DOLORE
AGGIORNAMENTI CLINICI
❖ n. 1 - marzo 2013
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❖ n. 1 - marzo 2013
DOLORE
ISSN 1974-448x
AGGIORNAMENTI CLINICI
Organo ufficiale della Associazione Italiana per lo Studio del Dolore
4Anno Europeo contro il dolore viscerale
4Oppioidi e performance di guida
www.aisd.it
Ci sono almeno 6 buoni motivi per diventare socio AISD
Associazione Italiana per lo Studio del Dolore
4Essere sempre informati sulle ultime ricerche nel campo della terapia del dolore
4Essere sempre informati su tutte le iniziative riguardanti la terapia del dolore,
a livello nazionale ed internazionale
4Partecipare attivamente alle attività dell’associazione per il progresso
della terapia del dolore
4Avere un sito di riferimento dove poter scambiare liberamente
informazioni con altri soci
4Avere l’iscrizione al Congresso con quota agevolata
4Consultare gratuitamente online “l’European Journal of Pain”
Accedi alla modalità di iscrizione in 4 semplici mosse
1. Collegati al sito www.aisd.it/associarsi.php
2. Riempi il modulo di iscrizione online
3. La quota annuale di (50,00 euro per i medici e 25,00 euro per gli infermieri)
può essere versata sul seguente conto bancario:
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Intestato a: Associazione Italiana per lo studio del dolore (AISD)
indicando nella causale: quota iscrizione anno...
oppure puoi pagare con carta di credito tramite Paypal, con accesso dal sito www.aisd.it
4. Spedisci la ricevuta di pagamento tramite e-mail a: [email protected]
oppure tramite fax al numero 178.6089948
Associazione Italiana per lo Studio del Dolore
Per ulteriori informazioni scrivere a: [email protected]
DOLORE
ISSN 1974-448x
AGGIORNAMENTI CLINICI
Organo ufficiale della Associazione Italiana per lo Studio del Dolore
Associazione Italiana per
lo Studio del Dolore AISD
Via Tacito, 7 - 00193 Roma
Tel. 3396195974
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In questo numero
Consiglio Direttivo AISD 2009-2012
Presidente
Alessandro Fabrizio Sabato
Past President
Alessandro Fabrizio Sabato
L’Anno Europeo contro il dolore,
per sensibilizzare su di un problema sottovalutato
4
L’angina
8
La sindrome del colon irritabile
9
Il dolore toracico di origine esofagea
11
Pancreatite cronica
12
Sindrome del dolore vescicale
13
Disturbi funzionali intestinali dolorosi: fattori psicologici
17
Dolore pelvico cronico maschile
20
Dolore viscerale acuto e dolore viscerale cronico
21
Epidemiologia del dolore addominale negli Stati Uniti
22
Neurobiologia del dolore viscerale
23
Il dolore addominale funzionale
25
Oppiacei e patente di guida
30
Presidente eletto per il biennio 2014-2016
Caterina Aurilio
Vicepresidente
Stefano Coaccioli
Segretario
Maria Caterina Pace
Tesoriere
Franco Marinangeli
Consiglieri
Antonio Gatti
Pierangelo Geppetti
Marco Matucci Cerinic
Enrico Polati
Giustino Varrassi
Gruppo di Studio Legge 38
Rossella Marzi, con delega ai rapporti
con le Istituzioni
Gruppo di Studio sul dolore oncologico
Arturo Cuomo
Rappresentanti Regionali
Abruzzo: Alba Piroli
Basilicata: Barbarino Damiano
Calabria: Giuseppe Caminiti
Campania: Mario Iannotti
Lazio: Massimo Mammucari
Liguria: Davide Gerboni
Lombardia: Fabio Formaglio
Piemonte: Rossella Marzi
Puglia: Fabrizio La Mura
Sardegna: Gabriele Finco
Sicilia: Sebastiano Mercadante
Toscana: Roberta Casali
Trentino Alto Adige: Eugenio Perotti
Umbria: Alberto Pasqualucci
Veneto: Vittorio Schweiger
Direttore Responsabile
Giustino Varrassi
Coordinamento Redazionale
Lorenza Saini
Impaginazione a cura di Osvaldo Saverino
TRIMESTRALE
Prima Reg. Trib. dell’Aquila n. 335/97
Seconda Reg. Trib. dell’Aquila n. 571 del 18/12/2007
Copia omaggio riservata ai soci.
Il trattamento dei dati personali avviene nel rispetto
del D.lgs. 196/03. Per l’informativa completa o per
esercitare i diritti di cui all’art. 7 si può scrivere a
[email protected]
Tutti i diritti riservati.
A causa dei rapidi progressi della scienza medica
si raccomanda sempre una verifica indipendente
delle diagnosi e dei dosaggi farmacologici riportati.
© Copyright 2013
◗3◗
dolore4A
ggiornAmenti
.
clinici
Un europeo su cinque soffre di dolore cronico
L’Anno Europeo contro il dolore, per
sensibilizzare su di un problema
sottovalutato
Un europeo su cinque soffre di dolore cronico, uno su undici ne soffre quotidianamente.
Molte le persone che non ricevono un trattamento adeguato. 500 milioni i giorni lavorativi
persi ogni anno in Europa per assenze dovute
a dolore cronico. La Federazione Europea
delle Associazioni per lo Studio del Dolore
promuove l’Anno Europeo contro il dolore,
dedicandolo ai complessi problemi legati al
dolore viscerale.
. Solo
il 2% è seguito
da uno specialista
di terapia del dolore
«l problema si riduce alla corretta gestione del
dolore cronico, un dovere che è spesso trascurato. Molti pazienti con dolore o vengono
curati in modo inadeguato, o troppo poco o
◗4◗
per nulla. Solo il 2% di tutti i pazienti affetti da
dolore in Europa è seguito da uno specialista
in medicina del dolore, un terzo dei pazienti
con dolore cronico non è nemmeno curato
(5). La causa più importante di questa carenza
terapeutica è probabilmente dovuta al fatto
che il dolore continua ad essere visto come il
semplice sintomo di una patologia. Ciò di cui
abbiamo bisogno è una nuova visione del
dolore cronico. Dobbiamo riconoscere il dolore cronico come una malattia a sé stante.
. Dolore
viscerale,
l’epidemia silenziosa
L’Anno Europeo contro il dolore 2012-2013 è
dedicato ad un tipo di dolore, il dolore viscerale, che praticamente ogni persona ha avuto
modo di conoscere nella sua forma acuta e
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che è sottovalutato nella sua forma cronica.
«Il dolore viscerale è il dolore a carico degli
organi interni, come il cuore, i vasi sanguigni,
le vie respiratorie, il tratto urogenitale o il tratto digestivo. È stato dimostrato che questi tipi
di dolore possono avere cause organiche, ma
anche cosiddette cause funzionali, senza
eventuali danni rilevabili nell'organo in questione - ha spiegato il dottor Chris Wells
(Liverpool), Presidente eletto EFIC® e
Presidente della Commissione EFIC® per
l'Anno Europeo contro il dolore viscerale - Il
dolore acuto viscerale può essere estremamente spiacevole e talvolta può rappresentare una minaccia per la vita. È secondo solo al
trauma come causa di accesso al pronto soccorso (6). Nonostante la statistica significativa, la ricerca si è occupata di questo tipo di
dolore molto meno, per esempio, rispetto
al dolore da danno tessutale o da lesioni
nervose».
La prevalenza del dolore viscerale è tanto
impressionante quanto allarmante, come
dimostrato da una serie di dati:
- il 20-30% della popolazione soffre di dispepsia, ma solo nella metà di questi pazienti viene
individuata una causa organica (7);
- si stima che la sindrome dell'intestino irritabile (IBS) colpisca tra il 6% e il 25% della popo-
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◗5◗
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ggiornAmenti
clinici
lazione, a seconda dello studio e anche del
sesso, e motiva circa metà delle richieste di
consulto dei gastroenterologi. In Germania,
per esempio, l’IBS si verifica in circa il 16%
delle donne, ma solo nell'8% degli uomini (8);
- il dolore vescicale colpisce più frequentemente le donne rispetto agli uomini, 900
le donne che ne soffrono su 100.000 (9);
- una donna su due soffre di dolori mestruali,
nel 10% dei casi questo dolore è così grave
che è causa di assenza per malattia ogni
mese (10);
- globalmente, le donne soffrono di dolore
viscerale con un’incidenza tre volte superiore
rispetto agli uomini (11).
«Per il dolore viscerale cronico in molti casi
non esiste un trattamento adeguato, a differenza delle forme acute di dolore viscerale ha sottolineato il dottor Wells. «Ecco perché
questo disturbo è spesso messo in relazione a
gravi situazioni di stress, a cui si presta altrettanta scarsa attenzione. Con l’Anno Europeo
contro il dolore viscerale ci siamo ripromessi
di aiutare prima di tutto coloro che da tempo
ne soffrono, in silenzio. Vogliamo indicar loro
quali problemi i loro sintomi possono rivelare e
sollecitarli e motivarli a chiedere l’assistenza
medica».
A tal fine l’EFIC® ha messo a disposizione
online, nel sito www.efic.org, delle schede
approfondite sui diversi tipi di dolore viscerale.
«Auspichiamo che questa campagna, che si
protrarrà per un anno fino ad ottobre 2013, dia
nuovo impulso alla ricerca, in quanto sussistono ancora molte zone d’ombra - ha aggiunto il
dottor Wells - Perché e come esattamente si
verifica il dolore viscerale e come viene
influenzato dalla genetica e l'ambiente? I bio-
◗6◗
marcatori e la diagnostica per immagini
potranno contribuire in modo significativo a
questa ricerca, per farci capire perché le
donne sono colpite più frequentemente degli
uomini, per esempio».
.
Il dolore è il mio fedele
compagno
La gravità dell’impatto fisico, psicologico e
sociale del dolore cronico, e del dolore cronico
viscerale in particolare, sulla vita dei pazienti è
spesso drammatica, come testimonia
Jaqueline Riley (Warrington, Gran Bretagna) «Il
dolore è il mio compagno costante e da molto
tempo. È iniziato 16 anni fa. Avevo appena
compiuto 40 anni e soffrivo di dolori sempre
più forti alla schiena e alle articolazioni, e anche
di stanchezza cronica.» Ma la sua malattia è
stata diagnosticata correttamente solo sei anni
fa: fibromialgia, una grave malattia cronica del
gruppo delle malattie reumatiche. La malattia
può essere accompagnata da differenti sintomi concomitanti.
«La mia più grande difficoltà deriva dalla sindrome del colon irritabile, di cui soffro da più di
dieci anni. Non riesco mai a dormire una notte
intera, perché il dolore acuto alla schiena, o il
dolore addominale, mi consente, nei migliori
dei casi, solo un'ora di pace»- ha raccontato
Jaqueline Riley. «Una terapia del dolore mirata
mi concede un temporaneo sollievo».
In precedenza, come molti altri pazienti, la
signora, ex infermiera, aveva consultato vari
specialisti: «Dal medico di famiglia all'ortopedico, che non ha trovato nulla alla colonna vertebrale e, di nuovo, dallo specialista successi-
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vo, che non ha trovato nessuna infiammazione all'intestino, e così via. Avanti e indietro
attraverso le strutture sanitarie, spesso con
tempi di attesa lunghi e senza ottenere alcun
risultato. Sono molto contenta di aver trovato
uno specialista che mi ha aiutata a rendere il
dolore più sopportabile. Ma la possibilità di
avere una diagnosi corretta e un trattamento
ottimale del dolore non dovrebbe essere una
questione di fortuna, e certamente non di
denaro, per un paziente con fibromialgia e sindrome dell'intestino irritabile».
Nonostante le terapie la signora Riley non è -
ancora in grado di vivere una vita normale:
«Sono stata mandata in pensione dieci anni fa
per motivi di salute. Era diventato impossibile
continuare a lavorare. Molte persone, medici
compresi, hanno sospettato che io stessi ingigantendo i miei problemi di salute, recitando
la parte della malata, o che semplicemente
non avessi più voglia di lavorare. Non potete
immaginare quanto ciò possa essere doloroso e umiliante. Se potessi esprimere un desiderio - oltre a non soffrire – chiederei una
maggiore comprensione per chi soffre di
dolore.»
