il disinquinamento del bilancio d`esercizio

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI
“FEDERICO II”
FACOLTÀ DI ECONOMIA
CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO
TESI DI LAUREA
IN
DIRITTO TRIBUTARIO
IL DISINQUINAMENTO
DEL BILANCIO D’ESERCIZIO
RELATORE
CH.MA PROF.SSA
COPPOLA PAOLA
CANDIDATA
PIRO DANIELA
Matr.: 003/74534
ANNO ACCADEMICO 2004-2005
A mia madre e mio padre con amore
Il mio pensiero munifico di gratitudine ed affetto corre
verso tutte quelle persone che hanno concorso alla mia
formazione ed alla mia crescita culturale.
Un abbraccio particolare alla mia famiglia per il sostegno
incondizionatamente amorevole che mi ha permesso di
arrivare a questo traguardo, per me denso di prestigio.
INDICE
INTRODUZIONE………………………..……………………………6
Capitolo I
IL COORDINAMENTO TRA RIFORMA SOCIETARIA E
RIFORMA FISCALE
1.1 Riforma societaria: i lavori della Commissione Mirone.……... 18
1.1.1 Integrazioni e modifiche apportate dal D. Lgs. n.
310/2004……………………………………………………. 19
1.1.2 Il “nuovo” bilancio d’esercizio………………………. 21
1.2 I lavori della Commissione Gallo: adeguamento della
normativa fiscale a quella civilistica……....……………...... 23
1.3 Coordinamento tra legislazione fiscale e disposizioni
civilistiche……….………………………………………….. 26
1.4
I principi ispiratori della riforma fiscale. Verso
l’armonizzazione contabile………………………………… 31
1.5 Alcune considerazioni della dottrina in merito alla struttura
del nuovo Tuir………………………………………………… 33
1.6 Le novità in materia di bilancio e le conseguenze fiscali…....... 36
1.6.1 Il nuovo modello italiano a confronto con i sistemi
degli altri Paesi dell’Unione Europea……………………… 44
1.7Ires: il presupposto dell’imposta, i soggetti passivi e la base
imponibile………………………………………...…………… 49
Capitolo II
INTERRELAZIONI TRA RISULTATO CIVILISTICO ED
IMPONIBILE FISCALE
LA SITUAZIONE ITALIANA PREVIGENTE
2.1 Definizione di utile civilistico e reddito imponibile…….….
55
2.1.1 La relazione tra risultato civilistico e reddito
imponibile………………………………………………..
62
2.1.2 I rapporti tra la normativa fiscale e civilistica
nell’ambito dell’Unione Europea…………………...……
64
2.1.2.1 Dal monobinario al doppio binario parziale……..
67
2.2. Considerazioni della dottrina in merito ai rapporti tra
bilancio civile e determinazione del reddito fiscale: il
principio di dipendenza……………...…………………...
73
2.2.1 La deducibilità dei costi nella normativa
previdente………………………………………………..
87
2.3 Analisi del problema delle interferenze fiscali…………......
93
2.3.1 L’origine delle interferenze fiscali….………….…..
95
2.3.2 Le norme tributarie strutturali e sovvenzionali….…
97
2.3.3 Il caso degli ammortamenti anticipati………...……
101
2.3.4 Gli effetti sul reddito e sul patrimonio…..…………
104
2.4 Recepimento della IV Direttiva CEE. L’appendice fiscale...
106
2.4.1 L’abolizione dell’appendice fiscale….……………..
111
2.4.2 Le conseguenze dell’abolizione dell’appendice
fiscale………………………………………..…...………
114
Capitolo III
L’ELIMINAZIONE DELLE INTERFERENZE FISCALI
NELLA REDAZIONE DEL BILANCIO D’ESERCIZIO
3.1. Le nuove regole sul disinquinamento....…..…………..…..
120
3.2. La questione della fiscalità differita….……..……..………
125
3.3. Gli effetti del nuovo quadro normativo sul bilancio 2004...
132
3.3.1 L’eliminazione delle interferenze fiscali pregresse..
133
3.3.1.1 Le interferenze fiscali da eliminare…………...…
134
3.3.1.2 Il trattamento contabile delle interferenze fiscali
pregresse…………………………………………………
137
3.3.1.3 Indicazioni relative al Quadro EC dell’UNICO....
140
3.3.1.4 La riserva per ammortamenti anticipati…………
141
3.4 Rettifiche di valore e accantonamenti operati a fini
fiscali. Abrogazione del secondo comma dell’art. 2426
C.C. e modifica dell’art. 2427 C.C……………………...
142
3.5 Il prospetto in luogo della vecchia appendice fiscale….…...
147
3.5.1 Le principali fattispecie possibili per l’attivazione
del prospetto……………………………………………..
152
3.6 Analisi del nuovo articolo 109 del Tuir……………………
153
3.6.1 La deduzione extracontabile dei costi. I requisiti….
159
3.6.1.1 La deducibilità delle immobilizzazioni
immateriali e materiali………….……………………….
162
3.6.2 Vincoli alla distribuzione di riserve ed utili……….
167
3.7 Analisi della questione nell’ambito delle società di persone
172
3.8Considerazioni conclusive della dottrina…...…..…………..
174
Appendice A……………………………….…………………...
177
Appendice B…………………………...……………………….
181
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI….......................................…
184
INTRODUZIONE
Il presente lavoro è incentrato sul rapporto esistente tra la
normativa civilistica e quella fiscale, in particolare sulla relazione tra
utile civilistico e reddito imponibile, che in passato aveva generato il
problema delle interferenze fiscali nella redazione del bilancio ovvero
il fenomeno dell’“inquinamento” del bilancio d’esercizio.
L’art. 2423 C.C. dispone che il bilancio d’esercizio deve
rappresentare in modo chiaro, veritiero e corretto la situazione
patrimoniale, finanziaria ed economica delle imprese. Affinché ciò
accada nel bilancio devono essere rilevati solo valori dall’effettivo
contenuto patrimoniale ed economico, prescindendo da influenze di
natura fiscale.
Tuttavia il secondo comma dell’art. 2426 C.C. nella versione
ante riforma, disattendeva il principio base secondo il quale i bilanci
dovessero
essere
redatti
seguendo
esclusivamente
le
regole
civilistiche, consentendo l’effettuazione di rettifiche di valore e
accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie.
In altri termini in base alla normativa previgente il bilancio non
conteneva soltanto valori civilistici, ma anche valori frutto
6
dell’applicazione di norme fiscali, di conseguenza tali interferenze
limitavano la correttezza e la veridicità della rappresentazione
d’impresa.
La dibattuta questione delle interferenze fiscali nel bilancio di
esercizio è stata risolta nell'ambito della recente riforma del diritto
societario (D. Lgs. 17 gennaio 2003 n. 6).
Attualmente, infatti, con le riforme, societaria e fiscale, entrate
in vigore entrambe dal 1° gennaio 2004, il legislatore ha voluto
eliminare le interferenze fiscali prodotte nel bilancio dalla normativa
fiscale sul reddito d’impresa, al fine di garantire maggiore chiarezza ai
bilanci delle società in un ambito di armonizzazione con gli altri Paesi
dell’Unione Europea.
L’intento del presente lavoro è stato quello di analizzare il
cosiddetto “disinquinamento” del bilancio d’esercizio ovvero
l’eliminazione delle interferenze fiscali nella redazione del bilancio,
studiando le considerazioni in merito della dottrina e della
giurisprudenza, valutando anche la situazione italiana previgente
caratterizzata dal fenomeno dell’“inquinamento” dei bilanci delle
piccole e medie imprese.
Il presente lavoro di tesi si suddivide in tre capitoli.
7
Nel primo capitolo l’attenzione è stata posta sulla necessità di
eliminare le interferenze fiscali dalla redazione del bilancio
d’esercizio avvertita in primo luogo dal legislatore civilistico e di
conseguenza da quello fiscale per esigenze di coordinamento delle due
normative.
Ed è proprio con la finalità di coordinare la riforma del diritto
societario con quella fiscale che è stata istituita con D.M. 7 novembre
2002 un’apposita Commissione parlamentare presieduta dall’ex
Ministro delle Finanze Professor Franco Gallo, avente la finalità di
individuare le modifiche da apportare al TUIR.
Con la L. del 7 aprile 2003, n. 80, infatti, il Governo è stato
delegato ad emanare decreti legislativi per la riforma del sistema
fiscale statale; e con il D. Lgs. del 12 dicembre 2003, n. 344, l’Irpeg è
stata sostituita dall’IRES, la nuova imposta sul reddito delle società,
rovesciando la precedente impostazione della disciplina del reddito
d’impresa.
Le riforme, societaria e fiscale, pur nella loro diversità,
perseguono il medesimo obiettivo: il disinquinamento fiscale del
bilancio. Ciò si evidenzia rispettivamente nell’art. 6 comma 1 lettera
a) della Legge delega del 3 ottobre 2001, n. 366 di riforma del diritto
8
societario e nell’art. 4 comma 1 lettera i) della legge delega del 7
aprile 2003, n. 80, di riforma del sistema fiscale.
Diversa, però, è la funzione attribuita a tale obiettivo nei due
progetti di riforma: la legge di riforma del diritto societario mira a
stabilire, in sede di redazione del bilancio, la prevalenza del principio
cardine della rappresentazione veritiera e corretta della situazione
patrimoniale ed economica della società; per la riforma fiscale, invece,
il disinquinamento del bilancio rappresenta un intervento necessario
sia per garantire il migliore funzionamento del nuovo sistema fiscale,
sia per assicurare coerenza interna e rispetto al progetto di riforma del
diritto societario.
La riforma fiscale ha modificato, tra l’altro, il previgente regime
di tassazione degli utili distribuiti da società ed enti soggetti ad Irpeg.
Nel regime previgente la tassazione degli utili prodotti in capo alla
società era considerata a titolo provvisorio. In tale ambito il
meccanismo del credito d’imposta assumeva la funzione di
riconoscere le imposte liquidate dalla società in capo ai soci, tassati in
via definitiva sui dividendi percepiti.
Nel nuovo regime, invece, tale impostazione è stata modificata
in quanto il reddito viene tassato solo nel momento in cui è prodotto,
mentre, tendenzialmente, non è assoggettata ad alcuna imposizione la
9
successiva distribuzione degli utili ai soci. Pertanto l’Ires sarà versata
dalle società a titolo definitivo ed ai soci non spetterà alcun credito
d’imposta sugli utili percepiti.
Infine sono stati brevemente analizzati e messi a confronto con
alcuni Paesi dell’Unione Europea i nuovi istituti introdotti con la
riforma fiscale, quali ad esempio il metodo dell’esenzione dei
dividendi, la cosiddetta partecipation exemption ed il consolidato
fiscale nazionale e mondiale.
Il secondo capitolo parte con l’analisi delle interrelazioni tra la
normativa civilistica e fiscale, in particolare dal principio di
dipendenza che caratterizza la relazione tra il risultato civilistico e il
reddito imponibile, originariamente sancito dall’art. 52 del Tuir
previgente e mantenuto dall’art. 83 dell’attuale Tuir.
A tale proposito sono state analizzate le diverse tesi della
dottrina, come il noto principio di dipendenza rovesciata riferito
all’utile civilistico rispetto al reddito imponibile.
Inoltre sono stati esaminati i rapporti tra la normativa fiscale e
quella civilistica nell’ambito dell’Unione Europea: il modello
anglosassone, basato sul doppio binario, ovvero la piena autonomia tra
normativa
civilistica
e
normativa
tributaria
relativa
alla
determinazione del reddito d’impresa; e quello tedesco, fondato sul
10
sistema del monobinario, ovvero il risultato civilistico è la base di
partenza per la determinazione del reddito imponibile, modello al
quale si era fino ad ora ispirato il legislatore italiano e che provocava
il fenomeno di inquinamento del bilancio civile.
Attualmente il legislatore ha adottato come modello di
riferimento del nostro sistema fiscale il doppio binario: in primo luogo
il bilancio viene redatto esclusivamente sulla base delle norme
civilistiche e dei principi contabili, evitando di porre in essere
registrazioni fiscali che possano inquinare il bilancio; in secondo
luogo il reddito imponibile viene calcolato in sede di dichiarazione dei
redditi sulla base della normativa fiscale ed in modo autonomo dal
primo.
Tuttavia non si tratta di un doppio binario puro, bensì parziale,
poiché esiste la possibilità di dedurre fiscalmente i componenti
negativi, anche se gli stessi non sono stati imputati a conto economico,
mediante l’utilizzo di un apposito prospetto riconciliativo (art. 109
TUIR) che costituisce parte integrante della dichiarazione dei redditi
(quadro EC del modello UNICO); inoltre è necessario che in bilancio
vengano stanziate le eventuali imposte differite.
Nel corso del secondo capitolo si è poi esaminata l’origine delle
interferenze fiscali, con particolare attenzione al caso degli
11
ammortamenti anticipati ed alla natura delle norme tributarie
sovvenzionali. A tale proposito, infatti, le norme in tema di reddito
d’impresa possono essere distinte in due categorie: le norme
sovvenzionali e quelle strutturali. Le prime sono norme di tipo
agevolativo per il raggiungimento di un determinato scopo; le seconde
sono volte a disciplinare le modalità di determinazione del reddito
d’impresa, ed in quanto tali hanno valenza esclusivamente tributaria.
Il problema delle interferenze fiscali nasceva dalla formulazione
dell’art. 75 del Tuir previgente che consentiva la deduzione dei
componenti negativi di reddito solo se preventivamente imputati a
conto economico; tale disposizione induceva di fatto i redattori del
bilancio di fronte ad eventuali divergenze tra la normativa civilistica e
quella fiscale per la determinazione del reddito d’impresa a
privilegiare quest’ultima, in modo da sfruttare tutte le possibilità di
deduzione offerte dalla normativa fiscale.
Pertanto le interferenze delle norme fiscali sul bilancio
d’esercizio erano generate dalle rettifiche e dagli accantonamenti privi
di qualsiasi giustificazione economica ed attuate in adeguamento di
norme tributarie, al fine di ottenere dei benefici in ordine
all’attenuazione del prelievo, esplicitamente previste dagli artt. 2426
12
comma secondo e 2427 n. 14 del “vecchio” Codice Civile. Ed il tutto
finiva per alterare in maniera decisa le risultanze del bilancio.
Infine si è analizzata l’introduzione dell’appendice fiscale con
le voci nn. 24 e 25 del Conto economico da parte del legislatore
italiano nel recepire la IV direttiva CEE col D. Lgs. n. 127/1991, quali
sono stati i motivi del fallimento dell’appendice, e le conseguenze
avutosi, ovvero l’aggiunta del secondo comma all’art. 2426 C.C.e del
punto n. 14 dell’art. 2427 C.C.
Il terzo capitolo si concentra sul disinquinamento fiscale del
bilancio. Innanzitutto si sono evidenziati gli interventi del legislatore
civilistico, quali l’abrogazione del secondo comma dell’art. 2426
C.C., in base al quale era consentito effettuare in bilancio rettifiche di
valore e accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme
tributarie, e la modifica del punto 14) dell’art. 2427 C.C., che
richiedeva la spiegazione degli accantonamenti e delle rettifiche di
carattere unicamente fiscale.
Nel nuovo art. 2426 C.C., infatti, non troviamo più l’ultimo
comma che consentiva di “effettuare rettifiche di valore e
accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie”,
e l’art. 2427 n. 14 è stato completamente modificato: non bisogna più
indicare i “motivi delle rettifiche di valore e degli accantonamenti
13
eseguiti esclusivamente in applicazione di norme tributarie”, ma un
apposito prospetto contenente la descrizione e l’ammontare delle
imposte differite.
Dall’altro lato sono state evidenziate le modifiche apportate dal
legislatore fiscale al Tuir per rendere possibile l’eliminazione del
problema delle interferenze fiscali.
Pertanto è stato necessario rivedere l’art. 75 del Tuir previgente,
che richiedeva l’espressa rilevazione del costo in conto economico al
fine della sua deducibilità; l’articolo in questione è stato sostituito
dall’art. 109 Tuir, in base al quale gli ammortamenti dei beni materiali
ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti sono
ammessi in deduzione anche quando, pur non essendo imputati al
conto economico, lo prevedano disposizioni di legge.
Con la riforma tributaria oggi è consentito che l’ammortamento
dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli
accantonamenti siano ammessi in deduzione se in un apposito
prospetto vengono indicati il loro importo complessivo, i valori civili
e fiscali dei beni e quelli dei relativi fondi.
Inoltre il lavoro ha esaminato le operazioni interessate, il
problema della fiscalità differita, la questione delle interferenze fiscali
pregresse, le metodologie contabili da attuarsi alternativamente tra il
14
metodo patrimoniale e quello reddituale (raccomandato dall’OIC nel
documento n. 1); le indicazioni da effettuare nel bilancio ed in
dichiarazione dei redditi, fino ad arrivare alle società di persone per le
quali l’obbligo di adozione del disinquinamento rimane soltanto
puramente teorico dato che tali società non sono tenute a redigere il
bilancio ma soltanto un mero rendiconto.
Per quanto riguarda le operazioni interessate al disinquinamento
la nuova normativa deve essere applicata anche alle operazioni
effettuate negli esercizi antecedenti all’entrata in vigore della riforma
del diritto societario contabilizzate pur essendo prive di rilevanza
economica, ma effettuate al solo fine di produrre effetti fiscali, e
relative ai seguenti componenti negativi di reddito: ammortamenti,
non soltanto anticipati ma anche eccedenti la quota civilistica, altre
rettifiche di valore e accantonamenti.
La modifica introdotta ha rimosso, quindi, la possibilità,
precedentemente prevista, di apportare in bilancio voci che non
trovano alcuna giustificazione nei principi civilistici, ma che vengono
introdotte esclusivamente per esigenze di natura fiscale.
Viene, così, riaffermato il principio base secondo cui i bilanci
devono essere redatti seguendo esclusivamente le regole del Codice
Civile. Come si evince dalla Relazione governativa al Decreto di
15
riforma del diritto societario l’inquinamento fiscale del bilancio è stato
eliminato in modo che “i rendiconti economici e patrimoniali siano
redatti in ottemperanza alle disposizioni del codice civile in quanto
uniche disposizioni in materia”.
Quindi adeguandosi
ai
principi
contabili
nazionali
ed
internazionali la riforma societaria ha eliminato le interferenze fiscali
a bilancio. Infatti l’Unione Europea con diversi regolamenti1 ha
ufficializzato i nuovi principi contabili internazionali, affinché i
bilanci non siano più solo rappresentazioni veritiere e corrette della
situazione economica di un’impresa ad una certa data, ma diventino
strumenti di informazione finanziaria utili a tutti gli operatori per
prendere decisioni economiche.
Tuttavia tali principi sono diventati obbligatori dall’esercizio
2005 solo per alcune tipologie di società (quotate, banche, imprese di
assicurazione) e facoltativi per tutte le altre (comprese quelle che
redigono il bilancio consolidato), con la sola eccezione di quelle che
provvedono alla redazione del bilancio in forma abbreviata che,
pertanto, non devono adottare tali principi.
1
Regolamenti n. 2236/2004, n. 2237/2004 e n. 2238/2004.
16
CAPITOLO I
IL COORDINAMENTO TRA RIFORMA
SOCIETARIA E RIFORMA FISCALE
17
1.1 RIFORMA
SOCIETARIA:
I
LAVORI
DELLA
COMMISSIONE MIRONE
Nonostante i molteplici interventi modificativi la complessiva
leggibilità del documento di bilancio non risultava migliorata. Di qui
l’esigenza, avvertita dal legislatore con la Legge delega n. 366 del
2001, di restituire autonomia funzionale al bilancio e ristabilire la
prevalenza del principio della rappresentazione veritiera e corretta
della situazione patrimoniale ed economica della società.
In particolare per porre definitivamente fine all’inquinamento
fiscale del bilancio civilistico senza peraltro pregiudicare gli interessi
delle imprese, nel luglio del 1998 fu istituita la “Commissione
Mirone”, incaricata di formulare una proposta per la Riforma del
diritto societario (cosiddetto Decreto Mirone).
Tale Commissione dedicò una parte del Decreto, in particolare
l’art. 6 comma primo, lettera a) della Legge delega al Governo per la
riforma del diritto societario n. 366/2001 all’eliminazione delle
interferenze fiscali nella redazione del bilancio d’esercizio ovvero
l’eliminazione delle interferenze “prodotte nel bilancio dalla
normativa fiscale sul reddito d’impresa”.
18
La Relazione di accompagnamento ne indicava le modalità,
suggerendo espressamente l’abrogazione del comma secondo dell’art.
2426 C.C. ed il riconoscimento, in sede di dichiarazione, dei
componenti negativi del reddito forfetariamente misurati a fini fiscali,
qualora essi eccedessero i costi effettivamente imputabili al conto
economico e, perciò, a prescindere dal conto economico stesso.
Il progetto di adeguamento della normativa fiscale a quella
civilistica è stato, invece, elaborato dalla Commissione Gallo.
1.1.1 INTEGRAZIONI E MODIFICHE APPORTATE DAL D.
LGS. N. 310/2004
Tale decreto apporta alcune integrazioni e modifiche alle
disposizioni in materia di bilancio introdotte con la riforma del diritto
societario.
In primo luogo per quanto concerne i termini di presentazione
del bilancio (art. 2363 C.C.): esso normalmente deve essere approvato
nel termine di 120 giorni dalla data di chiusura dell’esercizio. Per
poter effettuare l’approvazione nel maggior termine di 180 giorni
devono sussistere, alternativamente, due motivazioni: la redazione del
19
bilancio consolidato, oppure motivazioni riguardanti la struttura o
l’oggetto della società; senza gli ultimi chiarimenti sembrava che le
due motivazioni dovessero coesistere.
In secondo luogo un’integrazione all’art. 2425-bis 1 precisa che
le plusvalenze derivanti da operazioni di compravendita con locazione
finanziaria al venditore devono essere ripartite in funzione della durata
del contratto di locazione.
Viene precisato circa l’art. 2426, n. 8-bis C.C.2 che anche i
crediti in valuta immobilizzati, e non soltanto quelli che fanno parte
dell’attivo circolante, trattandosi di poste monetarie devono essere
adeguati al cambio di fine esercizio.
Nell’art. 2427, n. 3-bis, C.C.3, invece, viene soppressa la
locuzione “durata indeterminata” quale criterio di identificazione delle
1
L’art. 2425-bis disciplina l’iscrizione in bilancio dei ricavi, proventi, costi ed oneri, ed è stato
modificato dalla riforma integrandolo con l’aggiunta del comma secondo, secondo cui: “i ricavi e i
proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta devono essere determinati al cambio
corrente alla data nella quale la relativa operazione è compiuta”. Pertanto è stato introdotto
l’obbligo di determinare i ricavi e costi di operazioni in valuta al cambio corrente della data in cui
l’operazione è stata compiuta. Inoltre è stato aggiunto il comma terzo secondo cui “i proventi e gli
oneri relativi ad operazioni di compravendita con l’obbligo di retrocessione a termine e prezzo a
pronti, devono essere iscritti per le quote di competenza dell’esercizio”. Viene previsto, dunque,
che gli oneri o proventi derivanti da operazioni a termine vadano iscritti in base alle quote di
competenza dell’esercizio; tra tali oneri e proventi devono essere considerate anche le differenze
tra prezzo a pronti e prezzo a termine.
ACIERNO R. Il bilancio d’esercizio alla luce delle riforme societaria e fiscale in “Pratica fiscale e
professionale” n. 5 del 31 gennaio 2005.
2
Le attività e le passività non immobilizzate devono essere iscritte al tasso di cambio a pronti alla
data di chiusura dell’esercizio e i relativi utili e perdite su cambi devono essere imputati al conto
economico.
3
Come è noto le immobilizzazioni immateriali devono essere ammortizzate, sistematicamente, in
quote costanti. Tuttavia in base alle nuove disposizioni nella nota integrativa deve essere indicato
il valore corrente delle immobilizzazioni immateriali di durata indeterminata, non definita, a fine
esercizio, nonché le differenze rispetto a riduzioni di valore applicate in esercizi precedenti e
l’eventuale influenza di tali riduzioni sui risultati di esercizio e sugli indici di redditività.
L’informativa richiesta nella nota integrativa riguarda, in particolare, l’avviamento e i marchi.
20
immobilizzazioni immateriali. Pertanto viene ora richiesto di fornire
in nota integrativa: la misura e le motivazioni delle riduzioni di valore
(svalutazioni) delle immobilizzazioni materiali ed immateriali,
facendo riferimento al loro utilizzo, alla prevedibile durata utile e, se
rilevante, al valore di mercato; le relative differenze rispetto ai
precedenti esercizi e l’influenza sul risultato d’esercizio.
Infine per le operazioni di fusione (art. 2504-bis C.C.) viene
confermato che il trattamento contabile dell’avanzo di fusione deve
essere iscritto in un’apposita voce di patrimonio netto ma, se sono
previsti risultati economici sfavorevoli, viene precisato che lo stesso
deve essere iscritto in un fondo del passivo in una voce dei fondi per
rischi ed oneri.
1.1.2 IL “NUOVO” BILANCIO D’ESERCIZIO
Ai bilanci chiusi a partire dal 1° gennaio 2004 si applicano le
nuove disposizioni previste dal D. Lgs n. 6/2003 (e successive
modifiche 4) di riforma del diritto societario. In particolare le novità
hanno interessato i seguenti aspetti:
4
Ad opera del D. Lgs 6.2.2004 n. 37 e del D. Lgs 28.12.2004 n. 310.
21
Ø i principi di redazione, tramite l’introduzione della nozione
di “funzione economica” delle attività e delle passività;
Ø i criteri di valutazione attraverso l’eliminazione delle
interferenze fiscali e la previsione di una specifica disciplina
per le operazioni in valuta;
Ø la struttura dello Stato patrimoniale e del Conto economico,
anche se limitatamente ad alcuni aspetti;
Ø il contenuto della Nota integrativa;
Ø il
bilancio
abbreviato
attraverso
l’introduzione
di
semplificazioni alla struttura dello Stato patrimoniale e del
Conto economico e le modifiche al contenuto della Nota
integrative.
Ulteriori disposizioni interessano poi esclusivamente le società
che abbiano costituito patrimoni destinati ad uno specifico affare, o
che abbiano stipulato contratti di finanziamento destinati ad uno
specifico affare.
22
1.2 I
LAVORI
DELLA
COMMISSIONE
GALLO:
ADEGUAMENTO DELLA NORMATIVA FISCALE A
QUELLA CIVILISTICA
Le modifiche che sono intervenute con la riforma del diritto
societario hanno comportato correlate interferenze nel sistema
tributario.
Infatti con la finalità di coordinare la riforma del diritto
societario con quella fiscale è stata istituita con D.M. 7 novembre
2002 un’apposita Commissione parlamentare presieduta dall’ex
Ministro delle Finanze Professor Franco Gallo, avente la finalità di
individuare le modifiche da apportare al TUIR.
I lavori si sono conclusi alla fine di luglio 2003 ed è stato
presentato uno schema articolato relativo all’adeguamento del vigente
sistema fiscale alla riforma del diritto societario.
Gli interventi fiscali proposti dalla Commissione Gallo si sono
preoccupati di salvaguardare la possibilità di utilizzare tutti quei
regimi fiscali in qualche modo agevolativi, quali ad esempio, gli
ammortamenti anticipati5, le svalutazioni, gli accantonamenti per
5
Sugli ammortamenti anticipati si rimanda al Capitolo II paragrafo 2.3.3.
23
rischi su crediti, che determinavano conseguenti rettifiche o
accantonamenti in bilancio.
La relazione redatta dalla Commissione, poi confluita nella
relazione di accompagnamento del Decreto Legislativo 344/2003,
chiarisce quali sono gli effetti tributari conseguenti all’abrogazione cui
nel D. Lgs. 6/2003.
La Commissione ha stabilito che sono ammessi in deduzione in
via extracontabile sia le norme di natura sovvenzionale 6, sia le norme
di carattere forfetario 7, adottando in tal modo un’interpretazione più
ampia, rispetto ad una più restrittiva che voleva limitare l’ambito di
dette opportunità solo alle norme di carattere sovvenzionale.
La ratio dell’adozione dell’interpretazione più ampia sono da
ricondurre alla volontà dell’abrogazione del secondo comma dell’art.
2426 C. C., la quale vuole eliminare del tutto le interferenze fiscali dal
bilancio 8.
Per i suddetti motivi cercando di compiere un’operazione di
sintesi tra chi voleva l’evidenziazione di tali componenti in un
6
Sono norme tributarie agevolative in quanto sono emanate allo scopo di dare impulso e rafforzare
l’apparato produttivo. Si rimanda al paragrafo 2.3.2 del Capitolo II.
7
La relazione stabilisce che: “… le misure di forfetarizzazione, pur non essendo agevolative in
senso stretto, costituiscono pur sempre opportunità o vantaggi offerti dal Legislatore e hanno
comunque la funzione di eliminare controversie su una materia altrimenti di difficile definizione
quale, appunto, quella delle valutazioni. Esse rispondono ad un interesse fiscale di portata più
generale e operano a vantaggio sia dei contribuenti (laddove risultino di importo superiore a
quello effettivamente imputabile a conto economico), sia a favore del Fisco, laddove limitino
svalutazioni e rettifiche di entità economica più consistente rilevate in bilancio”.
8
Inoltre “le norme di carattere forfetario sono applicabili anche alle imprese che non redigono il
bilancio o che lo redigono senza doversi attenere alle disposizioni della IV Direttiva”.
24
apposito prospetto e chi, invece, invocava la sospensione d’imposta
per un ammontare di utili o riserve corrispondente alle deduzioni
effettuate in virtù di disposizioni tributarie, il legislatore fiscale ha
deciso di mantenere in vita le norme di carattere sovvenzionale e
forfetario, individuando, però, specifiche categorie per le quali è
ammessa la deduzione in via extracontabile, limitando i benefici agli
ammortamenti, agli accantonamenti e alle rettifiche di valore.
Qualora, però, siano presenti riserve o utili, gli stessi dovranno essere
mantenuti all’interno dell’impresa e non distribuiti, fino a concorrenza
dei benefici fiscali di cui si è usufruito 9.
9
Ossia delle deduzioni fiscali non transitate a conto economico. Inoltre l’impresa può, quindi,
distribuire liberamente il proprio patrimonio disponibile, tuttavia è soggetta a tassazione se lo
riduce al di sotto dell’ammontare che funge da copertura dei vantaggi fiscali. La sospensione
viene, dunque, realizzata “per massa”, onde evitare di apporre vincoli specifici sulle singole
riserve che avrebbero rappresentato una forma di inquinamento delle poste del bilancio.
25
1.3 COORDINAMENTO TRA LEGISLAZIONE FISCALE E
DISPOSIZIONI CIVILISTICHE
Obiettivo comune della riforma del diritto societario e di quella
fiscale è l’eliminazione delle interferenze fiscali nel bilancio di
esercizio.
A tale principio contenuto nell’art. 6 comma 1 lettera a) della
Legge delega 3 ottobre 2001 n. 366 di riforma del diritto societario si
affianca quello contenuto nell’art. 4 comma 1 lettera i) della Legge
delega 7 aprile 2003 n. 80 di riforma del sistema fiscale 10 che
contempla la “deducibilità delle componenti negative di reddito
forfetariamente determinate, quali le rettifiche dell’attivo e gli
accantonamenti a fondi, indipendentemente dal transito a conto
economico al fine di consentire il differimento d’imposta anche se
calcolate in sede di destinazione dell’utile” 11.
Quindi pur nella loro diversità le due norme perseguono il
medesimo obiettivo: il disinquinamento del bilancio.
10
Inoltre l’art. 4 della Legge delega per la riforma del sistema fiscale contiene gli aspetti
fondamentali della riforma dell’imposizione societaria, la cui filosofia è quella di “utilizzo dello
strumento fiscale quale incentivo per razionalizzare il sistema produttivo italiano, indirizzando le
imprese verso la concentrazione per una maggiore competitività mondiale”.
PARISI P. La nuova imposta sul reddito delle società in “Corriere tributario” n. 31 Anno 2003
pag.2539.
11
Inoltre “nel caso di incapienza dell’imponibile della società cui si riferiscono, previsione della
deducibilità delle perdite delle predette componenti negative di reddito in sede di dichiarazione
dell’utile di altra società inclusa nella stessa tassazione di gruppo; previsione dei necessari
meccanismi per il recupero delle imposte differite”.
26
Diversa, però, è la funzione attribuita a tale obiettivo nei due
progetti di riforma: la legge di riforma del diritto societario mira a
stabilire, in sede di redazione del bilancio, la prevalenza del principio
cardine della rappresentazione veritiera e corretta della situazione
patrimoniale ed economica della società; per la riforma fiscale, invece,
il disinquinamento del bilancio rappresenta un intervento necessario
per garantire il migliore funzionamento del nuovo sistema fiscale e la
sua coerenza sia interna che rispetto al progetto di riforma del diritto
societario.
Entrambe le leggi di riforma, comunque, mantengono inalterato
il principio di dipendenza della normativa fiscale da quella civilistica12
ai fini della determinazione del reddito d’impresa fissato nell’art. 52
del Tuir 13.
