Giovedi 15 Novembre 2012 1°ora PATOLOGIA GENERALE Prof. LACONI (Carlo Sanna) Autoimmunità e Malattie Autoimmuni Riprendiamo l’argomento della genesi dei T regolatori, il problema è complesso e condizionato dal fatto che conosciamo molto poco. I T reg sono una delle ultime categorie di linfociti che sono state individuate ma ciò non significa che siano meno importanti, stiamo scoprendo quanto sono coinvolti nella regolazione della risposta immunitaria e nelle patologie dove questa risposta non è perfetta. Quindi sia nelle patologie di tipo allergico e soprattutto nelle patologie autoimmuni. I T reg vengono generati o a partire dal timo, cioè escono dal timo gia con una azione regolatoria esprimendo l’antigene CD 25 (anche se esistono T reg che sono CD 25 negativi), quando escono dal timo se incontrano un’antigene presentato da una cellula dentritica (DC) immatura, acquisiscono il fenotipo regolatorio. Quindi il CD25 negativo esprime il CTLA 4 ed esprime un altro marcatore fisico delle cellule T reg, il Fox P3. Ora questi linfociti T reg esercitano una influenza negativa sulla genesi dei linfociti T effettori che vengono generati nel momento in cui l’antigene viene presentato ad una cellula dentrica matura. Questa incontra un linfocita che riconosce quell’antigene presentato su MHC di una cellula dentritica attivata (matura). Tuttavia se è presente in linfocita T reg nei paraggi, questo può esercitare una influenza negativa sulla genesi di linfociti T effettori. L’altra possibilità è quella che un linfocita nasce come linfocita T reg cioè fuorisce dal timo gia con questa funzione, che esprime CD 25 quindi esercita questa funzione gia in periferia, questi saranno i linfociti che riconoscono più tendenzialmente antigeni SELF. Sono quei linfociti che si trovano in quella finestra (area grigia immagine seguente) che seleziona i linfociti T reg gia quando escono dal timo. L’immagine soprastante mostra la possibilità di generara linfociti T reg anche in periferia. Possono essere indotti ad acquisire un fenotipo T regolatorio se l’antigene viene presentato loro da una cellula dentritica non completamente attivata ma immatura. Domanda: Quindi i linfociti T reg non esprimono CD 25? Risp: Se parliamo di regole generali CD 25 è un marker tipico dei T regolatori però badate che ci sono anche T regolatori CD 25 negativi, stanno emergendo in letteratura, quindi non esistono dogmi anche se finora quello che è comunemente ritenuto è che il CD 25 sia un marcatore dei T reg, però non è che la funzione regolatoria sia legata all’espressione del CD 25. L ‘omportanza del gene Fox P3 viene illustrata dal fatto che esiste una condizione da deficit di FoxP3 denominata: Immune-disfunction, polyendocrinopathy, enteropathy, X-linked, (IPEX), in cui manca la possibilità di esprimere questo gene. Se vogliamo, attualmente è il gene che viene considerato più critico (?) nella funzione T regolatoria, però badate anche qui ci sono eccezzioni. I marcatori sono molto utili, sarebbero più utili se ne sapessimo di più. Per esempio sapere quanti T regoltori ci sono in circolo, quanti ce ne sono all’interno di una massa tumorale, in una risposta di tipo allergico, ci può dare informazioni su quale è la patogenesi di quella malattia, perche potrei cominciare a capire se è un deficit dei T regolatori a sostenere queste patologie oppure, se i T regolatori in quel caso non centrano nulla. Non possiamo fidarci dei marcatori di cui ancora non conosciamo la funzione precisa, se utilizzo come marcatore ..X.. e poi magari non è così rischio di prendere delle grosse cantonate dal punto di vista clinico. Nel senso che uno che ha pochi linfociti che esprimono CD 25 penso che abbia pochi T reg, invece può darsi che ci siano T reg che non esprimono CD 25. I marcatori sono molto utili però prendendoli un pochino con le pinze, il discorso è lo stesso con i marcatori neoplastici. Domanda: non pervenuta Risp: il CD25 negativo che viene dal timo non è T