Bibliografia
1. European Pain Network: The EPN manifesto:
http://www.epgonline.org/documents/mundipharma/Pain%20Manifesto%20PRINT%20%284%29.pdf
2. Breivik et al, Survey of chronic pain in Europe, European Journal of Pain 2006: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16095934
3. Jonsson E. Back pain, neck pain. Swedish Council
on Technology Assessment in Health Care Report No: 145: Stockholm, 2000
4. Reid et al, Epidemiology of non-cancer pain in Europe, Current Medical Research and Opinion 2011:
https://lirias.kuleuven.be/bitstream/123456789/300711/1/pain.pdf
5. Breivik et al, Survey of chronic pain in Europe, European Journal of Pain 2006: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/16095934
6. International Association for the Study of Pain: http://www.iasppain.
org/AM/AMTemplate.cfm?Section=Home&CONTENTID=16092&SECTION=Home&TEMPLATE=/CM/ContentDisplay.cfm
7. Gschossmann et al, Epidemiologie und klinische Phänomenologie viszeraler Schmerzen, Schmerz 2002
http://rd.springer.com/article/10.1007/s00482-002-0188-4
8. Gschossmann et al, Epidemiologie und klinische Phänomenologie viszeraler Schmerzen, Schmerz 2002.
http://rd.springer.com/article/10.1007/s00482-002-0188-4
9. International Association for the Study of Pain: http://www.iasppain.org/AM/AMTemplate.cfm?Section=Home&CONTENTID=16092&SECTION=Home&TEMPLATE=/CM/ContentDisplay.cfm
10. The Global Library of Women’s Medicine: http://www.glowm.com/
11. International Association for the Study of Pain: http://www.iasppain.org/AM/AMTemplate.cfm?Section=Home&CONTENTID=16092&SECTION=Home&TEMPLATE=/CM/ContentDisplay.cfm 3
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◗7◗
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ggiornAmenti
.
clinici
L’ANGINA
L’angina, nota anche come angina pectoris, è
dovuta all’insufficiente afflusso di sangue al miocardio. Il muscolo cardiaco ha bisogno del sangue per pompare sangue in maniera efficiente.
Quando il cuore non riceve sangue a sufficienza
possono in sorgere vari tipi di sintomi di disagio
o di dolore. Questo dolore o fastidio viene definito "angina". Uno dei problemi per chi soffre di
angina è che gli organi interni (come cuore, polmoni, intestino e reni) sono molto restii a far
capire al cervello che cosa sta succedendo,
ovvero l’evuluzione non ci ha dotato di “percorsi
di allerta” in grado di far capire quale sia la problematica. Il dolore, tuttavia, rappresenta un
importante campanello di allarme che può indirizzare la diagnosi, opportunamente coadiuvato
da indagini strumentali e laboratoristiche. Il dolore può generare ansia, tuttavia l'angina è già
abbastanza grave di per sé, ma la confusione e
la paura possono peggiorare le cose.
La parola angina deriva da un termine latino che
significa 'soffocamento' o 'soffocante'. Pectoris è
il termine medico per il torace. I sintomi dell’angina possono variare da persona a persona e,
talvolta, da episodio a episodio.
Alcuni sintomi di angina sono:
• sensazione di pressione sul torace, spalle,
braccia o mascella
• la sensazione simile a pesantezza
post-prandiale
• stordimento, vertigini, sudorazione, specialmente sotto sforzo
• sensazione di ‘compressione’ su petto,
spalle, braccia o mascella
• un vago senso di disagio.
Sintomi di angina possono essere a volte evoca-
◗8◗
ti da esercizio fisico, sforzo, stress o affaticamento. Migliorano con il riposo, ma è comunque necessario consultare il medico!
Angina cronica refrattaria (nota
anche come angina stabile)
La maggior parte dei cardiologi concorda sul
fatto che vi sia un sottogruppo di pazienti con
angina stabile nei quali il trattamento standard
non funziona e in cui altri trattamenti non siano
d’aiuto.
• Di solito il paziente ha assunto diversi farmaci
e ha subito una o più procedure cardiache.
Questo può sottendere la presenza di angina
refrattaria
• Il gruppo di studio britannico sulle linee guida
per l’angina cronica refrattaria la definisce
come “angina stabile cronica che persiste
nonostante le cure ottimali (le migliori possibili) e quando la rivascolarizzazione (un'altra operazione) è irrealizzabile o in cui i rischi sono
ingiustificati.”
• Molti malati sono stabili, senza alcun deterioramento a lungo termine.
Tuttavia, essi soffrono di preoccupanti episodi
di dolore, spesso debilitanti, che interrompono la loro vita e attività.
Trattamento
• Tecniche di auto-aiuto (dieta, esercizio fisico)
• Tecniche psicologiche (CBT, rilassamento)
• Riabilitazione
• I farmaci, tra cui gli oppioidi
• Tecniche di stimolazione (TENS, agopuntura,
stimolazione del midollo spinale)
• Blocco del ganglio stellato
• Un ulteriore intervento chirurgico.
C’è unanimità sul fatto che il paziente debba
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essere accuratamente valutato in maniera olistica. Il medico ha bisogno di capire come la condizione colpisca il paziente e la sua famiglia.
Il paziente ha bisogno di essere educato circa la
sua condizione e i rischi e i benefici di possibili
trattamenti. Se questo è fatto correttamente
l'ansia di solito si riduce. L'educazione del
paziente è un processo che richiede un certo
investimento di tempo, disponibile solo presso
centri specialistici, dove i pazienti imparano a
lavorare con i loro terapeuti per ottenere il
meglio dalla vita. Ottenere il meglio dalla vita in
genere comporta l'apprendimento di tecniche di
gestione dello stress, di modalità per mettersi in
forma e mantenersi in forma, passando ad una
dieta sana e assumere la giusta combinazione di
farmaci (Nota: l'ottimizzazione dei farmaci non
significa necessariamente prendere più pastiglie, spesso i pazienti che seguono un programma del genere prendono meno farmaci). Nel
corso di un programma di istruzione del paziente, vengono discussi i pro e i contro dei vari trattamenti. Ciò fa sì che i pazienti si trovino nella
posizione migliore per lavorare con il team clinico e scegliere la strategia di cura successiva. La
maggior parte dei pazienti che ha completato
questi programmi di formazione dichiara che le
nuove conoscenze acquisite hanno permesso
loro di riprendere il controllo. Per molti, soprattutto quei pazienti che a torto credevano che
l’angina stesse danneggiando il loro cuore e di
vivere in una situazione precaria, l’angina è
diventata un "fastidio" che hanno imparato a
gestire. Molti hanno migliorato significativamente la propria qualità della vita e se la cavano con
meno farmaci.3
.
LA SINDROME DEL
COLON IRRITABILE
Definizione
La sindrome del colon irritabile (IBS) è il disturbo
gastrointestinale più frequente, caratterizzato da
dolore o fastidio addominale cronico (per più di
3 mesi) e alterate abitudini intestinali in assenza
di una specifica patologia organica. Si ricorre ai
criteri di Roma III per poter porre la diagnosi di
colon irritabile.
L’IBS può essere diviso in quattro sottotipi: (1)
IBS con costipazione (IBS-C), (2) IBS con diarrea
(IBS-D), (3) Tipo misto (IBS-M), e (4) IBS non tipizzata (IBS-U). Le caratteristiche sono riassunte in
tabella 1
ALVO
CARATTERISTICHE
IBS C
con stipsi prevalente
feci dure o caprine ≥ 25% delle
evacuazioni presenza di feci non
formate <25% delle evacuazioni
IBS D
con diarrea prevalente
presenza di feci non formate ≥ 25%
delle evacuazioni e presenza feci
dure o caprine <25% delle evacuazioni
IBS M
alvo misto, alterno
presenza di feci non formate ≥ 25%
delle evacuazioni e presenza feci
dure o caprine ≥ 25% delle evacuazioni
IBS U
alvo non tipizzato
insufficienti anomalie di consistenza
delle feci per soddisfare i criteri
per IBS-C, D o M.
TIPO DI IBS
Epidemiologia
La prevalenza di IBS è del 10-15%. Le donne
sono più colpite degli uomini. I pazienti con età
maggiore di 50 anni e gli anziani in genere hanno
meno probabilità di soffrire di IBS rispetto a
pazienti più giovani.
Caratteristiche cliniche, storia
naturale e prognosi
L'intensità dei sintomi e le limitazioni connesse
alla qualità della vita variano molto tra i pazienti
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◗9◗
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ggiornAmenti
clinici
affetti da IBS. Alcuni pazienti con sintomi di IBS
vivono una vita normale senza ricorrere all’aiuto
medico ( i cosidetti “non-pazienti”); così come
all’opposto vi sono pazienti con sintomi gravi e
con notevoli restrizioni alle attività quotidiane. I
sintomi di IBS possono variare nel tempo. Circa
il 50% dei pazienti presenta sintomi costanti nell’arco di tutta la vita; il restante 50% dei pazienti
riferisce una riduzione o totale scomparsa dei
sintomi nel corso degli anni. L'aspettativa di vita
dei pazienti con IBS è normale.
Eziologia e fisiopatologia
L’IBS ha origine da una combinazione di fattori
biologici (p. es. infezioni gastrointestinali) e psicologici (ansia, stress). In molti pazienti con IBS
si riscontrano minime alterazioni in senso
infiammatorio del colon e alterazioni nell'elaborazione degli impulsi nervosi intestinali da parte
del midollo spinale e del cervello. ((NdT: non a
caso l’intestino è stato definito da Gershon
come “second brain”. Gershon MD The enteric
nervous system: a second brain. Hospital
Practice, 1995.
Diagnosi / Diagnosi differenziale
La diagnosi di IBS si basa su una storia tipica di
segni e sintomi in assenza di alterazioni significative dell’esame obiettivo fisico, di test laboratoristici e di diagnostica invasiva (colonscopia).
Sono state elaborate delle linee guida e degli
algoritmi diagnostici da parte dei gastroenterologi che indicano chiaramente quali esami che
devono essere effettuati nei pazienti con
sospetta IBS per escludere altre possibili cause
di dolore addominale e di problemi intestinali.
Sono infatti consigliate procedure diagnostiche
supplementari per sintomi come la diarrea. Nei
◗ 10 ◗
pazienti con sintomi di IBS si dovrebbero valutare anche ansia, depressione ed eventi di vita
stressanti.
Terapia
Il trattamento inizia con il rassicurare il paziente
che i sintomi sono reali, anche se gli esami indicano una situazione di "normalità", e non rappresentano una minaccia di vita. I pazienti affetti da
IBS devono essere trattati con un approccio graduale e con interventi di tipo dietetico, farmacologico e psicologico ritagliati su misura rispetto ai
sintomi (dolore, diarrea, costipazione, ansia), utilizzati da soli o congiuntamente, a seconda della
gravità e delle preferenze individuali. Se si
sospetta una intolleranza alimentare va prescritta
per 4 settimane una dieta che escluda certi cibi.
Dieta che andrebbe proseguita se c'è un miglioramento dei sintomi. Fitoterapici, probiotici, antispastici, antidepressivi triciclici e inibitori del
reuptake della serotonina possono alleviare il
dolore IBS in alcuni pazienti. Non devono essere
utilizzati gli oppiacei. Interventi psicologici come
tecniche di rilassamento, terapia cognitivo-comportamentale (CBT) e ipnosi forniscono un solido
supporto clinico nel trattamento dei sintomi di
IBS. Queste modalità di cura hanno un tasso di
successo paragonabile al trattamento medico e
funzionano in alcuni pazienti che non rispondono
al trattamento farmacologico. Le strategie terapeutiche dovrebbero essere adattate di conseguenza, in base al racconto dei pazienti.
Bibliografia
1. Andresen V, Keller J, Pehl C, Schemann M, Preiss J, Layer P.
Irritable bowel syndrome-the main recommendations. Dtsch
Arztebl Int 201; 108(44):751-60.
2. American College of Gastroenterology Task Force on Irritable
Bowel Syndrome, Brandt LJ, Chey WD, Foxx-Orenstein AE,
Schiller LR, Schoenfeld PS, et al.: An evidence-based position
❖ n. 1 - marzo 2013
statement on the management of irritable bowel syndrome.
Am J Gastroenterol 2009; 104 (Suppl 1):1–35.
