FOTO: ©SEAN GALLUP/GETTY EUGENI 51© Gli economisti europei non sono stupiti delle difficoltà dell'occupazione in Italia: all'unisono attribuiscono la responsabilità alla mancata crescita, e liquidano la "pratica incentivi" come del tutto inadeguata quale misura di stimolo. Il problema è sempre più chiaro: se non si trova la strada per ripristinare fiducia nei cittadini e nelle imprese, e in parallelo il modo per rilanciare gli investimenti sia privati che pubblici, il nostro Paese sembra condannato a una stagnazione strutturale. In questo quadro non sorprende i nostri interlocutori neanche il mancato raggiungimento degli obiettivi del quantitative easing in Italia, né in termini di contrasto alla deflazione né di trasferimenti di denaro dalle banche all'economia reale. Proprio la messa in sicurezza del sistema bancario, oltre all'accelerazione di riforme quali la pubblica amministrazione o la giustizia civile, è nella visione degli economisti con esperienza internazionale, un'assoluta priorità. Così come lo è la riduzione della pressione fiscale, a sua volta possibile con un'ulteriore riduzione della spesa pubblica. Tutte misure di buon senso, di cui si parla da anni, ma che continuano a farsi desiderare. DÀMIEtOtOS "Banche e aziende daristrutturareInsieme" l.Una politica degli incentivi, specie se limitata nel tempo, non può cambiare le tendenze di fondo dell'economia. Che in Italia sono negative, il che sorprende perché in Europa c'è un trend crescente dell'occupazione. Prima della crisi sotto questo punto di vista l'Italia andava meglio della Germania, poi la recessione sì è abbattuta sul vostro Paese con violenza. Ma ora non è il caso di guardare al modello tedesco, ai mini-job, alle sovvenzioni, perché questo va bene in presenza di crisi temporanee, nelle crisi lunghe è inattuabile. Del resto la composizione dell'occupazione in Italia è tuttora piena di contratti atipici. Anche in Germania il modello ha a fallito nella crisi dell'edilizia dal '95 al 2005. Serve poi rapidità e pragmatismo nei tribunali del lavoro, ancora inclini, malgrado il Jobs Act, a dare ragione aprioristicamente al lavoratore: eppure a volte la crisi che aveva portato al licenziamento era vera. Così si diffonde incertezza presso gli imprenditori, che sono restii a investire. E. Il Qe ha un'importanza limitata: era una reazione alla stagnazione, ma non ha cambiato lo scenario. L'Italia non ha bisogno di cure miracolistiche, né di rottamare le istituzioni che esistono, ma di farle funzionare meglio. Ci vuole tempo e pazienza, è un lavoro certosino da affrontare senza farsi scoraggiare e senza soluzione di continuità. 3. Un elemento di debolezza è il sistema bancario. Che ha rappresentato a lungo gli aspetti deteriori dell'economia italiana: la gestione familistica, paternalistica, clientelare. Banche e imprese in questa deriva sono finite insieme, e devono recuperare una dimensione moderna: le banche diventando brutali nei confronti dei clienti a rischio, le aziende accettando le sfide della globalizzazione con riconversioni produttive, consorzi, gestione professionale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA ORI "La produttività è ferma incentivi a chi investe 1. L'aumento dell'occupazione dipende dall'espansione nella produzione di beni e servizi e dal grado di corrispondenza fra qualità del lavoro d o m a n d a t o e offerto. In nove anni, l'Italia h a attraversato t r e recessioni senza solide riprese. T r a n n e u n nucleo di imprese competitive a livello globale, la s t r u t t u r a produttiva h a incorporato poche innovazioni e utilizzato risorse u m a n e con scarso adattam e n t o alle tecnologie. Né l'offerta formativa aiuta la qualità della d o m a n d a di lavoro. Non si stimola l'occupazione con incentivi m a affrontando il problema della crescit a sapendo che essenziale è la competitività e la diffusione di innovazioni, che peraltro sostituiscono u n a p a r t e degli attuali ,s **"r'?*?* •* occupati: crescita e protezione sociale sono indissolubili. 2. La politica monetaria, p e r q u a n t o non convenzionale, n o n i, può sostituirsi alle politiche fiscali o alle politiche industriali. La % Bce evita con il Qe crisi di liquidit à nel settore finanziario e in i quello reale, attenua le tendenze deflazionistiche, depotenzia i problemi di sostenibilità dei debiti pubblici nei Paesi più fragili. Rispetta il suo mandato, ma forza i confini fra politiche monetarie e fiscali. Non le si può chiedere di rilanciare la domanda aggregata o attuare le riforme per ridurre gli squilibri macroeconomici fra Paesi. 