regolatorio, è un T naive che non ha la caratteristica di essere regolatorio, lasciate perdere i marcatori, allo stato attuale il marcatore più attendibile è forse la FoxP3 che però presenta popolazioni con FoxP3 di segno negativo. Quindi non è detto che anche questo sia un marcatore assoluto, ancora non si capisce quale sia il significato di questi marcatori. Il concetto è che escono dal timo linfociti che hanno gia una definita funzione regolatoria che sono affini ai nostri antigeni self, tutti gli altri che sono la maggioranza dei linfociti T CD4+ (..esistono anche CD8+ con funzione regolatoria, ma non complichiamo le cose..), i T reg classici sono i T CD4 positivi. Escono dal timo senza funzione regolatoria, ma possono acquisirla in periferia, quando viene presentato loro l’antigene da una cellula dendritica immatura che non ha uno stato di attivazione tale da mandare messaggi per differenziare un linfocita in T effettore. I linfociti T in periferia possono acquisire funzione regolatoria o effettrice in base al micro ambiente in cui operano, per cui se i linfociti T reg in un ambiente in cui vi è: una bassa presenza di ligandi per il TLR, bassi livelli di costimolazione, bassi livelli di interleuchina 2, bassi livelli di citochine infiammatorie di altro genere come le IL-6 , i linfociti T tendono a mantenere un fenotipo T regolatorio. Ma nel tempo il fenotipo può cambiare. Se la situazione cambia e c’è un alto livello di stimolazione TLR, e aumentano gli altri livelli, il linfocita può essere indotto a perdere la funzione T regolatoria a favore della T effettrice. Quindi è un sistema molto plastico, molto dinamico e risente degli influssi ambientali. Questa immagine parla di ligandi per i TLR che possiamo assimilare anche ad una condizione di presenza di micro organismi che sono classici ligandi di TLR, anche se non unici. Abbiamo detto che tra i ligandi per TLR ci sono sostanze liberate dalle cellule durante il danno, (DAMP) quindi in una situazione di danno in generale abbiamo la maturazione della cellula presentante l’antigene da una forma immatura, forma in cui c’è una parziale attivazione, ad una forma completamente matura, in grado di attivare una funzione effetrice dei linfociti T stimolandoli poi all’espansione clonale. Però contemporaneamente questa cellula presentante l’antigene matura, secerne delle citochine pro-infiammatorie che attiveranno altre cellule dentritiche e anche altri tipi di cellule come quelle epiteliali nella cute per esempio. Se l’attivazione della cellula avviene in assenza del legame TLR, quelle cellule subiscono solo una maturazione parziale, le possiamo assimilare alle precedenti, allora l’incontro di queste con il linfocita specifico per quell’antigene che stanno presentando risulterà in un differenziamento di tipo T regolatorio. Questo meccanismo è stato ipotizzato avere un ruolo nelle infezioni, sarebbe un fattore protettivo nello sviluppo di patologie autoimmuni. Tramite questo meccanismo dovremmo riuscire a differenziare linfociti potenzialmente autoreattivi nel fenotipo T regolatorio in periferia. Ogni episodio infettivo sarebbe per noi una occasione per liberarci di potenziali linfociti T auto-rattivi, differenziandoli in T reg, perché durante l’episodio infettivo, grazie all’ambiente citochinico pro-infiammatorio, noi induciamo i nostri tessuti ad una maggiore espressione di molecole self, molecole MHC che esprimono maggiore quantità di molecole self. Per cui eventuali linfociti autoreattivi hanno maggiore probabilità di incontrare gli antigeni self in una condizione in cui la risposta però non sara in un linfocita T effettore ma T regolatore. Quindi è un’opportunità il contatto con agenti infettivi per “liberare” i nostri tessuti dalla presenza di eventuali linfociti T auto-reattivi che potrebbero diventare linfociti T effettori e noi invece gli facciamo diventare T reg in periferia (non nascono come regolatori nel timo). Lo schema nell’immagine indica la