Caratteristiche cliniche, storia
naturale e prognosi
Linkografia
La diagnosi di MRGE si basa sulla presenza di
dolore retrosternale, rigurgito e spesso tosse
con obiettività polmonare negativa. Se il dolore
è presente, è tipicamente localizzato dietro lo
sterno, ma spesso viene lamentato dolore al
collo, all’addome e alla schiena. La storia naturale e la prognosi dipendono dalla patogenesi. La
maggior parte dei pazienti affetti da malattia da
reflusso ha sintomi intermittenti, mentre il dolore addominale funzionale sembra migliorare nel
tempo.
UNC Center for Functional GI & Motility Disorders.
www.med.unc.edu/ibs
www.patient.co.uk/health/Irritable-Bowel-Syndrome.htm 3
.
IL DOLORE TORACICO
DI ORIGINE ESOFAGEA
Definizione
Il dolore toracico può essere causato da malattie cardiache, polmonari, della parete toracica,
ecc., ma è spesso correlato all’esofago.
Il dolore esofageo è caratteristico dell’etiologia
sottesa. In alcune malattie quali l’esofagite
erosiva, si pensa che il principale fattore fisiopatologico sia dovuto alla prolungata esposizione al reflusso di materiale acido.
Diversamente, si ritiene che sintomi di dolore
toracico funzionale siano causati da ipersensibilità senza evidenza di malattia fisica.
Incidenza
La malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE)
è molto comune, sia nei maschi che nelle femmine, senza una particolare diversità di incidenza, e causa spesso bruciore di stomaco e dolori
al petto. Nel corso della vita il 25% della popolazione ha esperienza di MRGE sintomatica e circa
il 5-10% presenta sintomi giornalieri. Altre malattie esofagee, come i disturbi della motilità e l’acalasia, sono rare, mentre il dolore toracico funzionale (o non cardiaco) è molto diffuso, riferito nel
10-25% della popolazione. La maggioranza di
questi pazienti è costituita da pazienti di sesso
femminile.
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Eziologia e fisiopatologia
La MRGE è causata da reflusso acido nell'esofago o di altre sostanze nocive, come la bile. In
molti casi questo si traduce in erosioni, ma
spesso non si rileva nulla durante l'endoscopia. Ernia iatale, obesità e farmaci possono
aumentare il reflusso acido, ma in molti
pazienti non ci sono fattori ovvi che ne spiegano i sintomi. Nelle malattie funzionali si ritiene
che la sensibilizzazione dei nervi periferici e del
sistema nervoso centrale sia la causa del dolore e di altri sintomi.
Diagnosi / Diagnosi differenziale
Un colloquio approfondito è essenziale per una
diagnosi accurata. Test utilizzati frequentemente
comprendono la pH-metria, la radiografia del
torace con bario, la manometria esofagea e
l’esofago-gastroduodenoscopia.
Terapia
La terapia principale per la MRGE è la soppressione della secrezione acida con farmaci inibitori della pompa protonica e altri farmaci simili. Nei
◗ 11 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
casi cronici, o quando sono state identificate
delle complicazioni legate alla malattia da reflusso, può essere necessario il trattamento chirurgico (fundoplicatio). Può essere d’aiuto l’astensione dall’abitudine tabagica o mantenere sotto
controllo il peso, anche se gli effetti positivi dei
cambiamenti di stile di vita non sono molto
documentati. Nel caso di disturbo funzionale è
spesso utilizzato un trattamento sintomatico
con analgesici e terapia adiuvante. Sono ovviamente sconsigliati i FANS.
Bibliografia
Hershcovici T, Achem SR, Jha LK, Fass R. Systematic review:
the treatment of non-cardiac chest
pain. Aliment PharmacolTher 2012;35(1):5-14.
Linkografia
http://emedicine.medscape.com/article/176595-overview
http://en.wikipedia.org/wiki/Gastroesophageal_reflux_diseas3
.
PANCREAITE CRONICA
Definizione
Per pancreatite cronica si intende una infiammazione del pancreas che ne altera la sua normale
struttura e funzionalità. Può arrecare danni permanenti: i sintomi più comuni sono dolore e
malassorbimento
Epidemiologia
L'incidenza è stimata in 5-10/100.000 casi,
ma è molto probabile che la malattia sia sottodiagnosticata.
Caratteristiche cliniche,
storia naturale e prognosi
I pazienti di solito lamentano dolore addomina-
◗ 12 ◗
le persistente o intermittente. Il dolore è di
solito localizzato nei quadranti superiori dell’addome e può estendersi verso la schiena (il
tipico dolore “a cintura”). Il dolore si presenta
spesso dopo il pasto e in molti pazienti può
essere di tipo neuropatico. Complicanze locali nel pancreas sono pseudocisti, stenosi duodenale e ulcera peptica, che possono provocare dolore. Un altro sintomo è la diarrea,
dovuta allo scarso assorbimento dei grassi
negli alimenti (steatorrea). In una elevata percentuale di pazienti si verifica una notevole
perdita di peso, problema che può mantenersi con il progredire della malattia. La perdita di
peso può essere attribuita anche a una riduzione dell'assunzione di cibo nei pazienti con
forti dolori addominali. Il diabete di tipo II è
una complicanza comune dopo alcuni anni di
malattia. La malattia è progressiva, con un
30% di tasso di mortalità dopo 10 anni, 55%
dopo 20 anni. ll rischio di sviluppare un cancro
del pancreas è di circa il 4% dopo 20 anni di
malattia.
Eziologia e fisiopatologia
È frequentemente causata da un eccessivo
consumo di alcol, ma può anche essere correlata ad altre tossine, a fattori ereditari e
autoimmuni, oppure per ostruzione del dotto
pancreatico (calcoli biliari, per esempio).
Alcuni casi sono classificati come idiopatici (di
origine sconosciuta).
Diagnosi / Diagnosi Differenziale
La diagnosi si basa sui sintomi e su test di struttura e funzionalità del pancreas. Le tecniche di
imaging e i test di produzione enzimatica sono i
principali metodi di indagine.
❖ n. 1 - marzo 2013
Terapia
Definizione
Il trattamento terapeutico della pancreatite cronica può essere di tipo medico, endoscopico e
chirurgico. Alcol e fumo dovrebbero essere evitati. Il dolore addominale può essere molto
severo, e spesso richiede analgesici forti e
coadiuvanti così come trattamenti del dolore
non farmacologici. La terapia enzimatica, unita a
consigli dietetici, viene utilizzata per curare il
malassorbimento, e se si sviluppa diabete
si deve ricorrere spesso sia ad antidiabetici orali
che a insulina. Le complicanze locali sono
curate in endoscopia o con intervento
chirurgico. Per alcuni pazienti possono essere
necessarie resezione chirurgica, procedure di
drenaggio o litotrissia.
La IASP definisce il dolore vescicale la presenza
di dolore persistente o ricorrente percepito in
corrispondenza della regione ipogastrica, che
corrisponde alla proiezione parietale dell’organo
vescicale, accompagnato da un altro sintomo
almeno, come il peggioramento del dolore nella
fase di riempimento della vescica e con alterata
frequenza minzionale diurna e / o notturna. Non
risulta presente alcuna infezione comprovata od
altra patologia evidente. La sindrome del dolore
vescicale è spesso associata a conseguenze
cognitive negative, comportamentali, sessuali, o
emotive dal momento che sintomi sono suggestivi di disfunzioni sessuali o delle basse vie urinarie. I punti rilevanti di questa definizione sono:
• Il dolore deve essere percepito nella regione
della vescica e delle vie urinarie associato ad altri
sintomi a sostegno della diagnosi.
• Nonostante il paziente abbia la sensazione di
soffrire di infezione della vescica, chi soffre di
SDV non ha un’infezione (o qualsiasi altra patologia strutturale). Nella vescica si possono individuare modificazioni di tipo infiammatorio, ma in
molti casi si tratta probabilmente di una risposta
nervosa, e non ne sono la causa.
• Come tutti coloro che soffrono di dolore cronico e persistente, è probabile che anche i pazienti con SDV diventino tristi e angosciati, e possano intraprendere iniziative del tutto inutili. La
definizione di SDV tiene presenti queste difficoltà per invitare i caregivers a valutare anche questi problemi ed incoraggiare un approccio di
équipe.
Bibliografia
Witt H, Apte MV, Keim V, Wilson JS. Chronic pancreatitis: challenges and advances in pathogenesis, genetics, diagnosis,
and therapy. Gastroenterology 2007;132(4):1557-73. Pasricha
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Linkografia
http://en.wikipedia.org/wiki/Chronic_pancreatitis3
.
SINDROME DEL
DOLORE vESCICALE
Definizione
L’Associazione Internazionale per lo Studio del
Dolore (IASP), l'Associazione Europea di
Urologia e l’ESSIC (International Society for the
Study of Bladder Pain Syndrome) hanno adattatp il termine cistite interstiziale o sindrome
della vescica dolorosa in sindrome del dolore
vescicale (SDV).
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Epidemiologia
La prevalenza della SDV non è chiara, probabilmente a causa delle diverse definizioni usate nel
◗ 13 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
corso degli anni. La Associazione Europea di
Urologia indica il numero di malati come oscillante tra lo 0,06% e il 30% della popolazione. Le
donne hanno una probabilità 10 volte maggiore
rispetto agli uomini di soffrirne, anche se questa
casistica può essere parzialmente collegata al
fatto che la SDV negli uomini può essere indicata con un nome diverso, per esempio come sindrome di dolore prostatico
siderati una conseguenza del dolore da SDV e
l’SDV non è considerata un disturbo psicologico.
La prognosi a lungo termine non è chiara. A
volte i sintomi si risolvono spontaneamente, o
con un trattamento conservativo. Una variabilità
dei sintomi è comune. I casi gravi sono meno
comuni e hanno bisogno di cure e supporto
specialistici.
Eziologia e fisiopatologia
Caratteristiche cliniche, storia
naturale e prognosi
La caratteristica principale è quella di una
costante sensazione di urgenza minzionale,
come se si soffrisse di cistite. Tuttavia, nei vari
casi non viene provata la presenza di un’effettiva infezione in corso. Questa sensazione è
spesso descritta come dolorosa e trattenere
l’urina può aumentare il dolore. Quindi il
paziente cerca di urinare molte volte durante il
giorno (pollachiuria), spesso con scarso beneficio. Oltre al dolore locale, nella vescica, si
può provare dolore anche in altre aree del
corpo e vi è una associazione con le sindromi
del dolore vulvare, del colon irritabile e con la
fibromialgia. Sono comuni anche dolori al pavimento pelvico e altri dolori muscolari locali,
con una sensibilità muscolare che riproduce i
sintomi. Si ritiene che questi dolori presentino
un meccanismo simile che coinvolge il sistema nervoso centrale. Sono inoltre presenti
anche disturbi endocrini e autoimmuni. Chi
soffre di SDV spesso ha difficoltà nel tenersi in
esercizio e può trascorrere lunghe ore a letto,
causando debolezza fisica e disabilità. Come
facilmente prevedibile, questa condizione può
provocare angoscia, depressione e pensieri
negativi. I sintomi psicologici sono di solito con-
◗ 14 ◗
Le cause della SDV non sono note. Ci può essere una predisposizione genetica o ambientale. Il
primo episodio può essere associato ad una
infezione acuta del tratto urinario, un trauma
locale o una fase acuta di stress. Tali eventi possono innescare i fenomeni neuroinfiammatori,
immunitari ed endocrini. Le modificazioni infiammatorie, chimiche e strutturali rilevate nella
vescica di alcuni pazienti sono probabilmente
dovute ai neurotrasmettitori prodotti dai nervi
come reazione alle mutate condizioni locali.
Questo asse vescica-midollo-cervello comporta
una neuroplasticità ed è probabilemente
responsabile della sensazione di urgenza minzionale e della sensazione di spinta anche quando la vescica è vuota. Essi possono anche
ampliare le sensazioni normali in sensazioni di
dolore. I cambiamenti prodotti nel sistema nervoso possono anche modificare il modo in cui
funzionano gli organi, per esempio, questi cambiamenti possono produrre spasmi della vescica, stitichezza o diarrea e possono provocare
spasmi muscolari (muscoli pelvici, addominali e
dorsali) e maggiore sensibilità. È a causa di questa neuroplasticità che si crea e che tende a
mantenersi che i malati possono sviluppare sintomi in altre parti del corpo, come la sindrome
autoimmune dell'occhio secco (sindrome sicca).
