Andrea Muni Il Mistero Pagine scelte Galimberti, Pareyson, Lazzarini, Bagolini, Battaglia, Arata, Mathieu, De Finance, Colombo, Possenti, Guardini, Sciacca, Rigobello, Fabro, Ducci Galimberti Umberto Galimberti Idee: il catalogo è questo, Feltrinelli, Milano, maggio 1992, voce “Scienza” (pp. 233-236). “L’esperienza, che per l’empirista è il fondamento di ogni conoscenza, si rivela come un fondamento infondato per chi si attiene rigorosamente ai soli mezzi messi a disposizione dell’analisi empirica. Hume a questo proposito è stato chiarissimo, il suo nichilismo destituisce il fondamento empirico del suo valore di fondamento e, come già nel razionalismo di Leibniz, così nell’empirismo rigorosizzato di Hume, si offre la possibilità di pensare quel fondamento senza fondo in cui si custodisce il mistero abissale della natura e dell’uomo. [… C’è molto che] resta al di là delle possibilità conoscitive dell’uomo e soprattutto della sua esigenza di previsione” (p. 234). Pareyson Luigi Pareyson Ontologia della libertà. Il male e la sofferenza, Einaudi, Torino 1995. “Per il problema della libertà la pura filosofia non affronta veramente il problema, o almeno non lo approfondisce fino in fondo” (p. 27). “Per la libertà la filosofia non oltrepasserà il piano […] dei rapporti tra libertà e necessità” (p. 27). “È proprio nell’esperienza religiosa che il problema centrale resta sempre quello della libertà, dal principio fino alla fine […]. Nell’esperienza religiosa il problema centrale resta sempre quello della libertà dall’inizio fino alla fine […]. La libertà in atto si offre solamente al racconto, al mito, non all’argomentazione filosofica intesa come sistematica” (pp. 27-28). Pareyson “Non c’è dimostrazione o deduzione della libertà: appunto perciò tanto meno ce n’è una definizione” (p. 31). “È inspiegabile, indimostrabile, incomprensibile. […] Non rientra in un sistema, non si aggancia a niente, non si concilia con niente, non fa ‘sistema’” (p. 31). “La libertà è in questo senso un mistero” (p. 32). Lazzarini Renato Lazzarini Comunicazioni e interventi, in: Aa.Vv., Ricostruzione metafisica, atti del IV convegno di studi filosofici cristiani tra professori universitari di Gallarate (13-15 settembre 1948), Liviana, Padova 1949, pp. 151-161. “I misteri o enigmi metafisici […] prospettarli come accessibili al procedimento scientifico significherebbe mortificarli” (p. 152). Questo vale in particolare per “il grande miracolo della libertà” (p. 157). “Ho parlato di libertà come di elemento perturbatore della ragion teoretica, […] nel senso che la libertà va oltre la ragione, così che questa, quando volesse pretendere ad una autosufficienza, potrebbe considerarla erroneamente come perturbatrice e illegittima” (p. 161). Lazzarini Quale metafisica tra pensiero mitico ed esperienza?, in Aa.Vv., Pensiero mitico, metafisica, analisi dell’esperienza, atti del XIII convegno del Centro di Studi Filosofici di Gallarate (1968), Brescia, Morcelliana 1969, pp. 144-150. “Mistero dell’Assoluto”, “mistero metafisico” (p. 147). “Quello dell’assoluto è un autentico mistero”, “insondabile misteriosità” (p. 150). Metafisica problematica e opzione religiosa, in Aa.Vv., Filosofia e religione, atti del XXV convegno del Centro di Studi Filosofici di Gallarate (1970), Morcelliana, Brescia 1971, pp. 121-127. “Senso del mistero”, “il mistero dell’Assoluto. È il senso del mistero cui si accompagna la nota del sacro” (p. 122). “La religione non può mai essere affare di pura consequenzialità logico-razionale” (p. 124). “L’appello al mistero […] invita ad un linguaggio […] profetico” (p. 127). Bagolini Luigi Bagolini Mistero ed esperienza sociale e giuridica, in Aa.Vv., Il problema dell’ateismo, atti del XVI Convegno del Centro di Studi filosofici di Gallarate (1962), Morcelliana, Brescia 1966, pp. 62-70. Bagolini vede il concetto di libertà come inscindibile da quello di mistero: “la negazione del mistero […] rende insomma insignificante […] il problema della libertà” (p. 64). Nello scientismo accade proprio una negazione del mistero: “non c’è mistero, c’è soltanto il non ancora scientificamente conosciuto” (p. 65), viene “eliminato dalla vita ogni senso di mistero” (pp. 