IP/99/871 Brussels, 24 November 1999 L'economia dell'UE: rassegna 1999 La rassegna dell'economia dell'UE, una nuova pubblicazione che sostituisce la Relazione economica annuale, è stata presentata oggi per la prima volta. In risposta alla crescente domanda di informazioni ed analisi economiche esaurienti, la nuova pubblicazione esamina in modo approfondito gli sviluppi dell'economia e le sfide di politica economica al livello dell'Unione, dell'area dell'euro e degli Stati membri. Nel suo cammino verso la terza fase dell'UEM ed oltre, l'UE dovrebbe essere sempre più vista come un'unica entità economica, nella quale la politica economica è coordinata all'interno di un quadro ben definito, parallelamente alla politica monetaria determinata centralmente dalla Banca centrale europea (BCE). Oltre ad una valutazione del dosaggio delle politiche e delle prospettive economiche a breve termine, in "L'economia dell'UE: rassegna 1999" si trovano cinque studi tematici su questioni alle quali i responsabili delle politiche devono prestare la debita attenzione: le origini della disoccupazione nell'UE; i sistemi fiscali e previdenziali e gli incentivi al lavoro; le conseguenze economiche e di bilancio a lungo termine dell'invecchiamento demografico; le differenze dei livelli dei prezzi nell'UE; gli sviluppi sui mercati azionari europei. Nel presentare la rassegna, il Commissario Solbes ha sottolineato che “nel primo anno dell'euro si è assistito ad un graduale miglioramento dei risultati economici. Ci si attende ora che la crescita del PIL acceleri al di là del tasso del 2,7% previsto in primavera per raggiungere il 3% nel 2000 e nel 2001. Il dosaggio delle politiche economiche in Europa dovrebbe sempre più essere mirato a sostenere la robusta ripresa economica in atto. La prima serie di programmi di stabilità e di convergenza ha messo in evidenza che lo sforzo di aggiustamento dei bilanci prosegue e gli obiettivi di bilancio per il 1999 saranno probabilmente rispettati. La ripresa offre l'occasione di dar prova di maggiore ambizione e di prendere, secondo i paesi, misure discrezionali per conseguire più rapidamente gli obiettivi di bilancio a medio termine, ma anche di migliorare gli incentivi al lavoro e alla creazione di posti di lavoro rendendo più efficienti i sistemi fiscali e previdenziali e di prepararsi a far fronte agli effetti dell'invecchiamento della popolazione. È opportuno inoltre sostenere la cultura imprenditoriale che si sta sviluppando in Europa per far leva sulla stabilità del quadro macroeconomico e continuare ad innalzare il tenore di vita e ridurre la disoccupazione.” Perché una nuova pubblicazione? Il varo dell'euro il 1° gennaio 1999, insieme al completamento del mercato unico, ha accelerato l'integrazione economica ed ha reso sempre più interdipendenti le economie degli Stati membri, rendendo necessario un più profondo e più stretto coordinamento delle politiche economiche. Ne deriva una domanda crescente di informazioni ed analisi economiche di elevata qualità. La nuova rassegna dell'economia dell'UE si propone due scopi principali: in primo luogo, tracciare un panorama esauriente dell'andamento recente e di quello prevedibile dell'economia nell'UE e, in secondo luogo, approfondire alcune questioni che sono particolarmente importanti per la condotta della politica economica. Insieme, le due parti del documento gettano solide fondamenta analitiche che consentiranno a tutti coloro che sono interessati alla situazione e alla politica economica di avere un quadro e una comprensione migliore dell'andamento dell'economia nell'UE. La nuova pubblicazione, che sostituisce la precedente Relazione economica annuale, mira a dare, con le sue analisi, un utile contributo alla sorveglianza da parte della Commissione dell'evoluzione dell'economia e delle politiche economiche negli Stati membri, nell'area dell'euro e nell'UE. Le istituzioni comunitarie, ed in particolare il Parlamento europeo, come pure i terzi interessati sono invitati ad esprimere la loro opinione sulla sostanza del documento. Le loro osservazioni rappresenteranno dei preziosi contributi ai prossimi esercizi di politica economica. I fondamentali dell'economia dell'UE Il rallentamento congiunturale della prima parte del 1999 è stato attutito da un appropriato dosaggio delle politiche e dalla resistenza della domanda interna, che ha portato ad una svolta nell'estate. Ormai è in atto una robusta crescita economica e il tasso di crescita del PIL in termini reali dovrebbe salire, tanto nell'UE quanto nell'area dell'euro, dal valore, prossimo a quello potenziale, del 2,1% nel 1999 fino al 3% sia nel 2000 che nel 2001 per l'UE nel suo complesso. Inoltre, le differenze dei trend di crescita osservate all'interno dell'area dell'euro, specie tra i paesi di maggiori dimensioni, nel 1999 dovrebbero diminuire nel corso dei prossimi due anni. L'impatto, disuguale da paese a paese, delle crisi economiche e finanziarie verificatesi a livello mondiale nel 1997/98, che ha costituito una delle cause principali della divergenza dei tassi