simmetricamente nelle aree cerebrali dove esiste una perfetta e precodificata corrispondenza tra i punti retinici di partenza dell’impulso ed i punti d’arrivo al cervello. Chiasma ottico Gli occhi estroflessioni del cervello Decussazione parziale Occhio ciclopico L’integrazione dei due occhi nella binocularità produce la sensazione che le immagini percepite provengano da un unico occhio posto al centro fra i due. Questa sensazione viene definita “occhio ciclopico” in analogia ai giganti della mitologia greca dotati di un solo occhio frontale, costruttori di saette per Zeus, ed i fabbri del dio Vulcano per i Romani (Polifemo, il pastore carceriere di Ulisse nell’Odissea). Figura sfondo Osservando un soggetto “una figura” ed interpretandone i suoi particolari (chi è? o che cosa è?) esso assume una posizione di centralità nel set visivo. La fovea, dove cadono queste immagini, è l’area retinica della centralità. I punti retinici periferici corrispondenti danno informazioni sullo “sfondo” (dov’è?, dove sono le cose?). Questo concetto viene definito di figura sfondo. La direzionalità o direzione visiva I luoghi spaziali percepiti dagli occhi vengono definiti proiezioni. Es. la retina nasale si dice che proietta tempialmente, quella tempiale nasalmente, ecc (le immagini retiniche sono invertite e capovolte). Da ogni punto retinico è come se partisse una semiretta che passando per i punti nodali si proietta nello spazio ed attraversa sempre la stessa direzione del campo visivo. In altri termini, ad ogni punto della retina posto ad una certa distanza dalla fovea corrisponde una direzione di proiezione detta “direzione visiva” che determina il così detto valore retino motorio in grado di produrre un movimento saccadico precodificato tale da riportare sulla fovea un soggetto percepito dalla visione periferica, sul quale si vuole spostare l’attenzione. La fovea ha quindi una direzione visiva principale (un valore retino motorio zero), gli altri punti retinici periferici un valore retino motorio secondario che sarà tanto maggiore quanto più lontani sono dalla fovea. L’egocentrismo visivo Tutti i processi percettivi visivi pongono l’individuo in una posizione centrale rispetto allo spazio percepito. La posizione visiva egocentrica è la nostra posizione o quella degli occhi rispetto allo spazio circostante (la direzione delle immagini). Oltre alla proiezione retinica, sostengono questa percezione le informazioni propriocettive dei muscoli oculari del capo, di tutto il corpo ed il sistema vestibolare. Questo permette di valutare se un cambiamento delle immagini retiniche sia dovuto ad un movimento dell’oggetto, del capo o degli occhi che seguono un oggetto in movimento. Direzione oculocentrica ed egocentrica Se muovo gli occhi da un oggetto fermo (faccio una saccade), tenendo la testa ed il corpo fermi, la direzione oculocentrica si sposta, ma quella egocentrica no. Se muovo la testa per seguire un oggetto che si muove (mantenendo l’immagine fissa sulla fovea con gli occhi fissi sull’oggetto) o muovo gli occhi per seguirlo (faccio dei pursuit) la direzione oculocentrica rimane invariata ma quella egocentrica cambia. L’esplorazione dello spazio visivo è quasi sempre l’integrazione delle due direzioni. L’Oroptero teorico: circolo di Vieth-Müller Teoricamente con una corretta corrispondenza retinica, quando si guarda un soggetto da vicino viene visto singolo tutto lo spazio visivo che cade lungo una circonferenza che passa per il punto osservato ed i due punti nodali dei due occhi, detta oroptero. I punti al di fuori di questa circonferenza non cadono su punti retinici corrispondenti. L’oroptero reale Nella realtà l’oroptero assume una forma molto soggettiva e varia con la distanza del soggetto: deviazione dell’oroptero di Hering-Hillebrand. Realmente la linea dell’oroptero è concava verso l’osservatore sino ad una certa distanza. Diventa retta ad una distanza un po’ più lontana (distanza detta di Liebermann). Convessa ancora più lontano. L’oroptero può variare anche in funzione del grado di illuminazione, del contrasto sfondo soggetto, e del contrasto cromatico. Oroptero reale Area di Panum Inoltre per una certa profondità, prima e dopo la linea teorica dell’Oroptero, si estende un’area, anch’essa di profondità variabile secondo i parametri già citati, in cui le aree di spazio visivo, pur non appartenendo all’Oroptero, possono essere percepite singole. Questa profondità di spazio visivo in cui si percepisce singolo è detta area di Panum. Area di visione singola di Panum Gli oggetti che cadono fuori l’area di Panum sono visti doppi. Questo tipo di diplopia è naturale, quindi si definisce fisiologica per distinguerla da quella legata a difetti di puntamento degli occhi (strabismo detto anche tropia). La diplopia fisiologica Di fatto lo spazio al di fuori dell’area di Panum non viene percepito doppio grazie a fenomeni soppressivi delle aree periferiche e per la degradazione dell’immagine