EDIZIONE 2016/2017 ENERGIA PER IL FUTURO Materiali catalitici per la trasformazione delle biomasse in prodotti ad uso energetico e ambientale Maria Luisa TESTA Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per lo Studio dei Materiali Nanostrutturati, Palermo Materiali catalitici per la trasformazione delle biomasse in prodotti ad uso energetico e ambientale 1 Materiali ad azione catalitica I materiali ad azione catalitica sono quelle sostanze capaci, durante una reazione chimica, di abbassare l’energia di attivazione necessaria alla reazione stessa. Come si può evincere dalla figura sottostante, la reazione, in presenza di un catalizzatore e in conseguenza di una energia di attivazione più bassa, viene accelerata. I catalizzatori più “comuni” noti ai ragazzi, sono gli enzimi, in ambito biologico, oppure le marmitte catalitiche dei motori delle automobili. I materiali ad azione catalitica risultano inoltre largamente usati nelle produzioni industriali che coinvolgono i più svariati settori, dai carburanti alla sintesi di farmaci etc. Fig.1. Reazioni in presenza ed in assenza di catalizzatore Tutti i catalizzatori rispecchiano delle regole basilari comuni: - Il catalizzatore compare chimicamente inalterato al termine della reazione - Sono sufficienti piccole quantità per agire durante la reazione - La specificità varia al variare dei diversi sistemi Inoltre, una stessa reazione può essere catalizzata da diversi materiali catalitici. Ciò significa che la ricerca di catalizzatori più efficaci e selettivi risulta sempre più importante. I catalizzatori possono essere omogenei ed eterogenei. Come descritto dalla figura a seguito, i catalizzatori sono omogenei quando sono in una unica fase con i reagenti, per esempio una sostanza liquida in un ambiente di reazione liquido. Sono, invece, eterogenei quando le fasi sono diverse e quindi, per esempio, un catalizzatore solido in un ambiente di reazione liquido. Fig.2. Catalizzatori omogenei ed eterogenei Esistono vantaggi e svantaggi per entrambe le categorie. Per esempio, nella catalisi omogenea tutte le molecole di catalizzatore sono accessibili ai reagenti e i tempi di reazione risultano più rapidi, d’altro canto, tra gli svantaggi si possono annoverare la difficile separazione del catalizzatore, la durata dello stesso, i problemi ambientali che derivano dallo spreco ad ogni ciclo di produzione del composto e quindi i costi elevati che ne derivano. Pur avendo tempi di reazione più lenti e “contatti” più difficili tra i reagenti e il materiale catalitico, l’uso dei catalizzatori eterogenei porta parecchi vantaggi: il materiale si può separare più facilmente dall’ambiente di reazione e può essere più facilmente riutilizzato per parecchi cicli mostrando quindi la sua più lunga durata. A ciò si aggiunge una riduzione dei problemi ambientali (proprio perché essendo utilizzato più volte la quantità usata e poi scartata si riduce notevolmente), ed una riduzione di tutti i costi generali che vanno dalla produzione di materia prima all’abbattimento dei materiali di scarto. La ricerca pertanto è orientata sempre di più, e quando possibile, verso la produzione di materiali catalitici eterogenei. 2 Biomassa In campo Chimico-energetico per biomassa si intende i prodotti di scarto di varia natura, generalmente di scarti dell'agricoltura, dell'allevamento e dell'industria. Tra questi possono essere inclusi legname da ardere, residui agricoli e forestali, scarti dell'industria agroalimentare, reflui degli allevamenti ed infine anche rifiuti urbani, prevalentemente il residuo umido e gli scarti verdi. Si pensi ogni anno si producono in Italia 12 milioni di tonnellate di scarti agricoli. E’ una fonte di energia pulita il cui interesse si è acuito in conseguenza ai problemi di sostenibilità ambientale legati ai giacimenti dei combustibili fossili. Le biomasse rientrano fra le fonti rinnovabili poiché la CO2 emessa per la produzione di energia non rappresenta un incremento dell’anidride carbonica presente nell’ambiente, ma è la medesima che le piante hanno prima assorbito per svilupparsi e che alla loro morte tornerebbe nell’atmosfera attraverso i normali processi degradativi della sostanza organica. Attualmente la biomassa viene per lo più utilizzata come combustibile di apposite centrali termiche per produrre energia sia elettrica che termica riducendo, di conseguenza, la dipendenza dalle fonti di natura fossile come il petrolio. L’energia elettrica