65-66). Battaglia Felice Battaglia Battaglia Introduzioni, in Aa.Vv., Filosofia e religione, atti del XXV convegno del Centro di Studi Filosofici di Gallarate (1970), Morcelliana, Brescia 1971, pp. 19-35. “Mistero è tutto ciò che non si perviene a conoscere, che tuttavia non è detto che non si pervenga a conoscere, in una più approfondita indagine. La stessa scienza è contesta di tali misteri, ma nutre fiducia che essi, uno per uno, potranno svelarsi. Occorre dunque per lo meno distinguere tra un mistero della scienza e il mistero della religione. Il primo è un mistero che alla fine potrà sciogliersi, il secondo è mistero in senso assoluto, non solo esso non si risolve, ma resterà sempre mistero. L’uno può cedere in una più circostanziata esperienza, quindi conoscerà la verifica che suona certezza; il secondo si colloca oltre l’esperienza scientifica su un piano affatto diverso, sul piano dell’inoggettivabile. Quale la conclusione? Per quanto l’indagine si approfondisca, ci troviamo a trattare di due piani che non si possono confondere, in una differenza qualitativa radicale, segnata da un confine invalicabile. La religione si svolge su un piano affatto suo, rispetto a cui la stessa filosofia non di rado si arresta” (p. 34). “Per intendere tali prospettive, possiamo dire che gli aspetti accennati sfuggono alla oggettivazione; sono Battaglia compresi, ma non attraverso le vie oggettivanti dell’intelletto. […] La oggettivazione, che è propria delle scienze, non è accettabile da parte della religione […]. Essa è da ritenersi inoggettivabile, e conseguentemente rifiuta i linguaggi rappresentativi propri della scienza, occorre ritenere che i suoi linguaggi siano ben diversi, evocativi e sovente simbolici” (p. 35). Arata Carlo Arata Discorrendo di impersonalismo hegeliano e di personalismo classico, in Rivista di filosofia neoscolastica, anno l, fasc. 1, gennaio-febbraio 1958, pp. 32-56. “Nell’ambito dell’interiorità personale umana vi è pur sempre un margine essenziale di strutturale incomunicabilità […]. Tale dimensione di incomunicabilità è […] ciò per cui l’io di fronte all’altro, nell’ambito dell’umano, diventa un impenetrabile tu. […] La mia stessa inobiettivabilità […] mi salva, conservandomi appunto la libertà” (p. 46). “È chiaro invero come nell’ambito della nostra prospettiva metafisica il problema della libertà si definisca appunto nei termini del fatto misterioso per cui Dio, pur conoscendomi nella mia singolarità per Lui non più ineffabile, e cioè come io, non mi distrugge come persona, anzi mi istituisce come momento reale e distinto dell’essere e del valore di cui il suo stesso essere è la sorgente inesauribile e di cui la sua volontà è l’organo di libera partecipazione” (p. 46). Arata “Il proprio prossimo […] non può essere che un insondabile tu di fronte alla cui singolarità inconoscibile e incomunicabile non rimane che l’amore che solo ci consente, nella condizione umana, di rapportarci al prossimo e di coesistergli nel rispetto di quello che […] è il suo mistero” (p. 46). “Il mondo umano non avvertendomi che nell’ombra misteriosa del tu non può riconoscermi come persona che indirettamente, e cioè solo appunto tramite la Persona di Dio” (p. 47). “È in primo luogo da rilevarsi come, dato che la molteplicità indefinita degli uomini può riconoscersi come molteplicità indefinita di persone, sia pur tali per partecipazione, solo in riferimento ad un Assoluto personalisticamente inteso, vano risulti per noi qualsiasi tentativo d’istituire l’individualità umana sul piano della persona che presuma poter prescindere dall’immediato quanto preciso riferimento a simile premessa teistico-personalistica” (p. 47). Mathieu Vittorio Mathieu Risposte e conclusioni, in Aa.Vv., Pensiero mitico, metafisica, analisi dell’esperienza, atti del XIII convegno del Centro di Studi Filosofici di Gallarate (1968), Brescia, Morcelliana 1969, pp. 144-150. “Che cos’è il mistero se non, precisamente, il silenzio della ragione? Cioè, non assenza di ragione, bensì silenzio: […] si tratta di recuperare il senso del mistero” (p. 340). Mathieu Per una cultura dell’essere, Armando, Roma 1998. “La Grazia sarebbe inconcepibile come azione che Dio eserciti su