Le nuove disposizioni in materia di bilancio delle società di
capitali, previste dal D. Lgs 6/2003 14 , introducono, inoltre, rilevanti
novità, in particolare per quanto riguarda la disciplina di redazione del
bilancio, tali da influenzare la determinazione del reddito d’esercizio e
del saldo netto patrimoniale, e di conseguenza, anche dell’imponibile
fiscale.
12
Circa il principio di dipendenza si rimanda al Capitolo II.
Corrispondente all’art. 83 dell’attuale Tuir.
14
Il D. Lgs. n. 6 del 2003 è stato integrato e modificato dai D. Lgs. n. 37 del 6 febbraio 2004 e D.
Lgs. n. 310 del 28 dicembre 2004.
13
27
Le nuove disposizioni civilistiche impongono un coordinamento
con le norme fiscali attuali, in particolare riguardo soprattutto gli artt.
52, 67 e 75 del vecchio Tuir 15, per evitare che l’introduzione di tali
nuove disposizioni civilistiche si traduca in un’ingiustificata
penalizzazione per le imprese, con riflessi negativi sull’intero sistema
economico.
Nell’ambito del disinquinamento del bilancio d’esercizio la
riforma prevede in primo luogo l’abrogazione del secondo comma
dell’art. 2426 C.C. che consentiva di effettuare rettifiche di valore e
accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme tributarie,
eliminando così la possibilità di inquinare il bilancio mediante
l’utilizzo di norme fiscali nella rilevazione contabile di alcuni costi e
ricavi. In tal modo ogni variazione apportata all’utile civilistico per
giungere all’imponibile fiscale non tocca in alcun modo il bilancio e
non ne influenza il risultato.
E di conseguenza per ragioni di coerenza è stata modificatala
voce n. 14 dell’art. 2427 C.C. della nota integrativa che consentiva
l’illustrazione delle rettifiche di natura fiscale.
In secondo luogo l’abrogazione del secondo comma dell’art.
2426 C.C. è accompagnata da interventi di coordinamento della
15
Gli artt. 52, 67 e 75 del vecchio Tuir (D.P.R. n. 917/1986) corrispondono rispettivamente agli
artt. 83, 102 e 109 dell’attuale Tuir.
28
legislazione
fiscale
con
le
disposizioni
civilistiche,
come
l’introduzione dell’art. 109 del Tuir 16.
Se la riforma del diritto societario include nella nozione di
interferenza fiscale tutte le ipotesi di divergenza tra il risultato
civilistico e l’imponibile fiscale, il legislatore tributario ha inteso
ricomprendervi, e di conseguenza ne consente la deduzione in sede
extracontabile, i soli ammortamenti, rettifiche di valore e fondi.
L’art. 109 del nuovo Tuir recepisce, quindi, seppure
parzialmente, le indicazioni derivanti dalla riforma societaria. Tale
articolo, che sostituisce il vecchio art. 75, ripropone l’obbligo, ai fini
della deducibilità dei costi, dell’imputazione a conto economico delle
componenti negative di reddito, ma nello stesso tempo introduce al
comma quarto lettera b) una rilevante novità: sono comunque
deducibili, anche senza transito a conto economico “gli ammortamenti
dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli
accantonamenti … se in apposito prospetto della dichiarazione dei
redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali
dei beni e quelli dei fondi…”.
16
Ex art. 75 vecchio Tuir (D.P.R. 917/1986).
29
Tale disposizione consente il mantenimento delle opportunità
derivanti dalla riduzione del reddito imponibile, conseguenti alla mera
applicazione di norme tributarie, senza inquinare il bilancio.
Senza questa previsione, infatti, l’estensore del bilancio,
uniformandosi alle nuove regole civilistiche sarebbe stato costretto a
redigere il bilancio stesso senza poter usufruire dei benefici fiscali
derivanti da norme sovvenzionali.
Infine tale intervento riformatore volto all’eliminazione delle
interferenze fiscali non potrà prescindere dall’adozione, obbligatoria
per le società quotate europee dal 2005, dei principi contabili
internazionali IAS 17, che rende ancor più evidente l’esigenza di dotarsi
di regole semplici sulla gestione delle interferenze fiscali.
17
International Accountig Standards. Il Regolamento comunitario n. 1606/2002 prevede che le
società quotate debbano, a partire dal 2005, adottare gli IAS/IFRS nella redazione dei bilanci
consolidati e lascia facoltà ai legislatori degli Stati membri di ampliare tale disposizione anche nei
confronti dei bilanci consolidati dalle società non quotate e dei bilanci d’esercizio di quotate e non
quotate. Il D. Lgs. 38/2005 (decreto IAS) stabilisce diversi tempi di adozione degli Ias/Ifrs,
discriminando sulla base sulla base del soggetto interessato. In particolare per le società quotate, le
società con strumenti finanziari diffusi, le banche, gli enti finanziari vigilati, sono obbligate a
redigere il bilancio consolidato in conformità agli standard contabili internazionali a partire dal
2005; queste società hanno la facoltà di decidere se adottare nel bilancio di esercizio gli Ias/Ifrs sin
dal 2005, avendone invece l’obbligo a partire dal 2006.
30
1.4 I PRINCIPI ISPIRATORI DELLA RIFORMA FISCALE.
VERSO L’ARMONIZZAZIONE CONTABILE
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E18 si è occupata
di illustrare le linee generali della riforma fiscale, riservando un
particolare approfondimento ai principi ispiratori ed alla nuova
struttura organizzativa del TUIR.
Dall’analisi della suddetta circolare è emerso che l’obiettivo
della riforma è stato quello di rendere più competitiva l’economia
nazionale, allineandola a quella dei Paesi economicamente più evoluti
e, soprattutto, far recuperare lo svantaggio che le imprese nazionali, in
prevalenza di piccole e medie dimensioni e con un alto tasso di
utilizzo del capitale umano, subiscono a causa di una normativa
fiscale non sempre adeguata alle esigenze della moderna economia di
mercato.
In altri termini la riforma del sistema fiscale ha inteso adeguare
il sistema impositivo nazionale a quello adottato dalla maggior parte
dei Paesi europei tenendo presente il sempre più elevato grado di
apertura e globalizzazione dei mercati19.
18
Datata 16 giugno 2004.
Dalla Relazione alla Legge delega, infatti, si evince che l’ordinamento tributario italiano si
muove verso l’armonizzazione con gli ordinamenti degli altri stati “per evitare dannosi
19
31
Il legislatore pertanto ha introdotto nuovi istituti omogenei a
quelli adottati dagli altri paesi europei per eliminare “ingiustificate
distorsioni e opportunità di arbitraggi” 20 e, nel lungo periodo, facilitare
l’adozione di un sistema fiscale unico per l’Europa.
In secondo luogo il fine ultimo è quello di ottenere la riduzione
progressiva del prelievo derivante da un lato dalla riduzione delle
aliquote e, dall’altro, dall’allargamento della base imponibile.
particolarismi e rendere neutrale la variabile fiscale rispetto alle decisioni degli operatori
economici”.
20
Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E del 16 giugno 2004.
32
1.5 ALCUNE CONSIDERAZIONI DELLA DOTTRINA
IN
MERITO ALLA STRUTTURA DEL NUOVO TUIR
La legge delega n. 80/2003 e il successivo D. Lgs. n. 344/2003
hanno modificato il sistema tributario attuale.
Tutto il disegno ruota intorno alla sostituzione dell’IRPEG21 con
l’imposta sulle società (IRES)22, costituita come strumento per
incrementare la produttività e secondo un modello omogeneo a quelli
esistenti nei Paesi dell’Unione Europea.
Il decreto mediante disposizioni modificative del TUIR 23 attua i
principi contenuti nell’art. 4, comma primo, lettere da a) ad o) della
Legge delega che traccia le linee guida della nuova imposta sul
reddito delle società (IRES). Con la Legge delega 24 veniva, così,
prevista la sostituzione dell’Irpef e dell’Irpeg 25 rispettivamente con
l’IRE e con l’IRES, ed il legislatore modificava molte disposizioni
relative alla tassazione dei redditi di impresa, e quindi dei redditi
societari.
21
L'Irpeg era un'imposta che colpiva in via provvisoria il reddito d'impresa al momento della sua
produzione da parte di società di capitali residenti nel territorio dello Stato, ed era applicata in via
definitiva solo sul reddito d'impresa imputabile alle stabili organizzazioni di soggetti non residenti.
22
L’Ires è stata introdotta in particolare con l’art. 4 del D. Lgs. n. 344/2003.
23
D.P.R. 22 Dicembre 1986, n. 917.
24
Legge delega 7 aprile 2003, n. 80.
25
L’imposta sul reddito complessivo delle persone giuridiche (IRPEG) fu istituita con D.P.R. 29
settembre 1973, n. 598, e disciplinata dal Titolo II del TUIR n. 917/1986.
33
Il Decreto, come scrive la Circolare dell’Agenzia delle Entrate
n. 25/E, è stato strutturato in osservanza dei principi e criteri direttivi
recati
dalla
legge
delega,
senza
trascurare
le
esigenze
di
coordinamento delle disposizioni tributarie sul reddito d’impresa con
il nuovo diritto societario.
Per quanto riguarda la struttura del decreto, essa si basa su
quattro articoli:
Ø Art. 1: la nuova versione del TUIR, modificato ed integrato in
attuazione della legge delega. A tale proposito secondo la
dottrina 26 era preferibile una “novella in senso stretto” o in
alternativa la redazione di un testo che non avesse alcun
collegamento con il D.P.R. 917/1986.
Ø Art. 2: le norme di coordinamento con altri provvedimenti27.
Ø Art. 3: l’abrogazione di alcune norme 28.
Ø Art. 4: l’entrata in vigore, le decorrenze 29 e le disposizioni
transitorie per il passaggio dal vecchio al nuovo regime.
26
BASILAVECCHIA M. Verso il Codice, passi indietro: spunti critici sulla tecnica legislativa nel
decreto delegato sull’Ires in “Rivista di diritto tributario”. Gennaio 2004.
27
Come con le norme in tema di ritenute o di tassazione dei redditi di capitale.
28
Ad esempio la norma abrogata disciplinante la DIT.
29
I bilanci relativi ad esercizi chiusi prima del 1° gennaio 2004 sono stati redatti secondo le leggi
anteriormente vigenti; i bilanci relativi tra il 1° gennaio 2004 ed il 30 settembre 2004 hanno avuto
la possibilità di essere redatti secondo le leggi anteriormente vigenti o secondo le nuove
disposizioni; ai bilanci chiusi dopo il 30 settembre 2004 si applicano le nuove disposizioni
civilistiche.
34
La dottrina 30 ha ritenuto che l’Ires, nella sua struttura, nella
definizione del presupposto e dei soggetti è identica all’Irpeg, tanto
che è stato affermato che le parti nuove potevano essere oggetto di un
provvedimento autonomo o di titoli nuovi “aspettando tempi migliori
per una opportuna e migliore collocazione nel Testo Unico,
modificato per tutti i redditi e tutti i soggetti” 31.
Nella precedente versione del TUIR 32 le disposizioni attinenti la
determinazione del reddito d’impresa venivano dettate in ambito
Irpef33 e richiamate negli articoli che disciplinavano l’Irpeg.
Nel testo attuale, al contrario, in conformità a quanto previsto
dalla legge delega, le regole per la determinazione del reddito
d’impresa vengono dettate nell’ambito Ires, in particolare nella parte
riservata agli enti commerciali, e richiamate negli articoli che
disciplinano l’Ire.
30
DE MITA E. Principi di diritto tributario Quarta edizione – Giuffrè Editore 2004
DE M ITA E. Op. cit.
32
Si fa riferimento al D.P.R 917/1986.
33
Dall’art. 51 al 79.
31
35
1.6 LE NOVITA’ IN MATERIA DI BILANCIO E LE POSSIBILI
CONSEGUENZE FISCALI
Il linea con le novità introdotte dalla riforma del diritto
societario il legislatore tributario ha previsto specifiche disposizioni
per il disinquinamento fiscale del bilancio e per la connessa disciplina
delle operazioni in valuta.
È indubbio che la novità più rilevante apportata dalla riforma è
l’introduzione dell’Ires, la nuova imposta che ha sostituito l’Irpeg, con
la riduzione dell’aliquota dal 34% al 33%.
L’aliquota, peraltro, è unica per la scomparsa della DIT 34 e
l’eliminazione del meccanismo del credito d’imposta (con i relativi
‘canestri’) sui dividendi distribuiti35.
Il passaggio dall'Irpeg all'Ires si caratterizza per il superamento
del metodo dell'imputazione (o del credito d'imposta) e per
l'accoglimento del metodo dell'esenzione, il quale può essere
considerato il nuovo asse portante dell'imposizione diretta societaria.
Da un punto di vista economico, l'Irpeg era un acconto che le
società di capitali residenti versavano alle casse dell'Erario 36. L'istituto
34
Dual Incombe Tax, che consentiva la detassazione degli utili reinvestiti, venne istituita con il D.
Lgs. 466/1997.
35
I soci delle società di capitali perdono il diritto al credito d’imposta e quindi non recupereranno
più l’imposta pagata dalla società ex Irpeg. Il mancato realizzo del credito d’imposta è stato
considerato un onere su un altro onere.
36
giuridico che rendeva provvisoria la tassazione ai fini Irpeg del reddito
d'impresa era proprio il credito d'imposta sui dividendi, nelle due
varianti note come basket A e basket B37, nei quali affluivano
rispettivamente le imposte liquidate dalla società e le imposte
risparmiate grazie ad agevolazioni tributarie, le quali erano attribuite
ai soci al momento della distribuzione dei dividendi, per loro,
imponibili. Di qui la denominazione di metodo del credito d'imposta
(o metodo dell'imputazione o imputation system) e la sua ideale
contrapposizione al metodo dell'esenzione 38, basato sulla quasi totale
esenzione dei dividendi al momento della loro percezione da società di
capitali residenti39.
È stata poi abolita la disciplina particolare prevista per le
operazioni straordinarie prevedendo un’aliquota ridotta 40.
36
Cosiddetta provvisorietà dell’Irpeg.
Credito d’imposta pieno e credito d’imposta limitato. Nel regime in vigore prima della riforma
fiscale e dell’Ires al socio spettava il credito d’imposta pieno limitatamente all’Irpeg
effettivamente pagata dalla società. In alcuni casi era previsto un credito d’imposta limitato sugli
utili non assoggettati all’Irpeg, o assoggettati all’Irpeg ma con aliquota ridotta. La società doveva
contabilizzare separatamente ed indicare distintamente in dichiarazione le imposte effettive che
formavano il credito ordinario (canestro A) e quelle su proventi agevolati che formano il credito
limitato (canestro B). Finché la società disponeva di crediti d’imposta era obbligata a distribuire i
dividendi con l’attribuzione dei crediti stessi, e a ridurre le imposte memorizzate, anche se i soci
non utilizzavano il credito. La società nella delibera di distribuzione poteva scegliere quale
ammontare di credito ridurre; in mancanza di scelta si riducevano per prime le imposte che
formavano il credito pieno. La società poteva effettuare un versamento integrativo per attribuire ai
soci un credito d’imposta pieno superiore a quello coperto dal canestro A.
38
La disciplina normativa di dettaglio del credito d'imposta sui dividendi distribuiti da società di
capitali residenti era contenuta - a seguito dell'abrogazione della maggiorazione di conguaglio ad
opera del D. Lgs n. 467 del 1997 - negli articoli 11, 14, 94, 105, 105-bis, 106 e 107 del Tuir, nella
formulazione previgente alle modifiche apportate dall'articolo 1 del D. Lgs n. 344 del 2003.
39
Per i soggetti Ires, infatti, ai sensi dell’art. 73 i dividendi percepiti sono tassati nella misura del
5% (il 95% dei dividendi è escluso dalla formazione del reddito).
40
Pari al 12,50%.
37
37
Il carattere “definitivo” dell’Ires, rispetto al carattere di
“acconto” dell’Irpeg, permette di estendere il prelievo per la
trasparenza finora riservato alle società di persone.
Altro intervento di rilievo della riforma è quello in materia di
ristrutturazioni aziendali, dove il sistema abbandona il meccanismo
delle imposte sostitutive per tornare nei ‘nuovi’ regimi ordinari di
tassazione.
Di seguito si delineano ed analizzano quali sono stati i
principali istituti introdotti dalla riforma.
Due importanti istituti introdotti dalla riforma sono la
trasparenza fiscale41 delle società di capitali ed il cosiddetto
consolidato fiscale 42.
La tassazione per trasparenza prevista dagli artt. 115 43 e 11644
del Tuir consiste nella possibilità di imputare ai soci il reddito
prodotto dalle società di capitali in proporzione alla quota di
partecipazione di ogni socio agli utili, indipendentemente dalla
percezione degli utili stessi. Si tratta di un prelievo opzionale, con
regole diverse per Spa e Srl: le prime possono aderirvi se composte da
41
Prevista dalla lettera h) dell’art. 4 della legge delega n. 80/2003.
Esistono due sistemi di consolidamento: uno tra società residenti disciplinato dagli articoli 117119 (consolidato nazionale), e l’altro comprendente anche le società non residenti disciplinato
dagli articoli 130-142 (consolidato mondiale).
43
Concernente la trasparenza delle “società di capitali interamente partecipate da altre società di
capitali”.
44
Riguardante le cosiddette “Srl a ristretta base proprietaria”, ossia con un numero di soci ridotto,
tutti persone fisiche.
42
38
sole società di capitali, ciascuna con quote non inferiori al 10%; le
seconde possono aderirvi se composte da sole persone fisiche e se
rientrano negli studi di settore.
Tale nuova previsione normativa si inquadra tra i nuovi istituti
normativi finalizzati a contrastare il fenomeno della doppia
imposizione sui dividendi, destinato a verificarsi per effetto della
contestuale abolizione del meccanismo del credito d’imposta.
Scopo principale del consolidato è quello di rendere
immediatamente possibile la compensazione tra utili e perdite delle
società facenti parte del gruppo.
Con l’introduzione dell’istituto del consolidato fiscale viene
riconosciuta nel nostro ordinamento anche ai fini delle imposte sui
redditi la realtà economica dei gruppi d’imprese con la finalità di
rendere il sistema tributario italiano omogeneo a quelli più efficienti in
essere nei Paesi membri dell’Unione Europea.
Tale istituto prevede la determinazione di un’unica base
imponibile a livello di gruppo e, pertanto, un’unica dichiarazione nella
quale vengono sommati algebricamente ed integralmente i redditi
delle singole società appartenenti al gruppo che hanno optato per il
consolidato, indipendentemente dalla quota di possesso detenuta dalla
capogruppo.
39
L’opzione per il consolidato 45 può essere esercitata dai gruppi
societari legati da partecipazioni di controllo 46 ed è irrevocabile per
almeno tre anni e, al tempo stesso, però, devono verificarsi una serie
di condizioni47.
L’esercizio dell’opzione per il consolidato produce obblighi sia
a carico delle società controllate che della controllante.
Le controllate dovranno comunicare alla capogruppo il proprio
reddito e tutti gli altri dati fiscali rilevanti per la compilazione della
dichiarazione, e fornire alla stessa ogni necessaria collaborazione per
consentire gli adempimenti nei confronti dell’Amministrazione
finanziaria.
La società o ente controllante provvede al consolidamento, con
l’obbligo di sommare tutti i redditi e le perdite delle società del
gruppo, tenendo conto di alcune ulteriori variazioni, rispetto al regime
45
Deve essere comunicata all’Amministrazione finanziaria entro il 30 giugno dell’esercizio in cui
ha inizio la tassazione di gruppo.
46
Si considerano controllate le società in cui si abbia una partecipazione diretta (o indiretta tramite
altre controllate) superiore al 50% ed una partecipazione all’utile di bilancio diretta o indiretta
superiore al 50%. Tali requisiti minimi di partecipazione al capitale e agli utili della partecipata
devono verificarsi ininterrottamente sin dall’inizio del periodo d’imposta per il quale si opta per il
consolidato.
47
1) La capogruppo deve essere residente in Italia o con stabile organizzazione in Italia, ma anche
le società estere solo se controllanti e se residenti in Paesi con i quali è in vigore un accordo per
evitare la doppia imposizione; 2) le controllate devono essere società di capitali residenti nel
territorio dello Stato; 3) deve esserci identità di esercizio sociale; 4)non sono ammessi soggetti che
godono di aliquote Ires ridotte; 5) deve esserci l’esercizio congiunto dell’opzione da parte di tutte
le società interessate al consolidamento con elezione di domicilio da parte di ciascuna controllata
presso la società o ente controllante.
40
ordinario, fra le quali la principale è la totale neutralizzazione fiscale
dei dividendi distribuiti infragruppo.
Per effetto, invece, dell’istituto della partecipation exemption,
soddisfatti determinati requisiti48, le plusvalenze derivanti da cessione
di partecipazioni societarie sono integralmente esenti.
In base all’art. 87 del nuovo TUIR, che ha attuato i principi
espressi all’art. 4, comma 1, lettere c) ed e) della legge delega, non
sono più tassate le plusvalenze realizzate dai soggetti IRES dalla
cessione di partecipazioni in società, con o senza personalità giuridica,
residenti o non residenti, se possedute da almeno un anno e iscritte tra
le immobilizzazioni finanziarie.
All’esenzione sui guadagni corrisponde simmetricamente
l’irrilevanza fiscale delle perdite sulle stesse partecipazioni.
Per espressa previsione della norma rimangono poi escluse
dall’esenzione le plusvalenze realizzate con riferimento alla
partecipazione in società semplici e agli enti ad esse assimilati49.
48
I titoli devono essere ininterrottamente posseduti per almeno un anno, iscritti nelle
immobilizzazioni finanziarie, rappresentativi di partecipazioni in società residenti in Stati diversi
da quelli a regime fiscale privilegiato che, al momento del realizzo da parte della partecipante della
plusvalenza, esercitino un’attività commerciale. Infine in base alla Circolare n. 36/E rilevano per
l’esenzione anche le plusvalenze derivanti da operazioni effettuate a titolo oneroso diverse dalla
cessione propriamente intesa, ma che producono i medesimi effetti giuridici, quali il conferimento,
la permuta e lo scambio di azioni.
49
Sotto il profilo oggettivo, l’esenzione in esame si applica anche agli strumenti finanziari simili
alle azioni, e ai contratti di associazione in partecipazione e a quelli di cointeressenza, di cui all'art.
2554 del codice civile, allorché sia previsto un apporto diverso da quello di opere e servizi.
41
Secondo la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 36/E poiché
una delle condizioni necessarie per fruire della partecipation
exemption é l'iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni
finanziarie, il regime di esenzione non trova applicazione per le
plusvalenze realizzate a seguito della cessione di partecipazioni
detenute in regime d'impresa dai contribuenti cosiddetti “minori” 50, i
quali determinano il reddito ai sensi dell'art. 66 del nuovo TUIR.
In ottemperanza al criterio direttivo contenuto nella Legge
delega il legislatore fiscale ha introdotto con l’art. 98 del Tuir 51 la
disciplina della sottocapitalizzazione sottile o thin capitalization,
consistente innanzitutto nella sottocapitalizzazione della società
rispetto
all'attività
d'impresa
esercitata,
e
nel
contestuale
finanziamento della stessa con apporto di capitale di credito da parte
dei soci qualificati.
50
Non sono tenuti agli obblighi di redazione del bilancio previsti per i soggetti in contabilità
ordinaria. Da sottolineare poi che non possono accedere al particolare regime, per l'impossibilità di
riscontrare la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge e, in particolare, quello della
classificazione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni finanziarie.
Pertanto, la cessione di partecipazioni detenute in regime d'impresa in contabilità semplificata ai
sensi dell'art. 66 del nuovo TUIR, dà sempre luogo a plusvalenze interamente tassabili ovvero a
minusvalenze interamente deducibili. Quando la partecipazione non sia detenuta in regime
d'impresa, si applica, invece, il regime di tassazione previsto per i redditi diversi dall'art. 68 del
nuovo TUIR.
51
L’art. 98 al primo comma prevede: “La remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui al
comma 4, direttamente o indirettamente erogati o garantiti da un socio qualificato o da una sua
parte correlata, computata al netto della quota di interessi indeducibili in applicazione
dell’articolo 3, comma 115 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è indeducibile dal reddito
imponibile qualora il rapporto tra la consistenza media durante il periodo d’imposta dei
finanziamenti di cui al comma 4 e la quota di patrimonio netto contabile di pertinenza del socio
medesimo e delle sue parti correlate, aumentate degli apporti di capitale effettuati dallo stesso
socio o da sue parti correlate in esecuzione dei contratti di cui all’art. 109 comma 9 lett. b) sia
superiore a quello di quattro a uno”.
42
Si tratta di un fenomeno diffuso su scala internazionale,
sostanzialmente volto a trasformare dividendi in interessi passivi per
la società partecipata e attivi per i soci qualificati.
Il vantaggio fiscale ottenibile da tale trasformazione di flussi
reddituali consiste per la società partecipata, nell'imposta che la stessa
risparmia grazie alla deducibilità dal suo reddito d'impresa degli
interessi passivi corrisposti ai soci, rispetto alla diretta corresponsione
di dividendi fiscalmente indeducibili; e per i soci qualificati, nel
minore o nullo ammontare dell'imposta che gli stessi assolvono sugli
interessi attivi percepiti rispetto all'ammontare dell'imposta che
avrebbero scontato sui dividendi.
Fermo restando il risparmio d'imposta che, in ogni caso,
consegue la società partecipata, al fine di minimizzare o azzerare il
carico impositivo in capo ai soci qualificati, spesso si utilizzano
strutture societarie residenti in quegli Stati che, al fine di attrarre
capitali in uno scenario di concorrenza fiscale internazionale, esentano
da imposizione gli interessi attivi percepiti dalle società ivi residenti.
Prima della riforma Tremonti, operata con il D. Lgs n. 344 del
2003, il fenomeno dell'utilizzo a fini fiscali della sottocapitalizzazione
era fronteggiato dal nostro legislatore tributario direttamente con
43
alcuni interventi normativi ad hoc e indirettamente con l'istituzione
dell'Irap e della Dit.
Con riferimento agli strumenti indiretti di contrasto ai fenomeni
di thin capitalization la riforma operata dal ministro Visco52 favoriva il
ricorso alla capitalizzazione delle imprese, scoraggiando il ricorso al
capitale di debito con la Dual Income Tax e con l'Irap. La prima
consentiva l'applicazione dell'Irpeg ad aliquota ridotta solo quando
fosse investito capitale “fresco” nell'impresa e la seconda non
ammetteva la deduzione degli interessi passivi dalla relativa base
imponibile.
1.6.1 IL NUOVO MODELLO ITALIANO A CONFRONTO CON I
SISTEMI
DEGLI
ALTRI
PAESI
DELL’UNIONE
EUROPEA
Il modello Ires avvicina il sistema nazionale “a quelli più
efficienti in essere nei Paesi membri dell’Unione Europea”53.
Sebbene le scelte dei vari legislatori nazionali si stiano
orientando verso soluzioni uniformi, si ravvisano una serie di
52
53
Riforma del 1997-1998.
L. 7 aprile 2003, n. 80.
44
difformità nelle modalità attraverso le quali sono applicati tali istituti
in contesti spesso distinti tra loro.
Ad esempio il meccanismo di esenzione da tassazione di
dividendi, plusvalenze da cessione e da valutazione di partecipazioni è
stato introdotto allo scopo di garantire un modello uniforme di
tassazione dei redditi derivanti dall’esercizio di attività finanziarie. Si
sottolinea che mentre il meccanismo del credito d’imposta esclude la
convenienza a produrre reddito all’estero, obiettivo che potrebbe
ostacolare la libertà di movimento dei capitali, l’esenzione offre uguali
condizioni di accesso a tutti i mercati.
La dottrina54 a tal proposito ha ritenuto che un’ideale modello
europeo di tassazione dovrebbe almeno nei confronti delle società,
applicare il meccanismo dell’esenzione.
In particolare l’Italia, come si è detto, ha optato per il sistema
dell’esenzione nella misura del 95% nell’ipotesi in cui percettore di
dividendi sia una società, e nella misura del 60% nell’ipotesi in cui il
percettore sia una persona fisica; ha optato per il meccanismo
dell’esenzione pressoché integrale anche la Germania.
In direzioni opposte, invece, si sono mosse Spagna e Gran
Bretagna che continuano a ricorrere al credito d’imposta; in
54
RASI F. La tassazione dei redditi societari in ambito U.E.: il nuovo modello italiano a
confronto con i sistemi degli altri Paesi in “Rassegna tributaria” n. 5 Anno 2004.
45
particolare in Gran Bretagna convivono i meccanismi dell’esenzione e
dell’imputazione, il primo per le persone giuridiche, il secondo per le
persone fisiche.
Modificate le modalità di tassazione dei dividendi, per garantire
uniformità nell’ambito della tassazione dei redditi derivanti da attività
finanziarie, il legislatore ha provveduto a modificare anche le modalità
di tassazione delle plusvalenze (e minusvalenze) da cessioni di
partecipazioni.
Pertanto per le società è stato introdotto il meccanismo della
participation exemption55; e tale scelta in ambito europeo produce
effetti positivi dato che agevola il processo di progressiva rimozione
degli ostacoli alla libertà di circolazione dei capitali.
La strada seguita dal legislatore italiano contraddistingue la
maggior parte degli ordinamenti fiscali degli altri Stati membri; si
discosta il sistema francese e quello spagnolo: il primo con un
meccanismo di imposizione sostitutiva del 19% se derivanti da una
partecipazione superiore al 5% detenuta da almeno due anni; il
secondo, pur adottando il meccanismo del credito d’imposta per i
dividendi, esenta integralmente da tassazione le plusvalenze da
cessione di partecipazioni societarie.
55
Si rimanda al paragrafo 1.5 di questo Capitolo.
46
Per quanto riguarda la normativa anti - thin capitalization,
normativa finalizzata al contrasto dell’utilizzo a fini fiscali della
sottocapitalizzazione, nelle intenzioni del legislatore dovrebbe
contrastare la prassi comune delle imprese di finanziarsi indebitandosi
con i propri soci piuttosto che ricorrendo ad apporti di capitale. Si
cerca di sfavorire quelle forme di indebitamento che in realtà
nascondono conferimenti di capitale di rischio. Il legislatore italiano
ed altri legislatori europei hanno disposto che gli interessi pagati da
una società ai propri soci, se eccedenti una determinata soglia, siano
riqualificati come dividendi.
Infine la previsione di un modello di tassazione di gruppo su
base nazionale e mondiale 56 esiste anche in Francia 57 ed in Gran
Bretagna.
56
Il consolidato nazionale costituisce la prima formale presa d’atto della crescente rilevanza dei
grandi gruppi d’imprese e dell’esigenza di regolare tale fenomeno con norme specifiche, come
accade nella maggioranza dei Paesi dell’UE. Il consolidato mondiale permette alle società italiane
di consolidare i propri redditi con quelli delle controllate estere salvo siano rispettate determinate
condizioni.
57
ALOISI B. e CARABELLESE P. Il consolidamento fiscale in Italia e in altri Paesi europei in
“Corriere tributario” n. 41 Anno 2001.
In Francia la legge relativa al consolidato fiscale (legge del 3 dicembre 1987, n. 87-1060 codificata
agli artt. 223A-223U del Code General des Impots) è entrata in vigore il 1° gennaio 1988 e da
allora ad oggi più di 10000 gruppi applicano tale regime fiscale. Il consolidamento fiscale riguarda
le imposte sui redditi attualmente vigenti in Francia mentre non si applica in relazione all’imposta
sul valore aggiunto e ad altre imposte indirette. Per poter far parte del gruppo le società interessate
(sia capogruppo che affiliate) devono presentare determinate caratteristiche, che concernono
principalmente la forma giuridica, l’assoggettamento all’imposta sui redditi delle società, nonché
la perfetta coincidenza degli esercizi sociali, che devono chiudere alla medesima data per tutte le
società del gruppo. Il perimetro di consolidamento è dato dalle società controllate che siano
detenute per almeno il 95%, con riferimento sia al diritto di voto che alla partecipazione agli utili,
direttamente o indirettamente, dalla società capogruppo. Quest’ultima non deve a sua volta essere
detenuta per il 95% o più da una società residente in Francia ed ivi soggetta alle imposte dei
redditi; pertanto il consolidamento fiscale deve obbligatoriamente ricomprendere la società
47
Il “collante” di questi istituti è la “volontà di prevedere norme
apposite per le società rendendo così la sostituzione dell’Irpeg con
l’Ires non solo una questione meramente nominalistica” 58.
Se da un lato esistono queste divergenze che sono conseguenza
delle diversità negli stessi sistemi produttivi ed economici nazionali,
dall’altro lato esiste un elemento in comune: la centralità delle società
nei vari sistemi fiscali.
holding di grado più elevato francese. Inoltre la creazione del gruppo fiscale è assolutamente
facoltativa e deve essere richiesta prima dell’inizio del periodo d’imposta per il quale le norme
specifiche troveranno applicazione. Una volta optato per il regime di integrazione fiscale, lo stesso
dovrà essere applicato per 5 anni. Invece per quanto riguarda il consolidato mondiale la Francia
con il benefice mondial consente un vero e proprio regime di consolidamento fiscale tra le società
del gruppo, comprendendo sia società o filiali estere sia società residenti. Il funzionamento di tale
benefice mondial si basa sulla somma, a livello della società capogruppo, dei risultati fiscali
positivi e negativi conseguiti dalle controllate, francesi ed estere, in misura proporzionalmente
corrispondente alla quota di partecipazione agli utili detenuta dalla società capogruppo.