della retina periferica. Essa può essere stimolata. Osservando un soggetto vicino, si vedrà doppio quello lontano e, viceversa, guardando quello lontano si vedrà doppio quello vicino. Le immagini diplopiche sono poste a destra e a sinistra del soggetto fissato. Diplopia omologa e crociata Osservando un soggetto binocularmente, l’immagine di un oggetto posto al di là dell’area di Panum cadrà sulle emiretine nasali e a causa dell’inversione dell’immagine retinica, verrà proiettato dall’occhio destro a destra e dal sinistro a sinistra (diplopia omologa o omonima) Osservando un soggetto binocularmente l’immagine di un oggetto posto prima dell’area di Panum cadrà sulle emiretine tempiali e, a causa dell’inversione dell’immagine retinica, verrà proiettato a sinistra dall’occhio destro ed a destra dall’occhio sinistro (diplopia crociata) Diplopia omologa oltre e crociata prima dell’area di Panum Fixation point Diplopia fisiologica e training visivo La diplopia fisiologica è molto usata per procedure di allenamento visivo. Essa fa parte delle procedure dette antisoppressive in cui la persona è in grado controllare l’attività simultanea dei due occhi. Infatti se una delle due immagini diplopiche sparisce vuol dire che un occhio non sta partecipando al processo visivo. Se guardando una mira vicina sparisce una delle due lontane, l’occhio coinvolto è quello dello stesso lato dell’immagine mancante; se guardando la mira lontana sparisce una delle due vicine l’occhio coinvolto è quello del lato opposto a quello dell’immagine mancante. Ampiezza della visione binoculare L’ampiezza della visione binoculare non copre tutto il campo visivo binoculare, ma una buona parte di questo. Entro questo ventaglio grazie alla visione binoculare è possibile che si realizzi lo scopo per cui la natura ha perfezionato il meccanismo della visione binoculare: la stereopsi. La capacità fusionale Il cervello dispone di un sistema di compensazione che entro certi limiti rifinisce le imperfezioni di puntamento degli occhi. È come se un catenaccio o una sorta di colla tenesse insieme i due occhi. Questo catenaccio è la capacità fusionale. Essa può essere molto tenace e compensare difetti di puntamento anche gravi o essere molto tenue e cedere a disallineamenti anche lievi. Questa capacità è migliorabile tramite apposite procedure di allenamento visivo. Fusione motoria e sensoriale Per fusione sensoriale si intende tutto ciò che il sistema percettivo compie per fondere le immagini retiniche dei due occhi. Per fusione motoria si intende tutto ciò che il sistema oculomotorio compie per allineare simultaneamente le immagini retiniche dei due occhi. I tre gradi di fusione Affinché si ottenga una buona fusione delle immagini dei due occhi, occorre che ci siano tre condizioni percettive detti gradi di fusione. Fusione di primo grado: gli occhi devono percepire entrambi (visione simultanea). Fusione di secondo grado o piatta, le due immagini si devono fondere in una sola. Terzo grado di fusione è la stereopsi. Visione simultanea Se uno solo dei due occhi percepisce, si può non essere consapevoli che l’altro non vede se quest’ultimo compie una soppressione visiva. Per evidenziare se entrambi gli occhi percepiscono simultaneamente occorre utilizzare dei metodi detti bioculari. Si fa sì che gli occhi vedano singolarmente ma in un campo binoculare. Di solito si usano prismi verticali (uno con la base alta su un occhio ed uno con la base bassa sull’altro), test polarizzati (si associano occhiali e target polarizzati) o occhiali rosso verdi (detti anaglifici) con target rosso verdi. I prismi inducono una diplopia, con i polarizzati e gli anaglifici un occhio percepirà un’immagine del target e l’altro l’altra. Se si percepiscono due immagini simultaneamente c’è visione simultanea, se una sola c’è visione singola e soppressione dell’occhio a cui sparisce l’immagine. Fusione di secondo grado piatta Per evidenziare se c’è fusione di secondo grado si usano lenti anaglifiche (filtri che fanno passare solo determinate lunghezze d’onda) rosse o rosse e verdi. Il rosso viene detto verde privo ed il verde rosso privo. Se i due occhi fondono, anteponendo un filtro rosso davanti ad un occhio, una mira bianca si colorerà d’arancione (bianco + rosso), altrimenti se l’occhio col filtro sopprime la mira rimarrà bianca. La mira si percepirà rossa se a sopprimere è l’occhio senza filtro. Le luci di Worth È un test valido sia per il test di visione simultanea che per la fusione di secondo grado e per evidenziare disallineamenti elevati senza soppressione. Si proiettano quattro luci, due verdi, una rossa ed una bianca, disposte a croce. Si fa indossare un occhiale rosso verde. L’occhio col filtro verde (rosso privo) vedrà solo le luci verdi e quella bianca anch’essa verde. L’occhio col filtro rosso (verde privo) vedrà la luce rossa e quella bianca anch’essa rossa. Se il soggetto vedrà quattro luci di cui due verdi, una rossa e