presenza del focolaio infiammatorio con la reazione immunitaria nei confronti di quel microorganismo (all’interno dell’ellisse che ha tracciato nelle nuove slide) con i linfociti T effettori in grado di eliminare quel microorganismo, nel tessuto circostante in cui il microorganismo non è arrivato si diffonderanno dei messaggi chimici che indurranno un maggiore differenziamento verso T regolatori, e questo serve a proteggere i nostri tessuti dalla reazione infiammatoria. Se questa dovesse propagarsi, non distingue tra i tessuti self e non-self, distruggerebbe tutto, quindi e un modo per noi per confinare la presenza di T effettori solo nel territorio in cui sono presenti i segnali di pericolo. In questo modo nel tessuto circostante cerchiamo di indurre una risposta più regolatoria che non effettrice. Questo sarebbe il significato dell’induzione del fenotipo T regolatorio. Questi sono meccanismi che operano continuamente nei tessuti di frontiera come la mucosa intestinale, la cute.. dove ovviamente siamo continuamente di fronte al dilemma: “scatenare o meno la risposta infiammatoria..??” perché abbiamo la barriera nei confronti del territorio esterno e siamo continuamente a contatto con antigeni non self, ma devo saper quante armi mettere in gioco e dove limitarne invece l’azione. Vediamo adesso cosa succede a carico delle cellule B, fino adesso abbiamo parlato delle cellule T come coinvolte eventualmente nelle patologie autoimmuni, possono contribuire anche le cellule B. Abbiamo nell’immagine soprastante due condizioni nella stessa cellula B che riconosce attraverso il suo TCR un antigene self, se questa cellula non ha una costimolazione da una cellula T conteporaneamente diciamo che ciò non avrà conseguenze dal punto di vista pratico, dal punto di vista della produzione di auto-anticorpi contro l’antigene self. Ma se contemporaneamente all’incontro con l’antigene da parte del TCR, questa cellula B viene stimolata da un linfocita T che riconosce un antigene che ha parti in comune con l’antigene riconosciuto attraverso il TCR, allora questo linfocita B specifico per un antigene self che cross reagisce con un antigene esogeno, questo linfocita potrà generare quantità importanti di anticorpi che riconosceranno anche antigeni self. Questo è il classico meccanismo della cross reattività tra un antigene self ed un antigene esogeno che può essere uno dei meccanismi in cui noi produciamo auto-anticorpi. (Le 2 slide seguenti le ha saltate) Vediamo l’immunità innata e acquisita rispetto al loro ruolo nell’origine delle patologie autoimmuni. Anche l’immunità innata nonostante non sia specifica come quella acquisita ha dei meccanismi attraverso cui può distinguere tra strutture potenzialmente pericolose e strutture che invece non lo sono. In particolare attraverso i pattern molecolari PAMPs, noi nasciamo già con questi recettori che ci aiutano ad identificare i pericoli. Esistono meccanismi di riconoscimento di patogeni attraverso un processo molto dispendioso di sintesi e selezione di recettori Ag-specifici. Queste sono le premesse per le malattie auto immuni. Studiando il funzionamento normale del sistema immunitario si è cercato di capire l’origine delle malattie auto-immuni, facendo riferimento a quanto detto precedentemente non dovrebbe sorprenderci che si possano verificare queste patologie A.I. per via del fatto che la distinzione non è così semplice. Qual è l’evidenza del coinvolgimento della risposta immunitaria in queste malattie? Ci sono metodi di induzione sperimentale, badate questo è molto indicativo, cioè si può indurre autoimmunità iniettando autoAg + adiuvante stimolando il sistema immunitario nella maniera adeguata. Questo ci dice quanta suscettibilità noi abbiamo nelle malattie autoimmuni, cioè se noi siamo esposti ad autoAg nella maniera sbagliata l’autoimmunità può insorgere. Tireoglobulina + adiuvante che induce una patologia simil tiroidite di Hashimoto nei polli. Sono modelli sperimentali