❖ n. 1 - marzo 2013
Diagnosi / Diagnosi differenziale
La diagnosi si basa sull’esclusione di altre condizioni. I documenti specialistici dell’EAU e
dell’ESSIC trattano questo aspetto in dettaglio.
Un quadro urologico completo, con esame e
analisi delle urine è essenziale. I criteri ESSIC
condivisi dall’EAU raccomandano di fare una
cistoscopia, in anestesia generale, riempiendo
la vescica con del liquido durante la cistoscopia
(idrodilatazione) e prendendo dei campioni da
sottoporre a biopsia, anche se non tutte le linee
guida sono così rigorose. Questo esame consente al medico di classificare la condizione
come se dovesse valutare la presenza di aree
con tendenza al sanguinamento (glomerulazioni
vescicali) o di ulcere (ulcera di Hunner). Le implicazioni di queste differenze non sono chiare,
infatti è stato suggerito che le persone normali
senza SDV possano sviluppare glomerulazioni
con idrodilatazione.
La terapia può includere: gestione
psicologica del dolore e fisioterapia
La sindrome del dolore vescicale è associata
ad isolamento sociale, difficoltà nel mantenere il lavoro e una vita di relazione. Viaggiare e
uscire può diventare problematico. L'intimità
sessuale è spesso dolorosa e stressante. Si
dorme poco e male. Si cominciamo a sviluppare pensieri negativi che possono ingigantirsi e causare ansia e paura. Problemi di depressione sono all’ordine del giorno. Fare attività
fisica diventa difficile e i pazienti possono
diventare disabili e allettarsi. Nel valutare tutti i
pazienti occorre tener presenti i problemi psicologici e di attività fisica in quanto la prognosi è strettamente legata a queste problemati-
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che ed è essenziale un lavoro di équipe che
consideri anche la gestione psicologica e fisioterapeutica del dolore.
Dieta e terapia alternativa
Restrizioni dietetiche, agopuntura, ipnosi e la stimolazione nervosa elettrica transcutanea (TENS
o TNS) hanno limitate prove di efficacia, ma
sono terapie che vengono spesso utilizzate
come trattamenti a basso rischio e basso costo
che un po' aiutano. Per alcuni pazienti può essere utile la riabilitazione della vescica.
Farmaci
Si possono utilizzare una vasta gamma di farmaci che possono essere provati, con livelli diversi
di efficacia compravata dall’evidenza. L’esperto
può aiutare il paziente a capirne vantaggi e svantaggi. Alcuni di questi farmaci vengono prescritti da un urologo, altri da un terapista del dolore.
I farmaci che vengono spesso proposti comprendono: idroxizina (riduce l'attivazione di cellule infiammatorie), amitriptilina (analgesico per il
dolore neuropatico), pentosano polisolfato (per
lo strato mucoso della vescica), cimetidina (antistaminico), gabapentin o pregabalin (analgesici
per il dolore neuropatico). Analgesici forti deve
essere usati con cautela e solo sotto il controllo
stretto di specialisti esperti. Gli antibiotici trovano raramente indicazione.
Instillazioni endovescicali
La somministrazione dei farmaci all'interno della
vescica assicura concentrazioni più elevate in
situ e in alcuni casi possono alleviare i sintomi.
Idrodilatazione
Per molti anni si è utilizzata l’idrodilatazione,
◗ 15 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
riempimento della vescica con effetto ‘stretching’. Ma non ci sono sufficienti prove di efficacia a sostegno della idrodilazione come terapia.
Neuromodulazione
Per molti anni si è utilizzata l’idrodilatazione,
riempimento della vescica con effetto ‘stretching’. Ma non ci sono sufficienti prove di efficacia a sostegno della idrodilazione come terapia.
Chirurgia
L’intervento chirurgico sulla vescica è appropriato solo nei casi più gravi dei casi ed è sempre
necessaria l’opinione degli esperti prima di adottare questa strategia di cura.
Bibliografia
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bladder syndrome/interstitial cystitis: an ESSIC poposal. Eur
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Linkografia
http://www.uroweb.org/guidelines/
http://www.essic.eu/index.html3
Giornale online di infermieristica del dolore
Periodico trimestrale della Fondazione
Paolo Procacci Onlus, in collaborazione
con l’Associazione Italiana per lo Studio
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Elisabetta Cortis, Giorgia Della Rocca,
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Area infermieristica
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Elisabetta Ercolani, Manuela Galleazzi,
Roberto Latina, Nicoletta Lombardi,
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◗ 16 ◗
è un’iniziativa editoriale della Fondazione Paolo Procacci Onlus
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❖ n. 1 - marzo 2013
. DISTuRBI FuNzIONALI
INTESTINALI DOLOROSI:
FATTORI PSICOLOGICI
Le sindromi intestinali funzionali dolorose, come
la sindrome dell'intestino irritabile e la dispepsia
funzionale (DF), si caratterizzano per dei dolori
persistenti o ricorrenti inspiegabili a livello dell'addome. A livello mondiale queste sindromi
sono frequenti e possono colpire il 15-20% della
popolazione (3,10,12,15). Per spiegare questa
sindrome sono stati proposti un certo numero di
meccanismi, ma due temi principali si evidenziano nella letteratura clinica (10). Prima di tutto si
osserva una ipersensibilità viscerale alla distensione meccanica in un numero significativo di
pazienti e sembra essere correlata al dolore
post-prandiale (14,18,22). In secondo luogo, i
problemi psichiatrici e psicologici sono molto
frequenti e generalmente si ritiene che abbiano
un ruolo patogenetico, dato che i pazienti con
DF sono più ansiosi e depressi rispetto ai soggetti di controllo sani (3,12,15,21). In uno studio
clinico che includeva interviste psichiatriche
strutturate, i ricercatori hanno osservato che
l'87% dei pazienti con DF, rispetto al 25% dei
pazienti con dispepsia organica, presentavano
una diagnosi psichiatrica (15). I fattori psicologici relativi ai pazienti con DF includono disturbi
depressivi maggiori, disturbi d’ansia e somatizzazione (10,12).
Ruolo dei fattori psicologici
nell’insorgenza di sintomi
gastrointestinali
Tutte le persone che hanno provato la sensazione delle ‘stomaco chiuso’ possono confermare
il fatto che il cervello può influenzare le funzioni
e le sensazioni intestinali. Diversi studi clinici
sembrano indicare che la comorbidità psicoso-
Copyright © 2012-2013 International Association for the Study of Pain
ciale contribuisce in larga misura alla gravità
della dispepsia funzionale e del suo impatto
sulla qualità della vita (19). Queste
osservazioni sono rafforzate da un notevole
numero di ricerche sperimentali che hanno collegato lo stress e la depressione all’alterato funzionamento senso-motorio del tratto gastrointestinale (1,5,6,9,17). L’insieme di questi risultati ha
portato a pensare che i sintomi fisici della DF
riflettano sia una somatizzazione sia dei problemi della fisiologia del tratto gastrointestinale
superiore, causati da stress. È in effetti necessario porre particolare attenzione a questi fattori
psicosociali, spesso in collaborazione con specialisti di salute mentale, per prendere in carico
in modo efficace la gestione dei pazienti con
disturbi funzionali intestinali.
Ruolo dei fattori gastrointestinali
nell’insorgenza di sintomi psicologici
Nonostante gli studi esaminati in precedenza,
non è ancora chiaro se l'associazione tra disturbi intestinali funzionali e
sintomi psicologici rappresenti una causa o un
effetto. Per rispondere a questa domanda, sarà
necessario condurre degli studi longitudinali
rigorosi che documentino l'insorgenza di disfunzione psicosociale in relazione ai sintomi viscerali. Infatti, studi recenti indicano che la relazione
può essere bidirezionale: i sintomi intestinali
possono portare a problemi psicologici, e viceversa. Per esempio, dei ricercatori australiani
hanno seguito prospetticamente per 12 anni
una coorte di pazienti e hanno scoperto che tra
le persone che all’inizio dello studio non presentavano disturbi funzionali gastrointestinali
(DFGI), un elevato livello d’ansia e depressione al
momento dell’inserimento nello studio costitui-
◗ 17 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
va un importante fattore indipendente predittore di DFGI 12 anni più tardi. Al contrario, tra
le persone che non presentavano livelli elevati
di ansia e depressione all’avvio dello studio,
quelli con DFGI al momento dell’inserimento
nello studio, presentavano un aumento significativo di ansia e depressione al follow-up (7).
Questi risultati sono rafforzati da osservazioni
sperimentali che sembrano indicare che una
minore e transitoria irritazione dell'intestino in
animali appena nati può causare dei segni di
depressione e ansia che persistono anche in
età adulta (11).
L’asse cerebro-intestinale e i circuiti
biologici e neuronali sottostanti
Solo ora si stanno cominciando a comprendere i
fondamenti biologici di questi fenomeni.
L'intestino e il cervello comunicano tra loro in
diversi modi, inclusi i meccanismi ormonali e
neurali. Il fattore di rilascio della corticotropina
(corticotropine releasing factor, CRF), un ormone secreto dall'ipotalamo, è un esempio importante di coinvolgimento ormonale. Alterazioni
sperimentali della secrezione del CRF e dell’espressione del suo recettore, CRF1, sono
stati implicati nella fisiopatologia dei fenomenti legati allo stress, come ansia, depressione, e
cambiamenti nella motilità gastrointestinale e
le sensazioni viscerali (16,20). Un certo numero
di antagonisti del CR si è ugualmente dimostrato in grado di bloccare l'aumento dell'attività del colon e le sensazioni dolorose indotte da
stress acuto o cronico (13).
L'intestino trasmette ugualmente dei messaggi
a vari importanti nuclei nel cervello attraverso le
fibre ascendenti del nervo vago, con conseguenze potenzialmente di un certo peso.
◗ 18 ◗
L'amigdala centrale, per esempio, trasforma
segnali nocive e stressanti in risposte comportamentali e autonomiche che comprendono
ansia e depressione. Un recente rapporto ha
mostrato che un probiotico (Lactobacillus
rhamnosus) può ridurre la secrezione di corticosterone indotta da stress, così come i comportamenti associati ad ansia e depressione
nei topi. Ma questo effetto benefico può essere soppresso dalla vagotomia (2,8). La stimolazione elettrica del nervo vago è stata approvata dalla US Food and Drug Administration per il
trattamento della depressione (4). Così, il nervo
vago può modulare le risposte emotive alla stimolazione gastrointestinale.
Verità e idee errate
È chiaro che la morbilità psicologica è comune
nei pazienti con disturbi funzionali associati a
dolori viscerali, di conseguenza è fondamentale
comprendere questo problema per una presa in
carico ottimale di questi disturbi. Ciò che non è
chiaro è in quale misura questa comorbidità rappresenti la causa e l’effetto. Tuttavia, il riconoscimento di questa associazione ha portato a conseguenze involontarie, tra cui la stigmatizzazione
di questa sindrome come qualcosa che sta
"tutto nella testa," il non prendere in considerazione la sofferenza dei pazienti, e la mancanza di
una strategia strutturata per sviluppare dei farmaci. Resta ancora molto da imparare sulla
complessa relazione tra il "grande cervello" nella
testa e il "piccolo cervello" nell'intestino, e come
la patologia dell’uno può causare cambiamenti
nell'altro. Ricerche in questo ambito potrebbero
cambiare sensibilmente il nostro approccio clinico e il trattamento di questi disturbi.
❖ n. 1 - marzo 2013
Bibliografia
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◗ 19 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
.
clinici
DOLORE PELvICO
CRONICO MASCHILE
Definizione
La sindrome del dolore pelvico cronico maschile
è definita come un dolore cronico, una pressione
o disagio localizzati nella regione pelvica e/o perineale, o nei genitali, di durata superiore a 3 mesi,
che non è dovuta a cause immediatamente spiegabili (infezioni, neoplasie, o anomalie strutturali).
Altri nomi con cui viene identificato questo
disturbo sono prostatodinia e prostatite cronica
non batterica, anche se non è chiaro come i sintomi siano correlati alla prostata.
Risultanze cliniche
Per definizione, questa sindrome si verifica solo
negli uomini. I sintomi più comuni includono
dolore o fastidio al perineo, all’area sovrapubica,
a pene e testicoli, così come disuria e dolore eiaculatorio. I pazienti possono anche avere sintomi
urinari, sia ostruttivi (flusso lento e intermittente)
che irritativi (aumento della frequenza o urgenza
minzionale). E’ comune la disfunzione sessuale è
comune. Sintomi sistemici includono mialgia,
artralgia e astenia inspiegabile. Alcuni pazienti
possono presentare cistite interstiziale/sindrome
del dolore vescicale con un predominante
dolore alla vescica associato a problemi di svuotamento.