quella bianca si colora di arancione c’è fusione di secondo grado. Se vedrà solo tre verdi o solo due rosse c’è soppressione dell’ occhio col filtro dello stesso colore delle luci non viste. Può succedere che si vedano cinque luci, due rosse e tre verdi dissassate rispetto alla loro posizione reale, vuol dire che non c’è fusione di secondo grado, non c’è soppressione ma diplopia. Luci di Worth Statico Dinamico La stereopsi, terzo grado di fusione Come già detto, una delle abilità maggiori indotte dalla binocularità è la possibilità di vedere in 3D (visione tridimensionale). Essa avviene a causa della differenza prospettica con cui sono percepite le immagini dei due occhi per la distanza presente tra essi. 3D significa non solo largo (asse x) e alto (asse y) ma anche profondo (asse z). Una perfetta stereopsi è possibile solo quando c’è una perfetta binocularità. Quando questa è labile o assente la stereopsi è deficitaria o assente. Test per la visione steroscopica Vari test per la valutazione della visione stereoscopica. Titmus Polarizzato Lang stero test randomizzato La percezione della profondità monoculare Chi non può percepire lo spazio stereoscopicamente può comunque sfruttare degli indizi che possono indicare la profondità. Gli indizi monoculari di profondità: Movimento parallattico: un soggetto che si muove alla stessa velocità appare viaggiare più veloce se vicino e più lento se lontano. Prospettiva lineare: le dimensioni dei soggetti cambiano in funzione della loro distanza. Le dimensioni percepite rispetto all’esperienza: la distanza tra due soggetti di dimensioni conosciute viene valutata in rapporto con le loro dimensioni apparenti. Sovrapposizione dei contorni: un soggetto che si sovrappone ad un altro è visto più vicino. Distribuzione di luci ed ombre: il chiaro scuro dà senso di rilievo o profondità in relazione allo sfondo. Gli effetti cromatici atmosferici: l’atmosfera produce effetti di colorazione dei soggetti diversi in base alla loro distanza. L’importanza della binocularità per l’optometria La binocularità è una serie di processi e di equilibri molto sofisticati. Uno degli scopi dell’optometria, ove possibile, è quello di ripristinare non solo l’efficienza ed equalizzazione dei singoli occhi, ma anche una perfetta integrazione tra essi. Le disfunzioni dell’integrazione binoculare sono oggi una delle cause più frequenti di inefficienza visiva anche più delle ametropie stesse e possono interessare anche persone emmetropi. L’astenopia Col termine Astenopia si intendono tutta una serie di sintomi di discomfort visivo: Ma di testa, soprattutto frontale e nucale. Arrossamento oculare. Peso sovra palpebrale. Secchezza oculare seguita da repentine lacrimazioni. Senso di stanchezza oculare. Sonnolenza non da vero sonno ecc. Questi sintomi possono affiggere anche persone emmetropi. Dove si annida il problema? I disordini del sistema visivo Il sistema visivo è molto più di un complesso meccanismo dove ogni singolo ingranaggio produce effetti sugli altri. Una disfunzione di uno solo di questi fattori di equilibrio può anche interferire su attività mentali come la concentrazione, l’apprendimento, la memorizzazione, ecc. e produrre interferenze anche posturali. Tutte le parti dell’organismo si influenzano reciprocamente. Per questo il sistema visivo va sempre più interpretato in modo olistico, con la consapevolezza che ogni sua variazione funzionale influenza anche l’intera omeostasi dell’organismo. Gli scompensi della binocularità Essi potremmo definirli come una non equilibrata risposta dei muscoli oculomotori. Essi infatti, in qualsiasi posizione di sguardo, anche con micro movimenti, ricevono dal cervello il giusto impulso al rilassamento od alla contrazione, coerentemente alle leggi di innervazione prima citate. Ciò consente di centrare simultaneamente ed in perfetto equilibrio il soggetto d’interesse. A volte questo equilibrio può essere alterato. Cause dell’alterazione dell’equilibrio dei muscoli oculomotori. Esse possono essere di natura funzionale: uno scompenso con l’accomodazione alla quale essi sono fortemente legati (rapporto AC/A). Questi disordini sono molto frequenti e possono essere causa di astenopie, stress visivo, alcune forme di strabismo (occhi deviati) e predisporre a modificazioni refrattive come astigmatismi contro regola o miopia da visione prossimale (detta anche da studio). o di natura organica: Problemi traumatici. Patologie: ischemie, paralisi, ecc. Effetti diretti o indiretti da uso di farmaci. Male inserzione dei muscoli sul bulbo oculare. Ereditarietà, che influenza più che altro i fattori predisponenti. Le direzioni della binocularità alterata I disequilibri dei muscoli oculomotori possono avere componenti orizzontali, verticali e combinazioni tra di esse. Quelle orizzontali, le più comuni, coinvolgono prevalentemente i retti interni ed esterni. Le altre sono la risultante dell’attività combinata degli altri muscoli. Le