58
RASI F. La tassazione dei redditi societari in ambito U.E.: il nuovo modello italiano a
confronto con i sistemi degli altri Paesi in “Rassegna tributaria” 5/2004 pg.1822.
48
1.7 IRES: IL PRESUPPOSTO DELL’IMPOSTA, I SOGGETTI
PASSIVI E LA BASE IMPONIBILE
Come disposto dall’art. 72 del nuovo TUIR l’Ires è dovuta da
società di capitali, enti pubblici o privati residenti in Italia e da società
ed enti di qualsiasi tipo, con o senza personalità giuridica, non
residenti nel territorio dello Stato. Da ciò si evince che l’imposta non
riguarda solo le persone giuridiche, ma tutti i soggetti diversi dalle
persone fisiche, sebbene sprovvisti di personalità giuridica, come le
associazioni non riconosciute ed altre organizzazioni di qualsiasi tipo
aventi una loro autonomia patrimoniale, come associazioni sportive,
circoli ricreativi e culturali.
Ai fini Ires vengono sottoposti a tassazione i redditi prodotti da
un soggetto residente, indipendentemente dal luogo di produzione,
mentre, se il soggetto è non residente nel territorio dello Stato, è
tassabile solo il reddito prodotto in Italia. Vige, così, il principio della
territorialità, come per l’Ire.
Il presupposto è costituito dal fatto o dalle circostanze al cui
verificarsi la legge ricollega la nascita dell’obbligazione tributaria. Ai
fini del riscontro dell’esistenza del presupposto dell’imposta, restano
quali elementi definitori: il possesso del reddito, la possibile
49
manifestazione dello stesso sotto forma di somma di denaro o beni o
servizi in natura, e l’appartenenza del reddito ad una delle categorie
indicate nell’art. 6.
In definitiva l’art. 73 individua in modo tassativo i soggetti
passivi dell’Ires, suddivisi in quattro distinte categorie:
Ø
Le Spa e Sapa, le Srl, le società cooperative e le società di
mutua assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
Ø
Gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti
nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o
principale l’esercizio di attività commerciali;
Ø
Gli enti pubblici e privati diversi dalle società, residenti
nel territorio dello Stato, che non hanno per oggetto esclusivo
principale l’esercizio di attività commerciale;
Ø
Le società e gli enti di ogni tipo, con o senza personalità
giuridica non residenti nel territorio dello Stato 59.
59
I criteri per la classificazione dei soggetti passivi sono la commercialità e la residenza.
Per commercialità s’intende la capacità di produrre reddito d’impresa. Essa è presunta per le
società mentre deve essere di volta in volta valutata per gli altri enti al fine di stabilirne la
riconducibilità alle lettere b) o c).
Tra gli enti indicati alle lettere b) e c) il secondo comma precisa che rientrano non solo i soggetti
dotati di personalità giuridica ma anche quelli che ne sono privi (come le associazioni) ai quali la
soggettività passiva ai fini Ires è attribuita per la loro comune caratteristica di rappresentare
autonomi centri di imputazione di situazioni giuridiche non riconducibili fiscalmente ad altri
soggetti.
Per residenti si intendono le società e gli enti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno
la sede legale o amministrativa o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Ne consegue che
l’eventuale presenza di una sede secondaria di una società estera in Italia non costituisce residenza
della società, ma semplice stabile organizzazione della stessa, che comporta la tassazione dei soli
redditi prodotti da quest’ultima nel territorio dello Stato.
50
Il quarto e quinto comma, poi, chiariscono il concetto di oggetto
esclusivo o principale, a seconda che l’ente sia o meno residente nel
territorio dello Stato; per gli enti residenti l’oggetto esclusivo è
determinato in base alla legge (di regola per gli enti pubblici) all’atto
costitutivo o allo statuto; in mancanza si fa riferimento all’attività
effettivamente svolta nel territorio dello Stato.
Per gli enti non residenti, invece, si fa esclusivamente
riferimento all’attività esercitata nel territorio.
Per oggetto principale, poi, s’intende quell’attività essenziale
che consente di realizzare direttamente gli scopi primari dell’ente 60.
Si precisa che non sono soggetti ad esclusione e quindi
all’applicazione dell’Ires:
Ø i consorzi tra enti locali che svolgono attività di rilevanza
economica ed imprenditoriale;
Ø gli enti pubblici indicati al secondo comma dell’art. 74 61 per
eventuali altre attività produttive di reddito d’impresa non
esentate dallo stesso comma e/o per altri redditi prodotti
(fondiari, di capitale, o diversi) da assoggettare ad Ires.
60
In caso di svolgimento di più attività, alcune aventi natura commerciale ed altre natura non
commerciale, per la qualificazione dell’ente occorre fare riferimento all’attività che gli consente il
raggiungimento degli scopi primari e che caratterizza lo stesso ente.
61
….“non costituiscono esercizio dell’attività commerciale:
a)L’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici
b)L’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti
esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali.
51
Per
quanto
riguarda
la
base
imponibile
dell’Ires
il
corrispondente art. 75 non contiene una definizione generale di base
imponibile ma solo un rimando alle configurazioni che il reddito
imponibile assume per i diversi soggetti passivi:
Ø Per le società di capitale e gli enti pubblici e privati diversi dalle
società residenti nel territorio dello Stato (lettere a) e b) art. 73)
la base imponibile si determina secondo i criteri contenuti negli
artt. 81 e ss.;
Ø per gli enti non commerciali residenti nel territorio dello Stato
(lettera c) art. 73) la base imponibile si determina secondo i
criteri contenuti negli art. 143 e ss., ed è costituita dalla somma
di singoli redditi (redditi fondiari, redditi di capitale, redditi
d’impresa, redditi diversi), determinati secondo la categoria di
appartenenza di ciascun reddito;
Ø per le società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità
giuridica, non residenti nel territorio dello Stato, (lettera d) art.
73) la base imponibile si determina secondo i criteri contenuti
negli artt. 151 ss. e 153 ss. ed è data dalla somma dei redditi
prodotti nel territorio dello Stato.
52
Il secondo comma prevede che le società residenti e quelle non
residenti62 possono determinare il reddito secondo le disposizioni
degli artt. 155-16163.
Con questa norma il legislatore conferisce la facoltà di scelta
(opzione) ad ogni contribuente di determinare il reddito secondo i
criteri indicati nel primo o secondo quelli di cui all’art. 155 e ss.
62
63
Lett. d) art. 73.
Disciplinano la determinazione della base imponibile per alcune imprese marittime.
53
CAPITOLO II
INTERRELAZIONI TRA RISULTATO
CIVILISTICO ED IMPONIBILE FISCALE
LA SITUAZIONE ITALIANA PREVIGENTE
54
2.1 DEFINIZIONE DI UTILE CIVILISTICO E REDDITO
IMPONIBILE
Le norme civilistiche e tributarie riguardano entrambe la
determinazione del reddito 1, influenzato da una molteplicità di
componenti, alcune delle quali comportano diversità di soluzioni nei
due settori del diritto 2; ed è proprio dalle differenti valutazioni
attribuite dal legislatore civile o tributario alle medesime componenti
reddituali che si originava il problema delle interferenze fiscali.
L’ordinamento tributario e quello civilistico rappresentano
sistemi differenti poiché i criteri e i principi di ciascun ambito
giuridico rispondono ad esigenze proprie e, in particolare, i risultati
che tali sistemi esprimono sono del tutto peculiari3.
1
Sul reddito come sintesi di una molteplicità di componenti positivi e negativi in dottrina si è
sostanzialmente concordi. Si rimanda a LUPI R. Metodi induttivi e presunzioni nell’accertamento
tributario, Milano, Anno 1998 pag. 80. Inoltre il PETTITI in Contributo allo studio del diritto
dell’azionista al dividendo, Milano, Anno 1957, considera il reddito come la risultante di
componenti economicamente e giuridicamente eterogenei.
2
In tal senso FALSITTA G. in Il bilancio di esercizio delle imprese. Interrelazioni tra diritto
civile e tributario Giuffré Editore, Anno 1985, afferma che i criteri civilistici sarebbero specificati
da quelli tributari; l’autore incentra le sue prime argomentazioni sull’esigenza di attribuire
significato convergente a termini utilizzati dai due settori del diritto, “mossi dall’identico scopo di
rilevare il reddito ed il patrimonio sociale”.
3
MAZZA G. Il bilancio di esercizio e la dichiarazione dei redditi in “Il bilancio di esercizioProblemi attuali” Milano, Anno 1997 pag.279 e ss. secondo il quale il bilancio d’esercizio e la
dichiarazione dei redditi, destinata a liquidare il reddito fiscale, “hanno scopi differenziati e
soggiacciono a separati ordinamenti giuridici”. Inoltre DI TANNO T., Brevi note a favore del
doppio binario nella determinazione del reddito d’impresa in “Rivista di diritto tributario” Anno
2000 pag. 411, afferma che “gli obiettivi cui tende il legislatore civilistico e quelli cui tende il
legislatore tributario sono, assai spesso, divergenti. Il primo mira a misurare il risultato d’esercizio
nel modo più aderente alla realtà aziendale e nell’ottica della continuità dell’attività
imprenditoriale premiando, almeno tendenzialmente, un approccio caratterizzato dalla prudenza. Il
secondo tende, invece, ad usare la leva fiscale come strumento di politica economica, premiando
55
Le norme civilistiche impongono la redazione di un bilancio
chiaro che rappresenti in modo veritiero e corretto la situazione
patrimoniale e finanziaria della società ed il risultato economico
dell’esercizio (art. 2423 C.C.).
PRINCIPI DI REDAZIONE DEL BILANCIO (Art. 2423-bis C.C.)
Ø la valutazione delle voci va fatta con prudenza e nella
prospettiva della continuazione dell’attività;
Ø si possono indicare solo gli utili realizzati alla chiusura
dell’esercizio;
Ø proventi ed oneri vanno inseriti secondo il principio della
competenza (indipendentemente dall’incasso o pagamento)
Ø si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza,
anche se conosciuti dopo la chiusura dell’esercizio;
Ø elementi eterogenei di una stessa voce devono essere
separatamente valutati;
Ø i criteri di valutazione, salvo casi eccezionali da giustificare
nella Nota integrativa, non possono essere modificati da un
esercizio all’altro.
Ø nuovo principio: prevalenza della sostanza sulla forma.
La propensione del legislatore civilistico alla determinazione di
un risultato d’esercizio reale al quale il redattore del bilancio deve
pervenire nel rispetto dei criteri generali e particolari di valutazione ex
artt. 2423-bis 4 e 24265 C.C., è in linea con l’obiettivo posto dal
certi comportamenti (normalmente gli investimenti) e rendendone convenienti o sconvenienti certi
altri (normalmente il rafforzamento o l’indebolimento patrimoniale).
4
L’art. 2423-bis (inserito col D. Lgs. n. 127/1991) recitava: “Nella redazione del bilancio devono
essere osservati i seguenti principi: 1) la valutazione delle voci deve essere fatta secondo
prudenza e nella prospettiva della continuazione della società; 2) si possono indicare
esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio; 3) si deve tener conto dei
proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data di incasso o del
pagamento; 4) si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se
conosciuti dopo la chiusura di questo; 5) gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci
56
legislatore fiscale per la determinazione dello stesso risultato; tuttavia,
i dettami dei due legislatori hanno finalità diverse.
In dottrina6 si ritiene che la diversità tra norme di valutazione
fiscali e norme di valutazione civilistiche sia “del tutto fisiologica”,
dipendendo da differenti esigenze di fondo dei due settori giuridici, e
non da contingenti scelte del diritto tributario; in altri termini tale
diversità è incentrata sul riconoscimento di una loro “fisiologica”
diversità, consistente nelle diverse finalità delle due discipline.
Si tratta di due discipline che, sebbene orientate alla
determinazione di uno stesso obiettivo (la determinazione del valore
prodotto dall'attività d'impresa in un determinato esercizio sociale)
sono ispirate da presupposti profondamente diversi.
Mentre la determinazione del reddito d'impresa, determinando il
risultato di esercizio da sottoporre ad imposizione fiscale, deve seguire
devono essere valutati separatamente; 6) i criteri di valutazione non possono essere modificati da
un esercizio all’altro. Deroghe al principio enunciato nel n. 6) del comma precedente sono
consentite in casi eccezionali. La nota integrativa deve motivare la deroga e indicarne l’influenza
sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico”. La
novità introdotta con la riforma del diritto societario del 2003 si evince al n. 1) del primo comma
dove oltre a principio di prudenza e della continuazione della società si deve tener conto della
“funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato”.
5
Criteri di valutazione delle poste del bilancio.
6
LUPI R. La determinazione del reddito e del patrimonio delle società di capitali tra principi
civilistici e norme tributarie in “Rassegna tributaria” Anno 1990 pg.700; in particolare Lupi si è
dedicato ai rapporti tra la determinazione civilistica del reddito e del patrimonio delle società di
capitali e l’analoga operazione da effettuare ai fini fiscali. L’autore sostiene che le divergenze tra
regole civilistico - economiche e fiscali non derivino da un’insufficiente specificazione delle prime
rispetto alle seconde, né da un’eccessiva rigidità delle seconde rispetto alle prime; in particolare
“la codificazione dei principi contabili dimostra che la specificazione delle regole civilistico economiche, quand’anche effettuata, è destinata a prendere strade divergenti rispetto alle norme
fiscali. Ciò non tanto a proposito di specifici problemi di valutazione quanto per una impostazione
metodologica di maggiore sensibilità, attraverso norme elastiche, alle caratteristiche dei casi
concreti, che la norma fiscale deve invece limitare…”. Op.cit. pag. 709.
57
delle regole ben chiare e mai lasciate al libero arbitrio dei contribuenti,
la determinazione dell'utile prodotto da un'impresa, ispirato alla
determinazione del reddito che prudentemente può essere attribuito ad
un determinato esercizio, deve seguire delle regole piuttosto elastiche
che consentono di cogliere le particolarità economiche avvenute nel
corso dell'esercizio d'impresa.
Il diritto tributario, infatti, intende individuare l’esatta ed attuale
capacità contributiva che è possibile riferire in modo certo ad un
soggetto-contribuente.
La normativa civilistica, al contrario, è informata al principio
della rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione
patrimoniale e finanziaria dell’impresa e del risultato economico
conseguito nell’esercizio: l’obiettivo perseguito, in particolare, è
quello di garantire le esigenze informative di una pluralità di soggetti
sia esterni che interni all’azienda che a vario titolo sono portatori di
interessi7.
7
POLLARI N. Determinazione fiscale del reddito d’impresa e raccordo con il bilancio
d’esercizio in “Il fisco” n. 27 Anno 1997; secondo l’autore “il bilancio è un sistema di valori
preordinati alla rappresentazione sintetica in termini quantitativi della struttura e degli accadimenti
aziendali attraverso la determinazione del risultato d’esercizio e del relativo capitale di
funzionamento. L’utile (o la perdita) ne rappresenta il risultato finale e consente di dare un
apprezzamento della produttività positiva (o negativa) del capitale aziendale lungo un intervallo di
tempo convenzionalmente determinato (esercizio). A tal fine il legislatore ha informato le norme
del codice civile in funzione dell’obiettivo di rappresentare ‘in modo veritiero e corretto’ la
situazione economica e patrimoniale di un’impresa”. Pag. 7661.
58
La redazione del bilancio, infatti, effettuata applicando criteri di
matrice civilistica, consente la diffusione di informazioni riguardanti
la situazione aziendale agli stakeholders 8 e la determinazione del
risultato economico per la distribuzione degli utili ai soci.
La finalità delle norme civilistiche si ravvisa nella tutela dei
terzi in ordine alla conservazione del patrimonio sociale, ispirandosi al
principio della prudenza, per il quale si tende all’imputazione dei
componenti negativi di reddito, sebbene presunti, ed all’esclusione di
quelli positivi qualora essi si rivelino sperati.
L’ordinamento tributario tende, invece, alla realizzazione di un
interesse pubblico, ossia quello fiscale, la cui essenza va ravvisata
nell’emanazione di regole che tendano ad istituire meccanismi
semplificati nella riscossione delle imposte; la ricchezza in tal modo
prelevata verrà utilizzata nel finanziamento della spesa pubblica.
Il legislatore tributario, pertanto, persegue l’interesse fiscale
nell’ambito dell’individuazione del reddito imponibile, accordando
una discrezionalità piuttosto limitata al redattore del bilancio chiamato
ad operare le valutazioni. Accanto ad interessi di carattere erariale
perseguiti conferendo certezza e semplicità ai rapporti tra Fisco e
contribuenti, oltre a cercare di evitare manovre elusive da parte di
8
Si tratta di soggetti interni ed esterni alla struttura aziendale: dipendenti, azionisti, organi di
direzione e controllo, varie categorie di creditori, il Fis co.
59
questi ultimi, la normativa tributaria si prefigge anche interessi di
carattere extra-fiscale, come l’efficienza, il rafforzamento e la
razionalizzazione dell’apparato produttivo 9.
Le suddette finalità perseguite dal legislatore fiscale trovano
espressione nella distinzione delle norme tributarie tra strutturali e
sovvenzionali10.
Le
determinazione
della
prime
sono
capacità
disposizioni
contributiva
ispirate
attraverso
alla
la
semplificazione, l’effettività e la certezza del rapporto Fiscocontribuente; le seconde sono agevolative in quanto emanate al solo
scopo di dare impulso e rafforzare l’apparato produttivo 11.
A tal fine le norme contenute nel TUIR circoscrivono
inizialmente il loro ambito di applicazione, individuando i beni
fiscalmente appartenenti al patrimonio aziendale stabilendo, poi,
l’indeducibilità totale o parziale di determinati costi e, specularmente,
la piena o limitata non imponibilità di specifici proventi.
Norme civilistiche e tributarie sono andate nel tempo
intrecciandosi in modo da generare frequenti sovrapposizioni fra le
9
Nel rispetto del principio dettato dall’art. 2 n. 16 della Legge delega n. 825/1971.
Si rimanda al paragrafo 2.3.2 del presente capitolo.
11
“Le norme sovvenzionali sono quelle che rifacendosi a finalità di efficienza e rafforzamento
dell’apparato produttivo, a fronte della deduzione extracontabile di maggiori oneri, pongono dei
vincoli all’utilizzo di poste del patrimonio netto”. CACCIAPAGLIA L., CHIRICHIGNO S.,
MIELE L., RANOCCHI G. P., SIGNORINI L., STANCATI G. (a cura di) L’interferenza fiscale si
dirada in “Vademecum società – Guida normativa” Il sole 24 ore. Febbraio 2004 pag. 125. Inoltre
una terza species potrebbe essere costituita dalle norme potenzialmente sovvenzionali: si tratta di
norme strutturali che si configurano come favorevoli al contribuente potendo ridurre il proprio
carico fiscale.
10
60
due discipline fra loro non conciliabili, sovvertendo il rapporto di
derivazione del reddito imponibile dal risultato civilistico, dando vita
al fenomeno della “dipendenza rovesciata” 12.
Esaminando gli articoli dal 52 al 76 del vecchio TUIR 13 si
evince come il legislatore fiscale abbia conformato le proprie scelte a
principi ispiratori difformi da quelli considerati dal legislatore
civilistico, limitando i margini di manovra nella determinazione del
reddito d’impresa. In effetti lo stesso legislatore fiscale fissa valori
minimi e massimi per la valutazione dei componenti positivi e
negativi del reddito imponibile allo scopo di evitare sottrazioni
indebite da parte del contribuente.
La limitazione totale o parziale alla deducibilità degli oneri,
oltre ad essere ispirata alla finalità di impedire comportamenti elusivi
da parte del contribuente, mira a rinviare a futuri esercizi alcuni costi,
o parte di essi, ritenuti eccedenti il livello fiscalmente desiderabile.
In definitiva il bilancio civilistico fornisce tutte le informazioni
richieste dal Codice Civile sulla situazione finanziaria, patrimoniale
ed economica dell’azienda e, nel contempo, costituisce il presupposto
per la determinazione del reddito imponibile fiscale.
12
In sede di redazione del bilancio diventa prioritario tenere conto della disciplina civilistica al
fine di non perdere il risparmio d’imposta derivante dalle diverse opportunità messe a disposizione
dalla normativa fiscale. Si rimanda al paragrafo 2.2 del presente Capitolo alla pag. 72.
13
Gli articoli dal 52 al 76 del vecchio Testo Unico(D.P.R. 917/1986) corrispondono agli articoli da
83 a 109 dell’attuale TUIR.
61
Il riallineamento tra le norme civili e quelle fiscali ha luogo in
sede di dichiarazione dei redditi in base alla seguente relazione:
REDDITO IMPONIBILE =
RISULTATO D’ESERCIZIO
+ VARIAZIONI IN AUMENTO
− VARIAZIONI IN DIMINUZIONE
La diversità tra i due risultati è ascrivibile all’indetraibilità
totale o parziale di determinati costi risultanti dal conto economico, ad
una maggiore o minore valutazione fiscale di alcuni componenti
positivi e dalla intassabilità di specifici proventi.
2.1.1 LA RELAZIONE TRA RISULTATO CIVILISTICO E
REDDITO IMPONIBILE
In via teorica la relazione tra risultato civilistico e reddito
fiscale d’impresa può configurarsi nel seguente modo:
Ø Dipendenza totale della norma fiscale da quella civilistica: il
risultato civilistico d’esercizio viene qualificato anche come
reddito d’impresa.
Ø Dipendenza parziale della norma fiscale da quella civilistica:
il risultato civilistico è la base di partenza per la
62
determinazione del reddito imponibile. Ad esso, infatti, si
applicano norme tributarie finalizzate a rettificare, in
aumento o in diminuzione, il reddito civilistico ante imposte.
Ø Autonomia della norma fiscale da quella civilistica (Teoria
del doppio binario): il risultato civilistico e quello fiscale
sono
reciprocamente
autonomi,
sancendo
un
corpo
normativo che, indipendentemente dal dettato civilistico,
regoli nel dettaglio il procedimento di quantificazione del
reddito fiscale d’impresa. In altri termini rendendo
definitivamente
dichiarazione
autonomi
dei
redditi
bilancio
e
lasciando
d’esercizio
ai
e
prospetti
extracontabili il compito di evidenziare e monitorare le
discrasie tra valori fiscali e valori civilistici.
Ø Dipendenza rovesciata della norma fiscale da quella
civilistica14: il reddito imponibile è derivato dal risultato
civilistico tramite rettifiche operate in base alle norme
fiscali. Alcune norme, però, possono indurre il contribuente
ad operare scelte potenzialmente in contrasto con le norme
previste dal C.C.; si tratta in sintesi del problema delle
14
Sancito dall’art. 52 del vecchio Tuir corrispondente attualmente all’art. 83 Tuir.
63
interferenze fiscali ovvero il fenomeno dell’“inquinamento”
del bilancio.
2.1.2 I
RAPPORTI
TRA
LA
NORMATIVA
FISCALE
E
CIVILISTICA NELL’AMBITO DELL’UNIONE EUROPEA
I rapporti tra la normativa fiscale e quella civilistica possono
ispirarsi a due modelli, a quello anglosassone, nel quale il bilancio
viene redatto sulla base delle norme civilistiche, mentre il reddito
imponibile viene calcolato in sede di dichiarazione dei redditi sulla
base della normativa fiscale e, del tutto autonomamente dal primo; e il
modello tedesco in base al quale i componenti negativi di reddito
devono transitare dal conto economico per essere dedotti dal reddito
imponibile e, in tal modo, il bilancio civilistico risente inevitabilmente
delle interferenze fiscali.
Il contenuto del bilancio previsto dalla prassi internazionale si
differenzia da quanto disposto dal Codice Civile, che prevede uno
schema rigido composto da stato patrimoniale, conto economico e
nota integrativa.
64
Lo Ias n. 1 non prescrive uno schema standard per il bilancio,
ma lascia ampia libertà ai redattori dei prospetti prevedendo solo
criteri di massima. In realtà la differenza principale che emerge è
relativa al rendiconto finanziario e al prospetto delle variazioni nelle
poste di patrimonio netto che per la prassi internazionale sono
documenti obbligatori, mentre in Italia la mancata presentazione di
detti documenti non viene ritenuta una violazione del principio di
“rappresentazione veritiera e corretta” 15.
Il modello anglosassone determina la necessità di valutare
l’iscrizione in bilancio di imposte anticipate e imposte differite. Ne
discende che il modello di riferimento del sistema fiscale inglese è
quello del doppio binario, a differenza del modello tedesco che ha
optato per quello del monobinario.
Il nostro legislatore ha adottato il modello tedesco sin dalla
riforma del 1973; tale impostazione venne seguita anche nel recepire
la IV Direttiva CEE 16 che nel bilancio introdusse l’appendice fiscale
15
Art. 2423 comma secondo C.C. secondo cui: “Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e
deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della
società e il risultato economico dell’esercizio”.
16
In Italia il recepimento della IV Direttiva è avvenuto mediante il D. Lgs. n. 127/1991.
65
costituita dalle voci 24 e 25 del conto economico17, che rimasero in
vigore fino alla redazione del bilancio al 31.12.1993.
L’interferenza della normativa fiscale nella formazione del
bilancio d’esercizio ha caratterizzato i bilanci delle società italiane
fino all’entrata in vigore dell’attuale riforma.
Al riguardo una parte della dottrina 18 sostiene che bilancio e
dichiarazione dei redditi devono restare nettamente separate e
rispondere ciascuno alle proprie regole; un’altra parte 19, invece,
accetta una compresenza nello stesso documento di valutazioni
civilistiche e fiscali, a patto che queste ultime restino ben distinte dalle
prime.
17
L’appendice fiscale era un’ apposita parte del conto economico (voci 24 e 25) nella quale
indicare separatamente le rettifiche di valore e gli accantonamenti operati esclusivamente in
applicazione di norme tributarie. Sull’appendice fiscale si rimanda al paragrafo 2.4.1.
18
LUPI R. La determinazione del reddito e del patrimonio delle società tra principi civilistici e
norme tributarie in “Rassegna tributaria” Anno 1990 pag. 699 e ss.
19
FALSITTA G. Convergenze e divergenze tra diritto tributario e diritto commerciale nella
disciplina del bilancio d’esercizio in “Giurisprudenza commerciale”, I, Anno 1980 pag. 213 e ss.
La tesi dell’unicità del bilancio consiste inoltre nel ritenere che il disposto dell’art. 75 comma
quarto del vecchio Tuir (D.P.R. 917/1986) non producesse fenomeni di inquinamento fiscale del
bilancio d’esercizio, bensì fosse la riprova che il nostro legislatore concepisse tale documento
come unitario e rilevante sotto molteplici finalità di carattere sia tributario che civilistico.
66
2.1.2.1 DAL MONOBINARIO AL DOPPIO BINARIO PARZIALE
Il modello teorico di riferimento che ha contraddistinto
l’ordinamento fiscale italiano prima della riforma è stato quello del
monobinario, ovvero la liason tra il risultato di esercizio, derivante
dal conto economico redatto ai fini civilistici, e la determinazione del
reddito d’impresa.
Esisteva una sorta di “tendenziale unicità”20 dei valori civilistici
e fiscali dissolta solo con l’avvio delle due riforme (fiscale e
societaria), con le quali si è disposta l’abrogazione della regola della
necessaria imputazione dei costi a conto economico per evitare gli
inquinamenti del bilancio civilistico derivanti dall’iscrizione di poste
aventi rilevanza esclusivamente tributaria 21.
Così con il sistema del monobinario, che ha dato l’impronta al
nostro ordinamento fiscale fino all’entrata in vigore dell’attuale
riforma, il bilancio civile serviva anche per determinare il reddito
imponibile, seppure passando attraverso il filtro di una serie di
rettifiche che, però, operavano extracontabilmente:
20
ANDRIOLA M. Valori fiscalmente riconosciuti e valori di bilancio dopo l’introduzione del
“doppio binario” pag. 1149 in “Dialoghi di diritto tributario” Giuffré Editore-Milano Anno II,
fasc. 9-settembre 2004
21
Ovvero l’abrogazione del secondo comma dell’art. 2426 C.C.
67
MONOBINARIO
UTILE DI BILANCIO
+ V. A.
- V. D.
Filtro
Fiscale
IMPONIBILE FISCALE
Fino ad oggi il legislatore ha cercato di disciplinare le
interferenze fiscali, considerate come “un male inevitabile all’interno
del sistema del monobinario, comprimendo in parte i principi di
chiarezza e precisione nella redazione del bilancio di esercizio”22.
La dottrina 23, infatti, ha ritenuto che se il rapporto tra il bilancio
civile e l’imponibile fiscale si limitasse all’asimmetria prodotta dalla
difformità dei criteri di valutazione, imputazione, aggregazione,
allocazione e deducibilità delle singole poste, non si produrrebbe
alcun inquinamento fiscale del bilancio.
22
PINO C. Gestione o eliminazione delle interferenze fiscali sul bilancio? in “Corriere tributario”
n. 44 Anno 2002 pg. 3986.
23
PINO C. Op. Cit.
68
In effetti attraverso l’istituto delle variazioni, si possono
“filtrare” i componenti positivi e negativi già imputati a bilancio,
distinguendo componenti che non possono concorrere alla formazione
del reddito fiscale e quelli che vi concorrono in modo differito.
L’obiettivo del legislatore è, quindi, il disinquinamento fiscale
dei bilanci delle società di capitali. Prima dell’attuale riforma il
sistema fiscale italiano aveva rifiutato, a differenza ad esempio
dell’Inghilterra, il cosiddetto doppio binario, ossia la determinazione
autonoma del reddito economico e dell’imponibile fiscale.
L’opinione della giurisprudenza, a tal proposito, si è evoluta nel
tempo: in un primo momento, infatti, ha dichiarato nulli tutti i bilanci
recanti, nei conti economici, deduzioni di costi fiscalmente
ineccepibili, ma civilisticamente vietati24; poi ha cominciato ad
ammettere la liceità civilistica degli ammortamenti anticipati, a
condizione che nella relazione o nel bilancio venisse rispettato almeno
il principio di chiarezza, indicando in due distinte voci e, perciò,
separatamente, l’ammortamento civilistico e la residua parte di
ammortamento derivante solo da norme tributarie; infine la
giurisprudenza ha esteso tale principio a tutti i casi di deviazione dei
bilanci, per motivi fiscali, dai principi civilistici.
24
Ad esempio gli ammortamenti anticipati.
69
In dottrina 25, invece, si è sempre auspicato il sistema del doppio
binario, ovvero la piena autonomia tra normativa civilistica e
normativa tributaria, relativa alla determinazione del reddito
d’impresa, in forza della quale per la deduzione fiscale di una spesa o
di un altro componente negativo di reddito non è necessaria
l’iscrizione del costo nella sede propria, che è quella della
dichiarazione dei redditi.
In realtà la strada prescelta attualmente dai legislatori, civilistico
e fiscale, non è stata quella di un doppio binario puro (radicale) che
avrebbe affrancato del tutto la determinazione del reddito dal risultato
civilistico tenendo riguardo alla progressiva “istituzionale diversità dei
valori rilevanti ai fini civilistici e fiscali, che discendono
prevalentemente anche se non esclusivamente dall’esecuzione di
operazioni straordinarie” 26 in neutralità.
Poiché si è stabilito che è possibile dedurre extracontabilmente operando con le variazioni in diminuzione del reddito - componenti
negativi che non hanno concorso a determinare il risultato di bilancio
o vi hanno concorso solo in parte, si formeranno una doppia serie di
25
A sostegno del doppio binario: DI TANNO T. Brevi note a favore del doppio binario nella
determinazione del reddito d’impresa in “Rivista di diritto tributario” Anno 2000 pagg. 407 –419;
nella stessa direzione GALLO F. Brevi note sulla necessità di eliminare le interferenze della
normativa fiscale nella redazione del bilancio d’esercizio in “Rivista di diritto tributario” Anno
2000 pagg. 3-12.
26
Così recita la Relazione al disegno di Legge delega di riforma del diritto societario.
70
valori, contabili e fiscali, dei beni e dei relativi fondi, nonché utili che
non sono stati assoggettati a tassazione.
Il regime di doppio binario introdotto dalla riforma fiscale
attraverso il riconoscimento della deducibilità in via extracontabile di
ammortamenti,
altre
rettifiche
di
valore
ed
accantonamenti
esclusivamente fiscali, non può essere definito puro ma parziale27.
È stato mantenuto, infatti, come caposaldo del nuovo modello di
tassazione delle imprese il fondamentale principio della dipendenza
parziale del reddito imponibile dalle risultanze contabili28.
In sostanza la riforma non ha ammesso un doppio binario totale
o puro in base al quale l’imponibile fiscale risulti totalmente
svincolato dalle risultanze civilistiche.