di crescita, si sta affievolendo. Anche le differenze nel dosaggio delle politiche macroeconomiche, che avevano provocato uno sfasamento delle reazioni delle economie degli Stati membri, stanno venendo meno. Le differenze del tasso di espansione del prodotto tra i paesi dell'area dell'euro sono destinate a diminuire sensibilmente a partire dal 2000, e lo stesso vale anche per le differenze del ritmo di crescita all'interno dell'area dell'euro. Il temporaneo rallentamento della crescita ha avuto sull'occupazione un impatto minore di quello che si era inizialmente temuto. La creazione netta di posti di lavoro è rimasta al di sopra dell'1% nel 1999 e si prevede che rimanga allo stesso livello nei prossimi due anni. Le riforme del mercato del lavoro messe in atto dagli Stati membri (per es. iniziative per migliorare la qualificazione e l'occupabilità dei lavoratori; misure destinate a promuovere il ricorso a forme di occupazione più flessibili per i lavoratori meno qualificati) e la moderazione salariale hanno contribuito a questo miglioramento dei risultati in materia di occupazione e disoccupazione. Ulteriori riforme strutturali dovrebbero accompagnare la crescita economica perché il tasso di disoccupazione possa scendere al di sotto dell'8% nel 2001. 2 Nel 1999 l'economia ha continuato a godere di un grado elevato di stabilità dei prezzi e la politica monetaria della BCE è stata coerente con gli obiettivi preannunciati in materia. Dopo essere scesa allo 0,9 % all'inizio del 1999 l'inflazione (misurata dall'indice armonizzato dei prezzi al consumo) è stata ravvivata dalla risalita dei prezzi dell'energia e dal deprezzamento dell'euro; questa pressione al rialzo dovrebbe spegnersi nel corso del prossimo anno. Il modesto scatto dell'inflazione all'1,5% nel 2000 non è un segnale di accelerazione delle pressioni inflazionistiche. Un certo grado di dispersione dell'inflazione, quale quello osservato nel 1999, non pone necessariamente dei problemi alla politica economica, anche se una maggiore convergenza dei tassi d'inflazione è prevista per la fine dell'anno e nel medio periodo. I perseveranti sforzi di aggiustamento dei bilanci compiuti negli ultimi due anni hanno dato i loro frutti, nonostante l'iniziale rallentamento della crescita. Gli obiettivi di bilancio per il 1999 ed il 2000 saranno probabilmente centrati e, in taluni casi, superati. Si stima che il deficit di bilancio per l'UE sia sceso all'1% circa del PIL nel 1999.Il dosaggio complessivo delle politiche ha adeguatamente sostenuto la crescita economica, ma la nascente ripresa offre l'occasione di dar prova di maggiore ambizione prendendo, secondo i paesi, misure discrezionali per: i) compiere progressi più rapidi verso il conseguimento dell'obiettivo a medio termine, ii) prepararsi all'aumento delle spese per i sistemi pensionistici e sanitari pubblici all'inizio del prossimo secolo per effetto dell'invecchiamento della popolazione e iii) migliorare gli incentivi al lavoro e alla creazione di posti di lavoro rendendo più efficienti i sistemi fiscali e previdenziali e attuare altre riforme del mercato del lavoro. Complessivamente il primo anno dell'euro ha visto un netto miglioramento delle prospettive economiche nell'UE. La rapida ripresa del 1999 testimonia della solidità dell'economia dell'UE. Le previsioni economiche d'autunno della Commissione delineano una ripresa duratura e sostenuta, più ricca di contenuto occupazionale nell'UE e nell'area dell'euro. Le incertezze che circondano questo scenario sembrano equamente distribuite in senso positivo e negativo, poiché gli sforzi del passato stanno ora dando risultati importanti. Per continuare a migliorare il tenore di vita e ridurre la disoccupazione, l'UE deve ora far leva sulla cultura della stabilità che ha saputo darsi dopo duri sforzi e conquistarsi una cultura del dinamismo economico: più spirito imprenditoriale, livelli più elevati degli investimenti e una più rapida e più ampia diffusione delle nuove tecnologie. Alcune questioni a medio termine che richiedono la debita attenzione La seconda parte del documento “L'economia dell'UE: rassegna 1999” contiene cinque studi tematici che affrontano temi specifici ai quali i responsabili delle politiche farebbero bene a prestare la debita attenzione. Lo studio su “La disoccupazione in Europa: origini e sfide” passa in rassegna le cause del problema della disoccupazione in Europa ed analizza gli aspetti fondamentali dei fattori istituzionali negli Stati membri, e in particolare: i) il ruolo dei sindacati e dei sistemi di contrattazione collettiva; ii) l'impatto sull'occupazione dei salari minimi e del mutamento delle qualifiche richieste derivante dal progresso tecnico; iii) la tassazione del lavoro e la struttura dei sistemi fiscali e previdenziali, comprese le prestazioni di disoccupazione e iv) la mobilità geografica del lavoro e il ruolo delle norme di tutela dell'occupazione. 