disfunzioni della binocularità Esse hanno un’estensione molto vasta. Se la discrepanza di puntamento rispetto al punto osservato viene compensata dalla capacità fusionale, vengono definite forie. Il sistema è binoculare ma può essere inefficiente. Se la discrepanza di puntamento è maggiore della capacità fusionale, gli occhi non punteranno più simultaneamente. Uno o entrambi devieranno rispetto al punto osservato ed avremo uno strabismo detta tropia. Le persone strabiche possono manifestare visione doppia (diplopia patologica), fenomeno insostenibile per la vita (bisogna occludere un occhio), o strutturare una soppressione visiva nell’occhio deviato (Scotoma). La disparità di fissazione è una particolare forma di strabismo in cui la deviazione rientra nell’area di Panum e non induce diplopia. Le Forie Sono tendenze alla deviazione compensate dalla capacità fusionale. Una certa quantità di foria è ritenuta fisiologica. Per evidenziarle occorre interrompere la binocularità per non far agire la capacità fusionale. In questo modo gli occhi manifesteranno il loro trend di deviazione. Esistono vari sistemi per dissociare la binocularità: cover test, luci di Worth, prismi verticali, la croce di Maddox, l’ala di Maddox, sistemi polarizzati ecc. Molti di questi saranno argomento di studio dei corsi successivi. Ortoforia, eteroforia e eterotropia Un sistema visivo, che non presenta tendenze alla deviazione degli assi visivi interrompendo la binocularità, si dice ortoforico. Un sistema visivo, che presenta tendenze alla deviazione degli assi visivi interrompendo la binocularità, si dice eteroforico. Se la deviazione non è compensata dalla binocularità (se quindi c’è strabismo) si dice eterotropico. Eso exo iper ipo foria In presenza di eteroforie, con l’interruzione degli stimoli compensativi fusionali, gli occhi deviano e si comportano come strabici, ma, interrompendo la dissociazione indotta dal test, la capacità fusionale entra in gioco nuovamente ed il sistema tornerà binoculare. In base a come gli occhi deviano gli assi visivi, in assenza di stimolo fusionale, si classificano i vari tipi di foria. Esoforia Nell’esoforia, interrompendo la binocularità gli assi visuali manifesteranno una tendenza a convergere. Interrompendo il test e ripristinando la binocularità si noterà un movimento detto di recupero (recupero della binocularità appunto) dall’interno verso l’esterno. Exoforia Nell’exoforia, interrompendo la binocularità gli assi visuali manifesteranno una tendenza a divergere. Interrompendo il test e ripristinando la binocularità si noterà un movimento di recupero dall’esterno verso l’interno. Iper ed ipo foria Nella iperforia ed ipoforia, interrompendo la binocularità gli assi visuali manifesteranno la tendenza a deviare verticalmente. Iper sta per sopra ed ipo per sotto. Siccome i due fenomeni iper ed ipo sono associati si può descrivere il fenomeno come l’iperforia di un occhio o l’ipoforia dell’altro. Es. si può dire iperforia destra o ipoforia sinistra e viceversa. Interrompendo il test e ripristinando la binocularità si produrrà un movimento di recupero dell’occhio iperforico dall’alto verso il basso e di quello ipoforico dal basso verso l’alto. Le forie scompensate Esse sono una condizione in cui una foria, al limite della capacità compensativa fusionale, in particolari situazioni di affaticamento può sconfinare in uno strabismo. Il sistema visivo entra ed esce da una condizione binoculare ad una tropica e viceversa. Il fenomeno può essere occasionale o molto ricorrente in base allo stato fisico generale, alla capacità compensativa della binocularità nei confronti della foria, e dall’entità della foria stessa. Le persone che scompensano la foria quando strabizzano possono notare diplopia o più frequentemente sopprimere l’area diplopica per evitare la diplopia stessa. Nello strabismo la deviazione è permanente Al contrario delle forie, le tropie (strabismi) sono una condizione di deviazione di uno (più frequentemente il non dominante) o di entrambi gli occhi. Tra i due assi visivi c’è un angolo di deviazione rispetto alla posizione normale di fissazione. In questa situazione, come già accennato, le conseguenze sulla binocularità possono essere diverse. I livelli di problematiche indotti dalle tropie La non corrispondenza dei punti retinici tra i due occhi indotta dallo strabismo può produrre diversi livelli di problematiche. Alcuni di essi sono: 1. Forie mal compensate. 2. Disparità di fissazione: gli occhi sono leggermente strabici ma entro l’area di Panum (c’è ancora visione binoculare). Essa è associata a forie elevate. 3. Diplopia, specie in strabismi insorti tardi nella vita (traumi, paresi ecc.) 4. Soppressione nell’occhio deviato dell’area retinica che causerebbe la diplopia, scotoma (fenomeno ricorrente negli strabismi insorti precocemente, presente a volte anche nelle forie scompensate). 5. Ambliopia da non uso (vedi più avanti il significato). 