Sebbene sia stato introdotto il meccanismo del prospetto
allegato alla dichiarazione dei redditi in cui far confluire ai fini della
relativa deduzione fiscale componenti negativi di reddito aventi
esclusiva rilevanza tributaria, non pare ancora riscontrabile, dopo la
riforma, un regime di totale separazione tra i dati di natura civilistica e
quelli di natura esclusivamente tributaria.
27
FALSITTA G. Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di
riforma della imposta sulle società in “Rivista di diritto tributario” vol. XIII n. 11 nov. 2003
pag.930.
28
Art. 52 vecchio Tuir (D.P.R. n. 917/1986) corrispondente all’art. 83 dell’attuale Tuir. Si rimanda
al paragrafo 2.2 del presente Capitolo.
71
Solo sul piano formale della mera contabilizzazione il nuovo
documento favorisce una completa separazione tra imponibile fiscale
e risultato civilistico, mentre sul piano sostanziale il collegamento tra i
due elementi pare non essere stato oggetto di modifiche da parte del
legislatore; resta il fatto che la deviazione del transito di poste
tributarie negative dal conto economico al nuovo prospetto
extracontabile rappresenta un significativo tentativo per contrastare
l’inquinamento fiscale del bilancio d’esercizio e riconoscere
l’originaria purezza civilistico-economica di tale documento.
Ma oltre a parlare di doppio binario parziale la dottrina 29 parla
anche di doppio binario condizionato in quanto permane un vincolo
speciale di dipendenza dal bilancio civile per i costi inseriti nel
prospetto ed aventi rilevanza solo per l’utile fiscale.
29
FALSITTA G. Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di
riforma della imposta sulle società in “Rivista di diritto tributario” Nov. 2003 vol. XIII n. 11
pag.930.
72
2.2 CONSIDERAZIONI DELLA DOTTRINA IN MERITO AI
RAPPORTI
TRA
DETERMINAZIONE
BILANCIO
DEL
REDDITO
CIVILE
FISCALE:
E
IL
PRINCIPIO DI DIPENDENZA
Il principio generale per l’individuazione del reddito d’impresa
rinvia esplicitamente allo schema di conto economico previsto dal
Codice Civile o dalle specifiche normative regolanti particolari
attività, quali quella bancaria e quella assicurativa.
Le clausole generali di redazione del bilancio previste dalla
normativa civilistica all’art. 2423 C.C.30 costituiscono prescrizioni
validamente accettabili anche dall’ordinamento tributario.
Pertanto viene creato dalla dottrina 31 il cosiddetto nesso di
pregiudizialità-dipendenza, dove la pregiudizialità si evince nella
30
“Gli amministratori devono redigere il bilancio d’esercizio, costituito dallo stato patrimoniale,
dal conto economico e dalla nota integrativa. Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve
rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e
il risultato economico dell’esercizio. Se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di
legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le
informazioni complementari necessarie allo scopo. Se, in casi eccezionali, l’applicazione di una
disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta la
disposizione non deve essere applicata. La nota integrativa deve motivare la deroga e deve
indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e del
risultato economico. Gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in una riserva
non distribuibile se non in misura corrispondente al valore recuperato. Il bilancio deve essere
redatto in unità di euro, senza cifre decimali, ad eccezione della nota integrativa che può essere
redatta in migliaia di euro”.
31
FALSITTA G. Il bilancio di esercizio delle imprese. Interrelazioni tra diritto civile e tributario
Giuffrè Editore Anno 1985. Ma DE MITA E. sottolinea che tale nesso non deve intendersi come
“perfetta corrispondenza fra gli elementi costitutivi dei due concetti di reddito, ma come obbligo di
evidenziare preventivamente nel bilancio civilistico gli elementi a cui si desidera attribuire
73
determinazione
dell’utile
civilistico
rispetto
all’accertamento
dell’imponibile fiscale, e la dipendenza si riferisce all’imponibile
fiscale rispetto all’utile civilistico.
Tale principio consiste non tanto nella perfetta corrispondenza
dei due concetti di reddito d’esercizio e di reddito imponibile
d’impresa, quanto nell’utilizzo strumentale del bilancio d’esercizio ai
fini della determinazione dell’imponibile e, in particolare, alla
necessità che questo contenga tutti gli elementi di reddito a cui il
contribuente voglia dare rilevanza fiscale.
L’art. 52 del vecchio TUIR 32, al primo comma, disponeva,
infatti, che il reddito d’impresa ai fini fiscali si determinava
apportando al risultato del conto economico dell’esercizio le
variazioni in aumento o in diminuzione conseguenti all’applicazione
delle disposizioni fiscali contenute nel TUIR 33.
rilevanza fiscale a vantaggio dello stesso imprenditore”. DE MITA E. Principi di diritto tributario,
Quarta Edizione. Giuffrè Editore. Anno 2004.
32
L’art. 52 del vecchio TUIR (D.P.R. 597/1973) intitolato “Determinazione del reddito d’impresa”
corrisponde all’art. 83 dell’attuale TUIR. Il “vecchio”art. 52 prevedeva che il reddito d’impresa
fosse costituito “dagli utili netti conseguiti nel periodo d’imposta, determinati in base alle
risultanze del conto dei profitti e delle perdite, con le variazioni derivanti dai criteri stabiliti nelle
successive disposizioni…”; in altri termini il calcolo dell’imponibile mediante opportuna
variazione quantitativa del risultato di esercizio si otteneva utilizzando lo strumento delle
variazioni fiscali in aumento ed in diminuzione, e dall’obbligo di preventiva imputazione dei
componenti negativi di reddito al conto economico, sancito dall’art. 74 comma terzo del vecchio
Tuir (D.P.R. N. 597/1973; articolo poi trasfuso nell’art. 75 comma quarto del successivo Tuir –
D.P.R. N. 917/1986).
33
Secondo POTITO E. in Il sistema delle imposte dirette Giuffré Editore Anno 1989 “…benché il
legislatore fiscale si sia sforzato di ancorare il più possibile il reddito d’impresa al risultato
emergente dal conto dei profitti e delle perdite, non è possibile fare a meno, nella concreta
determinazione del risultato fiscale di esercizio, di apportare variazioni (in aumento o in
diminuzione) rispetto a detto risultato contabile”, pag. 157.
74
Tali variazioni dovevano essere considerate come l’insieme
delle deroghe di natura fiscale ai criteri civilistici di determinazione
dell’utile d’esercizio, giustificate nell’ottica dell’interesse fiscale di
rendere per quanto possibile oggettiva la quantificazione di un’entità
astratta e variamente configurabile, quale il reddito d’esercizio.
La Relazione ministeriale allo schema del vecchio Testo
Unico34 precisava che, in assenza di specifica disciplina per ciascuna
voce del conto economico, le modifiche ai componenti positivi e
negativi di reddito dovevano essere apportate solo nelle ipotesi
esplicitamente previste dal legislatore fiscale, rilevando negli altri
casi, anche ai fini fiscali, i valori attribuiti in base all’applicazione dei
principi civilistici.
Tuttavia la necessità di operare un raccordo fra disciplina
civilistica e fiscale ha condotto ad una diatriba dottrinale sulla
necessità di redigere un bilancio unico, o al contrario, fornire due
rappresentazioni35 di una realtà che si rivela fondamentalmente la
stessa36.
34
D.P.R. n. 597/1973.
Sostenitori della teoria del doppio binario COLOMBO G. E. Il bilancio d’esercizio delle
imprese, strutture e valutazioni Torino, Anno 1987; LURI R. La determinazione del reddito e del
patrimonio delle società tra principi civilistici e norme tributarie in “Rassegna tributaria” Anno
1990 pagg. 699 e ss.; DI TANNO T. Brevi note a favore del doppio binario nella determinazione
del reddito d’impresa in “Rivista di diritto tributario” Anno 2000 pag. 407.
36
Secondo BARBATO M. B., in Reddito imponibile e risultato economico di gestione: sancita la
diversità o avvicinate le posizioni? in “Rassegna tributaria” Anno 1987 vol.I, “… i contenuti
apprezzabili del T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, sono quelli diretti a separare la determinazione del
35
75
L’ordinamento italiano ha costantemente accettato il legame tra
bilancio civile e dichiarazione del risultato fiscale di società ed
imprese, consolidandosi nel tempo un principio di dipendenza della
determinazione dell’imponibile fiscale dal bilancio d’esercizio. Esso
risale alla direttiva di cui all’art. 2, n. 16, della Legge delega 9 ottobre
1971 n. 825, dove era stabilito che il reddito d’impresa si sarebbe
dovuto determinare sulla base di “criteri di adeguamento del reddito
imponibile a quello calcolato secondo principi di competenza
economica, tenuto conto delle esigenze di efficienza, rafforzamento e
razionalizzazione dell’apparato produttivo”37.
La variabile fondamentale in forza della quale si perviene alla
ricostruzione del reddito d’impresa è costituita dal risultato del conto
economico, redatto nel rispetto delle norme di cui all’art. 2425-bis del
Codice Civile 38, in cui confluiscono i costi, i ricavi, le rimanenze
reddito imponibile dalla formulazione del bilancio in base alle norme del codice civile e ai principi
contabili; … condivisibile è anche l’obiettivo di ottenere una più precisa individuazione
dell’imposta dovuta attraverso lo scoraggiamento di operazioni di contenuto meramente fiscale”.
37
FALSITTA G. Convergenze e divergenze tra diritto tributario e diritto commerciale nella
disciplina del bilancio d’esercizio in “Giurisprudenza commerciale” Giuffré Anno 1980, I.
38
L’art. 2425-bis sostituito dall’art. 8 del D. Lgs. n. 127/1991 recitava: “I ricavi e i proventi, i
costi e gli oneri devono essere indicati al netto dei resi, degli sconti, abbuoni e premi, nonché
delle imposte direttamente connesse con la vendita dei prodotti e la prestazione dei servizi”.
Inoltre l’attuale riforma societaria ha integrato l’articolo in esame con due successivi commi: “I
ricavi e i proventi, i costi e gli oneri relativi ad operazioni in valuta devono essere determinati al
cambio corrente alla data nella quale la relativa operazione è compiuta. I proventi e gli oneri
relativi ad operazioni di compravendita con obbligo di retrocessione a termine, ivi compresa la
differenza tra prezzo a termine e prezzo a pronti, devono essere iscritti per le quote di competenza
dell’esercizio”.
76
nonché tutti gli altri componenti positivi e negativi del reddito e la cui
somma algebrica determina l’utile o la perdita civilistica di periodo.
In via di principio, tuttavia, la regola della derivazione del
reddito fiscale da quello civilistico non implica anche l’eguaglianza
tra i due, a causa della diversità esistente tra le finalità dei due settori
del diritto. Infatti la disciplina tributaria prevede che i componenti
positivi e negativi del reddito rilevati nel conto economico debbano
costituire oggetto delle variazioni sopra citate visto che solo
tendenzialmente il reddito d’impresa coincide con quello civilistico
pur derivando da quest’ultimo. Ne consegue che il saldo algebrico
delle variazioni può comportare che l’utile civilistico si tramuti in una
perdita fiscale oppure che aumenti di consistenza ovvero,
reciprocamente, che la perdita civilistica subita dall’impresa si risolva
in un reddito soggetto a imposizione 39.
Ciò emergeva già dalle disposizioni contenute nel R.D. del 24
agosto 1877 e successivamente quelle del D.P.R. del 5 luglio 1951 n.
573 e del Testo Unico del 1973 n. 597.
Analizzando la relazione tra il risultato civilistico e quello
fiscale nei diversi Testi Unici che si sono succeduti nel tempo si
39
L’esempio tipico di variazioni in aumento è dato dal mancato riconoscimento dei costi, dai
minori ammortamenti o accantonamenti, dalle svalutazioni operate ai sensi della disciplina fiscale;
viceversa i casi più frequenti di variazioni in diminuzione si riconnettono ai proventi esenti o
soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta oppure al rinvio dell’imposizione di una parte di
proventi ai futuri esercizi, ecc.
77
evince innanzitutto come nel R.D. del 1877 il reddito imponibile, per i
soggetti tenuti alla redazione del bilancio, si desumesse dal bilancio e
dal rendiconto.
Il divieto di doppio binario nelle sue origini storiche è segno
“non di una esigenza di natura probatoria, non dalla opportunità di
ancorare la deduzione fiscale di un costo alla ‘prova contabile’ offerta
dal bilancio civile” 40 bensì del principio di identità. Secondo la Legge
di Ricchezza mobile del 1877, infatti, l’utile di bilancio essendo utile
per il socio non poteva esserlo per il fisco: “ogni particella dell’utile
distribuibile della società non può non essere parte dell’utile fiscale,
da assoggettare a prelievo”41.
Con gli articoli 25 e 30 del Testo Unico del 1877, secondo i
quali le tassazioni dovevano essere eseguite in base al bilancio e, nel
reddito delle società anonime 42 dovevano essere computate tutte le
somme ripartite sotto qualsiasi titolo tra i soci, si stabiliva che non era
possibile costruire l’utile fiscale come “nozione composita in grado di
40
FALSITTA G. Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di
riforma della imposta sulle società in “Rivista di diritto tributario” vol. XIII n. 11, Nov. 2003 pg.
928.
41
FALSITTA G. Op. Cit.
42
I tipi di società allora previsti dal Codice di Commercio del 1882 erano tre: società in nome
collettivo, società in accomandita e società anonima.
78
ospitare e racchiudere in sé elementi di costo non inglobati
simultaneamente nell’utile di bilancio”43.
Nello specifico in dottrina 44 si affermava come “di fronte al
disposto degli articoli 25 e 30 della legge è evidente che non si
possono accertare come reddito una somma minore di quella che dal
bilancio risulta accertata come utile; perché è evidente che questo nei
rapporti dell’imposta può essere aumentato … non mai diminuito”.
Il successivo D.P.R. del 5 luglio 1951, n. 573, sanciva che
l’impresa era obbligata alla presentazione della dichiarazione annuale
corredata da bilancio o rendiconto.
I rapporti tra valutazioni civilistiche e fiscali erano meno
regolamentati rispetto a quanto fosse avvenuto successivamente con la
Riforma tributaria del 1973. Gli elementi reddituali, infatti, venivano
indicati nella dichiarazione fiscale autonomamente rispetto alla loro
esposizione in bilancio, senza partire dunque dall’utile civilistico. Si
poteva addirittura parlare di un “bilancio fiscale” nel senso che i costi
43
Il divieto di deducibilità in difetto di imputazione nel conto economico nasceva dagli articoli 25
e 30 ma si trattava di “un riflesso logico del ruolo ‘basilare’ rivestito dal bilancio ai fini della
costruzione dell’imponibile fiscale” e “corollario di tale divieto è il principio per cui il reddito
fiscale può essere un di più, non un qualcosa di meno rispetto all’utile civilistico”.
FALSITTA G. Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di
riforma della imposta sulle società in “Rivista di diritto tributario” n. 11, Anno 2003. Veniva
esclusa l’idea stessa del doppio binario.
44
QUARTA O. Commento alla legge sull’imposta di ricchezza mobile, II, M ilano, 1902.
79
ed i ricavi venivano esposti, ad esclusivi fini fiscali, nella
dichiarazione dei redditi45.
L’attenzione per i rapporti tra valutazioni civilistiche e fiscali
aumentò con la Riforma tributaria del 1973 46 in quanto essa
regolamentò molto più dettagliatamente le singole componenti
reddituali, aumentando ed esplicitando le difformità rispetto ai criteri
civilistici.
Tale
Riforma
fiscale
prevedeva
che
gli
imprenditori
commerciali dovessero allegare alla propria dichiarazione una copia
del bilancio (inteso come stato patrimoniale) con il conto dei profitti e
delle perdite. In particolare gli artt. 3, comma secondo, e 5, comma
secondo del D.P.R. n. 600/1973 prevedevano l’obbligo di allegare al
bilancio un apposito prospetto di raccordo qualora dal conto dei
profitti e delle perdite non risultassero “i ricavi, i costi, le rimanenze e,
45
Inoltre come rileva la dottrina, in particolare si fa riferimento ad uno studio del LUPI R. La
determinazione del reddito e del patrimonio delle società di capitali tra principi civilistica e
norme tributarie in “Rassegna tributaria” Anno 1990 pagg. 717-718, non esistevano norme
corrispondenti a quella che successivamente (con la riforma del 1973) subordinava la deducibilità
delle componenti negative di reddito alla loro imputazione al conto dei profitti e delle perdite.
46
La riforma tributaria (la cui Legge delega n. 825 del 1971 e successivo D.P.R. n. 597/1973),
avviata nel 1971, è stata preceduta da non pochi studi che sono cominciati all’inizio del secolo,
ossia da quando si è posto il problema di fondare su basi razionali il sistema fiscale. In particolare
la riforma è stata avviata con la Legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, le cui linee direttrici erano:
-sostituire un ristretto numero di imposte alle molte prima esistenti;
-adeguare la disciplina dell’accertamento e della riscossione;
-rivedere la disciplina del contenzioso; -riorganizzare l’amministrazione finanziaria.
80
in genere, gli altri elementi necessari per la determinazione del reddito
d’impresa”47.
Il reddito fiscale prendeva le mosse dall’utile civilistico
abbandonando la separata esposizione fiscale degli elementi reddituali
in dichiarazione.
Pertanto venne sancita la dipendenza del reddito fiscale dal
risultato civilistico48, e in tal modo in dichiarazione si mostravano solo
le eventuali variazioni derivanti dai criteri fiscali (art. 52 D.P.R. n.
597/1973); con tale espressione non si indicava altro che la
determinazione del reddito imponibile partendo dall’utile civilistico;
la dipendenza divenne poi rovesciata 49 nel senso che, in sede di
redazione del bilancio, diventava prioritario tenere conto della
disciplina fiscale, al fine di non perdere il risparmio d’imposta
derivante dalle diverse opportunità messe a disposizione dalla
normativa fiscale. In altri termini con tale principio si sottolineava
come nella prassi la considerazione della legislazione fiscale
47
POTITO E. Il sistema delle imposte dirette Giuffrè Editore Anno 1989, pag. 157.
FALSITTA G. Concetti fondamentali e principi ricostruttivi in tema di rapporti tra bilancio
civile e bilancio fiscale in “Il bilancio”. Anno 1994
49
L’espressione “dipendenza rovesciata” è stata adottata da FALSITTA G. Convergenze e
divergenze tra diritto tributario e diritto commerciale nella disciplina del bilancio d’esercizio in
“Giurisprudenza commerciale” anno 1980, I, pag 193 e ss; La questione delle divergenze tra
normativa di diritto commerciale e tributaria sul reddito d’impresa in “Rassegna tributaria” Anno
1981, I, pagg. 77 e ss., Concetti fondamentali e principi ricostruttivi in tema di rapporti tra
bilancio civile e bilancio fiscale in “Il bilancio” Anno 1994, Non risulta concorde, invece, con
l’espressione “dipendenza rovesciata” intesa come “specificazione dei criteri civilistici attraverso
la più dettagliata normativa tributaria” l’altrettanto autorevole autore LUPI R. La determinazione
del reddito e del patrimonio delle società di capitali tra principi civilistica e norme tributarie in
“Rassegna tributaria” Anno 1990.
48
81
influenzasse gli amministratori nell’elaborazione del bilancio
civilistico; peraltro tale condizionamento è “favorito anche dalla
minuziosità della normativa tributaria rispetto agli orientamenti
piuttosto generali forniti dalla norma civilistica, che possono suscitare
nel redattore del bilancio dubbi più o meno motivati” 50.
A tale dipendenza rovesciata risultavano estranee le variazioni
in aumento da apportare al risultato civilistico per giungere al reddito
imponibile riguardanti costi ed oneri fiscalmente deducibili in un
esercizio successivo a quello in cui venivano imputati al conto dei
profitti e delle perdite, la cui redazione non era in tal caso
condizionata.
Novità sulla quale nacquero discussioni e polemiche era quella
secondo cui costi ed oneri non risultavano deducibili se non
previamente imputati al conto dei profitti e delle perdite come
disposto dall’art. 74 D.P.R. n 597/1973 51; si trattava del conto dei
profitti e delle perdite allegato alla dichiarazione, in antitesi all’art. 75,
cui fu trasfuso l’art. 74 del precedente D.P.R. n. 597/1973, dove non si
parlava più di “conto profitti e perdite allegato alla dichiarazione”
bensì di “conto profitti e perdite dell’esercizio di competenza”.
50
51
PODDIGHE F. (a cura di) Manuale di tecnica professionale. Cedam Anno 2000, pag. 322.
Articolo poi trasfuso nell’art. 75 del Tuir del 1986, n. 917.
82
Si trattava di una dipendenza parziale, nel senso che il risultato
civilistico era solo la base di partenza, cui applicare il complesso delle
norme tributarie, per giungere alla determinazione del reddito
d’impresa.
Anche dopo l’emanazione del successivo Tuir (D.P.R.
917/1986) il principio tra risultato civilistico e reddito imponibile
rimase inalterato 52. Tale sistema di dipendenza parziale tra utile
civilistico e reddito fiscale, tuttavia, non è stato il solo elemento a
determinare il fenomeno delle interferenze fiscali, a cui ha contribuito
anche la regola, contenuta nell’art. 75, comma quarto 53, del Tuir, della
deducibilità di costi ed oneri solo previo transito a conto economico.
In realtà tale regola, opportunamente coordinata con il principio
di dipendenza di cui appunto all’art. 52, rafforzava tale principio e
costituiva, in linea teorica, un’ulteriore garanzia dell’effettività dei
52
“L’art. 52 è sostanzialmente invariato. Il primo comma dell’art. 52 non ha subito revisioni
sostanziali. Il testo del 1973 era più essenziale; la nuova formulazione, più verbosa, non pare avere
una vera ragione d’essere… … In conclusione con l’art. 52 è rimasta ferma, e se mai è stata
rafforzata, la regola della unicità del bilancio diretta ad escludere la possibilità di introdurre ai fini
della determinazione del reddito risultanze di sola rilevanza fiscale, aggiuntive o diverse rispetto a
quelle del bilancio ordinario”.
BAFILE C. Reddito di impresa e bilancio nel nuovo T.U. delle imposte sui redditi in “Rassegna
tributaria” Anno 1987. Pag. 373-374.
53
Nell’art. 75 D.P.R. 917/1986 venne trasfuso il corrispondente art. 74 D.P.R. 597/1973. L’art. 75
in questione prevedeva: “Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione
se e nella misura in cui non risultino imputati al conto dei profitti e delle perdite relativo
all’esercizio di competenza. Sono tuttavia deducibili quelli che pur non essendo imputabili al
conto dei profitti e delle perdite sono deducibili per disposizioni di legge e quelli imputati al conto
dei profitti e delle perdite di un esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità
alle precedenti norme del presente capo che dispongono o consentono il rinvio. Le spese e gli
oneri specificamente afferenti i ricavi e altri proventi, che pur non risultando imputati al conto dei
profitti e delle perdite concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella
misura in cui risultano da elementi certi e precisi, salvo quanto stabilito per le apposite scritture
nel successivo comma 6”.
83
costi imputati a conto economico ed ammessi in deduzione dal
reddito.
Le regole dell’art. 75, comma quarto del previgente Tuir,
tendevano a garantire l’effettività dei costi ed oneri ammessi in
deduzione secondo le norme fiscali, subordinandone in ogni caso la
deduzione fiscale all’imputazione a conto economico. In particolare
l’art. 75, comma quarto del vecchio Tuir, prescriveva che le spese e
gli altri componenti negativi di reddito non potevano essere dedotti se
e nella misura in cui non risultassero imputati al conto dei profitti e
delle perdite relativo all’esercizio di competenza 54; in tal modo il
bilancio risultava subordinato ad esigenze di carattere fiscale.
La problematica sollevata dall’art. 75, comma quarto, ha
suscitato in dottrina 55 le reazioni dei sostenitori della teoria del doppio
binario, secondo cui le valutazioni effettuate esclusivamente in
applicazione della normativa tributaria non dovevano interferire nella
compilazione del bilancio d’esercizio 56.
54
Tale disposizione ha portato a ritenere che se un costo non è previamente transitato in conto
economico, nell’esatta misura ammessa dalla normativa fiscale e secondo il principio fiscale della
competenza, esso non può essere dedotto fiscalmente, creando così problemi di raccordo con le
valutazioni civilistiche o imponendo il ricorso a valutazioni fiscali in sede di redazione del bilancio
pur di usufruire dei margini di agevolazione concessi.
55
A sostegno della teoria del doppio binario si è sostenuto ad esempio che il conto dei profitti e
delle perdite (ex art. 75 comma 4) non corrispondesse a quello civilistico, o che la previa
imputazione dei costi al conto economico sarebbe obbligatoria solo se lecita dal piano civilistico.
56
Secondo POTITO E. “Il piegare il bilancio civilistico ad esigenze di natura esclusivamente
fiscale potrebbe comportare un inammissibile inquinamento, a scapito dei principi di chiarezza e
precisione”, in Il sistema delle imposte dirette Giuffrè Editore Anno 1989. Pag. 158.
84
Infine il principio di dipendenza del reddito fiscale da quello
civilistico è stato integralmente accolto dal TUIR modificato dal D.
Lgs 344/2003 attraverso l’art. 83 comma primo 57.
La maggioranza dei Paesi europei utilizza una metodologia
simile a quella italiana, assumendosi il risultato civilistico emergente
dal bilancio d’esercizio ed apportando a questo una serie di variazioni,
in aumento o in diminuzione, previste dalla normativa fiscale (appunto
dipendenza del risultato fiscale da quello civilistico).
Nell’ambito dei diversi Paesi, che formalmente seguono il
medesimo sistema, si riscontrano tuttavia differenze in merito al grado
di inquinamento della normativa fiscale.
Basti confrontare il regime degli ammortamenti prima e dopo la
riforma fiscale italiana: l’onere della previa imputazione al conto
economico degli ammortamenti, affinché ne venisse riconosciuta la
deducibilità fiscale, vigente prima della riforma, influenzava
pesantemente le politiche di bilancio, limitando corrispondentemente
la rilevanza delle variazioni fiscali; attualmente la possibilità di
deduzione extracontabile degli ammortamenti, pur mantenendo
l’equazione reddito fiscale = reddito civile +/- variazioni fiscali,
57
TOMMASINI A. sostiene che “l’utile civilistico, libero da fattori inquinati, rappresenta il valore
che meglio ‘misura’ la capacità contributiva di un’impresa e, per tale ragione, è giusto che esso
costituisca la base di partenza per arrivare a determinare il reddito tassabile”. In L’eliminazione
delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio in “Corriere tributario” n. 29 Anno 2003 pag.
2377.
85
attribuisce alle suddette variazioni una valenza di incomparabile
rilievo.
Ma altri Paesi seguono il criterio dell’“indipendenza”: le
imprese
redigono
un
bilancio
civilistico
e,
del
tutto
indipendentemente, un bilancio fiscale, che a sua volta è la risultanza
di una contabilità fiscale parallela a quella civilistica.
A tale riguardo sono possibili sostanzialmente due opzioni:
Ø l’armonizzazione del metodo, magari verso quello della
dipendenza dato che è il più seguito a livello europeo;
Ø la sussidiarietà: sia ragionando in termini di variazioni
fiscali volte ad adeguare il dato civilistico alle regole fiscali,
sia applicando direttamente queste ultime ad un autonomo
bilancio fiscale, il risultato (la base imponibile) non
cambierebbe.
È stato affermato dalla dottrina58 che il diverso grado di
dipendenza civilistica del risultato fiscale presente nelle diverse
legislazioni europee sia un problema che può essere risolto abbastanza
agevolmente, evidenziandosi in Europa una sostanziale convergenza
verso un modello di bilancio civilistico “disinquinato” da interferenze
fiscali.
58
MARCHESE S. Una base imponibile comune per l’imposta sulle società in Europa in
“Summit”-Bilanci del terzo millennio a cura di PORTALUPI P. n. 213 Maggio 2005.
86
Tuttavia lo scoglio da superare è dato dall’accordo sulle regole
fiscali a livello europeo, basti pensare alla valutazione delle
rimanenze: in alcuni paesi si utilizza il FIFO, in altri il LIFO o ancora
il costo medio ponderato, in altri ancora si lascia al contribuente la
scelta tra più metodi. Attualmente si sta lavorando proprio sulla
definizione di principi fiscali di carattere generale per la redazione del
bilancio, infatti, il D. Lgs. 38/2005 rende applicabili ai bilanci delle
imprese italiane i principi contabili internazionali IAS/IFRS59
obbligatoriamente o facoltativamente in base alle circostanze60.
2.2.1 LA DEDUCIBILITA’ DEI COSTI NELLA NORMATIVA
PREVIGENTE
Strettamente connesso al principio della dipendenza era quello
comunemente definito della non tassatività, secondo cui quando il
sistema del reddito d’impresa non disciplinava espressamente un
59
International Accounting Standards / International Financial Reporting Standards.
- obbligo di redazione del bilancio consolidato in applicazione degli IAS, a partire dall’esercizio
chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, per le società quotate, le società emittenti strumenti
finanziari diffusi, le banche e le imprese assicurative; - obbligo di redazione del bilancio
d’esercizio in applicazione degli IAS, a partire dall’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre
2006, per le società quotate, le società emittenti strumenti finanziari diffusi e le banche; per le
imprese assicurative l’obbligo sussiste unicamente in capo a quelle quotate che non redigono il
consolidato; - la facoltà di redazione del bilancio d’esercizio in applicazione degli IAS, a decorrere
dall’esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2005, per i soggetti di cui al punto precedente
nonché per tutte le altre società che non rientrano nelle fattispecie di cui sopra e che non possono
redigere il bilancio in forma abbreviata.
60
87
qualsiasi elemento reddituale, esso doveva comunque concorrere alla
determinazione dell’imponibile rilevante nel rispetto dei criteri
generali di cui all’art. 75 del previgente Tuir, sostituito dall’art. 109
dell’attuale Tuir.
Nella situazione ante riforma i componenti negativi deducibili
ai fini della determinazione del reddito d’impresa erano elencati negli
articoli da 62 a 75 del Tuir; in particolare i principi61 alla base della
corretta deduzione dei componenti negativi erano regolati dall’art. 75.
L’articolo in esame riguardante le “Norme generali sui
componenti del reddito d’impresa” nacque da una sorta di fusione per
concentrazione degli artt. 53, 56 e 74 del precedente D.P.R. n.
597/1973. Si componeva di sei commi: nel primo 62 si individuavano i
costi e i ricavi di competenza 63; nel secondo64 si stabiliva il momento
61
I principi in questione erano quelli della competenza, della certezza, della determinazione, della
registrazione e dell’inerenza.
62
“I ricavi, le spese e gli altri componenti positivi e negativi, per i quali le precedenti norme del
presente capo non dispongono diversamente, concorrono a formare il reddito nell’esercizio di
competenza; tuttavia i ricavi, le spese e gli altri componenti di cui nell’esercizio di competenza
non sia ancora certa l’esistenza o determinabile in modo obiettivo l’ammontare concorrono a
formarlo nell’esercizio in cui si verificano tali condizioni”.
63
LA ROSA S. La deducibilità dei costi non imputati al conto dei profitti e delle perdite in
“Rassegna tributaria” Anno 1987. Parte prima, pagg. 427-428. L’autore sottolinea una rilevante
novità apportata rispetto all’art. 74 D.P.R. 597/1973 dal trasfuso art. 75 D.P.R. n. 917/1986: la
legge subordinava la deducibilità fiscale dei componenti negativi alla loro imputazione, non più al
conto economico “allegato alla dichiarazione” ma piuttosto a quello “relativo all’esercizio di
competenza”. Ed era proprio in questa innovazione che si era espressa con maggiore evidenza la
“volontà di assicurare, nella possibile misura, la compatibilità tra la disciplina fiscale del bilancio e
quella civilistica”.
64
“Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza: a) i corrispettivi delle cessioni si
considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data
della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per
le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o
costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della
88
in cui i costi e i ricavi tali diventassero con i requisiti del comma
precedente; nel terzo 65 si affermava l’acquisizione a reddito dei ricavi
“anche se non risultino imputati al conto dei profitti e delle perdite” 66;
nel quarto 67 si trattava della questione del richiesto transito dei costi
dal rendiconto del reddito di bilancio al fine di ottenere la deduzione;
nel quinto 68 si precisava come determinati costi non potessero venir
integralmente dedotti; infine nell’ultimo comma 69 si estendeva la non
deducibilità di quei costi che richiedevano la registrazione in apposite
scritture contabili la quale risultava omessa o eseguita irregolarmente.
proprietà. … b) i corrispettivi delle prestazioni di servizi si considerano conseguiti, e le spese di
acquisizione dei servizi si considerano sostenute, alla data in cui le prestazioni sono ultimate,
ovvero, per quelle dipendenti da contratti di locazione, mutuo, … , alla data di maturazione dei
corrispettivi”.
65
“I ricavi, gli altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono a formare il reddito anche
se non risultano imputati al conto dei profitti e delle perdite”.
66
Una differenza tra il precedente art. 74 terzo comma del D.P.R. n. 597/1973 e il successivo art.
75 D.P.R. 917/1986 riguardava la sostituzione delle parole “i costi e gli oneri” con il generico
riferimento “spese” ed “altri componenti negativi”. Inoltre l’espressa previsione della deducibilità
di quei componenti passivi che, pur essendo fiscalmente deducibili per disposizione di legge, non
erano tuttavia imputabili al conto dei profitti e delle perdite, trovava espressione anch’essa con
l’esigenza di assicurare la “compatibilità” tra la disciplina civile e fiscale del bilancio.