prodotta da impianti a biomassa oggi rappresenta circa il 5% della capacità di generazione elettrica in tutto il mondo. Un altro vantaggio nell’utilizzo di questi rifiuti è che, molto spesso, svariati scarti dell’industria agroalimentare risultano come rifiuti speciali per cui l’azienda ha un ulteriore costo di spesa nello smaltimento adeguato. Negli ultimi anni molte aziende hanno intrapreso la strada di utilizzare gli scarti per la creazione di energia. Si può citare come esempio, l’impianto pilota di Catania per produrre energia dal «pastazzo», lo scarto della lavorazione degli agrumi. E’ importante puntualizzare, inoltre, che dietro al concetto della valorizzazione delle biomasse, c’è un cambiamento radicale del concetto di rifiuto. Il rifiuto non risulta più qualcosa che deve essere gettato via ma una materia prima fondamentale per la produzione ecosostenibile di prodotti di largo consumo per la società. La valorizzazione delle biomasse può inoltre essere di notevole importanza sia per la produzione diretta di carburanti biologici (biofuel), che per la realizzazione di composti chimici ad alto valore aggiunto (bioproducts). Fig.3. Principali campi di utilizzo della biomassa 3 Biocombustibili E’ noto oggigiorno che per un uso sostenibile dei fuels, uno dei più importanti approcci è la valorizzazione delle biomasse. Il biodiesel è un fuel rinnovabile, non tossico e biodegradabile. Il biodiesel di prima generazione è prodotto usando materie prime alimentari ed è per questo che ha un impatto negativo sulle risorse mondiali di cibo. I biodiesel di seconda generazione utilizzano, invece, oli di scarto, in particolare oli alimentari, che rappresentano, quindi, un’alternativa più “verde” rispetto ai primi. Da qualche anno si è sviluppato il biodiesel di terza generazione, proveniente dallo sfruttamento delle alghe. Nell’ottica del riutilizzo dei “rifiuti” la sottoscritta ha dedicato parte della ricerca alla sintesi di materiali efficienti per l’ottenimento del biodiesel di seconda generazione. Il biodiesel o miscela di esteri di acidi grassi (FAME) viene prodotto dalla reazione dell’olio (trigliceride) con un alcol in presenza di un catalizzatore. La reazione, qui di seguito riportata, produce come prodotto principale i FAME e come scarto il glicerolo o glicerina. Fig.4. Reazione di sintesi del biodiesel Il glicerolo può essere ulteriormente sfruttato per la produzione di additivi del biocombustibile, reazioni che vedremo in seguito. La suddetta reazione può essere catalizzata sia da acidi che da basi. Spesso, ancora oggi si utilizza o acido solforico (H2SO4) o basi forti come NaOH ma la ricerca scientifica, ormai da parecchi anni, ha rivolto l’attenzione verso l’uso di catalizzatori eterogenei. Gli oli alimentari di scarto, avendo già subito un processo termico sono “naturalmente” degradati e presentano un alto grado di acidità, ovvero la componente trigliceride si è in parte frantumata dando gli acidi grassi liberi. In questo caso l’uso di catalizzatori eterogenei acidi risulta fondamentale. Fig.5. Scissione dei trigliceridi nell’olio di frittura Il biodiesel pur essendo un prodotto sostenibile presenta vantaggi e svantaggi, alcuni dei quali vengono elencati qui a seguito. I vantaggi Il Biodiesel riduce le importazioni di petrolio ed ha una elevata efficienza energetica Riduce le emissioni: Riduce o azzera la produzione netta di CO2 (la CO2 emessa viene riassorbita durante la crescita e la raccolta del materiale); riduce le emissioni di particolato (PM), idrocarburi e CO; riduce le emissioni di composti dello zolfo Ha bassa tossicità e pericolosità: Non produce benzene o composti aromatici policiclici; Alto punto di infiammabilità; Alto potere lubrificante E’ biodegradabile I svantaggi Il biodiesel ha minore fluidità a freddo: richiede preriscaldamento in luoghi freddi Aumenta le emissioni di NOx: Reagisce con l’N2 dell’aria alla temperatura di combustione Necessita di additivi 4 Sintesi di catalizzatori tramite tecnica sol-gel Una strategia seguita è stata quella di produrre dei materiali ad attività catalitica con caratteristiche acide che potessero catalizzare reazioni anche in presenza di una forte componente acida degli oli alimentari di scarto. [1] Tali materiali devono essere però eterogenei per i motivi elencati precedentemente. Per far ciò, sono stati preparati ed impiegati materiali inerti di supporto ad alta area superficiale a base silicea. La silice o biossido di