101-103 Bossone - Recenti Progressi in Medicina

Editoriale
Vol. 95, N. 2, Febbraio 2004
Sindromi poliposiche amartomatose
Giandominik Bossone 1, Nello Salesi 2, Federico Alghisi 1, Barbara Di Cocco 2
Riassunto. Le sindromi poliposiche amartomatose sono caratterizzate da un’iperproliferazione di cellule o tessuti normalmente presenti nell’area in cui tali lesioni si sviluppano. La sindrome di Peutz-Jeghers e la poliposi giovanile sono entrambe caratterizzate dalla presenza di polipi amartomatosi e presentano un maggior rischio di comparsa di neoplasie del tratto gastro-intestinale. La malattia di Cowden è associata a
mutazioni sulla linea germinale del gene PTEN (10q 22-23) e ad un più alto rischio di
comparsa di tumori maligni della mammella e della tiroide. La sindrome di RuvalcabaMyhre-Smith è meno comune e potrebbe rappresentare una variante della sindrome di
Cowden.
Parole chiave. Cancro del colon-retto, sindromi poliposiche amartomatose.
Summary. Hamartomatous polyposis syndromes.
Hamartomatous polyposis syndromes are characterized by an overgrowth of cells or
tissues native to the area in which they normally occur. Peutz-Jeghers syndrome and juvenile polyposis are both characterized by the presence of hamartomatous polyps and increased risk of malignancy in the gastrointestinal tract. Cowden’s disease is associated
with germ-line mutations in the PTEN gene (10q22-23) and an increased risk of breast
and thyroid malignancies. Ruvalcaba-Myhre-Smith syndrome is less common; controversy suggests that it may represent a variant of Cowden’s disease.
Key words. Colorectal cancer, hamartomatous polyposis syndromes.
Introduzione
Tipi di sindrome
Le sindromi poliposiche amartomatose vanno
considerate nell’ambito più generale delle sindromi amarto-neoplastiche, categoria ancora mal definita di difetti ereditari autosomica dominanti, caratterizzate da predisposizione ereditaria allo sviluppo di neoplasie.
È utile ricordare che il polipo è una protrusione
macroscopicamente visibile sulla superficie mucosa dell’intestino; può essere di dimensioni variabili: da pochi millimetri ad alcuni centimetri e può
avere o meno un peduncolo (polipo peduncolato o
sessile). Può inoltre essere unico o multiplo ma la
distinzione più importante va fatta sull’aspetto
istologico di tali lesioni: i polipi adenomatosi sono
gli unici a rischio di trasformazione maligna.
Gli amatomi, invece, sono caratterizzati da
un’iperproliferazione di cellule o tessuti normalmente presenti nell’area in cui tali lesioni si sviluppano.
Le sindromi associate con una poliposi amartomatosa sono, in ordine di frequenza:
1) Poliposi giovanile: l’età media di insorgenza
è approssimativamente intorno ai 18 anni. Il numero dei polipi varia, generalmente, tra i 50 e i
200, localizzati prevalentemente nel sigma e nel
retto. Macroscopicamente i polipi sono unilobulati
e lisci, microscopicamente sono caratterizzati da
una grossolana infiltrazione della lamina propria
ad opera di linfociti e plasmacellule. Patognomonica è la dilatazione cistica delle strutture ghiandolari 1. Recentemente è stato scoperto che, alla
base di questa sindrome, vi sono mutazioni a carico del gene SMAD-4, localizzato sul braccio lungo
del cromosoma 18 2. Questo gene codifica per un
mediatore citoplasmatico coinvolto nella regolazione dei messaggi trasdotti dal Transforming
Growth Factor β (TGF-β).
1 Clinica Medica II, Dipartimento di Scienze Cliniche, Agienda Ospedaliera Policlinico Umberto I, Università La
Sapienza, Roma; 2 Azienda Ospedaliera S. Andrea, Università La Sapienza, Roma.
Pervenuto il 5 febbraio 2003.
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Recenti Progressi in Medicina, 95, 2, 2004
La proteina SMAD-4 è in grado di legare altre
proteine della famiglia SMAD, attivate dal TGF-β;
ciò porta alla formazione di un complesso eteromerico in grado di inibire la crescita cellulare. Mutazioni del gene SMAD-4 presumibilmente determinano la mancata formazione del complesso con
conseguente perdita del controllo della crescita cellulare 3. Le alterazioni della SMAD-4 sono prevalentemente a carico degli elementi mesenchimali.
2) Sindrome di Peutz-Jegher: trasmessa con un
meccanismo autosomico dominante, a penetranza
variabile, è caratterizzata dalla presenza di una poliposi amartomatosa del tratto gastrointestinale,
delle vie respiratorie, urinarie e delle vie biliari associata con un’iperpigmentazione mucocutanea,
evidente soprattutto nella regione peribuccale e periorale; sono inoltre di frequente rilievo cisti ovariche e neoplasie ovariche a cellule della granulosa.
