Le malattie dell’apparato digerente e quelle legate all’alimentazione Molte sono le malattie che interessano dell’apparato digerente, eccone alcune: -Il diabete -Le carie dentali -La celiachia -Gastriti ed enteriti -Ulcere e coliti -Epatite e cirrosi Riccardo Cozzi Flavia De Angelis Il termine diabete Il termine diabete fu creato da Areteo di Cappadocia. In greco antico il verbo diabainein significa “attraversare” alludendo al fluire dell’acqua, poiché il sintomo più appariscente è l’eccessiva produzione di urina. Nel Medioevo la parola fu “latinizzata” in diabètés. Il suffisso mellito (dal latino mel: miele, dolce)è stato aggiunto dall’inglese Thomas Willis nel 1675 per il fatto che il sangue e le urine dei pazienti diabetici avevano un sapore dolce. Il pancreas Nel corpo umano, dietro al duodeno, si trova il pancreas, una grossa ghiandola che oltre al succo pancreatico produce anche una sostanza detta “insulina”, che si riversa direttamente nel sangue. Questa sostanza viene prodotta da alcune masserelle di cellule a struttura caratteristica (isole di Langerhans) che si trovano appunto nel pancreas. L’insulina ha la funzione di far subire agli zuccheri che noi introduciamo con alcuni alimenti (pane, dolciumi, pasta, birra, riso, ecc.) le trasformazioni necessarie perché possano essere utilizzati dall’organismo umano. Qual è la causa Nell’ammalato di diabete la quantità di insulina prodotta dal pancreas è insufficiente per compiere la sua funzione. Ciò può dipendere da due cause: 1) da lesioni del pancreas 2) da una anormale produzione, da parte di altre ghiandole, di ormoni che annullano l’azione dell’insulina. È chiaro quindi che gli zuccheri non possono subire le trasformazioni necessarie per essere utilizzati dall’organismo umano e di conseguenza non vengono assimilati. E cosi, mentre nella persona sana la percentuale di zucchero presente nel sangue (detta “glicemìa”) si aggira intorno all’1%o, nel malato di diabete tale percentuale può raggiungere il 2%o. Come si manifesta Il diabete ha un inizio molto lento: settimane e talvolta mesi. I primi segni della malattia,sono una certa debolezza, il desiderio esagerato di dolci. L’ammalato si sente molto stanco e dimagrisce di continuo nonostante si nutra abbondantemente. È tormentato da una forte sete; non è più in grado di occuparsi a lungo nel lavoro ed inoltre emette una notevole quantità di urina con l’odore caratteristico dell’acetone. Come viene diagnosticato il diabete? La diagnosi si basa su un test di tolleranza al glucosio: il soggetto ingerisce una soluzione di zucchero, quindi gli vengono misurate le concentrazioni ematiche di glucosio a intervalli di tempo prestabiliti. I tipi di diabete mellito Il tipo I, detto anche insulinadipendente, è una malattia autoimmune nella quale i linfociti T, attaccano e distruggono le cellule beta del pancreas; di conseguenza, quest’organo non è più in grado di produrre quantità sufficienti di insulina e il glucosio si accumula nel sangue. Il diabete di tipo I si manifesta spesso prima dei 15 anni di età e chi ne è colpito deve assumere insulina con regolarità, in genere tramite iniezioni. L’insulina attualmente in commercio è ottenuta per mezzo di batteri geneticamente modificati e viene iniettata nel corpo con appositi strumenti molto facili da usare. Il diabete non è l’ unica malattia che può derivare da problemi relativi all’insulina Il tipo II, detto non insulina-indipendente,si sviluppa anche se le cellule beta del pancreas sono perfettamente funzionali. Il diabete di tipo II insorge perché le cellule non sono il grado di rispondere in maniera adeguata all’insulina. Il diabete di tipo II, che corrisponde circa al 90% dei casi è quasi sempre associato all’obesità e spesso si manifesta dopo i 40 anni. la malattia va gestita controllando l’assunzione degli zuccheri,esercitando attività fisica adeguata e ricorrendo a opportune diete volte alla riduzione del peso. Che cos’è la carie? •La carie è un processo distruttivo che colpisce i tessuti duri del dente. E' una malattia molto diffusa e si stima che colpisca, almeno una volta nella vita, circa il 90% della popolazione mondiale Le fasi della carie Prima fase la carie intacca lo smalto, il durissimo rivestimento esterno del dente demineralizzandolo (carie superficiale) •Seconda fase (carie penetrante) i prodotti acidi derivanti dalla fermentazione degli zuccheri riescono a perforare lo smalto aprendosi la strada verso la dentina. Superata questa seconda barriera, la carie arriva alla polpa, ricca di vasi e terminazioni nervose, provocando i sintomi caratteristici della patologia. I sintomi Inizialmente la carie è asintomatica. Il primo segnale che il nostro corpo ci invia è il cambiamento di colore nello smalto che perde la sua naturale lucentezza diventando più opaco. Questa caratteristica agli occhi dei meno esperti passa generalmente inosservata. •Al contrario, quando la carie arriva a colpire la dentina, si nota chiaramente un solco scuro, contenente un ristagno di materiale imputridito (cibo e tessuti dentali disgregati). Mano a mano che la carie si evolve avvicinandosi alla polpa insorgono i sintomi caratteristici della patologia: alitosi, dolore al dente e alle zone circostanti, sensibilità al caldo, al freddo, al dolce e all'acido Se trascurata la carie porta all'infiammazione della polpa (pulpite), evolvendosi in ascesso fino alla totale distruzione del dente e della sua radice. Le cause 1) PLACCA BATTERICA: patina adesa alla superficie dei denti sulla quale si sviluppano i batteri. Tanto più aumenta la flora microbica e tanto maggiore sarà il rischio di insorgenza della carie. •Nonostante esistano centinaia di microrganismi, solo tre sono direttamente responsabili della carie: lo Streptococcus mutans, il Lactobacillus acidophilus, e gli actinomiceti. Tra questi il lattobacillo ha il più alto potere cariogeno. Esso si nutre del glucosio presente nei residui alimentari formando lattato come prodotto di rifiuto. Grazie alla sua acidità questa sostanza riesce a sciogliere un po' per volta lo smalto dentale, intaccando la dentina. •Lo streptococco mutans interviene invece nella formazione della placca batterica sulla quale aderiscono gli altri microrganismi patogeni. 2) QUANTITÀ E QUALITÀ DELLA SALIVA: con la sua azione la saliva è in grado di tamponare l'acidità della bocca. Grazie ad alcune sostanze in essa disciolte ha anche funzione antimicrobica ed immunitaria. Ne consegue che qualsiasi condizione che porti ad una ridotta secrezione salivare, la renda più viscosa, o ne abbassi il pH predispone i denti all'attacco batterico 3) TIPO DI DIETA: è scientificamente dimostrato che un eccessivo consumo di alimenti zuccherini altera il naturale equilibrio batterico del cavo orale predisponendo il soggetto alla carie dentale. Il saccarosio è infatti formato dall'unione di una molecola di fruttosio e una di glucosio, che come abbiamo visto rappresenta il nutrimento principale per i lattobacilli. Non a caso studi statistici dimostrano che chi consuma zuccheri fuori dai pasti oltre 4 volte al giorno è fortemente predisposto alla carie. I dolcificanti più appiccicosi sono quelli più cariogeni perché tendono a rimanere più a lungo a contatto con la placca batterica. 4) SCARSA IGIENE ORALE: la rimozione dei residui alimentari e della placca è direttamente collegata alla comparsa della carie. A cura di: - Giuseppe Boier - Alessio Bedzeti - Cecilia Cervo La celiachia è un’intolleranza permanente al glutine, sostanza proteica presente in avena, frumento, farro, orzo, segale. Orzo Frumento Avena L’incidenza di questa intolleranza in Italia è stimata in un soggetto ogni 100/150 persone. Ogni anno vengono effettuate 5.000 nuove diagnosi e nascono 2.800 nuovi celiaci, con un incremento annuo di circa il 10%. Per curare la celiachia, attualmente, occorre escludere dal proprio regime alimentare alcuni degli alimenti più comuni, quali pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di farina da ogni piatto. