GIORNATA MONDIALE DELL`AUTISMO 02 APRILE 2015 In

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GIORNATA MONDIALE DELL’AUTISMO 02 APRILE 2015
In occasione del 2 Aprile 2015, giornata mondiale dell’autismo promossa dalle Nazioni Unite, CTR Nuove
abilità per l'autonomia e l'inclusione propone un estratto dal testo di Marco Pontis "Autismo e bisogni
educativi speciali" per riflettere su alcuni punti chiave. La sfida di CTR nuove abilità, nata a Settembre 2014,
è quella di offrire ai bambini, ai ragazzi ed agli adulti con disturbi dello spettro autistico e/o disabilità complesse ed
alle loro famiglie un servizio educativo specialistico, basato sull’analisi e sulla valutazione dei bisogni educativi speciali
della singola persona e della propria famiglia. Tutti gli interventi attivati rispettano le indicazioni della Linea Guida 21
dell’Istituto Superiore di Sanità (2011).
Cosa sono i disturbi dello spettro autistico
I Disturbi dello Spetto Autistico si manifestano sin dalla prima infanzia (esordio entro i primi tre anni
di vita) e durano per tutta la vita, con evoluzioni diverse da individuo a individuo. Anche se le cause
biologiche degli stessi non sono state ancora identificate con precisione, attualmente sappiamo che i
Disturbi dello Spettro Autistico sono caratterizzati da una costellazione di sintomi che vanno dall'alterata
percezione degli stimoli di natura sociale (la percezione della direzione dello sguardo, delle informazioni
veicolate dai volti, delle espressioni facciali, delle emozioni e dei gesti comunicativi) alla compromissione
del linguaggio e della comunicazione verbale e non verbale, dell'interazione sociale, agli interessi ristretti e
comportamenti ripetitivi che spesso rendono l'adattamento ai diversi contesti di vita una vera sfida per le
persone che ne sono affette. Grazie all'evoluzione tecnologica e agli studi di neuroscienze, attualmente
gran parte di questi sintomi sono stati ricondotti ad anomalie nel funzionamento del sistema nervoso
centrale, specifiche di questi disturbi (Spitzer, Endicott, Robins, 1978; Wing, 1981; Siegel, 1985; Frith, 1989;
Rapin I, Katzman R., l998, Coleman 2003, Cohen e Volkmar, 2004; Lambiase, 2006).
Il Disturbo Autistico appartiene dunque ad un gruppo di disturbi che prendono il nome di "Disturbi
dello Spettro Autistico". Questi disturbi rientrano in uno spettro in quanto condividono delle peculiarità
comuni ma sono caratterizzati da livelli diversi di intensità delle compromissioni. Tuttavia, non si può
parlare in senso stretto di maggiore o minore gravità di ciascuna sindrome in relazione alle altre, in quanto
ciascuna di esse può avere effetti drammatici sulla vita degli individui, a seconda di come si integra nei
diversi contesti di vita.
Il DSM IV - American Psychiatric Association (APA), 2002. DSM IV, Diagnostic Statistical Manual IV per definire l'autismo utilizzava il concetto fondamentale di "triade sintomatologica":
1) Compromissione qualitativa dell’interazione sociale;
2) Compromissione qualitativa della comunicazione;
3) Modalità di comportamento, interessi e attività ristretti, ripetitivi e stereotipati)
Il recente DSM 5 propone invece una nuova visione dei Disturbi dello Spettro Autistico secondo
una "diade sintomatologica":
1) Deficit nell'area della comunicazione sociale che accorpa il deficit della comunicazione (verbale e non
verbale) e il deficit sociale (che riguarda la capacità di dare avvio ad una'interazione sociale e quella di
rispondere all'iniziativa di un'altra persona). Queste difficoltà nel DSM IV erano infatti considerate in
maniera distinta mentre ora sono state raggruppate in quanto riflettono un deficit unico e non due
differenti.