di noi dall’esterno, e rispetto a cui noi siamo puramente passivi: in tal caso sarebbe corretto affermare (come talvolta si è fatto) che Grazia e libertà sono incompatibili. Al contrario, la prima è condizione della seconda. La Grazia, infatti, è un’azione dall’interno, che ci costituisce originariamente come liberi […]. È una libertà fondata, e non mai assolutamente autofondantesi. Nessuno (che non sia Dio) ce la può dare, e, al tempo stesso, neppure possiamo darcela da noi. Questo ‘mistero’ (anche filosofico, nel senso marceliano della parola ‘mistero’) fa della Grazia la condizione che Kant chiamerebbe ‘trascendentale’, che rende possibile la libertà umana” (p. 49). De Finance Joseph De Finance L’ontologia della persona e della libertà in Maritain, in Possenti V., cura, Jacques Maritain oggi, atti del Convegno internazionale di studio promosso dall’Università cattolica nel centenario della nascita – Milano, 20-23 ottobre 1982, Vita e Pensiero, Milano 1983, pp. 156-173. “Il mistero della libertà è quello della soggettività. È assolutamente impenetrabile, tranne che per Dio” (p. 169). “L’atto di libertà […] non è di questo mondo […]. Il suo mistero è quindi connesso al mistero divino” (p. 169). Colombo Carlo Colombo Mistero, in Enciclopedia Cattolica, vol. coll. 1131-1135. VIII, 1952, “Si dice mistero una verità […] che l’intelligenza umana non può trovare con le sue sole forze, e che anche conosciuta […] non potrà mai essere perfettamente compresa” (col. 1131). “Una domanda fondamentale sorge inevitabilmente dall’esposizione del concetto cattolico di mistero: come cioè possano essere intelligibili i misteri, se sono verità per natura loro superiori all’intelligenza creata e quale valore possa avere per noi la loro conoscenza, se rappresentano in definitiva delle incognite. In realtà i misteri, pur essendo superiori alla capacità di comprensione umana, […] presentano una analogia con verità già conosciute, e questa analogia è sufficiente a farne ottenere una certa (aliqualis) intelligenza iniziale, e a farne intendere il significato […] (col. 1134). Possenti Vittorio Possenti Filosofia e rivelazione. Un contributo al dibattito su ragione e fede, Città Nuova, Roma 1999. “Il mistero, lungi dal costituire contraddizione o destituzione della ragione, è una pienezza di verità, velata, in ombra, inesauribile, dove la mente si inoltra, senza poterla afferrare completamente, nel contempo confermando l’intuizione originaria che dice dell’incondizionatezza e della universalità del vero” (p. 17). Guardini Romano Guardini Libertà, grazia, destino, 1948, tr. it. di Valier M.P., Morcelliana, Brescia 19571, 20003 (l’ed. or. ora si trova rip. in Freiheit Gnade Schicksal. Drei Kapitel zur Deutung des Daseins, Monaco 1979). La libertà è un “fatto misterioso che contrasta con ogni concezione razionalistica” (p. 33). Sciacca Michele Federico Sciacca Nota sulla libertà, in Aa.Vv., Fondazione della morale, atti del V convegno di Gallarate, Liviana, Padova 1950, pp. 183-194. “Non solo la Grazia non nega la libertà, ma è essa che fonda la vera libertà dell’uomo, elevando la libertà di scelta o il libero arbitrio a libertà nel bene” (p. 192). “Dio crea esseri liberi e nello stesso tempo sostiene la loro libertà. Dio è il custode della nostra iniziativa personale e perciò non si sostituisce a noi: l’intervento della Grazia fonda la libertà”. Si tratta di un’“inserzione misteriosa del divino nell’umano, la sola che spieghi l’enigma della libertà” (p. 192). In effetti è misterioso questo esser “liberi di una libertà che oltrepassa la storia e il tempo” (p. 193). Rigobello Armando Rigobello Condizionamenti sociologici e linguaggio morale, in Aa.Vv., cura, Sociologia e filosofia, Atti del XIX convegno del centro di studi filosofici tra professori universitari – Gallarate 1964, Morcelliana, Brescia 1965, pp. 243-253. In commento all’Apologia di Socrate (dal 20a al 34b): “Al centro della questione c’è il termine ‘sapiente’. Socrate inizia a discutere partendo dalla comune accezione linguistica del termine […]: ‘sapiente’ è chi conosce e sa dominare, chi ottiene il successo. Il punto d’arrivo del suo discorso è una ben diversa nozione[…]: ‘sapiente’ è chi