Concept store Nascono negli anni 80 quando, a partire dagli Stati Uniti, molte aziende hanno cominciato a creare punti vendita tematici, dove il consumatore potesse non solo acquistare dei prodotti, ma entrare nel “mondo” proposto dal marchio. La creazione di un concept store non implica grandi superfici, ma bisogna scegliere un percorso sensoriale ben definito, selezionare il target cliente, individuare uno o più stili di vita da proporre, acquisire un’identità forte e comunicarla con coerenza in tutti i dettagli (personale, packaging, immagine, servizi). Il concept store è luogo di sperimentazione in cui si possono fondere stili e prodotti, servizi ed eventi che altrove potrebbero essere non compatibili. Sono strategici l’ambientazione, l’idea, il tema scelto. L’innovazione del concept store rispetto ad altre forme distributive è la centralità dell’atmosfera e la messa in scena del prodotto. L’ambiente negozio prevale sul prodotto, per estremizzare. Factory outlet center Si distinguono dal singolo spaccio aziendale per alcune caratteristiche di base: localizzazione indipendente rispetto ai centri produttivi; concentrazione spaziale nella medesima area fisica di marchi e prodotti differenti (soprattutto moda-abbigliamento e accessori); integrazione con servizi complementari ai consumatori; qualità e articolazione delle tecniche di vendita (esposizione della merce, assistenza al cliente). I negozi sono gestiti direttamente dai produttori, anche se è possibile trovare distributori che vendono prodotti di marca e di qualità a prezzi scontati. Le marche presenti sono note e di elevato appeal, in modo da poter richiamare un numero consistente di acquirenti. In questi centri, spesso situati in zone extraurbane e in prossimità di importanti reti viarie, si cerca di ricreare un ambiente semplice ma accogliente, attraverso elementi architettonici (comprese strade, piazze, fontane) che riprendano aspetti storici e culturali tipici del contesto in cui si inseriscono, in modo da formare una atmosfera positiva che contribuisca ad una maggiore permanenza all'interno del centro. In queste strutture commerciali complesse, accanto alla concentrazione di negozi monomarca (di norma dai 50 ai 150 negozi), viene inoltre fornita tutta una serie di servizi: ristorazione, aree bimbi, sportelli bancomat, servizi navetta per raggiungere il centro, ufficio informazioni turistiche, parcheggi gratuiti. Questa combinazione di aspetti commerciali con spazi dedicati alla ricreazione e al leisure permette di sviluppare un’atmosfera più rilassata e un ambiente più suggestivo, che consente così di attrarre molti clienti o turisti e di aumentare la loro permanenza all’interno del centro. Guerriglia marketing Insieme di strategie non convenzionali di comunicazione, capaci di massimizzare l’efficacia del messaggio riducendo al minimo la spesa. Le iniziative concorrono allo sviluppo delle strategie di mercato attraverso la messa in scena di pseudo-eventi concepiti in integrazione all’immagine dell’azienda, sfruttando il bisogno di novità dei mezzi comunicazione e la permeabilità dei suoi meccanismi per promuovere idee, marchi o prodotti. Ludic marketing Utilizza il gioco come fulcro delle strategie di marketing interattivo delle aziende. Il ludic marketing è il settore dell’interactive marketing nel quale il gioco assume un ruolo centrale. L’utilizzo integrato di advergame, viral marketing, concorsi a premi e altri strumenti ludici risulta sempre più importante all’interno delle campagne di web marketing. Marketing olfattivo Tipologia di marketing che prevede l’uso di aromi per coinvolgere il cliente in un’esperienza sensoriale. Marketing polisensoriale Tendenza del marketing esperienziale che riguarda l’utilizzo di strumenti attrattivi e di comunicazione basati sulla stimolazione dei sensi del cliente. Marketing relazionale Branca del marketing che consente di incrementare la relazione con il cliente attraverso la sua fidelizzazione e all’ottimizzazione delle relazioni tra clienti e azienda. Neuromarketing Indica una recente disciplina volta all’individuazione di canali di comunicazione più diretti ai processi decisionali d’acquisto, mediante l’utilizzo di metodologie legate alle nuove scoperte delle neuroscienze. L’interessamento del sistema nervoso centrale, e in particolar modo delle zone cerebrali attive durante la creazione del processo decisionale, sono all’origine della composizione del nome. Outlet Il termine, di origine anglosassone, viene tradotto in italiano con la definizione di spaccio aziendale. Nasce negli Stati Uniti come fenomeno socioeconomico, per poi diventare una particolare tipologia commerciale basata sulla vendita di prodotti di marca ribassati dal 30% al 50%, in quanto relativi a stagioni precedenti, con lievi difetti o esuberi di produzione. Recentemente l’outlet è diventato a pieno titolo un canale distributivo alternativo agli altri (e non solo complementare); ciò è infatti dimostrato dal fatto che le imprese industriali che lo utilizzano iniziano a fabbricare prodotti destinati a essere venduti esclusivamente in questo tipo di formato commerciale. Pop-Up Store Negozi aperti all’improvviso (vd Temporary shop) Reverse marketing Significa “marketing al contrario” e si basa sull’assunto che il vero capo dell’azienda è il consumatore ed esso viene prima dell’azienda stessa Il concetto di reverse marketing si presenta come un’evoluzione del marketing orientato alla qualità e al cliente, cercando di evidenziare e sfruttare anche i numerosi vantaggi che possono scaturire dall’intero ambiente esterno. Street marketing Promuove azioni di attività non convenzionale che mettono al centro il consumatore e che si svolgono unicamente per strada con il solo supporto di mezzi e di persone (attori, comparse o character a seconda del progetto). I vantaggi sono molteplici: una capillarità incredibile, un messaggio forte declinato ad hoc proprio perché targettizzato, una buona notiziabilità, un feedback immediato sul gradimento dell’operazione. Temporary shop Si tratta di negozi con un periodo di apertura limitato e prestabilito che può variare dai pochi giorni a diverse settimane fino a un massimo di poco più di un mese, con tanto di countdown a vista a scandire ore, minuti e secondi che mancano alla chiusura. Lo scopo del temporary shop è lo stesso di quello di una tradizionale campagna pubblicitaria, ma l’effetto finale è quello di dare la sensazione di partecipazione a un vero e proprio evento. Tribal marketing E’ una strategia del marketing mirante a creare una comunità collegata al prodotto o servizio che si intende promuovere. Analizzando come l’antropologia le tribù postmoderne, crea e fortifica il sentimento comunitario dei consumatori, attraverso prodotti e strategie appositamente studiate per catalizzare la formazione delle comunità e supportarne lo sviluppo, l’autoriconoscimento e l’autosostentamento. Viral marketing Tecnica pubblicitaria e di marketing che cerca di incoraggiare e incrementare il passaggio di informazioni pubblicitarie da consumatore a consumatore e da mercato a mercato, in un’attività di contagio simile a quelle di un’infezione virale.