Epidemiologia
Studi su test di autovalutazione indicano che ne
soffre lo 0,5% dei maschi; valutazioni basate sui
sintomi della popolazione generale suggeriscono un’incidenza di sintomi nei maschi dal 2,7% al
6,3%. Di solito la sindrome è diagnosticata tra i
◗ 20 ◗
giovani e uomini di mezz’età, ma è prevalente in
tutte le fasce di età. Gli stessi test mostrano la
presenza dei sintomi principali con intensificazione degli stessi per ore, giorni o settimane.
Depressione, stress e disturbi d'ansia sono le
principali comorbidità.
Fisiopatologia
La fisiopatologia non è ancora completamente
nota e probabilmente sottende un processo
complesso e multifattoriale che alla fine si traduce in una sindrome di dolore neuropatico cronico e/o muscolare. Si ritiene che questa condizione possa essere innescata da infezioni (comprese le malattie sessualmente trasmissibili ed organismi non coltivabili e virus), traumi (compreso il
trauma perineale e uretrale), sovraregolazione
neurologica, infiammazione non dovuta ad infezione (auto-immune o neurogena), disfunzione
minzionale e disfunzione del pavimento
pelvico/spasmo muscolare. In uomini vulnerabili
geneticamente e/o anatomicamente, questi iniziatori della malattia possono provocare dolore
cronico neuropatico e neuromuscolare.
Diagnosi
La diagnosi è di esclusione, sulla base di
un’anammesi accurata, dell’esame fisico e dei
test di laboratorio che devono escludere altre
diagnosi. È utile l’analisi delle urine o l’urinocoltura e, per pazienti selezionati, urodinamica, cistoscopia, e test di imaging del tratto urinario inferiore/pelvico.
O pzioni di trattamento
Il trattamento è di solito multimodale e deve essere personalizzato in base al fenotipo clinico del
❖ n. 1 - marzo 2013
paziente. Deve essere valutato e affrontato l'impatto del dolore e del suo trattamento sulla funzionalità sessuale. Misure conservative comprendono
termoterapia locale, attività fisica leggera (passeggiate, nuoto, stretching e yoga), dieta e cambiamenti nello stile di vita e fisioterapia. Terapie mediche possono comprendere antibiotici, bloccanti
alfa-adrenergici, anti-infiammatori, miorilassanti e
preparazioni a base di erbe. Per curare il dolore si
impiegano farmaci per il dolore neuropatico,
come gli antidepressivi triciclici o gabapentin. Di
solito gli oppiacei sono un'opzione medica avanzata. Procedure di intervento sul dolore, come l'iniezione diretta di anestetici, può essere utile nei
pazienti con dolore ben definito e localizzato. La
terapia mirata alla vescica è appropriata per i
pazienti con cistite interstiziale/fenotipo di dolore
vescicale. La psicoterapia (in particolare la terapia
cognitivo-comportamentale) può essere utile per
imparare delle tecniche di resistenza al dolore.
L’intervento chirurgico deve essere evitato se non
c'è una specifica indicazione (ad esempio, una
ostruzione uretrale o del collo vescicale).
Bibliografia
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DOLORE vISCERALE
ACuTO E DOLORE
vISCERALE CRONICO
Il dolore viscerale è per definizione il dolore percepito come derivante dagli organi interni del
corpo. L’eziologia del dolore percepito negli organi interni è molteplice:
• infiammazione (acuta e cronica), tra cui
l'infiammazione causata da fattori irritanti
meccanici (per es., i calcoli renali)
• infezione
• disturbi nei normali processi meccanici
(per es., dismotilità gastrointestinale)
• tumori (benigni o maligni)
• alterazioni nei nervi che trasmettono
le sensazioni dai visceri
• ischemia.
Il dolore viscerale può assumere forme diverse,
e quindi i processi che possono essere associati ad un pericolo di vita o a condizioni facilmente
reversibili devono essere prese in considerazione in tutte le modalità di presentazione.
Tuttavia, non sono rari gli eventi isolati con presentazione acuta ma con risoluzione spontanea.
Il livello di indagine deve essere guidato da criteri di prudenza e dalla persistenza o ricomparsa
dei sintomi.
Tradizionalmente, il dolore cronico viscerale è
stato classificato come "organico", causato da
una lesione patologica rilevabile mediante normali strumentazione diagnostica, o "funzionale",
la cui eziologia rimane oscura e può essere dovuto a cambiamenti ancora non definiti nella ipersensibilità viscerale sia a livello periferico che
◗ 21 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
centrale. In molti casi l’anamnesi e l'esame fisico
del paziente sono sufficienti per stabilire una diagnosi funzionale. Un appropriato chek-up può
includere test di laboratorio per individuare processi infettivi e infiammatori, nonché esami ecografici per le parti del corpo che non possono
essere adeguatamente valutate tramite l’esame
fisico. Il trattamento del dolore viscerale non
dovrebbe essere ritardato, sempre che il trattamento non interferisca con l'iter diagnostico.
Quando si ripresentano dolori di analoga intensità e nella stessa zona, per i quali sono state precedentemente condotte indagini non rende
necessario ulteriori accertamenti: è tuttavia
imprudente sottovalutare la presenza del sintomo. Può essere inopportuno trattare questi sintomi come se fossero il risultato di un processo
reversibile (per es., infezione). Tuttavia, non
affrontare i nuovi sintomi può essere altrettanto
inadeguato. Il dolore è stressante, e sottostanti
processi psicologici e psichiatrici alterano le
risposte agli eventi dolorosi. Sono appropriati
interventi rassicuranti e comportamentali per
tutti i disturbi dolorosi, ma possono essere particolarmente utili quando i sintomi sono ricorrenti
o persistenti. Modulatori sensoriali possono
essere adatti al processo terapeutico nei casi in
cui non è evidente alcuna causa patologica.3
◗ 22 ◗
. EPIDEMIOLOGIA DEL
DOLORE ADDOMINALE
NEGLI STATI uNITI
Il dolore addominale è un sintomo comune,
motivo di milioni di visite ambulatoriali. Le indagini statistiche a livello nazionale sull’incidenza
delle malattie del tratto gastrointestinale (GI)
(2,5,6) citano regolarmente il dolore viscerale
come il sintomo più ricorrente. Nel 2004, negli
Stati Uniti, la diagnosi di dolore addominale era la
principale diagnosi medica per disturbi gastrointestinali effettuata negli ambulatori, e la seconda
più frequente nel 2009. In Gran Bretagna, il 25%
della popolazione riferisce dolore addominale in
un qualsiasi momento (3).
Sempre negli Stati Uniti, il dolore addominale è
anche il sintomo principale associato alle più frequenti diagnosi di disturbi GI nei pazienti ricoverati in ospedale. Indagini statistiche condotte tra
il 2004 e il 2009 (2,5,6) indicano che le quattro
diagnosi più comuni tra i pazienti che lamentano
disturbi GI sono: calcoli biliari, pancreatite acuta,
appendicite acuta e diverticolite. Il dolore addominale è spesso il sintomo cardinale e rivelatore
di questi problemi, la presa in carico di queste
malattie comporta notevoli costi di assistenza
sanitaria, la diverticolite e la pancreatite acuta, in
particolare, gravano per più di 2 miliardi di dollari sul budget sanitario statunitense.
Il dolore addominale è il motivo per cui il 20% dei
pazienti che hanno fatto una esofagogastroduodenoscopia si rivolgono a uno specialista (2). Ne
vengono eseguite circa 280.000 ogni anno (negli
USA), con notevoli costi.
Nei disturbi funzionali gastrointestinali, come la
sindrome dell'intestino irritabile e la dispepsia
❖ n. 1 - marzo 2013
funzionale, il dolore addominale è la manifestazione più comune (1), con una prevalenza di questi disturbi nella popolazione USA tra il 15-25%. I
disturbi funzionali GI sono uno dei sintomi più
comuni che portano alla consultazione del medico di famiglia e di un gastroenterologo. Il 5% dei
pazienti seguiti dal medico di medicina generale
e il 40% dei pazienti seguiti da gastroenterologi
hanno un disturbo funzionale di origine GI e il
dolore è il sintomo più frequente e più difficile da
trattare (1). Questi pazienti assorbono risorse
considerevoli dal bilancio sanitario, il costo
annuale per l’assistenza sanitaria di questi
pazienti è calcolata in 16,6 miliardi di dollari negli
Stati Uniti (7) e in 28,4 miliardi di euro in tutta
Europa (4).
In sintesi, il dolore addominale è uno dei più
comuni motivi di visite ambulatoriali e di degenza nei reparti ospedalieri di gastroenterologia,
con notevoli costi sanitari. Il dolore addominale
può essere causato sia da disturbi organici che
funzionali del tratto gastrointestinale.
Bibliografia
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NEuROBIOLOGIA DEL
DOLORE vISCERALE
Definizione
Dolore proveniente dagli organi interni del corpo:
• cuore, grossi vasi, e strutture perivascolari
(ad esempio, linfonodi)
• vie aeree (faringe, trachea, bronchi, polmoni,
pleura)
• tratto gastrointestinale (esofago,
stomaco, intestino tenue, colon, retto)
• addome superiore (fegato, colecisti, vie biliari,
pancreas, milza)
• apparato urologico (reni, ureteri, vescica,
uretra)
• organi riproduttivi (utero, ovaie, vagina,
testicoli, vasi deferenti, prostata)
• omento, peritoneo viscerale.
Caratteristiche cliniche del dolore
viscerale
Le caratteristiche principali associate al dolore
che proviene dai visceri comprendono una localizzazione diffusa, incerta associazione con la
patologia, e sensazioni riferite. Una minima senzazione può provocare forti risposte autonomiche ed emotive possono essere evocato con la
sensazione minima.
Il dolore riferito presenta due aspetti: (1) una
localizzazione della sede del dolore nocicettivo
◗ 23 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
Figura 1. Vie spinali della sensazione viscerale. Abbreviazioni: ARP: plesso aortico e renale, CP: plesso celiaco, DRG: gangli spinali, HN: nervo ipogastrico,
ICN: nervo cardiaco inferiore, GSN: nervo splancnico grande, LSN: nervo
splancnico piccolo, LeSN: nervo splancnico minimo spl, SNL: nervi splancnici
lombari, MCG: ganglio cervicale medio, PN: nervo pelvico, PP: plesso pelvico,
PuN: nervo pudendo, SCG: ganglio cervicale superiore, SG: ganglio stellato,
SHP: plesso ipogastrico superiore, SMP: plesso mesenterico superiore, SP:
plesso sacrale, TSN: nervi splancnici toracici. Adattata da EC Ness in Chin M,
et al. (Ed.). Pain in women. Oxford University Press, 2013.
nei tessuti somatici, con trattamento del messaggio nocicettivo a livello degli stessi segmenti
del midollo spinale (per es., dolore al petto e al
braccio da ischemia cardiaca) e (2) una sensibilizzazione dei tessuti innervati da questi segmenti
(per es., la presenza di calcoli renali fa diventare i
muscoli laterali del tronco sensibili alla palpazione). Queste caratteristiche sono in contrasto con
il dolore cutaneo, che è ben localizzato e caratterizzato da un rapporto graduale stimolo-risposta.
Anatomia delle strutture neurologiche
Le vie della sensazione viscerale sono organizzate diffusamente sia a livello centrale che periferico. Le fibre nervose primarie afferenti che
◗ 24 ◗
innervano i visceri arrivano al sistema nervoso
centrale attraverso tre vie: (1) attraverso il
nervo vago e le sue ramificazioni; (2) all'interno
e lungo le vie efferenti del simpatico (catena
simpatica e rami splancnici, inclusi i nervi toracici maggiore, minore, e lombari); (3) attraverso il nervo pelvico
(con le fibre efferenti
parasimpatiche) e le sue ramificazioni.
Il passaggio attraverso i gangli periferici si verifica con un potenziale contatto sinaptico (p.
es., nervi del plesso celiaco, mesenterico
superiore e ipogastrico). I gangli del tratto
gastrointestinale e i gangli periferici formano
ampi plessi nervosi che controllano le funzioni
autonomiche. Il loro ruolo nella sensazione di
dolore è sconosciuto.
