www.corrierecomunicazioni.it n°18. 26 ottobre 2009 La strategia dei concorrenti «Più aperti, più locali» LʼOvi Store punta su un ecosistema più open di Apple e su accordi regionali Valerio Tavazzi (Nokia Italia) «Nessun profitto, con le apps potenziamo il brand» unʼidea: Shazam (unʼapplicazione che serve a identificare la musica e tra le più popolari su iPhone, ndr), prima di arrivare su Ovi Store era disponibile in 60 Paesi. Adesso, in 123. Touchnote (servizio per stampare foto) è stato scaricato da 130 Paesi dalla fine di maggio. E il secondo fattore? Gli accordi su scala regionale, che ci permettono di migliorare e localizzare i contenuti per lʼutente. Adesso i Paesi con contenuti locali sono Australia, Germania, Francia, Italia, Irlanda, Russia, Singapore, Regno Unito e Spagna; entro fine 2009 anche Stati Uniti, Brasile e Cina. Per poi passare a 20 Paesi entro marzo 2010. Ogni utente, così, vede una versione personalizzata del portale di Ovi Store, a ’ ’ I l puledro di Nokia corre: lʼOvi Store, giovane concorrente nel mercato dei negozi di applicazioni, ne ha ormai “alcune migliaia” in catalogo, dice al Corriere delle Comunicazioni Valerio Tavazzi, head of sales operation Nokia Italia. “I download sono cresciuti dellʼ80% a settembre, rispetto ad agosto; la crescita degli utenti di Ovi Store è stata del 50%”. Non sono stati comunicati, quindi, numeri precisi e assoluti (disponibili invece per App Store di Apple): a conferma che la concorrenza comincia solo ora a fare sul serio. Di contro, lʼOvi Store ha una prerogativa, rispetto allʼApp Store: è un ecosistema più aperto. Da qualche settimana è diventato open source il sistema operativo di riferimento (Symbian), infatti. Nokia inoltre ha appena annunciato che aprirà alcune funzioni base della propria piattaforma (come le mappe), che quindi potranno entrare in applicazioni di terze parti. È open anche lʼaltro rivale eccellente: Android. Segno che quella dellʼapertura è ora la carta più usata per contrastare lʼegemonia Apple. Gli assi di Nokia non finiscono qui, però, come tiene a far sapere Tavazzi. Su quali altri fattori puntate per imporvi in questo mercato, aperto da Apple? Su due, in particolare. Il primo è la scala, lʼampiezza del mercato raggiungibile dallʼOvi Store. Ora è accessibile da cento dispositivi, il che vuole dire centinaia di milioni di cellulari al mondo, in 180 Paesi. Per dare 9 [email protected] Fattore chiave «Cruciale la nostra economia di scala Ovi è accessibile da cento dispositivi» Intese VALERIO TAVAZZI Head of sales operation Nokia Italia «In Italia abbiamo accordi con giornali, player come Dada, e anche con la Cgil» su cui pesa lʼincognita profitto guadagnare”, aggiunge. Il problema è duplice. Da una parte, le applicazioni non ricevono abbastanza pubblicità e quindi si perdono nel mucchio, invisibili allʼutente. Dallʼaltra, il modello di business è traballante: la maggior parte delle applicazioni è gratis o costa meno di un dollaro. La pubblicità può sostenere solo quelle più popolari, perché le altre non hanno una massa critica di utenti per ’ in questo che è il suo primo anno di vita. Per le aziende più grandi è diverso: salgono sul promettente carro dei nuovi negozi, ma continuano a tenere un business differenziato. La multinazionale Gameloft, specializzata in giochi per cellulari, ha fatturato così 60,1 milioni di euro per primi sei mesi del 2009 e attribuisce la crescita (+20% rispetto alla prima metà del 2008) anche al successo dellʼApp Store. Per aziende ancora più grandi, come Electronic Arts (leader dei videogame su tutte le piattaforme), questo nuovo business è più marginale, anche se non possono permettersi di ignorarlo. Eppure “è proprio per gli sviluppatori maggiori che il business è più sostenibile. Per loro, questi negozi sono solo una nuova opportunità: uno dei tanti canali dove distribuire i propri contenuti. Di cui devono limitarsi a fare varie versioni, per i diversi sistemi. Hanno buone economie di scala”, dice Saverio Romeo, analista di Frost & Sullivan. “Lʼincognita sono i profitti per gli attori medio-piccoli. Solo pochissimi di loro riescono a Punti deboli L’insufficiente pubblicità non garantisce la visibilità E il modello di business è ancora troppo traballante attirare gli sponsor. “Il 20% delle applicazioni fa lʼ80% dei soldi e, in media, con un piccolo margine di profitto”, dice Windsor Holden, analista di Juniper Research. “Siamo in sei a sviluppare software in iPaguri, ma è per tutti un secondo lavoro. La vendita su App Store non garantisce ricavi sufficienti. I prezzi che si sono imposti sono troppo bassi”, dice Daniele Giordani, uno dei fondatori di iPaguri che fa, per esempio, lʼaudio-guida di Firenze. “Può capitare che unʼapplicazione, anche di qualità, su cui si è investito tempo e fatica, non venga scaricata nemmeno una volta perché sommersa dal mare magnum delle altre. È successo a un nostro video-corso di cucina”, continua. I nuovi negozi potrebbero creare opportunità più interessanti, per esempio quello di Nokia, grazie a una più ampia base di cellulari. Oppure potrebbero frammentare ancora di più il mercato e disperdere i ricavi fra troppi attori. Gli sviluppatori lo scopriranno nei prossimi mesi. A proprie spese. A.L. seconda del proprio Paese e dei propri acquisti passati. Il che è un vantaggio anche per gli sviluppatori: grazie ai portali personalizzati, la coda lunga di applicazioni ha maggiore visibilità. Su negozi della concorrenza, dove il portale è sempre uguale, appaiono in evidenza, quindi hanno successo, solo le 10-20 applicazioni più popolari. In Italia che accordi avete? Ne abbiamo con i giornali e con player come Buongiorno, Dada, Zero9, Rtl Music. Persino con la Cgil, per contenuti informativi ai lavoratori. Non credo che i concorrenti facciano accordi di questa portata. Ne abbiamo uno con Movincon (mobile commerce), da cui nasceranno, allʼinizio del 2010 sullʼOvi Store, servizi per acquistare biglietti del trasporto pubblico, spettacoli, prenotare alberghi e altro (Telecom Italia ha un accordo simile con Movincon, ndr). Si noti quindi che non ci sono solo applicazioni, ma anche contenuti (video, per esempio) e servizi su Ovi. Abbiamo quindi accordi non solo con sviluppatori ma anche con creatori di contenuti multimediali. E con gli operatori? È un altro aspetto distintivo. Sono accordi che servono a facilitare lʼuso del nostro negozio. Gli utenti di alcuni operatori possono così pagare anche con il credito telefonico (oltre che con carta di credito). In Italia, è possibile con Wind, 3 e Vodafone. Per Tim siamo in trattative. Saranno 20 i Paesi con mobile billing entro marzo 2010. Che cosa vi aspettate dall’Ovi Store? Una nuova fonte di ricavi? La maggior parte delle applicazioni e dei contenuti è gratis, quindi non porta profitti a Nokia. Ci serve a potenziare il brand anche in questa nuova frontiera del mercato cellulari. LʼOvi Store ci permette di arricchire lʼesperienza utente, più che generare una fonte di ricavi del tutto nuova. È importante perché dà più valore al prodotto hardware (il cellulare, ndr) e quindi ne migliora la vendibilità. Alessandro Longo