Giocando con la voce e l`elettronica

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VINCENZO
VASI
Giocando con la voce e l’elettronica
CLAUDIO CHIANURA
Trofeo InSound nel 2010 per la categoria “elettronica”, Vincenzo Vasi è noto per la sua collaborazione con Vinicio Capossela e Mike Patton, ma anche, sempre più, per i suoi progetti fuori dall’ordinario, alle prese con Theremin, voce, congegni elettronici e pianoforte. Un percorso interessante,
fuori dal coro, che ci ha intrigato parecchio. Come anche le
sue produzioni discografiche, documenti della sua capacità
di spaziare dalla canzone alla sperimentazione pura.
Per il nostro Appuntamento al buio, abbiamo scelto brani
molto lontani fra loro, cercando di stanarlo un poco e farci
raccontare i suoi gusti e le sue passioni. Abbiamo iniziato
con un trombettista che fa largo uso di elettronica.
NILS PETTER MOLVAER, “ARCTIC DUB (FROM THE FILM FROZEN HEART)”
DA RE-VISION (2008)
Vasi - È Jon Hassell?
IS - Potrebbe, ma è di una generazione successiva. È Molvaer.
Vasi - Musica elettroacustica, direi. Per una performance dal
vivo, dal punto di vista visivo, penso che bisognerebbe eliminare il computer dal palcoscenico: ne sono già così pieni
gli uffici. Io sono quasi costretto a usarlo da quando ci sono
i software di campionamento, molto più semplice da usare di
un campionatore. Ma se posso il computer lo lascio a casa.
La cosa bella su un palco per chi fa elettronica è portarsi
tante cose, anche se un po’ scomodo. Io poi non guido nemmeno l’automobile! Scelgo le cose più disparate, da un microsynth a un microfiltro, giocattoli vari. Preferisco che il
pubblico veda qualcuno lavorare sul palco e possa essere affascinato anche da quel che vede, oltre che dall’ascolto.
PETER GABRIEL, “PHILADELPHIA” DA SCRATCH MY BACK (2010)
Vasi - È Peter Gabriel. Ho sentito solo alcuni brani di questo
disco orchestrale e mi sono piaciuti veramente tanto. Io sono legato ai suoi primi due dischi come solista. Nel mio nuovo disco ho fatto anche un suo brano del primo album.
IS - Questa è la musica con cui sei cresciuto?
Vasi - Io sono cresciuto con cose precedenti, in realtà. Sono
fortunato, perché ultimo di quattro fratelli che in casa
ascoltavano Genesis, Gentle Giant, Zappa… Quello che si
ascoltava in quegli anni se non amavi Gianni Morandi. Mia
sorella più grande ascoltava gli Strawbs, ed era la cosa più
romantica a casa mia. Io ho amato Zappa subito, fin da bambino. Sai, quando ascolti anche senza ascoltare, perché ti
martellano a tutto volume mentre tu stai giocando ai soldatini… Ci sono cose che mi hanno molto infuenzato, come il
primo disco di Battiato, Fetus, che ho letteralmente divorato. Ho avuto una passione per gli Inti Illimani, che ho visto
anche dal vivo ai tempi d’oro col mio babbo. E poi gli Area,
che mi facevano impazzire. A casa mettevo i dischi degli
Area e i miei amici mi prendevano in giro per la voce di Stratos. Una volta mi sono fatto accompagnare dal mio babbo a
vedere gli Area dal vivo!
IS - Quando e come ti sei interessato all’elettronica?
Vasi - È stato quasi inevitabile. In un certo momento ho cominciato a fare musica, da autodidatta, senza scuole di alcun tipo. Cantavo da bambino e suonavo la chitarra, facevo
i pezzi degli Inti Illimani… conoscevo quasi tutto. Facevo
anche pezzi miei. Poi negli anni Ottanta, diventato ragazzo
(io sono del 1964) tutti suonavano e mi sono messo a tirar
su i primi gruppetti new wave. Era il contesto perfetto per
lavorare con l’elettronica,c’erano le prime le batterie elettroniche, come la Sound Master che ho comprato in un mercatino a 10.000 lire... Anche quella con la Drumatix è stata
un’esperienza splendida. Non sono invece un grande esper-
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to di synth, non sono mai entrato nel mondo dell’inviluppo.
Lo faccio, mi ci butto senza cognizione di causa, un poco da
sensitivo, in un certo senso. Poi ho conosciuto il Theremin
che veniva usato nelle colonne sonore. Allora non aveva una
distribuzione. Lo trovai esposto in un negozio e provandolo
fu una tragedia. Mesi dopo stavo lavorando in teatro e il regista ne possedeva uno che non utilizzava. Lo portò, fu
montato e potevo usarlo nelle pause. Era lì, a mia disposizione. Iniziai a prenderci confidenza e qualcosa riuscivo a
cavarci. Ne comprai uno e da allora l’ho sempre portato con
me, rischiando anche delle figuracce le prime volte. È necessario farci esperienza.