I corpi cellulari dei neuroni afferenti primari
che veicolano le informazioni verso il sistema
nervoso centrale si situano principalmente nel
ganglio nodoso (vagale) e nei gangli spinali T2L2 e S1-5 (associati al sistema simpatico e al
nervo pelvico) è possibile che le fibre afferenti
vagali giochino un ruolo nella sensazione nocicettiva. Alcune, ma non tutte, le afferenze spinali sono inequivocabilmente associate a sensazione di dolore.
È stato dimostrato che gli afferenti viscerali
primari penetrano nel midollo spinale e si
arborizzano diffusamente, anche nel tratto di
Lissauer, per penetrare in più segmenti spinali
situati sopra e sotto il segmento di entrata.
Queste afferenze stabiliscono dei contatti
sinaptici con i neuroni degli strati superficiali e
profondi del corno dorsale omolaterale e controlaterale a lato dell’entrata.. Ciò porta alla
attivazione diffusa e prolungata del sistema
nervoso centrale.
L’elaborazione di secondo livello degli stimoli
❖ n. 1 - marzo 2013
viscerali avviene nei segmenti spinali e nei siti
del tronco encefalico che riceve l’input afferente
primario. I neuroni spinali del corno dorsale che
rispondono allo stimolo viscerale che genera
dolore sono stati oggetto di molti studi.
L’elaborazione del messaggio nocicettivo avviene a livello intraspinale, così come la trasmissione ad altre regioni del sistema nervoso centrale.
L’informazione nocicettiva di origine viscerale è
veicolata attraverso le vie spinotalamiche tradizionali (quadrante anterolaterale dell’emimidollo
controlaterale) nonché attraverso le vie spinali
omolaterali e dorsali. I siti di trasmissione del
messaggio nervoso ascendente sono stati
identificati a livello midollare, pontino, mesencefalico, e talamico. L'elaborazione corticale del
messaggio viscerale è stata rilevata nella corteccia insulare, cingolata anteriore, e nella corteccia
somatosensoriale.
Natura incerta della sensazione
viscerale
I tessuti viscerali sani provocano sensazioni
minime. I tessuti che presentano infiammazione acuta tendono a provocare sensazioni
dolorose, ma l'infiammazione cronica ha degli
effetti incerti.
Studi elettrofisiologici hanno permesso di identificare le fibre nervose afferenti primarie che codificano gli stimoli meccanici e / o chimici.
Molte, se non la maggior parte, delle fibre nervose afferenti primarie sono all’inizio "silenziose" e
non rispondono per nulla o minimamente agli stimoli meccanici, ma stimoli in presenza di un’infiammazione diventano molto meccano-sensibili
e reattivi ad altri stimoli. Esistono dei sottoinsiemi di neuroni che rispondono solo a stimolazioni
molto elevate.
Copyright © 2012-2013 EFIC® European Federation of IASP Chapters
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IL DOLORE
ADDOMINALE
FuNzIONALE
La sindrome del dolore addominale funzionale
(SDAF) è caratterizzata da dolore addominale
cronico e ricorrente
che si verifica in assenza di malattia strutturale,
organica o metabolica, rilevabile da esami clinici
di routine attualmente praticati (7). Il dolore addominale della SDAF non è né provocato, né intensificato né attenuato da stimoli fisiologici come il
pasto, l’attività fisica, la defecazione o le mestruazioni (7). La SDAF è uno dei disturbi funzionali
gastrointestinali (DFGI) e va distinta dalle altre
categorie di DFGI, come la sindrome deI colon
irritabile (SCI), i disturbi funzionali intestinali non
specifici, la sindrome da dolore epigastrico
osservata nella dispepsia funzionale, il dolore
toracico funzionale di presunta origine esofagea,
i disturbi funzionali della colecisti e dello sfintere
di Oddi e il dolore ano-rettale funzionale nell’adulto (10). Il dolore può anche essere associato a
colica nei neonati e nei bambini piccoli, così
◗ 25 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
come a SCI, emicrania addominale, a dispepsia
funzionale o a una SDAF nei bambini e negli adolescenti (10). La sindrome del colon irritabile, per
esempio, è caratterizzata da dolore o malessere
percepito come una leggera sensazione di dolore addominale ed è caratterizzato da almeno due
delle tre seguenti condizioni: sollievo al momento della defecazione, comparsa quando si è verificato un cambiamento nella frequenza delle evacuazioni e quando si presenta una variazione dell’aspetto delle feci (19). La sindrome dolorosa
epigastrica osservata nella dispepsia funzionale
è caratterizzata da dolore o sensazione di bruciore cronico dell’epigastrio, che si verifica almeno
una volta alla settimana. Il dolore è intermittente,
né generalizzato né localizzato in altre regioni
addominali o toraciche e non si attenua con
l’emissione di feci o di gas. Infine, questo dolore
non è caratteristico dei disturbi della cistifellea o
dello sfintere di Oddi (25). I sintomi gastrointestinali di questi DFGI associati a dolore presentano
caratteristiche diverse. Tuttavia, per quanto
riguarda questi disturbi, i meccanismi fondamentali del dolore non si escludono necessariamente l’un l'altro.
Epidemiologia e impatto
socioeconomico
Nel Nord America, la prevalenza di SDAF varia da
0,5 a 2% (9), che corrisponde alle percentuali
osservate in altri Paesi (8,15). La prevalenza di
SCI, a sua volta, va dal 10 al 20%, quella di
dispepsia funzionale è del 20-30% (6) e quella dei
disturbi funzionali della colecisti e dello sfintere di
Oddi varia dal 7,6 al 20,7% (3). La SDAF è quindi
un disturbo del tratto gastrointestinale meno diffuso della sindrome del colon irritabile, della
dispepsia funzionale o dei disturbi funzionali della
◗ 26 ◗
cistifellea e dello sfintere di Oddi (7). Tuttavia, la
prevalenza della SDAF rimane superiore a quella
della colite ulcerosa (0,0076%) (18) o della pancreatite cronica (0,0041%) (27), che sono delle
malattie organiche non-cancerose che provocano di solito dolore addominale cronico. La SDAF
colpisce maggiormente le donne, con un rapporto femmina/maschio di 3/2 e un picco di prevalenza d tra i 30 e i 40 anni (4,11). I pazienti con
SDAF sono spesso assenti dal lavoro e ricorrono
frequentemente alle cure mediche. Questo è il
motivo per cui questa sindrome è un onere economico significativo (11, 22).
Le caratteristiche cliniche
La caratteristica principale della SDAF è il dolore
addominale. Tuttavia, molte malattie possono
essere all’origine di dolore addominale cronico.
Di conseguenza, dovrebbe essere esclusa qualsiasi malattia strutturale, organica o di origine chimica. Spesso i pazienti con SDAF presentano
comportamenti associati al dolore (7). In primo
luogo, negano spesso qualsiasi coinvolgimento
di fattori di stress psicosociale. Ma il dolore può
attenuarsi quando sono impegnati in attività
che li distraggono ed aumentare se si parla di un
problema che è fonte di stress psicologico. In
secondo luogo, esprimono il loro dolore verbalmente e non verbalmente. Riferiscono con una
certa enfasi sintomi la cui intensità sembra sproporzionata rispetto ai dati clinici e biologici disponibili. In terzo luogo, ricorrono frequentemente a
cure mediche. Vanno spesso al pronto soccorso
e richiedono analgesici oppioidi. In quarto luogo,
richiedono esami diagnostici o chirurgia esplorativa per individuare l'origine organica della malattia. In quinto luogo, focalizzano l’attenzione sul
voler far scomparire completamente il dolore e
❖ n. 1 - marzo 2013
non cercano di adattarsi alla loro malattia. In
sesto luogo, si assumono poca responsabilità
rispetto alla propria presa in carico. In aggiunta a
tutte queste caratteristiche, si rilevano di solito
delle psicopatologie distinte nei pazienti con
SDAF, può trattarsi di disturbi depressivi, disturbi
d'ansia e disturbi somatoformi (disturbi di Asse I,
secondo il Diagnostic and Statistical Manual of
Mental Disorders [1]). È possibile imbattersi
anche in qualche forma di disturbo di personalità
catalogati come disturbi di Asse II. Come avviene in altre malattie che causano dolore cronico,
alcuni pazienti con SDAF possono avere dei pensieri catastrofici (7) o durante l’infanzia hanno
subito traumi (violenza fisica o sessuale) (24).
Fisiopatologia
L'esatta eziologia e la fisiopatologia della SDAF sono
scarsamente conosciute. Tuttavia, le interazioni
cerebro-intestinali sono molto importanti nella maggior parte dei DFGI associati al dolore, specialmente nella sindrome del colon irritabile (14, 20, 21). Tra
i pazienti con SCI, un sottogruppo di pazienti con
sintomi gravi mostra analogie fisiopatologiche con i
pazienti con SDAF (24). Dal punto di vista fisiologico, i segnali provenienti dal tratto gastrointestinale
sono trasmessi al cervello tramite le vie afferenti
viscerali, le cui due categorie principali sono le fibre
afferenti parasimpatiche e le fibre afferenti simpatiche (14, 21). Le fibre afferenti parasimpatiche del
nervo vago terminano nel nucleo del tratto solitario,
che invia anche segnali alle diverse strutture corticolimbiche (20). Le fibre afferenti simpatiche convergono nel ganglio della radice dorsale e sono collegate a neuroni sensoriali secondari nello strato I del
corno dorsale del midollo spinale. Questo segnale
afferente viscerale sale verso il tratto spinotalamico
e trasmette gli stimoli al talamo. Il segnale raggiun-
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ge poi l'insula, la corteccia cingolata e le altre strutture della neuromatrice del dolore. I neuroni nello
strato I inviano anche segnali al sistema limbico e
alla corteccia sensomotoria paralimbica (tra cui
l'amigdala e l’ipotalamo) attraverso il nucleo parabrachiale (14). I segnali del dolore viscerale sono dunque direttamente collegati alla regolazione omeostatica, che è mediata dall’ormone di rilascio della
corticotropina (CRH) (13). Per esempio, l'attivazione
dei neuroni che secernono CRH nel nucleo paraventricolare dell'ipotalamo stimola la motilità del
colon attraverso il parasimpatico sacrale (13).
A differenza della SCI, per la SDAF non ci sono studi
di imaging cerebrale. Tuttavia, il fatto che nella SDAF
il dolore addominale non è collegato a eventi fisiologici, suggerisce fortemente una sensibilizzazione
o un apprendimento associativo della regione del
cervello associata a dolore, piuttosto che a una sensibilizzazione periferica. Infatti, i pazienti con SDAF
mostrano una iposensibilità alla distensione rettale
fisiologica innocua eseguita utilizzando un barostato (23). I sistemi di controllo discendenti del dolore
(vie oppioidergiche e noradrenergiche) originano in
regioni distinte del tronco encefalico e sono attivati
da un riflesso automatico in risposta a stimolo nocivo (7). I sistemi di controllo discendente tonico del
dolore provengono dai nuclei serotoninergici nel
tronco encefalico e giocano un ruolo centrale nel
controllo dell'eccitabilità iniziale del midollo spinale
(7). Le reti corticali dei circuiti di controllo del dolore
(tra cui l'insula, l'amigdala, la corteccia cingolata
anteriore, la corteccia orbitofrontale, la corteccia
dorsolaterale e mediale prefrontale e la corteccia
parietale) sarebbero implicate, con i sistemi di controllo discendente del dolore della materia grigia
periacqueduttale, nella fisiopatologia della SDAF.
Nei pazienti con mal di schiena cronico, una diminuzione del volume della materia grigia nel cervello era
◗ 27 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
legata alla durata del dolore e questa diminuzione
era chiaramente visibile nella corteccia prefrontale
dorsolaterale bilaterale (2). In pazienti con SCI è
stata individuata una forte correlazione negativa tra
lo spessore della corteccia prefrontale dorsolaterale destra e i punteggi ottenuti su di una scala di catastrofismo rispetto al dolore. (5) Quindi, cambiamenti funzionali e strutturali del cervello potrebbero spiegare la fisiopatologia della SDAF.
