atro Due novembre - dicembre 2011 a Te er n h c ü B g r o Ge o t o u v l a d o t a v a c i r WOYZECK – EDITORIALE “Non si può governare la complessità con un modello unico… e nemmeno esserne sopraffatti” In questi anni si sono creati fenomeni di svuotamento di portata delle istituzioni culturali, di sottovalutazione della ricaduta della produzione culturale sul bilancio sociale delle comunità, pensando che l’evento rappresentasse “il nuovo” e in quanto tale potesse sostituire la “vecchia” funzione istituzionale esercitata giorno per giorno nella continuità. L’Università, la scuola, la cultura, il teatro, il cinema, l’arte sono stati considerati non come spazi insostituibili per la creazione di un’identità individuale e sociale, ma come un’aggiunta di immagine più che di contenuto di uno Stato, di un Paese, di una Città. Chi fa teatro è in contatto fisico continuo con i cambiamenti in atto; per sua natura non può chiudersi o sottrarsi dall’innescare meccanismi che rimettano al centro i bisogni dell’anima e della mente dell’essere umano, nonostante le priorità decretino da sempre “prima vivere, poi filosofare”… Resistere contro una deriva evidente di valori non basta più, occorre avere un sussulto di ambizione e ripensare come strategia politica la funzione dei luoghi del pensiero e della conoscenza. Creare relazioni e confronti da cui possano nascere nuovi modelli, che si radichino nelle città che cambiano, che ci tengano all’erta sui cambiamenti, che offrano un’alternativa al rumore assordante della “comunicazione” ad ogni costo. Le parole sono importanti e occorre ritrovarne un senso comune, esercitarsi a interrogarle, a capire e a sentirne il perché, oltre gli slogan e l’indignazione. L’indignazione dovremmo dirigerla contro la riduzione del mondo a “economia”, a capitale e finanza e cominciare a invocare una “giustizia estetica” insieme a quella sociale. Vivere nell’emergenza di un eterno presente ci impedisce di immaginare il futuro, spesso di desiderarlo… Il teatro si colloca fin dalle origini a metà strada tra il mercato e il tempio, affonda le sue radici nella nascita della democrazia, ne è espressione e nel suo “piccolo” si impegna ad attuarla nella prassi del vivere e dell’impegno civile. Il concetto di impegno è appartenuto per molto tempo alla figura dell’intellettuale. Una persona che ha come professione l’attività dello spirito può o deve prendere posizione su tutte le questioni di interesse generale come la politica, la morale, la giustizia? Per buona parte del ‘900 diversi intellettuali lo hanno fatto. Oggi si ha l’impressione che non siano più gli intellettuali a essere impegnati ma le collettività, gruppi di persone. Di fronte a mali endemici, alla dittatura consumistica, di fronte al cinismo globale chi inserisce ideali e utopie nei propri discorsi non provoca nessuna illusione. Alla parola si preferiscono spesso gli atti. L’esigenza di risposte su ciò che è intollerabile è diventata più pragmatica che teorica, perché la vita di ognuno di noi ne è toccata e colpita. Nella Primavera Araba è la strada a sollevarsi; in Spagna, negli Stati Uniti e anche a Parma sono gli indignati a manifestare. Ci sono pochi leader, pochi oratori con formule definitive. Sono in atto sconvolgimenti di fondo. Diremmo, del profondo. Tra gli artisti molti considerano da molto tempo la questione dell’impegno come qualcosa di datato. E’ sul terreno della propria arte che ognuno preferisce mettere tutta l’energia perché l’arte - si dice - è impegno in sé . Abbiamo cercato di realizzare una stagione con una certa ricchezza di senso, di gesti e di storie, dove poetica e politica siano alleate. Posto ad incipit della Stagione 2011/2012, Teatro Festival apre quesiti, stimola domande, pone interrogativi. Con una ricerca che scava nei meandri dell’animo umano e della realtà che lo circonda, sociale, naturale, storica, la nuova edizione di Teatro Festival incrocia le esperienze più significative della scena contemporanea, dal teatro fisico alla