Relazione 04/10/02 I biosensori di ultima generazione si affidano molto alla biologia molecolare. Si riescono, infatti, a realizzare delle molecole geneticamente ingegnerizzate, che si rivelano un ottimo strumento per ottenere strutture artificiali più semplici, che mantengono intatte le proprie proprietà biologiche (o addirittura le migliorano) e con gruppi funzionali ed attività aggiuntivi. Una tecnica di biologia molecolare che sta acquisendo rapidamente una crescente importanza in biosensoristici è il PHAGE DISPLAY. Tale tecnica fornisce un collegamento fisico tra fenotipo e genotipo, utilizzando la capacità dei fagi (virus batterici) di esporre peptidi e proteine sulla superficie. Con tecniche d’ingegnerizzazione, si possono creare grandi librerie di proteine e peptidi – randomizzando la sequenza di DNA, ogni particella batteriofaga codifica per una specifica proteina –, quali frammenti di Fv a singola catena (scFv) e il Fab. Gli scopi sono diversi; il più importante è trovare un anticorpo per un dato antigene molto più velocemente delle procedure standard, basate sull’immobilizzazione animale. I fagi con le proprietà richieste per selezionare l’anticorpo possono essere isolati dalle librerie attraverso dei cicli di selezione ripetuti (BIOPANNING) sull’anticorpo immobilizzato. Ciascuno dei cicli è costituito da un legame, un lavaggio, un’eluizione e un’amplificazione. I fagi che mostrano legami stabili rimangono attaccati al supporto, quelli instabili sono eliminati con il lavaggio. Sono stati usati la molecola PS II e il frammento scFv per testare una procedura d’immobilizzazione basata sul complesso Ni-NTA-Tag-His6. La coda di 6 His purifica gli enzimi ingegnerizzati: i 6 residui di His sul terminale-N o sul terminale-C dell’enzima sono capaci di legarsi ad una resina, contenente ioni di nichel, immobilizzata da acido nitrilotriacetico (NTA), attaccato covalentemente. Le His-tag hanno il vantaggio di non interferire troppo con la struttura a cui si attaccano, essendo molto piccole, e di essere molto specifiche. Le code di His possono essere eliminate aggiungendo alte concentrazioni di imidazolo ( 200 mM). Gli anticorpi ingegnerizzati sono stati immobilizzati, mediante il complesso NiNTA, con o senza spaziatore (braccio di lisina), su elettrodi stampati di grafite (attraverso dei silani) e su elettrodi d’oro (attraverso la cisteamina). Lo spaziatore è un linker che garantisce un’immobilizzazione controllata ed orientata del mediatore sull’elettrodo. Quanto più controllata ed orientata è l’immobilizzazione, tanto più efficace è la conversione del segnale da parte del trasduttore. Si osserva che la densità superficiale del Ni2+, catturato dal chelante NTA, su strati superficiali è più elevata in presenza di spaziatore. E’ stata anche misurata l’attività dell’alcalin fosfatasi (AP) sul frammento scFv con la coda di sei istidine. L’assorbanza è stata misurata in due casi specifici: L’enzima è stato purificato: l’attività più alta si ha in presenza di spaziatore. Ma, è importante osservare che, anche dopo il lavaggio con imidazolo, con e senza spaziatore, c’è una discreta attività dell’AP. Si tratta di un legame aspecifico. L’enzima è stato estratto dal batterio, senza ricorrere al metodo di purificazione della colonnina cromatografica: l’attività dell’AP è altissima in presenza di un chelante sintetizzato con uno spaziatore. Ciò vuol dire che l’immobilizzazione può essere convenientemente usata come uno step di preconcentrazione/purificazione direttamente sulla superficie del sensore. Nel caso del PS II purificato l’adsorbimento aspecifico, dopo il lavaggio con l’imidazolo è poco meno della metà rispetto all’anticorpo precedente. In presenza di chelante con spaziatore, tale enzima presenta ancora un segnale di fluorescenza. E’ stata fatta anche una sintesi elettrochimica del complesso NiNTA: si ottiene la stessa immobilizzazione degli anticorpi sugli elettrodi d’oro, ma molto più velocemente ( 20 min) rispetto ai processi di sintesi chimica. Attività sperimentale Abbiamo proseguito nella realizzazione di elettrodi stampati di grafite. Sul retro dei substrati polimerici – realizzati ieri – si è depositata della pasta di Ag, in modo da formare una struttura a pettine, in cui i vari “denti” sono di lunghezza più piccola rispetto a quelli presenti sul fronte. All’interno della stampante serigrafica, il substrato viene regolato in base alla posizione di uno stampo di prova, realizzato precedentemente. Le strutture fronte/retro vengono equiparate, depositando della grafite. Prima di depositare la grafite, si è aspettato che il substrato si asciugasse. Per velocizzare i tempi, i supporti di PVC sono stati messi in un forno. Le paste di Ag e di grafite sono state fatte passare attraverso le maglie dello schermo della stampante serigrafica, mediante la pressione di una spatola.