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WOYZECK –
EDITORIALE
“Non si può governare la complessità con un modello unico…
e nemmeno esserne sopraffatti”
In questi anni si sono creati fenomeni di svuotamento di portata delle istituzioni
culturali, di sottovalutazione della ricaduta della produzione culturale sul
bilancio sociale delle comunità, pensando che l’evento rappresentasse “il
nuovo” e in quanto tale potesse sostituire la “vecchia” funzione istituzionale
esercitata giorno per giorno nella continuità.
L’Università, la scuola, la cultura, il teatro, il cinema, l’arte sono stati considerati
non come spazi insostituibili per la creazione di un’identità individuale e sociale,
ma come un’aggiunta di immagine più che di contenuto di uno Stato, di un
Paese, di una Città.
Chi fa teatro è in contatto fisico continuo con i cambiamenti in atto; per sua
natura non può chiudersi o sottrarsi dall’innescare meccanismi che rimettano
al centro i bisogni dell’anima e della mente dell’essere umano, nonostante le
priorità decretino da sempre “prima vivere, poi filosofare”… Resistere contro una
deriva evidente di valori non basta più, occorre avere un sussulto di ambizione
e ripensare come strategia politica la funzione dei luoghi del pensiero e della
conoscenza. Creare relazioni e confronti da cui possano nascere nuovi modelli,
che si radichino nelle città che cambiano, che ci tengano all’erta sui cambiamenti,
che offrano un’alternativa al rumore assordante della “comunicazione” ad
ogni costo. Le parole sono importanti e occorre ritrovarne un senso comune,
esercitarsi a interrogarle, a capire e a sentirne il perché, oltre gli slogan e
l’indignazione. L’indignazione dovremmo dirigerla contro la riduzione del
mondo a “economia”, a capitale e finanza e cominciare a invocare una “giustizia
estetica” insieme a quella sociale. Vivere nell’emergenza di un eterno presente
ci impedisce di immaginare il futuro, spesso di desiderarlo…
Il teatro si colloca fin dalle origini a metà strada tra il mercato e il tempio, affonda
le sue radici nella nascita della democrazia, ne è espressione e nel suo “piccolo”
si impegna ad attuarla nella prassi del vivere e dell’impegno civile. Il concetto
di impegno è appartenuto per molto tempo alla figura dell’intellettuale. Una
persona che ha come professione l’attività dello spirito può o deve prendere
posizione su tutte le questioni di interesse generale come la politica, la morale,
la giustizia?
Per buona parte del ‘900 diversi intellettuali lo hanno fatto. Oggi si ha
l’impressione che non siano più gli intellettuali a essere impegnati ma
le collettività, gruppi di persone. Di fronte a mali endemici, alla dittatura
consumistica, di fronte al cinismo globale chi inserisce ideali e utopie nei propri
discorsi non provoca nessuna illusione. Alla parola si preferiscono spesso gli
atti.
L’esigenza di risposte su ciò che è intollerabile è diventata più pragmatica che
teorica, perché la vita di ognuno di noi ne è toccata e colpita. Nella Primavera
Araba è la strada a sollevarsi; in Spagna, negli Stati Uniti e anche a Parma sono
gli indignati a manifestare. Ci sono pochi leader, pochi oratori con formule
definitive. Sono in atto sconvolgimenti di fondo. Diremmo, del profondo.
Tra gli artisti molti considerano da molto tempo la questione dell’impegno
come qualcosa di datato. E’ sul terreno della propria arte che ognuno preferisce
mettere tutta l’energia perché l’arte - si dice - è impegno in sé .
Abbiamo cercato di realizzare una stagione con una certa ricchezza di senso, di
gesti e di storie, dove poetica e politica siano alleate.
Posto ad incipit della Stagione 2011/2012, Teatro Festival apre quesiti, stimola
domande, pone interrogativi. Con una ricerca che scava nei meandri dell’animo
umano e della realtà che lo circonda, sociale, naturale, storica, la nuova
edizione di Teatro Festival incrocia le esperienze più significative della scena
contemporanea, dal teatro fisico alla performance-lezione, dal monologo
interiore al lavoro collettivo di attivazione del testo, dal Teatro Noh alla lettura
poetica.