performance-lezione, dal monologo interiore al lavoro collettivo di attivazione del testo, dal Teatro Noh alla lettura poetica. Ci sono i grandi temi sociali, il denaro e la corruzione in primis raccontati da Aristofane, Molière, Dürrenmatt e da una creazione dal titolo Così fan tutti! che compie un rapido viaggio tra ‘800 e ‘900 con scene da Giraudoux, Becque, Molnar e dal Dickens di Tempi difficili, uno dei suoi romanzi più belli. Ci sono la violenza e la spietatezza di una società in piena crisi economica che esplodono nella grande metafora della maratona di ballo di Non si uccidono così anche i cavalli? tratto dal romanzo di Horace McCoy e reso famoso dal film di Sidney Pollack. Ci sono storie di abusi e soprusi nel Blackbird di Harrower o raccontate in Odore di santità dalla sensibilità chirurgica di Laura Forti - a cui Teatro Due dedica quest’anno un focus d’autore . C’è la precarietà del lavoro e il ricatto sociale messo in scena da Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa in 18 mila giorni - Il pitone. Tormentate vicende di coppia ne Un tram che si chiama desiderio di Tennessee Williams o nel raffinato gioco di ruoli del L’amante di Pinter messo in scena da Massimiliano Farau con Graziano Piazza e Mascia Musy. Incomunicabilità e conflitti generazionali in Tale madre, tale figlia di Laura Forti o ne Il sacro della primavera, creazione di Michela Lucenti tratta dal capolavoro di Stravinskij; l’impossibilità ad agire nell’Elektra di Hofmannstal interpretata da Elisabetta Pozzi. Ci sono riscritture dai classici come Romeo & Giulietta - Nati sotto contraria stella in cui un’improbabile compagnia di vecchi attori cerca di mettere in scena il drammatico amore dei due giovani veronesi, o L’amore segreto di Ofelia dove Berkoff compone un carteggio carnale e sarcastico tra Ofelia e Amleto. C’è il senso del vuoto in un Woyzeck costruito da una comunità in continuo movimento, etero-diretta da un inquietante maestro di cerimonie. E mentre l’ensemble musicale Berlin Comedian Harmonists – ricostituitisi settant’anni dopo sulla scia del gruppo che il Nazismo aveva costretto a ritirarsi dalle scene per via di alcuni componenti ebrei – ci incanta con canzoni degli anni ‘20 e ‘30 e incursioni nella tradizione classica e popolare internazionale, i musicisti di Duel, armati di pianoforte, violoncello, grimaldello e sedia a sdraio prendono letteralmente a picconate la storia della musica, in un concerto surreale e virtuosistico che ci obbliga alla sospensione dell’incredulità. E alla fine c’è il principio… Bereshit, l’inizio della storia del mondo che il re delle bolle di sapone Pep Bou crea giocando con il fisico Jorge Wagensberg, docente dell’Università di Barcellona, dove guida un gruppo di ricerca di biofisica e insegna teoria dei processi irreversibili. Che altro aggiungere?! Ci auguriamo che i nostri spettatori, i cittadini del mondo continuino a voler “restare pensanti”, come auspicava James Hillman. Paola Donati Direttore Fondazione Teatro Due Questo Woyzeck costituisce la prima tappa del progetto che Balletto Civile dedica all’autore tedesco, lavorando sull’incarnazione dei suoi testi, densi di un malessere contemporaneo e di un continuo senso di mistero. Capolavoro incompiuto e ancora oggi testo di culto, Woyzeck è un dramma attualissimo, poetico e bizzarramente scientifico, che dispiega pensieri moderni e rivoluzionari. La scrittura di Büchner trova forza in una spiazzante conoscenza dell’animo umano e nella sua capacità di stare sempre sul limite, non percepibile, tra libero arbitrio e disagio mentale. Un dramma che non si limita ad indagare il fascino dell’assurdo, l’ingiustizia della violenza o l’oppressione del militarismo: Woyzeck non è un personaggio semplicemente inserito in un meccanismo crudele e preciso, ma creatura di un mondo che, pur non assomigliando esattamente al nostro, contiene un’inquietudine e un malessere che conosciamo e ci appartengono. Costruito come un organismo brulicante di situazioni, Woyzeck è una scena-processo