Valu tazi one diagnostica
La diagnosi attuale della SDAF si basa sui criteri di
Roma III (10). I criteri diagnostici della SDAF dovrebbero includere
tutte le seguenti caratteristiche: (a) dolore addominale continuo o quasi continuo, (b) nessun rapporto o qualche rapporto casuale tra l’evento dolore e
avvenimenti fisiologici (p. es. pasti, defecazione o
mestruazioni), (c) una certa perturbazione della vita
quotidiana, (d) indicazione che il dolore non è falso
(p. es. la simulazione), (e) sintomi insufficienti per
soddisfare i criteri di un altro DFGI che potrebbe
spiegare il dolore, e (f) criteri soddisfatti negli ultimi
3 mesi con insorgenza dei sintomi almeno 6 mesi
prima della diagnosi (7). Inoltre, dovrebbe essere
esclusa qualsiasi malattia strutturale, organica o di
origine chimica. La diagnosi differenziale deve includere: neoplasia del tratto gastrointestinale, delle vie
biliari, del pancreas e del fegato, colite ulcerosa,
morbo di Crohn, ulcera peptica, ulcere dell'intestino
tenue, stenosi del tratto gastrointestinale, diverticolite del colon, colite ischemica, colelitiasi, colangite,
colecistite, pancreatite, pseudo-ostruzione intestinale cronica, megacolon, inerzia del colon, allergie
alimentari, gastroenterite allergica o eosinofila,
parassiti, arteriosclerosi nell'addome, aneurisma
aortico, peritonite, sindrome di Fitz-Hugh-Curtis,
malattia di Schoenlein-Henoch, porfiria, malattie
◗ 28 ◗
endocrine, malattie metaboliche o ematologiche,
del collagene, dolore nella parete addominale,
malattie urologiche e ginecologiche, ecc. Un colloquio medico e un preciso esame fisico contribuiscono notevolmente all'accuratezza della diagnosi.
Tuttavia, sono comunemente praticati: esame delle
urine, coproscopia, esame ematico completo, ecografia addominale e radiografia dell'addome. A
seconda della situazione clinica, posso anche essere presi in considerazione i seguenti metodi: endoscopia del tratto gastrointestinale superiore, transito gastrointestinale, colonscopia, clisma opaco,
capsula endoscopica, endoscopia dell'intestino
tenue, fluoroscopia dell’intestino tenue con utilizzo
di bario, tomografia addominale computerizzata,
risonanza magnetica dell'addome, colangiopancreatografia retrograda endoscopica computerizzata, risonanza magnetica dell'addome, colangiopancreatografia retrograda endoscopica, angiografia
addominale e manometria gastrointestinale e/o
barostato.
Trattamento
La SDAF è incurabile, per questo il trattamento dei
pazienti dovrebbe puntare a ridurre il dolore e
migliorare la qualità della vita (24). Il trattamento si
basa su di un approccio biopsicosociale sulla base
di un partenariato terapeutico tra il paziente e il
medico (10). Il trattamento farmacologico della
SDAF è centrato sugli antidepressivi (7,24). I
seguenti farmaci sono utilizzati sulla base della
nostra comprensione della neurotrasmissione del
dolore viscerale: antidepressivi triciclici (amitriptilina, imipramina e desipramina), antidepressivi
tetraciclici (mianserina), inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (fluoxetina, paroxetina, fluvoxamina, sertralina o escitalopram), inibitori della
ricaptazione della serotonina-norepinéfrina (duloxe-
❖ n. 1 - marzo 2013
tina, milnacipran e venlafaxina) e antidepressivo
noradrenergico e serotoninergico specifico (mirtazapina) (7, 24). Talvolta sono prescritti antipsicotici
(p. es., quetiapina) (24). Gli antidepressivi inibiscono
le attività della matrice del dolore, vengono in aiuto
dei sistemi di controllo discendenti del dolore e contribuiscono probabilmente alla neurogenesi attraverso il fattore neurotrofico di derivazione cerebrale
(7, 24). Tuttavia, a una rassegna sistematica del
DFGI associato a dolore nei bambini e negli adolescenti, il 59% dei partecipanti trattati con amitriptilina dichiarava di sentirsi meglio rispetto al 53% dei
pazienti trattati con placebo (rischio relativo 1.12,
intervallo di confidenza 95%:. 0,77-1,63), e ciò non
rappresentava una differenza significativa (17) La
psicoterapia è una strategia ragionevole per i
pazienti con SDAF (7,24). L’ipnoterapia si è rivelata
molto superiore, in particolare nei bambini affetti da
SCI o SDAF, con una maggiore riduzione nei punteggi del dolore rispetto al trattamento medico
standard (26). Inoltre, un anno di follow-up ha
mostrato che il trattamento era efficace nell’85%
dei pazienti trattati con ipnoterapia contro solo il
25% dei pazienti trattati con terapia convenzionale.
Una review sistematica comprova anche che la
terapia cognitivo-comportamentale può essere efficace nei bambini con dolore addominale ricorrente
(16). Infine, se i pazienti con SDAF presentano una
"sindrome dell'intestino da narcotico" causato da un
aumento paradossale del dolore addominale associato a dosi stabili o crescenti di oppiacei, una disintossicazione apporterebbe dei benefici (12).
Bibliografia
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manual of mental disorders, 4th ed. Washington, DC: American
Psychiatric Association; 2000.
(2) Apkarian AV, Sosa Y, Sonty S, Levy RM, Harden RN, Parrish
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Copyright © 2012-2013 IASP International Association for the Study of Pain
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perspective in the functional gastrointestinal disorders.
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(9) Drossman DA. Chronic functional abdominal pain. Am J
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(10) Drossman DA. The functional gastrointestinal disorders
and the Rome III process. Gastroenterology 2006;
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(11) Drossman DA, Li Z, Andruzzi E, Temple RD, Talley NJ,
Thompson WG, Whitehead WE, Janssens J, Funch-Jensen P,
Corazziari E. U.S. householder survey of functional gastrointestinal disorders. Prevalence, sociodemography, and health
impact. Dig Dis Sci 1993;38:1569–80.
(12) Drossman DA, Morris CB, Edwards H, Wrennall CE,
Weinland SR, Aderoju AO, Kulkarni-Kelapure RR, Hu YJ, Dalton
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Bangdiwala SI. Diagnosis, characterization, and 3-month outcome after detoxification of 39 patients with narcotic bowel syndrome. Am J Gastroenterol 2012; Epub ahead of print.
(13) Fukudo S. Hypothalamic-pituitary-adrenal axis in gastrointestinal physiology. In Johnson LR, editor. Physiology of the
gastrointestinal tract. Oxford: Academic Press; 2012. p.
791–816.
(14) Fukudo S, Kanazawa M. Gene, environment, and brain-gut
interactions in irritable bowel syndrome. J Gastroenterol
Hepatol 2011;26(Suppl3):110–5.
(15) Greenbaum DS, Greenbaum RB, Joseph JG, Natale JE.
Chronic abdominal wall pain. Diagnostic validity and costs. Dig
Dis Sci 1994;39:1935–41. 3
Traduzioni a cura di Lorenza Saini
e Paolo Matteo Angeletti
◗ 29 ◗
dolore4A
ggiornAmenti
clinici
.
Oppiacei e patente di guida
Luca Miceli
Clinica di Anestesiologia e Rianimazione - Azienda Ospedaliero Universitaria di Udine
La diagnosi attuale della SDAF si basa sui criteri di
Roma III (10). I criteri diagnostici della SDAF La
legge 38/2010 (1) ha proiettato l’Italia in prima
fila dal punto di vista normativo rispetto agli altri
Paesi, europei e non solo, sul delicato tema
della terapia antalgica.
L’accesso ai farmaci oppiacei è stato reso più
agevole anche per i pazienti affetti da dolore
cronico benigno, proseguendo un cammino iniziato già nel 2006.
Ma non solo, tale legge prevede anche l’istituzione di specifiche reti di terapia del dolore con
lo scopo, oltre naturalmente al miglioramento
della qualità assistenziale per i pazienti affetti da
dolore di qualsiasi etiologia, di promuovere la
formazione per gli operatori del settore e l’informazione per i cittadini (1).
Non siamo più giustificati nel non ascoltare,
documentare e trattare il dolore dei pazienti
(vedasi, ad esempio, l’indagine dei Nuclei Anti
Sofisticazioni dell’Arma dei Carabinieri, estate
2011, in svariati ospedali italiani per verificare
l’adesione ai dettami della legge 38 stessa).
Una problematica ora emergente, ma non per
questo da sottovalutare, è l’interazione tra il
Codice della Strada e questo nuovo trend di
trattamento del dolore: ricordiamo che in un
prossimo futuro ci saranno, in Italia e nel
mondo, sempre più pazienti in terapia con farmaci antidolorifici alla guida di veicoli a motore.
Questo presuppone che il medico prescrittore,
◗ 30 ◗
le Forze dell’Ordine e soprattutto i pazienti stessi siano correttamente informati sugli aspetti
normativi con cui devono confrontarsi, in particolar modo con l’articolo 187 del Codice della
Strada (CdS) (2) che limita la guida in stato di
alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Una domanda che ci verrà posta sempre più
frequente, nei centri di terapia antalgica, sarà:
“Posso guidare l’auto se assumo farmaci oppiacei o rischio il ritiro della patente?”.
L’articolo suddetto del CdS (2) sanziona il guidatore che presenti una positività biologica (rilevabile generalmente tramite un esame qualitativo
delle urine) alle sostanze stupefacenti o psicotrope, ma solo se ciò determina un’alterazione
dello stato psicofisico del guidatore, vale a dire
che la sola positività nei fluidi corporei a tali
sostanze non è una condizione sufficiente per
la sanzione stessa.
Il nocciolo della questione gravita attorno alla
valutazione dello stato psicofisico del conducente che, se fino all’agosto 2010 (cioè prima
dell’ultimo aggiornamento del CdS) era a cura
prevalentemente del personale sanitario, ora
ricade principalmente sulle Forze dell’Ordine
stesse (fermo restando per loro la possibilità di
appoggiarsi a un medico di riferimento).
Ma, giacché tale visita medica non è più necessaria, siamo sicuri che gli agenti siano addestrati e formati a sufficienza per distinguere, per
❖ n. 1 - marzo 2013
esempio, tra un’alterazione dovuta a sostanze
psicotrope da un’alterazione dovuta invece
all’ansia di essere stati fermati, magari dopo
essere stati coinvolti in un incidente?
Il Ministero dell’Interno si è pronunciato al
riguardo con una Circolare del marzo 2012 (3) in
cui si afferma che il personale più qualificato
per tale valutazione non è la forza pubblica ma
il clinico, e non sempre all’atto pratico ciò accade sulla strada.
Questo può portare come conseguenza a una
certa diffidenza da parte dei pazienti nell’assumere le terapie antidolorifiche, per cui, se non
creiamo una corretta informazione, esiste il
rischio di un effetto boomerang di uno dei punti
principali della legge 38 stessa, quello di incentivare l’utilizzo degli oppiacei per contrastare il
dolore (le problematiche inerenti la possibile
insorgenza di dipendenza in pazienti affetti da
dolore cronico non neoplastico sono state indagate in maniera più che esaustiva negli ultimi
dieci anni e ritengo che non sia questa la sede
di discutere dell’infondatezza di tali timori).
Un aspetto poco noto ai medici prescrittori è
che la tabella ministeriale delle sostanze
stupefacenti e psicotrope comprende, oltre alle
sostanze d’abuso, i farmaci sedativo-ipnotici
(prevalentemente benzodiazepine) (4) e
non solo gli oppiacei: la problematica riguarda
quindi alcuni milioni di pazienti ogni anno
in Italia e non solo le persone in terapia con
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farmaci antidolorifici.
Per quanto concerne la sicurezza di tali molecole per le performance di guida, esiste ormai una
solida letteratura scientifica (5), suffragata
anche da indagini della Comunità Europea (lo
studio DRUID [6] conclusosi nel 2012, segnala
la sicurezza degli oppiacei in formulazioni transdermiche od orali slow release e mette invece
in guardia sull’utilizzo di alcune benzodiazepine)
e da un’accurata disamina eseguita dall’ente
nord europeo ICADTS (7) circa 6 anni or sono,
in cui si paragona la sicurezza sulle performance di guida di molecole quali l’ossicodone ad
oppiacei deboli quali la codeina, superando
quindi morfina, fentanile, tramadolo e la maggioranza degli ansiolitici sotto questo delicato
aspetto.