riconosce il proprio limite dinanzi al mistero[…]. Dall’orgoglio attivistico che deriva dalla capacità di imporsi e d’essere molto apprezzato, si passa all’umile apertura contemplativa, ad un atteggiamento sapienziale” (p. 251). Rigobello Il personalismo, Città Nuova, Roma, 1975. “È un personalismo di reazione”, “‘aspirazione’ più che dottrina”, “fenomeno di reazione”, “una anti-ideologia” (p. 13) “di fronte alle deviazioni schematizzanti, meramente operative, utilitaristiche” (p. 14). In primo piano c’è il “quadro metafisico”, il “criterio fondante”: “la trascendenza fonda la inesauribilità della persona” (p. 15). Soprattutto per quanto riguarda Mounier, il personalismo è una richiesta di ontologia “essenzialmente rivolta ad una liberazione”, alla “libertà umana” (p. 28). Si tratta quindi essenzialmente di un “processo di liberazione” verso la “trascendenza” (p. 29), all’interno delle categorie del “mistero” (p. 30): il “mistero senza fondo della persona” (p. 32). “La libertà per Mounier non è un dato dimostrabile, ma un’esperienza vissuta” (p. 28). Riguardo al personalismo dello Stefanini, similmente, Rigobello parla di una “metafisica della persona” (p. 58), di “mistero” e di “trascendenza” (p. 60). Fabro Cornelio Fabro Introduzione all’esistenzialismo, Vita e Pensiero, Milano 1943; ora in Opere, vol. 7 (2009), da cui si cita. “Nell’ambito della conoscenza umana, possiamo ora dire che il ‘mistero’ non è mai perfettamente ‘chiuso’; ha sempre qualche ‘apertura’ entro la quale può filtrare la luce” (p. 115). Esistenzialismo e realismo, in Aa.Vv., Acta Pont. Academiae Romanae S. Thomae Aq. et Religionis Catholicae, vol. IX (nova series), Marietti, Torino 1944, pp. 242-266. “I ‘misteri’, per la filosofia Cristiana, non sono paradossi di violazione della contraddizione, ma sovrabbondanza ed eccedenza di essere e di verità, quanto l’infinito avanza sul finito” (p. 260). Problemi dell’esistenzialismo, AVE, Roma 1945; ora in Opere, vol. 8 (2009), da cui si cita. Fabro Le ultime due pagine sono sostanzialmente una difesa dello spazio del mistero (pp. 92-3). “Per noi il mistero è dappertutto ed in una sfera raddoppiata: mistero di essenza e mistero di esistenza” (p. 92). Fabro Fine ultimo, in Enciclopedia Cattolica, Editrice Sansoni, Firenze, vol. V, 1950, coll. 1381-1386. “Bisogna riconoscere un profondo mistero nella ‘situazione naturale’ dell’uomo ch’è attirato dal Bene infinito ma che, con le sole forze naturali del suo spirito non può né conoscere, né amare e godere in senso autentico e proprio: questo sia per la sproporzione metafisica fra una natura che resta sempre finita, sia per una debolezza quanto inspiegabile altrettanto reale che impedisce all’intelligenza la scoperta chiara del vero e alla volontà l’aspirazione sincera del bene” (col. 1385). “Di qui l’irrequietezza e l’insoddisfazione che ha provato in ogni tempo la ricerca filosofica”, che “tradisce l’aspirazione più profonda del pensiero classico per una giustizia e felicità perfetta. Così l’‘angoscia’ dei filosofi antichi che non potevano avere la Fede, diventa la ‘disperazione’ dei filosofi moderni che respingono la Fede” (col. 1385). La teologia dogmatica e l’interiorità protestante, in Aa.Vv., Teologia e spiritualità, VII settimana di spiritualità promossa dall’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano, 4-10 maggio 1952), Vita e Pensiero, Milano 1952, pp. 23-60. Fabro “È sul fondamento del ‘mistero’ che trascende come tale ogni coscienza finita e costituisce la trascendente e soprannaturale ricchezza della divina Maestà e della divina donazione della grazia in Cristo Gesù all’uomo peccatore, che s’impone l’ascetica e si apre la mistica. L’ascetica cattolica è fondata sulla necessità dell’umana collaborazione per distaccare l’anima dall’adesione al finito” (p. 58). Fabro Umanesimo e filosofia moderna, in Aa.Vv., Umanesimo e pensiero moderno, Editrice Studium Christi, Roma 1953, pp. 65-97. Fabro prende nettamente le distanze da Hegel dicendo: “In Hegel […] si consuma, nella sua forma metafisica più radicale, quella ch’è stata l’‘illusione umanistica’ del pensiero moderno: essa è data dall’assorbimento totale della fede nella ragione, della religione nella