Ci sono i grandi temi sociali, il denaro e la corruzione in primis raccontati da
Aristofane, Molière, Dürrenmatt e da una creazione dal titolo Così fan tutti!
che compie un rapido viaggio tra ‘800 e ‘900 con scene da Giraudoux, Becque,
Molnar e dal Dickens di Tempi difficili, uno dei suoi romanzi più belli. Ci sono la
violenza e la spietatezza di una società in piena crisi economica che esplodono
nella grande metafora della maratona di ballo di Non si uccidono così anche i
cavalli? tratto dal romanzo di Horace McCoy e reso famoso dal film di Sidney
Pollack.
Ci sono storie di abusi e soprusi nel Blackbird di Harrower o raccontate in Odore
di santità dalla sensibilità chirurgica di Laura Forti - a cui Teatro Due dedica
quest’anno un focus d’autore . C’è la precarietà del lavoro e il ricatto sociale
messo in scena da Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa in 18 mila giorni
- Il pitone. Tormentate vicende di coppia ne Un tram che si chiama desiderio
di Tennessee Williams o nel raffinato gioco di ruoli del L’amante di Pinter
messo in scena da Massimiliano Farau con Graziano Piazza e Mascia Musy.
Incomunicabilità e conflitti generazionali in Tale madre, tale figlia di Laura Forti
o ne Il sacro della primavera, creazione di Michela Lucenti tratta dal capolavoro
di Stravinskij; l’impossibilità ad agire nell’Elektra di Hofmannstal interpretata da
Elisabetta Pozzi.
Ci sono riscritture dai classici come Romeo & Giulietta - Nati sotto contraria
stella in cui un’improbabile compagnia di vecchi attori cerca di mettere in scena
il drammatico amore dei due giovani veronesi, o L’amore segreto di Ofelia
dove Berkoff compone un carteggio carnale e sarcastico tra Ofelia e Amleto.
C’è il senso del vuoto in un Woyzeck costruito da una comunità in continuo
movimento, etero-diretta da un inquietante maestro di cerimonie.
E mentre l’ensemble musicale Berlin Comedian Harmonists – ricostituitisi
settant’anni dopo sulla scia del gruppo che il Nazismo aveva costretto a ritirarsi
dalle scene per via di alcuni componenti ebrei – ci incanta con canzoni degli
anni ‘20 e ‘30 e incursioni nella tradizione classica e popolare internazionale, i
musicisti di Duel, armati di pianoforte, violoncello, grimaldello e sedia a sdraio
prendono letteralmente a picconate la storia della musica, in un concerto
surreale e virtuosistico che ci obbliga alla sospensione dell’incredulità.
E alla fine c’è il principio… Bereshit, l’inizio della storia del mondo che il re delle
bolle di sapone Pep Bou crea giocando con il fisico Jorge Wagensberg, docente
dell’Università di Barcellona, dove guida un gruppo di ricerca di biofisica e
insegna teoria dei processi irreversibili.
Che altro aggiungere?! Ci auguriamo che i nostri spettatori, i cittadini del mondo
continuino a voler “restare pensanti”, come auspicava James Hillman.
Paola Donati
Direttore Fondazione Teatro Due
Questo Woyzeck costituisce la prima tappa del progetto che Balletto Civile dedica all’autore
tedesco, lavorando sull’incarnazione dei suoi testi, densi di un malessere contemporaneo e di
un continuo senso di mistero. Capolavoro incompiuto e ancora oggi testo di culto, Woyzeck è
un dramma attualissimo, poetico e bizzarramente scientifico, che dispiega pensieri moderni
e rivoluzionari. La scrittura di Büchner trova forza in una spiazzante conoscenza dell’animo
umano e nella sua capacità di stare sempre sul limite, non percepibile, tra libero arbitrio e
disagio mentale.
Un dramma che non si limita ad indagare il fascino dell’assurdo, l’ingiustizia della violenza
o l’oppressione del militarismo: Woyzeck non è un personaggio semplicemente inserito
in un meccanismo crudele e preciso, ma creatura di un mondo che, pur non assomigliando
esattamente al nostro, contiene un’inquietudine e un malessere che conosciamo e ci
appartengono.
Costruito come un organismo brulicante di situazioni, Woyzeck è una scena-processo in
continuo movimento. Büchner attraversa con le sue parole il materiale fisico come uno scalpello
che entri nella materia per sfrondare, per togliere il superfluo e trovare l’opera. Il testo, nella
nuova traduzione di Alessandro Berti, frutto anche dell’elaborazione durante le prove, fornisce
la materia per costruire un dramma a stazioni, una via crucis dove le parole, con la loro portata
visionaria, si fanno spazio in una densità scenica comunitaria, patteggiano con l’urgenza dei
corpi, che si faranno personaggi dentro un’azione semplice ma profonda.