di particolari specie di animali che una volta sviluppati si utilizza sempre quella specie. In questa condizione, come anche nella vera tiroidite di Hashimoto compaiono autoAb contro la tireoglobulina e la perossidasi. Probabilmente possiamo indurre auto immunità nei confronti di qualunque antigene, questo vuol dire che noi abbiamo linfociti auto reattivi potenzialmente, sia linfociti T che B, cioè linfociti che possono riconoscere in maniera sufficientemente attivante antigeni self. Ci sono poi modelli di autoimmunità spontanea come quello del così detto topo NOD in cui si sviluppa un diabete simile a quello di tipo 1, cioè insulino dipendente (IDDM) in seguito ad insulite delle cellule β del pancreas mediata da cellule T, molto simile al IDDM umano in cui compaiono anticorpi e cellule T anti-insulina e antiGAD (acido glutammico decarbossilato). Inoltre il ruolo degli anticorpi in queste patologie è illustrato dal fatto che ci sono auto anticorpi della madre che devono essere di tipo IgG che possono passare la barriera placentaria verso il feto, si avrà una patologia anche fetale dell’organo bersaglio di questi anticorpi. Quindi se sono anticorpi anti tiroide si avrà una patologia anche fetale a livello tiroideo, e ovviamente verrà meno dopo la nascita salvo che il bambino abbia imparato a sua volta a produrre autoAb ma questo in genere non succede. In corso di gravidanza quindi anche il feto subisce l’effetto degli autoAb tessuto specifici, questo ci dice che la patologia è legata alla presenza di autoAb. Questi nel grafico sono polli obesi che sono suscettibili alla patologia autoimmune di tipo tiroideo, se si effettua una tiroidectomia si vede che scompaiono gli auto Ab quindi gli Ab sono legati alla presenza dell’autoAg. Se non viene fatto nessun trattamento alla nascita vi è un certo livello di Ab anti tireoglobulina. Se si opera una emitiroidectomia, cioè si asporta metà della tiroide, si ha addirittura un aumento degli Ab anti tireoglobulina probabilmente per il trauma del trattamento chirurgico e quindi per la liberazione maggiore di Ag che generano una maggiore quantità di Ab. Se si fa una sham tiroidea, cioè una tiroidectomia finta, praticamente si apre l’animale e si fa tutto quello che necessità una tiroidectomia ma non si toglie l’organo, gli Ab rimangono ad un livello di controllo. Se invece fate una tiroidectomia vera, scompaiono anche gli Ab anti tireoglobulina, quindi evidentemente gli Ab sono generati a seguito dello stimolo antigenico. A cosa sono legate le patologie autoimmuni? Sono le classiche patologie dette multifattoriali, in cui sicuramente esiste un componente genetica testimoniata dal fatto che c’è un’associazione con HLA, ma non solo, anche con altri geni legati alla risposta immunitaria come il CTLA-4 e in genere quando vengono coinvolti questi meccanismi che operano a livello centrale nello stabilire tra self e non-self. In realtà il sistema immunitario si preoccupa più del self che del non-self, cioè il sistema immunitario ha come riferimento il self, per cui più o meno tutto quello che non è presente diventa non-self, ma il realtà il non-self non esiste. Il sistema immunitario fotografa il self, tutto ciò che non è parte di questa immagine diventa estraneo, il non-self non è una parte presente con cui il sistema immunitario fa i conti. Contribuisce a stabilire la nostra identità dal punto di vista organico. In genere quando si tratta di meccanismi centrali che presiedono al riconoscimento della nostra identità, le patologie autoimmuni che si possono verificare sono diverse perché il meccanismo è generale e gli errori che posso fare nel riconoscimento del self possono essere a diversi livelli e a carico di diversi tessuti. Mentre invece quando le patologie autoimmuni sono tessuto specifiche, è probabile che siano legate a particolari antigeni: nel caso del diabete l’insulina, nel caso della tiroidite la tiroide, però vedremo che spesso autoimmunità della tiroide vuol