IS - Prima di arrivare ai giorni nostri, vediamo se riconosci
questo altro pezzo…
CAN, “MUSHROOM” DA TAGO MAGO (1971)
IS - L’espressione “kraut rock” ti dice niente? È un disco di
quarant’anni fa. Sono i Can.
Vasi - È tutto un mondo che non ho mai sviscerato abbastanza. Io ascoltavo molto rock insieme al mondo dei cantautori… Sono rimasto sempre legato alla canzone. Con i
primi gruppi new wave a Rimini scrivevo e cantavo in finto
inglese, poi ho fatto la mia prima audizione all’Italian Records di Oderso Rubi, che oggi è un mio carissimo amico, per
il mio gruppo Shaming Borsalino, che non ha avuto succes-
so. Eravamo in competizione con i Violet Eves, che invece
avevano un certo seguito. Allora si voleva che cantassimo in
italiano o almeno in inglese vero.
IS - Se non ti chiamavi Celentano… Un altro ascolto.
FABRIZIO DE ANDRÉ, “LE
(1996)
ACCIUGHE FANNO IL PALLONE” DA
ANIME
SALVE
Vasi - Questo è un disco italiano…
IS - Il disco di De André insieme a Fossati. Un mondo vicino a
quello di Capossela, o no?
Vasi - Sicuramente Vinicio onora molto la categoria dei cantautori. Io sono sempre stato legato alla musica dei cantautori, anche se non in maniera tipica. La vita ha voluto che io
venissi rinnegato da quel mondo trovando tutt’altro. Lavorando con gli Ella Guru ho potuto uscire dagli schemi tradizionali. Ma io ero un cantante e dopo mi è stato difficile provare ad aprire bocca e cantare. Mi sono rifiutato di pronunciare le parole. L’incontro con Vinicio mi ha ridato accesso a
quel mondo, prima con diffidenza. Non è stato facile trovarmi lì ed essere accettato anche dalla musica di ricerca un po’
snob. Invece mi sono trovato un mio spazio, dopo un poco
di tempo. Tutto il background mi è servito tantissimo per
coniugare un mondo con l’altro, quello della ricerca con
quello della canzone d’autore.
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IS - Oggi c’è un maggiore spazio per sonorità un tempo giudicate estranee al mondo della canzone…
Vasi - Il mondo della miscellanea sta andando parecchio ultimamente…
IS - Ci provava qualcuno anche molti anni fa. Questa canzone
non puoi non riconoscerla.
MATIA BAZAR, “VACANZE ROMANE” (SANREMO 1983)
Vasi - Come no, sono i Matia Bazar! Questa era un’elettronica molto patinata. Ora, col senno di poi, possiamo anche vedere più cose positive di quanto ne vedessi allora. In quegli
anni ero molto radicale nella mia musica. I Matia Bazar non
erano certo il mio riferimento. Ma la voce della Ruggiero è
bellissima.
IS - È molto importante il contesto in cui si lavora, no? Si tende ad adeguarsi al proprio contesto, a quel che viene richiesto
e accettato dal pubblico e dalla produzione per cui si lavora.
Vasi - Certo. Ma è necessario innanzitutto elaborare un progetto credibile. Ora ci sono a mio parere due progetti molto
forti, anche se non forse per il potenziale commerciale: Calibro 35 e Guano Padano. Sono il progetto giusto al momento
giusto. Quel periodo dei Matia Bazar rappresentava un cambiamento di pelle. Non mi infastidisce ascoltare il loro brano, così come ascoltare “Solo tu”. Li trovo sinceri nel loro
mondo. In quegli anni c’è stato molto scimmiottare i modelli inglesi e americani. Pensa a Nada col suo “Sassofono blu”.
Se paragonato ai modelli d’oltreoceano ti veniva da ridere.
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IS - Parlaci dei tuoi progetti solisti al momento.
Vasi - Questo è un periodo fortunato nella mia vita musicale. Ho due progetti che considero maturi e compiuti.
Uno è il mio solo di Theremin, col materiale del mio disco
uscito lo scorso inverno, che sta andando bene, ha ricevuto
buone recensioni e viene chiesto anche dal vivo.