Tabella 1 - Classificazione ICADTS degli analgesici oppioidi
SOSTANzA
CATEGORIA
Codeina
II
Ossicodone (Oxycontin)
II
Metadone
II
Fentanile (Durogesic)
III
Morfina
III
Tramadolo (Contramal)
III
Quali sono quindi i problemi legali aperti e le
possibili soluzioni? Il primo è naturalmente la
possibilità di venire sanzionati in base all’articolo 187 del CdS qualora si utilizzino farmaci
◗ 31 ◗
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ggiornAmenti
clinici
oppiaci per la terapia antalgica, risolvibile almeno parzialmente con una accurata informazione
e formazione di Forze dell’Ordine (nel loro compito di valutare lo status psicofisico dei conducenti in maniera oggettiva senza pregiudizi
dovuti alla ovvia positività biologica agli oppiacei in questi conducenti) e dei pazienti stessi
(che devono mettersi alla guida solo nel caso in
cui si sentano in grado di farlo in sicurezza);
sarebbe utile per risolvere l’impasse normativa
incentivare le Forze dell’Ordine a sottoporre i
conducenti ad una visita medica per integrare il
loro verbale sintomatologico, oppure dotarli di
mezzi più oggettivi di valutazione delle performance dei conducenti.
Un altro aspetto importante è che le
Compagnie assicurative per la Responsabilità
Civile Auto (RCA) possono esercitare il diritto di
rivalsa in caso di sinistro in cui al conducente
venga sanzionato l’art. 187 del CdS; è altresì
vero che la maggioranza di esse prevede la
possibilità di rinunciarvi a fronte di modeste
integrazioni del premio assicurativo, ma di questo bisogna informare i pazienti quando si prescrivono oppiacei e benzodiazepine.
Non è ancora chiaro dal punto di vista giurisprudenziale se in tale caso il paziente possa rivalersi sul medico prescrittore per non essere stato
adeguatamente informato di tali problematiche,
per cui esistono alcuni moduli di consenso alla
prescrizione di tali farmaci, in uso in alcune realtà italiane: la mia opinione è che tale atteggiamento, sicuramente utile per il medico, possa
però generare un ingiustificato sospetto verso i
farmaci oppiacei stessi da parte dei pazienti,
per cui più che un consenso (del resto in Italia
la legge non ammette ignoranza, e questo vale
sia per i foglietti illustrativi dei farmaci sia per il
◗ 32 ◗
CdS) servirebbe una brochure che chiarisca
tutti questi aspetti, da distribuire ai pazienti.
Ma a quali pazienti? La questione riguarda naturalmente i pazienti che afferiscono ai centri di
terapia antalgica cui prescriviamo farmaci
oppiacei, ma in realtà essi sono solo la punta
dell’iceberg, in quanto, come dimostrato sopra,
sono coinvolte le persone che assumono benzodiazepine (prescritte anche da medici interni,
medici di medicina generale, neurologi, ecc.), i
pazienti che vengono sottoposti a sedazioni per
procedure in day hospital o day surgery, i
pazienti dimessi dal Pronto Soccorso, ecc.
Dobbiamo rimboccarci tutti le maniche e non
fare finta di ignorare il problema anche perché,
come evidenziato da Veldhuijzen sulla rivista
Pain già nel 2006 (8), le persone in preda al dolore hanno delle performance alla guida pessime
e soprattutto non se ne rendono conto, diventando quindi un potenziale pericolo per gli altri
utenti della strada.
Suggerimenti bibliografici
1. http://www.parlamento.it/parlam/leggi/10038l.htm
2. http://www.aci.it/i-servizi/normative/codice-della-strada/titolo-v-norme-di-comportamento/art-187-guida-in-stato-di-alterazione-psico-fisica-per-uso-di-sostanze-stupefacenti.html
3. Circolare Ministero dell’Interno – Dipartimento della
Pubblica Sicurezza- 300/A/1959/12/109/56 del 16/03/2012
4.http://www.salute.gov.it/medicinaliSostanze/paginaInterna
MedicinaliSostanze.jsp?id=7&menu=strumenti
5. Wilhelmi BG, Cohen SP. A framework for "driving under the
influence of drugs" policy for the opioid using driver.Pain
Physician. 2012 Jul;15(3 Suppl):ES215-30. Review
6. http://www.druidproject.eu/cln_031/nn_1109598/Druid/EN/Dissemination/dissemination-node.html?__nnn=true
7. http://www.icadts.nl/reports/medicinaldrugs1.pdf
http://www.icadts.nl/reports/medicinaldrugs2.pdf
8. Veldhuijzen DS, Wijck AJM, Wille F et al. Effect of chronic
nonmalignant pain on highway driving performance. Pain
122(2006): 28-353
❖ n. 1 - marzo 2013
Oppiacei e patente di guida
Considerazioni generali tecnico-giuridiche
Il Gruppo di Studio AISD sulla Legge 38 ha preparato un Advisory in tema di ripercussioni della
terapia con farmaci oppiacei sulla capacità e possibilità di guidare veicoli a motore, disponibile
online nel sito dell’Associazione. All’interno del
Documento è stato inserito l’autorevole commento del Procuratore di Tolmezzo, dottor Giancarlo
Buonocore, che riportiamo integralmente.
Considerazioni generali tecnico-giuridiche,
in riferimento alla guida in stato di alterazione da assunzione di stupefacenti e somministrazione di farmaci antidolorifici, ex
legge n. 30 del 2010
1) benché in linea generale, nel gergo comune, si
parli di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti, è opportuno premettere che la dizione specifica adottata dal legislatore e che, in conseguenza
già di una scelta fonetica, assume valenza precisa è
quella di guida in stato di alterazione psico-fisica per
uso di sostanze stupefacenti; il che, all’evidenza,
non coincide con il semplice uso pregresso di
sostanze classificate ai sensi del D.P.R. n. 309/90
(benché si tenda, non di rado, nella prassi comune,
ad operare una lettura diversa che colleghi “automaticamente” la violazione della norma ad un uso
pregresso di droga); tale specifica dizione, oltre che
nella rubrica dell’articolo 187 del codice della strada, viene testualmente ripresa in ogni capoverso
(della norma
stessa) che descrive la condotta in conseguenza
della quale il legislatore ritiene di prevedere una
sanzione penale (arresto e ammenda), derivandone
che si tratta di una scelta chiara e precisa, che intende sanzionare solo la guida in stato di alterazione; si
legge, infatti, nel primo comma di tale articolo che:
1) Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica
dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l'ammenda da euro 1.500 a euro
6.000 e l'arresto da sei mesi ad un anno.
Più sotto si ribadisce, al comma 1.bis, quanto
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segue:
Se il conducente in stato di alterazione psico-fisica
dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope provoca un incidente stradale.
Solo più avanti, allorché nella norma si disciplinano
le modalità di accertamento, il legislatore adotta
una dizione meno icastica, statuendo che: Quando
gli accertamenti di cui al comma 2
forniscono esito positivo ovvero quando si ha altrimenti ragionevole motivo di ritenere che il conducente del veicolo si trovi sotto l'effetto conseguente all'uso di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Ciò, tuttavia, in nulla revoca la validità di quanto
appena affermato, in considerazione della evoluzione giurisprudenziale della Corte di Cassazione, di
cui al punto seguente.
2) la Corte di Cassazione, sul punto, si è così
espressa:
◆ L'alterazione richiesta per l'integrazione del reato
previsto dall'art. 187 cod. strada esige l'accertamento di uno stato di coscienza semplicemente modificato dall'assunzione di sostanze stupefacenti, che
non coincide necessariamente con una condizione
di intossicazione. Sez. 4, Sentenza n. 16895 del
27/03/2012 Ud. (dep. 04/05/2012 ) Rv. 252377
◆ Ai fini della configurabilità del reato di guida sotto
l'influenza di sostanze stupefacenti, è necessario
che lo stato di alterazione del conducente dell'auto
venga accertato attraverso un esame tecnico su
campioni di liquidi biologici, trattandosi di verifica
che richiede conoscenze di tipo tecnico-specialistico per l'individuazione e la quantificazione della
sostanza. Sez. 4, Sentenza n. 11848 del 02/03/2010
Cc. (dep. 26/03/2010 ) Rv. 246540
◆ Ai fini della configurabilità della contravvenzione
di guida sotto l'influenza di sostanze stupefacenti
(art. 187 del codice della strada), lo stato di alterazione del conducente dell'auto non deve essere
◗ 33 ◗
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ggiornAmenti
clinici
necessariamente accertato attraverso l'espletamento di una specifica analisi medica, ben potendo il
giudice desumerla dagli accertamenti biologici
dimostrativi dell'avvenuta precedente assunzione
dello stupefacente, unitamente all'apprezzamento
delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il
fatto si è verificato
Sez. 4, Sentenza n. 48004 del 04/11/2009 Ud. (dep.
16/12/2009 ) Rv. 245798.
3) Appare, dunque, del tutto plausibile affermare
che, qualora l’assunzione di farmaci di cui alla legge
n. 38 del 2010, in dosaggio controllato, non modifichi in maniera sensibile lo stato di coscienza, determinando un’alterazione psico-fisica del conducente
dell’auto (ciò, beninteso, sulla scorta di documentati studi scientifici che affermino tale principio in
maniera sufficientemente provata), la sola presenza
in caso di analisi, di principi attivi “classificati”, non
determini un’automatica imputazione ai sensi dell’art. 187 CdS sopra citato; è del tutto verosimile
che, in fase di primi accertamenti, la polizia giudiziaria “denuncerà” all’autorità giudiziaria il conducente
controllato, ma è altrettanto presumibile attendersi
che il giudice “prosciolga” il conducente stesso.
4) Sarebbe opportuno “normativizzare” un principio
del genere, prospettando l’eventualità di apportare
una modifica legislativa al testo dell’art. 187, magari inserendo un inciso del tipo “il giudice avrà riguardo (… terrà in considerazione…e simili) alla classificazione del paziente ai sensi dell’art. 2 lett. c)
legge 15 marzo 2010, n. 38 eventualmente inserendo anche l’inciso in riferimento all’art. 41 comma
1.bis D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Si tratta di una modifica che impegna il giudice a
tenere conto della documentata circostanza (ovviamente anteriore all’episodio di guida contestato)
che il conducente era paziente in trattamento farmacologico speciale, con farmaci “classificati” ed
in maniera controllata e monitorata (quanto a
dosaggi e conseguenti effetti psico~neurologici).
5) una diversa interpretazione porterebbe ad escludere dalla guida i pazienti che fossero sottoposti a
◗ 34 ◗
trattamento con farmaci di cui alla legge n.
38/2010; ciò ben sarebbe possibile – in rapporto
anche ai principi generali dell’ordinamento - quali il
secondo inciso della norma “principe” in tema di
salute, ossia l’art. 32 della Costituzione secondo il
quale:…La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti…”, ma
solo qualora effettivamente tali farmaci determinassero una sensibile alterazione, tale da ingenerare una potenziale situazione di pericolo per altri
utenti della strada (e che è la ratio
che legittima il legislatore a proibire la guida in stato
di ebbrezza, una determinata velocità ai neopatentati e simili).
È opportuno rammentare che, qualora, per contro,
la somministrazione dei farmaci antidolorifici “classificati” determinasse una situazione di alterazione
psico-fisica, dovrebbe essere il medico prescrittore/somministratore stesso ad ammonire il paziente,
diffidandolo da porre in essere attività pericolose,
quale certamente è la guida di veicoli su strada.
Infatti la Corte di Cassazione, con recente pronuncia, ha stabilito tale principio cancellando una sentenza della Corte di Appello di Trieste che aveva in
valutazione una pronuncia del Tribunale di GORIZIA
[il caso atteneva alla somministrazione, da parte di
un medico dell’ospedale di Gorizia, di un farmaco
tranquillante (l’EN) che comporta – come effetto
collaterale conosciuto - il c.d. “colpo di sonno”,
senza ammonire il paziente stesso circa la pericolosità di guidare una macchina] ed affermando che
la valutazione del nesso di casualità, proprio in
omaggio ai criteri ermeneutici in tema di nesso
appunto, non era stata convincente, non essendosi
tenuta presente la complessità dell’attività di guida
dell’autoveicolo alla conduzione del quale il paziente aveva subito un incidente, ed ha accolto il ricorso
rinviando ad altra sezione della Corte di Appello, per
una nuova valutazione. Cass., Pen. sez. IV^, 15
gennaio 2007, n. 1025.”3