dire maggiore frequenza di altre patologie autoimmuni. Quindi in questo caso non è l’Ag tiroideo che viene gestito in maniera errata ma è il meccanismo complessivo che presiede alla separazione che evidentemente non avviene. C’è una componente ormonale? FORSE… alcune patologie hanno incidenza superiore nel sesso femminile rispetto a quello maschile, con poche eccezioni in senso contrario. Quando si parla di differenze tra i sessi la prima cosa a cui si pensa sono gli ormoni, abbiamo anche già accennato al fatto che il sistema immunitario nel sesso femminile debba avere qualche cosa che lo differenzia da quello maschile se non altro perché c’è l’evento della gravidanza a cui il sesso femminile deve essere predisposto ad andare incontro e che implica qualche meccanismo di base in maniera diversa. Non sarà mai sottolineato a sufficienza il fatto che anche qui c’è una grossa componente ambientale, le patologie autoimmuni stanno aumentando nel corso di poche generazioni, e quindi le cause non possono essere geniche per giustificare questo aumento. C’è qualche cosa che sta cambiando nel modo in cui il nostro sistema immunitario si confronta con l’esterno, e quindi nuove patologie infettive, comunanza antigenica, l’utilizzo di adiuvanti (espressione MHC) anche in questo caso patologie infettive che ci espongono ad adiuvanti, i microorganismi sono adiuvanti che stimolano la risposta immunitaria in generale. Attivazione policlonale dei linfociti per esempio in seguito all’esposizione a virus come l’EBV che attiva i linfociti in maniera aspecifica, potendo attivare cloni che potrebbero risultare essere costituiti da popolazione self reattive. Quindi un’attivazione aspecifica della risposta immunitaria potrebbe essere responsabile. Nel grafico vedete un esempio di cosa significhi familiarità questi sono familiari di soggetti che hanno diverse patologie autoimmuni; i familiari sani dei pazienti con tiroidite di Hashimoto, nel sangue del 50% di questi familiari troviamo anche qui Ab anti tiroide e Ab contro la mucosa gastrica responsabili dell’anemia perniciosa. Questi Ab sono presenti anche nel 10% della popolazione normale di controllo, cioè soggetti ne pazienti, ne familiari. Gli anticorpi sono Ab anti IgG. Anche nelle altre patologie gli Ab contro l’organo bersaglio sono maggiormente presenti, ma ci sono Ab anche contro tessuti non specifici di quella patologia. Si ha una sindrome che predispone alla sintesi di autoAb contro diversi tessuti e che si focalizza contro il tessuto specifico. Nella tabella precedente vi è l’associazione tra malattie autoimmuni e HLA. Il Rischio Relativo è il rischio che corre una popolazione che ha quella caratteristica rispetto alla popolazione generale di sviluppare quella malattia. Significa che se nella popolazione generale trovate 1/1000 individui che ha la tiroidite di Hashimoto, in soggetti che hanno l’aplotipo HLA DR11 ce ne saranno 3,2/1000. Cioè questi soggetti rischiano 3,2 volte di più lo sviluppo di tiroidite rispetto alla popolazione generale che per definizione è 1. Il rischio in generale per qualunque patologia con questo tipo di studio è sempre posto uguale ad 1 nella popolazione generale. Per definizione. Quando si parla di rischio relativo si fa sempre un rapporto tra quanto rischia la popolazione generale e quanto rischia la popolazione con quella caratteristica che stiamo studiando. Quindi è un numero assoluto, puro, essendo un rapporto. Per esempio nella spondilite anchilosante l’aplotipo B27 è correlato ad un rischio relativo del 87,4%, è uno dei casi più eclatanti. C’è una associazione tra aplotipi e patologie, ciò non significa che chi ha quell’aplotipo avrà sempre quella malattia. Non è che se si ha un sospetto di spondilite anchilosante si fa l’HLA, l’HLA non aggiunge nulla alla diagnosi, si fa diagnosi con la clinica, non con l’ HLA, HLA potrebbe eventualmente rinforzare la diagnosi. Sono solamente associazioni, da non usare in maniera inappropriata.