LA ROSA S. La deducibilità dei costi non imputati al conto dei profitti e delle perdite in
“Rassegna tributaria” Anno 1987 Parte prima Pag.430.
67
“Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura i cui
non risultano imputati al conto dei profitti e delle perdite relativo all’esercizio di competenza.
Sono tuttavia deducibili quelli che pur non essendo imputabili al conto dei profitti e delle perdite
sono deducibili per disposizione di legge e quelli imputati al conto dei profitti e delle perdite di un
esercizio precedente, se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme del
presente capo che dispongono o consentono il rinvio. Le spese e gli oneri specificamente afferenti
i ricavi e altri proventi, che pur non risultando imputati al conto dei profitti e delle perdite
concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da
elementi certi e precisi, salvo quanto stabilito per le apposite scritture nel successivo comma 6”.
68
“Le spese e gli altri componenti diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali,
contributivi e di utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o
beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito; se si riferiscono
indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi
di proventi non computabili nella determinazione del reddito sono deducibili per la parte
corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 63”.
69
Il sesto comma disponeva: “Le spese e gli altri componenti negativi, di cui è prescritta la
registrazione in apposite scritture contabili ai fini delle imposte sui redditi, non sono ammessi in
deduzione se la registrazione è stata omessa o è stata eseguita irregolarmente, salvo che si tratti
di irregolarità meramente formali”.
89
La normativa fiscale consentiva la deduzione di un costo solo se
imputato a conto economico secondo valutazioni esclusivamente
civilistiche, e tenendo conto delle variazioni e dei limiti imposti dalle
norme sulla determinazione del reddito d’impresa.
Di conseguenza se un costo non risultava imputato a conto
economico non era deducibile; se poi il costo, imputato a conto
economico e stimato secondo le regole civilistiche, era diverso da
quello potenzialmente ammesso in deduzione secondo le norme
fiscali, il principio della dipendenza parziale avrebbe dovuto impedire
che la valutazione di bilancio potesse essere quella fiscale.
Se il costo fiscalmente deducibile era inferiore a quello
imputato in bilancio, le norme fiscali imponevano di effettuare una
variazione in aumento del reddito imponibile; se il costo fiscalmente
deducibile era superiore, l’art. 75, comma quarto, ne impediva la
deducibilità 70.
Prima dell’introduzione del nuovo schema di bilancio ad opera
del D. Lgs. 9 aprile 1991, n. 127, con il quale era stata data attuazione
alla IV Direttiva CEE, la normativa civilistica non consentiva
l’iscrizione a conto economico di costi ed oneri esclusivamente in
70
L’art. 75 del Tuir (D.P.R. n. 917/1986) ha innovato rispetto al corrispondente art. 74 del D.P.R.
n. 597/1973 in quanto consentiva la deduzione dei costi “non imputabili al conto profitti e perdite
ma deducibili per disposizione di legge”.
90
applicazione di norme tributarie. Da qui la supposta nullità dei bilanci
inquinati da valutazioni di esclusivo ordine fiscale, al solo fine di
esporre componenti negativi privi del carattere di effettività richiesto
dalle regole di redazione del bilancio.
Tale
orientamento,
dapprima
condiviso
anche
dalla
giurisprudenza 71, trovava fondamento nel rispetto del cosiddetto
principio del quadro fedele, cui si doveva ispirare il redattore del
bilancio a pena di nullità dello stesso.
Successivamente, la stessa giurisprudenza72 ha contribuito a
minare tale principio. In particolare la Suprema Corte ha riconosciuto,
proprio sulla base della citata direttiva comunitaria, la possibilità di
derogare ai principi civilistici di valutazione dei cespiti per consentire
l’applicazione di criteri fiscali di maggior favore, purché nell’allegato
al bilancio gli amministratori fornissero specifiche informazioni in
merito ai criteri di valutazione adottati ed ai loro effetti sul risultato
d’esercizio.
71
TRIB. MILANO, sentenza 13 aprile 1978. in particolare tale sentenza metteva in luce
un’antinomia tra legislazione civilistica e legislazione fiscale, visto che l’iscrizione illegittima in
bilancio di un costo (ad esempio un ammortamento anticipato) al solo fine di un differimento
d’imposta avrebbe configurato un’ipotesi di nullità del bilancio stesso, per violazione dei principi
di verità, chiarezza e precisione; d’altro canto la mancata imputazione del costo al conto dei
profitti e delle perdite, in ossequio alla normativa civilistica, avrebbe causato la rinuncia al
vantaggio fiscale.
72
TRIB. MILANO, sentenza 12 gennaio 1984 e Cassazione, Sezione I, n. 1699/85.
91
Il legislatore in seguito alla IV Direttiva CEE 73 stabilì
l’indicazione separata nel conto economico delle componenti che
derivavano esclusivamente dall’applicazione di norme fiscali. Come
conseguenza fu prevista, così, la cosiddetta appendice fiscale. 74; in tal
modo quei componenti negativi che trovavano una loro giustificazione
non in fatti gestionali, ma in motivazioni di esclusiva opportunità
fiscale, confluivano in bilancio con evidenziazione separata. Una volta
imputati al conto economico, tali componenti diventavano deducibili
ai sensi dell’art. 75, comma quarto, del Tuir e nel rispetto delle altre
norme che disciplinavano la determinazione del reddito d’impresa.
73
74
N. 78/660.
Sull’appendice fiscale si rimanda al paragrafo 2.4 di questo capitolo.
92
2.3 ANALISI DEL PROBLEMA DELLE INTERFERENZE
FISCALI
Le interferenze fiscali sulle poste del bilancio d’esercizio
costituivano una problematica che aveva sempre interessato il
legislatore, la dottrina, la giurisprudenza, e gli imprenditoricontribuenti, destinatari finali delle soluzioni di volta in volta da
adottare.
Si tratta sostanzialmente di rettifiche o accantonamenti privi di
qualsiasi giustificazione economico-civilistica, realizzate in bilancio al
solo scopo di godere di un vantaggio fiscale altrimenti non fruibile,
consistente nell’anticipata deduzione di un componente positivo di
reddito rispetto a quanto previsto dal Codice Civile; e ciò comportava
il fenomeno dell’inquinamento di bilancio d’esercizio 75.
Una distinzione di rilievo era costituita, invece, dalle
interferenze fiscali cosiddette “di comodo”76 realizzate esclusivamente
75
“La questione dell’inquinamento del bilancio viene prospettata sotto due profili: da un lato, sul
terreno del diritto commerciale, ci si preoccupa con ragione di difendere le regole del bilancio
civile anche a costo di far affermare la nullità del bilancio con la conseguente perdita, se
necessario, di taluni vantaggi fiscali; da un altro lato si invoca pretestuosamente il pericolo di
inquinamento per far passare libertà di adattamento de bilancio per mera comodità di ordine
fiscale, bene al di là di quanto può apparire giustificato”.
BAFILE C. Reddito di impresa e bilancio nel nuovo T.U. delle imposte sui redditi in “Rassegna
tributaria” Anno 1987 Pag. 378.
76
DI TANNO T. Brevi note a favore del “doppio binario” nella determinazione del reddito
d’impresa in “Rivista di diritto tributario” Anno 2000; l’autore sostiene che “l’interferenza fra
regole fiscali e di bilancio trova la sua ideale giustificazione nel (lodevole) intento di rendere
possibile alle imprese la fruizione di opportunità fiscali consistenti, nella maggior parte dei casi,
93
allo scopo di rendere più semplice ed immediato il raccordo tra
bilancio e dichiarazione dei redditi, ed interferenze fiscali realizzate
allo scopo di godere di un beneficio fiscale previsto dal TUIR ed
altrimenti non fruibile.
La questione di fondo nasceva sostanzialmente dall’esistenza di
norme fiscali che, al fine di consentire riduzioni dell’imponibile,
richiedevano l’adozione di comportamenti contabili e di impostazioni
nella redazione del bilancio di esercizio, che collidevano o che
risultavano incompatibili con la disciplina dettata dalla normativa
civilistica sul bilancio.
In dottrina 77 si distinguono tre fasi d’interferenze fiscali:
Ø fase di totale interferenza in cui i componenti negativi di
reddito per essere dedotti ai fini fiscali devono essere
transitati obbligatoriamente dal conto economico;
Ø fase d’interferenza limitata dovuta alla possibilità di
effettuare solamente in dichiarazione fiscale una ripresa in
diminuzione a fronte di ammortamenti anticipati effettuati
nella deduzione, in sede di determinazione del reddito, di spese e di componenti negativi
forfetariamente determinati dalla norma fiscale senza particolari indagini di merito sulla loro
effettività economica. E ciò nella considerazione che l’art. 75 Tuir subordina, in linea generale, la
deducibilità delle spese e dei componenti negativi - quindi anche di tali componenti determinati
forfetariamente - alla loro previa imputazione al conto economico”.
77
STESURI A. La riforma della tassazione societaria. Disciplina ed aspetti operativi Giuffré
Editore 2004.
94
dalla società78. In altri termini era consentita la costituzione
di una riserva per ammortamenti anticipati senza il transito
dal conto economico di alcun accantonamento;
Ø fase d’interferenza nulla caratterizzata dalla separazione
definitiva tra normativa civilistica e normativa fiscale che
trova la sua codificazione nell’ambito della riforma
societaria 79.
2.3.1 L’ORIGINE DELLE INTERFERENZE FISCALI
Il problema delle interferenze fiscali si originava in primo luogo
dalle differenti valutazioni attribuite dal legislatore civile o tributario
alle medesime componenti reddituali.
Pertanto la causa delle interferenze fiscali nella redazione del
bilancio è da ricercarsi nel combinato disposto degli articoli80: art. 52
TUIR 81, che prevedeva che il reddito d’impresa fosse determinato
78
A livello di istruzioni nella compilazione della dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta
1994.
79
Abrogando come si dirà nel corso del seguente lavoro di tesi il comma 2 dell’art. 2426 C.C. e il
previdente contenuto del punto 14 dell’art. 2427 C.C.
80
In vigore fino al 31 dicemb re del 2003.
81
“Il reddito d’impresa…è determinato apportando all’utile o alla perdita risultante dal conto
economico, relativo all’esercizio chiuso nel periodo d’imposta, le variazioni in aumento o in
diminuzione…. Se dall’applicazione del comma 1 risulta una perdita, questa, al netto dei proventi
esenti dall’imposta per la parte del loro ammontare che eccede i componenti negativi non
95
apportando all’utile o alla perdita risultante da conto economico le
variazioni in aumento o in diminuzione previste dal TUIR; ed art. 75
comma 4 TUIR82, che prevedeva l’indeducibilità dei costi ed oneri
non imputati al conto dei profitti e delle perdite.
Parte della dottrina 83 ritiene, infatti, che l’inquinamento fiscale
del bilancio d’esercizio abbia la sua causa nell’“onere”84 imposto
dall’art. 75 Tuir di far transitare per il conto economico i componenti
negativi di reddito di cui si intende ottenere la deducibilità ai fini
fiscali. Inoltre nei casi in cui il componente negativo sia privo di
giustificazione civilistica avviene di fatto una predestinazione di utili
che altera, riducendolo, il risultato economico dell’impresa così come
il suo patrimonio netto.
Nella struttura del bilancio, invece, il collegamento con la
disciplina fiscale era contenuto nell’art. 2426 secondo comma C.C. criteri di valutazione, che consentiva di effettuare rettifiche di valore e
dedotti…è computata in diminuzione del reddito complessivo…”. L’art. 52 del vecchio Tuir è i
corrispondente dell’art. 83 del nuovo Tuir.
82
“Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in
cui non risultano imputati al conto dei profitti e delle perdite relativo all’esercizio di competenza.
Sono tuttavia deducibili quelli che pur non essendo imputabili al conto dei profitti e delle perdite
sono deducibili per disposizione di legge e quelli imputati al conto dei profitti e delle perdite di un
esercizio precedente se la deduzione è stata rinviata in conformità alle precedenti norme del
presente capo che dispongono o consentono il rinvio. Le spese e gli oneri specificamente afferenti
i ricavi e altri proventi, che pur non risultando imputati al conto dei profitti e delle perdite
concorrono a formare il reddito, sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui risultano da
elementi certi e precisi salvo quanto stabilito per le apposite scritture nel successivo comma”.
83
GALLO F. Brevi note sulla necessità di eliminare le interferenze della normativa fiscale nella
redazione del bilancio d’esercizio in “Rivista di diritto tributario” Anno 2000 pag.4 e ss.
84
GALLO F. Op. Cit.
96
accantonamenti esclusivamente in applicazione della normativa
tributaria; e nel n. 14 dell’art. 2427 C.C. - nota integrativa, che
disponeva che la stessa dovesse indicare i motivi delle rettifiche di
valore e degli accantonamenti eseguiti esclusivamente in applicazione
di norme tributarie ed i relativi importi, appositamente evidenziati
rispetto
all’ammontare
complessivo
delle
rettifiche
e
degli
accantonamenti risultanti dalle apposite voci del conto economico.
2.3.2 LE
NORME
TRIBUTARIE
STRUTTURALI
E
SOVVENZIONALI
Tali norme hanno importanti riflessi sul rapporto tra la
normativa civilistica e quella fiscale. In effetti il disallineamento tra
risultato civilistico e fiscale, che mette in pericolo l’autonomia
funzionale del bilancio e le finalità per le quali lo stesso viene redatto,
si coglie sia con riferimento alle norme tributarie strutturali, ovvero
norme tributarie intese in senso stretto, sia e soprattutto, con
riferimento alle norme sovvenzionali, ovvero norme volte ad
agevolare il contribuente per il raggiungimento di un determinato
scopo.
97
In particolare le norme strutturali operano prevalentemente in
ambito tributario, ovvero in dichiarazione dei redditi piuttosto che in
bilancio. Queste ultime, inoltre, possono essere relative alle rettifiche
di valore di elementi dell’attivo o relative agli ammortamenti ed
accantonamenti, e sono state anche definite “potenzialmente
sovvenzionali” 85 in quanto pur non avendo finalità agevolative
immediate, consentono una riduzione del carico fiscale nel caso nel
caso in cui il contribuente scelga il più favorevole criterio fiscale di
valutazione.
Le norme sovvenzionali, invece, subordinano la fruizione di un
dato beneficio fiscale 86 ad un elemento contabile oggettivamente
certo, prevedendo l’inserimento in bilancio di una posta avente solo
una ragione fiscale; hanno natura extra fiscale generando un
inquinamento del bilancio, che ne stravolge le finalità, qualora
determinino l’imputazione in esso di valori non previsti dalla
normativa civilistica. A tali norme la dottrina87 ne riconosce una
natura “promozionale o premiale”.
85
POLLARI N. Determinazione fiscale del reddito d’impresa e raccordo con il bilancio
d’esercizio in “Il fisco” n. 27 Anno 1997.
86
Ad esempio un differimento di imposte.
87
FALSITTA G. Il problema dei rapporti tra bilancio civile e bilancio fiscale nel progetto di
riforma della imposta sulle società (Ires) in “Rivista di diritto tributario” Nov. 2003 Vol.XIII n. 11
pag. 927. Inoltre secondo l’autore tali norme “abilitano ad esentare dal prelievo una determinata
fetta di utili d’esercizio a condizione che questi vengano vincolati a riserva, anziché essere
distribuiti ai soci”.
98
Pertanto la contaminazione del bilancio avveniva ad un duplice
livello 88: in primo luogo per effetto dell’applicazione di norme
agevolative o sovvenzionali che consentivano la deduzione fiscale di
un certo costo soltanto se imputato a bilancio: ciò comportava
“un’invasione di campo”89 della norma tributaria nel bilancio di
esercizio, in quanto l’iscrizione a conto economico si giustificava solo
sulla base della norma fiscale; in secondo luogo per effetto della
sudditanza che il redattore di bilancio subiva nei confronti delle norme
fiscali, le cui regole finivano per essere adottate anche nel bilancio
civile, rendendo inutile e superflua la funzione del filtro fiscale.
Parte della dottrina 90 afferma che gli interventi normativi
succedutisi nel tempo con l’intento di disinquinare il bilancio hanno
sempre mirato alla contaminazione di cui si parlava sopra circa le
norme sovvenzionali, mentre l’inquinamento si produceva proprio a
seguito della permeazione delle regole fiscali all’interno della sfera
civilistica.
Il risultato del bilancio redatto secondo corretti principi
contabili, rappresentando il principale indicatore dell’effettiva
ricchezza prodotta dall’impresa derivante dall’applicazione di regole
88
SORIGNANI P.R. e ROCCHI A. Il problematico disinquinamento del bilancio civile in
“Riforma fiscale: le ultime novità” Ipsoa 4/2004 pg. 96-102.
89
SORIGNANI P.R. e ROCCHI A., Op. Cit.
90
SORIGNANI P.R. e ROCCHI A., Op.Cit.
99
esclusivamente civilistiche, costituisce il punto di partenza per la
determinazione del reddito d’impresa.
Su questo dato la normativa fiscale interviene con una serie di
regole che lo modificano ai fini della determinazione del reddito
imponibile, in funzione di differenti obiettivi:
Ø Modulare il prelievo fiscale nel tempo. E a questo obiettivo
rispondono norme sulla rateizzazione di plusvalenze e
sopravvenienze e quelle sulla deducibilità frazionata,
obbligatoria o per opzione, di alcuni costi e spese. La ratio
delle prime 91 si fonda sul carattere straordinario del
componente reddituale, che ne giustifica il concorso al
reddito dilazionato nel tempo secondo un criterio che si
discosta da quello della competenza contabile. Tali norme
determinano
la
rettifica
extracontabile
del
risultato
dell’esercizio in sede di dichiarazione dei redditi e non
comportano, in genere, problemi di inquinamento di
bilancio;
Ø rafforzare l’apparato produttivo dell’impresa, a cui sono
finalizzate le norme sovvenzionali. Si accompagnano,
inoltre, all’obbligo di accantonamento di una quota di utile
91
Art. 54 comma quarto ed art. 55 comma terzo del TUIR.
100
in apposita riserva in sospensione d’imposta, in modo tale da
scoraggiare il drenaggio di risorse dall’impresa ed il
trasferimento dell’agevolazione ai soci;
Ø garantire certezza e semplicità nei rapporti tra fisco e
contribuente; a tale obiettivo sono funzionali le norme
strutturali.
Tuttavia
in
dottrina 92
si
afferma
che
il
problema
dell’inquinamento fiscale del bilancio non è limitato alle poche
disposizioni fiscali sovvenzionali, ma discende dalla divergenza
strutturale tra la rigidità del diritto tributario e la maggiore elasticità
delle valutazioni che caratterizza il diritto civile.
2.3.3 IL CASO DEGLI AMMORTAMENTI ANTICIPATI
In passato la forma di interferenza fiscale ritenuta più rilevante
era rappresentata dagli ammortamenti anticipati93, di cui all’art. 67,
92
CORRADI A. e LEOTTA M. Ires – Eliminazione dal bilancio delle interferenze fiscali in
“Rassegna tributaria” n. 3 Anno 2004, pg. 1025.
93
Tra i diversi tipi di ammortamento, ordinario, accelerato, ridotto, integrale, quello anticipato non
ha, normalmente, alcuna corrispondenza con il deperimento di valore del bene e con il suo
concorso alla produzione. Correttamente le quote aggiuntive di ammortamento sarebbero di
competenza dei futuri esercizi, ma ne viene consentita l’anticipazione; in tal modo il legislatore
con lo strumento fiscale intende perseguire obiettivi di politica economica, incentivando il rinnovo
degli impianti, ammortizzando il costo dei beni in un periodo inferiore rispetto a quello ordinario.
101
comma secondo, del vecchio TUIR 94 per i quali, però, a partire dalle
istruzioni alla dichiarazione dei redditi del 1994 si era ammessa la
possibilità di apportare una variazione solo in dichiarazione dei redditi
senza la necessità di un preventivo transito in conto economico.
L’ammortamento anticipato consiste nell’applicazione di un
coefficiente di ammortamento elevato fino a due volte rispetto a
quello ordinario, per i primi tre esercizi di utilizzazione del bene, se di
nuova acquisizione, ridotto ad uno per i beni usati. Gli ammortamenti
anticipati sono, ai fini fiscali, considerati a tutti gli effetti
ammortamenti dei cespiti relativi, anche se non risultano imputati in
bilancio. E si tenga presente che il beneficio fiscale derivante dagli
ammortamenti anticipati è il differimento d’imposta
Nella situazione previgente il secondo comma dell’art. 2426
C.C. legittimava nel bilancio civilistico rettifiche di valore e
accantonamenti operati esclusivamente in applicazione di norme
tributarie; conseguentemente alla sua abrogazione è possibile
usufruire delle opportunità offerte dalla normativa tributaria
apportando le relative rettifiche solo in dichiarazione dei redditi.
94
L’art. 67 D.P.R. n. 917/1986 è il corrispondente art. 102 dell’attuale Tuir, il quale non propone
più il limite minimo di ammo rtamento pari alla metà del coefficiente previsto dal D.M. 31
dicembre 1988, mentre l’unico limite rimane quello massimo, con conseguente possibilità di
applicazione di coefficienti inferiori alla metà anche a beni acquisiti in periodi d’imposta
precedenti.
102
Forme di inquinamento fiscale si producevano laddove fosse
svolta una valutazione delle quote di ammortamento di beni ad utilità
pluriennale in base ai coefficienti ministeriali fissati con decreto e non
in base alla residua possibilità di utilizzo del bene. In questi casi,
nell’esercizio in cui venivano commesse le interferenze fiscali, si
aveva una riduzione del reddito operativo (in quanto venivano
imputati costi non di competenza economica dell’esercizio) e
dell’attivo netto (in quanto si riduceva il valore degli immobilizzi) con
conseguente riduzione del patrimonio netto 95.
Attualmente la riforma fiscale con l’art. 109 del Tuir prevede la
possibilità di dedurre, subordinatamente alla compilazione di un
apposito prospetto della dichiarazione dei redditi, gli ammortamenti
materiali ed immateriali, nonché le altre rettifiche di valore e gli
accantonamenti previsti dalla stessa norma tributaria, senza la
necessità che tali componenti negative di reddito transitino da conto
economico.
95
Conseguentemente si aveva: -una riduzione del ROA; -un peggioramento del tasso di
indebitamento; -un peggioramento del tasso di redditività delle vendite. Fino a che l’interferenza
fiscale non veniva recuperata dal punto di vista economico, persistendo una sottostima dell’attivo
netto e del patrimonio netto, si aveva un indebito miglioramento del ROA. ed un peggioramento
del tasso di indebitamento. Nell’esercizio in cui avveniva il recupero si aveva un reddito operativo
maggiorato e quindi un miglioramento della redditività delle vendite e del ROA.
Si ricorda che l’indice ROA sta per Return On Asset; è costruito ponendo a raffronto la redditività
lorda ed il capitale investito totale. ROA = (Reddito operativo + Altri redditi – Proventi
finanziari)/Capitale investito totale. Si nota come al numeratore sia rappresentata la redditività
corrente degli investimenti di qualsiasi natura effettuati dall’impresa prima degli interessi passivi e
delle imposte sul reddito.
103
Si ricorda che nel raccordo tra le norme fiscali ed i principi IAS,
l’art. 11 lettera d) del D. Lgs. n. 38 del 28 febbraio 2005 modificando
l’art. 109, comma quarto del Tuir, ha riconosciuto la deducibilità degli
ammortamenti anche se non imputati a conto economico. A seguito
dell’entrata in vigore dell’IRES la deducibilità fiscale delle quote di
ammortamento di beni materiali è consentita entro il limite massimo
stabilito per ciascuna categoria di beni mentre non è più previsto alcun
ammontare minimo di iscrizione delle quote.
Nei nuovi articoli scompare qualsiasi legame con il bilancio per
gli ammortamenti anticipati che vengono ammessi in deduzione con
l’indicazione in un apposito prospetto di raccordo tra valori civilistici
e fiscali dei beni e dei fondi.
2.3.4 GLI EFFETTI SUL REDDITO E SUL PATRIMONIO
Le interferenze fiscali producevano sostanzialmente due tipi di
effetti sulla rappresentazione della situazione aziendale realizzata a
mezzo del bilancio:
Ø Un effetto sul reddito consistente in un decremento del
reddito in bilancio nell’esercizio in cui “si commettevano” le
104
interferenze fiscali rispetto a quello determinato sulla base
della competenza economica;
Ø un effetto sul patrimonio sotto forma di una riduzione del
patrimonio netto figurante in bilancio per effetto o di una
riduzione economicamente scorretta del valore delle poste
attive in bilancio o in un incremento, altrettanto corretto dal
punto di vista economico, del valore delle poste passive.
Se le interferenze fiscali si ripetevano nel tempo si aveva una
permanente sottovalutazione del valore dei mezzi propri dell’azienda
con un evidente pregiudizio dell’immagine della stessa.
In estrema sintesi si può dire che un bilancio “inquinato” da
valutazioni fiscali non metteva il lettore nelle condizioni di
comprendere né il risultato economico realmente conseguito
dall’impresa nel corso dell’esercizio né la reale situazione
patrimoniale aziendale 96.
96
Gli stessi procedimenti di analisi di bilancio, attingendo a dati che potevano derivare da
valutazioni esclusivamente fiscali, erano fortemente compromessi dall’inquinamento fiscale.
Attraverso un’analisi del bilancio condotta per indici sarebbe possibile, laddove il documento
analizzato fosse economicamente veritiero e corretto, ricostruire le prestazioni dell’azienda in
rapporto ai concorrenti, al passato ed ai target fissati in via preventiva. In particolare attraverso gli
indici di bilancio possono essere indagati: - la redditività dell’impresa; - l’equilibrio finanziario; il livello d’indebitamento.
105
2.4 RECEPIMENTO
DELLA
IV
DIRETTIVA
CEE.
L’APPENDICE FISCALE
Il problema delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio fu
avvertito dapprima a livello comunitario con la IV Direttiva CEE 97 in
tema di conti annuali delle società con l’esigenza che i bilanci delle
società fossero quanto più possibile chiari, corretti e veritieri. I
principi di tale Direttiva furono pressoché integralmente accolti in
Italia con il D. Lgs. 9 aprile 1991, n. 127 98.
In ordine alle interferenze fiscali, in particolare, l’attuazione
delle regole sul bilancio doveva confrontarsi con il dato interno
rappresentato dal preesistente obbligo tributario dell’imputazione dei
costi al conto economico ai fini della relativa deduzione dalla base
imponibile, espresso dal citato art. 75 del vecchio TUIR99.
Il legislatore italiano ritenne opportuno risolvere questa delicata
situazione creando nel 1993 un’apposita area fiscale all’interno del
conto economico del bilancio d’esercizio: la appendice fiscale che
97
Direttiva 25 luglio 1978 n. 78/660. Prima di tale direttiva la normativa civilistica in tema di
bilancio d’esercizio non conteneva alcuna espressa disposizione che consentisse l’iscrizione a
conto economico di valori giustificati esclusivamente dall’applicazione di norme fiscali.
98
FALSITTA G. ha asserito che “nel dare attuazione alla Direttiva, il legislatore italiano non si è
limitato a recepire la soluzione in essa additata, ma si è spinto più avanti sulla strada
dell’elaborazione di una disciplina atta a rendere il bilancio uno strumento informativo completo e
chiaro. Avvalendosi della facoltà offertagli dall’art. 6 della Direttiva, ha infatti prescritto la
separata registrazione già nel conto economico delle alterazioni prodotte dalla normativa
tributaria”.
99
D.P.R. n. 917/1986.
106
avrebbe accolto nelle intenzioni del legislatore tutte le poste di natura
esclusivamente tributaria, il cui transito al conto economico del
bilancio fosse richiesto dal TUIR. Si anticipa che il tentativo non ebbe
successo visto che solo poco tempo dopo il D. L. 29 giugno 1994, n.
416100, lo abolì.
Le poste in questione si collocavano tra la voce “Risultato
d’esercizio” (n. 23) e la voce “Utile (perdita) dell’esercizio” (n. 26)
significando rispettivamente la prima il risultato economico registrato
dalla società sulla base di una rigorosa applicazione dei criteri di
valutazione civilistici, e la seconda il risultato emergente dopo gli
aggiustamenti effettuati esclusivamente per motivi di ordine fiscale 101.
L’appendice fiscale era collocata nelle voci n. 24 e n. 25 del
conto economico del bilancio: la voce n. 24 conteneva le rettifiche di
valore operate in applicazione di norme tributarie che sancivano un
imponibile d’impresa inferiore all’utile d’esercizio pre - tasse102.
La voce n. 25, invece, riguardava gli accantonamenti eseguiti in
applicazione di norme tributarie al fine di sfruttare la possibilità,
offerta dall’ordinamento tributario, di sottrarre alcuni componenti
positivi straordinari (come ad esempio le sopravvenienze attive) alla
100
Convertito nella Legge 8 agosto 1994 n. 503.
FELIZIANI C. Appendice fiscale al bilancio. Problemi applicativi e soluzioni operative in “Il
fisco” n. 12/1994 pag. 3166.
102
Consistevano essenzialmente in ammortamenti e svalutazioni operati al fine esclusivo di
permettere al contribuente di fruire di opportunità fiscali.
101
107
determinazione del reddito imponibile. Tali accantonamenti erano
quelli previsti dalle disposizioni tributarie, e consistevano sia in veri e
propri componenti negativi del reddito 103, sia in accantonamenti di
utili lordi, componenti positivi del reddito 104.
Fu imposto poi l’obbligo di indicare in nota integrativa le
motivazioni che portavano alle suddette rettifiche fiscali. Vennero
distinte per la prima volta le interferenze fiscali in rettifiche di valore
ed accantonamenti sebbene la Direttiva comunitaria avesse parlato
solo di rettifiche di valore eccezionali.
L’imputazione alle voci 24 e 25 del conto economico poteva
ritenersi giustificata solo quando risultava indispensabile per
l’ottenimento del beneficio consistente nella deduzione fiscale
anticipata di un componente negativo di reddito o nel rinvio della
tassazione di un componente positivo di reddito 105.
Per contro l’utilizzo delle voci 24 e 25 non poteva ritenersi
consentito se il beneficio fiscale poteva essere ottenuto in altro modo
o se si trattava di componenti negativi del reddito fiscale deducibili
anche se non imputabili al conto economico.
103
Ad esempio accantonamenti al fondo rischi su crediti, accantonamenti al fondo per spese per
manutenzione e revisione navi ed aeromobili.
104
Ad esempio accantonamenti di contributi in conto esercizio.
105
Essa doveva essere effettuata quando la norma fiscale imponeva l’imputazione al conto profitti
e perdite di un costo o altro componente negativo, o l’accantonamento ad apposito fondo di una
plusvalenza, sopravvenienza attiva o altro componente positivo.
COMMISSIONE PER LA STATUIZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI L’appendice fiscale al
conto economico: soluzioni operative in “Corriere tributario” n. 15 Anno 1994 pag. 929.
108
Per cercare di interpretare il senso e la portata delle “rettifiche”
e degli “accantonamenti” da confluire nelle voci nn. 24 e 25 bisognava
fare riferimento alla relazione ministeriale al D. Lgs. N. 127/1991, ed
in particolare ai commenti relativi agli artt. 7 (contenuto del conto
economico) e 10 (contenuto della nota integrativa)106.
La
struttura
del
conto
economico
avrebbe
consentito
l’indicazione alla voce n. 23 del corretto risultato civilistico
(individuato indipendentemente dai condizionamenti di natura
fiscale); al di sotto di tale voce, nelle voci n. 24 e n. 25, avrebbero,
quindi, trovato spazio le poste aventi esclusiva rilevanza tributaria.
Dal punto di vista pratico l’effetto della contabilizzazione delle
rettifiche di valore e
degli accantonamenti di derivazione
esclusivamente fiscale avrebbe comportato l’inevitabile riduzione del
risultato civilistico dell’impresa.
Il D. Lgs. N. 127/1991, però, prescriveva altri accorgimenti: il
conto economico doveva contenere un ulteriore voce, n. 26, che
avrebbe indicato l’utile (o la perdita) di esercizio, determinato
106
La relazione precisa che “tutte le svalutazioni e gli accantonamenti da iscrivere nelle voci
finora considerate sono esclusivamente quelli che trovano giustificazione nelle regole civilistiche
di valutazione; non quindi, per esempio, gli ammortamenti anticipati, né le svalutazioni di crediti
consentite dalle norme tributarie qualora non avessero giustificazione civilistica, né gli
accantonamenti di plusvalenze da reinvestire, o di sopravvenienze, ecc… … Ciò consente di far
emergere nella voce 23 il risultato poi della voce 24: le rettifiche di valore (ammortamenti,
svalutazioni) operate esclusivamente in applicazione di facoltà concesse da norme tributarie, e
dalla voce 25 gli accantonamenti (a fondo plusvalenze da reinvestire ecc) operati esclusivamente
per fruire di opportunità concesse da norme tributarie”.