L’altro è una commissione del festival Angelica per un progetto di pianoforte e voce, ispirato vagamente al progetto di
Phil Minton e Veryan Weston, fatto di canzoni. Sono un veterano di Angelica e finalmente, dopo tanti anni, hanno deciso di darmi questa commissione. Ho scelto come compagno di viaggio il pianista friulano Giorgio Pagoric, molto
bravo, che ha lavorato sia sulla sperimentazione sia con Elisa. Non avevo mai suonato con lui ma sono felice della scelta. Abbiamo debuttato ad Angelica nel 2009. Nel 2010 abbiamo registrato e abbiamo pubblicato ora l’album. Ci sono
molte canzoni anche famose, brani originali, improvvisazioni… Un repertorio vastissimo, da Violetta Parra a Peter Gabriel, da Bruno Lauzi ad Anna Oxa. Li abbiamo registrati al
Teatro “Petrella” di Longiano in tre giorni consecutivi. Il
missaggio è di Tommaso Colliva, che ha lavorato con i Calibro 35. È un pretesto per lavorare sulla voce. È ovvio che dopo Demetrio Stratos, Phil Minton, Mike Patton, Jaap Blonk,
David Moss… è difficile dire che faccio qualcosa di completamente nuovo. Però faccio qualcosa di mio. Sono felice di
aver trovato una mia strada. Bisogna a un certo punto abbandonare i propri miti e lavorare sviluppando il proprio percorso.
IS - Parlaci degli strumenti che usi attualmente nel tuo pro-
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getto. Non è limitato ai soli pianoforte e voce…
Vasi - Voce e pianoforte sono la base. Poi intanto i pianoforti sono due perché ce n’è anche uno elettrico. Ci sono anche
un Korg MS20 e degli effetti, poi io uso un Theremin che sta
un poco più in disparte rispetto agli altri progetti. Ci sono le
canzoni e c’è il cantante.
co Parente. Sono sempre reazioni a catena… Mi piace come
canta, come scrive. Ha un suo mondo molto personale, unico.
IS - Un ultimo ascolto, che dovresti riconoscere.
PAOLO ANGELI/HAMID DRAKE, “FUGA DAL MOUSE” (UOTHA 2004)
WAITS/WILSON, “THE RIGHT BULLETS” (THE BLACK RIDER 1990)
Vasi - Non conosco il pezzo e non credo di conoscere neanche la voce. Però è molto bella.
IS - La musica è di Tom Waits, ma si tratta della originale versione teatrale, per la regia di Bob Wilson e con i testi di William Burroughs. Il mondo musicale è molto affine a quello che
frequentate sul palco con Vinicio, no?
Vasi - Si poteva forse dire di Vinicio anni fa. Ora non si può
più dire, perché se ascolti soprattutto il nuovo disco ci trovi dentro l’intero universo.
IS - Quali sono i musicisti con i quali ti sei trovato a lavorare
e che ti hanno più stupito?
Vasi - Posso citare subito Alessandro “Asso” Stefana, perché
non immaginavo cosa fosse capace di fare, lo pensavo solo
come un bravo chitarrista indie… Un altro è Enrico Gabrielli, fiatista ma non solo, che ho conosciuto tramite Asso. Anche Enrico appartiene al meraviglioso mondo della miscellanea. Ha un ottimo gusto sia nell’arrangiare che nel suonare.
Si muove bene nel mondo della musica pop come in quello
della musica di ricerca. Un’altra sorpresa per me è stato Mar-
Vasi - Il modo di suonare non mi sembra nuovo all’orecchio…
IS - Il batterista è Hamid Drake.
Vasi - Ah! È Paolo. Certo, lo conosco molto bene. Abbiamo
suonato insieme nei primi anni Novanta a Bologna, nel Laboratorio MusicaImmagine. C’erano un sacco di personaggi
poi diventati più o meno di spicco: Stefano Zorzanello, Silvia Fanti che lavora col teatro… C’era l’orchestra Eva Kant
che incise anche con Fred Frith. Con Paolo ci siamo trovati
sullo stesso palco a suonare insieme diverse altre volte. Abbiamo fatto un disco insieme col quintetto di Riccardo Pittau, assieme a Francesco Cusa e Gianni Gebbia.
Quando capita sono sempre felice di suonare con Paolo, che
è un genio. Gli anni Novanta a Bologna sono stati fondamentali nel panorama italiano, anche se oggi sembra non
se ne sia accorto nessuno. Altre città sapevano vendersi
molto meglio a quei tempi. Ma a Bologna c’erano Angelica,
il Link, Basse sfere, tutto molto anarcoide, a briglie sciolte.
Di fianco a noi c’erano Massimo Volume, Moltheni… Erano
anime diverse che convivevano. Le mie migliori esperienze
le ho fatte lì.
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