silicio (SiO2) (componente base della sabbia, vetro, quarzo, etc.) è inerte, resistente e economicamente vantaggiosa, di conseguenza si presta ad essere un buon supporto per la catalisi chimica. Se sintetizzata in laboratorio con le opportune tecniche, presenta un’elevata area superficiale e più facilmente può interagire con le specie chimiche che devono reagire. Fig.5. Struttura del biossido di silicio o silice Una delle procedure di sintesi chimica maggiormente usata è la tecnica sol-gel, di cui a continuazione, si fa un accenno. Il prodotto di partenza per ottenere la silice è il TEOS (tetraetilortosilano) che in ambiente acido subisce una reazione di idrolisi seguita da una condensazione, portando quindi la soluzione ad un gel (sol-gel). Il composto così ottenuto viene portato ad alte temperature (oltre i 400°C) per eliminare residui organici ottenendo quindi una polvere bianca che è il biossido di silicio o silice. Fig.6. Reazione di formazione della silice La polvere ottenuta è una polvera ad alta area superficiale e porosa come una spugna. Entrambe queste due caratteristiche, area superficiale e porosità possono essere modulate durante la sintesi chimica. Fig.7. Immagine al microscopio elettronico di due silici con diverse aree superficiali Morfologia, dimensione dei pori e area superficiale si modificano utilizzando i TEMPLANTI chimici, ovvero tensioattivi. Una piccola parentesi deve essere fatta sui tensioattivi. I tensioattivi sono molecole organiche che hanno una testa idrofila (affine all’acqua) ed un corpo idrofobo (che repelle l’acqua). In ambienti idrofili (H2O, Etanolo…) le molecole tendono ad associarsi tra loro con le teste tutte rivolte verso la parte acquosa mentre le code vicine tra loro in modo tale che all’interno non possa entrare l’acqua, formano così la MICELLA. Per avere un’idea più a portata di mano, i detersivi con i quali si toglie via il grasso, sono dei tensioattivi e funzionano proprio come decritto sopra. Ancora, i fosfolipidi delle membrane cellulari presentano la medesima struttura, testa idrofila e corpo idrofobo. Tornando a noi, i TEMPLANTI sono dei tensioattivi organici che in soluzione formano delle micelle attorno alle quali si fa crescere la matrice silicea, agendo insomma da veri e propri STAMPI. Si forma così un composito, formato sostanzialmente da templanti organici e silice attorno, a questo punto il prodotto ottenuto viene posto ad alte temperature (600°C), le micelle visto che sono composti organici a quella temperatura vengono distrutte e ciò che resta è il biossido di silicio ovvero la silice. Variando i parametri di sintesi si posso ottenere vari tipi di silici con differenti morfologie: così come per esempio indicato nella figura sottostante. Fig.8. Variando i parametri di sintesi si posso ottenere vari tipi di silici con differenti morfologie Un supporto che abbia un’elevata area superficiale e porosità è di importanza fondamentale perché maggiore è il contatto con l’ambiente che lo circonda, maggiore è l’efficacia svolta e minore è la quantità di specie catalitica che si deve utilizzare. Ancora, la presenza dei pori permette una elevata selettività delle reazioni studiate e, di conseguenza, maggiore è la selettività, più efficace è il prodotto sintetizzato. L’efficacia del materiale si misura sia in termini di resa della reazione che di riciclo del catalizzatore ed, in ultima analisi, di abbattimento di costi. Per spiegare in maniera semplice questo concetto basti pensare a varie spugne di diverse dimensioni. Le spugne più piccole assorbono poca acqua perché hanno una area superficiale minore e vengono a contatto con minore quantità di acqua, le spugne più grandi invece presentando una area superficiale maggiore e assorbono molta più acqua perché è maggiore l’acqua con cui vengono in contatto. Partendo dalla struttura del supporto possiamo quindi introdurre qualsiasi componente organica o inorganica che catalizzi le reazioni da studiare. Nel caso della sintesi di catalizzatori per produrre biodiesel di seconda generazione, si possono “supportare” (legare), con varie tecniche di sintesi, delle componenti organiche acide (R-SO3H). [1, 2] Fig.9. Schema di sintesi del biodiesel e dei suoi additivi a partire da oli di frittura in presenza del catalizzatore eterogeneo Una volta prodotto questo catalizzatore, la reazione avviene in maniera più efficace su oli di scarto che contengono una maggiore componente acida. Le caratteristiche