109
algebricamente con la somma tra la voce n. 23 (risultato civilistico
senza condizionamenti fiscali) e le voci n. 24 e n. 25 (rettifiche e
accantonamenti fondati esclusivamente sull’applicazione di norme
tributarie) e, come indicazione di completamento la nota integrativa
doveva riportare alla voce n. 14 la composizione analitica delle voci n.
24 e n. 25, con la menzione dei motivi delle scelte operate dai
redattori del bilancio.
In base a tali previsioni il bilancio civilistico (in particolare il
conto economico) poteva accogliere poste di carattere esclusivamente
tributario, affinché nel rispetto della regola fiscale dell’imputazione, il
contribuente potesse dedurre dalla propria base imponibile i costi
transitati in bilancio.
Tali voci di natura fiscale risultavano di agevole individuazione,
rimanendo isolate in una apposita area che, nelle intenzioni del
Legislatore, doveva evitare che gli altri dati puramente civilistici
fossero contaminati da elementi di natura non strettamente economica,
e quindi, diversa.
L’appendice fiscale al conto economico risultava una soluzione
di mero compromesso tra due sistemi normativi (civilistico e
tributario). Essa creava, infatti, un’evidente contrapposizione tra il
risultato effettivo dell’esercizio - come individuato dall’applicazione
110
delle regole civilistiche ed esposto alla voce n. 23 del conto
economico - e quello finale - che conseguiva all’applicazione delle
rettifiche tributarie ed era riportato nella sottostante voce n. 26.
2.4.1 L’ABOLIZIONE DELL’APPENDICE FISCALE
L’appendice fiscale era una figura non contemplata dalla IV
Direttiva CEE. Prevalsero le critiche sull’inadeguatezza dello
strumento adottato ai fini della neutralità del bilancio e su un presunto
contrasto con le indicazioni della IV Direttiva.
In particolare attraverso l’appendice fiscale sembravano
legittimate le interferenze di natura tributaria nel bilancio, e dunque, il
problema dell’inquinamento fiscale, anziché essere contrastato veniva
paradossalmente favorito 107, essendo ammesso dal legislatore il
transito di poste non civilistiche all’interno del bilancio d’esercizio 108.
107
GALLO F. Brevi note sulla necessità di eliminare le interferenze della normativa fiscale nella
redazione del bilancio d’esercizio in “Rivista di diritto tributario” Anno 2000, secondo il quale
“… all’eliminazione delle voci 24 e 25 dello schema del conto economico non ha però fatto
seguito il venir meno della interferenza fra regole fiscali e bilancio. Essa, infatti, è rimasta sancita
… dall’art. 2426, comma 2…”. Pag. 5.
108
A tale proposito la COMMISSIONE PER LA STATUIZIONE DEI PRINCIPI CONTABILI,
commissione di studio istituita dai Consigli nazionali dei Dottori commercialisti e dei periti
commerciali, sostenne che gli inquinamenti di carattere fiscale dovevano per quanto possibile
essere confinati nelle voci 24 e 25 e non dovevano influenzare le altre voci del conto economico.
In Corriere tributario n. 15 Anno 1994.
111
La legge di conversione del decreto di armonizzazione della
disciplina tributaria con le disposizioni dettate per la redazione del
bilancio d’esercizio proponeva alcune novità 109, tra cui l’abolizione
dell’appendice fiscale del conto economico.
La soppressione dell’appendice fiscale avvenne in primo luogo
per il sorgere di problemi relativi alle dizioni “Rettifiche di valore
operate esclusivamente in applicazione di norme tributarie” ed
“Accantonamenti operati esclusivamente in applicazione di norme
tributarie” corrispondenti rispettivamente alle voci n. 24 e 25 del
conto economico, nelle quali erano presenti voci che non comparivano
nelle espressioni utilizzate dal legislatore comunitario della IV
direttiva. In particolare le norme della direttiva parlavano solo di
“rettifiche di valore” e non di “accantonamenti” come faceva l’art. 7
del D. Lgs. n. 127/1991 che ha attuato la IV direttiva.
Nel contesto della direttiva l’espressione “rettifiche di valore”
riguardava le sole correzioni negative degli elementi patrimoniali
109
Le altre novità apportate dal D.L. n. 416/1994 convertito nella L. n. 503/1994, riguardavano: 1)
i conferimenti in società o in altri enti: si considerava corrispettivo conseguito il valore normale
delle azioni o dei titoli ricevuti, se negoziati in mercati italiani o esteri; 2) contributi in conto
capitale: concorrevano a formare il reddito nell’esercizio in cui erano stati incassati o, in quote
costanti, in questo e nei successivi, ma non oltre il nono; il loro utilizzo, se accantonati in
un’apposita riserva, concorreva a formare il reddito nel limite del 50 per cento, solo se destinato a
scopi diversi dalla copertura di perdite d’esercizio; 3) svalutazione dei crediti: venne abrogato
l’obbligo di allegare alla dichiarazione dei redditi il prospetto delle svalutazioni effettuate
nell’esercizio; 4) valutazione dei costi: vennero estese anche ai beni immateriali strumentali per
l’esercizio dell’impresa alcune regole di imputazione dei costi, prima previste per i soli beni
materiali; 5) bilancio consolidato: venne previsto l’obbligo di riportare nella nota integrativa i
motivi delle rettifiche di valore e degli accantonamenti eseguiti in applicazione di norme tributarie.
112
attivi, quali ammortamenti e svalutazioni, come si desumeva dall’art.
19110.
In secondo luogo la ragione che spinse il nostro legislatore ad
abolire l’appendice fiscale fu quella di quella di “ritrovare un perduto
riallineamento con la IV direttiva CEE111 e di rendere strutturalmente
più armonici i bilanci delle imprese industriali e mercantili con quelli
degli enti creditizi e finanziari” 112. Infatti gli artt. 35 e 39 della IV
direttiva, che potevano ritenersi compendiati nel secondo comma
dell’art. 2426 C.C., disponevano che delle rettifiche di valore, aventi
esclusiva origine fiscale, ne fosse dato conto in nota integrativa, senza
dare ad esse alcuna specifica evidenza nelle strutture formali previste
per il conto economico; e così pure stabiliva l’art. 15 del decreto
istitutivo del nuovo bilancio degli enti creditizi e finanziari113.
110
“Le rettifiche di valore comprendono tutte le correzioni destinate a tener conto della
svalutazione, definitiva o no, degli elementi del patrimonio”.
111
Dovuto peraltro ad un’esplicita indicazione contenuta nell’art. 1 lettera c) della legge 69/1990
(delega per l’attuazione della IV direttiva) per la quale il legislatore delegato avrebbe dovuto
comunque prevedere che “nel conto dei profitti e delle perdite sia indicato in quale misura la
valutazione di singole voci sia influenzata dall’applicazione della normativa tributaria”.
112
DESIDERI S. Conseguenze dell’abolizione dell’appendice fiscale del conto economico in
“Corriere tributario” n. 35 Anno 1994; pag. 2305.
113
D. Lgs. n. 87/1992.
113
2.4.2
LE
CONSEGUENZE
DELL’ABOLIZIONE
DELL’APPENDICE FISCALE
Tale abolizione non comportò l’eliminazione del problema delle
imposte differite connesse all’effettuazione di rettifiche di valori e di
accantonamenti, motivati da sole ragioni fiscali 114. Si trattava di una
questione di rappresentazione veritiera e corretta della situazione
patrimoniale, finanziaria e del risultato economico.
Con l’abolizione dell’appendice fiscale il bilancio d’esercizio
continuava comunque ad accogliere le interferenze fiscali, infatti, esse
potevano influenzare le decisioni del redattore del bilancio,
assolutamente legittimato a farlo, grazie al nuovo comma aggiunto
all’art. 2426 C.C. che confermava fosse possibile “effettuare rettifiche
di valore e accantonamenti esclusivamente in applicazione di norme
tributarie”.
Il bilancio, inoltre, continuava ad esprimere, dandone comunque
una doverosa informazione ai terzi tramite il n. 14 dell’art. 2427 C.C.,
anche valori civilisticamente privi di giustificazione; il contenuto del
n. 14 dell’art. 2427 C.C. (relativo al contenuto della nota integrativa)
114
Ad esempio le imposte differite su ammortamenti anticipati, su contributi a tassazione differita,
su svalutazioni atecniche di crediti, su accantonamenti per operazioni e concorsi a premio
eccedenti quelli tecnici, ecc.
114
prevedeva che in essa fossero indicati “i motivi delle rettifiche di
valore e degli accantonamenti eseguiti esclusivamente in applicazione
di norme tributarie ed i relativi importi, appositamente evidenziati
rispetto
all’ammontare
complessivo
delle
rettifiche
e
degli
accantonamenti risultanti dalle apposite voci del conto economico”.
In tal modo era attribuita al contribuente la facoltà di riportare o
meno nel proprio bilancio civilistico le voci con rilevanza
esclusivamente tributaria. Rispetto al sistema dell’appendice fiscale si
trattava di un mero cambiamento di situazione giuridica soggettiva.
La ratio del secondo comma dell’art. 2426 C.C. consentiva alle
imprese di sfruttare i benefici ammessi dalle norme fiscali,
rappresentati, nella maggior parte dei casi, dalla deduzione dal reddito
d’impresa di elementi negativi forfetariamente determinati dalle
norme fiscali: in altri termini la nuova disposizione avrebbe favorito il
transito all’interno del bilancio di poste di natura non civilistica ma
fiscale.
Ma con la soppressione dell’appendice fiscale e l’introduzione
del nuovo comma secondo dell’art. 2426 C.C. il problema
dell’inquinamento fiscale del bilancio veniva, in qualche modo,
legittimato ed alimentato.
115
Nella dizione “rettifiche di valore” la Relazione ministeriale
all’art. 6 del D. Lgs. n. 127/1991 precisava che rientravano “le
espressioni ‘svalutazioni’ per le rettifiche in meno, ‘rivalutazioni’ per
le rettifiche in più, e ‘ammortamenti’ nel significato tradizionale del
termine”.
In senso conforme era anche il contenuto del conto economico:
alla voce D) Rettifiche di valore di attività finanziarie sono
ricomprese, infatti, sia le svalutazioni che le rivalutazioni. Quindi con
il termine “rettifiche di valore” si faceva riferimento sia alle
rivalutazioni che alle svalutazioni ed agli ammortamenti.
Gli “accantonamenti” erano inerenti a fondi che civilisticamente
venivano definiti “fondi per rischi ed oneri” ovvero inerenti al fondo
“trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato”. Ma nel D.P.R.
917 del 1986 si parlava anche di accantonamenti nell’art. 55
(sopravvenienze attive), dove veniva detto che i contributi potevano
essere in parte accantonati in un’apposita riserva.
L’estensore del bilancio poteva avvalersi della possibilità di
effettuare tali rettifiche di valore ed accantonamenti esclusivamente in
applicazione di norme tributarie soltanto quando non era possibile
conciliare la normativa fiscale e quella civilistica, apportando le
116
dovute variazioni in aumento e in diminuzione del reddito
complessivo, in sede di redazione della dichiarazione dei redditi.
La dichiarazione dei redditi, mediante le variazioni in aumento
e in diminuzione del reddito complessivo, doveva, quindi, continuare
a rappresentare lo strumento principale per riconciliare la normativa
fiscale e quella civilistica115.
Nacque allora il problema relativo a quale significato attribuire
all’espressione “in applicazione di norme tributarie”: una prima
interpretazione restrittiva 116 avrebbe potuto essere che le rettifiche e
gli accantonamenti fossero consentiti solo quando il legislatore fiscale
espressamente poneva la condizione che per applicare una certa norma
fiscale si dovesse imputare in bilancio determinate voci; una seconda
interpretazione 117 portava a dire che “applicare” nel suo significato di
“mettere in atto” dovesse essere interpretato in senso più ampio e che,
quindi, si avesse “applicazione di norme tributarie” tutte quelle volte
in cui una certa appostazione di bilancio fosse preordinata
all’attivazione di una determinata norma fiscale. Tale seconda
interpretazione poteva ritenersi quella corretta alla luce di quanto
115
Ad esempio la riconciliazione tra la normativa fiscale e quella civilistica, relativamente alle
spese di manutenzione ordinaria, non immediatamente deducibili (art. 67 comma 7 del D.P.R. n.
917/1986) doveva continuare ad avvenire solo a livello di dichiarazione dei redditi.
116
VASAPOLLI G. ed A. Le rivalutazioni economiche si possono iscrivere in bilancio in
“Corriere tributario” n. 38 Anno 1994. pag. 2496.
117
VASAPOLLI G. ed A. Op. Cit.
117
disposto dagli artt. 35, comma 1, lett. d), 39, comma 1, lett. e) e 43,
comma 1 n. 10) della IV direttiva CEE, nei quali genericamente si
faceva riferimento a rettifiche di valore delle immobilizzazioni e degli
elementi dell’attivo circolante effettuate in deroga ai criteri di
valutazione ordinari to obtain tax reller 118. Ne conseguiva, quindi, che
poteva considerarsi ammissibile ogni rettifica od accantonamento
operato, nel rispetto della normativa fiscale, al fine di conseguire un
vantaggio fiscale nell’esercizio in questione, ovvero negli esercizi
successivi.
118
Con il termine “reller” si indica agevolazione, esenzione, ossia vantaggio fiscale.
118
CAPITOLO III
L’ELIMINAZIONE DELLE
INTERFERENZE FISCALI NELLA
REDAZIONE DEL BILANCIO D’ESERCIZIO
119
3.1 LE NUOVE REGOLE SUL DISINQUINAMENTO
Dall’analisi della situazione italiana previgente emerge che
l’inquinamento fiscale di bilancio derivi da un utilizzo distorto della
norma fiscale, di conseguenza il legislatore attraverso il D. Lgs. n.
6/2003 e successive modifiche 1 ha voluto eliminare tale effetto
distorsivo.
Le nuove disposizioni2 non permettono più di effettuare
rettifiche
di
valore
ed
accantonamenti
operati
per
ragioni
esclusivamente tributarie, da ciò ne deriva che ammortamenti,
accantonamenti e rettifiche di valore devono essere effettuati in base
alle nuove disposizioni civilistiche, eventualmente integrate, sul piano
della loro interpretazione e concreta applicazione con i principi
contabili.
Eventuali differenze devono essere gestite “fuori bilancio”,
mediante un apposito prospetto da compilare in dichiarazione dei
redditi3.
1
D. Lgs. n. 37/2004 e D. Lgs. n. 310/2004.
Decorrenza. Riforma societaria: le nuove disposizioni in materia di bilancio si applicano ai
bilanci relativi agli esercizi chiusi dopo il 30 settembre 2004. i bilanci relativi ad esercizi chiusi tra
il 1° gennaio ed il 30 settembre 2004 potevano essere redatti secondo le nuove o le previdenti
disposizioni. (Art. 223-undicies delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, come
modificato dal D.Lgs n. 6/2003). Riforma fiscale: si applica dai periodi di imposta che iniziano a
decorrere dal 1° gennaio 2004.
3
Quadro EC del Modello Unico.
2
120
La riforma del diritto societario di cui al D. Lgs 6/2003 ha
realizzato la lettera a) dell’art. 6 della Legge delega contenente la
soppressione del comma secondo dell’art. 2426 C.C., che disponeva
che fosse “consentito effettuare rettifiche di valore e accantonamenti
esclusivamente in applicazione di norme tributarie”.
L’abrogazione si è resa necessaria in quanto, così come
evidenziato anche nella Relazione di accompagnamento al D. Lgs
6/2003, il bilancio di esercizio deve essere redatto in ottemperanza
alle disposizioni civili e non a quelle fiscali.
Di conseguenza è stata modificato il punto 14 dell’art. 2427
C.C. relativo alla Nota integrativa che richiedeva le motivazioni che
originavano accantonamenti e rettifiche unicamente di natura fiscale
ed i relativi importi, e sono stati integrati gli schemi di bilancio al fine
di fornire una rappresentazione veritiera e corretta della società.
In tale ottica sono state inserite due nuove voci di bilancio che
riguardano la fiscalità differita, quali “crediti tributari” ed “imposte
anticipate” 4. Inoltre è stato precisato che il n. 2 della voce B del
passivo 5 contiene anche i fondi per imposte differite.
4
Sono state introdotte nello schema dello stato patrimoniale nella voce dell’attivo CII le seguenti
poste: n. 4-bis e n. 4-ter che corrispondono rispettivamente a ‘crediti tributari’ ed ‘imposte
anticipate’.
5
Fondi per rischi ed oneri.
121
I differenti sistemi adottati dal legislatore civile e da quello
fiscale in tema di determinazione del reddito imponibile sono
disciplinati dall’art. 109 del nuovo TUIR che ha ripreso il principio
della previa imputazione a conto economico dei costi6 al fine di
beneficiare della loro deducibilità fiscale.
Sono tuttavia deducibili quelli imputati al conto economico di
un esercizio precedente se la deduzione è stata rinviata in conformità
alle norme tributarie che dispongono o consentono il rinvio, e quelli
che sono deducibili per disposizione di legge pur non essendo
imputabili al conto economico7.
La riforma non muta la regola base secondo cui il reddito
complessivo è determinato apportando al risultato del conto
economico le variazioni conseguenti all’applicazione delle regole per
la determinazione dell’imponibile della società 8, ma elimina la causa
dell’interferenza non condizionando la deducibilità del costo alla sua
imputazione a conto economico9.
6
Tale principio è stato introdotto dalla riforma fiscale del 1973 ed è contenuto nell’art. 74 D.P.R.
n. 597/1973.
7
Con tale regola generale viene, quindi, mantenuta la dipendenza delle norme fiscali dalle scelte
effettuate in sede di redazione del bilancio civilistico (principio della dipendenza rovesciata-di cui
si è parlato al II capitolo); l’eccezione riguarda gli ammortamenti dei beni materiali e immateriali,
le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti che sono deducibili se in apposito prospetto della
dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori civili e fiscali dei beni e
quelli dei relativi fondi.
8
Art. 83 TUIR; ex art. 52 vecchio Tuir (D.P.R. n. 917/1986).
9
Comma quarto, lett. b) secondo periodo dell’art. 109 del TUIR: “Gli ammortamenti dei beni
materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli accantonamenti sono deducibili se in
122
In
sostanza
gli
ammortamenti,
le
svalutazioni
e
gli
accantonamenti di carattere meramente tributario, eccedenti la quota
civilistica, non devono più transitare per il conto economico e sono
deducibili se indicati in un apposito prospetto.
Potrebbero sorgere problemi se non vi fosse chiarezza
sull’ambito oggettivo d’applicazione del comma quarto dell’art. 109
Tuir che comporterebbe il rischio di una ripresa a tassazione per
violazione del principio della previa imputazione. A tale proposito
viene precisato 10 che la deduzione in via extracontabile possa essere
contestata solamente qualora il costo sarebbe dovuto essere imputato a
conto economico in quanto rilevato nel rispetto dei principi
civilistici11.
La norma prevede che i benefici fiscali connessi con la
deduzione dei costi possano essere fruiti da tutte le imprese,
indipendentemente dalla loro situazione patrimoniale 12 attraverso la
semplice esposizione dei costi stessi nell’apposito prospetto.
Tuttavia la norma prevede che laddove esistano utili o riserve,
questi dovranno essere mantenuti nell’economia dell’impresa, e cioè
apposito prospetto della dichiarazione dei redditi è indicato il loro importo complessivo, i valori
civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi”.
10
CORRADI A. e LEOTTA M. Ires – Eliminazione dal bilancio delle interferenze fiscali in
“Rassegna tributaria” n. 3 Anno 2004 pag. 1025.
11
Ad esempio un ammortamento ordinario idoneo a rappresentare il deperimento del bene non
potrebbe essere dedotto senza previa imputazione a conto economico.
12
Ad esempio presenza di riserve o utili da vincolare.
123
non distribuiti, fino a concorrenza delle deduzioni forfetarie non
imputate a conto economico, escludendo da ogni limitazione la riserva
legale a motivo della sua funzione di garanzia.
Infine con l’introduzione del disinquinamento del bilancio è
possibile conciliare contemporaneamente due obiettivi delle politiche
di bilancio incompatibili nel passato: rendere minimo il carico fiscale,
iscrivendo in bilancio l’ammontare massimo deducibile di componenti
negativi di reddito, e rendere massimo il risultato di bilancio ed il
connesso capitale di funzionamento 13.
13
Indice ROI (Return on Investment): è il tasso di redditività del capitale investito. Si calcola
mediante il rapporto tra il reddito della gestione caratteristica e capitale investito nella stessa. Esso
sintetizza la capacità della gestione caratteristica di produrre reddito.
ROI=Ro/Ci-K dove Ro=Reddito operativo, Ci=capitale investito, K=investimenti accessori +
liquidità immediate
124
3.2 LA QUESTIONE DELLA FISCALITA’ DIFFERITA
Uno dei corollari del disinquinamento del bilancio è la
regolamentazione della fiscalità differita 14 nella discip lina civilistica.
La fiscalità differita riguarda le seguenti categorie di imposte:
Ø Imposte anticipate (o prepagate o differite attive): si tratta di
imposte di competenza di esercizi futuri ma che si rendono
esigibili nell’esercizio in corso;
Ø Imposte differite (o posticipate o differite passive): si tratta
di imposte di competenza dell’esercizio in corso ma che si
renderanno esigibili solo in esercizi futuri.
Il problema delle imposte differite sorge nel bilancio d’esercizio
quando si verifica una differenza tra il “risultato prima delle imposte”,
rilevato nel conto economico redatto con le norme del Codice Civile,
ed il “reddito imponibile” ai fini fiscali; in tale situazione, infatti, le
imposte correnti15 non coincidono con le imposte di competenza 16.
14
Il principio direttivo contenuto nell’art. 6 comma 1 lett. a) della Legge delega 366/2001
contempla insieme all’eliminazione delle interferenze fiscali nel bilancio anche la definizione delle
“modalità con le quali, nel rispetto del principio di competenza, occorre tenere conto degli effetti
della fiscalità differita”.
15
Sono le imposte che devono essere versate in sede di dichiarazione dei redditi ed iscritte nella
voce n. 22 del conto economico.
16
Sono le imposte determinate applicando l’aliquota vigente d’imposta al risultato prima delle
imposte iscritto nel bilancio d’esercizio.
125
Ciò può verificarsi nei casi in cui un determinato componente di
reddito abbia un diverso trattamento dal punto di vista civilistico
rispetto al suo trattamento fiscale 17.
Le differenze tra il risultato prima delle imposte ed il reddito
imponibile possono distinguersi in permanenti e temporanee.
Le prime, denominate nei principi contabili internazionali
permanent differences, sono le differenze tra il risultato ante imposte
ed il reddito imponibile che sorgono in un determinato esercizio e che
non sono destinate ad annullarsi negli esercizi successivi18; di
conseguenza non danno origine ad alcun differimento o anticipazione
d’imposta in quanto non verranno più riassorbite negli esercizi futuri.
Le differenze temporanee, invece, denominate temporary
differences nei principi contabili internazionali, sono le differenze tra
il risultato prima delle imposte ed il reddito imponibile destinate ad
essere riassorbite in un esercizio futuro al verificarsi di un evento
uguale e contrario a quello che ha originato la differenza19.
17
Ad esempio un costo non deducibile fiscalmente è un costo deducibile secondo modalità
temporali differenti.
18
Ne costituiscono un esempio i costi fiscalmente non deducibili o i ricavi non imponibili dal
punto di vista fiscale.
19
Rientrano nelle differenze temporanee le seguenti fattispecie:
-differenze transitorie o timing differences, originate dalla mancata coincidenza tra il periodo in cui
alcuni componenti positivi o negativi di reddito concorrono alla determinazione del risultato del
bilancio civilistico e l’esercizio in cui tali componenti di reddito concorrono a formare il reddito
fiscalmente imponibile (ad esempio le plusvalenze o le spese di manutenzione);
-riporto delle perdite fiscali ad esercizi successivi;
-differenze di valore di un elemento patrimoniale iscritto in bilancio e relativo valore riconosciuto
fiscalmente (ad esempio in occasione di una fusione o scissione);
126
Pertanto tali differenze originano nel bilancio d’esercizio il
problema della fiscalità differita, la cui funzione è quella di rilevare il
carico fiscale complessivo a livello societario; esse sono collegate ad
un’anticipazione o posticipazione della tassazione del componente
positivo/negativo di reddito che concorre alla determinazione del
risultato civile di bilancio.
Nel caso di differenze temporanee positive 20, infatti, si pone il
problema dell’eventuale iscrizione in bilancio di imposte differite
passive 21, le quali risultano di particolare importanza per il
disinquinamento del bilancio d’esercizio.
I maggiori accantonamenti o ammortamenti o le maggiori
rettifiche di valore operate in sede di determinazione del reddito
imponibile, infatti, determinano la necessità di calcolare il carico
fiscale che è stato differito nei periodi d’imposta successivi e le
imposte che il contribuente sarà chiamato ad assolvere negli stessi
periodi fiscali22.
-differenze derivanti dalla variazione nell’applicazione di principi contabili di riferimento.
20
Sono positive nell’ipotesi in cui i risultato prima delle imposte al netto delle eventuali differenze
permanenti sia superiore al reddito imponibile.
21
Ad esempio in presenza di costi fiscalmente deducibili in un periodo d’imposta antecedente
rispetto a quello in cui concorrono alla determinazione del risultato civilistico, o quando
componenti positivi di reddito partecipano alla determinazione del risultato di bilancio in un
periodo anteriore a quello in cui partecipano al reddito fiscalmente imponibile.
22
Ad esempio maggiori ammortamenti fiscali rispetto a quelli civili impongono di determinare le
imposte sospese o differite che saranno dovute dal contribuente quando l’ammortamento fiscale
sarà esaurito, mentre quello civile continuerà anche nei periodi d’imposta successivi.
127
Il non corretto calcolo delle imposte differite, inoltre, può avere
conseguenze rilevanti anche riguardo alla successiva distribuzione di
utili operata dalla società 23.
Di conseguenza la mancata imputazione delle imposte differite
potrebbe comportare anche una tassazione aggiuntiva non dovuta su
quanto distribuito dalla società. Così il “fondo imposte differite”
riduce l’importo dell’ammontare complessivo delle deduzioni solo di
natura fiscale attuate dalla società da confrontare con le riserve e gli
utili che residuano post espunzione dell’ammontare degli utili da
distribuire. Pertanto maggiore è il fondo per imposte differite e
maggiori potranno essere gli utili liberamente distribuibili.
Nel caso opposto di differenze temporanee negative24 si pone,
invece,
il
problema
delle
imposte
differite
attive
(imposte
anticipate) 25.
Prima delle riforme, societaria e fiscale, la valutazione della
fiscalità differita era ulteriormente complicata dal disposto dell’art.
23
Ciò in correlazione all’introduzione del vincolo per massa sulle poste di natura patrimoniale per
un ammontare uguale a quello delle deduzioni extrabilancio di natura fiscale operate dal
contribuente ma al netto di quanto accantonato per le correlate imposte differite. Art. 109 comma 4
lett. b) Tuir.
24
Il risultato ante imposte al netto delle eventuali differenze permanenti sia inferiore al reddito
imponibile.
25
Ad esempio si verifica quando componenti positivi di reddito rientrano nel calcolo
dell’imponibile fiscale prima di essere considerati nella determinazione del risultato civilistico
oppure quando componenti negativi di reddito partecipano alla formazione del risultato civilistico
in un esercizio anteriore al periodo d’imposta in cui divengono fiscalmente deducibili.
128
2426 secondo comma C.C26 che consentiva l’inserimento nel bilancio
d’esercizio di appostazioni effettuate esclusivamente per ragioni
tributarie 27.
Queste appostazioni, però, creavano una distorsione nel bilancio
discostandolo dai principi contabili e determinando uno sfasamento
temporale delle imposte di competenza. Tale sfasamento comportava
la presenza delle cosiddette “imposte latenti” che possono o meno
essere considerate nella determinazione delle imposte differite. In
effetti l’abrogazione del secondo comma dell’art. 2426 C.C. e la
modifica del Tuir tendono ad eliminare e risolvere anche il problema
della fiscalità differita latente.
La prassi contabile tratta la fiscalità differita nel principio
contabile nazionale n. 25 e per quanto concerne i principi
internazionali nel documento IAS n. 12; il legislatore civile è
intervenuto colmando una lacuna presente in bilancio che non
prevedeva in modo esplicito la rappresentazione delle imposte
differite o anticipate.
E’ stato ridisegnato, in particolare, lo schema dello stato
patrimoniale inserendo nell’attivo tra i “crediti” i crediti tributari (C.II.
26
Disponeva: “è consentito effettuare rettifiche di valore e accantonamenti esclusivamente in
applicazione di norme tributarie”.
27
Ad esempio svalutazioni o accantonamenti eccedenti le necessità civilistiche per usufruire della
deducibilità fiscale.
129
4-bis), separatamente dalle imposte anticipate (C.II. 4-ter); nel
passivo, invece, tra i “fondi rischi e oneri” è evidenziata la voce per
“imposte, anche differite” (B.2). Per quanto riguarda lo schema del
conto economico è evidenziata la voce per “imposte sul reddito
dell’esercizio, correnti, differite e anticipate”(voce 22).
Con l’introduzione di queste specifiche voci il legislatore si è
adeguato ai principi contabili internazionali che prescrivono che le
attività e le passività fiscali differite devono essere esposte in bilancio
separatamente, distinguendole da quelle correnti.
Inoltre ai sensi dell’art. 2427 n. 14 C.C. la Nota integrativa deve
indicare un apposito prospetto contenente:
Ø la descrizione delle differenze temporanee che hanno
comportato la rilevazione di imposte differite ed anticipate,
specificando l’aliquota applicata e le variazioni rispetto
all’esercizio precedente, gli importi accreditati o addebitati a
conto economico oppure a patrimonio netto, le voci escluse
dal computo e le relative motivazioni;
Ø l’ammontare delle imposte anticipate contabilizzato in
bilancio attinenti a perdite dell’esercizio o di esercizi
precedenti e le motivazioni dell’iscrizione, l’ammontare non
130
ancora contabilizzato e le motivazioni della mancata
iscrizione.
Il nuovo quadro normativo prevede, quindi, che la fiscalità differita
abbia origine:
Ø dal differente trattamento fiscale rispetto a quello civilistico
di un determinato componente di reddito 28;
Ø dalle differenze temporanee tra valore civilistico e fiscale di
un’attività, di una passività o di una voce di patrimonio
netto;
Ø dalla deduzione di componenti negativi non imputati a conto
economico ai sensi dell’art. 109 comma quarto del TUIR.
28
Ad esempio un costo o un ricavo che rileva fiscalmente con una diversa tempistica.
131
3.3 GLI EFFETTI DEL NUOVO QUADRO NORMATIVO SUL
BILANCIO 2004
L’abrogazione del secondo comma dell’2426 C.C. e la
deducibilità extracontabile degli ammortamenti, delle rettifiche di
valore e degli accantonamenti non imputati al conto economico
generano effetti sul bilancio 2004 sotto due profili: in primo luogo per
via dell’iscrizione al conto economico delle sopravvenienze derivanti
dall’eliminazione delle interferenze fiscali pregresse29, ed in secondo
luogo in ragione dell’effetto sulla determinazione delle imposte della
deduzione extracontabile dei costi di periodo.
Le due operazioni se da un lato producono conseguenze
differenti sul bilancio d’esercizio, dall’altro lato presentano una serie
di tratti comuni: i relativi effetti fiscali sono indicati nel quadro EC del
Modello UNICO anche se in modo separato, ed entrambe sono
finalizzate a rilevare la differenza tra i valori civili ed i valori fiscali
dei beni e dei fondi, qualora questi divergano per effetto dello
stanziamento di ammortamenti, rettifiche di valore ed accantonamenti
che non trovano una giustificazione sotto un profilo strettamente
civilistico; infine entrambe determinano un vincolo sulla parte del
29
Si tratta di rettifiche di valore ed accantonamenti imputati a conto economico esclusivamente in
applicazione di norme tributarie prima dell’entrata in vigore della riforma del diritto societario.
132
patrimonio
netto
contabile
che
corrisponde
alle
deduzioni
extracontabili operate al netto delle relative imposte differite.
3.3.1
L’ELIMINAZIONE DELLE INTERFERENZE FISCALI
PREGRESSE
L’abolizione delle interferenze fiscali pregresse risponde
all’esigenza di stornare dal bilancio d’esercizio componenti iscritte nei
bilanci degli esercizi precedenti in applicazione dell’abrogato secondo
comma dell’art. 2426 C.C.30.
L’applicazione di tale criterio può avere determinato l’iscrizione
in bilancio di costi anche in deroga agli ordinari criteri di valutazione
previsti dal Codice Civile e dai principi contabili, costi che hanno
progressivamente ridotto il patrimonio netto al solo scopo di fruire di
una deduzione anticipata dal reddito d’impresa.
Il disinquinamento del bilancio risponde ad una logica di segno
inverso, ossia quella di ripristinare l’ammontare del patrimonio netto
30
Come si evince da documento OIC (Organismo Italiano di Contabilità) “non è più possibile
mantenere iscritti in bilancio i valori residui di poste determinatesi in precedenza (esercizi
anteriori al 1° gennaio 2004) secondo il previdente art. 2426 comma 2, sino al loro
esaurimento…”.