in continuo movimento. Büchner attraversa con le sue parole il materiale fisico come uno scalpello che entri nella materia per sfrondare, per togliere il superfluo e trovare l’opera. Il testo, nella nuova traduzione di Alessandro Berti, frutto anche dell’elaborazione durante le prove, fornisce la materia per costruire un dramma a stazioni, una via crucis dove le parole, con la loro portata visionaria, si fanno spazio in una densità scenica comunitaria, patteggiano con l’urgenza dei corpi, che si faranno personaggi dentro un’azione semplice ma profonda. In un impianto scenico essenziale, modificato dagli attori, il suono è richiamo, colonna sonora originale creata dalla voce viva, un linguaggio fisico, propulsore di ogni riverbero emotivo. La collaborazione fra Fondazione Teatro Due e Balletto Civile, al suo terzo anno di residenza artistica presso Teatro Due, è sfociata nella realizzazione del progetto Corpo a Corpo (2010/2012), un “cantiere intensivo” triennale pensato per unire formazione e ricerca, con la finalità di creare un ensemble di teatro fisico fondato su una nuova idea di drammaturgia del corpo. Woyzeck – ricavato dal vuoto e Il sacro della primavera sono i primi due lavori scaturiti da questi intendimenti. Il lavoro si svilupperà ulteriormente nella creazione di Non si uccidono così anche i cavalli? nuova traduzione Alessandro Berti con Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Andrea Coppone Francesco Gabrielli, Raffaele Gangale, Filippo Gessi Michela Lucenti, Carlo Massari, Gianluca Pezzino Emanuela Serra musiche originali Mauro Montalbetti luci Stefano Mazzanti ideazione, scrittura fisica e messa in scena Michela Lucenti produzione Fondazione Teatro Due - Balletto Civile PRIMA NAZIONALE 19 novembre 2011 ore 19.00 22 novembre 2011 ore 16.00 dal 21 novembre al 4 dicembre 2011 ore 21.00 A R E V A M I R P A L L E D O R C A S IL i t r o F a Laur foto Pietro Bandini À T I T N A S I D E R ODO da La sagra della primavera di Igor Stravinskij danzato e creato da Andrea Capaldi, Ambra Chiarello Andrea Coppone, Massimiliano Frascà Francesco Gabrielli, Sara Ippolito Francesca Lombardo, Carlo Massari Gianluca Pezzino, Livia Porzio Emanuela Serra, Giulia Spattini Chiara Taviani, Teresa Timpano incursioni sonore Maurizio Camilli ideazione e coreografia Michela Lucenti produzione Balletto Civile SPETTACOLO VINCITORE PREMIO ROMA DANZA 2011 26 e 27 novembre 2011, ore 19.00 3 e 4 dicembre 2011, ore 18.00 Un balletto per eccellenza e un fiasco per eccellenza. Alla sua prima rappresentazione La sagra della primavera è stata un insuccesso, ha provocato una rissa. Perché è un’opera d’avanguardia, giovane, nata per distruggere le tradizioni. Si dice che la musica contemporanea sia nata con essa. Stravinskij dichiarò che ebbe una visione prima di scrivere quest’opera: un rituale in cui un cerchio di anziani saggi osservava una vergine che doveva danzare fino a morire. Una meravigliosa metafora del nostro tempo, di questa generazione che attende obbligata allo stallo, osservata, spiata, pesata, vergine perché impossibilitata a fare da sola. Ora l’urgenza è più grande. La nostra generazione non può più attendere, f***off! I cicli naturali si invertono, i vecchi ci osservano e noi invecchiamo senza sbocciare, in uno stallo esistenziale che ci chiede sempre di attendere pazienti e comprensivi, facendoci credere che sia naturale. Non è naturale. Lasciamo definitivamente i padri, come si lascia l’inverno e smettiamo di essere figli. Che il rito propiziatorio avvenga con il nostro sudore che ha nutrito la pazienza. È il nostro tempo e ce lo riprendiamo. Gli antenati saranno d’accordo con noi. Il sacro della primavera è un lavoro di gruppo, ma nella grande corsa si è perdutamente soli. Il corpo si sbilancia, cade nel desiderio di abbracciare tutto lo spazio “digeribile”. Ci si sposta, ci si incastra per rimanere in piedi, aggrappati gli uni agli altri, ci si aggroviglia, si cammina sugli altri, ma non è sopraffazione, è