filosofia, del divino nell’umano. L’ammirazione di Hegel per il Cristianesimo era probabilmente sincera, ma essa nascondeva il ‘sacrilegio’ essenziale che nessuno aveva prima tentato od osato: di aver calato Dio dal cielo in terra e di aver ridotto la trascendenza della divinità allo sviluppo dell’umanità storica e il mistero della fede a un momento costitutivo della razionalità umana” (p. 81). Fabro Libertà ed esistenza, in Aa.Vv., Thomistica morum principia, Communicationes V Congressus thomistici internationalis, Romae 13-17 septembris 1960, Oficium Libri Catholici – Catholic Book Agency, Roma 1960, pp. 323-330. “È misterioso (è il mistero dell’intelligenza) che una facoltà di una creatura finita non abbia riposo che nel contatto con l’Infinito; ma ciò è pur anche ragionevole” (p. 330). “Il fascino e il mistero della libertà […] è in questa dialettica di coesistenza e di tensione degli opposti” (p. 330). La crisi della ragione nel pensiero moderno, corso di Filosofia teoretica in sedici lezioni tenuto alla Facoltà di Magistero dell’Università di Perugia l’a.a. 1966-67; ora pubblicato a cura di Marco Nardone, Editrice Universitaria Udinese Forum, Udine 2007. “La scienza è capace di produrre bombe atomiche […], la scienza non ha limiti: è la morale che deve avere limiti. […] Ma ciò che vale più nell’uomo non è la potenza dell’intelligenza, non è la capacità tecnica, ma è quel certo filo misterioso della bontà intima della volontà, è quel certo afferramento, che non si sa don- Fabro de venga e come si insinui nello spirito, secondo il quale, appunto, si afferra cos’è il bene e cos’è il male e si distingue il bene dal male. Quindi, uno può essere un grandissimo ingegno e può essere uno spirito catastrofico, deleterio per il genere umano” (p. 64). Ragione e fede, in Marrazini A., cura, I teologi del Dio vivo. La trattazione teologica di Dio oggi, II Congresso Nazionale dell’Associazione Teologica Italiana, Firenze-Gennaio 1968, Ancora, Milano 1968, pp. 244-348. “È questa certamente una teologia capovolta in antropologia (Feuerbach), una teologia dell’uomo e non di Dio […]. È una teologia per la quale vale il rimprovero di Heidegger di aver ignorato il ‘mistero’ della Trascendenza” (p. 260). “L’elemento libero e misterioso che costituisce la soggettività” è “un principio inderivabile dall’oggetto e dalle qualità dell’oggetto” (p. 248), “non è sperimentata, come neppure è conosciuta l’ultima origine dell’odio, dell’amore e della stessa libertà, che sono certamente le forze a cui tale fiducia attinge e di cui si alimenta come alla prima fonte” (p. 248). Fabro Edizione di S. Kierkegaard, Opere, Sansoni 1972; una seconda edizione è stata pubblicata nel 1995 per Piemme, da cui si cita. “Lo scandalo è così il fallimento della ragione che urta contro il mistero cristiano poiché la ragione si rifiuta ad accogliere il criterio superiore, ch’è la verità e bontà di Dio, e decide di stare per le sue” (p. XCIV). L’avventura progressista, Rusconi, Milano 1974. Fin dall’Introduzione è chiarissima la posizione di Fabro nel criticare a fondo quei falsi progressismi (alla Kung: cfr. p. 23) i quali, “sotto il pretesto razionalistico della demitizzazione”, attraverso il principio moderno di immanenza (cfr. p. 18), finiscono di fatto “per applicarsi unicamente alle strutture socio-politico-economiche dell’uomo, rifiutando il sacro del mistero” (p. 13). Libro dell’esistenza e della libertà vagabonda, (19741981), aforismi di Fabro a cura di Morandi E., Pizzuti G.M., Goglia R., Piemme, Casale Monferrato 2000. Fabro “Il mistero di tutti i misteri, l’abisso di tutti gli abissi, il fondo di tutti i fondamenti è la libertà dell’uomo, il senso dell’uomo” (n. 611, p. 112). Ducci Edda Ducci Ducci Articolo sul rapporto tra filosofia e pedagogia uscito in Pedagogia e Vita, bimestrale del gruppo pedagogico de La Scuola diretto da Mario Casotti (serie XXVIII, n. 1, ottobre-novembre 1966, pp. 3-16). Ducci Le categorie che la Ducci ritiene fondamentali per una pedagogia consapevole dei suoi “aspetti filosoficamente fondanti […] in un concreto discorso esistenziale” (p. 9) sono quelle di persona, libertà, verità, causalità, valore (p. 8), comunicazione (p. 12); tutte