133
contabile che si sarebbe determinato qualora detti costi fossero stati
sempre dedotti in via extracontabile.
Considerato ciò gli aspetti di maggior rilievo che si pongono
all’atto della redazione del progetto di bilancio sono:
Ø la corretta individuazione delle interferenze pregresse da
eliminare;
Ø il trattamento contabile dell’operazione;
Ø le indicazioni da fornire nella Nota integrativa;
Ø i riflessi fiscali.
3.3.1.1
LE INTERFERENZE FISCALI DA ELIMINARE
Analizzando il D. Lgs n. 6/2003 si evince che non esiste alcuna
espressa indicazione circa le modalità secondo cui procedere a
disinquinare i bilanci dalle interferenze fiscali pregresse.
Dal nuovo quadro normativo civilistico non si indica quale
debba essere il trattamento contabile da riservare ai “valori fiscali
residui” derivanti dall’applicazione della previgente disciplina, dal
momento che questi, in base ai principi generali di redazione del
134
bilancio d’esercizio e delle finalità sottese alla riforma, non troveranno
più spazio nei nuovi schemi legali di bilancio.
Un’indicazione sul tema è ritraibile dalle disposizioni di natura
transitoria previste dal D. Lgs n. 344/2003 con l’intento di fornire
dettagli sui riflessi fiscali della citata eliminazione contabile.
La determinazione degli ammortamenti, delle rettifiche di
valore e degli accantonamenti iscritti al conto economico e quella
relativa ai corrispondenti importi dedotti ai fini fiscali dovrebbe
procedere su binari separati, rispondendo a logiche e a finalità
differenti.
Tuttavia non di rado si verifica una coincidenza tra l’importo
stanziato in bilancio e la percentuale massima deducibile ai fini fiscali.
Tale coincidenza potrebbe essere determinata alternativamente:
Ø dalla giustificazione che si è prescelta la misura prevista dal
Tuir o comunque da leggi fiscali in quanto rispondenti nel
caso specifico ai criteri di valutazione del Codice Civile per
la fattispecie considerata;
Ø dalla circostanza che il costo è stato iscritto in bilancio, in
tutto o in parte, al solo scopo di fruire di un’opportunità
fiscale.
135
Secondo il documento n. 1 dell’OIC31 devono essere eliminati
dal bilancio gli effetti di “quegli ammortamenti e rettifiche di valore
che nei bilanci degli esercizi precedenti erano stati considerati privi di
una giustificazione civilistica attraverso l’esplicita indicazione in Nota
integrativa della loro esclusiva valenza fiscale”.
In primo luogo la motivazione esclusivamente fiscale dello
stanziamento del costo al conto economico deve essere esplicita; in
altre parole la Nota integrativa dei bilanci degli esercizi precedenti
deve avere espressamente motivato che non vi era altra giustificazione
di tale stanziamento se non quella di usufruire di un’opportunità
fiscale.
In secondo luogo la valenza fiscale deve essere esclusiva: ciò
consente di non procedere al disinquinamento in tutte le situazioni in
cui il costo, se pur dedotto ai fini fiscali, ha trovato una giustificazione
di carattere civilistico32.
31
In data 18 maggio 2004 è stato divulgato a cura dell’OIC (Organismo Italiano di Contabilità) il
primo documento con cui si intende “riassumere in forma sintetica le modifiche e le integrazioni ai
principi contabili resesi necessarie a seguito della riforma operata dal legislatore in materia di
diritto societario con il D. Lgs. del 17 gennaio 2003 n. 6 e sue successive modificazioni”.
32
Il documento n. 1 dell’OIC precisa, infatti, che “se, invece, le partite contabilizzate nei
precedenti esercizi erano tali che l’impresa aveva trovato sostanziale coincidenza tra norma
fiscale e criterio contabile ed in tal senso – esplicitamente o implicitamente – si era espressa in
nota integrativa, dette partite non costituiscono interferenza fiscale e quindi nulla residua da
disinquinare”.
136
3.3.1.2
IL
TRATTAMENTO
CONTABILE
DELLE
INTERFERENZE FISCALI PREGRESSE
Le poste di natura tributaria già iscritte in bilancio sono state eliminate
seguendo una delle seguenti modalità di contabilizzazione:
Ø tramite imputazione di sopravvenienze attive a conto
economico, come prevede il principio contabile nazionale
(CNDCR) n. 29 33, secondo cui gli effetti dei cambiamenti di
principi contabili, derivanti in questo caso dall’eliminazione
delle interferenze fiscali dal bilancio, devono imputarsi a
conto economico, ad una specifica voce delle componenti
straordinarie di reddito;
Ø tramite imputazione a Patrimonio netto, in base al principio
contabile internazionale (IAS) n. 8, che disciplina i
cambiamenti dei criteri contabili. Secondo tale principio la
rettifica deve essere operata attraverso l’accredito dei saldi
all’inizio dell’esercizio ad una riserva di patrimonio netto,
senza transitare dal conto economico, ed influenzare di
conseguenza il risultato d’esercizio.
33
ROSCINI VITALI F. Disinquinamento al test dei conti in “Il Sole 24 Ore” del 2.9.2004 pag. 20.
Il Principio contabile nazionale n. 29 stabilisce che in caso di cambiamento di principio contabile
non è ammesso modificare le riserve iniziali ma l’effetto deve interessare direttamente il conto
economico.
137
Riguardo quest’ultimo metodo di contabilizzazione delle
interferenze fiscali pregresse l’Organismo Italiano di Contabilità
(OIC) rileva che tale criterio potrebbe non apparire in linea con la
disposizione di cui all’art. 31 lett. f) della IV Direttiva, secondo la
quale lo stato patrimoniale di apertura di un esercizio deve
corrispondere allo stato patrimoniale di chiusura dell’esercizio
precedente.
Di conseguenza l’OIC raccomanda di “imputare a conto
economico, ad una specifica voce delle componenti straordinarie, la
rilevazione degli effetti pregressi del disinquinamento”34. Tale
sopravvenienza attiva 35 non concorrerà a formare il reddito
dell’esercizio mediante apposita variazione in diminuzione in sede di
dichiarazione dei redditi36.
Infine i prospetti di bilancio e la Nota integrativa dovranno
riportare la descrizione delle diverse interferenze fiscali eliminate e,
per ciascuna di esse, i saldi residui all’inizio dell’esercizio e di quello
34
MARTINELLI M., ZINNO G.L., RASPONI TOGNANA M. Disinquinamento fiscale dei
bilanci ed eliminazione delle poste patrimoniali registrate in passato a fronte di costi deducibili
solo ai fini fiscali in “Dialoghi di diritto tributario” Anno II fasc. 11 – novembre 2004 pg.1503.
35
Costituiscono sopravvenienze attive: i ricavi conseguiti a fronte si spese ed oneri dedotti o di
passività iscritte in bilancio in precedenti esercizi; i ricavi o altri proventi conseguiti per un
ammontare superiore a quello che ha concorso a formare il reddito di precedenti esercizi; la
sopravvenuta insussistenza di costi o passività dedotti in precedenti esercizi; le somme incassate a
titolo di contributo e di risarcimento. Le sopravvenienze sono tassate per competenza e quindi
nell’esercizio nel corso del quale è diventata certa l’esistenza e determinabile, in modo obiettivo,
l’ammontare.
36
Quadro RF – Rigo RF43.
138
precedente, nonché le imposte correlate, ed infine un prospetto
riassuntivo degli effetti del disinquinamento.
Tra l’altro il documento OIC n. 1 raccomanda alle società per le
quali il disinquinamento determini effetti rilevanti sulla struttura del
bilancio di fornire, anziché il prospetto di cui si è parlato sopra, uno
stato patrimoniale pro forma ed un conto economico pro forma che
evidenzino le voci di bilancio soggette alle rettifiche.
In definitiva l’abolizione delle interferenze fiscali pregresse
determina una serie di problematiche fiscali di rilievo tra le quali
quelle che riguardano il regime fiscale delle componenti straordinarie
di conto economico, le indicazioni da fornire nel quadro EC del
Modello UNICO 2005, ed il vincolo sulle riserve di patrimonio netto
che si origina a seguito dell’operazione. Tuttavia la Relazione
Governativa al D. Lgs 344/2003 chiarisce, per effetto della previsione
contenuta nella norma transitoria di cui all’art. 4 comma primo lettera
h), che le sopravvenienze che si originano a seguito dell’abolizione
delle interferenze pregresse non hanno rilevanza fiscale 37.
37
La dichiarazione UNICO 2005 SC prevede, a tal fine, tra i righi relativi alle variazioni in
diminuzione il rigo RF43, che deve essere utilizzato per “sterilizzare” gli effetti fiscali della
sopravvenienza attiva.
139
3.3.1.3 INDICAZIONI RELATIVE AL QUADRO EC DEL
MODELLO UNICO
Gli effetti del disinquinamento del bilancio sono rilevati nella
colonna 1 dei singoli righi del quadro EC; per ciascuna delle voci
interessate devono essere dichiarati gli importi oggetto di rettifica.
In via cumulativa deve essere indicato l’importo delle imposte
differite correlate all’operazione 38.
Nella compilazione di tale quadro vi sono alcune indicazioni
importanti da considerare: in primo luogo qualora non si proceda alla
deduzione extracontabile di alcun costo nel 2004, l’importo del
disinquinamento operato è pari alla differenza tra il valore civile ed il
valore fiscale del bene 39; in secondo luogo l’ammontare delle
rettifiche e degli accantonamenti da indicare è “quello che risulta al
termine del periodo d’imposta … , vale a dire al netto del
riassorbimento di tali rettifiche e accantonamenti verificatosi nel
periodo stesso”40; infine il disinquinamento può riguardare anche i
casi in cui per la deduzione di un componente negativo si sia
proceduto, nei bilanci precedenti, ad iscrivere un’apposita riserva in
38
Si precisa che l’importo delle imposte differite, esposto cumulativamente, si riferisce sia al
disinquinamento dalle interferenze fiscali pregresse sia alle deduzioni extracontabili di periodo.
39
Da indicare rispettivamente nelle colonne 4 e 5 di ciascun rigo del quadro EC.
40
Così come scritto nelle istruzioni dei modelli di dichiarazione UNICO 2005 SC (Quadro EC).
140
sospensione d’imposta41, caso in cui ferma restando la compilazione
del prospetto, non dovrà procedersi ad alcuna variazione nel Quadro
EC. In realtà in questo caso si tratta di un disinquinamento sui generis
dato che, adottando la metodologia di deduzione extracontabile dei
costi nei bilanci precedenti, il patrimonio netto non è stato intaccato 42.
3.3.1.4
LA RISERVA PER AMMORTAMENTI ANTICIPATI
I soggetti che, in esercizi precedenti a quello di applicazione
della nuova disciplina, hanno imputato gli ammortamenti anticipati
all’apposita riserva di patrimonio netto, devono riclassificare detta
riserva ad una riserva liberamente distribuibile.
È opportuno, inoltre, anche se non obbligatorio, utilizzare il
Quadro EC per indicare gli ammortamenti anticipati pregressi, al fine
di agevolare la corretta e completa gestione del Quadro EC medesimo
negli esercizi successivi.
41
Ad esempio la riserva ammortamenti anticipati.
La procedura sopra descritta risponderebbe a due finalità di altra natura:
1) inserire nel prospetto EC i dati di quelle attività che, comunque, hanno un valore civile
divergente da quello fiscale per effetto dell’utilizzo di una norma che permette la deduzione dei
costi anche in assenza di una giustificazione civilistica;
2) determinare il dato delle riserve di patrimonio netto vincolate, posto che nel bilancio 2004 la
riserva ad esempio per ammortamenti anticipati viene “girata” ad una riserva generica (la
sospensione d’imposta avviene per masse e non su una specifica posta di patrimonio netto).
42
141
3.4
RETTIFICHE
DI
OPERATI
FINI
A
VALORE
FISCALI.
E
ACCANTONAMENTI
ABROGAZIONE
DEL
SECONDO COMMA DELL’ART. 2426 C.C. E MODIFICA
DELL’ART. 2427 C.C.
Il secondo comma dell’art. 2426 C.C. non consentiva di avere
una rappresentazione veritiera e corretta della gestione aziendale. Il
legislatore pertanto è intervenuto con la sua soppressione43, mediante
la quale è stato possibile ottenere il disinquinamento del bilancio dal
fattore fiscale 44.
Dunque non è più possibile effettuare ammortamenti, rettifiche
di valore o accantonamenti in bilancio privi di una giustificazione di
carattere civilistico ed effettuati esclusivamente per motivi fiscali45.
La ratio di tale disposizione è quella di evitare che le risultanze
del bilancio di esercizio possano venire inquinate dall’appostazione
contabile di componenti negativi di reddito, rilevati o comunque
quantificati in applicazione di norme di natura fiscale, al fine di
assicurarne la deducibilità dal reddito d’impresa.
43
Si ricorda che il secondo comma dell’art. 2426 fu introdotto con la Legge n. 503/1994.
RUGGIERO L’eliminazione delle interferenze fiscali dal bilancio di esercizio in “Diritto e
Pratica delle società” n. 2/2004
45
La deducibilità può, grazie all’art. 109 comma 4 del nuovo TUIR, essere conseguita
semplicemente esponendo i relativi costi nella dichiarazione dei redditi, dunque in via
extracontabile.
44
142
In particolare questa modifica di valutazioni può essere intesa:
Ø come modifica di principi contabili in linea con la tendenza
interpretativa prevalente;
Ø come mero effetto dell’abrogazione di una norma speciale
che comporta l’obbligo di esporre tutte le voci di bilancio (e
quindi anche le voci di patrimonio netto) secondo i valori
determinati dall’applicazione dei soli criteri civilistici di
redazione del bilancio 46.
Riguardo al concetto di modifica di principio contabile sono incluse in
questa ipotesi anche le modifiche di valutazioni non volontarie ma
indotte da atti esterni tra i quali anche la legge.
La seconda tesi porterebbe a concludere che tutte le voci del
bilancio, per effetto dell’entrata in vigore della riforma societaria,
dovrebbero riflettere esclusivamente le valutazioni civilistiche 47.
Tramite la soppressione del comma secondo dell’art. 2426 C.C.
il bilancio viene epurato a monte da elementi di derivazione
meramente fiscale, estranei alla dimensione economica, patrimoniale e
finanziaria della vita sociale.
46
DI TANNO T. e ROGNONI M. Rappresentazione in bilancio degli effetti dell’eliminazione
delle interferenze fiscali in “Bollettino tributario d’informazioni” del 15/11/2004 n. 21 pg.1532.
47
Anche il patrimonio netto e quindi anche le riserve di utili di precedenti esercizi dovrebbero
essere esposti secondo i valori depurati dalle interferenze fiscali, peraltro desumibili dalla nota
integrativa dei precedenti esercizi.
143
Dall’altro lato l’art. 2427 comma primo C.C. al n. 14 imponeva
di evidenziare in Nota integrativa “i motivi delle rettifiche di valore e
degli accantonamenti eseguiti esclusivamente in applicazione di
norme tributarie ed i relativi importi”, evidenziando questi ultimi
“rispetto all’ammontare complessivo delle rettifiche e degli
accantonamenti risultanti dalle apposite voci del conto economico”. In
tal modo il lettore del bilancio veniva posto in condizione di
discernere il peso delle rettifiche di valore e degli accantonamenti
operati esclusivamente in applicazione di disposizioni tributarie sulla
rappresentazione
della
situazione
economica,
patrimoniale
e
finanziaria della società.
Una problematica da risolvere consiste nello stabilire se ed in
che modo possano essere mantenute le possibilità di effettuare
rettifiche di valore ai soli fini fiscali nel nuovo regime al fine della
determinazione del reddito d’impresa.
Secondo una parte della dottrina 48 il secondo comma dell’art.
2426 C.C. risultava applicabile soltanto alle disposizioni tributarie di
48
CARATOZZOLO M. Il bilancio d’esercizio, Giuffré, Milano, 1998 pg. 670. Così come
MICHELUTTI R a proposito delle norme sovvenzionali sostiene che esse “abilitano ad esentare
dal prelievo una determinata fetta di utili d’esercizio, a condizione che questi vengano vincolati a
riserva anziché essere distribuiti ai soci”. In altre parole si tratta di norme “che consentono
esplicitamente la deduzione di costi civilisticamente non imputabili a conto economico a scopo di
incentivazione”.
144
natura sovvenzionale o agevolativi. Per contro la dottrina prevalente 49
includeva tra le norme tributarie richiamate dall’art. 2426 comma 2
anche le disposizioni non qualificabili come sovvenzionali, la cui
applicazione consente di usufruire di benefici fiscali non altrimenti
realizzabili50.
Di queste due tesi il legislatore fiscale ha accolto l’impostazione
più ampia in conformità con la dottrina prevalente.
Pertanto potranno essere dedotti gli ammortamenti, gli accantonamenti
e le rettifiche operati in applicazione di norme tributarie, anche se non
rientranti nelle norme sovvenzionali in senso stretto.
Tra le ragioni della scelta operata dal legislatore la Relazione
ministeriale al D. Lgs n. 344/2003 si ricordano:
Ø dato che il secondo comma dell’art. 2426 è stato interpretato
in senso lato “non sarebbe coerente, ora che non si deve più
inquinare il bilancio, immaginare un ambito più ristretto,
limitato, cioè, alle sole norme sovvenzionali” 51;
49
ROSSI L. e SCIARONO P. Le partecipazioni immobilizzate: aspetti civilistici e fiscali connessi
all’impostazione di bilancio in “Bollettino tributario” n. 12 Anno 2001 pg. 887; Lupi R. Le
implicazioni fiscali nella redazione del bilancio delle aziende di credito in “Rivista di diritto
tributario”, I, Anno 1993, pg. 1272.
50
Ad esempio è il caso dei regimi di determinazione forfetaria dei componenti negativi di reddito
e, in particolare, di quelli a carattere estimativo.
51
Così recita la Relazione ministeriale al D. Lgs. n. 244/2003.
145
Ø le misure forfetarie sono applicabili anche dalle imprese che,
alternativamente non redigono il bilancio o lo redigono
senza doversi attenere alle disposizioni della IV Direttiva;
Ø le misure di forfetizzazione, pur non essendo agevolative in
senso stretto, costituiscono in ogni caso opportunità o
vantaggi offerti dal legislatore, e hanno comunque la
funzione di eliminare controversie su una materia altrimenti
di difficile definizione, quale quella delle valutazioni52.
52
Secondo la Relazione Governativa tali misure “rispondono ad un interesse fiscale di portata più
generale e operano a vantaggio sia dei contribuenti (laddove risultino di importo superiore a
quello effettivamente imputabile a conto economico) sia a favore del Fisco, laddove limitino
svalutazioni e rettifiche di entità economica più consistente rilevate in bilancio”.
146
3.5 IL
PROSPETTO
IN
LUOGO
DELLA
VECCHIA
APPENDICE FISCALE
Le componenti di reddito che potranno essere dedotte con
l’iscrizione nell’apposito prospetto 53 sono costituite da tutti gli
ammortamenti, rettifiche di valore e accantonamenti, effettuati
esclusivamente in applicazione di norme tributarie e che dovevano
ritenersi imputabili a conto economico in forza dell’abrogato comma 2
dell’art. 2426 del C.C.
A titolo esemplificativo, possono pertanto essere dedotti in via
extracontabile, oltre agli ammortamenti anticipati, anche gli
ammortamenti ordinari dei beni materiali ed immateriali, le
svalutazioni dei crediti, le svalutazioni per rischio contrattuale delle
rimanenze relative ai lavori di durata ultrannuale, gli accantonamenti
per oneri derivanti da operazioni e concorsi a premio per la parte in
cui la relativa misura ecceda quella civilisticamente necessaria.
Il testo normativo, relativamente ai costi e spese da indicare
nell’apposito prospetto evidenzierebbe qualche dubbio applicativo
quando al quarto comma lettera b) dopo il periodo; “Gli
ammortamenti…” usa il termine “le altre rettifiche di valore e gli
53
Quadro EC del modello UNICO. Per un esempio numerico si rimanda all’APPENDICE B al
termine di questo capitolo.
147
accantonamenti…”, ponendo perplessità su quei costi e spese non
riconducibili del tutto al concetto di ammortamento, rettifiche e
accantonamenti con valenza solo fiscale; il campo di applicazione,
infatti, è più ampio, interessando tutte quelle norme che prevedono,
oltre alle misure sovvenzionali, anche deduzioni forfetarie, che
costituiscono opportunità fiscali.
Dalla Relazione di accompagnamento della Commissione Gallo
allo “Schema di articolato relativo all’adeguamento del vigente
sistema fiscale alla riforma del diritto societario” trova conferma tale
ultima considerazione 54. Di conseguenza nell’apposito prospetto sono
da evidenziare sia le opportunità di carattere sovvenzionale 55 sia
quelle di natura forfetaria 56; analoga situazione per quelle
immobilizzazioni immateriali per le quali la durata fiscale
dell’ammortamento è minore rispetto a quella civilistica con
conseguente implicita norma di favore 57.
54
In tale Relazione è scritto: “… sono emerse due tesi: una, più ampia, riconduce a questa
nozione sia le misure aventi esplicite finalità sovvenzionali, sia i regimi di determinazione
forfetaria dei componenti negativi e, in particolare, quelli a carattere estimativo, quali le
svalutazioni; l’altra più restrittiva, limita l’ambito di dette opportunità solo alle prime, e cioè solo
alle misure sovvenzionali. È prevalsa l’impostazione più ampia…”.
55
Quali ad esempio gli ammortamenti anticipati (art. 102 Tuir) e la diluizione nella tassazione
delle plusvalenze e delle sopravvenienze attive (artt. 86-88).
56
Quali ad esempio gli oneri di utilità sociale (art. 100 Tuir), la svalutazione dei crediti (art. 108
Tuir), gli accantonamenti per lavori ciclici (art. 107 Tuir), la svalutazione delle opere in corso (art.
93 Tuir).
57
Un esempio potrebbe essere quello di un ammortamento civilistico delle poste “avviamento” o
“marchi” in misura del 5% pari ad una durata di 20 anni, con deducibilità, in sede di dichiarazione
fiscale, nell’apposito prospetto, della differenza consentita dalla norma fiscale 5% (10%-5%).
148
Il
prospetto
si
concretizza
nel
quadro
EC,
inserito
immediatamente dopo il quadro RF nel Modello UNICO ed assolve
sostanzialmente a due funzioni58:
1) permettere la deduzione dall’imponibile di ammortamenti,
accantonamenti ed altre rettifiche di valore, per la parte
eccedente il corretto limite civilistico imputato a conto
economico, e fino alla misura massima consentita dalla
normativa fiscale (eccedenza di periodo);
2) eliminare dal bilancio d’esercizio eventuali interferenze di
natura fiscale derivanti da ammortamenti, accantonamenti ed
altre rettifiche, imputate a conto economico in precedenti
esercizi in misura superiore al corretto limite civilistico
(eccedenza pregressa).
In presenza di una delle suddette fattispecie e della corretta
predisposizione del prospetto la deduzione degli oneri sul piano
fiscale è operabile extracontabilmente.
58
La norma attuale si limita ad affermare che il prospetto costituirà parte integrante della
dichiarazione dei redditi ma non fornisce le modalità di compilazione dello stesso demandando il
compito a successivi provvedimenti ministeriali.
149
Il prospetto deve essere compilato unitamente ai seguenti righi del
Quadro RF:
Ø Rigo RF5 e/o RF6, destinati ad accogliere, rispettivamente, i
componenti negativi e/o positivi di reddito dedotti
extracontabilmente nell’esercizio;
Ø Rigo RF47, destinato ad accogliere gli effetti del
disinquinamento delle interferenze fiscali imputate in
150
precedenti esercizi, per cui si siano prodotte sopravvenienze
attive.
151
3.5.1
LE
PRINCIPALI
FATTISPECIE
POSSIBILI
PER
L’ATTIVAZIONE DEL PROSPETTO
Ø Ammortamenti ordinari di beni materiali ed immateriali
nella misura consentita dagli artt. 102 e 103 TUIR anche se
diversi da quelli civilisticamente corretti sulla base della
residua possibilità di utilizzazione del bene;
Ø Ammortamenti anticipati;
Ø Ammortamenti di beni di costo unitario non inferiore a
516,46 euro;
Ø Svalutazione di crediti commerciali nel limite forfetario
dello 0,5% del valore nominale o del costo d’acquisto;
Ø Accantonamenti per rischi ed oneri contrattuali su opere,
forniture e servizi di durata ultrannuale;
Ø Accantonamenti a fronte delle spese per lavori ciclici di
manutenzione e revisione delle navi e degli aeromobili (art.
107 comma 1);
Ø Accantonamenti a fronte di oneri per operazioni a premio
(art. 107 comma 3).
152
3.6 ANALISI DEL NUOVO ARTICOLO 109 DEL TUIR59
Diretta conseguenza dell’abrogazione dell’art. 2426, secondo
comma C.C. è l’introduzione dell’art. 109 del Tuir 60 riguardante gli
aspetti relativi alle norme generali del reddito d’impresa.
PRINCIPI GENERALI DI VALUTAZIONE E DI
DETERMINAZIONE DEL REDDITO D’IMPRESA AI FINI
FISCALI
Principi generali di determinazione del reddito (art. 109 TUIR)
Ø Competenza (comma primo): i ricavi, le spese e gli altri
componenti positivi e negativi, salvo diversa disposizione,
concorrono a formare il reddito d’impresa nell’esercizio di
competenza, a meno che la loro esistenza non sia ancora
certa o il loro ammontare non sia determinabile in modo
oggettivo, nel qual caso sono imputati al reddito del periodo
d’imposta in cui si verificano tali condizioni.
Ø Imputazione (comma quarto): i costi sono deducibili solo se
imputati a conto economico con alcune eccezioni.
Ø Inerenza (comma quinto): le spese e gli altri componenti
sono deducibili se ed in quanto si riferiscono ad attività o
beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a
formare il reddito d’impresa.
59
Già art. 75 vecchio TUIR. Inoltre oltre alla modifica apportata all’art. 75 dal nuovo art. 109 della
riforma sono modificati anche i seguenti articoli del Tuir:
-art. 67 comma 3 sugli ammortamenti anticipati, ora art. 102;
-art. 70 comma 2-bis sugli accantonamenti del TFR destinati a forme pensionistiche
complementari, ora art. 105;
-art. 71 commi 1 e 3 su accantonamenti per rischi su crediti, ora art. 106;
-art. 73 comma 3 su accantonamenti per operazioni a premio, ora art. 107.
60
Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 25/E del 17 giugno 2004.
153
Il primo comma sancisce, ai fini dell’imputazione del periodo
d’imposta, il principio di competenza temporale dei componenti
positivi e negativi di reddito 61; inoltre se i componenti reddituali sono
incerti, questi assumono rilevanza fiscale nell’esercizio in cui si
verifica la certezza e l’obiettiva determinabilità del loro ammontare. In
questi termini i ricavi, le spese e le altre componenti che concorrono a
determinare il reddito nell’esercizio di competenza devono risultare
certi ed obiettivamente determinabili nel loro ammontare.
Al secondo comma si dispone in primo luogo che i corrispettivi
delle cessioni si considerano conseguiti e le spese di acquisizione dei
beni si considerano sostenute per i beni mobili alla data della
consegna o spedizione 62, e per i beni immobili e per le aziende alla
data di stipulazione dell’atto; in secondo luogo i corrispettivi delle
prestazioni di servizi si considerano conseguiti e le spese di
acquisizione di essi sostenute alla data in cui le prestazioni di servizi
sono ultimate 63; infine per quanto riguarda le società e gli enti che
hanno fatto ricorso al finanziamento esterno, mediante l’emissione di
obbligazioni o titoli similari, si considera di competenza e, quindi,
61
Tale principio viene mutuato dalla disciplina civilistica ed in particolare dal n. 3 dell’art. 2423.
ai sensi del suddetto articolo si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza
dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento. In effetti è contrapposto
al principio di cassa.
62
Ovvero se diversa e successiva alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della
proprietà o di altro diritto reale.
63
Inoltre per le prestazioni di servizi dipendenti da contratto di locazione, mutuo, assicurazione e
altri contratti da cui derivano corrispettivi periodici, alla data di maturazione dei corrispettivi.
154
deducibile la differenza tra le somme dovute alla scadenza e quelle
ricevute a seguito dell’emissione per una quota determinata con
riferimento al piano di ammortamento.
Il terzo comma fissa il principio secondo il quale i ricavi, gli
altri proventi di ogni genere e le rimanenze concorrono alla
determinazione del reddito anche se non risultano imputati al conto
economico.
Di estrema importanza per l’analisi del disinquinamento fiscale
del bilancio è il quarto comma dell’articolo in esame, che statuisce che
non sono ammessi in deduzione le spese e gli altri componenti
negativi se non risultano imputati al conto economico relativo
all’esercizio di competenza.
In questo senso il legislatore sembra ammettere la deducibilità
dei soli componenti del reddito d’impresa imputati a conto economico.
Alla lettera b) si stabilisce che è possibile dedurre gli
ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, le rettifiche di valore
e gli accantonamenti64, a condizione che il loro importo complessivo, i
64
I componenti negativi di reddito in oggetto sono rappresentati da:
-ammortamenti anticipati o ordinari eccedenti “la residua possibilità di utilizzo” (art. 102 comma
3);
-ammortamento integrale (art. 102 comma 5);
-ammortamento beni immateriali eccedenti (art. 103);
-ripartizione spese relative a più esercizi (art. 108);
-svalutazioni crediti (art. 106);
-svalutazioni per rischi contrattuali dei lavori ultrannuali (art. 93);
-accantonamenti per lavori ciclici di manutenzione e revisione navi e aeromobili(art. 107);
155
valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi siano indicati
espressamente nell’apposito prospetto della dichiarazione dei redditi.
Tuttavia la norma stabilisce che sono comunque deducibili:
Ø i componenti negativi imputati al conto economico di un
esercizio precedente a condizione che la deduzione sia stata
rinviata a norma di legge e quelli che concorrono alla
formazione del reddito 65 se e nella misura in cui risultino da
elementi certi e precisi;
Ø i componenti negativi che sebbene non siano imputabili al
conto economico sono in ogni modo deducibili ex lege. In
quest’ultimo caso il legislatore ha previsto la deducibilità dei
componenti negativi in virtù di espresse disposizioni di
legge66.
Nel disposto del quarto comma, inoltre, trova il suo
completamento il nesso di pregiudizialità-dipendenza67, principio del
collegamento tra conto economico e dichiarazione del reddito fiscale
codificato dall’art. 83 dell’attuale TUIR.
-oneri per operazioni e concorsi a premio (art. 107 comma 3);
sempre che eccedano la misura civilistica imputabile.
65
Ad esempio acquisto merci.
66
Es. art. 95: partecipazione agli utili degli amministratori, dei dipendenti e degli associati in
partecipazione.
67
Sul nesso di pregiudizialità-dipendenza si rimanda al capitolo II. si ricorda che si ha una
pregiudizialità della determinazione dell’utile civilis tico rispetto all’accertamento dell’imponibile
fiscale, ed una dipendenza di quest’ultimo rispetto al primo.
156
Al quinto comma troviamo il principio dell’inerenza dei costi
all’attività dell’impresa come condizione di deducibilità e stabilisce:
Ø che le spese e gli altri componenti negativi, diversi dagli
interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di
utilità sociale, sono deducibili se e nella misura in cui si
riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri
proventi che concorrono a formare il reddito;
Ø se le spese e gli altri componenti negativi (spese generali) si
riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di
proventi non computabili nella determinazione del reddito,
sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto tra
l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono
a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i
ricavi e proventi.
Il sesto comma dispone che, qualora nell’esercizio siano stati
conseguiti interessi ed i proventi esenti da imposta derivanti da
obbligazioni
pubbliche
e
private
sottoscritte,
che
eccedono
l’ammontare degli interessi passivi, fino a concorrenza dell’eccedenza
degli interessi esenti sugli interessi passivi, questi sono indeducibili 68.
68
La restante quota è deducibile solo in proporzione al rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli
altri proventi che non concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e
proventi da cui si è sottratto l’importo non ammesso in deduzione.
157
Il settimo comma derogando al principio di competenza
stabilisce che gli interessi di mora69 partecipano alla determinazione
del reddito nel periodo di imposta in cui sono stati percepiti o
corrisposti. Vige, così, il principio di cassa.
Ancora l’ ottavo comma, derogando alla norma di cui al quinto
comma, stabilisce l’indeducibilità del costo sopportato per l’acquisto
di diritti reali di godimento riguardante una partecipazione societaria
da cui derivino utili esclusi applicando la specifica disciplina in tema
di interessi e dividendi.
Infine il nono comma prevede l’indeducibilità di ogni tipo di
provento dovuto su titoli e strumenti finanziari similari, relativamente
alla quota che consente la partecipazione agli utili della società
emittente o di altre società collegate o che hanno collaborato all’affare
per il quale sono stati emessi gli strumenti finanziari, e proventi
derivanti da contratti di associazione in partecipazione70 e di
cointeressenza71, nel momento in cui sia previsto un conferimento
diverso da quello di opere e servizi.