indotte al materiale prodotto influenzano positivamente sia il decorso della reazione che la stabilità, in termini di efficacia e riciclo del nuovo materiale. Si era accennato in precedenza che uno scarto importante della reazione è la produzione di glicerolo. Essendo un “must” il riutilizzo del rifiuto, lo scarto, a sua volta, può essere riusato. E’ cosi che in presenza di catalizzatori analoghi a quello descritto il glicerolo può essere riconvertito in additivi dei biofuel. [2, 3] Se la reazione avviene “in situ”, ovvero nel medesimo luogo di reazione, si può ottenere il biocombustibile desiderato con i suoi additivi in un unico passaggio. Questa strategia di sintesi risulta vincente se si pensa alla produzione di biocombustibili in larga scala. Come è ben noto, infatti, a livello industriale ciò che conta maggiormente è l’efficienza dei processi accompagnata all’abbattimento dei costi, che vanno dai costi della materia prima a quelli di regime dei macchinari usati. 5 Dalla biomassa ai prodotti di alto valore aggiunto Dalla trasformazione delle biomasse si possono ottenere prodotti ad alto valore aggiunto. Se pur cosciente che il dossier è rivolto agli studenti della scuola secondaria, voglio loro solamente mostrare uno schema chimico che racchiude molti prodotti ad alto valore aggiunto che possono essere ottenuti dalla trasformazione delle biomasse. Non mi addentrerò, certo, nelle varie reazioni chimiche ma sicuramente i ragazzi potranno osservare la svariata quantità di prodotti utili ottenibili da questo tipo di rifiuti. Occorre puntualizzare che questo è uno schema limitato ad alcuni tipi di prodotti. (vedi figura 10) Dal punto di vista chimico la biomassa si distingue in parte ligneocellulosica e parte trigliceride (oleosa). Come abbiamo già visto in precedenza, la parte trigliceride può essere sfruttata per la produzione diretta di carburanti biologici (biofuel), mentre dal trattamento delle biomasse ligneocellulosiche si possono ottenere le cosiddette molecole piattaforma. Le molecole piattaforma sono molecole che sono state selezionate sulla base di diversi indicatori, per l’importanza e per il loro potenziale utilizzo nelle sintesi chimiche per l’ottenimento dei più svariati prodotti che usiamo nella vita di tutti i giorni, dai carburanti, ai materiali, ad alcune molecole ad azione farmacologica. Attualmente queste molecole vengono prodotte dalle materie prime provenienti da fonti fossili quindi una conversione alle fonti “green” risulta necessaria. Ed è per questo che la ricerca è orientata allo studio di questi processi chimici per abbassare il costo di produzione di queste molecole e della loro trasformazione in prodotti uguali a quelli ottenuti dai combustibili fossili o prodotti diversi, ma con nuove e migliori proprietà. E’ importante sottolineare che nello studio delle varie reazioni, in presenza di catalizzatori adeguati e ottimizzati, si tende ad utilizzare condizioni di reazioni ecocompatibili come l’acqua come solvente e idrogeno molecolare come reagente. Ruolo chiave in reazioni di questo tipo è rappresentato dal catalizzatore eterogeneo. In varie reazioni, sono in fase di studio catalizzatori a base silicea che, però invece delle funzioni organiche acide, presentino come fase attiva metalli come il Palladio (Pd), l’Oro (Au) o il Titanio (Ti) in dimensioni nanometriche. [N.B. 1 nm =10-9m] (vedi figura 11) Un metallo facilmente catalizza alcune reazioni e se viene ben disperso nel supporto può agire in maniera più efficace. Spesso una maggiore dispersione corrisponde a dimensioni delle particelle molto piccole nell’ordine dei nanometri. Anche in questo caso, maggiore è la dispersione minore è la quantità necessaria del metallo usato per risultare efficace. Catalizzatori di questo tipo hanno mostrato buona stabilità in termini di riciclo del materiale e inalterabilità della fase attiva, ma dovranno essere condotti ulteriori e più approfonditi studi sui meccanismi di reazione. [4] Fig.10. Schema di svariate reazioni di prodotti ad alto valore aggiunto ottenuti dalla biomassa Fig.11. Rappresentazione schematica di un catalizzatore metallico eterogeneo 6 Materiali per catalisi ottenuti dalle biomasse Dalla parte della biomassa proveniente dai rifiuti urbani e in particolare costituta da umido e rifiuti verdi, è stato possibile ottenere delle sostanze organiche che si sono rivelate dei foto-catalizzatori per l’abbattimento di inquinanti. [5] Analizziamo passo