2) Deficit di immaginazione (ridefinito come repertorio ristretto di attività, interessi e comportamenti
ripetitivi e stereotipati)
Bisogni educativi speciali
Per una persona con disturbo dello spettro autistico è fondamentale poter accedere precocemente
e per tutta la vita ad un serio percorso di educazione speciale: l’educazione è l’unico strumento concreto
attraverso il quale può acquisire e implementare le competenze indispensabili per condurre una vita
quanto più autonoma e indipendente possibile (LeBlanc, 1992; Green, 1999; Peeters, 2000). Nel Documento
di posizione ufficiale sull’Educazione redatto dall’Associazione Autism Europe in collaborazione con i
maggiori esperti del settore e basato sulla “Carta dei diritti delle persone con autismo e disturbi pervasivi
dello sviluppo” adottata dal Parlamento Europeo il 09 Maggio del 1996 si ribadisce che “Per le persone con
autismo, l’educazione rappresenta molto più di un diritto fondamentale: l'Educazione è indispensabile per
compensare le enormi difficoltà delle persone con autismo ad estrarre un significato dalle più semplici
esperienze, cosa che la maggior parte delle persone è in grado di fare senza supporti educativi specifici, e
per acquisire il maggior grado possibile di autonomia personale, comunicativa e sociale”. La presidente
dell’associazione internazionale ribadisce con forza il ruolo e l’importanza dell’educazione nel promuovere
il massimo grado di autonomia e integrazione delle persone con autismo sostenendo che «L’educazione è il
solo mezzo attraverso il quale i bambini con autismo possono apprendere quello che gli altri bambini
apprendono facilmente da soli» (Vivanti, 2003). Le persone con sviluppo neurologico tipico, infatti,
acquisiscono numerose competenze spontaneamente,per semplice osservazione, tramite l'imitazione e la
sperimentazione (Micheli, 2004). Inoltre, come sostiene Volkmar (2004), le persone con sviluppo
neurologico tipico «vengono al mondo con la motivazione e la capacità per cominciare a stabilire
un’immediata relazione sociale con chi li cura». Sono dunque dotate della capacità genetica di acquisire
naturalmente quei comportamenti intersoggettivi che stanno alla base della socialità umana. Ciò non
avviene nelle persone con disturbi dello spettro autistico che necessitano invece di percorsi di
insegnamento esplicito delle abilità di comunicazione, di relazione e, più in generale, di autonomia.
L’educazione speciale ha dunque il compito di aiutare la persona con disturbi dello spettro autistico ad
implementare le proprie abilità nelle diverse aree di sviluppo, utilizzando al meglio le proprie competenze e
riducendo le specifiche difficoltà attraverso programmi e interventi mirati a favorire il raggiungimento del
massimo livello di autonomia e inclusione possibili. (Koegel, 1995; Peeters, 2006; Canevaro et al. 2008,
Ianes e Zappella, 2009).
Comportamenti problematici
Nel relazionarsi quotidianamente con persone con disturbi dello spettro autistico, le diverse figure
educative come i genitori, gli educatori, gli insegnanti, gli psicologi, i neuropsichiatri si trovano spesso a
doversi confrontare con il difficile compito di gestire comportamenti disadattivi, alcune volte
estremamente problematici. Senza una formazione specifica sia i familiari che gli operatori riescono solo
sporadicamente a trovare dei sistemi efficaci per rispondere in modo adeguato ai bisogni educativi speciali
di queste persone. Per le persone con disturbo pervasivo dello sviluppo buona parte di tali comportamenti
nasce dall'incapacità di comprendere le richieste dell'ambiente, soprattutto quelle di natura sociale, o
dall'eccessiva complessità delle richieste che provengono dall'ambiente, dalla difficoltà nel comunicare
bisogni, desideri ed emozioni nonché da alterazioni percettive (Ianes, 1992; Carr, 1998, Grandin, 2001).