In un impianto scenico essenziale, modificato dagli attori, il suono è richiamo, colonna sonora
originale creata dalla voce viva, un linguaggio fisico, propulsore di ogni riverbero emotivo.
La collaborazione fra Fondazione Teatro Due e Balletto Civile, al suo terzo anno di residenza
artistica presso Teatro Due, è sfociata nella realizzazione del progetto Corpo a Corpo
(2010/2012), un “cantiere intensivo” triennale pensato per unire formazione e ricerca, con la
finalità di creare un ensemble di teatro fisico fondato su una nuova idea di drammaturgia del
corpo. Woyzeck – ricavato dal vuoto e Il sacro della primavera sono i primi due lavori scaturiti
da questi intendimenti. Il lavoro si svilupperà ulteriormente nella creazione di Non si uccidono
così anche i cavalli?
nuova traduzione Alessandro Berti
con
Maurizio Camilli, Andrea Capaldi, Andrea Coppone
Francesco Gabrielli, Raffaele Gangale, Filippo Gessi
Michela Lucenti, Carlo Massari, Gianluca Pezzino
Emanuela Serra
musiche originali Mauro Montalbetti
luci Stefano Mazzanti
ideazione, scrittura fisica e messa in scena Michela Lucenti
produzione Fondazione Teatro Due - Balletto Civile
PRIMA NAZIONALE
19 novembre 2011 ore 19.00
22 novembre 2011 ore 16.00
dal 21 novembre al 4 dicembre 2011 ore 21.00
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foto Pietro Bandini
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da La sagra della primavera
di Igor Stravinskij
danzato e creato da
Andrea Capaldi, Ambra Chiarello
Andrea Coppone, Massimiliano Frascà
Francesco Gabrielli, Sara Ippolito
Francesca Lombardo, Carlo Massari
Gianluca Pezzino, Livia Porzio
Emanuela Serra, Giulia Spattini
Chiara Taviani, Teresa Timpano
incursioni sonore Maurizio Camilli
ideazione e coreografia Michela Lucenti
produzione Balletto Civile
SPETTACOLO VINCITORE
PREMIO ROMA DANZA 2011
26 e 27 novembre 2011, ore 19.00
3 e 4 dicembre 2011, ore 18.00
Un balletto per eccellenza e un fiasco per eccellenza. Alla sua prima
rappresentazione La sagra della primavera è stata un insuccesso, ha provocato
una rissa. Perché è un’opera d’avanguardia, giovane, nata per distruggere le
tradizioni. Si dice che la musica contemporanea sia nata con essa.
Stravinskij dichiarò che ebbe una visione prima di scrivere quest’opera: un
rituale in cui un cerchio di anziani saggi osservava una vergine che doveva
danzare fino a morire.
Una meravigliosa metafora del nostro tempo, di questa generazione che
attende obbligata allo stallo, osservata, spiata, pesata, vergine perché
impossibilitata a fare da sola. Ora l’urgenza è più grande.
La nostra generazione non può più attendere, f***off!
I cicli naturali si invertono, i vecchi ci osservano e noi invecchiamo senza
sbocciare, in uno stallo esistenziale che ci chiede sempre di attendere pazienti
e comprensivi, facendoci credere che sia naturale. Non è naturale.
Lasciamo definitivamente i padri, come si lascia l’inverno e smettiamo di essere
figli. Che il rito propiziatorio avvenga con il nostro sudore che ha nutrito la
pazienza. È il nostro tempo e ce lo riprendiamo. Gli antenati saranno d’accordo
con noi.
Il sacro della primavera è un lavoro di gruppo, ma nella grande corsa si è
perdutamente soli. Il corpo si sbilancia, cade nel desiderio di abbracciare
tutto lo spazio “digeribile”. Ci si sposta, ci si incastra per rimanere in piedi,
aggrappati gli uni agli altri, ci si aggroviglia, si cammina sugli altri, ma non
è sopraffazione, è sostegno, urgenza, compassione. Ognuno perde forza ma
solo per brevi attimi, subito rimesso in piedi dagli altri.