categorie da rapportare all’Assoluto (cfr. p. 10: la persona stessa è causata da un causante Assoluto) e da salvaguardare nel loro mistero. La Ducci definisce il proprio approccio alla pedagogia come “teoretico-esistenziale” (p. 9), tale da leggere “la presenza del permanente nei transeunti, del necessario nei contingenti” (p. 9), per “partecipazione2 (p. 10). La relazione all’Assoluto non è un di-più, un’aggiunta, ma è sostanziale: “l’Assoluto è più presente alla persona di quanto la persona non lo sia a se stessa” (p. 10). E, in tutto questo, non si può che ricorrere alla categoria del mistero, “il mistero della persona” (p. 10). Il concetto di mistero è altrettanto consono al concetto di libertà, “oscuro e insondabile”, “non comunicabile in termini astrattamente razionalistici” e “inquietante” (p. 11); una libertà che può essere possibile solo per partecipazione all’Assoluto (p. 11). Perfino “il rapporto causale che compenetra e regge la totalità del reale” diventa “insondabile” quando si traduce in una causalità libera, in atti liberi (p. 13); tuttavia l’educatore è proprio questa misteriosa causalità causante di libertà. In tutta la sua esposizione filosofico-pedagogica, la Ducci ri- Ducci mane sempre nella consapevolezza che l’educativo “esorbita da una schematizzazione razionalistica”, da “nude formule” (p. 14); rimane sempre su un livello di insondabilità e mistero. Ducci Articolo Il rapporto io-tu nella persuasione, in Pedagogia e Vita, serie 32, agosto-settembre 1971, pp. 639- 644. Il rapporto io-tu è originariamente “un atto di libertà e di responsabilità”. Così si esprime la Ducci, allora incaricata di pedagogia nell’università di Bari, nelle prime due righe dell’articolo (p. 639). Il tu è assolutamente inoggettivabile, sacrale, incommensurabile (p. 640), misterioso (p. 643) e non strumentalizzabile (p. 641). Sembra interessante notare come, per la Ducci, parlare del soggetto e della sua educazione sia sempre un parlare di qualcosa di inoggettivabile, sacro, misterioso, che oltrepassa il linguaggio della razionalità e della tecnica. Il linguaggio educativo, piuttosto che essere un linguaggio della razionalità tecnica oggettivante, è un linguaggio della persuasione bella e libera di chi vede, trova bello e segue. Il linguaggio stesso della Ducci è sempre teso, aperto, non fa uso dei linguaggi razionali delle tecniche, non si arma degli attrezzi dimostrativi che violentemente bloccano i discorsi in schemi necessari, evita accuratamente ogni oggettivazione, ogni chiusura, ogni meccanismo rigido. Ducci Essere e comunicare, Adriatica, Bari 1974. La Ducci difende con forza la misteriosità dell’educativo, che è “alla soglia […] dell’incomunicabile, del non mai prevedibile” (p. 148), dell’“insondabile” (p. 149), del “solo parzialmente prevedibile e progettabile”, e perciò ha sempre un carattere di rischio (p. 106), che, in definitiva, è il rischio della libertà. L’uomo umano, Anicia, Roma 1979. Qui la Ducci fa un’esposizione di filosofia dell’educazione “con la certezza che il mistero dell’uomo sfugge al sapere sperimentale e sistematico” (p. 7), vale a dire con un netto “rifiuto dello scientismo” (p. 10). Sofocle è senza dubbio l’autore “più convincente circa l’impotenza dell’ingegno” (p. 62), “del progresso tecnicoscientifico” (p. 64), per “ridire la misteriosità della misura umana dopo l’esaltazione sofistica” (p. 65). Ducci Il wort haben ebneriano: l’altra faccia della proposta di Kierkegaard. Emergenza dell’Io in Ebner e Kierkegaard, in Aa. Vv., Essere e libertà. Studi in onore di Cornelio Fabro, Università degli studi di Perugia – collana di Studi Filosofici, Maggioli, Rimini 1984, pp. 495-506. Qual è “la radice di ogni rapporto ingiusto, di ogni sopraffazione, utilizzo, mercificazione, sfruttamento dell’essere umano”? Dov’è “la radice delle incomprensioni che inficiano i rapporti umani di ogni giorno, quelli familiari e quelli di lavoro” (p. 499)? Questa radice è forse misteriosa, “insondabile” (cfr. p. 500)? Non è forse nel cercare di togliere all’uomo il mistero, la “misteriosità” (p. 506)? Ducci Libertà e autonomia. Ripensando la lezione di G. Corallo, in Moscato M.T., cura, Educazione e libertà. Studi in onore di