6. Un adattamento ad una corrispondenza retinica anomala: c’è binocularità, ma il visus in binoculare dell’occhio deviato è scadente. 7. Una fissazione eccentrica. Definizione delle tropie Esotropia: deviazione verso l’interno. Exotropia: deviazione verso l’esterno. Ipertropia: deviazione verso l’alto. Ipotropia: deviazione verso il basso Strabismo concomitante e non concomitante Per strabismo concomitante si intende uno strabismo il cui angolo non cambia in qualunque direzione di sguardo. Quello non concomitante è quello il cui angolo cambia a seconda della posizione di sguardo ( la maggior parte degli strabismi è di questo tipo). Soppressione (scotoma) Uno strabismo o un grosso scompenso binoculare insorto precocemente può indurre una soppressione come difesa dalla diplopia. Il cervello è costretto a rinunciare alla binocularià escludendo la percezione di un area retinica dell’occhio deviato. Questo buco nero percettivo si dice scotoma. Esempi di scotomi Scotoma fisiologico Lo scotoma patologico non va confuso con quello fisiologico della papilla del nervo ottico. Valutazione dello strabismo Alcuni strabismi sono manifesti e chiunque può accorgersi della loro presenza. Piccoli angoli di deviazione possono passare inosservati anche a professionisti esperti. È importante una valutazione diagnostica. Occhio fissante e non fissante Nello strabismo monolaterale si distingue un l’occhio fissante, che è quello che mantiene l’allineamento col soggetto osservato, e l’occhio non fissante, che è quello deviato. Se non si è strutturata una fissazione eccentrica, occludendo l’occhio fissante, quello deviato si allineerà sul soggetto osservato diventando, sino a che dura l’occlusione dell’altro, esso stesso fissante. L’occhio occluso apparirà strabico dietro lo schermo. All’interruzione dell’occlusione dell’occhio non strabico però, quello strabico tornerà nella condizione di deviazione. E quello non strabico ritornerà fissante. Grazie a questo test (cover test) è possibile diagnosticare il tipo di strabismo. Il cover test è utilissimo ed usatissimo anche per la diagnosi delle forie come espediente per interrompere la binocularità. Strabismo alternante Nello strabismo alternante c’è un’alternanza di fissazione tra uno e l’altro occhio. Spesso il soggetto riesce volontariamente ad alternare. È una condizione favorevole in quanto mantiene, sia pur in modo alternato, più o meno attivi entrambi gli occhi. In questi casi vi è lo scotoma in entrambi gli occhi. Dal punto di vista diagnostico può essere confuso con una foria. Tropia e cover test Come già accennato il cover test consiste nell’occludere con sequenze diverse uno e l’altro occhio. Se per primo occludo l’occhio strabico tutto rimane fermo perché la persona guarda già con l’occhio fissante. Se occludo l’occhio fissante gli occhi si muoveranno e quello strabico si allineerà diventando, in quella condizione, fissante e quello sotto lo schermo devierà simulando su di se lo strabismo. Togliendo lo schermo gli occhi si muoveranno in direzione opposta alla precedente e l’occhio fissante ritornerà a fissare e quello strabico tornerà nella sua condizione di deviazione. Esotropia Nell’esotropia l’occhio strabico è deviato verso l’interno. Occludendo l’occhio fissante, quello strabico compirà un movimento dall’interno verso l’esterno e quello fissante lo seguirà sotto lo schermo con un movimento nella stessa direzione dall’esterno verso l’interno . Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a storcersi verso il naso ritornando nella sua condizione strabica seguito dal movimento nella stessa direzione di quello fissante che tornerà a fissare. Exotropia Nell’ exotropia l’occhio strabico è deviato verso l’esterno. Occludendo l’occhio fissante, quello strabico compirà in movimento dall’esterno verso l’interno e quello fissante lo seguirà, sotto lo schermo, con un movimento nella stessa direzione dall’interno verso l’esterno. Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a storcersi verso l’esterno ritornando nella sua condizione strabica, seguito dal movimento nella stessa direzione di quello fissante che tornerà a fissare. Ipertropia Nell’ipertropia, l’occhio strabico è deviato verso l’alto. Occludendo l’occhio fissante, quello strabico compirà un movimento dall’alto verso il basso per rendersi fissante, seguito, sotto lo schermo, da quello fissante con un movimento nella stessa direzione (dall’alto verso il basso). Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a storcersi verso l’alto ritornando nella sua condizione strabica, seguito dal movimento nella stessa direzione di quello fissante che tornerà a fissare. Ipotropia Nell’ipotropia, l’occhio strabico è deviato verso il basso. Occludendo l’occhio fissante, quello strabico compirà un movimento dal basso verso l’alto per rendersi fissante seguito, sotto lo schermo, da quello fissante con un movimento nella stessa direzione (dal basso verso l’alto). Togliendo lo schermo, l’occhio strabico tornerà a storcersi verso il basso ritornando nella sua condizione strabica, seguito dal movimento nella sessa direzione di quello fissante che tornerà a fissare. Cover test e misura delle forie e tropie Sfruttando il comportamento degli occhi, anteponendo dei prismi, vedremo come sia possibile misurare, grazie al cover test, l’entità delle forie e delle tropie. L’ambliopia funzionale Col termine ambliopia si intende una situazione percettiva che insorge precocemente nella vita, in cui uno (più ricorrentemente il non dominante) o entrambi gli occhi presentano una riduzione funzionale più o meno marcata del visus non patologica o traumatica, relativamente o affatto migliorabile con lenti. Può essere indotta da vari fattori legati alla disequalizzazione funzionale tra i due occhi o fattori psicosomatici. Le cause possono essere anisometropia, strabismo, turbe nello sviluppo evolutivo del bambino. Essa pare sia determinata da una condizione attiva di inibizione funzionale prodotta dall’occhio più efficiente su quello meno efficiente. Se, nell’età che va dalla nascita ai 3 anni circa, non si innescano i processi percettivi legati allo sviluppo della binocularità e funzionalità retinica si può presentare un’ambliopia. Nelle ipermetropie anisometropiche, può essere sufficiente 1 dt di differenza non corretta per innescare una ambliopia nell’occhio più ipermetrope. Il fenomeno è meno frequente nelle miopie. L’ambliopia da non uso ed isterica L’ambliopia più ricorrente è quella detta da non uso in cui lo stimolo foveolare, a causa di uno strabismo o di un’immagine deteriorata da un’ametropia non corretta, non viene stimolato adeguatamente per cui si produce un decadimento funzionale. Un altro tipo di ambliopia è quella isterica. Colpisce soprattutto bambine ed ha origine psicosomatica. L’ambliopia ed il training visivo Sino ad alcuni anni fa vigeva l’affermazione perentoria che se un’ambliopia non veniva trattata precocemente essa non si sarebbe mai più potuta risolvere. Questo è vero solo in parte. È vero che se il trattamento della causa e gli esercizi di stimolazione avvengono precocemente, prima dei 3/3,5 anni, le possibilità di successo sono alte. Ma se i processi evolutivi si sono innescati e successivamente inibiti è possibile a volte risvegliarli anche negli adulti. È emblematico il caso di una signora presentato al congresso dell’Albo nel 2010, che in età avanzata ha riacquisito, dopo un lungo periodo di training visivo, non solo il visus sull’occhio ambliope, ma anche la visione stereoscopica. Il trattamento di questa disfunzione non può prescindere dall’eliminazione delle cause, e da una stimolazione attiva dell’occhio ambliope (esso comporta, nella prima fase, il bendaggio dell’occhio buono ed esercizi su quello ambliope). La binocularità, un argomento vastissimo Ciò che è stato illustrato è solo una piccola parte di tutta la trattazione sui disturbi della visione binoculare. Un quadro completo di questi argomenti richiede uno studio profondo e conoscenze che non possono esaurirsi in questo corso. Le combinazioni che possono assumere queste disfunzioni sono complesse ed a volta di difficile diagnosi. L’analisi specifica del caso è però importantissima per valutare la possibilità di una riabilitazione totale o parziale della binocularità attraverso programmi intensi e lunghi training visivi od ortottica. In alcuni casi l’unica possibilità di correzione dello strabismo è di tipo chirurgico. I prismi I prismi sono molto usati in optometria. Essi hanno utilità diagnostiche, riabilitative e compensative. Alcuni effetti prismatici, indotti dalle lenti, possono avere conseguenze indesiderate sul sistema visivo. È importantissimo conoscere gli effetti dei prismi anteposti davanti agli occhi. The Dark side of the Moon Pink Floyd 1973 Il prisma devia il percorso della luce verso la base e scompone la radiazione policromatica nelle sue componenti monocromatiche. La diottria prismatica Con questa unità di misura si quantifica il potere del prisma. Una diottria prismatica è la deviazione di 1cm alla distanza di 1m, prodotta dal prisma sul raggio incidente proveniente dall’infinito. La diottria prismatica si indica con ∆ (delta) o con la sigla d.t.p. 1∆ = 1cm di deviazione ad 1 m Comportamento dell’occhio all’introduzione di un prisma Con il posizionamento di un prisma davanti ad un occhio, la deviazione della luce prodotta da questo sposta l’immagine su un’area diversa dalla fovea. Lo stimolo fusionale indurrà l’occhio a riposizionare l’immagine sulla fovea facendogli compiere una rotazione. Siccome il prisma devia l’immagine verso la base, l’occhio per riportarla sulla fovea ruoterà verso l’apice (l’occhio devia in direzione opposta alla base). L’immagine percepita, quindi, verrà proiettata verso l’apice del prisma. Base esterna, interna, alta, bassa Se pongo un prisma con la base interna (nasale) l’occhio ruoterà verso l’apice quindi verso