Stravinskij mescolato al resto dei suoni del mondo. Alla grande cacofonia.
Un dj set con irriverenti incursioni, per dissacrare la “Sagra” e reinventare un
nuovo “Sacro”.
Michela Lucenti - Balletto Civile
con Salvatore Cantalupo
scene e costumi Fabiana Di Marco
luci Luca Bronzo
regia Massimiliano Farau
produzione Fondazione Teatro Due
PRIMA NAZIONALE
24, 25, 27, 29, 30 novembre e 4 dicembre 2011, ore 21.00
26 novembre e 3 dicembre 2011, ore 19.00
1 e 2 dicembre 2011, ore 20.00
Un prete si confessa a un Arcivescovo: parla della solitudine,
dell’infanzia, del sacerdozio, degli abusi subiti, di quelli inferti.
Seguendo il racconto della sua lenta e inconsapevole deriva verso
il male assoluto, da bambino incapace di dire “no” ad adulto
impossibilitato ai sentimenti, in Odore di santità il pubblico viene
portato nella mente e nell’anima di un uomo di Dio, di un assassino,
che prende la forma di una strana, raggelata stanza dei giochi. Un
coagulo di memorie infantili mai articolate in coscienza adulta,
uno sconcerto di voci dal passato che reclamano attenzione.
La banalità del male assume l’aspetto di un bambino sensibile,
intrappolato in un corpo adulto e tormentato, portato in scena
da Salvatore Cantalupo (già interprete del film Gomorra del 2008
di Matteo Garrone, recentemente Don Mario in Corpo celeste,
lungometraggio di Alice Rohrwacher del 2011).
Le prime cose che mi hanno colpito nel leggere il potente testo
di Laura Forti sono proprio gli odori. E i sapori. Il minestrone
che la mamma del protagonista prepara inesorabilmente ogni
sera (sembra di sentirlo quel gusto rassicurante ma come un po’
stantio); la salsiccia spalmata sul pane durante i pomeriggi di
gioco (in cui per la prima volta assapora, insieme alla voluttà di
quella poltiglia di carne anche il piacere di far soffrire qualcuno); e
poi quel misto di sudore e amido per camicie che assale le narici
del bambino quando si accosta al prete (il ragazzino crede che
in quello consista l’odore di santità); infine il profumo di rosa, fra
dolciastro e marcescente, che spande attorno a sé la prima donna
capace di affascinare l’ex-bambino diventato ormai adulto, e prete
a sua volta. Odori che contengono in sé una strana ambivalenza,
che sono insieme inebrianti e un po’ nauseabondi, familiari ma
capaci di stordire.
E questi odori abitano ambienti desolati e come sospesi:
cortili di caseggiati popolari, colonie estive, sagrestie, aule di
seminari, refettori, corridoi di vecchie scuole, dormitori, modeste
canoniche; luoghi spesso colti in una specie di tempo fermo, in
uno iato dell’esistenza o in un torpore della coscienza in cui tutto
è possibile, e può accadere di attraversare, con leggerezza e
distrazione, soglie da cui non si torna indietro.
Odore di santità racconta questa lenta e inconsapevole deriva verso
il male assoluto di un bambino incapace di dire “no”, che ha capito
che il solo modo per placare la sua angoscia, per sentirsi meno
solo e indifeso, è quello di compiacere gli adulti che lo circondano,
di anticipare le loro aspettative e soddisfarle. Dimenticando se
stesso.
E al di sopra di tutto un Dio che non irradia alcun amore, neanche
lui.
Massimiliano Farau
NASCE IL BLOG DI TEATRO DUE
una finestra sulle attività di Fondazione Teatro Due
con contributi speciali, interviste, dossier
da integrare, commentare e condividere!
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Atene nel 405 a. C. è una città in mano alla corruzione. Lentamente si sgretola quello
che per secoli era stata considerata la radice della modernità e un prezioso caso di
raffinatezza culturale. Aristofane ingaggia Dioniso, Dio del teatro e della doppiezza, e lo
spedisce in viaggio nell’Ade alla ricerca di almeno uno degli antichi poeti-tragediografi
che, resuscitando, possa restituire alla città i valori perduti. Le rane ci parla con ironia
di una società in decadimento, e racconta un viaggio per la salvezza della polis che
Aristofane crede attuabile attraverso il teatro.