Procurarsi delle ferite mordendosi le mani o altre parti del corpo, strapparsi i capelli, ingerire sostanze o
oggetti non commestibili (pica) sono soltanto alcuni tra i casi in cui è doveroso un intervento educativo
clinico urgente. Questi comportamenti problema, che costituiscono un elemento di elevata criticità per
l'inclusione delle persone con disturbo dello spettro autistico nei loro ambienti di vita, si riducono
drasticamente quando la persona incontra un ambiente organizzato in modo chiaro e comprensibile, anche
attraverso l’utilizzo di supporti visivi per la comunicazione, secondo i principi dell’educazione strutturata.
Un valido intervento educativo scolastico ed extrascolastico per la riduzione/eliminazione dei
comportamenti problematici e per l’integrazione della persona con autismo deve prevedere la condivisione
degli obiettivi con la famiglia, l’osservazione sistematica del comportamento nei diversi contesti, la
valutazione costante delle variabili che contribuiscono ad innescare o mantenere questi comportamenti,
l’analisi funzionale degli stessi e l’insegnamento di modalità comunicative e relazionali più adeguate e
funzionalmente equivalenti (Shopler, 1994; Powers, 1995; Ianes e Cramerotti, 2002; Bregman e Gerdtz,
2004). È altresì fondamentale spiegare a tutti gli alunni della classe, o del gruppo dei pari in genere, perché
si manifestano determinati comportamenti, cosa si può fare per aiutare il proprio compagno e quali sono gli
stili comportamentali e le modalità alternative di comunicazione con cui si può entrare maggiormente in
contatto con lui. Al giorno d'oggi, gli operatori possono avvalersi di forme di intervento basate
sull'evidenza, modalità didattiche e strategie educative di comprovata efficacia che, se attuate con
competenza e buon senso, possono condurre la persona con disturbo dello spettro autistico e la propria
famiglia ad un sostanziale miglioramento della qualità di vita (Linee Guida 21 ISS, 2011).
Scuola e Inclusione
In Italia, ormai da oltre trent’anni, esiste una politica mirata a promuovere l’integrazione delle
persone con disabilità nei percorsi formativi istituzionali. Nel 1977 la Legge n. 517 ha dato avvio al percorso
di integrazione scolastica degli alunni disabili nella scuola statale. A differenza delle disposizioni precedenti,
la L. 517 non parlava più di “inserimento” scolastico ma di “integrazione” in riferimento a tutte le condizioni
di disabilità che possono presentarsi nella scuola. Da allora è iniziato un lungo cammino verso il
riconoscimento e il rispetto concreto del diritto a un’educazione ed a un’istruzione di qualità, orientata al
raggiungimento del massimo grado di autonomia e indipendenza possibili. Nel corso del trentennio in
questione, il quadro normativo si è evoluto notevolmente: dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 215
del giugno 1987 che sancisce definitivamente il diritto all’educazione e all’istruzione di tutte le persone con
disabilità, indipendentemente dalla situazione di gravità e sino alle scuole superiori, alla L. 104 del 1992 che
garantisce all’alunno disabile la possibilità di fruire di un percorso educativo e formativo dall’asilo nido
all'università e indica inoltre gli strumenti e le modalità per rendere operativo il processo di integrazione.
Sul piano applicativo, le esperienze di integrazione scolastica e sociale di persone interessate da disabilità,
nel nostro Paese, sono state numerose e positive. Ciò grazie anche alla crescente diffusione nella scuola
delle conoscenze sulla disabilità e sui percorsi educativi scolastici ed extrascolastici basati su principi di
qualità, delle competenze metodologico-didattiche per favorire l’integrazione e delle buone prassi di lavoro
in rete.