l’esterno. Se pongo un prisma con la base esterna (tempiale) l’occhio ruoterà verso l’apice quindi verso l’interno. Base alta rotazione in basso. Base bassa rotazione in alto. In visione binoculare, se le d.t.p. sono eccessive e tali da non poter essere compensate dallo stimolo fusionale, la rotazione dell’occhio non sarà sufficiente a riportare l’immagine sulla fovea, si avrà quindi una diplopia. Anteponendo un prisma su uno o entrambi gli occhi questi deviano verso l’apice del prisma con base esterna deviazione interna con base interna deviazione esterna Utilizzo di prismi a scopo diagnostico Integrando il cover test con i prismi è possibile misurare in d.t.p. l’entità delle forie e delle tropie. Le stecche di Berens sono una serie di prismi con d.t.p. crescenti. Si usano due stecche, una con prismi a basi orizzontali ed una con prismi a basi verticali. Stecche di Berens e cover test Il concetto è quello di annullare il movimento che compiono gli occhi in caso di forie o tropie durante il cover test. Se la deviazione è eso, userò la stecca dei prismi orizzontali a base tempiale. Se la deviazione è exo, userò la stecca dei prismi orizzontali a base nasale. Se la deviazione è iper, userò la stecca dei prismi verticali a base bassa. Se la deviazione è ipo, userò la stecca dei prismi verticali a base alta. Si fanno poi scorrere i prismi,che hanno potere crescente, davanti all’occhio effettuando il cover test. Quando il prisma porterà sulla fovea dell’occhio deviato l’immagine della mira, il movimento sarà annullato. Il valore del prisma in grado di annullare il movimento rappresenta l’entità della foria o tropia in d.t.p. Prismi orizzontali e vergenze Facendo scorrere la stecca dei prismi orizzontali prima a base esterna e poi interna sino alla diplopia si può misurare l’ampiezza della capacità fusionale. Degli strumenti molto usati in optometria come accessorio del forottero sono i prismi rotanti di Risley. La rotazione contrapposta cambia il potere prismatico che viene indicato sulla scala graduata. Ruotando i prismi a base esterna sino alla diplopia si misura l’ampiezza della capacità fusionale in convergenza. Ruotandoli a base interna sino alla diplopia si misura l’ampiezza della capacità fusionale in divergenza. I prismi verticali e la diplopia Ponendo dei prismi a base alta o bassa già con poche d.t.p. si genera una diplopia. Il processo fusionale non è in grado di compensare anche piccoli dissassamenti degli assi visuali in verticale. Diverso è con i prismi orizzontali dove intervengono le vergenze che riescono a compensare valori prismatici più grandi. Con questo espediente si può: Interrompere la fusione mantenendo una visione simultanea dei due occhi. Ciò consente di valutare il primo grado di fusione (visione simultanea). Valutare la direzione delle forie e come vedrete, usando i prismi di Risley, anche misurare le forie. Effettuare la diagnosi di fenomeni soppressivi (se sparisce una delle due immagini). Prismi, strabismo e riabilitazione I prismi sono usati in determinati casi di strabismo in cui l’angolo di strabismo è uguale in tutte le direzioni di sguardo (strabismo concomitante) previe attente e competenti valutazioni del caso. Possono essere usati limitatamente in alcune procedure di training visivo o ortottica. Possono essere usati per il miglioramento posturale nella posizione detta gemellata a base bassa o alta (entrambe le basi basse o entrambe alte). Lo spostamento dell’immagine verso l’apice del prisma induce un sollevamento della testa col prisma a base bassa ed un abbassamento col prisma a base alta. Il centro ottico delle lenti L’asse ottico è l’asse che attraversa la lente passante per i centri di curvatura dei diottri sferici che racchiudono la lente. Il centro ottico (punto o punti nodali) è il punto individuato dall’asse ottico che attraversa la lente. Il raggio coincidente con l’asse ottico passa attraverso la lente senza subire rifrazione (passa cioè indisturbato). I raggi parassiali subiscono rifrazione minima. Man mano che ci si allontana dal centro ottico l’effetto rifrangente della lente diventa maggiore. Una lente correttiva svolge la sua azione se il suo centro ottico coincide col centro della pupilla del portatore. La centratura delle lenti La correzione ottica dei disturbi visivi richiede degli accorgimenti importantissimi nella realizzazione e posizionamento sul viso degli occhiali. La centratura è una delle più importanti. Bisogna far si che dopo la lavorazione dell’occhiale, una volta calzato, i centri ottici delle lenti coincidano con gli assi visivi del portatore (siccome vi sono delle tolleranze si usa il centro della pupilla). Occorre cioè, che dopo la lavorazione dell’occhiale i centri ottici delle lenti coincidano con i centri pupillari del portatore (distanza interpupillare) e che la loro altezza sia adeguata, tale che, nella postura di sguardo abituale, gli assi visivi attraversino i centri ottici stessi. Se ciò non