L’Ensemble di Fondazione Teatro Due attiva, e non attualizza, questo testo antico,
proponendolo a noi, figli di un pragmatismo miope e orfani di miti, in gran parte logori.
Non si tratta di piegare Aristofane per parlare dell’oggi, ma al contrario, di utilizzare
la nostra contemporaneità tutta, per cercare i nostri Eschilo e Euripide, e riscoprire
Aristofane.
musiche Alessandro Nidi
scene Alberto Favretto
costumi Marzia Paparini
luci Luca Bronzo
produzione
Fondazione Teatro Due
PRIMA NAZIONALE
26 novembre, 1, 2 e 3 dic. 2011, ore 21.00
27 novembre e 4 dicembre 2011, ore 16.00
Per riflettere sulle contraddizioni e sulla crisi di valori, è più utile un film come Accattone
o come Schindler’s list?
È meglio affidarsi incondizionatamente alla forza dirompente dei giovani che vedono
nei vecchi stanchezza e corruzione, o alla saggezza e morigeratezza dei vecchi che
vedono nei giovani assenza di radici e di interessi?
Ma se i giovani sono già disponibili a farsi corrompere e i vecchi non sono più morigerati?
Se alla dialettica si è sostituita la rissa?
Se alla volgarizzazione dei grandi problemi, la demagogia?
Se non ci sono più intellettuali di supporto alla politica?
Se la politica non produce più interesse per gli intellettuali?
Se il futuro non è più una meta?
Se il passato appare solo come una cassaforte di tesori perduti?
Se le acque sempre burrascose delle democrazie sono diventate stagnanti e pian pian
risalgono in superficie, dal fondo, gli escrementi?
Se il sarcasmo di Woody Allen è il cinico specchio del presente?”
Sulla scena portiamo questo un dibattito, mantenendo il testo originale di Aristofane
con l’aggiunta di alcuni estratti dei due autori-avversari (Eschilo e Euripide), per aiutare
quel pubblico che oggi non ha più riferimenti così immediati nella memoria.
Gigi Dall’Aglio
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PER
DICEMBRE
interpretato e diretto da
Roberto Abbati, Paolo Bocelli, Cristina Cattellani
Laura Cleri, Gigi Dall’Aglio, Luca Nucera
Tania Rocchetta, Marcello Vazzoler
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ore 21.00
A MIO PADRE / UNA VITA IN VERSI
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ore 18.00
ore 19.00
ore 21.00
DECONSTRUCTING PINOCCHIO
WOYZECK – ricavato dal vuoto
BERESHIT – la storia più bella del cosmo
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ore 16.00
ore 16.30
ore 18.00
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DECONSTRUCTING PINOCCHIO
BERESHIT – la storia più bella del cosmo
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ore 20.00
ore 21.00
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A MIO PADRE / CASA D’ALTRI
ODORE DI SANTITÀ
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ore 21.00
ore 21.00
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ODORE DI SANTITÀ
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ore 21.00
ore 19.00
ore 19.00
ore 21.00
LE RANE
IL SACRO DELLA PRIMAVERA
ODORE DI SANTITÀ
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ore 16.00
ore 19.00
ore 21.00
ore 21.00
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IL SACRO DELLA PRIMAVERA
ODORE DI SANTITÀ
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ore 21.00
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ODORE DI SANTITÀ
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ore 21.00
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ODORE DI SANTITÀ
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ore 21.00
ore 21.00
ODORE DI SANTITÀ
LE RANE
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ore 18.00
ore 19.00
ore 21.00
ore 21.00
IL SACRO DELLA PRIMAVERA
ODORE DI SANTITÀ
LE RANE
WOYZECK – ricavato dal vuoto
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ore 16.00
ore 18.00
ore 21.00
ore 21.00
LE RANE
IL SACRO DELLA PRIMAVERA
ODORE DI SANTITÀ
WOYZECK – ricavato dal vuoto
TEATRO FESTIVAL
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Teatro Festival
in redazione
Maria Giulia Guiducci
Sophie Wolski
Francesca Laureri
progetto grafico
Alessandra Formato
chiuso il
4/11/2011
stampa
Tipografia Donati
Fondazione Teatro Due
Viale Basetti 12/a – 43121 Parma
Tel. 0521/208088
[email protected]
www.teatrodue.org
Biglietteria Teatro Due
Tel. 0521/230242
[email protected]
Comune di Parma
Assessorato alla Cultura