Il percorso italiano verso l’integrazione e l’inclusione scolastica e sociale delle persone con disabilità
rappresenta dunque un modello peculiare in grado di offrire un contributo importante al dibattito culturale
e scientifico internazionale. Nell’ambito della ricerca sui temi della didattica e della pedagogia speciale,
l’attenzione si concentra attualmente sulla valutazione delle variabili coinvolte nei processi di
integrazione/inclusione, sulla definizione dei livelli essenziali di qualità degli stessi processi, sulla
progettazione, realizzazione e valutazione di progetti di ricerca-azione per la diffusione delle buone prassi e
sullo studio e la sperimentazione delle metodologie e degli strumenti più efficaci di inclusione (Pavone e
Tortello, 1996; Canevaro e Ianes, 1999; D’Alonzo, 2006; Medeghini, 2006). Attraverso un approccio
ecologico ai temi della diversità e della disabilità, in linea con i principi della Classificazione Internazionale
del Funzionamento, della Disabilità e della Salute dell’OMS (2001), l’indagine pedagogica si inserisce
attualmente in un quadro di ricerca internazionale, multi e interdisciplinare, con l'obiettivo di analizzare i
processi inclusivi e diffondere le competenze pedagogiche fondamentali per la realizzazione di validi e
concreti percorsi formativi in ambiente integrato ed efficaci esperienze di inclusione scolastica e sociale, in
un’ottica di tutela, rispetto e valorizzazione delle differenze individuali, prevenzione e superamento del
disagio e di qualsiasi discriminazione (Caldin, 2001; Canevaro e Ianes, 2001; Booth T. e Ainscow M., 2002;
Cottini, 2002). Le nuove prospettive di ricerca in ambito pedagogico speciale riguardano dunque anche i
processi inclusivi relativi all’extrascuola, i modelli di lavoro e collaborazione multidisciplinare di rete, i
percorsi di valorizzazione delle competenze pedagogiche dei genitori e di formazione dei professionisti
scolastici e socio-sanitari.
In Italia le persone con disturbi dello spettro autistico sono circa 360.000. Mancano però servizi
diffusi in grado di garantire loro il diritto ad una vita quanto più autonoma e indipendente possibile. Di
fronte alla carenza di proposte educative di qualità ed alla disomogeneità nella distribuzione delle stesse,
risulta palese l’importanza che l’intervento educativo scolastico pubblico assume nel percorso di crescita
umana e sociale di persone con bisogni educativi così speciali, delle famiglie in cui crescono e delle
comunità sociali di riferimento.
La Scuola è attualmente l’unica Istituzione Pubblica in Italia ad offrire al bambino con autismo la
possibilità di fruire di un intervento educativo individualizzato e continuativo per un consistente numero di
ore giornaliere. È chiaramente una risorsa preziosa per tutti ma per un bambino, un adolescente, un
giovane adulto con bisogni speciali rappresenta attualmente uno dei pochi contesti concreti ove
apprendere e sperimentare con sistematicità una serie di abilità relazionali, comunicative e di autonomia,
giorno dopo giorno, anno dopo anno. Se il programma di intervento scolastico riuscisse a garantire la
continuità educativa e dunque la condivisione di obbiettivi, strumenti e metodologie tra scuole e docenti di
diverso ordine e grado - dalla scuola materna alla scuola superiore o all’università - l’alunno potrebbe
contare su un serio percorso educativo individualizzato (dagli 11 ai 15 anni ed oltre) capace di incrementare
e sviluppare al massimo le capacità e le potenzialità cognitive, comunicative, sociali, di autonomia e
lavorative, all’interno di un contesto inclusivo in grado di valorizzare concretamente le diversità individuali.
Secondo i dati emersi dalla recente ricerca della Fondazione Cesare Sorono e del CENSIS (2012), quasi tutti i
bambini e i ragazzi con disturbi dello spettro autistico frequenta la scuola pubblica (il 93,4% fino ai 19 anni).
Il numero medio settimanale di ore di sostegno garantite al bambino da parte di un docente specializzato
risulta pari a 15,9 e tale dato risulta omogeneo nelle diverse zone del Paese. L’intervento fornito dagli
educatori professionali inviati dal Comune (5,3 ore settimanali in media), dagli assistenti alla comunicazione
(2,0 ore) e da operatori generici (0,9 ore) è invece più basso nelle regioni del Sud, in cui le ore di sostegno
complessive fornite al bambino/ragazzo dal personale pubblico sono in media 19,1 alla settimana, contro le
24,1 della media nazionale.