sostegno, urgenza, compassione. Ognuno perde forza ma solo per brevi attimi, subito rimesso in piedi dagli altri. Stravinskij mescolato al resto dei suoni del mondo. Alla grande cacofonia. Un dj set con irriverenti incursioni, per dissacrare la “Sagra” e reinventare un nuovo “Sacro”. Michela Lucenti - Balletto Civile con Salvatore Cantalupo scene e costumi Fabiana Di Marco luci Luca Bronzo regia Massimiliano Farau produzione Fondazione Teatro Due PRIMA NAZIONALE 24, 25, 27, 29, 30 novembre e 4 dicembre 2011, ore 21.00 26 novembre e 3 dicembre 2011, ore 19.00 1 e 2 dicembre 2011, ore 20.00 Un prete si confessa a un Arcivescovo: parla della solitudine, dell’infanzia, del sacerdozio, degli abusi subiti, di quelli inferti. Seguendo il racconto della sua lenta e inconsapevole deriva verso il male assoluto, da bambino incapace di dire “no” ad adulto impossibilitato ai sentimenti, in Odore di santità il pubblico viene portato nella mente e nell’anima di un uomo di Dio, di un assassino, che prende la forma di una strana, raggelata stanza dei giochi. Un coagulo di memorie infantili mai articolate in coscienza adulta, uno sconcerto di voci dal passato che reclamano attenzione. La banalità del male assume l’aspetto di un bambino sensibile, intrappolato in un corpo adulto e tormentato, portato in scena da Salvatore Cantalupo (già interprete del film Gomorra del 2008 di Matteo Garrone, recentemente Don Mario in Corpo celeste, lungometraggio di Alice Rohrwacher del 2011). Le prime cose che mi hanno colpito nel leggere il potente testo di Laura Forti sono proprio gli odori. E i sapori. Il minestrone che la mamma del protagonista prepara inesorabilmente ogni sera (sembra di sentirlo quel gusto rassicurante ma come un po’ stantio); la salsiccia spalmata sul pane durante i pomeriggi di gioco (in cui per la prima volta assapora, insieme alla voluttà di quella poltiglia di carne anche il piacere di far soffrire qualcuno); e poi quel misto di sudore e amido per camicie che assale le narici del bambino quando si accosta al prete (il ragazzino crede che in quello consista l’odore di santità); infine il profumo di rosa, fra dolciastro e marcescente, che spande attorno a sé la prima donna capace di affascinare l’ex-bambino diventato ormai adulto, e prete a sua volta. Odori che contengono in sé una strana ambivalenza, che sono insieme inebrianti e un po’ nauseabondi, familiari ma capaci di stordire. E questi odori abitano ambienti desolati e come sospesi: cortili di caseggiati popolari, colonie estive, sagrestie, aule di seminari, refettori, corridoi di vecchie scuole, dormitori, modeste canoniche; luoghi spesso colti in una specie di tempo fermo, in uno iato dell’esistenza o in un torpore della coscienza in cui tutto è possibile, e può accadere di attraversare, con leggerezza e distrazione, soglie da cui non si torna indietro. Odore di santità racconta questa lenta e inconsapevole deriva verso il male assoluto di un bambino incapace di dire “no”, che ha capito che il solo modo per placare la sua angoscia, per sentirsi meno solo e indifeso, è quello di compiacere gli adulti che lo circondano, di anticipare le loro aspettative e soddisfarle. Dimenticando se stesso. E al di sopra di tutto un Dio che non irradia alcun amore, neanche lui. Massimiliano Farau NASCE IL BLOG DI TEATRO DUE una finestra sulle attività di Fondazione Teatro Due con contributi speciali, interviste, dossier da integrare, commentare e condividere! WWW.TEATRODUE.ORG ne a f o t s i r A NOVEMBRE E N A R E L Atene nel 405 a. C. è una città in mano alla corruzione. Lentamente si sgretola quello che per secoli era stata considerata la radice della modernità e un prezioso caso di raffinatezza culturale. Aristofane ingaggia Dioniso, Dio del teatro e della doppiezza, e lo spedisce in viaggio nell’Ade alla ricerca di almeno uno degli antichi poeti-tragediografi che, resuscitando, possa restituire alla città i valori perduti. Le rane ci parla con ironia di una società in decadimento, e racconta un viaggio per la salvezza