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare. Infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole dosi, può procurare seri danni. La dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. Cosa è il glutine Il glutine è un complesso proteico presente in alcuni cereali (frumento, segale, orzo, farro, spelta, kamut, triticale). La prolamina è una delle frazioni proteiche che costituiscono il glutine ed è la responsabile dell’effetto tossico per il celiaco. Proteine simili alla prolamina, con il medesimo effetto sul celiaco, si trovano anche in orzo, segale, farro ed avena. L’intolleranza al glutine genera infatti gravi danni alla mucosa intestinale quali l’atrofia dei villi intestinali. Con dieta aglutinata si definisce il trattamento della celiachia basato sulla dieta di eliminazione di tutti i cereali contenenti glutine. Celiachia nel bambino Nella maggior parte dei casi, l’intolleranza si evidenzia a distanza di circa qualche mese dall’introduzione del glutine nella dieta, con un quadro clinico caratterizzato da diarrea, vomito, anoressia, irritabilità, arresto della crescita o calo ponderale. Nelle forme che esordiscono tardivamente, dopo il 2°-3° anno di vita, la sintomatologia gastroenterica è per lo più sfumata e in genere prevalgono altri sintomi, quali: deficit dell’accrescimento della statura e/o del peso, ritardo dello sviluppo puberale, dolori addominali ricorrenti. La celiachia nell’adulto L’intolleranza invece può comparire, più o meno acutamente, in un periodo qualsiasi della vita, spesso dopo un evento stressante quale una gravidanza, un intervento chirurgico o una infezione intestinale. Le manifestazioni cliniche sono molto varie: alcuni soggetti presentano un quadro classico di malassorbimento con diarrea, perdita di peso e carenze nutritive multiple; altri, invece, riferiscono uno o più sintomi cronici spesso estranei all’apparato digerente. Sono comuni disturbi quali crampi, debolezza muscolare, formicolii, emorragie, gonfiore alle caviglie, dolori ossei, facilità alle fratture, alterazioni cutanee, afte(ulcere della mucosa orale). Molto frequente è l’anemia da carenza di ferro. Fatto da chiara , Stefania .e enrico La gastrite si manifesta quando nello stomaco viene a mancare lo strato di muco. Le gastriti croniche si dividono in due tipi: Di tipo A: si sviluppa nel fondo e nella grande curva dello stomaco, è relativamente rara e più frequente nell'anziano. È una patologia a base autoimmune che determina la produzione di autoanticorpi contro le cellule parietali dello stomaco. Di tipo B: forma sostenuta da un batterio che ha come habitat naturale la mucosa gastrica, dove è capace di convertire l'urea in ammoniaca. Come conseguenza di questo fatto l'acidità dell'ambiente si abbassa, rendendolo più vulnerabile all'azione erosiva delle sostanza acide digestive. Spesso rimane asintomatico per molti anni. Nel tempo provoca ulcera peptica e carcinoma gastrico L'enterite da rotavirus è una delle più frequenti cause di malattia e di ricovero ospedaliero durante i mesi invernali. Colpisce prevalentemente i bambini non allattati al seno e meno frequentemente gli adulti. È caratterizzata da un esordio con vomito, presto seguito da diarrea acquosa (per circa 4-6 giorni), con dolori addominali, febbre e sonnolenza. Si cura con soluzioni reidratanti, dapprima fredde perché più indicate nel vomito, poi a temperatura ambiente. Cura I casi di diarrea virale hanno in genere un decorso autonomo, e sono trattati con la reidratazione. Quando le cause batteriche sono sospette (viaggi recenti, cibo avariato), viene considerato l'uso di antibiotici. Le enteriti croniche sono trattate a seconda delle diverse diagnosi L'epatite è l'infiammazione del fegato, può essere dovuta a cause diverse: virus, farmaci,alcool, ecc. Le epatiti possono essere: 1-Acute rappresentate da epatiti virali, caratterizzate da infiammazioni del fegato indotte da virus. 2-Croniche che si presentano soprattutto in casi di cirrosi epatica Le Epatiti Virali sono di tre tipi: Virus epatite A 1-Epatite A:trasmessa attraverso il cibo come i frutti di mare,le cozze o le vongole mangiate crude .Il contagio è più frequente in autunno e all’inizio dell’inverno. A differenza con gli altri tipi di epatiti,l’epatite A si sviluppa solo nella forma acuta mai in quella cronica . I sintomi sono nausea,vomito e febbre. Virus epatite B 2-Epatite B:si trasmette per scambi di siringhe infette tra tossicodipendenti,per l’uso di rasoi infetti,per rapporti sessuali e per trasmissione Transplacentare da parte di madre infetta . I sintomi sono quasi gli stessi dell’epatite A nausea,vomito,febbre ma anche prurito. Virus epatite C 3-Epatite C:Prima della sua individuazione nel 1989,era definita”Epatite non A non B”.Esso si trasmette tramite punture con