Nella didattica scolastica attualmente gli insegnanti utilizzano sempre più strumenti e metodologie
che si ispirano a programmi specifici di intervento validati dalla Comunità Scientifica Internazionale come
l’A.B.A, il Denver Model o il programma T.E.A.C.C.H. (SIPeS, 2008). Come sostiene Andrea Canevaro (2008),
ciò è estremamente positivo ma non sufficiente. Infatti, «La scuola deve sicuramente perseguire, anche per
l’allievo con disturbo pervasivo dello sviluppo, la finalità del promuovere processi di apprendimento
significativi. Per tale scopo deve necessariamente fare riferimento a una didattica speciale di qualità, che si
fondi sulle conoscenze disponibili circa l’efficacia di vari modelli di intervento, ma che non si fermi ad essi:
se da un lato è necessario considerare l’esistenza di una serie di approcci strutturati (metodi e trattamenti)
che hanno abbondantemente dimostrato la loro efficacia, dall’altro si deve avere la consapevolezza che
l’educatore o l’insegnante specializzato non può trasformarsi in uno pseudoterapista, con il rischio di
proporre solo modelli di lavoro emarginanti».
Per il team docente che si prepara ad accogliere un alunno con disturbo pervasivo dello sviluppo è
indispensabile acquisire una formazione specifica sulle tecniche e gli strumenti di didattica speciale che
hanno dimostrato un’efficacia reale come l’apprendimento senza errori, il rinforzo positivo, il
modellamento, l’analisi del compito, l’utilizzo di supporti visivi, la strutturazione dello spazio, del tempo, del
materiale e delle attività (Cottini, 2002; Olley e Reeve, 2004; Ianes e Cramerotti, 2005; Canevaro et al.
2008). Per realizzare però dei validi percorsi di integrazione e inclusione è necessario dotarsi di competenze
specifiche sull’analisi dei bisogni speciali, sulle modalità di lavoro in rete, sulla progettazione, la
realizzazione, la valutazione e l’individualizzazione dei percorsi formativi, sulle tecniche di apprendimento
cooperativo e mediazione didattica offerte dalla pedagogia speciale. Attraverso l’utilizzo di strumenti di
valutazione funzionale come il Profilo PsicoEducativo P.E.P. terza edizione (Shopler et al., 1996) rivolto ai
bambini e la relativa versione per adolescenti e adulti T-TAP è inoltre possibile costruire una
programmazione scolastica individualizzata riferita alle differenti aree di sviluppo e fondata sulle specifiche
abilità acquisite ed emergenti degli alunni con disturbi dello spettro autistico. Tutto ciò nel rispetto dei
vissuti emotivi, delle peculiari modalità sensoriali, delle caratteristiche meta-cognitive, degli stili di
apprendimento e della singolarità di ciascun individuo.
Per favorire genuine esperienze ed occasioni di integrazione è poi fondamentale riuscire a
coinvolgere tutto il gruppo classe offrendo a ciascun alunno delle opportunità concrete per conoscere,
rispettare e valorizzare le diversità connesse ad una o più condizioni di disabilità, a differenti forme di
disagio socio-culturale o più semplicemente all’originalità ed unicità di ogni individuo. In tal senso, come
afferma Canevaro (2008), «Esistono in Italia positive esperienze di integrazione di bambini con autismo, che
non sono ancora divenute buone prassi e parte di un’organizzazione stabile generale per la scuola italiana.
[…] Le esperienze di lavoro condotte secondo un intervento multidisciplinare e multiprospettico stanno
dando buoni risultati, tali da far scaturire l’esigenza di una formazione specifica e la diffusione nel territorio
nazionale di alcune raccomandazioni utili a sostenere l’intervento anche degli operatori della scuola».
Materiale tratto da Pontis M. (a cura di) (2013), Autismo e bisogni educativi speciali. Approcci
proattivi basati sull'evidenza per un'inclusione efficace, Milano, Edizioni FrancoAngeli.
Link utili per famiglie e operatori:
www.diversamenteonlus.org
www.autismoitalia.org
www.angsaonlus.org
www.autismovicenza.it/materiale-didattico/
www.iocresco.it
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