69
Gli interessi di mora sono proventi che possono maturare, in caso di inadempimento da parte del
debitore di una obbligazione pecuniaria a suo carico. La mora ricorre quando al momento della
scadenza del pagamento il debitore è insolvente.
70
Il contratto di associazione in partecipazione è regolato dagli art. 2449 e ss. del C.C.; pur non
essendo prevista alcuna forma è necessario, per la deducibilità fiscale, procedere alla registrazione
dell’atto. Il compenso spettante all’associato può essere sull’intero utile sociale o su una o più
specifiche operazioni.
71
Il contratto di cointeressenza è previsto dall’art. 2554 C.C. ed è tassato con gli stessi criteri
previsti per l’associazione in partecipazione.
158
La motivazione di tale disposizione trova il proprio fondamento
nella volontà del legislatore tributario di garantire che gli utili
temporaneamente non tassati vengano trattenuti nell’impresa e non
siano soggetti a distribuzione sottoforma di dividendi o di riserve.
3.6.1 LA DEDUZIONE EXTRACONTABILE DEI COSTI. I
REQUISITI
L’art. 109 comma quarto lett. b) secondo periodo del nuovo
Tuir detta alcune condizioni che devono sussistere affinché i
componenti negativi di reddito possano essere dedotti dal reddito
d’impresa.
A tale scopo il nuovo Tuir conferma l’obbligo di preventiva
imputazione degli oneri al conto economico dell’esercizio di
competenza. Vengono poi previsti alcuni casi al ricorrere dei quali la
deduzione è comunque ammessa indipendentemente dalla predetta
allocazione.
159
In particolare analogamente all’art. 75, comma quarto del
vecchio Tuir 72, l’art. 109, comma quarto del nuovo Tuir, ammette la
possibilità di portare in riduzione dal reddito d’impresa gli oneri:
Ø imputati a conto economico di un esercizio precedente la cui
deduzione sia stata rinviata in conformità alle norme della
Sezione I del Capo II del Titolo II del nuovo Tuir 73 che
dispongono o consentono il rinvio;
Ø deducibili per disposizione di legge, pur non essendo
imputabili al conto economico;
Ø afferenti i ricavi e gli altri proventi che pur non risultando
imputati al conto economico concorrono a formare il
reddito; tali costi e spese sono ammessi in deduzione se e
nella misura in cui risultano da elementi certi e precisi.
Al fine di consentire al contribuente di continuare ad usufruire
delle predette opportunità fiscali l’articolo in esame dispone che gli
ammortamenti dei beni materiali ed immateriali, le altre rettifiche di
valore e gli accantonamenti sono deducibili se, in apposito prospetto
della dichiarazione dei redditi, sono indicati il loro importo
complessivo ed i valori civili e fiscali dei beni e quelli dei fondi.
72
73
D.P.R. 917/1986
riguardanti la determinazione della base imponibile Ires.
160
Il mantenimento delle opportunità è dunque vincolato alla
redazione del quadro EC del modello UNICO.
Pertanto anche se in bilancio vengono imputati ammortamenti,
accantonamenti e rettifiche di valore inferiori all’ammontare massimo
fiscalmente deducibile, può comunque essere portato in riduzione dal
reddito d’impresa un importo superiore a quello civilistico74.
Come chiarito dalla Relazione governativa al D. Lgs. 344/2003
alla luce del nuovo quadro normativo è stato necessario modificare
quelle disposizioni che consentivano la deduzione a condizione che un
determinato onere fosse accantonato ad apposita riserva o ad apposito
fondo del passivo, e nello specifico:
Ø l’art. 67 comma 3 del vecchio Tuir 75;
Ø l’art. 70 comma 2-bis del vecchio Tuir 76;
Ø l’art. 71 comma 1 e 3 del vecchio Tuir 77;
Ø l’art. 73 del vecchio Tuir 78.
Il fatto che il bilancio non accoglie più quelle voci che potevano
essere stanziate al solo scopo di fruire degli effetti della normativa
fiscale non significa che si perda il diritto a fruire di tutte quelle
74
Si tratta di una circostanza in via di principio non ammessa nel previgente Tuir in quanto la
differenza tra l’importo fiscale ed il minor ammortamento o accantonamento contabilmente
operato non trovava rispondenza nel conto economico.
ROSCINI VITALI F. Ammortamenti tra due discipline da “Il Sole 24 Ore” del 14.07.2003 pg. 24.
75
L’art. 67 comma terzo del D.P.R. 917/1986 si riferiva agli ammortamenti anticipati.
76
Quote di accantonamento annuale del TFR destinate a forme pensionistiche complementari.
77
Svalutazione dei crediti.
78
Altri accantonamenti.
161
opportunità che le disposizioni tributarie offrono per la deduzione di
ammortamenti, rettifiche di valore ed accantonamenti; essi, infatti,
continuano ad essere dedotti ma solamente attraverso la loro
indicazione in un apposito prospetto della dichiarazione dei redditi.
Si definiscono costi deducibili extracontabilmente ai sensi
dell’art. 109 comma quarto lett. b) “gli ammortamenti dei beni
materiali ed immateriali, le altre rettifiche di valore e gli
accantonamenti”.
Ed i costi di periodo dedotti extracontabilmente non
determinano effetti sul bilancio, escluse quelle voci relative alle
imposte, posto che la deduzione ha un riflesso sia sulla fiscalità
corrente che su quella differita.
3.6.1.1 LA DEDUCIBILITA’ DELLE IMMOBILIZZAZIONI
IMMATERIALI E MATERIALI
Nella
nuova
formulazione
del
Tuir
viene
disciplinata
specificamente la deducibilità di alcune immobilizzazioni immateriali
(art. 103) e dei costi relativi ai beni materiali (art. 102).
162
In primo luogo in generale la deducibilità delle quote di
ammortamento dei beni immateriali è consentita dal momento
dell’acquisto del bene o del diritto, indipendentemente dal suo
concreto utilizzo nel processo produttivo. Diversamente da quanto
previsto per le immobilizzazioni materiali non sono consentiti
ammortamenti in misura diversa da quella ordinaria.
La prima parte dell’art. 103 Tuir disciplina i criteri di deduzione
del costo sostenuto dall’impresa per l’acquisizione dei diritti di
utilizzazione delle opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei
processi, formule ed informazioni relativi ad esperienze acquisite in
campo industriale, commerciale o scientifico. Le quote di
ammortamento di queste immobilizzazioni sono deducibili in misura
non superiore ad un terzo del loro costo. Invece le quote di
ammortamento degli oneri relativi ai marchi d’impresa sono deducibili
in misura non superiore ad un decimo del costo. Inoltre il terzo
comma dell’art. 103 che disciplina l’ammortamento dell’avviamento 79
acquisito a titolo oneroso dall’impresa, ad esempio, in conseguenza
dell’acquisto di un ramo d’azienda, prevede la deducibilità delle quote
stanziate a conto economico in misura non superiore ad un decimo del
valore complessivo dell’avviamento.
79
A norma dell’art. 2426, n. 6, l’avviamento deve essere ammortizzato in cinque esercizi mentre
fiscalmente sono deducibili quote non superiori ad un decimo del costo.
163
Con riferimento agli esercizi in cui nel bilancio vengono
effettuati ammortamenti delle immobilizzazioni immateriali eccedenti
i limiti sopra indicati, dovrà essere effettuata in dichiarazione dei
redditi
una
variazione
in
aumento
del
reddito
imponibile
corrispondente alla differenza tra la misura dell’ammortamento
imputato a conto economico e la misura massima dell’ammortamento
fiscalmente deducibile. Negli esercizi in cui, invece, l’ammortamento
civilistico è completato mentre fiscalmente rimangono ancora quote di
ammortamento da dedurre, si avranno delle corrispondenti variazioni
in diminuzione.
Per quanto riguarda la deducibilità dei costi relativi ai beni
materiali disciplinata dall’art. 102 TUIR, che sostituisce il precedente
art. 67 TUIR, la deducibilità delle quote di ammortamento è
subordinata all’entrata in funzione del bene.
Le quote di ammortamento fiscalmente deducibili sono
determinate in base a specifici coefficienti stabiliti dal Ministero
dell’Economia e delle Finanze con il D.M. 31 dicembre 1988. Tali
coefficienti sono diversi in funzione del tipo di bene e dell’attività
svolta dall’impresa che lo impiega.
La misura dell’ammortamento fiscalmente deducibile nel primo
esercizio di entrata in funzione del bene è pari alla metà del valore che
164
si ottiene moltiplicando il costo di acquisizione del bene per il
coefficiente ministeriale.
Nel nuovo art. 102 del TUIR non è più riproposta la
disposizione disciplinata dall’art. 67 comma quarto del vecchio TUIR
concernente la parziale limitazione della deducibilità conseguente
all’effettuazione degli ammortamenti ridotti80.
Considerando che i fattori produttivi impiegati dall’impresa
possono subire un deperimento maggiore rispetto a quello medio delle
imprese con analoga attività sono previste due tipologie di
ammortamento diverse rispetto all’ammortamento ordinario, quali
l’ammortamento anticipato e quello accelerato.
Ponendo l’attenzione sull’ammortamento anticipato esso può
essere stanziato dall’impresa nel primo esercizio di entrata in funzione
del bene e nei due successivi, e consente di dedurre ai fini fiscali una
maggior parte di costo rispetto a quella calcolata in base all’aliquota
ordinaria. La deduzione delle quote di ammortamento anticipato
consente di imputare una quota di costo maggiore nei primi esercizi di
utilizzo del bene che, in taluni casi, sono anche quelli nei quali la
perdita di valore è più alta.
80
In caso di ammortamento fatto in un esercizio in misura inferiore rispetto alla metà della misura
dell’aliquota fiscale massima era stabilita l’indeducibilità del minore ammontare al termine del
periodo dell’ammortamento fiscale, a meno che non si fosse in grado di dimostrare l’effettiva
minore utilizzazione del bene rispetto a quella normale del settore.
165
In particolare nel caso di beni acquistati usati l’ammortamento
anticipato è consentito soltanto nel primo esercizio di utilizzo del
bene.
Tale
ammortamento
anticipato
calcolato
per
ottenere
unicamente un beneficio fiscale, non rappresentando il vero
deperimento del bene, può essere dedotto in via extracontabile, in
ossequio alla nuova normativa concernente l’eliminazione delle
interferenze fiscali dal bilancio, mediante l’indicazione del rispettivo
importo nel QUADRO EC della dichiarazione dei redditi.
L’ammortamento anticipato che non trova corrispondenza nel
costo imputato a conto economico origina una variazione in
diminuzione
del
reddito
imponibile
(ammortamento
fiscale>ammortamento contabile) negli esercizi in cui esso è
effettuato.
Correlativamente negli esercizi successivi a quello in cui il
costo è stato completamente ammortizzato dal punto di vista fiscale, le
quote residue di ammortamento contabile doverosamente imputate a
conto economico risultano indeducibili, e dunque originano in
dichiarazione dei redditi una corrispondente variazione in aumento del
reddito imponibile.
166
3.6.2 VINCOLI ALLA DISTRIBUZIONE DI RISERVE ED UTILI
COSTI
FISCALMENTE
RESTANTI RISERVE
DEDOTTI
DEL PATRIMONIO
COSTI IMPUTATI A
NETTO (2)
CONTO
ECONOMICO (1)
DISTRIBUZIONE UTILI O
RISERVE
La quota distribuita viene ripresa a tassazione fino
a concorrenza della differenza tra (1) e (2)
Il quarto comma dell’art. 109 TUIR 81 prevede che nel caso di
distribuzione, le riserve di patrimonio netto e gli utili di esercizio,
anche se conseguiti in periodi d’imposta successivi a quello al quale si
riferisce la deduzione, concorrano alla formazione del reddito
d’impresa.
81
“In caso di distribuzione, le riserve di patrimo nio netto e gli utili d’esercizio, anche se conseguiti
successivamente al periodo d’imposta cui si riferisce la deduzione, concorrono a formare il reddito
se e nella misura in cui l’ammontare delle restanti riserve di patrimonio netto, diverse dalla riserva
legale, e dei restanti utili portati a nuovo risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti, delle
rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati al conto economico, al
netto del fondo imposte differite correlato agli importi dedotti”.
167
Si rileva che le riserve patrimoniali e gli utili di esercizio
possono concorrere a formare il reddito solo se l’ammontare delle
restanti riserve risulti inferiore all’eccedenza degli ammortamenti,
delle rettifiche di valore e degli accantonamenti dedotti rispetto a
quelli imputati a conto economico al netto del fondo imposte differite
correlato agli importi dedotti.
Obiettivo del vincolo sulle riserve e sugli utili è costituito
dall’assoggettare ad imposizione la distribuzione della frazione
dell’utile emersa in conto economico a motivo della deduzione nella
dichiarazione dei redditi di componenti negativi che non sono stati
imputati a conto economico.
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 10/E del 16 marzo
200582, infatti, sottolinea che per la copertura di perdite sia irrilevante
l’utilizzo di riserve vincolate a garanzia delle deduzioni extracontabili
anche se avviene in un esercizio successivo a quello in cui sono stati
distribuiti utili o riserve non tassati.
Il vincolo si trasferirà sulle riserve di patrimonio netto che si
formeranno nei successivi esercizi che non saranno liberamente
distribuibili senza imposizione 83.
82
Il cui oggetto: “Risposte fornite in occasione di incontri con la stampa specializzata”.
È possibile distribuire liberamente fino a R+U-(C-F) [dove C rappresenta i costi dedotti ma non
imputati ed F è il fondo imposte differite] mentre l’importo eventualmente distribuito in eccedenza
è soggetto a tassazione.
83
168
Innanzitutto è indispensabile che siano esistenti al momento
della delibera le riserve e gli utili necessari a coprire le deduzioni
extracontabili che possono essersi creati precedentemente o
successivamente al periodo d’imposta nel quale sono state operate le
deduzioni. Di conseguenza si farà riferimento all’ultimo bilancio
approvato prima della delibera.
In altri termini in sede di distribuzione dell’utile dell’esercizio
contestualmente
all’approvazione
del
bilancio
occorrerà
fare
riferimento alle risultanze del prospetto che sarà inserito nella
dichiarazione dei redditi relativa al medesimo esercizio e che al
momento della delibera non è stata ancora presentata 84.
Con la citata disposizione l’impresa sarà libera di distribuire gli
utili e riserve eccedenti, ma incorre nella tassazione qualora tali
distribuzioni intacchino il livello di patrimonio netto che funge da
copertura dei benefici fiscali.
In particolare è necessario che nel patrimonio netto resti un
ammontare di riserve almeno pari alla differenza tra gli importi spesi
fiscalmente e quelli imputati a conto economico, al netto della fiscalità
differita.
84
Terzo periodo lettera b) del comma quarto dell’109 TUIR.
169
Se tale ammontare non residua nelle riserve del patrimonio
netto, senza considerare quella legale 85, la differenza distribuita
concorrerà a formare il reddito imponibile.
La ratio di tale disposizione va ricercata nel fatto che il
legislatore ha inteso condizionare la detassazione dell’utile al
mantenimento dello stesso nell’ambito dell’economia dell’impresa.
In sostanza il meccanismo mira al rafforzamento degli apparati
produttivi;
infatti,
impedire
la
distribuzione
dell’incremento
patrimoniale non tassato significa assicurare il suo impiego
nell’ambito imprenditoriale. La copertura patrimoniale richiesta non
ha funzione di garanzia per il pagamento delle imposte che saranno
pagate in futuro, poiché a tale scopo sono già destinate le imposte
differite, ma assicura che le deduzioni extracontabili permangano
nell’economia dell’impresa.
Se la distribuzione di utili o riserve intacca solo parzialmente il
patrimonio
di
copertura,
la
ripresa
a
tassazione
sarà
proporzionalmente correlata.
85
Come sottolinea anche la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 10 del 16 marzo 2005 si fa
riferimento nella norma alle “riserve di patrimonio netto, diverse dalla natura legale”. L’esclusione
della riserva legale per la copertura dell’ammontare delle deduzioni effettuate deriva da fatto che
tale riserva deve essere utilizzata esclusivamente per la copertura delle perdite d’esercizio e non a
finalità diverse. Per cui possono essere utilizzate a copertura delle deduzioni extracontabili operate
sia le riserve di utili, con la sola esclusione quindi della riserva legale, sia le riserve di capitali.
Tuttavia parte della dottrina ritiene che l’impossibilità di utilizzare la riserva legale è relativa in
quanto limitata al 20% del capitale sociale, come previsto dalla legge civile. Di conseguenza se
l’ammontare accantonato a riserva eccede tale limite l’eccedenza dovrebbe essere considerata nel
calcolo delle riserve che possono attuare la copertura dell’ammontare dei costi solo fiscali operati
dalla società.
170
La relazione al decreto legislativo precisa che l’indicata
sospensione d’imposta, a differenza di quanto avveniva in passato86,
viene realizzata per massa, vale a dire senza apporre vincoli espliciti
alle riserve iscritte in bilancio. Si tratta così di un vincolo patrimoniale
per massa, ossia un vincolo generale e non speciale su tutte le riserve
di utili per un valore corrispondente all’ammontare delle deduzioni
extra bilancio effettuate dalla società.
In tal modo viene rispettata l’esigenza di evitare qualsiasi
interferenza fiscale non solo con le poste del conto economico, ma
anche con quelle del patrimonio netto.
Infine la metodologia descritta si distingue dalla precedente
procedura della riserva in sospensione d’imposta prevista, per
esempio, per gli ammortamenti anticipati87 perché può avvenire anche
in situazione di perdita dal momento che non è più necessario
vincolare un utile in sospensione d’imposta.
86
Il legislatore non ha quindi previsto l’istituzione di un’apposita riserva in sospensione d’imposta
come avveniva in passato, ad esempio riguardo gli ammortamenti anticipati. Tale metodologia
infatti sarebbe stata in contrasto con il criterio direttivo contenuto nella legge delega di riforma del
diritto societario che prevede l’eliminazione delle interferenze fiscali nel bilancio d’esercizio, e
quindi anche di quelle relative allo stato patrimoniale.
87
Art. 67 comma terzo TUIR.
171
3.7 ANALISI DELLA QUESTIONE NELL’AMBITO DELLE
SOCIETA’ DI PERSONE
Le società di persone e le imprese individuali non hanno
l’obbligo di redigere il bilancio ma bensì un rendiconto sebbene
abbiano a livello teorico l’obbligo civilistico di disinquinare il
bilancio; d’altronde a livello fiscale non hanno nemmeno l’obbligo ma
una facoltà di presentare il Quadro EC.
L’art. 2217 C.C. prevede al secondo comma che “nelle
valutazioni di bilancio l’imprenditore deve attenersi ai criteri stabiliti
per i bilanci delle società per azioni, in quanto applicabili”; tale
regola vale per qualsiasi soggetto esercente un’impresa e quindi anche
per le società di persone. Tuttavia dato che le società di persone
redigono soltanto un mero rendiconto, le poste di bilancio con valenza
unicamente fiscale risulterebbero di difficile individuazione; pertanto
la dottrina 88 ha discusso sulla questione.
Dato che nelle società di persone il bilancio non dà alcuna
evidenza delle motivazioni che hanno determinato lo stanziamento di
ammortamenti,
rettifiche
di
valore
ed
accantonamenti,
il
88
ROSCINI VITALI F. Snc. Il disinquinamento è optional da “Il sole 24 ore” del 12 marzo 2005.
Viene precisato che “sarebbe auspicabile che le società di persone si uniformassero, per la
redazione dei documenti contabili, agli schemi previsti per le società di capitali, con le
semplificazioni previste dall’art. 2435-bis sul bilancio in forma abbreviata”.
172
disinquinamento fiscale sembra inapplicabile. In particolare tale
conclusione si evince anche dall’analisi del quadro EC del modello
UNICO 2005 SP, che non prevede la compilazione della colonna
relativa all’abolizione delle interferenze fiscali pregresse.
A differenza delle interferenze fiscali pregresse, però, le società
di persone possono procedere alla deduzione extracontabile dei costi
di periodo; per effetto del rimando posto dall’art. 56, comma primo,
alle disposizioni in materia di reddito d’impresa previste per i soggetti
Ires; infatti, anche tali soggetti applicano le disposizioni contenute
nell’art. 109 del Tuir.
Tale principio, però, trova un’eccezione per le imprese in
contabilità semplificata: ai sensi dell’art. 66 comma terzo del Tuir per
la determinazione del reddito di tali imprese si applicano una serie di
disposizioni tra le quali non è previsto l’art. 109 comma quarto 89.
Sebbene i principi contabili nazionali non si occupino delle
società di persone in quanto destinati alle società di capitali, un solo
accenno si trova nel principio contabile n. 12, relativo alla
composizione e agli schemi del bilancio di esercizio.
89
La ratio di tale esclusione si ritrova nel fatto che per tali soggetti la determinazione del reddito
avviene mediante l’indicazione dei ricavi e dei costi in dichiarazione, e non apportando all’utile o
alla perdita le variazioni previste dal Tuir e dalle altre leggi speciali.
173
3.8 CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE DELLA DOTTRINA
È indubbio che la riforma per la sua modernità ci avvicina ai
sistemi impositivi degli Stati più industrializzati, avviandoci ad un
percorso evolutivo comune tale da rendere più razionale e trasparente
il nostro ordinamento 90.
Secondo la dottrina 91, infatti, si tratta della riforma strutturale
più incisiva dagli anni Settanta in poi data la molteplicità di
innovazioni e di nuovi istituti che sono stati introdotti.
Tuttavia con le riforme in atto le imprese potrebbero sostenere
spese aggiuntive rilevanti per la predisposizione del bilancio, della
dichiarazione dei redditi e della tenuta della contabilità, e potrebbero
probabilmente aggirare tacitamente le norme sull’eliminazione delle
interferenze fiscali, trovando una qualsiasi ragione economica per
l’iscrizione in bilancio dei valori fiscali. Di conseguenza potremmo
avere sempre bilanci inquinati dalle interferenze fiscali e privi di
quelle informazioni richieste dalla Nota integrativa.
Pertanto il disinquinamento del bilancio, obiettivo comune della
riforma fiscale e societaria, se da un lato è stato accolto
90
MARCELLO R. E D’AGOSTINO G. La pianificazione fiscale nelle imprese italiane in
“Corriere tributario” n. 48/2003 pg.3972-3973.
91
MARCELLO R. E D’AGOSTINO G. Op. Cit.
174
favorevolmente da una parte della dottrina92, come analizzato nel
corso del presente lavoro, dall’altro è stato oggetto di critiche
negative, tanto da proporre di non eliminare le interferenze fiscali
almeno per le imprese che non superino i limiti per la redazione del
bilancio in forma estesa previsti dall’art. 2435-bis C.C., quindi, in
controtendenza alle riforme in atto, le interferenze fiscali potrebbero
rimanere nei bilanci delle imprese adeguatamente descritte in Nota
integrativa.
Dal punto di vista normativo questo implicherebbe di
ripristinare l’ultimo comma dell’art. 2426 nella versione ante riforma
nell’ipotesi di bilancio in forma abbreviata; e di reintrodurre nel n. 14
dell’art. 2427 accanto al testo previsto dalla riforma e per il solo
bilancio abbreviato la precedente formulazione la quale richiede la
descrizione delle interferenze fiscali.
Infine le integrazioni al Tuir effettuate dal D. Lgs. 38/2005
(Decreto Ias) con il fine di rendere il Testo Unico “Ias compatibile”,
sono state studiate considerando sostanzialmente due principi: il primo
è quello di derivazione dell’imponibile dalle risultanze di bilancio; il
92
Come ad esempio si rimanda a DI TANNO T. in Brevi note a favore del “doppio binario” nella
determinazione del reddito d’impresa in “Rivista di diritto tributario” 2000 pag. 414; l’autore ha
proposto di svincolare del tutto la determinazione del reddito imponibile rispetto al risultato di
bilancio; di redigere i documenti relativi ispirandosi alle classi di valore ed alle norme applicabili a
ciascuno dei due risultati; di procedere in tal senso nel modo più libero ed adeguato alla propria
organizzazione amministrativa.
175
secondo consiste nel principio di neutralità dell’imposizione tra
imprese che seguono i principi contabili nazionali e quelle che
adottano i principi de qua.
In definitiva l’adozione del sistema del doppio binario consente
di definire meglio il campo di intervento del legislatore fiscale e di
riferire con maggiore chiarezza solo a tale legislatore il compito di
individuare in concreto sia i componenti forfetari negativi da
sottoporre al regime di deducibilità limitata, sia quelli positivi
meritevoli di trattamento fiscale agevolato.
176
APPENDICE A
Esempio numerico
La società ALFA il 1° gennaio 2004 acquista un computer del costo di
euro 1'000,00 che entra in funzione nell’esercizio stesso. Ai fini fiscali il
coefficiente di ammortamento del cespite è pari al 20%. Nel bilancio la società
procede all’ammortamento “secondo la residua possibilità di utilizzo”,
ipotizzando che la stessa corrisponda ad un arco temporale di 5 esercizi.
Pertanto l’ammortamento civilistico e fiscale coincidono, tranne che per il
primo anno.
Tuttavia ai fini fiscali la società decide di avvalersi dell’ammortamento
anticipato, non imputando le relative quote al conto economico, ma indicandole
nell’apposito prospetto della dichiarazione dei redditi.
Poiché l’ammortamento anticipato è un beneficio concesso dalla disciplina
fiscale che non ha riscontro nelle norme del Codice Civile, nel primo esercizio
l’ammortamento fiscale (ordinario e anticipato ridotti alla metà) coincide con
l’ammortamento civilistico (in quanto il bene è stato acquistato il 1° gennaio),
mentre nel secondo e terzo esercizio l’ammortamento (ordinario e anticipato)
fiscale risulta superiore all’ammortamento civilistico.
Premesso
ciò
la
situazione
dell’ammortamento
civilistico
e
dell’ammortamento fiscale è la seguente:
177
%
2004
AMM.NTO
Ammortamento civilistico 20% 200,00
Fondo Amm.nto civilistico
200,00
Ammortamento fiscale
20% 100,00
ordinario
Ammortamento fiscale
20% 100,00
anticipato
Fondo Amm.nto anticipato
200,00
Variazione in aumento o
diminuzione
Imposte differite correlate 37,25
Fondo imposte
differenze correlate
Eccedenza
Fondo Amm.nto Fiscale/
Fondo Amm.nto Civilistico
Riserve in sospensione
d’imposta
ESERCIZIO D’ IMPOSTA
2005
2006
200,00 200,00
400,00 600,00
2007
2008
200,00 200,00
800,00 1'000,00
200,00 200,00
200,00 200,00
600,00 1'000,00 1'000,00 1'000,00
-200,00 200,00 200,00
200,00
74,50 74,50 -74,50 -74,50
74,50 149,00
74,50
-
200,00 400,00
200,00
-
125,50 251,00
125,50
-
Da quanto evidenziato sopra si può osservare che:
-
nel II e III esercizio l’ammortamento fiscale eccede quello civilistico;
-
a partire dal IV esercizio, civilisticamente occorre continuare ad
ammortizzare il bene, mentre fiscalmente il bene risulta interamente
ammortizzato.
Inoltre nel II e III esercizio occorre imputare al conto economico le imposte sui
maggiori ammortamenti (pari al 37,25% dell’eccedenza tra l’ammortamento
fiscale e l’ammortamento civilistico).
Le imposte differite dovranno essere indicate:
-
alla voce 22) del conto economico: “Imposte sul reddito dell’esercizio,
correnti, differite e anticipate”;
178
-
alla voce B) 2) del passivo dello stato patrimoniale: “Fondi per imposte,
anche differite”.
Nel IV e V esercizio, invece, la società ALFA deve:
-
continuare ad imputare la quota di ammortamento civilistico tra gli
ammortamenti delle immobilizzazioni materiali (voce B.10.b del conto
economico);
-
recuperare a tassazione tale quota di ammortamento mediante una
corrispondente variazione in aumento del reddito complessivo apportata in
sede di redazione della dichiarazione dei redditi;
-
utilizzare il fondo imposte differite costituito negli esercizi precedenti.
Inoltre dalla Tabella sopra esposta si evidenzia il valore dell’eccedenza tra il
fondo ammortamento costituito ai fini fiscali ed il fondo di ammortamento
civilistico. Tale eccedenza (al netto del fondo imposte differite) corrisponde alla
massa delle riserve e degli utili, che non può essere distribuita fino a concorrenza
dei costi dedotti in sede extracontabile.
Se ipotizziamo che la società ALFA in sede di approvazione del bilancio
2006 decida di distribuire dividendi per euro 1.000,00 e che la situazio ne
patrimoniale della società sia la seguente:
Capitale sociale al 31.12.2006
20'000,00
Riserva legale
200,00
Riserva straordinaria
100,00
Utili portati a nuovo
400,00
Utile esercizio 2006
600,00
Totale patrimonio netto
21'300,00
179
Al fine di determinare le riserve che, se distribuite, comportano la tassazione a
norma dell’art. 109, comma 4, lett. b), occorre procedere in tal modo:
a
Riserve e utili del patrimonio netto 1 ante distribuzione
1'100,00
b
Dividendi da distribuire
1'000,00
c=(a-b) Residui riserve e utili del P.N. post distribuzione
Eccedenza amm.ti, rettifiche di valore e acc.ti fiscali 2
d
e=(c-d) Differenza che comporta la tassazione
100,00
251,00
151,00
Il livello delle riserve e degli utili, dopo la distribuzione dei dividendi, è
pari a euro 100,00. Tale importo è, quindi, inferiore all’eccedenza degli
ammortamenti, delle rettifiche di valore e degli accantonamenti fiscalmente
dedotti al netto del fondo imposte differite correlato. Tale eccedenza è, infatti, pari
a euro 251,00 (=400,00-149,00). Ne segue che la differenza di euro 151,00, se
viene distribuita, comporta una tassazione in capo alla società.
1
2
Si ricorda esclusa la riserva legale.
Al netto del fondo imposte differite.
180
APPENDICE B
Esempio numerico
Nel corso dell’esercizio 2004 la società Beta acquista un software del
valore di 1.000; decide, in rispetto ai criteri civilisticamente corretti, di procedere
ad ammortamento “secondo la residua possibilità di utilizzo”, ritenendo che la
stessa possa corrispondere ad un arco temporale di 4 anni (aliquota del 25%). La
società vuole inoltre conseguire un beneficio fiscale, di natura finanziaria,
deducendo in sede extracontabile il differenziale (8,33%) tra l’aliquota del 25%
applicata civilisticamente e quella massima fiscalmente ammessa (33,33%).
Ipotizziamo di conseguire un utile ante imposte di 500 per i primi 3 esercizi, un
pareggio nell’anno 2007 e di accantonare a riserva il risultato della gestione.
Il prospetto di raccordo potrebbe essere redatto nel modo seguente:
Riserva non distribuibile
Fondo ammortamento
fiscale
Valore fiscale
Fondo ammortamento
civilistico
Valori finali
Valore civilistico
Importi dedotti
dichiarati
Importi dedotti a CE
Variazioni dell’esercizio
Costo acquisto
Fondo ammortamento
civilistico
Valore civilistico
Periodo d’imposta
Valori iniziali
2004 0,00
0,00 1'000,00 (250,00) (83,30) 750,00 (250,00) 666,70 (333,30) 83,30
2005 750,00 (250,00)
(250,00) (83,30) 500,00 (500,00) 333,40 (666,60) 166,60
2006 500,00 (500,00)
(250,00) (83,30) 250,00 (750,00) 0,00 (1'000,00) 250,00
2007 250,00 (750,00)
(250,00) 250,00 0,00 (1'000,00) 0,00 (1'000,00) 0,00
181
L’utile dell’esercizio 2004, pari a 313,75, è stato accantonato a riserva e gli
amministratori vorrebbero distribuirlo nell’esercizio successivo. La situazione che
si verrebbe a creare, ipotizzando i valori del capitale sociale e della riserva legale,
sarebbe la seguente:
Capitale sociale
5'000,00
Riserva legale
1'000,00
Riserva sovrapprezzo azioni
50,00
Riserve di utili
313,75
Totale patrimonio netto
6'363,75
Il passo successivo consiste nell’effettuare il calcolo necessario per determinare la
quota di riserve da assoggettare a tassazione ai sensi dell’art. 109, comma 4,
lettera b):
Descrizione
A) Eccedenza degli ammortamenti, delle rettifiche di va lore e degli
accantonamenti dedotti rispetto a quelli imputati a conto economico
B) Riserve del patrimonio netto, diverse da quella legale e utili ante
distribuzione
C) Dividendi da distribuire
D) Restanti riserve del patrimonio netto, diverse da quella legale, e
utili a nuovo dopo la distribuzione
E) Fondo imposte differite
Differenza (A-D-E)
Importo
83,30
363,75
313,75
50,00
31,03
2,27
182
L’ammontare delle riserve residue dopo la distribuzione dei dividendi, non
considerando la riserva legale, è pari a 50 e corrisponde all’intera consistenza
della riserva sovrapprezzo azioni che deve essere interamente vincolata.
Pertanto la differenza tra l’ammontare dei costi dedotti in sede extracontabile (pari
a 83,30), la fiscalità differita (pari a 31,03) e la riserva sovrapprezzo azioni (pari a
50), nel caso prospettato, deve essere assoggettata a tassazione.
183
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