Gino Corallo, numero di Sicvlorvm Gymnasivm, rassegna semestrale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Catania, XLI – Catania 1988, pp. 299-310 (ora in Libertà liberata. Libertà Legge Leggi, Anicia, Roma 1994, pp. 41-50). La Ducci, col Corallo, vede “nella libertà il proprium della realtà educativa”, per cui è da “incentrare la realtà educativa sulla libertà”, intesa in termini di “libertà interiore”, “irripetibilità e originalità” (p. 299), in termini di “mistero”, evitando di “appiattare o scientificizzare il mistero stesso” (p. 300). Giovani e sessualità: educazione all’amore, in Aa.Vv., Per una trasmissione responsabile della vita umana a vent’anni dalla “Humanae vitae”, IV Congresso internazionale per la famiglia d’Africa e d’Europa, Centro Studi e Ricerche Regolazione Naturale Fertilità, Università Cattolica del S. Cuore di Roma – Facoltà di Medicina e Chirurgia, Roma, 12-15 marzo 1988, Roma 1990, pp. 197-211. Una distinzione essenziale va fatta tra due modalità Ducci dell’amore. Da una parte, un tipo di amore falso, “costringente e mortificante” (p. 211), del “possesso egoistico” (p. 199), che può esser fatto “nella ristrettezza dell’individualismo egoistico”, per “pura e sola razionalità […], astuzia o per ingegnosità scaltra” (p. 200), e che alla fin fine può dipendere solo da una “voglia di possesso e forse di utilizzo” (p. 205), all’interno delle logiche del “servilismo” e dell’“asservimento” (p. 210), del “consumismo e l’erotismo di ogni tipo” (p. 206), dal voler fare dell’altro “un oggetto da possedere, da sfruttare, di cui alimentare il mio piacere o la mia autoaffermazione, da umiliare o, nel migliore dei casi, un campo su cui esercitare le mie potenzialità, su cui provare a me stesso la mia maestria e le mie virtù, o forse un essere che provoca in me una superba pietà” (p. 206). Dalla parte opposta, un tipo di amore vero, del “volere il bene totale di chi ne è l’oggetto” (p. 199), “volere il bene totale” (p. 200), il voler bene a “un tu unico”, irripetibile, misterioso (p. 206), “misteriosissimo” (p. 207), “con una vocazione di trascendenza” (p. 209); un amore che fa sì che “l’oggetto di amore – colui che è oggetto di amore – diventi soggetto di amore”, un amore che è “voler bene, volere il bene, volere il massimo bene per la persona amata”. Ducci Un risvolto poco noto della filosofia dell’educazione, in Aa.Vv., La lettera e lo spirito. Miscellanea di studi per il cinquantennio del Magistero ‘Maria Ss. Assunta’ (1939-1989), Roma 1990, pp. 485-497. “Non tutto l’educativo può essere sussunto con categorie […] programmabili e di cui si possa dare valutazione oggettiva”, c’è sempre un qualcosa di “misterioso”, “unico, insostituibile, non riducibile a un numero in una somma” (p. 492). Teoria dei valori e scienze dell’educazione, in Finazzi Sartor R., cura, Incontri pedagogici, Liviana, Padova 1991, pp. 1-8. “Si supera, dopo essersene impossessati, lo stadio oggettivo-soggettivo”, si rinuncia ad “impossessarsi del mistero della lingua, dei linguaggi e della parola” (p. 6). Approdi dell’umano. Il dialogare minore, Anicia, Roma 1992. Ducci “L’educatore deve esserci e non esserci, essere presente e attivo, ma non lasciare segni della sua presenza, agire in senso proprio, ma i segni di tale agire non devono segnare il prodotto dell’azione. È questa un’antinomia grande” e un “mistero” (p. 32). Iniziazione all’educativo (poco nota), in Penna R, cura, Vangelo, religioni e cultura. Miscellanea di studi in memoria di mons. Pietro Rossano, San Paolo, Milano 1993, pp. 278-283. “L’educabilità umana è un mistero immenso” (p. 278). L’educazione alla legalità: prospettive pedagogiche, in Aa.Vv., L’educazione alla legalità, La Scuola, Brescia 1994, pp. 31-54. Alla mentalità tecnica-razionalista la Ducci vuol difendere, per l’ambito educativo e antropologico, lo spazio del “sacro” (p. 43), della “misteriosità” (p. 45; cfr. p. 46), dell’“incommensurabilità” (p. 49). Ducci Postille di filosofia dell’educazione, in Il quadrante scolastico, trimestrale della federazione provinciale delle scuole materne di Trento, n. 64, marzo 1995, pp. 94-103. “La pagina del mito della caverna la si può considerare una icona eccezionale che