della polis che Aristofane crede attuabile attraverso il teatro. L’Ensemble di Fondazione Teatro Due attiva, e non attualizza, questo testo antico, proponendolo a noi, figli di un pragmatismo miope e orfani di miti, in gran parte logori. Non si tratta di piegare Aristofane per parlare dell’oggi, ma al contrario, di utilizzare la nostra contemporaneità tutta, per cercare i nostri Eschilo e Euripide, e riscoprire Aristofane. musiche Alessandro Nidi scene Alberto Favretto costumi Marzia Paparini luci Luca Bronzo produzione Fondazione Teatro Due PRIMA NAZIONALE 26 novembre, 1, 2 e 3 dic. 2011, ore 21.00 27 novembre e 4 dicembre 2011, ore 16.00 Per riflettere sulle contraddizioni e sulla crisi di valori, è più utile un film come Accattone o come Schindler’s list? È meglio affidarsi incondizionatamente alla forza dirompente dei giovani che vedono nei vecchi stanchezza e corruzione, o alla saggezza e morigeratezza dei vecchi che vedono nei giovani assenza di radici e di interessi? Ma se i giovani sono già disponibili a farsi corrompere e i vecchi non sono più morigerati? Se alla dialettica si è sostituita la rissa? Se alla volgarizzazione dei grandi problemi, la demagogia? Se non ci sono più intellettuali di supporto alla politica? Se la politica non produce più interesse per gli intellettuali? Se il futuro non è più una meta? Se il passato appare solo come una cassaforte di tesori perduti? Se le acque sempre burrascose delle democrazie sono diventate stagnanti e pian pian risalgono in superficie, dal fondo, gli escrementi? Se il sarcasmo di Woody Allen è il cinico specchio del presente?” Sulla scena portiamo questo un dibattito, mantenendo il testo originale di Aristofane con l’aggiunta di alcuni estratti dei due autori-avversari (Eschilo e Euripide), per aiutare quel pubblico che oggi non ha più riferimenti così immediati nella memoria. Gigi Dall’Aglio DUE O R T A E T L E D O DIVENTA AMIC NTE RE ATTIVAME A P I C E T R A P PER EL TEATRO ALLA VITA D RG TEATRODUE.O . W W W O F N I PER DICEMBRE interpretato e diretto da Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani Laura Cleri, Gigi Dall’Aglio, Luca Nucera Tania Rocchetta, Marcello Vazzoler 18 V ore 21.00 A MIO PADRE / UNA VITA IN VERSI 19 S ore 18.00 ore 19.00 ore 21.00 DECONSTRUCTING PINOCCHIO WOYZECK – ricavato dal vuoto BERESHIT – la storia più bella del cosmo 20 D ore 16.00 ore 16.30 ore 18.00 WOYZECK – ricavato dal vuoto DECONSTRUCTING PINOCCHIO BERESHIT – la storia più bella del cosmo 22 M ore 21.00 WOYZECK – ricavato dal vuoto 23 M ore 21.00 WOYZECK – ricavato dal vuoto 24 G ore 21.00 ore 20.00 ore 21.00 WOYZECK – ricavato dal vuoto A MIO PADRE / CASA D’ALTRI ODORE DI SANTITÀ 25 V ore 21.00 ore 21.00 WOYZECK – ricavato dal vuoto ODORE DI SANTITÀ 26 S ore 21.00 ore 19.00 ore 19.00 ore 21.00 LE RANE IL SACRO DELLA PRIMAVERA ODORE DI SANTITÀ WOYZECK – ricavato dal vuoto 27 D ore 16.00 ore 19.00 ore 21.00 ore 21.00 LE RANE IL SACRO DELLA PRIMAVERA ODORE DI SANTITÀ WOYZECK – ricavato dal vuoto 29 M ore 21.00 ore 21.00 WOYZECK – ricavato dal vuoto ODORE DI SANTITÀ 30 M ore 21.00 ore 21.00 WOYZECK – ricavato dal vuoto ODORE DI SANTITÀ 01 G ore 20.00 ore 21.00 ore 21.00 ODORE DI SANTITÀ LE RANE WOYZECK – ricavato dal vuoto 02 V ore 20.00 ore 21.00 ore 21.00 ODORE DI SANTITÀ LE RANE WOYZECK – ricavato dal vuoto 03 S ore 18.00 ore 19.00 ore 21.00 ore 21.00 IL SACRO DELLA PRIMAVERA ODORE DI SANTITÀ LE RANE WOYZECK – ricavato dal vuoto 04 D ore 16.00 ore 18.00 ore 21.00 ore 21.00 LE RANE IL SACRO DELLA PRIMAVERA ODORE DI SANTITÀ WOYZECK – ricavato dal vuoto TEATRO FESTIVAL 1 1 0 2 L A V TI S E F O R T A E T A M M A R G O R P Teatro Festival in redazione Maria Giulia Guiducci Sophie Wolski Francesca Laureri progetto grafico Alessandra Formato chiuso il 4/11/2011 stampa Tipografia Donati Fondazione Teatro Due Viale Basetti 12/a – 43121 Parma Tel. 0521/208088 [email protected] www.teatrodue.org Biglietteria Teatro Due Tel. 0521/230242 [email protected] Comune di Parma Assessorato alla Cultura