aghi o strumenti infetti,rapporti sessuali e in casi in cui la madre sia tossicodipendente o affetta da infezioni . I sintomi sono nausea,debolezza e lievi dolori addominali. Cause In passato, non conoscendo ancora l'importanza dei virus dell'epatite B e C, si pensava che la causa più comune fosse l’alcolismo cronico (cirrosi alcolica). Ora sappiamo che l'alcolismo può portare alla cirrosi alcolica, ma ancora più frequentemente è una concausa aggravante di preesistenti (spesso non conosciute) epatiti virali croniche B o C. Infatti l'abuso di alcol è capace di dimezzare il tempo di insorgenza della cirrosi in un paziente già affetto da epatite virale cronica (da circa 20-30 anni a 10-15 anni). In particolare per quanto riguarda l'alcol, si considera potenzialmente dannosa un'assunzione di più di 50 g di alcol al giorno per più anni. Cause importanti possono quindi essere: •Una epatite virale cronica (ad esempio HBC e HCV) •l'alcol •l'esposizione ad agenti tossici o la reazione avversa a farmaci •l'ostruzione delle vie biliari che porta alla cirrosi biliare •malattie autoimmuni, che colpiscano direttamente il fegato (epatiti autoimmuni) o le vie biliari (cirrosi biliare primitiva) Per appendicite s’intende l'infiammazione dell'appendice vermiforme. È un termine medico con il quale si indica uno stato patologico molto frequente che richiede un tratta mento chirurgico e che fino alla metà dell'800 fu conosciuto come tiflite o peritiflite perché erroneamente attribuito al cieco (gr.τυφλός : cieco). Anatomia e anatomia topografica dell’appendicite . L'appendice è una piccola struttura tubulare collegata alla parte inferiore del cieco 2 o 3 centimetri sotto il punto in cui vi finisce l'intestino ileale. Per la sua somiglianza con un lombrico è detta vermiforme. Ha una lunghezza molto variabile che può andare dai 2 ai 25 cm. La sua superficie, roseo grigiastra, è liscia ed uniforme, ma nel caso di infiammazione dell'organo diventa turgida, irregolare ed assume un colore rosso vivo o violaceo.. Intervento chirurgico L'appendicectomia eseguita nella prima fase dell'infezione si risolve in un intervento semplice e rapido con brevi tempi di degenza e costi sanitari e sociali contenuti. L’appendicite di… La peritonite è un'infiammazione della sierosa che riveste i visceri e la cavità peritoneale dovuta, in genere, a contaminazione batterica. Si distingue in primitiva (quando non c'è evidenza di un focolaio batterico) o secondaria (quando è dovuta ad invasione batterica). Cause della peritonite La causa maggiore della peritonite batterica è la perforazione interna del tratto gastrointestinale, che porta alla contaminazione della cavità addominale con succhi gastrici e la flora batterica intestinale. La perforazione è di solito dovuta all'aggravarsi di un'appendicite trascurata o a complicanze in seguito alla presenza di corpi estranei nell'intestino. Segni e sintomi I pazienti affetti da peritonite hanno di solito forti dolori e tendono a restare in posizione fetale. La parete addominale è di solito rigida, il dolore può essere locale o diffuso; i pazienti possono soffrire di nausea, vomito e febbre. La peritonite di... La presenza dei calcoli… La cistifellea può essere sede di calcoli (Calcolosi biliare), che si formano a causa di un eccesso di colesterolo e di calcio inorganico; è un problema abbastanza comune (ne viene colpita circa il 15% della popolazione) e la diagnosi attualmente si basa sull'ecografia del fegato e delle vie biliari. Una dieta povera di grassi e ricca di frutta e verdura riduce notevolmente la possibilità di una loro formazione. La cistifellea (detta anche colecisti o vescicola biliare), lunga in media 10 cm e con una capacità di 40 g, è un organo a forma di pera, localizzato nella porzione anteriore della faccia inferiore del fegato. Anche gli animali hanno la cistifellea La cistifellea è presente nella maggior parte dei Vertebrati, comprese le specie più primitive. In quali animali è presente la cistifellea -molti squali -bradipi, giraffe, tapiri, cavalli, ratti, diversi cervi -piccioni, pappagalli, struzzi e nandù. -In alcuni casi (lampreda, gallina faraona) la presenza è irregolare o legata all'età. Squali Pappagalli Bradipi Giraffe Cavalli Piccioni Tapiri I calcoli di… FINE