viene rispettato (entro l’errore tollerato dalla persona) e l’occhiale è decentrato, le lenti generano disquilibri che possono indurre anche gravi sintomi o alterazioni funzionali. Effetti prismatici delle lenti Le lenti si comportano come i prismi solo che una o entrambe le superfici sono sferiche. E’ facile immaginare questo pensando alla loro sezione come due prismi uniti o per la base o per il vertice. Nelle sezioni delle lenti positive (convergenti), sono le basi ad essere unite fra loro. Nelle sezioni delle lenti negative (divergenti), sono i vertici ad essere uniti fra loro. L’effetto prismatico indotto dalle lenti è tanto maggiore quanto maggiore è il potere delle lente. Decentramento delle lenti ed effetti prismatici Una lente decentrata davanti ad un occhio sottopone quest’ultimo ad un effetto prismatico direttamente proporzionale all’entità del decentramento ed al potere della lente. Inducendo l’occhio a guardare attraverso un’area al di fuori del centro ottico della lente l’occhio subirà l’effetto prismatico delle sezione di lente che sta utilizzando. Decentramento delle lenti positive Una lente positiva decentrata induce l’occhio a divergere dal lato opposto al centro ottico (dove coincidano le basi) verso il vertice del prisma (la periferia della lente). Un decentramento nasale genera un effetto prismatico a base interna che, se compensato dalla capacità fusionale, comporterà una rotazione dell’occhio verso la tempia. Un decentramento verso la tempia induce una rotazione verso il naso. Un decentramento in alto fa deviare l’occhio in basso. Un decentramento in basso fa deviare l’occhio in alto. Decentramento delle lenti negative Una lente negativa decentrata induce l’occhio a deviare verso il suo centro ottico (dove coincidono i vertici) verso il vertice del prisma (il centro della lente). Un decentramento nasale genera un effetto prismatico a base esterna che, se compensato dalla capacità fusionale, comporterà una rotazione dell’occhio verso il naso. Un decentramento verso la tempia induce una rotazione verso la tempia. Un decentramento in alto fa deviare l’occhio in alto. Un decentramento in basso fa deviare l’occhio in basso. Lenti astigmatiche ed effetti prismatici Se la lente correttiva è una lente cilindrica pura (senza l’associazione di una sfera) e l’asse è orizzontale (0°/180°), lungo l’asse il potere è zero e non ci sono effetti prismatici. Man mano che l’asse dell’astigmatismo si sposta da 0° a 90° l’effetto prismatico aumenta in funzione del potere della sezione interessata dal decentramento e gli effetti prismatici sono uguali a quelli delle lenti positive e negative in base al tipo di cilindro usato. Se la lente cilindrica è associata ad una sfera, lungo l’asse l’effetto prismatico è solo quello indotto dalla sfera, man mano che l’asse dell’astigmatismo si sposta da 0° a 90°, l’effetto prismatico risultante sarà la somma algebrica di quello della sfera più quello della sezione del cilindro interessata al decentramento. Calcolo dell’effetto prismatico di una lente decentrata Formula del Prèntice: effetto prismatico di una lente posta a 12 mm dall’apice corneale. ∆’ = φ · h/(1 – 0,025 · φ) Dove ∆’ = effetto prismatico indotto dal decentramento. φ = potere in dt della lente. h = decentramento in cm (N.B. in centimetri). Vale anche, con una buona tolleranza, la formula semplificata φ · h dove h è sempre espresso in cm. Decentramenti e capacità compensative La capacità di accettare un decentramento degli occhiali dipende dall’entità del decentramento, dal potere della lente, ma anche dalla capacità fusionale della persona. Decentramenti orizzontali (maggiori o minori della distanza interpupillare) sono più facilmente compensabili perché le capacità fusionali in convergenza e divergenza sono piuttosto ampie. Decentramenti in verticale (un centro in alto ed uno in basso) sono molto meno tollerati. È assolutamente deontologicamente necessario e di primaria importanza, in caso di errato montaggio delle lenti, rimediare con la sostituzione delle stesse a proprie spese onde non costringere l’utente a spiacevoli contestazioni a causa dei disturbi indotti e per non causare alterazioni funzionali sul suo sistema visivo. Anche in caso di adattamento, l’organismo dovrà ritarare tutti i processi visivi su equilibri anomali che possono alterare la sua omeostasi. Decentramento “fisiologico” Anche un occhiale ben centrato produce effetti prismatici. Solo se gli occhi sono nella postura per cui è stato centrato l’occhiale, non si hanno effetti prismatici (ed altre distorsioni) ma ogni qual volta gli occhi si spostano sulle lenti in punti al di fuori dei centri ottici, essi sono sottoposti ad effetti prismatici. Questi però essendo simmetrici sono più facilmente accettati e inducono conflitti minori nel sistema visivo. Gli argomenti legati agli effetti delle lenti sugli occhi saranno argomento di approfondimento dei vari corsi caratterizzanti che verranno.