rivela il senso e la funzione di una filosofia dell’educazione” (p. 97), “insostituibile per la profondità dello scandaglio e per la proprietà della forma” (p. 99); “rimane sempre sfuggente e misteriosa” (p. 99), “permanentemente indicibile”, in un livello di “sacralità” (p. 97). Cornelio Fabro, maestro di libertà, in Studi Cattolici, n. 415, anno XXIX, settembre 1995, pp. 529-530. La Ducci qui ricorda l’insegnamento del padre Cornelio Fabro, morto il 4 maggio 1995, come filosofo della libertà, del fondamento della libertà. Il linguaggio filosofico della libertà “si apre a un processo imprevedibile, […] misterioso e ineffabile; […] si è impotenti a descriverli in forma oggettiva” (p. 529). Ducci Il mondo vitale della relazionalità, in Aa.Vv., Isolamento e handicap. Alla ricerca di nuove modalità di intervento e di comunicazione, VI Congresso Internazionale sull’Isolamento, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma 15-18 ottobre 1998, pp. 52-62. “L’isolamento non è originario […]. La relazionalità, invece, è originaria. È originaria in tutto il reale. Tutto il reale è nella relazione e per la relazione. È cosa comune ad ogni ente” ed è un “mistero” (p. 52). Pedagogia, in Centro Vocazionale Rogate, cura, Dizionario di Pastorale Vocazionale, Editrice Rogate, Roma 2002, pp. 864-877. Le prime cose da farsi, per la Ducci, sono essere “disattenti alle mode”, con un “rifiuto per l’omologazione” (p. 867) e lasciando spazio al “mistero” dell’umano, “perché di vero mistero si tratta” (p. 867; cfr. p. 872 e 876), di “profondità abissale” (p. 870), “non prevedibile” e irripetibile (p. 872). Ducci Nell’autobiografia e nelle “biografie” di Grazia Deledda. Un percorso di libertà interiore, in Ales Bello A. e Pezzella A.M., Il femminile tra Oriente e Occidente. Religioni, letteratura, storia, cultura, Città Nuova, Roma 2005, pp. 185-194. “La libertà interiore, soprattutto dopo l’impagabile svolta operata dal cristianesimo, è mistero enigma paradosso scandalo, bene massimo e fardello grave per l’uomo” (p. 185). Ed è “un tema senza soluzioni esatte” (p. 187). Libertà e rapporto interpersonale nell’eredità di Gino Corallo, in Zanniello G., cura, Educazione e libertà in Gino Corallo, IRRE Sicilia, Armando, Roma 2005, pp. 67-186. “Corallo, prima a Roma, poi a Bari […] mi è stato iniziatore nell’ambito dell’educativo” (pp. 67-8). Nel ricordare questo suo maestro e iniziatore, ricorda l’importanza della “dimestichezza con il mondo classico” (p. 69) l’asistematicità, in contrapposizione al sistema (p. 70) e la difesa della libertà interiore e della misteriosità dell’uomo (cfr. p. 71). Ducci Seconda edizione del libro La parola nell’uomo. Spunti per una filosofia dell’educazione dalla pneumatologia di Ferdinand Ebner, 2005 (19831). Nella parte introduttiva a questa seconda edizione (pp. 7-22), dal titolo Qualcosa di più di un’introduzione, la Ducci, al modo asistematico di chi “combatte il sistema”, di chi è in “lotta contro il sistema” (p. 21), parla di un “approccio sapienziale-esistenziale” (p. 16), con una continua sottolineatura della “profondità abissale” (p. 22) e della “misteriosità inesauribile” dell’ambito pedagogico (e antropologico) (p. 19; cfr. p. 16) in contrapposizione sia al “fine utilitaristico” dell’educativo (e dell’umano in senso lato), indirizzato a un qualche “consumo” (p. 9), sia allo scientismo, che vorrebbe “appropriato e securizzante ogni approccio scientifico, sperimentale” all’educativo e all’umano (p. 11) e che pretenderebbe, implicitamente quando non esplicitamente, “un’educazione troppo simile a manipolazione, addottrinamento, addestramento, effetto programmato” (p. 12). Ducci Quale formazione, se importa dell’uomo, in Ducci E., cura, Il margine ineffabile della paideia, Anicia, Roma 2007, pp. 13-34. La pedagogia non è “tutta dicibile, oggettivabile, forse scientificizzabile”; non può avere la “presunzione […] di dominare razionalmente tutto” (p. 14) con “un rigore logico esasperato” (p. 16), sia perché quel tipo di razionalità finisce con l’essere una razionalità “dei forti”, funzionale alla “legge del più forte” (p. 18), sia perché c’è molto di “imprevedibile” (p. 15), di “mistero” e “indefinibilità” (p. 16).