3. Essenziale è la crescita della produttività, la cui dinamica si è bloccata per la caduta degli investimenti privati e pubblici. Servono incentivi al salto dimensionale delle imprese di successo, alla ristrutturazione organizzativa di quelle ai margini del mercato, alla pressione competitiva per quelle inefficienti, ma protette da posizioni di rendita. Sostituire questi incentivi con premi fiscali ex post a favore dei lavoratori che accrescono la produttività equivale a usare un secchiello per fronteggiare un'inondazione. ©RIPRODUZIONE RISERVATA ^ v'VCESCODAVERI Taglio Irpef già nel 2017 perriportarela fiducia" 1.Predisporre incentivi generosi m a temporanei serviva a oliare il mercato del lavoro nella fase iniziale della ripresa. L'auspicio era che questa accelerasse nel tempo in modo da rendere gli incentivi inutili. Ma l'accelerazione non si è vista, l'occupazione ristagna e la disoccupazione non scende. Per ora è mancata la fase due in cui il governo sperava. Le politiche del lavoro aiutano a creare posti se fatturati e produzione ci sono, m a se non ci sono nessun Jobs Act o incentivo riuscirà a creare nuova occupazione permanente. Se non si aprono nuovi punti vendita o qualcuno delocalizza i posti non si creano, non ci sono incentivi che tengano, specie se poi si "estingueranno" presto secondo quanto previsto dalle norme in essere. 2. Il Quantitative easing riduce il costo del credito perché libera i bilanci bancari dai titoli acquistati dalla Bce e ne migliora i coefficienti patrimoniali. In Italia non basta perché i bilanci delle banche sono appesantiti dai prestiti non andati a buon fine, gli Npl, molto più che negli altri Paesi europei. E così le banche italiane non riescono - come si è visto - a raccogliere capitali per poter operare, e il credito non decolla. 3. Il terzo trimestre, grazie al turismo e al suo indotto, sarà migliore del secondo. Ma è vero che per una ripartenza u n po' più che decimale ci vorrà tempo. Essenziale invertire il calo della fiducia di consumatori e imprese. Qui non vedo alternative a proseguire il percorso delle riforme, di cui quella costituzionale è solo una parte. E poi sarei per anticipare al 2017 la riforma Irpef, accoppiandola al diboscamento della giungla di detrazioni-deduzioni che sennò sarà rinviato ancora alle calende greche. ©RIPRODUZIONE RISERVATA GUMTKAMWOtFF "Riforme e Qe efficaci ora una risposta europea 1. È vero, a luglio il tasso di disoccupazione è sceso in Italia, ma è aumentato anche il numero dei lavoratori inattivi, e l'occupazione temporanea è cresciuta in qualche modo con maggior forza che quella permanente. Senza contare l'aspetto più preoccupante di tutto, la persistente alta disoccupazione giovanile. È difficile capire il perché di questa situazione, però non mi sembra giusto dire, basandosi su questi dati, che la politica delle riforme stia fallendo. 2. Il Qe è stato molto importante per l'Italia e ha aiutato sia la crescita che l'occupazione. Perciò io continuo ad appoggiare in pieno questa politica della Bce, che è utile anche per l'intera area dell'euro. Tornando all'Italia a questo punto credo che l'economia del Paese --\ Ritrarrebbe grandissimi benefici /**"'•, .• •'• dalla soluzione dei problemi del $ •' "~ settore bancario. È provato che .•" '• • • /.•• : un sistema bancario debole è un pesante punto di stallo per la crescita economica. 3. La soluzione non risiede nella politica di bilancio italiano. Parte della risposta va piuttosto cercata nella necessità di più investimenti europei e in una maggior crescita nonché un più alto tasso di inflazione nei Paesi del Nord del continente. Altrettanto importanti comunque restano le politiche strutturali in Italia. Come migliorare il clima del business? Come rendere la pubblica amministrazione più efficace e la giustizia più rapida? Cosa va fatto nelle politiche dell'educazione? E cosa per ridurre le diseguaglianze? Non c'è nessuna risposta facile a queste domande, neanche per il più raffinato specialista delle situazioni di un Paese, ma sappiamo per certo che la ricchezza delle nazioni, il loro livello di occupazione, il loro benessere, dipendono proprio da questi essenziali fattori. ©RIPRODUZIONE RISERVATA