Istologicamente i polipi sono caratterizzati da un’ipertrofia o iperplasia del tessuto muscolare liscio
che si estende attraverso lo strato epiteliale. Alterazioni nel gene LKB1/STK, localizzato sul braccio
corto del cromosoma 19, sono responsabili di circa il
50% dei casi di sindrome di Peutz-Jegher. Questo
gene codifica per una serin-treonin chinasi multifunzionale in grado di svolgere il compito di controllo della crescita cellulare, in modo del tutto simile a quello svolto dalla SMAD-4 nella poliposi giovanile 4. In questa sindrome esiste un aumentato
rischio relativo di sviluppare neoplasie maligne del
tratto gastroenterico e di altre sedi (circa 100 volte
superiore alla popolazione generale) 5.
3) Malattia di Cowden: è caratterizzata dalla presenza di polipi che si sviluppano, caso unico nelle
sindromi amartomatose, esclusivamente da elementi cellulari costitutivi dell’ectoderma o dell’endoderma. L’80% dei pazienti presenta manifestazioni dermatologiche come cheratosi acrale, lipomi, xantomi,
angiolipomi, fibromi dermici multipli, papillomi orali multipli, carcinomi spinocellulari della cute e della mucosa orale. La più comune è un tumore benigno
del cuoio capelluto: il trichilemmoma. I polipi interessano la cute, l’intestino, la mammella e la tiroide.
Solo il 35% dei pazienti presenta la poliposi gastrointestinale 6. Possono inoltre essere presenti cisti
ovariche, vaginali, vulvari, la displasia fibrocistica
della mammella e il gangliocitoma displastico del
cervelletto. La base genetica di questa malattia risiede in un’alterazione del gene oncosoppressore
PTEN, localizzato sul braccio lungo del cromosoma
10 e coinvolto in diverse forme di tumore 7. In questi
soggetti c’è un aumentato rischio per lo sviluppo del
carcinoma della mammella, della tiroide, di neoplasie cerebrali e di altri tumori maligni.
4) Sindrome di Ruvalcaba-Myhre-Smith: questa sindrome è stata descritta solo recentemente.
La poliposi amartomatosa è associata con macrocefalia, ritardo mentale, ritardato sviluppo psicomotorio, miopatie e tiroidite di Hashimoto. Come
la malattia di Cowden, sembra essere associata ad
alterazioni del gene PTEN 8.
Conclusioni
In generale, una volta fatta la diagnosi, clinica ed eventualmente molecolare, si possono mettere in atto le procedure di prevenzione nel singolo individuo stimato a rischio. Pure in un’era
che testimonia l’affermarsi della chirurgia conservativa, si sta imponendo in alcune patologie
diverse dalle sindromi poliposiche amartomatose
l’efficacia della chirurgia profilattica come mezzo
per ridurre il rischio di cancro nelle persone geneticamente predisposte; come, ad esempio, l’intervento di mastectomia e annessiectomia bilaterale nelle donne portatrici di mutazioni nei geni
BRCA 9,10.
In anni più recenti si è fatto strada il concetto
di farmacotrattamento preventivo, basato sull’assunzione per lunghi periodi di una sostanza
che prevenga o comunque ritardi la progressione
in senso neoplastico delle cellule predestinate 11.
Ad esempio, vengono somministrati antiinfiammatori non steroidei negli individui con poliposi
adenomatosa familiare. La reale efficacia preventiva dei farmaci finora utilizzati a tale scopo è
lungi dall’essere dimostrata 12 , così come non è
stata ancora stabilita la durata ottimale del trattamento. È quindi lecito porre sull’altro piatto
della bilancia i non trascurabili effetti collaterali
provocati dalla loro assunzione continuativa 13,
effetti che paradossalmente, includono l’insorgenza di tumori rari.
L’alternativa è rappresentata dalla sorveglianza periodica con controlli degli organi a rischio:
nell’ambito della prevenzione secondaria. Questi
interventi esitano, al meglio, nell’estirpazione chirurgica di un tumore di piccole dimensioni e confinato all’organo nel quale è insorto.
Un accenno merita infine la terapia genica, sebbene in ambito oncologico non abbia ancora fornito risultati entusiasmanti. Forse perché si è finora
puntato solo sulla terapia di lesioni avanzate, dove la remissione di un gene nativo (cioè non mutato) non riesce a contrastare l’effetto delle molteplici lesioni geniche tipiche di questi stadi.
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Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Giandominik Bossone
Via Piverone, 65
00123 Roma
E-mail: [email protected]
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