3 In linea con l'indirizzo oggi dominante a livello accademico, lo studio indica che alla radice della disoccupazione nell'UE vi sono deficienze strutturali e l'incapacità del mercato del lavoro di adeguarsi rapidamente al mutamento delle condizioni economiche. Il quadro economico positivo che si delinea dovrebbe essere utilizzato come un'opportunità per mettere in atto politiche di riforma del mercato del lavoro e altre politiche di riforma strutturale per esercitare un effetto moltiplicatore sulla spinta positiva per l'occupazione derivante della crescita economica e dal basso tasso di inflazione. Lo studio su “Sistemi fiscali e previdenziali e incentivi al lavoro e alla creazione di posti di lavoro” offre un panorama degli ultimi sviluppi in materia di livello e di struttura della tassazione del lavoro e della spesa sociale e valuta in quale misura gli sforzi compiuti dagli Stati membri in questo settore abbiano prodotto risultati degni di nota. Anche se i responsabili delle politiche hanno preso atto dei problemi esistenti, le riforme dei sistemi fiscali e previdenziali degli ultimi anni hanno prodotto frutti relativamente scarsi in termini di miglioramento degli incentivi al lavoro nell'UE. La metà degli Stati membri hanno ridotto le imposte dirette sul lavoro, ma solo tre paesi sono riusciti a limare il cuneo fiscale complessivo sul lavoro, ossia la differenza tra il costo del lavoro per le imprese, comprese le imposte ed i contributi sociali, e l'importo effettivamente percepito dai lavoratori dipendenti, al netto delle imposte e delle altre trattenute. Anche se non mancano esempi incoraggianti ed indicazioni positive, occorre che gli Stati membri prestino ancora attenzione a questa problematica, nell'affrontare la quale tendono spesso a prendere misure non coordinate. Lo studio su “Le implicazioni economiche e di bilancio a lungo termine dell'invecchiamento della popolazione” analizza le conseguenze dell'evoluzione dei tassi di dipendenza degli anziani dopo il 2010. C'è da attendersi che la riduzione quantitativa delle forze di lavoro abbia riflessi negativi sulla crescita economica, a meno che non venga compensata da sostenuti miglioramenti della crescita della produttività dei fattori, e provochi un forte aumento delle spese pubbliche per le pensioni e per l'assistenza sanitaria. Lo studio raccomanda un processo di riforma integrato comprendente: i) riforme del mercato del lavoro intese ad estendere l'arco della vita lavorativa, ad accrescere i tassi di partecipazione dei lavoratori più anziani e a ridurre gli elevati livelli di disoccupazione strutturale; ulteriori riforme dovrebbero concentrarsi sul diritto alle prestazioni, mirando in particolare a rimuovere le distorsioni o gli incentivi che favoriscono il ritiro precoce dal mercato del lavoro, evitando però di accrescere i tassi di contribuzione alla pensione, già elevati in Europa, onde evitare conseguenze negative per il funzionamento del mercato del lavoro; ii) un ulteriore risanamento dei bilanci nel quadro del Patto di stabilità e crescita al fine di ridurre l'onere degli interessi per il servizio del debito pubblico. Lo studio su “Integrazione dei mercati e differenze del livello dei prezzi” analizza il grado di dispersione dei livelli dei prezzi tra gli Stati membri e traccia confronti con gli USA. Il processo di convergenza dei prezzi registrato nel periodo 1985-93 e attribuito al completamento del mercato unico si è arrestato. La dispersione dei prezzi è rimasta generalmente più alta nei settori meno esposti al commercio internazionale e in quelli con una notevole partecipazione pubblica o nei quali i mercati sono segmentati per effetto di strategie messe in atto dalle imprese. Grazie all'UEM, all'ulteriore lavoro di completamento del mercato unico e ad altre riforme delle regolamentazioni, vi sono buone prospettive di un'ulteriore convergenza la ribasso dei prezzi nei prossimi due anni. A livello microeconomico la maggiore trasparenza dei prezzi dovrebbe stimolare la concorrenza ed incoraggiare gli arbitraggi da parte di consumatori e distributori. 4 Infine lo studio su “Sviluppi fondamentali sui mercati azionari europei” evidenzia il livello storicamente elevato dei rapporti dividendi-prezzi e prezzi-utili sui principali mercati azionari, in particolare negli USA. Nel primo anno dell'euro si è assistito ad evoluzioni molto diverse sui mercati mobiliari nazionali, ma l'anno è stato caratterizzato anche da un significativo grado di dispersione di risultati settoriali. Nel prossimo anno la ripresa dell'economia europea, un ulteriore afflusso di fondi verso i fondi comuni d'investimento e il proseguimento del riequilibrio dei portafogli da parte degli investitori istituzionali, in particolare i fondi pensione, con uno spostamento dai titoli a reddito fisso alle azioni, dovrebbero andare a beneficio dei mercati azionari in generale. Una maggiore integrazione delle borse valori nazionali, la messa a disposizione di alternative elettroniche per la negoziazione di azioni e la crescente liquidità dei mercati delle obbligazioni denominate in euro dovrebbero accrescerne l'attrattiva non solo per gli investitori ma anche per le imprese in cerca di finanziamenti. 5