In allegato la lettera integrale di Ilaria e Arianna

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Alla c.a. Dott. Lavacchi
La presente mail è stata indirizzata anche a Direttore sanitario Dott.ssa L. Turco, Direttore distretto
Valdinievole C. Bartolini, Direttore generale Asl 3 Pistoia, Responsabile U.O. Oncologia Dott. S.
Morini
Buongiorno, siamo Ilaria e Arianna Pagnini, vi scriviamo in merito a un articolo uscito sul Tirreno
in data 20 Marzo 2014 intitolato “L’Asl “abbandona” i malati terminali”
Nell’articolo viene riportata la notizia dello spostamento del Dott. Bologna, medico specialista in
cure palliative, dal servizio domiciliare a quello ospedaliero in coincidenza dell’attivazione
temporanea di 4 posti letto di Hospice nell’Ospedale di Pescia.
Nell’articolo vengono riportate le parole del Dott. Bologna, che definisce il proprio trasferimento
come la “fine dell’assistenza domiciliare ai malati terminali” affidatigli in Valdinievole, per volontà
del responsabile delle cure palliative per la Provincia di Pistoia, Dott. Luca Lavacchi, per di più
“senza un vero motivo apparente”.
Dal titolo e dai toni dell’articolo appare che lo spostamento del Dott. Bologna coincida non solo con
la fine dell’assistenza domiciliare, ma in modo più esteso con la fine dell’assistenza ai malati
terminali.
Anche i posti letto di Hospice appositamente allestiti in Ospedale, a cui il Dott. Bologna è stato
destinato, appaiono secondo l’articolo una misura inadeguata e quasi superflua.
Tutte queste affermazioni ci sembrano molto gravi e ci hanno sinceramente stupito e spinto a
scrivere questa lettera.
Da Novembre 2012 a Agosto 2013 la nostra mamma come paziente, e noi come familiari, siamo
stati infatti seguiti dall’unità cure palliative di Pistoia, che non è identificabile con un'unica persona,
ma con un team di professionisti composto da infermiere, operatori socio-sanitari, psicologa
Dott.ssa Pina Caravello, facenti capo al Dott. Lavacchi, per cui abbiamo avuto un’esperienza diretta
del servizio offerto.
Siamo arrivati alle cure palliative solo nella fase finale, dopo un percorso terapeutico che ha fatto
capo all’INT di Milano come centro di riferimento e sul territorio al medico curante e agli oncologi
di Pistoia.
Durante questo percorso abbiamo avuto sia esperienze positive che negative del servizio sanitario.
L’unità cure palliative di Pistoia ci ha offerto un supporto impagabile in termini di professionalità,
cura e competenza.
A titolo personale possiamo dire che non è facile accettare, sia per il paziente che i familiari, che a
un certo punto la terapia non sia più curativa ma palliativa, per cui è veramente fondamentale che
tutto il team sia preparato professionalmente e capace di conquistarsi la fiducia del paziente prima
di tutto e poi dei familiari. Nel caso del Dott. Lavacchi e della sua equipe possiamo dire che, con
noi, ci sono riusciti.
L’assistenza domiciliare offerta è stata attenta e costante, se proporzionata al numero ridotto dei
sanitari rispetto alla mole dei pazienti seguiti. In questo senso ci auspichiamo che l’unità cure
palliative venga implementata all’interno del sistema sanitario, investendo risorse ben più ampie di
quelle attuali e riconoscendogli l’importanza che merita.
Nella nostra esperienza ci siamo avvalsi prevalentemente dell’assistenza domiciliare, in cui le
infermiere, gli operatori, la psicologa, hanno seguito il piano terapeutico del Dott. Lavacchi. Il
piano è stato ogni volta modificato in base all’evolversi della malattia e delle condizioni del
paziente. Ci teniamo a precisare che il lavoro del medico palliativista è fondamentale, ma, dato che
si tratta di malati in condizioni particolari, non coincide necessariamente con frequenti visite
domiciliari. La presenza fisica del medico nel domicilio è richiesta solo in determinate circostanze,
il lavoro costante di assistenza è garantito da infermieri e oss. C’è poi il supporto psicologico per il
paziente e familiari, a nostro avviso estremamente prezioso, anch’esso da potenziare.
L’ambiente familiare è molto importante, non sempre però le condizioni generali rendono possibile
sostenere l’ assistenza a domicilio. L’ Hospice, che non è un’Ospedale tradizionale, può costituire
un’alternativa.
A nostro avviso dovrebbero essere garantiti sul territorio sia l’assistenza domiciliare dell’unità cure
palliative, che la presenza di un Hospice, lasciando al paziente la scelta più adatta a lui.
Premesso tutto questo, e che non abbiamo conoscenza diretta del Dott. Bologna e dell’unità
operativa della Valdinievole, ci sono alcuni aspetti dell’articolo che ci hanno colpito e che ci hanno
spinto a scrivere questa lettera.
Dall’articolo non è chiaro se l’unità operativa di cure palliative della Valdinievole sia composta
esclusivamente dal Dott. Bologna, sembrerebbe di sì dato che non vengono mai menzionati altri
infermieri, oss, psicologi o altro.
Il numero delle visite domiciliari indicato nell’articolo è di 32 la settimana, una frequenza notevole
che credo non abbia riscontro nel metodo, evidentemente diverso ma funzionante, dell’unità
operativa di Pistoia.
I 4 letti di Hospice nell’Ospedale di Pescia cui il Dott. Bologna è destinato sono sicuramente pochi,
ma vengono descritti come un’opzione inutile più che un’alternativa sul territorio agli Hospice di
Prato e Firenze, più scomodi per i familiari in quanto più lontani.
La scelta di spostare il Dott. Bologna è definita nell’articolo del Tirreno “senza un vero motivo
apparente”, mentre in una nota esplicativa che abbiamo trovato on-line su MET, si specifica che
l’accesso al domicilio da parte del Dott. Bologna ha comportato, per contratto, il pagamento di
notevolissime somme aggiuntive, che la Direzione sanitaria ha deciso di investire in altri medici
specializzati.
Notiamo inoltre con particolare dispiacere che nell’articolo si fa riferimento alla preoccupazione dei
pazienti seguiti dal Dott. Bologna, cosa facilmente comprensibile, soprattutto alla luce del titolo
“l’Asl “abbandona” i malati terminali”. Un paziente sottoposto a cure palliative dovrebbe avere
tutto il riguardo possibile, in quanto si trova in una fase di vita molto delicata, per cui ci si chiede
anche se non ci fosse un modo interno all’azienda sanitaria per discutere anziché la via dei titoli di
giornale.
Al di là della posizione personale del Dott. Bologna, che non ci riguarda, ci auguriamo che prevalga
l’interesse generale del paziente, e che vengano garantite le cure adeguate a tutti i malati.
Cordiali saluti
Ilaria e Arianna Pagnini
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