per passo le varie fasi di quanto detto. La parte compostabile dei rifiuti, dopo aver subito adeguati trattamenti, ha prodotto delle sostanze organiche polimeriche che sono state analizzate, caratterizzate e quindi in ultimo luogo identificate. Fig.11. Processo di ottenimento e caratterizzazione dei fotocatalizzatori ottenuti dai rifiuti Queste sostanze organiche polimeriche sono solubili in acqua e quindi facilmente disperdibili nell’ambiente di reazione, difficilmente separabili e riutilizzabili. In conseguenza di ciò, si è svolta una procedura sperimentale tali da renderli dei catalizzatori eterogenei. Producendo, ancora una volta, la silice ad alta area superficiale con le procedure di sintesi chimica descritte in precedenza, si è legato tale composto, trasformando il catalizzatore omogeneo in eterogeneo, con tutti i vantaggi che ne derivano. Fig.11. Rappresentazione schematica di un catalizzatore eterogeneo portanti sostanze organiche Questo materiale così formato è stato testato come foto-catalizzatore per l’abbattimento degli inquinanti ed in particolare dei coloranti dando ottimi risultati anche dopo riciclo. Fig.11. Schema di abbattimento degli inquinanti da parte del catalizzatore sintetizzato Un fotocatalizzatore è una sostanza che viene attivata in presenza di luce solare e, nel caso specifico, dà vita ad una sequenza di reazioni che portano alla scissione della molecola dell’inquinante. Il fotocatalizzatore per eccellenza è il diossido di titano la cui azione è descritta a seguito in maniera molto didattica. Fig.11. Schema didattico dell’azione del fotocatalizzatore TiO 2 Un esempio molto didattico di reazione indotta dalla luce, se pur lontano come meccanismo, e conosciuto a tutti, è la fotosintesi clorofilliana. A conclusione di questo paragrafo, si può dire che dai rifiuti si sono ottenute delle sostanze che attivate dalla luce solare riescono a degradare degli inquinanti delle acque reflue. Tali sostanze poi si possono utilizzare per più cicli. Il processo descritto è sostenibile ed ecocompatibile dato che le materie prime provengono da rifiuti compostabili, l’attivazione avviene per mezzo della luce solare e si riesce ad abbattere inquinanti acquosi. 7 Conclusioni Da tutto questo enorme bagaglio di nozioni, si può dedurre che il filo conduttore è l’utilizzo della biomassa (scarto agroalimentare, ligneocellulosico, etc.) per la produzione di prodotti utili per l’energia e l’ambiente. Per far ciò, abbiamo visto l’importanza fondamentale che ricoprono i materiali ad azione catalitica sintetizzati nei laboratori chimici. Si è posta l’attenzione sull’utilizzo della parte trigliceride della biomassa per l’ottenimento di biocombustibili e della parte lignea per l’ottenimento di prodotti ad alto valore aggiunto. Dalle biomasse, infine, si sono ottenute delle sostanze utili per l’abbattimento di inquinanti acquosi e coloranti. Questo percorso di ricerca rientra perfettamente nella “green chemistry” o chimica verde in cui i processi chimici risultano sostenibili ed ecocompatibili. Infine, considerare i rifiuti come risorsa, quindi, non è soltanto positivo dal punto di vista economico, ma è anche una visione più corretta dello sviluppo compatibile con l'ambiente. Il potenziale è molto ampio e dipenderà dalle strategie di investimento e innovazione tecnologica che sapranno mettere in campo sia i governi, la ricerca scientifica e le imprese. Infatti, lo sviluppo del settore può essere fonte di un nuovo indotto lavorativo ottimizzando quello esistente. 8 Bibliografia [1] M. L. Testa, V. La Parola, A.M. Venezia “Transesterification of short chain esters using sulfonic acid-functionalised hybrid silica” Catalysis Today, 2014, 223, 115-121 [2] M. L. Testa, V. La Parola, L.F. Liotta, A.M. Venezia “Screening of different solid acid catalysts for glycerol acetylation” Journal of Molecular Catalysis A, 2013, 367, 69-76 [3] C. Drago, L.F. Liotta, V. La Parola, M. L. Testa, G. Nicolosi “One-pot microwave assisted catalytic transformation of vegetable oil into glycerol-free biodiesel” Fuel, 2013, 113, 707-711 [4] M. L. Testa, L. Corbel-Demailly, V. La Parola, A.M. Venezia, C. Pinel “Effect of Au and Pd supported over HMS and Ti doped HMS as catalysts for the hydrogenation of levulinic acid to gvalerolactone” Catalysis Today, 2015, 257, 291-296 [5] M. L. Testa, M. L. Tummino, S. Agostini, P. Avetta, F. Deganello, E. Montoneri, G. 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